ANSUZ: LA BOCCA, LA COMUNICAZIONE

ALLEN WILSON X LÈO WEASLEY

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    Allen Wilson
    Professore di Antiche Rune | 30 anni

    '' Léo Weasley, cos'è successo al suo occhio?'' Avevo incrociato la scia di capelli color del grano lungo i corridoi del secondo piano ed affidandomi all'attenzione degli studenti - sin da sempre avvezzi a quel genere di situazioni - avevo accelerato il passo sino a raggiungere i bagni dei ragazzi. Quando avevo diciassette anni, mi ero intrufolato in quei cubicoli più volte, intento a saltare le lezioni con la scusa del mal di pancia o con l'intento di fumar spinelli babbani come se gli altri potessero ignorare l'odore di erba lasciata arieggiare nel bagno. L' ultimo ragazzo serpeverde che avevo incontrato prima di superare la soglia, aveva continuato a sghignazzare sino al mio arrivo, regalandomi immagini ben nitidi della solita routine studentesca: attaccarsi in gruppo per la sopravvivenza di chissà quale onore e tradizione. Noncurante di chi altri fosse presente lì con lui, ero entrato nei bagni chiamandolo a gran voce, con la mano nascosta nella tasca della giubba, pronta a tirar fuori un unguento utile a lenire il rossore del suo occhio. Quello fu il giorno in cui il giovane Weasley non dovette più dichiarare di essere inciampato chissà dove. Quello fu il giorno in cui riuscii a capire di essere una persona nuova.

    Come quella volta, seguendo la sua scia proprio come un angelo, avevo abbandonato ogni mio impegno con la scusa di volermi sgranchire le gambe, passeggiando per il castello: lo avevo cercato un po' ovunque, udendo nei frastornati pensieri altrui, di un ennesimo spiacevole incontro del giovane tassorosso, studente che, senza volerlo esplicitamente, avevo preso a cuore più del dovuto: non ero mai stato così magnanimo, eppure mi ero lasciato trasportare dal desiderio di forgiare qualcun altro, così come anni prima, ero riuscito con il vecchio me stesso, un uomo tanto acerbo quanto radicato agli avvenimenti che avevano portato all'insorgenza del mio handicap: ero cieco e probabilmente, non era stato per un fortuito caso. In Lèo avevo scorto la parte buona che il vecchio Allen aveva sin da sempre cercato di reprimere, quella spensieratezza e genuinità che non mi era mai appartenuta.
    Continuai a vagare senza meta sino a decidere di uscire fuori dal castello, ritrovando sue tracce nei pensieri preoccupati di suoi compagni di corso: il signorino Weasley, era una persona a cui si poteva volere solo che del bene. Seguii la luce di quella malinconia lungo i sentieri e sotto gli alberi danzanti. Il vento soffiava dolce sul mio volto pallido, scarno dalle notti passate insonne, ad aggiornarmi e studiare, sino a perdere il lume della ragione. Smisi di avanzare quando fui certo di averlo vicino a me. Avevo imparato a seguire quel barlume di speranza represso lungo i corridoi grigi della tenuta scolastica, apprezzando le sfumature di un pensiero semplice e al contempo completo. Mi sedetti vicino a lui, lasciando penzolare i piedi giù dal pontile. La mano frugò nella ventiquattro ore ed estrasse una barretta di cioccolato ancora incartata: In Norvegia ne mangiavo con l'intento di tirarmi un po' su. ''Mangia, ti aiuterà a star meglio.'' Ed ero convinto dei suoi benefici, applicandoli ad ogni singola cosa: alla mancanza di forze fisiche, alla mancanza di prontezza psicologica. Alla mancanza di calore.

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    Léo C. Weasley STUDENT ♢ DREAMER ♢ 1/4 VEELA ♢ VOICE ♢ 15
    Erano ormai giorni che non riuscivo a dormire bene. Il motivo, seppur non volessi ammetterlo ad alta voce, lo conoscevo bene. Amavo Hogwarts, era innegabile, però non riuscivo proprio a farmi piacere gli studenti che la frequentavano. Forse il problema era mio. Forse ero troppo diverso da tutti gli altri, forse era normale che non riuscissi a farmi molti amici. Forse, forse, forse. Non c'era qualcuno che potesse aiutarmi? Necessitavo di maggiori certezze nella mia vita e, lontano da casa, non sapevo a chi rivolgermi. Certo, avevo a disposizione un esercito di parenti in quella scuola, e non stavo scherzando, però ero e sarei sempre stato riluttante nel appellarmi a loro in caso di necessità. Sarà forse per via della mia età, il desiderio di dimostrare che non ero più il piccolo di casa, ma ogni volta che avevo un problema scartavo subito 'la possibilità Potter-Weasley'.
    Per esempio, quando gli studenti mi prendevano di mira mentre me ne stavo per i fatti miei, in disparte, a leggere o giocare con le carte, in quei momenti avrei voluto correre da Freddie... ma alla fine subivo in silenzio. Le ragioni erano due: non volevo disturbare altre persone con miei problemi e inoltre non desideravo sembrare ancora più ridicolo e codardo agli occhi dei miei assalitori. Per questo di solito accettavo gli scherzi, gli spintoni, le prese in giro. Volevo imparare a fregarmene e a non dare loro alcuna soddisfazione aggiuntiva.
    Era quello però il miglior metodo? Il modo giusto di comportarsi? Non credevo proprio, ma ormai era diventato il mio modello standard di comportamento in quelle circostanze. Oddio, chiamarle circostanze era riduttivo.
    Oramai si trattava di routine.
    C'erano momenti però in cui non me la sentivo di affrontare la folla, lo sguardo di quei ragazzi e ragazze che avrei dovuto considerare 'compagni'. Ecco allora che mi allontanavo dall'affollato castello, lontano dalle spesse mura di pietra, lontano dai quadri, dalle scale, dalle paure, e mi addentravo nella tenuta del castello. Il mio luogo preferito dove scappare, dove rifugiarmi, era il pontile che dava sul Lago Nero. Una volta mi ritrovai ad ascoltare, per caso ovviamente, alcune ragazze Tassorosso parlare di quello specchio d'acqua. Dicevano di essere sinceramente spaventate dall'ignoto che si celava sotto la superficie, pertanto non ci tenevano ad avvicinarsi in alcuna occasione. Peggio per loro, meglio per me. Dicevano che in quel lago si trovasse una creatura enorme, maridi e compagnia, tutti esseri che sembravano spaventare gli studenti. Io invece desideravo ardentemente vederne qualcuno. Una volta sognai per una notte intera di nuotare con le sirene,
    sebbene non ne avessi mai vista nessuna dal vivo. Il mio cervello aveva ricostruito delle immagini prese da videogiochi, carte da gioco, manuali sulle creature magiche e libri fantasy babbani. Avrei mai visto una vera sirena?
    Quel pensiero venne interrotto da una presenza, un uomo. « Mangia, ti aiuterà a star meglio. » Ed ecco che mi venne offerto del cioccolato. Ovviamente io, da bravo, regredii all'età mentale di un bambino di anni sei e accettai entusiasta la barretta. Quando si trattava di dolci non mi tiravo mai indietro, e questo il professore lo sapeva. « Quanto ci ha messo a trovarmi? » Domandai del quanto e non del come, perché di quest'ultimo ormai non mi importava. Il professor Wilson era come un supereroe, quando avevo un problema o mi trovavo in difficoltà ecco che appariva. « Sente la pace che c'è qui? » Domandai sorridendo. « A volte mi sento così bene che mi viene da piangere... » Quando la tensione spariva tutta d'un colpo non riuscivo a trattenermi a lungo, le lacrime erano inevitabili. « Però non ho ancora visto una sirena. Lei ha mai avuto questa fortuna? » Non avevo ancora trovato nessuno che avesse visto con i propri occhi, dal vivo, quell'essere che tanto pensavo. Albus sosteneva di averne vista una, ma io non ci credevo veramente, lo diceva sicuramente per farsi grande agli occhi degli altri.
    @hime

     
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  3. Atypical'
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    Fcufa se ci ho messo tanto :C
    Allen Wilson
    Professore di Antiche Rune | 30 anni

    ''Quanto ci ha messo a trovarmi?'' Lèo Weasley è un ragazzino semplice e diretto, uno di quei studenti con cui ti piace perder del tempo ad insegnargli qualcosa, uno di quei figli di cui andresti fiero. Sembra un ragazzino come tanti altri, con i soliti occhi vispi e la faccia incerta di chi sta crescendo senza accorgersene, ma dietro i suoi folti capelli rossi nasconde capacità che riescono ad incuriosire persino qualcuno come me. Non è la prima volta che ci incontriamo da soli, così come non è la prima volta in cui, raccogliendo tutta la pazienza che posseggo, decido di fermarmi insieme a lui con il semplice e solo intento di lasciarlo parlare ed ascoltare ciò che ha da dire, parole che si vergogna ad enunciare. ''Qualche minuto.'' Rispondo sorridendogli, rubando un pezzo della cioccolata che gli ho offerto, per poi portarmela alle labbra e comportarmi come fossi suo pari, non un professore da temere.
    ''Sente la pace che c'è qui? A volte mi sento così bene che mi viene da piangere...'' Persino per me, in quelle notti giovanili in cui era l'alcol a tener a galla le mie emozioni, il lago nero si era rivelato essere l'unico posto a dar tregua ai miei sentori di nausea. Più volte ero andato a sedermi sulle sue rive, continuando a farlo anche quando la vista era venuta meno, ritrovando nel rumore della vento che accarezzava la sua superficie, l'amore di una madre che ti culla nel torpore di una casa accogliente. ''Riusciamo ad apprezzare un paesaggio solo dopo il passaggio di un acquazzone. Sentirci vuoti ci permette di assorbire tutto ciò che di bello c'è al mondo... ma non dirlo in giro, alla tua età era impensabile per me, ritrovarmi a riflettere su certe cose.'' Mi chino in avanti, poggiando il mento sulle ginocchia. ''Però non ho ancora visto una sirena. Lei ha mai avuto questa fortuna? '' Come avrei potuto: Sono cieco da almeno quindici anni. Scuoto il capo, lasciando che il sole continui a battere sul mio volto pallido, decorato dalle occhiaie regalatemi da notti insonne. ''Ne ho sentita cantare una...però. Quando l'alcol ingerito era così tanto da indurmi il mal di testa.'' Era stata la voce della coscienza: un canto disperato di chi cercava di farmi redimere. ''Come mai sei tanto interessato alle sirene, signorino Weasley? I pirati non vorrebbero mai incontrarle lungo il loro viaggio. ''

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