IT'S TEA TIME, DARLING!

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  1. gin and tonic
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    Ecco, se non l'avesse nemmeno trovato lì, allora avrebbe potuto benissimo avanzare l'ipotesi che avesse finalmente decidere di lasciare quel triste e tetro posto che il Paese stava diventando per partire alla volta di nuovi lidi. Non che questo non fosse in character considerato il personaggio, ma di sicuro non le avrebbe fatto piacere. Dopotutto l'aveva cercato in lungo e in largo per un periodo di tempo che ormai ammontava a quasi un'ora, e darsi alla macchia a quel modo, senza neppure darle la possibilità di comunicargli quella notizia che premeva tanto per uscire. Se c'era una cosa che di Gin bisognava sicuramente sapere è che forse, ma forse, da qualche parte nel suo cuore, esisteva un reparto adibito al pettegolezzo. Insomma, era un po' comare. Per fortuna, però, il suo essere comare si limitava ad una cerchia di persone piuttosto ristretta: le persone che le erano simpatiche. Virginia si avvaleva, con immensa gioia di chiunque volesse reperire informazioni, della sua fama di persona estremamente distratta e su un pianeta tutto suo per.... beh, raccogliere quante più informazioni possibili sul soggetto delle sue indagini. Quel giorno si era trovata ad esaminare una psicopatica vera (non una di quelle che dicono di essere psicopatiche perché fa figo) nel suo habitat naturale. Era stata un'esperienza strana e formativa insieme. In primo luogo, aveva avuto modo di comprendere che il suo parlare da sola non la classificava ancora come soggetto da internare perché, sebbene si trovasse una compagna di conversazioni davvero arguta e interessante non era ancora arrivata a parlare di sé al maschile guardando nel vuoto. E quella lì guardava proprio nel vuoto. E non nel vuoto davanti che sarebbe stato anche un posto non dico scontato ma quantomeno classico dove guardare, no: lei guardava nel vuoto accanto. Nel senso: proprio nel vuoto accanto a sé, e proprio come se lì ci fosse davvero seduto qualcuno. L'aveva capito perché si muoveva in modo stranamente calcolato, come se lo spazio sul davanzale di fianco a lei fosse davvero occupato da qualcosa di fisico. Più probabilmente qualcuno, ma tutto quello che la corvonero era riuscita a scorgere non era altro che - beh, come dirlo in maniera diplomatica? no, un modo davvero non c'era - il nulla. E a meno che ad Hogwarts non avessero anche una creatura fatta di aria solida, invisibile, e a forma di essere umano allora sicuramente la Serpeverde non era normale. Non che lei si sentisse in diritto di giudicare, benintesi, ma quello era un po' troppo poco normale persino per i suoi standard di blu-bronzo svampita. Nel senso che non era un poco normale uh guarda che strambo, quello l'avrebbe trovato interessante - le erano sempre piaciute le persone fuori dal comune - un poco normale da se non stai attenta ti uccido nel sonno o anche capatina a San Mungo, cara? E forse sparare giudizi a quel modo non era nemmeno da lei, ma la bionda che sembrava avere qualche problema non le era neppure troppo simpatica, e si chiedeva se a qualcuno fosse mai stata simpatica, ed era proprio per questo che stava cercando Zip. Perché la signorina parlo da sola era una sua ex, e chi era lei per non riferire del sano gossip ad un caro amico? Che poi l'aveva trovata interessante solo dopo aver scoperto questo dettaglio e l'aveva osservata proprio in virtù di ciò quindi il signorino avrebbe fatto bene ad essere dove pensava che fosse, e non magari in viaggio verso l'infinito e oltre (in qualsiasi senso si voglia intendere l'affermazione). Entrò nelle serre accompagnata dal fruscio di tutta la stoffa che aveva addosso - le piacevano le gonne lunghe e gli strati, ok? - e cominciò a guardarsi attorno, camminando a passo piuttosto spedito, ma senza tralasciare di fare abbastanza attenzione da non farsi uccidere da qualcosa. Le piante le piacevano anche, ma lei era quasi sicura che ad alcune di loro sarebbe piaciuta anche troppo, nel qual caso avesse deciso di non rispettare la distanza di sicurezza. E quella di schioppare divorata da una pianta, era una morte troppo ingloriosa anche per una corvonero che voleva fare l'artista. Sarebbe stato molto più pittoresco un mattone in testa, anche perché era quasi certa che statisticamente parlando facessero fuori molta meno gente. Appuntò nella lista di cose da fare quella di controllare su wikipedia quante persone morivano uccise da un mattone in testa. Era ancora tutta presa dai suoi amati mattoni quando identificò il bersaglio - il povero Zeppelin - a non troppi metri da lei. Era di spalle quindi decise che accelerare il passo (correndo assolutamente e tassativamente sulle punte, come i ladri del film) per fargli un agguato sarebbe stata un'idea geniale. Idea che attuò, arrivandogli a tanto così di distanza per saltargli quindi addosso. Oddio, non letteralmente. Non era una pazza maniaca. Semplicemente pensò che un agguato-abbraccio potesse essere una buona idea. Ebbe almeno il buonsenso, però, di svelare la sua identità con un: «Ziiiiip, dove ti eri cacciato? Ti ho cercato per tutto il castello ti devo dire una cosa a proposito bella maglia e no non era questa la cosa che volevo dirti» prima che potesse tirarle una gomitata e mandarla gambe all'aria. Già non era alta, sospettava che una gomitata del caposcuola l'avrebbe piantata nel terreno fino alle ginocchia. O sbalzata dritta in bocca (erano bocche, quelle?) ad una pianta carnivora. O cannibale? Come si diceva? E sì, la cosa l'aveva detta tutta d'un fiato perché respirare era una cosa da poracci. Decise di staccarsi e fare un passo indetro, il sorriso furbesco che già le si affacciava sulle labbra. Era tempo di gossip.
     
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    Chiusi dentro. Il cervello di Zeppelin, per quanto fosse sveglio e intelligente, aveva impiegato un paio di giorni per elaborare la cosa. Il primo giorno, probabilmente, era stato il peggiore. In preda ad un post sbronza epocale, si era aggirato per il castello, tentando di evitare le varie trappole messe alle luce del sole da Kingsley. Per una volta si era dovuto appoggiare all'aiuto degli altri, non potendo contare in pieno sulle proprie capacità e i propri riflessi. Arrivato alla fine del primo giorno, rivoltandosi nel letto, Zip si era ripromesso una cosa: che sarebbe rimasto pulito e lucido per quanto più tempo sarebbe riuscito a concedersi. E così aveva preso il via la sua vita in piena fase riabilitazione. Mangiava quel poco che riusciva, beveva molto e fumava il minimo indispensabile, essendo cosciente che le sue scorte segrete, prima o poi, sarebbero finite. Ma proprio da questo ragionamento ne era scaturito uno proporzionalmente uguale. Aveva osservato, in silenzio, l'andamento delle prime tre sere. Si era seduto su un tavolo della Sala Grande e aveva seguito le lotte all'ultimo sangue che andavano in scena di fronte ai suoi occhi chiari. Gente che si tirava i capelli per l'ultima bottiglia d'acqua, ragazze che si strappavano gli indumenti cercando di distrarre il più possibile, così da permettere ai propri soci di arraffare quanto più cibo gli era possibile. Osservando e osservando ancora, gli ingranaggi nella sua testa avevano preso a vorticare su loro stessi sempre più velocemente. Una mente come quella di Zip, dopotutto, alla sopravvivenza è abituata da una vita. Vivere in una famiglia come la sua, costretto a rubare fin da piccolo per permettere a sé e agli altri fratelli di avere perlomeno un pacco di panini da mettere sotto i denti la sera, l'aveva temprato, nel corpo e nello spirito. Per questo, seppur sulle prime non avesse preso benissimo la notizia di essere di nuovo rinchiuso dentro qualcosa, alla fine il moro era riuscito a trovare il suo perché, in mezzo al quel bordello primordiale. In fondo, non è poi così diverso dal vivere dietro le sbarre del riformatorio. In entrambi i casi ci si alza, si spera di riuscire a mangiare qualcosa di decente, si sta tutti ammassati, si spera di non morire ammazzati per tutta la giornata, fin quando non si appoggia nuovamente la testa al cuscino e anche lì si sta sempre un po' sul piede di guerra, con un orecchio sempre teso e pronto a captare qualsiasi movimento nelle vicinanze. Insomma, un continuo deja-vù per il caro Zip. Proprio per questo suo continuo rivivere una situazione in parte giù vissuta, riesce a vedere uno schema più ampio dietro lo spartirsi le poche risorse che la Sala Grande mette loro a disposizione ogni sera. Una mente organizzata e incline al do ut es la sua. Una mente che gira secondo i propri ragionamenti, abituata ormai a vedere il guadagno dietro qualsiasi frangente della vita. Per questo ha cominciato ad attuare il suo piano. Ha cominciato a sottrarre risorse di prima necessità di soppiatto: cibo a lunga conservazione, acqua, medicinali, garze, insomma, tutto l'indispensabile per sopravvivere al meglio là dentro. Ma non l'ha usate per lui, no signore. Vedendoci più lungo di quello che afferma a parole, ha cominciato ad accatastare roba, lì, nelle Serre. Lì dove ha sempre tenuto la sua riserva segreta della droga che Ophelia gli mandava da fuori. Ammassa tutto ciò che trova e che il suo cervello classifica come bene di prima necessità, in grado di poter instaurare una proficua trattativa a suo vantaggio. Perché ci sarà sempre qualcuno che avrà bisogno di qualcosa si dice, mentre sistema l'ultimo pacco di cerotti sotto l'asse del pavimento della serra numero 3. E quando accadrà, io sarò qui, preparato e pronto ad aiutare il prossimo. Che poi il suo concetto di "aiutare" porta sempre con sé un guadagno futuro, questo è un altro discorso. Dà un'occhiata a ciò che ha accumulato, come la laboriosa formica della storia per bambini, annotandosi mentalmente che forse è il caso di cominciare ad organizzare un inventario, prima di mettersi in affari. E forse ho bisogno di un partner con il quale avviare l'attività pensa, tirando via da sopra l'orecchio quella stessa sigaretta che ha resistito a non fumare per giorni. Ma ora ne ha bisogno. L'accende con la punta della bacchetta, prendendone subito una grossa boccata. Con il piede dà una botta all'asse del pavimento, facendola ritornare al suo posto, nascondendo così la sua riserva segreta. Si appresta ad applicarvi sopra un incantesimo di Disillusione, giusto per essere sicuri. Ed è in quel momento che qualcuno da dietro lo stringe, a mo' di koala. Strabuzza gli occhi ed ha già la mano libera pronta a tirar via con forza chiunque abbia avuto la malaugurata idea di prenderlo così alle spalle. Ma la sua voce arriva prima di qualsiasi sua rappresaglia. Per fortuna. «Ziiiiip, dove ti eri cacciato? Ti ho cercato per tutto il castello ti devo dire una cosa a proposito bella maglia e no non era questa la cosa che volevo dirti» Scuote la testa, abbozzando un mezzo sorriso, mentre la ragazza scivola di lato. Si volta a guardarla, prima di buttare fuori il fumo denso dalle labbra. «Ora mi hai trovato, Gin Tonic Dice a labbra strette, prima di scuotere leggermente la testa. «Assaltare la gente alle spalle - si blocca, per correggersi - assaltare me alle spalle può rivelarsi essere l'ennesima trappola di questo castello. L'asso nella manica di Kingsley!» E' serio, mentre l'avverte del pericolo alla quale si è esposta volontariamente. «E se poi te ne penti, ma chère Usa quel loro gioco di parole, sciogliendo l'espressione granitica in qualcosa di più piacevole e gioviale. Si riporta la sigaretta alle labbra, guardandosi intorno qualche istante, prima di tornare a lei. «Allora, mi cercavi e mi hai trovato.» Commenta l'ovvietà, agitando la sigaretta a mezz'aria. «E se mi hai cercato per tutto il castello, ci deve essere un motivo ben preciso. Cosa volevi dirmi di così urgente e importante?»
     
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