SUN, "MUN", TRUTH

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    "Solo tre cose non possono essere nascoste a lungo: il sole, la luna, la verità."
    Ricordava di averlo letto da qualche parte, probabilmente in uno di quei libercoli pieni di aforismi di Siddharta Gautama, di cui si era circondato nel brevissimo periodo in cui aveva deciso di intraprendere la via del buddismo. Non era mai arrivato in fondo alla faccenda, Hugo Weasley: troppe emozioni in quel suo cuore giovane e, su nel cervello, troppi pensieri caotici. Non era nato per avere una vita fatta di serenità perché, lo credeva fermamente, chi si ferma a pensare è perduto, non arriverà mai alla felicità. Non era al Nirvana che avrebbe portato la sua strada. Ciò nonostante quelle parole gli erano rimasta impresse, come talvolta capitava con le belle frasi che ti vien voglia di sottolineare a tratto leggero di matita, evidenziate da una piccola orecchia a pié pagina. Le sentiva proprie, erano un vestito che gli calzava bene, una bussola capace di guidarlo. Sarà che Hugo dalla verità era sempre stato ossessionato. Era una deformazione personale ricercarla sempre e ovunque, era una vocazione. Durante la crescita, Hugo era diventato letteralmente il terrore di tutti quegli adulti che tentavano di nascondere la verità ai più piccoli dei Potter-Weasley, bastava semplicemente mettere anche la più piccola pulce nell'orecchio di quel piccolo quattrocchi saputello perché, come un segugio, andasse alla ricerca di prove che, sommate insieme, avrebbero portato alla verità. Era proprio quello il problema, con Hugo: non mollava mai la presa. Ed era davvero un problema, se si pensa che ci sono prese che andrebbero mollate perché troppo grandi, troppo pericolose. Hugo Weasley aveva sempre amato giocare al detective, gli riusciva dannatamente bene e con il suo indubbio talento ne aveva scoperti di scheletri nell'armadio, in famiglia e fuori casa! Eppure, mai si era ritrovato a fare i conti con qualcosa di più grande di lui. Mai, fino a che Abigail Green non si tolse la vita, una mattina di fine estate.

    « Abigail è morta.. si è .. tolta la vita.. » Hugo era certo che non sarebbe riuscito a dimenticare tanto facilmente la voce strozzata di suo cugino Fred quando, nel pomeriggio di un Settembre apparentemente tranquillo, aveva informato i suoi cugini che Abigail Green era morta, suicida. Overdose di farmaci, aveva detto di sfuggita, prima di cambiare un argomento che avrebbe rischiato di far vedere a tutti, oltre la maschera dell'inguaribile burlone sicuro di sé, quanto in realtà stesse soffrendo. Fred non la amava, questo era chiaro a tutta la famiglia, ma comunque ritrovare il cadavere privo di vita di una persona a cui sei stato legato, in una maniera o nell'altra, ti segna. Il resto era stato abbondantemente riportato sulla Gazzetta del Profeta nei giorni successivi, dividendo letteralmente l'opinione pubblica: chi la ricordava come una povera ragazza vittima delle circostanze, con le sue colpe certo ma come tutti; chi la additava come una sporca traditrice per la sua opera di spionaggio a favore dei babbani, colorandone il ricordo con i più variopinti epiteti. Quanto a Hugo, non gli importava granché il corollario, ciò che continuava a punzecchiargli la curiosità era la fine di tutto. Fu lui tra i pochi in famiglia ad accompagnare Fred al funerale della giovane corvonero scomparsa: prima di essere l'ultima storiella di suo cugino, Abigail Green era stata per lui una compagna di casata e di studio, un viso familiare nella torre ovest e in sala grande. Non che avessero mai stretto amicizia, Hugo e Abigail: si potevano dire più che altro conoscenti, avevano scambiato diverse volte delle chiacchiere, divenute un poco più frequenti da quando la giovane Green si era avvicinata a suo cugino Fred. Lo strinse a sé, Freddie Jr, mentre la bara in mogano scuro veniva calata lentamente nella fossa in terra consacrata; lo abbracciò forte per dargli quel conforto che Fred non avrebbe mai trovato la forza di chiedere a parole e che Hugo non aveva la faccia di imporre. Non versarono una lacrima i due cugini ma negli occhi di entrambi, lucidi di sensazioni profonde come solo la morte sa suscitare, si leggevano emozioni forti e contrastanti: la pena per il pensiero effimero che forse le cose sarebbero andate diversamente, se solo avessi capito dell'uno; il freddo e mai rassegnato scetticismo dell'altro. No, Hugo Weasley non credeva alla teoria del suicidio e questo significava solo una cosa. Non avrebbe mollato la presa, fino a che non avesse trovato le prove che quella storia fosse reale. Eccolo, il suo più grande problema.

    La morte di Abigail Green non aveva il minimo senso, da qualunque lato Hugo la guardasse. Era rimasto pomeriggi interi, dopo il funerale della compagna di casata, buttato sopra una delle poltrone della sala comune a rimuginare sulla faccenda. Perché una ragazza come Abigail Green dovrebbe suicidarsi? era stata per forza di cose la prima domanda ad essere posta, subito sostituita da una ancora più appropriata: Che tipo di ragazza era Abigail Green? Era una ragazza solare. Era una spia dei babbani. Era una studiosa di prima categoria. Era una bugiarda. Era un'amica fidata. Era una stronza. Abigail Green, dalle parole degli altri corvonero, era tutto e il contrario di tutto eppure una sola cosa non era: depressa. Quella era la base su cui si fondava il dubbio di Hugo: perché una ragazza come Abigail Green dovrebbe suicidarsi? Una morte seguita dall'altrettanto tragica dipartita di suo padre, bizzarra coincidenza. Continuò a chiedere in giro, in maniera blanda e informale, finché tra i nomi ancora da depennare dalla sua personalissima lista degli indiziati, ne comparve uno che avrebbe volentieri saltato. Amunet Carrow. Era la migliore amica di Tallulah, era il primo amore di Fred. La trovava strana ma, a onor del vero, non particolarmente interessata ad inscenare un romanzo giallo tra le mura di Hogwarts.
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    No, Amunet non rientrava tra i suoi sospettati, non era neppure sicuro che avesse mai conosciuto Abigail Green.. ma si sa, se il primo amore non si scorda mai, quelle che vi ronzano intorno bene o male le conosci tutte, se presti abbastanza attenzione. E Amunet Carrow era una che, agli occhi di Hugo, di attenzione ne prestava parecchia: ragazza brillante prima ancora che di ottima famiglia, talmente abile da aver scalato le vette dei Serpeverde ed essersi conquistata una spilla di Caposcuola per votazione. Si doveva essere fatta per forza un'idea su quanto era successo e quell'idea incuriosiva parecchio il giovane Corvonero. Onestamente? Non credeva di averla sopravvalutata. Non provava particolare simpatia nei suoi confronti, è vero, ma sulle qualità di quella ombrosa ragazza non riusciva a dubitare, chiamiamolo sesto senso.
    Riuscì ad incontrare Amunet Carrow quasi per caso, una mattina in cui due provvidenziali ore buche erano piovute giù dal cielo, dopo un'oretta di Antiche Rune. Come iniziare col piede giusto la giornata se non studiando tutte le differenze tra Ansuz e Raido nella pratica divinatoria? La scorse in lontananza, seduta su uno dei muretti in pietra che divideva il porticato dal cortile interno, assorta nel leggere un libro. Gli sembrò che avesse mosso le labbra e parlato da sola, ma a rigor di logica la spiegazione più plausibile era che avesse letto e ripetuto un passo del libro che era interessata a ricordare più degli altri. Logica, razionalità. Quanto in fondo l'avrebbero portato? « Ehi Amunet, ciao! Ti disturbo? » Amunet, semplice, formale. Malgrado la conoscesse da molti anni, non aveva mai legato abbastanza con lei da chiamarla per nomignoli ed era sicuro che la cosa fosse reciproca: per lei, Hugo non doveva essere che il fratellino strambo di Tallulah, che fa quello che tutti gli adolescenti maschi fanno con quei suoi aggeggini babbani. Le rivolse un sorriso pulito e tranquillo, nonostante la Carrow gli avesse sempre messo un po' i brividi: colpa di quel suo sguardo profondo, forse. Tanto profondo da potercisi perdere. Uno sguardo che sapeva di abisso. « Complimenti per la spilla, si abbina perfettamente al colore dei tuoi occhi! » esclamò, muovendo l'indice verso il grosso pezzo di bigiotteria che la Serpeverde portava appuntato al vestito. Sarcasmo, non c'è modo migliore per rompere il ghiaccio.. o per farcisi mandare da una ragazza nei suoi giorni migliori. Si appollaiò sul muretto accanto a lei, incrociando le gambe, e guardandola dritto negli occhi. In quegli occhi poteva leggere tutta la forza di una ragazza che, ne era certo, sarebbe diventata anche una grande strega. Si riavviò gli occhiali sul naso, consapevole del fatto che era giunto il momento: in mare ci si era già buttato, in fondo, per cui non gli restava da far altro che nuotare. Nuotiamo allora. « Me la togli una curiosità? Tu.. quanto conoscevi Abigail Green? » boom. Il fulmine a ciel sereno. Se c'è una cosa che Hugo aveva imparato è che le domande a bruciapelo, senza alcun preavviso, sanno dare ottimi spunti di riflessione.



    Edited by brainstòrming - 14/10/2017, 02:33
     
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    L'intera storia della Caposcuola aveva deciso di prendere una piega alquanto inaspettata. Quanto avesse programmato in modo millimetrico, era stato fuorviato da esterni agenti del caos che avevano deciso di mettere a repentaglio quanto avesse costruito, non tanto sugli altri, quanto su se stessa. Ci avevano preso gusto a piazzarla su quella bacheca, a sputtanare ogni sua azione e spostamento, quasi come se, le sue fossero azioni dettate dal demonio. Amunet Carrow, la ladra di anime. Non erano nemmeno poi tanto lontani dalla realtà; il punto è che il modo in cui l'avevano dipinta, non era il modo in cui lei in realtà era, e per quanto il parere altrui le risultasse indifferente, ciò che realmente le dispiaceva, era vedersi togliere da sotto il naso l'eventuale fiducia conquistatasi nei confronti dei vari implicati. Ryuk sembrava godere delle sue malefatte. Ultimamente era ricomparso, seppur facesse di tutto pur di non parlarle. Sghignazzava alle sue spalle ogni qual volta quegli sguardi indagatori si poggiassero sulla sua minuta figura. Sapeva quanto le desse fastidio. Mun, al centro della scena non ha mai voluto starci. E' piuttosto una tipa che resta nelle retrovie, che ama condurre i suoi affari silenziosamente. Era stata poco scaltra, questo doveva ammettere. Aveva agito d'impulso e stupidamente; tutto era iniziato da quel giorno in Sala Grande, quando, presa da un attacco di istintiva malinconia, aveva trascinato Betty Branwell sotto il naso di Freddie e Al, invitando tutti e tre al ballo. Quella era stata l'azione ultima che aveva attirato gli occhi di quei malfattori su di sé. Perché non c'è cosa peggiore del mostrarsi deboli, di dimostrare di avere effettivamente dei punti vulnerabili, e quella storia, quei suoi tre ex amici, restavano pur sempre un suo punto debole. Avrebbe gettato alle ortiche tutto, la popolarità, quella maledetta spilla, qualunque rapporto fatiscente avesse costruito in quegli anni, pur di riavere indietro loro. Avrebbe fatto ben volentieri qualunque cosa pur di tornare a quei pomeriggi passati nello stesso bar a parlare del nulla e bere frullati fino a star male. Non avevano nulla, eppure, avevano tutto, solo che non se ne accorgevano. Ma questo, Mun sapeva non potesse succedere di nuovo. Sapeva che loro quattro non sarebbero forse mai più tornati a condividere lo stesso tavolo in completa tranquillità; un po' perché lei e Freddie non potevano più essere ciò che erano stati, un po' perché chiaramente Betty e Albus non erano messi meglio in quanto a dialogo. Quel giorno le lezioni avevano preso una piega piuttosto negligente. Con l'avvicinarsi del momento del ballo, la gente sembrava impazzita; i professori in primis. Sembrava che tutti fossero talmente impazienti per un momento che aveva tutte le premesse per diventare l'evento più disastrato dell'anno. Di certo, viste le ultime soffiate nella bacheca, gli esordi non sarebbero stati dei migliori. Non avevano risparmiato nessuno, quasi come se, non aspettassero altro che vedere il caos divagare. Decise di non pensare tuttavia la Carrow. A lei d'altro canto le era andata bene. Era riuscita a salvarsi in corner strappando l'invito dell'ex Caposcuola Serpeverde, a discapito di un Freddie Weasley che invece si era visto togliere da sotto il naso il Campo di Quidditch per svariate settimane. Poco male; forse come diceva Nathan, quella non era tutta farina del suo sacco, ma fino alla prova contraria, la variante ufficiale dell'intera faccenda, per quanto fumosa e poco chiara, le lasciava quanto meno il beneficio del dubbio sul suo operato. A dirla tutta si era già stancata; della spilla, dei drammi, del silenzio di Ryuk. Si era già stancata di correre come una gallina senza testa su e giù per il castello nella speranza che il suo buon nome non venisse completamente sputtanato da qualche idiota patento. Era stanca. E così, quelle due ore di buca decise di passarle da sola, nonostante le insistenze di Nate di seguire il suo variopinto gruppo al lago. Li adorava quei ragazzi; strambi e piene di sorprese, uno più diverso dell'altro, ma tutto sommato davvero interessanti. Gli piaceva passare del tempo con loro, seppur si sentisse in un certo qual modo esterna al loro gruppo. Forse l'unico motivo per cui la portavano a volte in giro con loro era perché Mun era la sorella di Ares, ed era un qualcosa di decisamente strano e molto ambiguo per Nate. Non ci pensò. Mun ha smesso di farsi domande. Distese quindi le gambe lungo il muretto che divideva il porticato dal cortile, e con la schiena appoggiata contro una delle colonne, lasciò cadere a terra la sua borsa tenendo con sé solo il libro che stava leggendo. Il Faust di Goethe. Vista la sua decisamente non allegra vita, quella come scelta sembrava tutto fuorché auspicabile. Ma non ci vuole molto prima che la sua lettura venga malamente interrotta, obbligandola ad alzarsi gli occhi da sole sulla testa, guardando il tenero disturbatore con una chiara aria infastidita nonché scettica. « Ehi Amunet, ciao! Ti disturbo? » Solleva lo sguardo in un gesto eloquente. Questo è il fratellino scemo di una delle sue migliori amiche; a dirla tutta, è anche uno dei migliori amici del suo ragazzo. Hugo e Mun hanno spesso orbitato attorno agli stessi astri, ma non hanno mai avuto particolari tangenze. Forse qualche volta si erano scambiati qualche parola su questa e quell'altra materia, ma a parte questo, lei non ha mai avuto l'occasione di conoscerlo. Un tempo perché era troppo timida persino per parlare con l'infinita schiera di cugini di Freddie, in seguito perché cercava di evitarli come la peste. « Non lo so, Weasley. Tu che dici? » Chiaramente oggi non è in vena di grandi conversazioni, soprattutto quando le chiacchiere spicciole arrivano da una persona che tutto sommato appartiene a una cerchia che non le è più dato di frequentare. « Complimenti per la spilla, si abbina perfettamente al colore dei tuoi occhi! » Resta in silenzio, richiudendo il libro. E' chiaro che non se ne andrà finché non avrà ottenuto ciò che vuole. Decide quindi di cambiare atteggiamento, per finire con quell'agonia il prima possibile. Si porta la bottiglia d'acqua alle labbra prima di sorridergli appena.
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    « Grazie Hugo. Effettivamente non vedo un altro motivo per cui conferirmela. » Ed è piuttosto seria su quel punto, nonostante sia ben consapevole di rispondere a una frase intrisa di sarcasmo. Una parte di sé si è sempre chiesta per quale ragione i Serpeverde l'avessero scelta. Forse in mancanza d'altro, forse perché Carrow come cognome era una specie di assicurazione, oppure semplicemente perché a nessuno fregava più niente né di quella dannata spilla, né tanto meno di come andassero le cose a Hogwarts. Una vocina nella sua testa si era anche chiesta se in realtà quella spilla non fosse una specie di contrappasso/punizione divina, perché certo più che privilegi portava rogne a non finire. « Me la togli una curiosità? Tu.. quanto conoscevi Abigail Green? » Questa non se l'aspettava. Resta per un attimo di sasso, tempo in cui corruga la fronte con una nota interrogativa, mostrandosi confusa. Quel nome la tormenta, ogni sera; quando pensa a Freddie, istintivamente il pensiero corre a lei. Ma non ha mai battuto ciglio di fronte al resto del mondo su quella morte; si era comportata come chiunque altro estraneo alla faccenda. « Ehm.. » Si stringe nelle spalle scuotendo appena la testa. « ..non la conoscevo? » Una domanda chiaramente retorica. « Era una tassorosso, Weasley. Non so se te ne sei accorto di quali colori porto. » Commentò quindi con una certa indifferenza. Era ovvio che una Serpeverde non avrebbe mai avuto tutte queste tangenze con la casata di Helga. L'unica eccezione per Mun era Betty. « A malapena conosco la loro Caposcuola. » Ed era sincera. Forse un tempo lei e Betty erano state più che conoscenti, ma al momento, non è certa che siano nemmeno quello. « Tragica fine comunque. Ho avuto modo di parlare della cosa con Fred un po' di tempo fa. » Si morde appena il labbro inferiore, abbassando lo sguardo. « Sei un po' fuori tempo per scrivere un pezzo commemorativo, non ti pare? » Osserva quindi assottigliando lo sguardo. D'altronde tutti erano andati avanti con le proprie vite. Erano tornati a Hogwarts, c'era stato il banchetto, e ora tra non molto ci sarebbe stato un ballo. Uno che già metteva in crisi mistiche questa Carrow. Era proprio curiosa di scoprire per quale motivo tutta quella curiosità di Hugo.


     
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    A Hugo, Amunet Carrow non era mai piaciuta tanto: a pelle. Forse perché non l'aveva mai conosciuta, in fondo; forse perché c'era un motivo per cui non l'avesse mai conosciuta. Hugo e Amunet erano binari che viaggiavano costantemente in parallelo, tenuti vicini da una serie di affetti che in qualche modo li legava e ciò nonostante, non si sarebbero mai incontrati. Erano opposti, Hugo e Amunet: erano il giorno e la notte, letteralmente. Lui il giorno e la sua luce, la sua vitalità e la costante ricerca di far chiarezza su qualunque aspetto della vita non gli fosse chiaro, perché per Hugo ben pochi segreti meritavano di restare tali - se non naturalmente quelli più personali - eppure lo stesso corvonero sentiva di non averne poi tanti, segreti. Era chiaro e onesto lui, non aveva bisogno di segreti. Finora. Lei era la notte invece, che ammalia e nasconde, senza necessariamente un doppio fine, la notte è fatta così, non ti mostra le sue carte. Hugo rispettava un atteggiamento del genere, ma certamente non lo condivideva, mosso dalla smania di sapere tutto, nel bene e nel male. Si era sempre reputato un Falco, dopotutto, proprio come il patronus che aveva iniziato a volare da una parte all'altra dell'aula di Difesa contro le arti oscure la prima volta che aveva lanciato l'Incanto Patronus: come un falco, volava con la mente e da lassù vedeva quante più cose possibili. La vista è meravigliosa, da lassù, e si notano particolari che dalla terra non sembrano neppure importanti. Da quando aveva conquistato la spilla di Caposcuola, aveva sentito Amunet Carrow essere appellata come la "Regina dei Serpenti" e in una certa misura si era perfino ritrovato d'accordo, ce la vedeva come un serpente.. ma senza la connotazione negativa che molte malelingue avrebbero dato alla parola. Sono animali nobili, i serpenti, mal visti solo per la loro attitudine allo strisciare e per il veleno con cui possono uccidere. Ma un falco non è in egual modo predatore, nella catena alimentare? Eppure avevano due connotazioni così diverse. No, Amunet non gli piaceva per il suo essere un serpente - al contrario, l'avrebbe ammirata per questo - : Amunet non gli piaceva perché era un enigma che non riusciva a capire. Gli dava perennemente la sensazione di non essere del tutto sincera, di nascondere informazioni che le sarebbero tornate utili per manovrare meglio i fili dei suoi burattini. Era la stessa sensazione che gli dava anche sua sorella Tallulah e probabilmente era per quello, per una sorta di assonanza tra le due migliori amiche, che aveva iniziato a dubitare della completa trasparenza di Amunet Carrow. Ma dopotutto, neanche la conosceva: di lei sapeva solo dettagli piccanti che Fred aveva tenuto a sottolineare a lui e Albus più e più volte.. dettagli che, ora che la aveva di fronte, avrebbero potuto perfino imbarazzarlo un po'. « Non lo so, Weasley. Tu che dici? » Amunet aveva una certa fama a Hogwarts, soprattutto tra i primini. Non era certo una bulla, neanche lontanamente, ma il suo cipiglio sicuro e tagliente aveva fatto in modo che molti la vedessero come una figura pericolosa e Hugo era quasi certo che questo dettaglio non le dispiacesse più di tanto. Se sei temuta, le interferenze nella tua vita si ridurranno drasticamente. Quanto a Hugo, dopo aver visto nonna Molly uscire nuda dal bagno di casa era sicuro al 100% che niente e nessuno avrebbe potuto intimorirlo, figurarsi Amunet Carrow! « Io dico di no! » e rimase fisso nel punto in cui si era appollaiato, consapevole di non essere una presenza gradita. Ma era anche consapevole di trovarsi in una posizione molto particolare, una nella quale era bisognoso di risposte che nessuno avrebbe mai voluto dare. Se c'era una cosa che aveva capito nel corso degli anni è che se c'è bisogno di investigare su qualcosa, è perché quel qualcosa è stato nascosto da qualcuno, uno o più persone, e se qualcosa è stato nascosto nessuno sarà disposto a parlarne. Amunet Carrow si teneva per sé le cose nella maggior parte dei casi: era già partito consapevole del fatto che non avrebbe trovato strada spianata, con lei. E allora, avrebbe cercato sentieri nascosti, paralleli e collaterali, che lo portassero là dove voleva andare. Portamici, Mun. Quanto conoscevi Abigail Green? « Ehm.. ..non la conoscevo? » Annuì lentamente, il corvonero, passandosi due dita sul mento appena ruvido delle prime rasature, mentre una primissima, fioca luce iniziava ad accendersi. Lo sguardo gli cadde sul libro che la serpeverde stava leggendo e che aveva richiuso per potergli prestare attenzione, fornendogli tuttavia un ulteriore spunto di riflessione. Il Faust di Goethe. L'aveva letto un'estate in cui l'aveva trovato per puro caso nello studio di sua madre Hermione, sapeva di cosa parlasse e sapeva che non era un romanzetto rosa per ragazzine innamorate. Sei molto intelligente, Amunet Carrow: queste non sono letture per persone stupide. Sei profonda, non è vero? Hai un mondo interiore in cui ci si potrebbe perdere.. eppure fai del sarcasmo su una ragazzina morta. Non molto profondo. « Era una tassorosso, Weasley. Non so se te ne sei accorto di quali colori porto. » Perché tu conosci solo Serpeverde, Amunet, non è vero? Annuì abbozzando un sorriso, con un'espressione eloquente che urlava alla ragazza "ah giusto, che scemo!", innocente proprio come il suo viso di giovane uomo lasciava intendere. « A malapena conosco la loro Caposcuola. » Perché continui a minimizzare? Non erano serviti i racconti e le confessioni di Fred per notare che il magico quartetto delle meraviglie aveva abbandonato i fasti di un tempo. Fred, Amunet, Betty e Albus. Erano belli insieme, tanto che Hugo li aveva perfino invidiati, in un certo qual modo, seppure lui stesso facesse parte a sua volta in un meraviglioso gruppo di amici. Non prese le parole di Mun come una bugia, perché non lo erano.. ma erano solo parte della verità, solo un punto di vista. Forse Amunet non conosceva più Betty Branwell, ma l'aveva conosciuta e aveva fatto parte del mondo che le girava intorno, un mondo di cui aveva fatto parte anche Abigail Green, prima di lasciarlo definitivamente e nel peggiore dei modi.
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    « Tragica fine comunque. Ho avuto modo di parlare della cosa con Fred un po' di tempo fa. » Si portò le gambe al petto per mettersi più comodo e, in qualche modo, riflettere. Amunet ne aveva parlato con Fred dunque dedusse che tutto ciò che Hugo sapeva, lo sapesse anche lei: Freddie non era mai stato restio al tenersi per sé le cose, con gli affetti cari. Il tempo era passato, le situazioni si erano complicate ma Mun era rimasta una persona importante per il grifondoro. Anche questo, Hugo, lo sapeva benissimo. « Vero? Molto tragica.. » Il suicidio di Abigail Green l'aveva davvero toccato, in una maniera che non si sarebbe neppure aspettato. Tuttavia, avrebbe lasciato correre, se la sarebbe lasciata scivolare addosso come una tragica notizia qualunque se non fosse stata lei. « Sei un po' fuori tempo per scrivere un pezzo commemorativo, non ti pare? » Eccola qua, la Regina dei Serpenti. Hugo fece spallucce, tamburellando le dita sopra il ginocchio. « C'è un tempo limite? Va in prescrizione, il ricordo di una persona che non c'è più? » glielo chiese con calma, senza alcuna presunzione o arroganza. Era davvero interessato a come Amunet Carrow vedesse la cosa. Quanto empatica sei? Quanto ti toccano le cuore le tragedie altrui? Fatti conoscere. E' più facile capire i fatti, se si conoscono bene i personaggi. Amunet, d'altronde, era un vero e proprio mistero. « Pensavo che sarebbe carino scrivere due parole per ricordarla, ora che il ballo si avvicina.. ma forse rovinerei l'atmosfera, non è vero? La gente vuole divertirsi, ad un ballo. » La gente preferisce dimenticare, e quale modo migliore se non parlarne? Tu vuoi dimenticare, Amunet? « E' che.. non so, questo fatto mi ha toccato molto. Non faccio che pensarci! Un giorno prima il tuo problema più grande è il compito di Divinazione, il giorno dopo.. morta. » Non usò per caso quella parola: la morte non piace a nessuno. Tutti sussultano, chi più chi meno, se messi di fronte alla morte. La morte ti schiaffeggia in pieno volto senza che neanche tu te ne accorga: lo sapeva bene, Hugo, che la morte di un suo caro l'aveva quasi vista accadere sotto i suoi occhi. « Pensi che ci stia badando troppo? » Posò il mento sulle ginocchia, guardandola dritto negli occhi. Ti va di aprirti un po' con me, Mun?
     
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    « C'è un tempo limite? Va in prescrizione, il ricordo di una persona che non c'è più? » Non capiva il perché di tutto quel interesse, ma di certo, se era così, se si sentiva in un certo qual modo confusa da quella improvvisa invasione dei suoi spazi personali, Mun non lo diede a vedere. Hugo, lo conosceva, esattamente come conosceva tutti gli altri parenti di Freddie, ma questo non significava che era diventata una loro amica. A malapena poteva considerarsi loro conoscente, semplicemente perché, ai tempi in cui Mun e Fred stavano insieme, non era una grande chiacchierona, era troppo chiusa, timida e probabilmente persino impaurita da tutta quella loro energia. Non capiva il loro modo di vivere, a volte faceva fatica a immaginare una famiglia davvero così unita come la loro. Le piaceva osservarli; erano tutto ciò che lei e la sua famiglia non sarebbero mai stati, ma di farsi coinvolgere in tutto e per tutto dalla loro buona disposizione non ci era mai riuscita. « Pensavo che sarebbe carino scrivere due parole per ricordarla, ora che il ballo si avvicina.. ma forse rovinerei l'atmosfera, non è vero? La gente vuole divertirsi, ad un ballo. » Lei dal canto suo si stringe nelle spalle. Non riesce a comprendere il perché di tutto quell'interesse di alcuni nei confronti di una persona che chiaramente avrebbe potuto metterli tutti quanti in pericolo. « E' che.. non so, questo fatto mi ha toccato molto. Non faccio che pensarci! Un giorno prima il tuo problema più grande è il compito di Divinazione, il giorno dopo.. morta. Pensi che ci stia badando troppo? » Vorrebbe scacciarlo Amunet, dirgli di lasciarla leggere in santa pace, di non ficcare il naso nelle questioni che non lo riguardano e soprattutto di non assillarla con cose che non c'entrano - apparentemente - con lei. Vorrebbe farlo sparire dalla faccia della terra, ma la verità è che non ci riesce. A differenza di persone come Fred, che nella sua vita sono entrate a percorso scolastico già iniziato, Mun e Hugo si sono incontrati nel primo giorno di scuola; quel primo settembre di sei anni prima quando entrambi, timidi e curiosi, sono saliti insieme, oltretutto sulla stessa barchetta, navigando verso il castello. Non hanno mai avuto grandi tangenze, forse perché per molto tempo, Mun non è mai stata in grado di legare o comunicare quasi con nessuno, ma nonostante ciò, si sono sempre orbitati attorno. Sempre nella stessa classe, sempre gli stessi orari, sempre a un tavolo di distanza in biblioteca. In un certo qual modo provava empatia nei suoi confronti, e non perché si sentisse toccato dalla morte di Abigail Green. No. Di quello non gliene poteva frega di meno. Quella squinzia si meritava la sua morta, e averla epurata la lasciava indifferente. Era un pericolo per molti, troppi, forse per lo stesso Hugo. Eppure c'erano tante altre motivazioni per cui Mun si sentiva vicina al giovane Weasley. Quante volte nel corso degli anni, non lo aveva visto messo all'angolo da qualche studente più grande che si faceva le beffe dei più grandi? Quante volte non si era sentita impotente nel vedere lui e qualche suo amico pestato soltanto perché erano effettivamente più deboli? Per questo comune sentire della debolezza, Mun non lo scacciò, e anzi, finito di parlare, prese a squadrarlo, riflettendo sulle parole di lui.
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    Volle quasi dargli una sorta di conforto, qualcosa che lo aiutasse ad andare oltre, perché tra pestati, forse almeno in parte, ci si capisce. ..per non parlare di quel povero fratellino di Tallulah che va in giro guardandosi alle spalle come se potessero ficcargli un sacco sulla testa per pestarlo a sangue da un momento all'altro. Questo posto sta diventando anarchia e io non ho intenzione di accettarlo ulteriormente. Questo ciò che aveva detto ad Ares non più lontano di qualche giorno prima. Perché seppur sembrasse completamente disincantata di fronte al dolore altrui, di fronte alle sofferenze, c'erano cose che Mun proprio non sopportava. La prepotenza di chi se la prendeva deliberatamente con i più poveri, perché potevano farlo. Come il padre di Abigail, che usandosi del faccino della sua stupida figlia, progettava forse di fare del male a tutti loro. Ad Ares, a Fred.. Un brivido le corse lungo la schiena al solo pensiero. « Non sono nessuno per dirti come riempire il tuo tempo, Weasley, quindi fai quello che vuoi. » Gli dice quindi abbassando la testa e sospirando. Lascia cadere il libro per terra accanto alla sua borsa, per poi mettersi a sedere più comoda, portando a sua volta le ginocchia al petto. « Ma, se posso dirti la mia.. Non credo nemmeno che sia sciocco ciò che vuoi fare, e non è questione di rovinare l'atmosfera. » Fa una leggera pausa tempo in cui gli scocca uno sguardo eloquente. « Credo solo che non sia opportuno. La vita di quella ragazza è controversa. » Lo sanno tutti, lo hanno letto tutti. La lettera d'addio del padre pubblicata sulla Gazzetta, le indagini sul loro grado di implicazione con l'MI6, gli strumenti che utilizzavano per comunicare tra loro. Quella squinzia era pronta a fotterli tutti; e seppur qualcuno tra i suoi amici più cari, aveva deliberatamente deciso di distogliere lo sguardo da quelle pubblicazioni, la maggior parte dei loro compagni, non aveva potuto fare a meno di tirare un sospiro di sollievo. « Se è vero che ci sono persone legate a lei che troverebbero il tuo gesto davvero bello, ce ne sono altrettante che lo troverebbero fuori luogo. » Gli scoccò un leggero sorriso quasi affettuoso stringendosi nelle spalle. Se era vero che c'erano persone che alla ragazza erano direttamente legati, ce ne erano altrettanti che i babbani e la loro moderna caccia alle streghe la denigravano. C'erano ragazzi dentro la scuola che forse avevano un parente o un amico che era finito in mezzo a uno degli attacchi di quei mostri. Per non parlare del fatto che non più lontano di tre mesi fa, anche loro ne erano stati coinvolti, con l'attacco a King's Cross. « E così, ci troviamo di fronte a un dilemma etico, Hugo Weasley.. » E io ne so qualcosa di dilemmi etici. E' giusto ucciderne uno per salvarne mille? E' giusto decidere chi deve vivere e chi morire? Ma è giusto che per uno debbano rischiare la vita mille? A quelle domande, Mun si era data la risposta che l'aiutava a dormire meglio la notte. Non la più giusta, forse nemmeno la più onesta, bensì la più opportuna, forse anche la più egoista. « Ricordare una nostra coetanea che è appassita prima ancora di cominciare a vivere, oppure lasciare che Hogwarts guarisca eludendo la sua memoria? » Si morde appena il labbro inferiore scuotendo la testa. « Non credo che tu ci stia badando troppo; forse stai solo cercando di guarire, a modo tuo, farci i conti. Se ti aiuta.. a tuo rischio e pericolo. » Perché qualcuno quell'articolo glielo avrebbe sbattuto in faccia e anche con violenza.


     
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    « Non sono nessuno per dirti come riempire il tuo tempo, Weasley, quindi fai quello che vuoi. » Diretta come una pluffa lanciata da quel boccalone di Matthew Priestley, il cacciatore di Serpeverde denominato teneramente "Bazooka" per la potenza dei suoi lanci - e per altre qualità, andava a dire il giro lo stesso Priestley non senza una vagonata di orgoglio mal celato. E proprio come i lanci del Bazooka, le parole di Amunet lo colpirono dritto in faccia facendogli intendere che forse era il caso di levare le tende. Trattare con gli informatori, che essi fossero consapevoli o meno di esserlo, era un'arte sopraffina ed estremamente delicata. Le persone, infatti, si suddividevano in due grandi famiglie: quelli a cui piace parlare e quelli a cui devi tirar fuori le parole con le pinze, alla stregua di un dentista con un dente del giudizio. Amunet, era evidente, faceva parte del secondo gruppo e avrebbe messo sul fuoco prima una mano, poi la seconda e perfino la sua collezione di fumetti dell'Uomo Ragno nello scommettere che se la caposcuola avesse anche solo lontanamente sospettato che la loro chiacchierata avesse un secondo fine, si sarebbe chiusa ermeticamente come un riccio. E proprio come un riccio, gli avrebbe cavato gli occhi con i suoi aculei. Ci vuole equilibrio con le persone, occorre accarezzarle e farle sentire a loro agio, solo così sapranno aprirsi e parlare. Per questo, ormai convinto che con la Carrow il tempo fosse scaduto, si voltò di novanta gradi per lasciar penzolare le lunghe gambe oltre il bordo del muretto di pietra, pronto ad andare. Ma.. « Ma, se posso dirti la mia.. Non credo nemmeno che sia sciocco ciò che vuoi fare, e non è questione di rovinare l'atmosfera. » Si bloccò con entrambe le mani posate sulla pietra, ascoltando con interesse quello che a tutti gli effetti sembrava un consiglio spassionato. Su Abigail Green non avrebbe ottenuto alcuna informazione, e di questo oramai ne era certo, ma non per questo non avrebbe potuto trarre una qualche utilità dalle parole di Amunet! Non per il caso, certo, perché niente gli faceva supporre che la caposcuola dei serpeverde fosse in qualche modo coinvolta in quello che neppure aveva la certezza fosse un delitto.. ma da ciò che sentì, poté trarre una o due idee su chi realmente fosse Amunet Carrow. Ironico come avessero passato sei anni vicini, l'uno accanto all'altra quasi letteralmente, giorno dopo giorno e le volte in cui avevano parlato veramente potessero essere contate sulle dita di una mano. « Credo solo che non sia opportuno. La vita di quella ragazza è controversa. » Anche la sua morte, obiettò mentalmente il corvonero riavviandosi con la punta dell'indice gli occhiali sul naso. « Se è vero che ci sono persone legate a lei che troverebbero il tuo gesto davvero bello, ce ne sono altrettante che lo troverebbero fuori luogo. » E su questo, Amunet aveva ragione da vendere. Probabilmente, anzi, erano più le seconde che le prime. Come dar loro torto? Scoprire di avere una spia sotto lo stesso tetto, in un momento storico del genere, aveva fatto storcere il naso a tantissimi tra studenti e genitori a casa. Perfino Ron e Hermione erano stati cauti nel dare giudizi a voce alta, riguardo questa vicenda: Hugo era sicuro che sua madre gli avrebbe impedito di tornare al castello, in qualche maniera, se non avesse avuto il suo passato e le sue convinzioni. E se Kingsley non ci avesse obbligato a quello stupido campo estivo, naturalmente. Per quando Hugo rimanesse il cocco di mamma Hermione, la strega aveva mantenuto tutto l'autocontrollo di cui era capace nel lasciare il proprio ultimogenito libero di vivere la propria vita senza interferenze e sì, perfino di fronteggiare il male, lei che pur di fare la sua parte nella Grande Guerra era arrivata a cancellare la memoria ai suoi genitori - quei nonni che non facevano che inviargli amorevolmente uno spazzolino nuovo al mese perché l'igiene orale è fondamentale. Mugolò piano, Hugo, annuendo pensieroso alle parole della ragazza. Pensava ad Abigail, pensava a quanto strana fosse stata la sua morte.. ma pensava molto di più alla reazione di Amunet, la quale aveva preso a sorridere con una tenerezza che non le riconosceva addosso. « E così, ci troviamo di fronte a un dilemma etico, Hugo Weasley.. »
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    Ricambiò il sorriso, a quelle parole. Per un ragazzo come Hugo, che faceva del senso di giustizia uno stile di vita, i dilemmi etici erano pane quotidiano. Con quel tontolone dei professore di aritmanzia copiare è un gioco da ragazzi, dovrei farlo? Qualcuno ha dimenticato sul tavolo della biblioteca ben undici falci e tre zellini, e se li prendessi? Api frizzole gratis! Quello scemo di Zip ha il materasso pieno di "roba", dovrei denunciarlo alla presidenza? Ogni giorno Hugo Weasley si trovava parata di fronte l'ennesima sfida alla morale, contro la quale di tanto in tanto si trovava ad andare. Non siamo perfetti, non siamo santi. « Ricordare una nostra coetanea che è appassita prima ancora di cominciare a vivere, oppure lasciare che Hogwarts guarisca eludendo la sua memoria? » Eccolo, il dilemma etico. E' giusto togliere importanza ad una vita sfiorita, per quanto controversa essa fosse, a favore delle vite di tante persone che vogliono solo dimenticare. Sono meno controverse, le loro vite? Sono più importanti? Ma, alla fine dei conti, una sola domanda turbinava nel cervello di Hugo, che macchinava a velocità incredibile i propri pensieri e le proprie congetture: Quanto pesa la verità? Era da tempo che se lo chiedeva e non aveva mai trovato una risposta. « Non vorrei proprio trovarmi nella mia posizione! » cinguettò ironico, cercando di sdrammatizzare e, sì, perfino di fare il vago. In fondo, a buttar giù un pezzo in memoria di Abigail non ci aveva mai pensato davvero, ma il dubbio morale di cui stavano discutendo lo sentiva davvero pesare nel proprio cuore: svelare la verità sulla morte della ragazza - sempre che ci fosse, una verità da svelare - avrebbe avuto lo stesso risultato, spargere per tutto il salotto quella polvere che qualcun altro aveva così accuratamente nascosto sotto il tappeto. Non sarebbe più semplice lasciarla là? Nessuno se ne accorgerebbe mai. Tutti andrebbero avanti. « Non credo che tu ci stia badando troppo; forse stai solo cercando di guarire, a modo tuo, farci i conti. Se ti aiuta.. a tuo rischio e pericolo. » Alzò un sopracciglio, fissandola per qualche secondo attraverso le lenti degli occhiali. Guarire, che insolita eppure così appropriata scelta di parole. Hugo non era stato direttamente ferito dalla morte di Abigail Green, eppure come un passante che si ritrova accidentalmente coinvolto in un'esplosione, sentiva qua e là graffi che in qualche modo facevano male. « "A tuo rischio e pericolo" ...sembra quasi una minaccia. » esclamò con serietà, prima di aprirsi nuovamente ad un mezzo sorriso, disteso e tranquillo. « Sto scherzando! Ho capito cosa intendi. » Ho capito un po' di cose. Saltò giù dal muretto, sistemandosi meglio i vestiti con un paio di pacche, e rivolgendo alla ragazza un sorriso cordiale. « Caspita, ero venuto per chiarire dei dubbi e me ne hai dato altri! Bella giocata! Beh, forse non ho scoperto molto su Abigail.. ma ho capito un po' di più su di te. » Si strinse le spalle, restando vago su quell'affermazione. Ho capito che ho davvero tante cose da scoprire, su di te. « E' proprio un peccato non aver parlato prima, Mun. Non sei antipatica come vuoi dare a vedere. » Un giudizio assolutamente non richiesto, che tuttavia nascondeva un indiretto complimento. Indietreggiò di qualche passo, alzando una mano verso la ragazza. « Ti farò sapere se mi caccerò nei guai e.. scusa per averti interrotto. » Grazie degli ottimi spunti di riflessione.
     
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