a good job

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  1. AresCarrow
         
     
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    Prima o poi dovrà venirsi a sapere chi è.
    Ne sono convinto: nessuno si prende una briga simile senza aver bisogno di ricevere dei complimenti per il proprio operato, e prima o poi in qualche maniera salterà fuori chi è stato ad appendere quella stupida bacheca. E' fisiologico, mi ripeto, ed è un pensiero che quanto meno mi consente di riportarmi alla pazienza. Prima o poi, presto o tardi, in un imprecisato momento nel futuro.
    Di sicuro non "mai", ed è quella la parte più importante.
    Volto le spalle a quello scempio, su cui almeno per una volta è apparso qualcosa che abbia un minimo di interesse, e lo faccio con un mezzo sorriso stampato sul volto. Immagino che da parte mia sia come un'esultanza in piena regola, di sicuro il massimo che si potrà ottenere da parte mia prima che io metta le mani sul colpevole di quello sputtanamento collettivo che sta girando per i corridoi del castello nell'ultimo periodo. Ne sono stato vittima anche io, ma per quanto irritante sia stato il pensiero non è quello ad avermi offeso: il novanta per cento di quello che è stato detto nel messaggio su di me è falso, o quanto meno travisato, e in ogni caso tutte le donne che vi sono citate sono perfettamente di gestire la cosa da sole. Buona parte di loro, anzi, si saranno probabilmente sforzate di negare perfino di conoscermi, sapendo come sono fatte.
    No, non è quello a farmi incazzare.
    E' il messaggio su Amunet a rendermi una bestia, e sarà quello a far sì che il responsabile paghi in maniera dolorosa, fisicamente e psicologicamente parlando.
    Che sia falso almeno quanto quello detto su di me non mi importa, ne farebbe alcuna differenza nemmeno se venissi a scoprire che è tutto vero quanto l'aria che sto respirando nell'entrare in Sala Grande per la cena: nessuno può permettersi di sputtanare mia sorella in quella maniera, di farla passare per una puttana. Nessuno. E non mi importa quello che la stessa Mun può dire a riguardo, perché vederla esposta alla pubblica derisione...scuoto la testa, e poggio la sacca con i libri sulla panca di Serpeverde, non lontano dalla stessa Amunet. La fisso e faccio per sedermi, quando noto un volto conosciuto al tavolo di Grifondoro, poco più in là. Siede insieme ad alcuni compagni e ride, come fa spesso. Che cazzo c'abbia poi da sorridere sempre non l'ho mai capito.
    Mi stacco dal tavolo e mi avvicino, attirando qualche sguardo perplesso da chi nota quel gesto non comune, almeno da parte mia. Temo di avere la tendenza ad isolarmi un po', in mezzo alla folla, e non ricordo quando sia stata l'ultima volta in cui mi sono avvicinato di mia spontanea volontà ad uno degli altri tavoli. Forse quando stavo con Olympia, rifletto - Potter - lo chiamo, fermandomi a qualche passo dal punto in cui è seduto. Veloce cade il silenzio, fra coloro che stanno parlando con Albus, e leggo negli occhi di alcuni di loro un po' di allarme., quasi mi sospettassero in procinto di aggredirlo. E' questa la fama che ho? si chiede una parte di me. Oltre a quella di gigolò, ovviamente.
    Reggo lo sguardo di un paio di loro, in pieno spirito da "Cazzo guardi?", per poi tornare all'ordine. E' una missione di pace, quella - Ho visto adesso -gli dico indicando con il mento la direzione in cui si trova la bacheca - Un buon lavoro -
     
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    La bacheca era stata indubbiamente un colpo basso per Albus. Non si trattava del gossip o di ciò che vi fosse scritto all'atto pratico: il giovane Potter era piuttosto abituato a sentirsi osservato, un peso che veniva come logica conseguenza al cognome che si portava appresso, peso a cui aveva avuto molti anni di esperienza. Piuttosto il punto era che da ciò che avevano scritto emergesse il quadro di una persona che lui non era. Strane sono le vie della mente di Potter: da una parte il messaggio lo aveva lasciato noncurante, con una bella e sonora risata sdrammatizzante, dall'altra, però, lo aveva fatto sentire come se qualcuno gli avesse tolto qualcosa all'improvviso. Una parte di sé, un tassello della sua identità. E non solo gliel'aveva tolta, ma l'aveva anche plasmata a proprio piacimento, facendone tutt'altro. Quello che era sulla bacheca, quella persona, ne era convinto, non era lui. Portava il suo nome, portava le sue esperienze, i suoi attimi, le sue giornate, ma non era lui. Era un estraneo. Era un essere perturbante: qualcosa di familiare, che tuttavia mostra tratti di completa estraneità che provocano angoscia. E così, la sua reazione, era stata quella di rispondere. Perché Albus, in silenzio, non ci è mai stato. Non ha mai subito passivamente. Chiunque fosse finito su quella bacheca si era ritrovato a fare i conti con conseguenze più o meno gravi, persino le persone a lui più care. Ma nessuno, fino a quel momento, aveva mai pensato che forse, l'unica cosa da fare, era semplicemente ribattere. D'altronde le regole erano chiare, no? Tutti potevano scrivere, inoltrare il proprio messaggio, e presto o tardi sarebbe stato appeso. Lo Shame aveva una reputazione da mantenere, e se si fosse rifiutato di appendere le parole di Albus, sarebbe caduto inevitabilmente in contraddizione con se stesso. Dunque aveva preso da parte la persona più congegnale per quella missione: Fawn, citata tra le sue conquiste. Avevano passato un pomeriggio intero a redigere il messaggio, una sorta di dieci comandamenti. Ci avevano riso sopra, avevano sparato ogni genere di battuta, e infine avevano deciso di non smentire ne' confermare nulla di ciò che era stato detto a loro spese. D'altronde a che pro? E poi l'intento era proprio quello di passare il messaggio che, vere o meno, quelle cose fossero affari loro, nulla di cui la scuola aveva alcun diritto di interessarsi. Volete saperlo? Perfetto. Venitemelo a chiedere in faccia. Non con questi mezzucci vigliacchi di seconda mano.
    Quando il messaggio era stato appeso, nonostante il commento che lo Shame vi aveva apposto (cosa che ovviamente aveva previsto), Albus si era sentito piuttosto soddisfatto del proprio operato, e con un ghigno sornione si era avviato a cenare con i suoi amici al tavolo Grifondoro. Perché no, ovviamente non avrebbe dato alla bacheca la soddisfazione di vederlo macerarsi il fegato in un delirio paranoico su chi dei suoi sodali lo avesse tradito a mo' di Giuda. Di certo il pensiero lo turbava, ma Albus era anche il tipo di persona che non aveva poi così tanti amici: si circondava solo di gente estremamente fidata, per lo più la propria famiglia, e di loro si fidava in maniera più che cieca. Tuttavia, quando si mise a sedere, il suo sguardo andò istintivamente al tavolo dei Tassorosso, lì dove Betty stava già consumando il proprio pasto. Fu un istante, tanto veloce quanto stupido, quello in cui il Serpeverde valutò seriamente la possibilità che fosse stata proprio lei a mandare quel messaggio. "Ti auguro davvero di divertirti al ballo e per restare in tema di pettegolezzi puoi smetterla di sgattaiolare da un letto all'altro cercando di non farti vedere. Tutto il castello sa che te ne vai in giro con quella espressione finta afflitta, come se portassi il peso del mondo sulle tue spalle. Sei solamente un banale cliché e nemmeno tanto riuscito." Queste erano state le parole della bionda l'ultima volta che si erano parlati. E guarda caso, a distanza di pochi giorni, ecco comparire un messaggio a lui interamente dedicato in bacheca. Scosse la testa, allontanando il sospetto per gettarsi in conversazioni decisamente più allegre con i propri cugini. Nessuno fece menzione della bacheca, chi per un motivo e chi per un altro, fin quando non arrivò, direttamente dal tavolo Serpeverde, il punto di rottura dell'equilibrio. Ares Carrow. "Potter." sollevò lo sguardo su di lui, facendosi serio in volto mentre una serie di interrogativi cominciavano a vorticargli per la testa. E' qui per ciò che è stato detto su me e sua sorella. La notizia più travisata della storia. Avanti Carrow, chiedi e ti sarà dato. "Ho visto adesso. Un buon lavoro." Signori e signore, ebbene sì, Albus ci rimase di stucco. Tutto si sarebbe aspettato tranne che delle sportive congratulazioni da niente meno che Ares, il fratello di Mun e uno dei migliori amici di Nate (aka: la persona che Albus meno sopportava in tutto il castello). Ci mise qualche istante a reagire, sbattendo le palpebre con aria stupita prima di rivolgergli un sorriso e un cenno del capo a mo' di ringraziamento. "Grazie, Carrow." asserì dunque, cercando di ignorare il più possibile lo sguardo insistente di Olympia. "Se è una guerra che vogliono, è una guerra che avranno." Fu quella la sua conclusione, lanciandosi in bocca una patatina fritta. Perché ovviamente, questo è chiaro, per Albus era tutto tranne che finita lì.
     
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1 replies since 18/10/2017, 17:11   32 views
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