La leggenda del Leone e del falco blu

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    [nelle puntate precedenti...]



    « Te lo riporto subito, Weiss, quattro chiacchiere tra cugini. Mai intromettersi negli affari di famiglia. » Hugo stava per infilzare una tra i quintali di salsicce che Andres Weiss aveva fatto magicamente comparire sulla tavolata, quando una voce fin troppo familiare non lo fece quasi sobbalzare. Lui. Avrebbe riconosciuto la sua voce fra mille, a occhi bendati e ascoltare tutta la discografia di Taylor Swift al massimo volume, perché tale era la considerazione che aveva di Fred. E tanto speciale era il post che gli aveva da sempre riservato nel cuore, un posto insostituibile. Ritrovarsi ai ferri corti con lui aveva demolito ogni certezza, perché mai e poi mai avrebbe pensato di ritrovarsi a non parlargli più: avevano avuto altri litigi, certo, ma erano screzi infantili che si erano risolti mangiando insieme una confezione formato famiglia di gelato. Non era mai arrivato a tanto con Fred e questo lo faceva sentire.. solo. Incredibilmente solo. Aveva ancora Malia e Albus, ma non era lo stesso. Fred era da sempre il suo confidente, quello a cui rivolgersi in caso di problemi, forse perfino più di Rudy - che sarebbe stato capace di far esplodere Hogwarts se qualcuno avesse provato a far del male al suo fratellino. Freddie era la sua via di mezzo, né troppo impulsivo né troppo menefreghista e lo adorava così. L'aveva sempre fatto, oltre ogni limite.. fino a che qualcosa tra di loro, all'improvviso, non si era incrinato. « Tu adesso vieni con me. » Il tono di voce di Fred Weasley Jr. non ammetteva repliche, ciò nonostante notò Andres irrigidirsi quando la mano del rosso afferrò con forza il braccio di Hugo. Da una parte era certo che il tedesco non sarebbe andato contro il suo stesso caposcuola.. d'altra parte, anche Andres aveva un temperamento non sempre facile da gestire. Gli posò una mano sulla spalla, scuotendo impercettibilmente la testa. Va tutto bene, questa me la vedo io. « Torno subito, ok? Vedi di lasciarmi qualcosa da mangiare.. » Tentò di rivolgergli un sorriso, ma non seppe bene cosa fosse emerso, dietro la maschera di assoluta serietà che inevitabilmente era calata sul volto del corvonero. Fu allora che suo cugino iniziò a tirarlo via senza esitazioni, costringendo Hugo a seguirlo a grandi falcate.
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    Avrebbe potuto opporre resistenza, vero. Avrebbe potuto semplicemente mandarlo al diavolo e continuare a passare il resto della serata insieme ad Andres.. o a Scout. Accidenti, Scout! Dov'era finita? L'aveva completamente persa di vista, da quando i grifondoro avevano attirato tutta l'attenzione su di loro. Da quando Fred e Beatrice avevano fatto quello che avevano fatto. No, non si sarebbe divincolato né si sarebbe opposto a quel confronto, perché in fin dei conti era di questo che aveva bisogno Hugo: sfogarsi. Fred tra i due era sempre stato di temperamento molto più esplosivo e ruggente, era un leone pronto a tirar fuori gli artigli e a sbranare chiunque si ponesse sulla sua strada. Hugo al contrario volava alto e da lassù vedeva molte più cose dei suoi fratelli e cugini, con vista acuta e affilata intelligenza: era un falco, la sua mente volava e non poteva essere raggiunta da chi non avesse ali uguali alle sue. Ma c'era qualcosa che Fred e molti altri dimenticavano, sul conto dei falchi: hanno artigli anche loro e becchi acuminati. Sanno far male, quando vogliono.

    Le dita del rosso mollarono la presa sul braccio di Hugo solo quando si trovarono in uno dei corridoi nei paraggi delle cucine e della sala comune dei Tassorosso, abbastanza vicini alla Sala Grande da poterne sentire il frastuono, eppure abbastanza isolati da non avere orecchie indiscrete intorno. Il corvonero si mosse ancora di qualche passo, prima di voltarsi e lanciare uno sguardo duro come ben poche volte Fred gli aveva visto fare: ce l'aveva con lui e diavolo se si vedeva. Fred, il suo Fred, si fermò di fronte a lui, lontano solo pochi passi, con ancora i bottoni della camicia aperti e il farfallino chissà dove. Là, dove la mano di Beatrice si era insinuava e con essa il seme del tradimento. Le mani del corvonero si strinsero a pugno, rabbioso perché ancora una volta suo cugino era riuscito a rovinare tutto. Ancora una volta. « Ah, quindi come funziona, spiegami: ci parliamo ora? » C'era veleno nella voce di Hugo, c'era quel sarcasmo tagliente che Freddie ben conosceva ma che non gli era mai stato rivolto contro col preciso intento di ferirlo. « Il re leone non ha bisogno di me ma ha deciso di darmi udienza! Che fortuna! » Puntò fisso i grandi occhi nocciola sui suoi. Non credere che mi sia dimenticato quello che hai detto. Non avrebbe tollerato nessuna scusa, non in quel momento: non c'era nessun "ma Freddie è fatto così" che tenesse. « Beh: nel momento sbagliato. Che vuoi? » Incrociò le braccia sopra il panciotto color rubino del vestito, a gambe larghe e ben piantate sulla pietra del corridoio. La chiudiamo qui, Freddie. Ora o mai più.


     
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    Li aveva visti, Fred. Hugo ed Andres, sgattaiolare via dalla stanza di quest'ultimo. Era un pomeriggio come tanti altri quello, dove un Fred Weasley a caso rientrava verso le stanze dei rosso-oro dopo aver svolto la sua sessione giornaliera di 'come evitare una punizione adesso che sono caposcuola'. Si trovava con Malia, a ridere e scherzare su come quel giorno a lezione l'avessero fatta grossa proprio sotto il naso di quel creepy di Wilde, rubandogli l'erba da una sezione proibita e non tanto sapientemente nascosta delle serre. Un gioco da ragazzi! Il Grifondoro teneva ancora il bottino tra le mani, nascosto in un sacchetto di cartone con sopra disegnate delle ciambelle, per passare inosservato, ed era intento a sventolarlo davanti al viso dell'amica per vantarsi della loro conquista, quando, guardando davanti a sè, li aveva visti. E si era bloccato, lo sguardo fisso su quello spettacolo che non avrebbe mai dovuto creargli alcun problema ma che in realtà, di problemi gliene creava tanti. Aveva serrato la mascella, stretto i pugni e si era diretto a passo veloce verso il cugino, raggiungendolo in poche ampie falcate. « E' il dormitorio Grifondoro, tu quì non ci puoi stare. » Asserì d'istinto, lo sguardo di fuoco piantato sul viso del Corvonero che, di rimando, l'aveva guardato a dir poco esterrefatto. Lui, Fred Weasley, l'anti-regole per eccellenza, colui che tante di quelle volte aveva fatto intrufolare sia Albus che Hugo nel loro dormitorio per poter passare la notte rinchiusi nella sua camera a ridere, fumare e scherzare, stava attingendo a delle regole che mai nella vita aveva anche solo immaginato. Lo sguardo imperturbabile, il tono di voce severo. « ....Freddie, avevamo detto che avremmo dovuto fumarla assieme, ne hai già fatto uso? Che ti prende? » Scherzò Malia, ridendo e sporgendosi verso Hugo per salutarlo con un bacio sulla guancia. Quelle parole avrebbero dovuto placarlo, perchè in fondo, a guardarsi da un'altra prospettiva, si sarebbe dato del pazzo da solo. Che gli prendeva? Non ne aveva idea. Sapeva solo che una strana sensazione aveva iniziato a crescergli dentro, logorandolo dall'interno e costringendolo a mantenere un broncio non indifferente. Andres ed Hugo, Hugo ed Andres...« Mi prende che poi ci rimetto io, se lo scoprono. » Parole che mai nessuno si sarebbe aspettato di sentire trapelar fuori dalle labbra sottili del neo-Caposcuola. Specie con Hugo, suo cugino e suo migliore amico. Quello, proprio quello che sembrava soltanto uno dei soliti scherzi ingannatori di Fred Weasley, sarebbe stato l'inizio della fine.

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    Ormai sembrava che ogni cosa che Fred Weasley facesse, non sarebbe mai riuscito a capire perchè l'avesse fatta. Eccolo quì, il leone, a trascinarsi dietro il cugino senza voler sentire nessuna ragione. Non fa caso a nessuno, oltrepassando ben poco educatamente chiunque ostacoli il suo tragitto verso l'uscita dalla Sala Grande. Non ha la minima idea del perchè le sue dita siano così strette al braccio di Hugo da lasciarvi l'impronta. Non ha idea del perchè il suo cuore abbia preso a battere così forte da fargli male. Non ha idea del perchè quella sensazione di fastidio, disagio, tradimento proprio non ne voglia sapere di abbandonarlo. Dovrebbe calmarsi, dovrebbe lasciarlo andare, rigirarsi verso di lui e scusarsi per quella stronzata del bacio con la Morgenstern. Dovrebbe importargliene zero del suo di bacio, con Andres. Dovrebbe ridere dell'accaduto, dargli una pacca sulla spalla ed urlare un felice quanto orgoglioso finalmente, i miei insegnamenti danno i suoi frutti! Eh sì, dovrebbe fare tante di quelle cose giuste, ma non ci riesce. Dopotutto sembra aver preso l'abitudine di fare solo e soltanto cose sbagliate negli ultimi tempi. Come aver iniziato tutto questo. Si ferma soltanto una volta aver raggiunto un punto dei corridoi abbastanza lontano da orecchie ed occhi indiscreti. A quel punto molla la presa, girandosi verso il Corvonero, lo sguardo simile a fiamme impazzite pronte a divorarlo. « Ah, quindi come funziona, spiegami: ci parliamo ora? » Hugo è arrabbiato. C'è dell'acido nel suo tono di voce. E' un sarcasmo tagliente, che in situazioni differenti avrebbe fatto ridere di gusto il nostro Grifondoro, complimentandosi con il cuginetto per l'audacia, ma questa volta lo colpisce e basta. In pieno. Incassa il colpo. « Il re leone non ha bisogno di me ma ha deciso di darmi udienza! Che fortuna! » Stringe i pugni, visibilmente nervoso. « Beh: nel momento sbagliato. Che vuoi? » Nel momento sbagliato. Sbagliato, sbagliata come sarà sempre tutta questa situazione. Sbagliato come sarà sempre qualsiasi suo pensiero al riguardo. Sbagliato come sarà sempre Freddie Weasley per Hugo Weasley. « Ero venuto a chiederti scusa. Per aver litigato, per Beatrice...E invece ho notato che ti stavi già consolando abbastanza. » E a me non dovrebbe importarmene. Perchè? Perchè mi importa così tanto? « Perdonami se sono sbagliato, e se piantare la lingua dentro la gola di un mezzo sconosciuto ha sicuramente più priorità di venire a chiarire con me. » Pausa. « Da vergine a questo. Devo dire che ti ho insegnato davvero bene, l'allievo supera il maestro! Allora, com'è stato? Su dai non lo racconti al tuo cuginetto? » Un sorriso che ha del maligno gli distende le labbra: il leone non guarda in faccia nessuno, se provocato. Anche se fa male, tutto questo fa fottutamente male.
     
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    Stupide "Olimpiadi dell'Aritmanzia". Non sapeva neppure, Hugo, che quella strana materia piacesse a così tante persone! O forse ad attirarli era il premio di 100 galeoni indetto dalla Società Inglese di Aritmanzia? C E N T O! Lo stesso Hugo aveva pensato di partecipare.. quante cose avrebbe potuto fare con cento galeoni sonanti! Ma le iscrizioni si erano chiuse prima che fosse riuscito ad inserirsi, motivo per cui si era dovuto accontentare di un mogio "sarà per l'anno prossimo". Il brutto era però che tutta la biblioteca sembrava essere stata invasa da pazzi intenti a sommare tutte le cifre possibili: decine di persone che, letteralmente, stavano dando i numeri. Hugo Weasley e il suo strambo allievo, Andres, erano impalati all'entrata della biblioteca, davanti ad una distesa sconfinata di tavoli occupati. « Non credere di saltare la lezione di oggi! Dobbiamo fare la Rivoluzione dei Tridenti del 1607, non te la scampi. » e Andres sapeva che era vero, quant'è vero che gli avrebbe ripetuto quello spaccato di storia delle sirene anche in mezzo ad un corridoio, perfino dentro un gabinetto! Hugo aveva pianificato una scaletta molto dettagliata, che avrebbe portato Andres ad essere preparatissimo per gli esami di fine anno. « E allora andiamo in camera mia. Lucas non c'è. » Sarebbe potuta sembrare a tutti un'offerta maliziosa e perfino Hugo non si sentiva totalmente esente da un pizzico di vergogna, mentre insieme salivano le scale che li avrebbero condotti alla Torre di Grifondoro, ma in fondo cos'avrebbe dovuto temere? Era con Andres Weiss che stava andando, il palestratissimo portiere dei Grifondoro. Non avevano mai toccato l'argomento ma era quasi sicuro che Andres fosse etero, o almeno così la pensava tutta la scuola. Ma se anche fosse, Hugo aveva ricevuto un compito e a quello si sarebbe attenuto. Andres era diventato ufficialmente la sua missione e se non fosse stato promosso, la sua bocciatura sarebbe diventata di riflesso anche la bocciatura del corvonero. E quando mai si è visto Hugo Weasley bocciato?!

    « Dai, non è così difficile! Prova ad esercitarti, poi se non ci riesci lo rivediamo insieme ok? » Uscì dalla camera di Andres dopo due ore particolarmente intense di Storia della Magia, dopo le quali era avanzato un po' di tempo per iniziare a mostrargli il corretto movimento di bacchetta per il Riddikulus. Santo cielo, come faceva a non sapere il Riddikulus? E' programma di terzo anno! Era come se, per alcuni argomenti, Andres avesse vissuto in una caverna da cui solo ultimamente fosse uscito. Di Storia della Magia, poi, proprio non ne parliamo. Un disastro. Ma gli sorrise comunque bonariamente, perché vedeva quanto sforzo ci stesse mettendo.. nonostante tutto. Inutile, Weiss non sarebbe mai diventato uno studioso perché semplicemente non ne era portato! Aveva in testa solo e soltanto lo sport, una volta capito questo lo si poteva accettare coi suoi pregi e difetti. Il tedesco lo stava accompagnando all'uscita quando due figure fin troppo familiari apparvero all'orizzonte, una Malia e un Fred a cui rivolse un ampio sorriso. Stava per correre da loro, con il suo solito "Ehi ragazzi!" quando Fred, letteralmente, lo aggredì. « E' il dormitorio Grifondoro, tu quì non ci puoi stare. » Aggrottò le sopracciglia, passando da Fred a Malia, senza capire bene. Lo prese come l'ennesimo scherzo di suo cugino, motivo per il quale rise divertito. Certo, sapeva che "tecnicamente" non sarebbe potuto stare lì ma.. chi aveva mai rispettato quelle regole? Lo stesso Fred aveva bazzicato alcune volte alla torre ovest dei Corvonero. « Signorsì signor Caposcuola! » ridacchiò, sistemandosi meglio la tracolla sulla spalla. Anche Malia sembrava stranita dallo strano comportamento del rosso, perché solitamente anche i suoi scherzi più elaborati finivano con una sonora risata entro dieci secondi. Al contrario, stavolta Fred Weasley non stava ridendo. Affatto. « Mi prende che poi ci rimetto io, se lo scoprono. » Un silenzio tombale colse il gruppo, improvvisamente gelido. A Hugo toccò il compito di sdrammatizzare, confuso tuttavia su ciò che fosse realmente accaduto. « O la professoressa Branwell è un animagus capace di trasformarsi in un tavolino o credo che potremmo stare tutti tranquilli. » Rivolse a Malia uno sguardo interrogativo, un silenzioso "Ma che cacchio succede?" e assestò a Andres una timida pacca sulla spalla, per superare poi quel Fred davvero più strano del solito. "Avrà litigato con la Carrow ancora una volta" fu la spiegazione più ovvia. Ci rimase male, in effetti, di essere stato liquidato in quel modo ma incassò il colpo e sgattaiolò molto velocemente fuori dalla sala comune di Grifondoro. Freddie era fatto così, gli sarebbe passata.

    [...] « Tu aiuti me e io aiuto te! » Era iniziato tutto così, con una semplice proposta da parte di Andres, che lì per lì Hugo non aveva neppure considerato. In fondo lo capiva, essere perennemente aiutato forse stava iniziando a pesargli e quindi il suo rigido spirito tedesco aveva pensato di essere in qualche modo in debito. O magari desiderava solo fare amicizia, perché no? In fondo, Hugo e Andres avevano iniziato a trovarsi bene insieme. Era un po' duro di comprendonio a volte e aveva bisogno che gli argomenti difficili gli venissero spiegati almeno due volte, ma era simpatico e soprattutto non era ciò che sarebbe potuto sembrare dall'esterno: un pallone gonfiato pompato e presuntuoso come molti atleti e come quasi tutta la squadra di Serpeverde. « E sentiamo, come vorresti aiutarmi? Mi insegni il tedesco? » Non gli sarebbe dispiaciuto poi tanto, non sapeva bene il perché ma quando Weiss si lasciava sfuggire qualcosa nella sua lingua madre, Hugo sentiva un certo "brivido". « Neeeein, nein. Ti insegno quidditch, ovviamente! » Ahi, quidditch. Tasto dolente. Era appena entrato da poco in squadra, Hugo, e ancora non aveva la più pallida idea di come avesse fatto! Sapeva solo di avere un qualche talento, sì, ma ancora acerbo e immaturo. Chi meglio di Andres avrebbe potuto aiutarlo? Tutti i suoi cugini erano bravissimi sul manico di scopa ma Andres Weiss era drogato di manici di scopa. E palle, palline, palloni, pluffe, boccini, bolidi e qualunque cosa avesse forma anche solo vagamente rotonda e potesse essere usato per giocare. "Hai bisogno di lui", gli disse la coscienza e fu seguendo quella che iniziò, di tanto in tanto, ad allenarsi con lui a parare le pluffe. « Tanto, anche se ti aiuto, resto più bravo io! » e una certa ragione la aveva. Quel giorno Weiss stava mettendo particolare forza nei lanci che Hugo avrebbe dovuto parare; fu tuffandosi di lato per tentare di afferrare la pluffa che individuò un ciuffo di capelli rossi entrare in marcia nel campo da quidditch. Era veloce, era risoluto e.. era venerdì. « Cacchio.. » mormorò, con ancora la pluffa sottobraccio, iniziando a camminare verso suo cugino Fred. Era lui che si stava occupando della squadra di quidditch e, in quanto Caposcuola, gestiva anche la turnazione del campo, che il venerdì spettava proprio ai grifoni. « Ehi Freddie! Scusascusascusa, non ricordavo che ci foste voi! Vabbè, il campo l'avete prenotato voi quindi io sloggio subito, tranquillo. Tanto iniziate fra un po', vero? » Si grattò la testa sudata imbarazzato, girandosi velocemente oltre la spalla per notare che Andres aveva già iniziato a risistemare tutto, alla vista del proprio capitano. « Andres mi stava aiutando un pochino ma tranquillo, non si è stancato, il lavoro l'ho fatto tutto io oggi. E' in grinta per il vostro allenamento, vero Andry? » Il tedesco alzò il pollice verso di loro e attese che Hugo gli lanciasse la pluffa, quindi si incamminò verso gli spogliatoi per mettere al loro posto tutti i ferri del mestiere. Fu allora che rimasero soli, i cugini Weasley.. e Fred non aveva affatto un'aria tranquilla. « Ehi.. è perché mi sta aiutando, anche se sono entrato nella mia squadra e sono diventato "avversario"? Ti ha dato fastidio? » Non c'era provocazione nella voce del corvonero, ma una leggera nota di sincera preoccupazione. L'ultima cosa che voleva era litigare con Fred.

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    Allora? Iniziò a picchiettare la punta del piede contro la pietra, attendendo che Fred dicesse la sua. Era pronto a tutto, si sentiva pronto a tutto eppure, a conti fatti, non era decisamente pronto a ciò che il Grifondoro gli avrebbe sputato contro. « Ero venuto a chiederti scusa. Per aver litigato, per Beatrice...E invece ho notato che ti stavi già consolando abbastanza. » "Chiederti scusa", colpo numero 1. "Per Beatrice", colpo numero 2. "Ti stavi già consolando", colpo numero 3. In rapida successione, uno inferto con più cattiveria del precedente. « Tempismo perfetto, non c'è che dire! Avevi deciso in anticipo il numero di cazzate da fare, prima di venire a chiedere scusa?! Aspettavi quello? » Chiedere scusa per cosa, poi? Tutta quella situazione era così fumosa, così vaga. Hugo ci aveva pensato ossessivamente, ricercando nei comportamenti del cugino indizi che lo aiutassero a capire. Era bravo a collegare i puntini, Hugo Weasley.. era dannatamente bravo, ma sentiva che ancora gli mancavano dei tasselli. Senza tasselli, un puzzle non può completarsi. L'ultima volta che aveva provato a chiedere, però, non era finita granché bene. « Perdonami se sono sbagliato, e se piantare la lingua dentro la gola di un mezzo sconosciuto ha sicuramente più priorità di venire a chiarire con me. » Rimase basito di fronte alle parole di suo cugino, che lo colpirono in fronte con la stessa forza e velocità di un bolide, lasciandolo quasi tramortito. Che diavolo dici? Ti devo ricordare com'è finita, l'ultima volta che abbiamo provato a "chiarire"? « Da vergine a questo. Devo dire che ti ho insegnato davvero bene, l'allievo supera il maestro! Allora, com'è stato? Su dai non lo racconti al tuo cuginetto? » Vero, il sarcasmo di Hugo sapeva essere tagliente e toccare nervi scoperti. Sapeva far male.. ma non era nulla in confronto a ciò che sapeva fare Fred. Le fauci del leone sbranano. Fanno male davvero. Le sue parole facevano male davvero. « Oh, cacchio, mi ero quasi dimenticato della cotta che hai sempre avuto per Andres Weiss! Come ho potuto tradirti così?! » Non gli avrebbe perdonato tanto facilmente, quel bacio. Non con delle semplici scuse e men che meno con quella scenata di.. cosa poi, gelosia? Che stupido. Gli si avvicinò di due passi, tenendo le braccia sul fianchi. « Esattamente, di cosa mi stai accusando ora? Di essere.. che ne so, un "poco di buono"? Notizia flash: non ho preso io la residenza sulla bacheca delle confessioni! » Non parlano delle mie peripezie negli spogliatoi o delle mie sveltine nei bagni, ma delle tue, cuginetto. Assottigliò gli occhi, le mani gli tremavano appena. « Con "questo" cosa intendi, cuginetto? Gay? Ti da fastidio che abbia baciato un ragazzo davanti a tutti? » Perché questa, a conti fatti, era la soluzione più ovvia che il suo cervello lesto aveva concepito: una omofobia latente del cugino. Non aveva alcun senso, non era così che conosceva Fred Weasley. Aveva tanti difetti, ma certamente non gli era mai mancava la tolleranza.. e allora? « E per inciso, a voler proprio essere precisi, se l'allievo avesse davvero superato il maestro.. se io avessi davvero imparato qualcosa da te, non avrei baciato Andres.. ma Amunet. » Sai benissimo di cosa parlo, Fred. E Hugo sapeva benissimo dove colpirlo. Là, sul suo nervo più scoperto.
     
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    Fred Weasley aveva sempre voluto un bene dell'anima ad Hugo Weasley, suo cugino. Erano cresciuti assieme, sebbene il rosso fosse più grande di qualche anno, impacchettati nel lettone matrimoniale di nonna Molly tutte quelle volte che i loro genitori decidevano di metterli a dormire. Erano stati due bambini ben diversi tra loro, con dei caratteri a prima vista incompatibili. Fred una peste rara, di quelle capaci di far fuggire urlando qualsiasi baby sitter alle prime armi, Hugo un adorabile piccolo genietto, tutto sua madre, con la simpatia di suo padre, sin da piccolo. Eppure si erano trovati. Col passare degli anni, immersi sotto le coperte di lana grossa del lettone di nonna, Hugo e Fred avevano imparato a mettere da parte almeno una mezz'oretta del loro sonnellino pomeridiano (perchè tutto no, dai, non esageriamo!) per giocare tra loro. Rubando la bacchetta di quello sbadato di nonno Arthur, si divertivano ad illuminare il muro adiacente al materasso per poi scatenare la loro fantasia e fare le ombre con le mani. Un cane, un coniglio, persino un drago una volta, non chiedetemi come! E così il tempo era trascorso, e quei bambini erano cresciuti di più, sempre di più, inseparabili. Non c'era Fred senza Hugo, non esisteva Hugo senza Fred. Dove spuntava l'uno, state pur certi che neanche cinque minuti dopo sarebbe arrivato anche l'altro. Sempre a ridere assieme, scherzare, punzecchiarsi a vicenda e mangiare tutti quei dolci che nonna Molly si divertiva tanto a preparar loro, forse i due pozzi senza fondo per eccellenza, lì in famiglia. Quel piccolo Hugo aveva sempre fatto parte della vita del primogenito di Angelina e George, tanto che immaginare un' esistenza senza di lui sarebbe stato pressochè impossibile. C'era stato, sempre. Persino quando era successo. Persino quando tutte le sue ossa del suo corpo erano collassate sotto tutti quei metri d'altezza, schiantandosi al suolo in un tonfo secco. Uno degli ultimi ricordi del Grifondoro, prima di perdere conoscenza e lasciare che le tenebre lo accogliessero, col viso sporco di tutto quel sangue che aveva preso ad uscirgli dal naso a fiotti e lo sguardo vitreo, a prima vista assente, era stato proprio lui. Assieme a Malia ed Albus, accorsi chi dalla scopa, chi dagli spalti stessi. Riverso su di lui, l' espressione terrorizzata e gli occhi lucidi. Allo stesso modo era stato uno dei primi ricordi quando si era risvegliato, immobilizzato in quel dannato letto d'ospedale che per tutti quei mesi avrebbe odiato. Hugo era rimasto lì, e sarebbe rimasto per molto altro tempo ancora. Al suo fianco, nonostante tutto. Nonostante i suoi malumori, nonostante la sua voglia di vivere in quel periodo pari a zero, nonostante avesse provato a cacciarlo in ogni modo possibile, non l'avrebbe mai abbandonato. E così, inevitabilmente, Freddie si era affezionato ancora di più a quel cugino che ormai assumeva sempre di più le sembianze di quel fratello che non aveva mai avuto. Era diventato parte integrante delle sue giornate, tanto che quando finalmente era guarito -o almeno, i medici erano riusciti a trovare un metodo per farlo camminare- esser privato della sua presenza giornaliera gli aveva fatto perdere la testa. Certo, si vedevano comunque, molto più spesso di quanto due cugini avrebbero dovuto fare, essendo loro anche amici e facenti parte di un gruppo vero e proprio, ma..Non era la stessa cosa. Aveva bisogno di Hugo, ne aveva così tanto bisogno che tutte quelle volte che non era lì con lui, a Fred sembrava mancare il respiro, come quando le sue stesse costole gli avevano compresso i polmoni durante lo schianto al campo di quidditch. Il dolore sembrava tornare tutto assieme, e la sua voglia di porre fine a qualsiasi sofferenza ingerendo tutti quei quantitativi di morfina e tranquillanti riaffiorava. Quasi come una difesa del suo corpo per richiamarlo a sè. Perchè il re leone aveva bisogno del suo piccolo Hugie. Il suo falco blu. Ne avrebbe sempre avuto bisogno.

    « Ehi Freddie! Scusascusascusa, non ricordavo che ci foste voi! Vabbè, il campo l'avete prenotato voi quindi io sloggio subito, tranquillo. Tanto iniziate fra un po', vero? » « Vero. » Sarebbe iniziata così. Quel giorno, come ogni Venerdì, Fred Weasley avrebbe trascinato la sua squadra con sè per gli allenamenti. I capitani non erano ancora stati stabiliti, ma lui e Malia avevano iniziato ormai da tempo a prendere le redini di quella banda di scapestrati. Hugo si avvicinò a lui, la pluffa ancora sotto braccio. Andres Weiss dietro di lui aveva cominciato a sistemare tutto l'armamentario da quidditch. « Andres mi stava aiutando un pochino ma tranquillo, non si è stancato, il lavoro l'ho fatto tutto io oggi. E' in grinta per il vostro allenamento, vero Andry? » Andry. Rimase in silenzio, il Caposcuola, un sopracciglio inarcato, l'espressione oltremodo scettica. Sul suo viso e nel suo sguardo non v'era l'ombra di alcuna ironia. La solita che, solitamente, aveva sempre animato il nostro piccolo Weasley, specie se in presenza di uno dei suoi malandrini. Ma non questa volta. Attese che il compagno di casata li lasciasse soli, prima di rivolgere nuovamente lo sguardo verso il cugino, che lo stava osservando con espressione preoccupata. Lui, dal canto suo, assottigliò gli occhi, serio. « Ehi.. è perché mi sta aiutando, anche se sono entrato nella mia squadra e sono diventato "avversario"? Ti ha dato fastidio? » Poggiò il proprio manico di scopa per terra. « Sì, mi ha dato fastidio. » Asserì, il tono di voce tagliente. Non sapeva nemmeno perchè gli avesse dato fastidio. Non capiva niente di tutto quello che succedeva nella sua testa di cazzo da qualche tempo a questa parte. Pressochè da quando Weiss era entrato nella vita del Corvonero. Non che fosse successo da poco, ma dopo l'incidente, dopo l'inevitabile distacco, qualsiasi minuto il cugino non trascorresse assieme a lui, gli sembrava un'eternità. Era da pazzi. Era da stalker, e lo sapeva bene. Ma forse era semplicemente un amico geloso. Sì, doveva esser questo. Il fatto che Hugo desse attenzione a quell'altro ragazzo gli desse tanto fastidio non c'entrava sicuramente con quei pensieri del cazzo che da un po' avevano iniziato a popolare il suo cervello! Non voleva nemmeno ripensarci, per quanto fossero assurdi. Ma ciò nonostante, loro rimanevano comunque lì. Prese un lungo respiro. « Stai diventando molto amico di Weiss noto, specie ultimamente. Dovremo fare un consiglio speciale assieme agli altri per far diventare il quartetto un quintetto? » Chiese, visibilmente irritato. « O magari ovviamo il problema del numero facendogli sostituire uno dei membri, tipo me, tanto a quanto pare lo sta già facendo piano piano. » Si sentiva un idiota nel dire quelle cose. Lui, Fred Weasley, la tranquillità in persona per quanto riguardava le amicizie...Stava dando di matto come una fidanzatina gelosa. Gelosia...Era di questo che si trattava? Era forse la soluzione più ovvia. Quella più logica. E anche la più scomoda da ammettere. « Potevi chiederlo a me, l'aiuto. O forse pensi che siccome ormai sono soltanto uno storpio che finge d'esser normale non sono più utile a stare su una scopa? » Insicurezza ed instabilità. Fanculo Hugo, io non sono questo, e tu mi stai costringendo ad esserlo. Si guarda attorno, lo sguardo che istintivamente va a posarsi su quel punto, lo stesso dove soltanto un anno fa la chiazza del suo sangue aveva macchiato l'erba per diversi giorni. Sospira, tornando a guardare il Corvonero. « Comunque, sì, fuori dal mio campo e dal mio giorno. Ho già avuto abbastanza grane per ottenerlo. » Una piccola pausa, prima di schioccare la lingua per l'ultima cattiveria. « Tu ed il tuo migliore amichetto dovrete andare a fare le vostre care cose da un'altra parte, mi spiace. Possibilmente lontano dalla mia vista stavolta. »


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    « Tempismo perfetto, non c'è che dire! Avevi deciso in anticipo il numero di cazzate da fare, prima di venire a chiedere scusa?! Aspettavi quello? » Sbuffa, il Grifondoro, roteando gli occhi. Eccoli quì, di nuovo, a litigare come mai avrebbero pensato. Il sarcasmo del cugino lo colpisce in pieno, un fendente in pieno petto. Non l'ha mai visto così alterato, così ferito. Non conosce quest'Hugo, e l'unica volta che ci ha avuto a che fare, qualche tempo fa, non è finita bene. La sua mente sveglia, attenta ai particolari, molto più veloce di quella del rosso, è capace di insinuarsi dentro il problema, snocciolarlo, trovarne i difetti e sbatterglieli in faccia. Un vero e proprio falco, dallo sguardo attento ai dettagli, ad ogni minima variazione, ad ogni piccolo avvertimento. Il leone avrà del filo da torcere. « Perchè secondo te ho fatto tutto apposta, mh? Wow, come mi conosci bene. » sibila, tentando di nascondere quella nota d'esitazione dovuta alle parole taglienti dell'altro con tutta la rabbia che ha in corpo. Una vera e propria bestia questo Weasley. L'istinto che prevale sulla ragione. « Oh, cacchio, mi ero quasi dimenticato della cotta che hai sempre avuto per Andres Weiss! Come ho potuto tradirti così?! » Colpito e affondato. Come ribatterai adesso, Weasley? Cosa ti inventerai di fronte all’evidenza del tuo tradimento bello e buono? Non è questo che fanno gli amici. Non è baciando le rispettive cotte che un’amicizia può definirsi veramente tale. Hugo ha ragione, ce l’ha eccome, e Fred lo sa. Quelle frecciatine, quel sarcasmo, è tutto meritato. Eppure..L’orgoglio del leone è forte e al tempo stesso debole, così facile da intaccare. Ha provato a chiedergli scusa per averlo ferito ed il falco l'ha ferito a sua volta. E cosa fa una bestia ferita? Attacca. « Oh e basta lagnarti! » Sbotta, con un gesto della mano ad accompagnare le sue parole « Se ti piaceva così tanto la Morgenstern avresti potuto fare qualcosa in tutti questi anni. » Smettila « Se sei un cagasotto non ti venire a lamentare con me perchè non è colpa mia. » Non le pensa nemmeno, tutte quelle cattiverie. Non ha mai pensato nessuna di tutte quelle malvagità che in quegli ultimi tempi ha rigettato sul cugino. Il suo piccolo Hugie non è un cagasotto. Hugo è coraggio. Hugo è audacia. Hugo è tutto ciò che Fred probabilmente non sarà mai. E' forse invidia quella che prova nei suoi confronti? E' forse questo quel sentimento che gli ribolle dentro? No, è molto altro. « Esattamente, di cosa mi stai accusando ora? Di essere.. che ne so, un "poco di buono"? Notizia flash: non ho preso io la residenza sulla bacheca delle confessioni! » Strike numero uno. Hugo lo colpisce in uno dei suoi nervi scoperti. Quella fottutissima bacheca sembra averci preso gusto a rovinargli la vita. Ha litigato con Amunet, ha dovuto consolare Malia per le conseguenze, ha dubitato persino di Albus per quei dannati pettegolezzi. « Wow. Questa infamata da quanto te la preparavi? Hugo mastermind cattivissimo colpisce ancora e non si smentisce mai! » Scuote la testa, ridendo nervosamente « Ed io che pensavo che almeno tu non avessi fatto caso a tutte quelle gran stronzate. Come cambia la gente da ciò che credi a ciò che in realtà è. » Ti credevo un amico, adesso cosa sei, Hugo? Che sto combinando? Perchè sto rovinando tutto? « Con "questo" cosa intendi, cuginetto? Gay? Ti da fastidio che abbia baciato un ragazzo davanti a tutti? » Secondo strike. Gay. Quella parola sembra colpirlo più del dovuto. Cala lo sguardo, a disagio. Perchè? « Sei.. » Serra la mascella. Prende un lungo respiro per riacquistare sicurezza. « Sei veramente un coglione. Ma che cazzo dici? Oltre a del traditore, del poco di buono ora mi stai dando anche dell'omofobo di merda? Ma che problemi hai? » Che problemi hai tu, Fred. Tu. Che ti passa in quella testolina? Gay? Ti da fastidio che abbia baciato un ragazzo davanti a tutti? « E per inciso, a voler proprio essere precisi, se l'allievo avesse davvero superato il maestro.. se io avessi davvero imparato qualcosa da te, non avrei baciato Andres.. ma Amunet. » Strike numero tre. Il peggiore di tutti. Spalanca gli occhi, Weasley, mentre una fiamma divampa in quello sguardo di fuoco. Scuote la testa leggermente, come a voler dire no, non l'hai detto sul serio. E invece sì. Hugo l'ha ripagato con la stessa moneta. Ha deciso di ferirlo ulteriormente con uno dei suoi peggiori punti deboli. Specie adesso, specie dopo tutta la merda che è successa neanche dieci minuti fa in Sala Grande. Un ringhio gli scuote il petto, e senza neanche accorgersene, è già scattato in avanti. Le dita si arpionano contro la camicia del Corvonero, mentre lo costringe verso dietro, sollevandolo da terra di qualche centimetro senza nemmeno accorgersene, sbattendolo infine contro il muro in pietra. La serratura della gabbia è esplosa, ed il leone è libero, arrabbiato come non lo è mai stato in vita sua. « Tu Amunet non la devi neanche nominare! » Ruggisce, sbattendolo contro il muro una prima volta « Sei un coglione, un idiota, uno stronzo! » E anche una seconda ed una terza. « Non hai capito un cazzo!! Sei il figlio di Hermione e ancora non ci sei arrivato. Te lo dico una volta per tutte: DEVI starmi lontano perchè è quasi un anno che ho strani pensieri su di te che potrebbero rovinare la nostra famiglia e tutto il resto! Lo capisci questo? Ti entra in quella testolina?- Pausa -Dio, complimenti per l'intelligenza da Corvonero, davvero!! » Boom. Autoconsapevolezza tra tre, due, uno...
     
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    Mai nella sua vita il piccolo Hugo Weasley aveva avuto così tanta paura come quel giorno, quando come un meteorite rosso fuoco l'aveva visto cadere dal cielo per schiantarsi al suolo. Aveva avvertito distintamente il tempo dilatarsi all'infinito e in quella bolla il cervello del corvonero, seduto sugli spalti per assistere alla gloriosa partita dei Grifondoro, aveva elaborato un'idea che a stento neppure concepiva. "E' morto. Fred è morto". L'aveva pensato, mentre il corpo già era scattato lungo le scale delle torrette del campo di quidditch, spintonando senza alcuna educazione chiunque si frapponesse fra lui e la verità. Questo voleva, la verità su suo cugino: capire se veramente avesse avuto diritto di liberare le lacrime che già sentiva pulsargli sugli occhi. Aveva iniziato a correre sopra l'erba del campo, prima ancora che i soccorsi arrivassero, e insieme a Albus e Malia si era chinato sul corpo apparentemente esanime di Fred Weasley, caduto da un'altezza impossibile. No Hugo, "improbabile", non impossibile. L'impossibile avrebbe tolto ogni speranza dal cuore del corvonero e in quel momento, in ginocchio accanto ad un Fred ricoperto del suo stesso sangue, era la speranza l'unica cosa di cui aveva bisogno. Davanti ai suoi occhi, le immagini di una vita senza Fred avevano iniziato a scorrere e, lo capì al volo, era una vita in bianco e nero. Cosa ne sarebbe stato delle vacanze estive alla Tana? Chi l'avrebbe aiutato a finire il vassoio con la montagna di ciambelle fatte in casa? A chi avrebbe dovuto raccontare i suoi segreti, se non a lui? Chi diavolo l'avrebbe aiutato a conquistare Beatrice Morgenstern? Strinse con forza le dita sui propri pantaloni, fissando ossessivamente il cugino. Respira.... respira ti prego. « Respira... respira! Sta respirando! » urlò di scatto e cadendo all'indietro, trascinandosi appena più oltre sull'erba mentre la squadra medica accorreva dall'infermeria. Solo allora, mentre i suoi migliori amici si erano accovacciati accanto a lui per abbracciarlo e abbracciarsi, uniti nel fronte compatto che li aveva sempre contraddistinti, Hugo osò abbandonarsi alle lacrime, con gli occhi fissi là dove fino a due secondi prima c'era il corpo inerme di suo cugino. Al suo posto, un'ampia pozza di sangue. C'era tristezza negli occhi di Hugo Weasley ma c'era anche tanto sollievo: Fred respira, significa che una speranza c'è ancora. Improbabile, Hugo, non impossibile.

    Fred non era morto e per questo Hugo aveva ringraziato il cielo giorno e notte. Tuttavia, un destino grave l'aveva colpito: lo conosceva, probabilmente Fred avrebbe voluto morire piuttosto che diventare prigioniero del proprio corpo. L'impatto al suolo era stato talmente grave da danneggiargli gravemente la spina dorsale, rendendogli impossibile camminare. Folle, vero? Fred era energia, era forza, era un vulcano in continua eruzione! Fred era quello che non stava mai fermo, quello che al cinema continua a lanciarti pop corn invece che rimanere tranquillo per due ore focalizzato su un film. Fred non era destinato a quello... Fred non si meritava quello. La speranza tuttavia non aveva abbandonato il cuore del corvonero. Stare focalizzato sulla scuola, fortunatamente agli sgoccioli, era diventato quasi impossibile e durante il fine settimana aveva letteralmente obbligato Ron e Hermione perché lo venissero a prendere ai cancelli di Hogwarts per accompagnarlo al San Mungo, dove suo cugino era stato trasferito. L'aveva trovato su un letto di ospedale in quello che sembrava uno dei suoi tranquilli sonnellini, con una flebo di fisiologica e Ossofast perché lentamente le sue ossa venissero ricostruite. Eppure, Fred dal coma non voleva saperne di uscire. Hugo lo trovò addormentato al prima volta e la seconda, la terza e la quarta finché, dopo un mese, la scuola finì e Hugo riempì il proprio baule per tornare in pianta stabile a Londra.. e Fred dormiva, dormiva ancora. Hugo se ne stava appollaiato sulla poltroncina della camera di ospedale, quando Fred riaprì gli occhi; accanto a lui un George esausto si era concesso a sua volta un sonnellino, mentre Angelina era scesa insieme a Roxie a cercare un caffè che la tenesse sveglia. Non dormiva mai, lei. Era una forza della natura. « Freddie..? » mormorò, dubbioso se realmente avesse visto bene. Fred mosse la mano, mugolò stanco, voltò il viso. Era sveglio. « Zio! Zio George!! Freddie si è svegliato!! » le urla di Hugo fecero tremare le pareti, facendo letteralmente schizzare in aria George Weasley. Rimase accanto al letto per stringergli la mano, con un sorriso impossibile da contenere. « Sei sveglio, Freddie... » Avrebbe voluto urlare di gioia: le sue speranze erano state esaudite, da chissà quale forza dell'universo. Le sue preghiere erano state ascoltate. Fred... il suo Fred era sveglio. Era tornato da lui. Scattò fuori dalla stanza, rischiando di buttare a terra Lucas e Léo venuti a trovare il cugino. « E' sveglio!! Si è svegliato!!! » cinguettò, superandoli per correre lungo il corridoio, in cerca di zia Angelina.

    Quella stanza di ospedale divenne un po' la sua seconda casa, quell'estate. Non c'era giorno in cui non passasse il pomeriggio là, consentendo a George e Angelina di stare un poco più tranquilli. Erano passate tre settimane e l'aria iniziava a farsi calda per l'estate; fuori dal San Mungo si respirava un clima afoso. Un Hugo sudaticcio entrò sorridente in camera di Fred, come faceva praticamente ogni giorno, con il suo solito zaino in spalla e una scatola tra le mani. « Buongiornissimo! Forse non dovrei... ma ho portato queste ciambelle, ci sono anche quelle con le praline colorate che adori! Sono sgattaiolato così le infermiere non mi hanno visto, ce le sbaffiamo dopo, a merenda? » Buttò lo zaino sulla poltroncina, con una sicurezza che denotava come ormai fosse di casa. « Forse dopo passa anche Tallu a farti un saluto. Le ho chiesto se potesse fare un patto col Diavolo per farti uscire ma niente, che egoista. » Hugo aveva preso a girare intorno al letto, alla ricerca di un nascondiglio sicuro per la loro merenda, con la paura che i medimaghi avrebbero potuto portar loro via il bottino. Quanto a Fred, il suo umore contrastava terribilmente con il sole fuori dalla finestra. « Vattene Hugo. » Il corvonero neppure lo guardò, continuando la sua caccia al nascondiglio migliore. « Mh, no. » No, non se ne sarebbe andato. Aveva già affrontato l'umore nero di Freddie, più che comprensibile, e non si era arreso finora. Non si sarebbe arreso neanche quel giorno. « Non ne ho voglia, voglio stare da solo. » Comprensibile anche quello. « Mi spiace, mamma è tornata al Ministero e mi ha detto che di questi tempi non posso tornare a casa da solo. Lo sai quanto è alto il tasso di criminalità a Londra? Micidiale. Scusa, sono costretto a stare qui! » Fece spallucce, prima di chinarsi e nascondere la scatolina sotto il comodino. « Fa' come ti pare. » tagliò corto il rosso, voltandogli la faccia e perdendosi con lo sguardo triste oltre la finestra, immaginando un mondo in cui ancora poteva essere sé stesso. « Tranquillo, mi son portato da studiare. Non fiato. Però.. una ciambella poi la mangi, vero? In silenzio, senza parlarmi. Anzi, mi giro così sarà come se la mangiassi da solo! » Gli sorrise mentre estraeva dallo zaino il grosso librone di Trasfigurazione, per poi appollaiarsi ai piedi del letto di suo cugino. In silenzio, senza fiatare, come gli aveva promesso. Non sarebbe stato il suo muro di dolore ad abbattere la sua cieca determinazione, perché pur non potendolo capire, in qualche modo Hugo lo comprendeva. E comprendendolo, non l'avrebbe mai lasciato solo. Per niente al mondo, mai.

    [...] « Sì, mi ha dato fastidio. » Ecco, lo sapeva. Sapeva che c'era qualcosa che non andava! Fred Weasley era un libro aperto per Hugo, proprio uno di quei libri che ti hanno segnato la vita e che, anche a distanza di tempo, torni a risfogliare per vivere le stesse emozioni. Lo conosceva e "quel" Fred, duro e col muso lungo, non era suo cugino. Non era il ragazzo con cui aveva condiviso il letto a casa di nonna Molly, le merende, le lunghe chiacchierate e perfino qualcosa di più. Semplicemente, non era il Fred a cui voleva bene. « Dai, non arrabbiarti.. » mugolò, abbassando appena lo sguardo. Gli occhi di Fred sembravano volerlo trapassare da parte a parte, tanto erano duri e diretti. « D0v'è finita la tua sportività? E' ...è quidditch! E' un gioco! » Qualcosa che forse non avrebbe dovuto dire, una frase troppo leggera e troppo stupida, perfino per lui che si considerava maturo e responsabile malgrado tutto. Hugo così vedeva lo sport, come un gioco.. ma quello stesso gioco aveva sempre contato molto per suo cugino Fred. Quel "gioco" gli aveva costato mesi di indicibile sofferenza. No Hugo, non è solo un gioco. « Stai diventando molto amico di Weiss noto, specie ultimamente. Dovremo fare un consiglio speciale assieme agli altri per far diventare il quartetto un quintetto? » Strabuzzò gli occhi, interdetto. « Come? Un quintetto? » E perché mai? Sì, Andres stava pian piano diventando un amico e non solo un suo studente.. ma loro erano loro, i suoi "Mandarini". Nessuno poteva inserirsi nel loro equilibrio perfetto, come nessuno avrebbe mai potuto sostituirli. Nessuno al mondo avrebbe mai potuto sostituire Fred. « O magari ovviamo il problema del numero facendogli sostituire uno dei membri, tipo me, tanto a quanto pare lo sta già facendo piano piano. » Rialzò lo sguardo per fissarlo, senza comprendere realmente dove il grifondoro volesse andare a parare. Cercando di dare un senso a qualcosa che un senso proprio non lo aveva. « Ma che stai dicendo? Sostituirti? Ma... Freddie... va tutto bene? » Domanda retorica, Hugo: non va tutto bene ed è là, davanti ai tuoi occhi, la rsposta. « Potevi chiederlo a me, l'aiuto. O forse pensi che siccome ormai sono soltanto uno storpio che finge d'esser normale non sono più utile a stare su una scopa? » Sgranò gli occhi, stupefatto sì ma in particolar modo ferito. La parola "storpio" lo colpì in faccia con la stessa violenza di uno schiaffo e quello stesso prese a bruciare sulla sua pelle. Lo fece star male. Lo fece sentire.. umiliato, in un certo qual modo. « Ok Fred, ora ci calmiamo ok? Un bel respiro. » Alzò entrambe le mani in segno di pace. « Sei appena diventato Caposcuola e hai il triplo degli impegni, ecco perché non te l'ho chiesto! Le ronde? Le riunioni settimanali? E poi.. Mali mi ha detto che vi state occupando della squadra. Dove lo trovi il tempo di studiare i nuovi schemi e nel mentre lanciare la pluffa a me? Non sei Superman! » Andiamo Fred, perché non metti da parte un po' di orgoglio e proviamo a ragionare insieme?! « E poi voleva sdebitarsi, per via delle ripetizioni. Non voglio essere pagato.. quindi Andres ha pensato a questo e credevo che fosse una cosa carina. » E lo era, lo era davvero, ma Fred la stava facendo sembrare una cosa sporca. Come se fosse un tradimento. « Comunque, sì, fuori dal mio campo e dal mio giorno. Ho già avuto abbastanza grane per ottenerlo. Tu ed il tuo migliore amichetto dovrete andare a fare le vostre care cose da un'altra parte, mi spiace. Possibilmente lontano dalla mia vista stavolta. » Ancora una volta, Fred Weasley aveva cacciato Hugo da uno dei suoi territori e, ancora una volta, Hugo si era sentito ferito da questo. Come se, in senso lato, Fred lo stesse cacciando dalla sua stessa vita. Con la testa china, il corvonero oltrepassò il cugino e fece qualche passò verso l'uscita, prima di voltarsi e tornare indietro. « Si può sapere che cos'hai? Me lo dici? Non ti ho fatto nulla, eppure mi tratti malissimo da un po' di tempo! Come se fossi.. un intruso. » Era davvero così che lo vedeva ora, Fred? Un estraneo di troppo nella sua vita, nei suoi spazi? Dopo tutto quello che avevano passato inseme? « No, perché.. storpio non lo sei mai stato.. ma un po' stronzo sì, visto come mi tratti. » Hugo Weasley era pacifico, Hugo Weasley era un diplomatico. Ma con Fred, lo sapeva, bisognava essere diretti. Di solito funzionava. Di solito.. finiva tutto bene. Di solito.

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    C'era una favola che Nonna Molly raccontava ai nipoti, ogni volta che facevano i capricci per dormire insieme nello stesso letto. C'erano una volta un Leone e un Falco blu. Il Leone era il re della terra, tra tutti gli animali il più nobile e fiero, e al suo ruggito gli altri animali chinavano il capo; il Falco blu era il guardiano del cielo e vegliava sul mondo dal suo nido fatto di nuvole. Non scorreva buon sangue tra i due monarchi: l'uno ruggiva al cielo, contro un regno che non sarebbe mai riuscito ad espugnare; l'altro vedeva di malocchio il dominio del leone sulla terra, basato sulla forza e la paura. Nessuno avrebbe potuto prevalere sull'altro, il Falco blu non avrebbe potuto vincere in forza il Leone né il Leone avrebbe mai potuto raggiungere il Falco blu se questi non avesse voluto. Erano in parità assoluta. Una tregua silenziosa li accompagnò, fino a che non arrivò sulla terra la Grande Salamandra, che del fuoco era la padrona incontrastata. Con spietata ferocia, la Grande Salamandra dichiarò guerra al Leone: "consegnami le chiavi del tuo regno, o brucerò tutto e tutti!". Il Leone era un re orgoglioso e non avrebbe mai accettato la resa. Fu così che la Grande Salamandra iniziò a accendere roghi lungo tutta la terra, bruciando qualunque cosa trovasse, distruggendo la casa di molti animali. Gli animali si radunarono intorno alla rupe del Leone e lo implorarono di fare qualcosa, qualunque cosa, per riportare la pace nel regno. "Sbranerò la Grande Salamandra con le mie fauci possenti!" ruggì il Leone adirato. Fu allora che un ospite inatteso arrivò al cospetto del Leone. "Così ti brucerai." gli disse il Falco blu, che dal cielo aveva osservato tutto. I roghi sulla terra avevano creato fumi e ceneri che si erano librati fino al suo regno bianco, macchiandolo e intossicandolo. "Però possiamo aiutarci a vicenda." Per il Leone non sembrava esserci altra scelta ed essendo un re forte e giusto, accettò l'aiuto del Falco blu. Questi tornò in alto nel regno del cielo e chiamò a raccolta gli spiriti della pioggia e del vento, suoi amici di vecchia data. Insieme soffiarono e sbuffarono, scatenando sopra la Grande Salamandra una tempesta che spense i roghi da lei creati e le fiamme che rivestivano il suo corpo. Solo allora il Leone poté attaccarla, sconfiggendola grazie al suo indomito coraggio e alla sua grande forza. Da quel giorno, il Leone e il Falco blu divennero inseparabili e non c'era l'uno senza l'altro, perché le differenza che prima dividevano possono diventare punti di forza per colmare le lacune dell'altro. I regni del cielo e della terra si unirono e tutti insieme vissero felici e contenti.

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    Era sempre stata la favola preferita di Hugo, quella che da bambino era capace di farlo addormentare beato, quella che chiedeva e richiedeva ogni notte. Con gli anni e la maturità, aveva continuato ad apprezzarla per l'alto valore educativo: da soli non possiamo farcela ma accettando le diversità degli altri, che sono in realtà punti di forza, si può ottenere tutto. Le più importanti vittorie, grandi amicizie, amori folli. Si erano ritrovati spesso, due piccolissimi Fred e Hugo, a giocare tra loro e impersonare i personaggi della fiaba: Fred il leone, Hugo il falco blu. Eppure, del suo Leone, non riconosceva niente nel Fred che aveva davanti in quel corridoio, la notte di Halloween. « Oh e basta lagnarti! Se ti piaceva così tanto la Morgenstern avresti potuto fare qualcosa in tutti questi anni. Se sei un cagasotto non ti venire a lamentare con me perchè non è colpa mia. » Fece male, le parole di Fred lo colpirono come uno spillo che entrava lento nella carne, perché una parte di sé gli dava ragione. Fred aveva fatto di tutto per far incontrare Hugo e Beatrice e, immancabilmente, per un motivo o per l'altro, tutto andava a monte. A volte ci si era messo il destino e la sfortuna, altre volte - molto più spesso - una paura folle del piccolo corvonero di fare brutta figura di fronte ad una ragazza ai suoi occhi veramente eccezionale. Paura di essere rifiutato. Era un cagasotto, qualcuno gliel'aveva urlato proprio quella sera durante la kiss cam e Hugo lo sapeva, sapeva di esserlo. Ma.. « Meglio cagasotto che traditore. » mormorò a denti stretti. Hugo ne era convinto ciecamente: non avrebbe mai fatto una cosa simile a lui, proprio a Fred. Il "mai dire mai" non era contemplato in casi come quello, l'avrebbe protetto sempre e comunque, contro ogni circostanza. E ora? Continuerai a proteggerlo, nonostante tutto? « Wow. Questa infamata da quanto te la preparavi? Hugo mastermind cattivissimo colpisce ancora e non si smentisce mai! Ed io che pensavo che almeno tu non avessi fatto caso a tutte quelle gran stronzate. Come cambia la gente da ciò che credi a ciò che in realtà è. » Quel nomignolo, mastermind cattivissimo, lo riportò indietro nel tempo investendolo di ricordi. Dei piccoli Fred e Hugo che tentavano di far ricadere la colpa a nonno Arthur per il vinello da tavola bevuto durante una sera di baldoria. Hugo e il suo piano per far evadere Fred dalle ore di punizione nei sotterranei a rimettere in ordine vecchie aule sporche. Lo stratagemma per far comparire il saggio scritto che Fred non aveva consegnato il tempo, nella pila di compiti già consegnati a Darkwood di Storia della Magia. Ne avevano sempre riso insieme, Fred e il suo mastermind cattivissimo. « Io faccio caso a tutto. » Lo disse con amarezza, abbassando lo sguardo. Così come aveva fatto caso al bacio con Beatrice. Così come aveva fatto caso al comportamento bizzarro di suo cugino, prima che la loro prima lite scoppiasse. Eppure, pur con tutta la lungimiranza di cui era capace, Hugo non era riuscito ad impedire che arrivassero dov'erano arrivati. Al capolinea? No, mi rifiuto. « Sei veramente un coglione. Ma che cazzo dici? Oltre a del traditore, del poco di buono ora mi stai dando anche dell'omofobo di merda? Ma che problemi hai? » No, non era l'omofobia il problema. Non era l'aver baciato un ragazzo il problema.. eppure, il nodo sarebbe arrivato al pettine prima di quanto si sarebbe mai aspettato. Perché, a conti fatti, il problema era proprio quello: aveva baciato un ragazzo, ma non nel senso che Hugo aveva immaginato. Aveva baciato il ragazzo sbagliato. Come sospettato, il solo nominare Amunet Carrow fece ruggire di rabbia il leone: Hugo lo immaginava e una parte di lui, quella che si sentiva grande e forte, l'aveva fatto apposta. Aveva fatto il passo più lungo della gamba, sfidando un Fred contro il quale non avrebbe mai potuto competere fisicamente. Il Falco blu non avrebbe potuto vincere in forza il Leone. Non riuscì neanche a spostarsi, per evitare di essere travolto dalla furia di un Fred Weasley come mai avrebbe immaginato di vedere, che gli afferrò con forza l'abito per sollevarlo, letteralmente, dal terreno e sbatterlo al muro. Una volta, due, tre.. per fargli male, per ferirlo nel corpo così come Hugo era riuscito a ferirlo nel cuore. Mente e Forza, Corpo e Anima. « Tu Amunet non la devi neanche nominare! » Fred gli urlò contro e Hugo, dimenandosi per colpirlo come poteva, non fu certo da meno. « Sì, bravo! Picchiami!! Sai fare solo questo! » Nella foga del momento, non riuscì a capire se i suoi pugni e i suoi calci fossero andati a segno, ma alzato com'era dal terreno aveva libero spazio per muovere tutti e quattro gli arti in maniera ossessiva. « Sei un coglione, un idiota, uno stronzo! » - « Sei un codardo, stupido bullo senza cervello! » Eppure il colpo, il vero colpo arrivò in quel momento e ogni graffio nel cuore o livido sulla schiena divenne il nulla assoluto. Perché nulla avrebbe potuto competere con la confessione di Fred. « Non hai capito un cazzo!! Sei il figlio di Hermione e ancora non ci sei arrivato. Te lo dico una volta per tutte: DEVI starmi lontano perchè è quasi un anno che ho strani pensieri su di te che potrebbero rovinare la nostra famiglia e tutto il resto! Lo capisci questo? Ti entra in quella testolina? Dio, complimenti per l'intelligenza da Corvonero, davvero!! » All'istante, l'intero corpo del corvonero si congelò e così quello di Fred, nei cui occhi un lampo gli suggerì come quello fosse stato uno sfogo, un qualcosa che mai e poi mai avrebbe voluto dire. Eppure lo pensava, glielo si leggeva in faccia. Quella era la verità, finalmente.. la sua verità. Il Caposcuola mise giù il gracile Hugo, che tentennò su gambe che tremavano, sotto il peso di una realizzazione che non aveva mai concepito. L'ultimo tassello del puzzle, che avrebbe fatto combaciare tutti gli altri. Si appoggiò al muro con la schiena, per reggersi la testa con entrambe le mani; gli girava, si sentiva confuso. Ho strani pensieri su di te che potrebbero rovinare la nostra famiglia. Strani pensieri. Strani pensieri. « Cosa significa "strani pensieri"? » Fred era stato messo di fronte ad una realtà che, a suo dire, durava da un anno e che aveva sempre taciuto. Un anno. Dall'incidente. Lo conosceva e sapeva che avrebbe potuto perfino scappare, in quel momento, per non affrontare il discorso. Quanto a Hugo, il cuore gli batteva all'impazzata e la mente, già veloce di per sé, aveva iniziato a ronzare rumorosamente: era pura elettricità. Inferocito, lo placcò con tutta la forza che aveva per bloccarlo contro il muro e urlargli contro tutto il nervosismo che aveva accumulato nelle ultime settimane. « Cosa vuol dire!! Non startene zitto! Mi hai trattato da schifo, mi hai fatto sentire un estraneo, come se non esistessi!! Una nullità! Proprio tu, che.. » ..che sei la persona più importante, per me. Tenne strette le dita nella sua camicia, ansimando appena, senza accennare a voler mollare la presa. Aveva così tanta rabbia dentro, quel piccolo esserino pacifico. Così tanta tristezza, così tanto rancore. Abbassò il viso, posando la fronte contro il suo petto, per non guardarlo. Per non farlo scappare via. « Mi hai fatto sentire solo. » Dopo che ho combattuto per non farti sentire solo, mai, neanche una volta. Sospirò contro la sua camicia, la voce appena ovattata. Un sussurro che a tratti sembrava quasi un lamento. « Cosa significa "strani pensieri"? » Un lamento di dolore.
     
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    « Dove sono? » Chiese il ragazzo, guardandosi attorno. Camminava lento attraverso dei corridoi sconosciuti, ma al tempo stesso familiari. Bianco, era tutto bianco. Una coltre di fitta nebbia sovrastava ogni cosa, impedendogli di vedere oltre qualche metro dal proprio naso. Non aveva idea di come diavolo avesse fatto a trovarsi lì. L'ultimo ricordo che aveva, dopotutto, era il suolo del campo da quidditch che si avvicinava a innumerevoli km orari mentre lui precipitava da quell'altezza inconcepibile. Come aveva fatto ad essere così idiota da perdere l'equilibrio in quella maniera? Orgoglio. Il suo solito, fottuto, fottutissimo orgoglio. Si era alzato di quota oltre le nuvole, ad una altezza che solo in pochi erano riusciti a raggiungere. Quella in fondo era una partita importante. Serpeverde contro Grifondoro, coppa finale prima delle prossime vacanze. Avevano scommesso tutti su di lui e sulla vincita della squadra dei Grifoni. Suo padre George, seppur assente, suo zio Ron, Rudy, Olympia, Hugo, persino Albus, che avrebbe dovuto parteggiare per l'avversario, aveva riposto la sua fiducia in lui. Non avrebbe mai potuto deluderli, non avrebbe mai voluto deluderli. Così si era lasciato prendere da quel suo solito istinto che mai l'avrebbe abbandonato. Un gioco da ragazzi, oltrepassare le nuvole e guardare da lì sopra tutti quei bolidi impazziti pronti ad aggredire i suoi compagni di squadra. L'aveva fatto mille volte, d'altra parte. Fred era famoso per questo. Per il suo continuo osare, di più, sempre di più. Per la sua perenne sfida contro la morte, davanti alla quale,tutte quelle volte che volteggiava sopra il suo fidato manico di scopa, proferiva sempre una risata sguaiata e sprezzante, sicuro di fregarla come aveva sempre fatto. Ed era stato sicuro anche questa volta, mentre continuava a salire ancora e ancora, così tanto da sfiorare il cielo con un dito. Era stato sicuro fino alla fine, quando quel bolide inaspettato non l'aveva colpito in pieno petto, con una forza inaudita, facendogli perdere l'equilibrio. In pochi attimi, il manico di scopa a volteggiare impazzito sotto di sè, Fred Weasley avrebbe perso ogni cosa. La sua sicurezza, il suo orgoglio, la sua stessa vita. Stava precipitando, in una caduta che sembrava infinita. In un abisso che lo inghiottiva di un metro ogni dieci secondi. La consapevolezza di ciò che sarebbe accaduto di lì a breve era arrivata subito. Presto sarebbe giunto il suolo. Presto si sarebbe schiantato a terra, le sue ossa sarebbero andate in mille pezzi, i suoi organi interni sarebbero esplosi, il suo cuore avrebbe collassato e di Fred Weasley non ne sarebbe rimasto più nulla, se non un corpo inerme e senza più alcun sorriso a dipingergli il viso. Tutto finiva così, nel nulla. Non voglio morire, aveva pensato, mentre precipitava. Non aveva mai avuto paura della morte, Weasley, perchè in fin dei conti mai si era ritrovato a fronteggiarla così, faccia a faccia, e ad esserne sopraffatto. Non voleva morire perchè aveva troppe cose in sospeso, nella sua vita. I volti di tutti coloro che amava avevano cominciato a scorrere davanti ai suoi occhi sbarrati, mentre il vento gli sferzava il viso con così tanta violenza da fargli male. Sua madre, suo padre, sua sorella, Amunet, Hugo, Malia, Albus, i suoi cugini, i suoi nonni...Erano tutti lì. Tutti lì coi loro sorrisi. Pronti a credere in lui, chi più chi meno, chi apertamente, chi di nascosto. Non voleva abbandonarli. Loro gli avevano dato tanto e lui avrebbe ricambiato con solo il dolore di una scomparsa prematura. E infine il suolo era giunto. Il dolore dell'impatto era stato così forte, che non era riuscito nemmeno a percepirlo. Tutto era collassato, persino il cervello assieme ai suoi organi di senso. E lui si era ritrovato lì, catapultato in quello che era sicuro si trattasse di un sogno. Al di là di quei corridoi, una figura si stagliava tra la nebbia. Una sagoma conosciuta, che aveva molto di familiare. Suo padre!, pensò in un primo momento, ma non appena l'uomo si voltò verso di lui, capì di aver sbagliato. No, quello non era George ma... « Sono morto, vero? » Quello era Fred. Suo zio Fred. L'uomo non rispose, limitandosi a sorridergli, prima di incamminarsi. Il ragazzo non potè fare a meno che seguirlo, perso per com'era in quel luogo che tanto aveva di familiare e spaventoso al tempo stesso. « Mio padre ti sogna spesso. Il vostro legame non si è mai dissolto » Mormorò, dopo diversi minuti di silenzio. Suo zio, il viso seminascosto dalla nebbia, sembrò sorridere in sua direzione « Se davvero sono morto...Diglielo. Digli che mi dispiace. Non volevo perdesse un altro Fred, e invece è successo, perchè sono un idiota. Digli che gli voglio bene, a lui e mamma. Digli di riferire a Roxanne che semmai troverò il modo di farlo, la perseguiterò anche dall'oltretomba tutte quelle volte che porterà a casa un ragazzo. A Malia che un giorno sono certo diventerà un capitano fantastico, e che mi dispiace non poter essere lì con lei ad allenarmi e imbrogliarle di essere io il più bravo, quando invece non è così. Ad Albus che dovrà dedicarmi ogni canna che si fuma, altrimenti mi offendo, davvero. Ad Amunet che l'ho sempre amata, e che sono stato davvero un idiota a lasciarla. Che spero un giorno troverà qualcuno che possa farla felice, come io non sono riuscito a fare. Ad Hugo....Cavolo, quanto piangerà Hugo? Digli che non voglio. Non voglio nessuna lacrima sprecata per la mia morte. Voglio che rida anzi ricordandosi di quanto fossi stronzo. Di tutte quelle volte che l'ho preso in giro, di quella sera che gli ho piantato un metro di lingua in gola senza alcun preavviso. Digli che gli voglio bene, anche se non sono mai stato capace di dimostrarglielo in maniera normale. Che credo in lui e lo farò sempre, e che la Morgenstern un giorno la sposerà, anche senza il mio aiuto! Persino al costo di apparirle allo specchio come Bloody Mary per convincerla a dargli una possibilità. » Si passò una mano sul viso, riscoprendolo completamente bagnato dalle lacrime. « E..e infine dì loro che gli voglio bene, a tutti. Che mi dispiace, e che la consapevolezza di non poterli riabbracciare un'ultima volta fa più male che morire. »

    « Non la voglio la tua fottuta apprensione, non voglio il sorriso del cazzo degli infermieri e non voglio questa fottutissima medicina!! » Ruggì il rosso, e le sue urla risuonarono tra le pareti dell'intera Tana, assieme al frastuono dell'ennesima pozione Ossofast scaraventata contro il muro. George sospirò, avvicinandosi all'ingresso della porta per raccogliere alcuni cocci di vetro da terra. Suo figlio era nervoso da molto tempo ormai. Tutte quelle volte che i dottori evitavano di imbottirlo di antidolorifici e tranquillanti, per evitare una dipendenza ormai di per sè già bella che avviata, Fred perdeva completamente la testa. In fin dei conti, si diceva George ogni volta, non aveva tutti i torti. Era rimasto stipato in un letto dal giorno dell'incidente, proprio lui, quella piccola peste che più di cinque minuti fermo non era mai riuscito a stare. Soffriva nel vederlo così, l'uomo, soffriva nel vedere il suo Fred soffrire. Di nuovo. Ma sapeva che ribattere e tentare di consolarlo avrebbe soltanto peggiorato la situazione, come qualche tempo fa, quando il rosso, in un raptus di rabbia, aveva preso a strapparsi via ogni flebo, iniziando a martoriarsi le gambe di pugni così forti da lasciarvi sopra dei grossi ematomi che, ancora oggi, erano ben visibili. « Torno quando ti sarai calmato, okay? » Chiese l'uomo, certo che una risposta non sarebbe mai giunta. Fred, infatti, la testa girata verso quella finestra su un mondo che forse non avrebbe mai più rivisto, non lo degnò neanche di uno sguardo. Aprì la porta, dunque, quel padre ferito, e davanti ai suoi occhi si stagliò la figura del più piccolo della cucciolata di Ron ed Hermione. « Hugo.. » Sussurrò « E' alquanto alterato..Sì, di nuovo. Vedi se riesci a parlarci per convincerlo a prendere le sue medicine. I medici dicono che se salta giorni di cura potrebbe essergli fatale. Ma non vuole capirlo » Esitò qualche istante per dare un'ultima occhiata a suo figlio, George, prima di sospirare, dare una pacca sulla spalla al nipote, e dileguarsi attraverso le scale della Tana. Quando il cugino si richiuse la porta della sua camera alle spalle, Fred gli lanciò un'occhiata di fuoco. « Che vuoi anche tu? » Chiese, scettico. Hugo lo guardò per qualche istante, prima di reagire al suo malumore come ormai sembrava aver imparato a fare: ignorandolo. « Ti ho portato le ciambelle anche oggi! Ti devo raccontare un sacco di novità, mettiti comodo. » « ....Sei serio? » « Ok scusa, me l'aveva suggerita Albus questa. » Hugo ridacchio, lanciandogli qualche occhiata di sbieco per accertarsi di non averlo ferito davvero, mentre poggiava il sacchetto della pasticceria sul comodino e si sedeva ai piedi del suo letto, le gambe incrociate. « Te ne vuoi andare? » Il cugino lo guardò per qualche istante, l'espressione impegnata in un vero e proprio ragionamento. « ..Direi proprio di no! » « Aaaaaaaaaaargh ti odio! » Urlò il Grifondoro, lasciandosi andare verso dietro e, preso il cuscino, se lo pressò sulla faccia per soffocare un ruggito. Se solo avesse potuto muovere le gambe, avrebbe cominciato a mollare calci a tutto spiano. « Allora, hai presente la Browning di Tassorosso, quarto anno? » « Vatteneeee » « Ok non ce l'hai presente. E la Cooper di Grifondoro? » Un lamento fu l'unica risposta. « Beh, si sono baciate. In sala grande! » Un minuto di silenzio, prima che un ciuffo rosso riaffiorasse da sotto il cuscino. « Baciate? » « Ti dico di sì! » Lo guardò scettico per qualche istante, prima di liberarsi completamente il viso dal cuscino per stringerselo al petto. « ....E i dettagli che aspetti a dirmeli? » Hugo si illuminò, ma Fred non si accorse del fatto che, con ogni probabilità, quella notizia rientrava nei piani di quel genietto di Hugo per distrarlo con ciò per cui il rosso era nato: i pettegolezzi. ..E diciamocelo, anche i baci lesbo. E glieli raccontò sul serio i dettagli, Hugo, nonostante lui non fosse mai stato un tipo propenso a parlare di un certo tipo di cose. Gli raccontò ogni minimo particolare con una minuzia clinica che al Grifondoro sembrò quasi di ritrovarsi lì, proprio nel bel mezzo della Sala Grande. E non parlarono solo di questo, quel pomeriggio. Parlarono di Malia e le sue punizioni, di Albus che aveva scoperto un nuovo tipo d'erba nelle serre di Wilde, della Branwell e le sue camicette da milf, persino di Amunet, nonostante ad Hugo non fosse mai stata tanto simpatica. Parlarono così tanto, risero e scherzarono, che per quelle ore Fred si sarebbe persino dimenticato della sua condizione. E quando poi il sole calò, lasciando spazio alle tenebre, Hugo si alzò dal letto. « Devo tornare a casa per cena...La mamma se non ci siamo tutti non mette le cose a tavola e poi chi lo sente Rudy? L'altra volta mi ha quasi morso! » Fred rise, sistemandosi meglio il cuscino dietro la schiena, di una risata che però morì ben presto. La notte era il momento della giornata che più odiava. Il momento in cui tutti i suoi demoni si risvegliavano, costringendolo a rimanere sveglio e lasciarsi andare all'effetto di quelle pasticche che, camuffate da un benessere apparente, lo stavano al contrario distruggendo. « Hugo.. » Il cugino si voltò verso di lui « Sì? » « Puoi restare ancora un po'? » Si morse il labbro inferiore, visibilmente a disagio. Fred odiava chiedere. Odiava mostrarsi vulnerabile. Ma aveva bisogno di lui. Il ragazzo sorrise, avvicinandosi di nuovo e sdraiandosi accanto a lui, a pancia in su. « Sai che ti dico? Rudy ha pure un po' di pancetta, un po' di dieta gli farà bene! » Quella notte, addormentatosi con il respiro del cugino sul viso, Fred riuscì a dormire dopo tanto tempo.

    « Dai, non arrabbiarti.. D0v'è finita la tua sportività? E' ...è quidditch! E' un gioco! » L'espressione del Caposcuola si raggelò. « Un gioco che mi è costato la spina dorsale ma hai ragione: è soltanto un gioco. » Il tono di voce tagliente, mentre i suoi occhi d'ambra si piantavano sul viso del cugino. « Ok Fred, ora ci calmiamo ok? Un bel respiro. » Scosse la testa: era stanco di sentirselo dire. Calmati Fred, o ti farà male. Stai calmo, Freddie, tutto passerà. Stronzate. « No, non mi calmo. » Sibilò dunque, in un ringhio poco sommesso. Rimase in silenzio ad ascoltare le sue ragioni, seppur non gliene importasse poi tanto. Fred era anche questo, purtroppo. Quando si metteva qualcosa in testa, non c'era verso di fargli cambiare idea. Ma cosa si era messo in testa, in quel momento? Non lo sapeva, e questo era il principale problema. Era solo certo di essere arrabbiato, tremendamente arrabbiato. « Si può sapere che cos'hai? Me lo dici? Non ti ho fatto nulla, eppure mi tratti malissimo da un po' di tempo! Come se fossi.. un intruso. » Hugo non ne volle sapere di andarsene. Tornò sui suoi passi, parandoglisi davanti, di nuovo. Fred strinse i pugni. « No, perché.. storpio non lo sei mai stato.. ma un po' stronzo sì, visto come mi tratti. » Alzò lo sguardo verso di lui, inchiodandolo. « Ah, io come ti tratto? » Sentenziò, affilato « No, caro piccolo Hugo, finora non sono stato per niente stronzo. » "E poi voleva sdebitarsi, per via delle ripetizioni. Non voglio essere pagato.. quindi Andres ha pensato a questo e credevo che fosse una cosa carina." Si avvicinò a lui, piazzandogli entrambe le mani sul petto e spingendolo verso dietro. « Ecco, questo è essere stronzo. E anche questo! » Un'altra spinta, leggermente più forte di quella precedente. « Ti ho detto di andartene, e tu continui a non capire. Non ti voglio tra i piedi, è tanto difficile? Non sei quello intelligente del gruppo, tu? » Indietreggiò di qualche passo, serrando i pugni ai lati dei fianchi. Non voleva fargli male, dopotutto. « Lasciami in pace, una volta tanto. Non hai fatto nulla, appunto, continua a non fare nulla e vattene. » Prima che sia troppo tardi, Hugo. Lasciami da solo con le mie paranoie del cazzo.


    Gli aveva fatto male, gli stava facendo male. « Meglio cagasotto che traditore. » Quel rimarcare sull'ultima parola lo colpì in pieno petto. Non gli avrebbe fatto tanto male, se non fosse stato lui a dirlo, e se non fosse stato che, effettivamente, Fred sapeva quanto avesse ragione. Una vendetta la sua? No. Per quanto potesse essere offeso con Hugo, per quanto il loro litigio ormai remoto continuasse a farlo ribollire dall'interno, il rosso non avrebbe mai e poi mai fatto una cosa del genere al suo Hugie. Eppure era successo, e lui non si era tirato indietro. L'aveva ferito, li aveva feriti tutti. Hugo, Amunet, Malia. Si era comportato da stronzo. No, perché.. storpio non lo sei mai stato.. ma un po' stronzo sì, visto come mi tratti. E da stronzo stava continuando a comportarsi, mentre, le mani strette contro la giacca del Corvonero, continuava a sbatterlo contro il muro in pietra nonostante questi avesse iniziato a dimenarsi, per difendersi. Uno o due calci lo colpirono sulle cosce, ma vuoi la rabbia del momento, vuoi che la sensibilità alle sue gambe non era mai tornata ad essere quella di un tempo, non ci fece nemmeno caso. « Sì, bravo! Picchiami!! Sai fare solo questo! Sei un codardo, stupido bullo senza cervello! » Erano veramente arrivati a questo? Il leone stava picchiando sul serio il suo falco blu? Per cosa, poi? Stupida gelosia? Invidia? Orgoglio ferito? Erano forse queste cose più importanti di ciò che provava per il suo piccolo Hugo? Un affetto che non aveva eguali. Ma era ancora soltanto questo? Fred ed Hugo erano stati uniti dal dolore. Il cugino c'era stato durante la sua malattia. C'era stato nel bel mezzo della sua dipendenza. C'era stato dopo la morte di Amunet. Era entrato a far parte della sua esistenza ancor più di quanto non avesse già fatto. E Fred era rimasto lì, spettatore inerme mentre quegli strani pensieri cominciavano a prender forma nella sua mente. Aveva bisogno di lui più del dovuto. Lo amava più del dovuto. Lo voleva, più del dovuto. E a quel punto: silenzio. Il corpo del cugino si blocca sotto la sua presa, mentre le dita allentano quella morsa contro la stoffa dei suoi vestiti. Il cuore perde qualche battito, la testa gli gira, e tutto l'alcool che ha ingerito quella sera sembra risalire di colpo. Cala lo sguardo, ammutolendosi e indietreggiando appena. L'ho detto. Allora è vero, se l'ho detto? Non l'aveva mai ammesso prima d'allora. Troppo assurdo per farlo! Eppure eccolo quì, adesso, a dover affrontare le conseguenze delle sue parole. E non si sente abbastanza forte per farlo. « Cosa significa "strani pensieri"? » Scuote la testa, visibilmente a disagio, messo alle strette. Indietreggia di un primo passo, un secondo ed un terzo. Si sta comportando da codardo, ma scappare gli sembra in quel momento la soluzione più immediata. Ma Hugo non gli dà il tempo per farlo, che in pochi attimi, con tutta la forza che ha in corpo, gli si è fiondato addosso, sbattendolo contro il muro e bloccandolo con il proprio corpo. Sente le ossa narcotizzate della sua schiena scricchiolare e geme appena per il dolore. « Cosa vuol dire!! Non startene zitto! Mi hai trattato da schifo, mi hai fatto sentire un estraneo, come se non esistessi!! Una nullità! Proprio tu, che.. » L'istinto di mollargli un pugno è forte, mentre le mani vanno a poggiarsi debolmente sulle sue spalle nel tentativo di spingerlo via. Ma è stanco, Fred, stanco di lottare e di fingere che non ci sia niente che non va.
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    « Mi hai fatto sentire solo. » La testa di Hugo si accascia sul suo petto, ed un brivido lo percorre internamente. Sospira. « Cosa significa "strani pensieri"? » E' triste, sta soffrendo per lui. E' distrutto, lo ha distrutto. « Non lo so. » Sibila, in maniera impercettibile. « Io...Scusa. Per..Per tutto. » Cerca il suo sguardo, allontanandolo appena da sè per poterlo guardare negli occhi. Ed è a quel punto che cede. Si spinge in avanti, e le sue braccia vanno a stringersi contro il corpo appena tremante del cugino. Quel contatto lo fa rabbrividire, ma prova a non farci caso. Hugo ha bisogno di lui e non delle sue stupide paranoie. Hugo ha bisogno di lui e della sua verità. « E' solo che.. Mi manca non averti più al mio fianco ogni giorno. Mi sei stato vicino per tutto quel tempo, mi hai aiutato nonostante tutto..Ed ora che sto bene, e tutto è tornato alla normalità...Non lo so. Mi piaceva averti attorno ventiquattrore su ventiquattro. Il tuo interesse per me mi faceva sentire..importante. Come tu sei importante per me » Si mordicchia il labbro inferiore « Anche troppo importante, a quanto pare. Non lo so cosa mi succede, non so a cosa appartengano questi..pensieri strani. E' che..Ti voglio bene, Hugo, lo sai. Ma forse ti voglio anche qualcosa di più, da un po' di tempo a questa parte. Ma non ho idea di cosa si tratti » Scuote la testa, scostandosi appena « Però vederti così tanto legato ad Andres..Ha fatto male. Forse sono solo un amico di merda con della gelosia di merda. » Si stringe nelle spalle, ridacchiando nervosamente. « Ed anche un cugino di merda, col senno di poi, a farsi venire certi dubbi assurdi. Insomma..Mi dispiace. Forse tutto quello schifo che mi sono iniettato mi ha davvero fottuto il cervello. E ho combinato un casino. Con te, con Amunet, con Malia... Non sei una nullità, sono io che sono un coglione. » Pausa « Sono stanco di fare cazzate. Pensi riuscirò mai a rimediare a qualcosa? Pensi di potermi perdonare? » Appoggia la fronte contro la sua, mentre respira profondamente. Averlo così vicino dopo tanto tempo gli causa una serie d'emozioni alle quali è incapace di dare un nome. E' confuso, è frustrato. Tutta la ferocia sembra esser scemata, lasciando spazio alla delusione. La delusione di non riuscire a capire cosa diavolo gli passi per la testa. Sta impazzendo, ne è quasi certo. Aveva delle convinzioni un tempo. Aveva dei pilastri intramontabili, nella sua vita. Il suo orgoglio, il suo primo amore, la sua famiglia ed i suoi amici. Ma cosa succede, quando qualcuno di questi pilastri comincia a tremare? Cosa accade quando, improvvisamente, muta forma? Accade che tutta la struttura inizia a vacillare. E così barcolla Fred, senza sapere nemmeno perchè, senza capire neanche come. Poggia la fronte contro quella di Hugo, sospirando, mentre per qualche istante smette di pensare. Ed in pochi attimi, ecco che le sue labbra si pressano contro quelle di lui. Un bacio, ecco cosa può esser definito. L'ha già fatto in passato, sul divano della Tana, per scherzo. Ma questa volta è diverso. Lo sta baciando perchè è stanco di litigare. Perchè è stanco di fingere d'esser forte. Forte non lo è affatto, senza i suoi pilastri. E' una struttura mancante di qualcosa, di un equilibrio di base. Ed è sbagliato, per tanti, troppi motivi. Per la loro famiglia, per la loro amicizia, per i loro amori, eppure al momento sembra l'unica cosa di cui abbia effettivamente bisogno. Che sia uno sfogo? Forse. Che sia una ripicca verso Mun ed Andres? Non di certo. Non userebbe mai Hugo per una cosa del genere. Quel bacio si sta consumando nel buio di quei corridoi deserti perchè è questo ciò che Fred vuole, seppur non conosca la natura di un gesto tanto avventato. E allora si spinge leggermente in avanti, esitante, una mano che si poggia sul viso dell'altro, mentre quel bacio muta forma approfondendosi, e la lingua del Leone si intreccia a quella del Falco per qualche minuto, sigillando un legame antico, da sempre esistito. Sta andando oltre. Un brivido gli scuote la schiena a quel punto e quando si stacca improvvisamente, il cuore batte all'impazzata. Ritorna alla realtà, il rosso. Una realtà dove ha appena baciato suo cugino. Il suo migliore amico. Che cazzo ho fatto? Balbetta qualcosa di incomprensibile, guardando ovunque tranne che davanti a sè, per sfuggire al suo sguardo, mentre la vergogna di quel gesto proibito, eppure tanto desiderato, sembra intorpidire ogni suo senso. Si sente un codardo, un pazzo, un traditore. Eppure non riesce a biasimarsi. « Forse...forse adesso dovremmo rientrare. C-ci avranno dato per dispersi, e lo Shame si starà già sfregando le mani.. Che-che dici? »


    Edited by boys don't cry - 31/10/2017, 13:22
     
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    « No, non mi calmo. » Conosceva quel lato di suo cugino Fred, perché era capitato a lui e agli altri due "malandrini" di accerchiare quel leone ferito e placarlo, per ricordargli chi fosse e che cazzate avrebbe potuto commettere in quello stato. Un Fred Weasley furente non era uno spettacolo che ci si vorrebbe trovare davanti perché, in preda ad un istinto viscerale, sa dove affondare le fauci e far male. Riconobbe il predatore nel suo sguardo scuro e non gli piacque. Non gli piacque affatto. « Ah, io come ti tratto? » Quindi c'era realmente qualcosa che Fred rivendicava! Eppure Hugo era sicuro di non avergli fatto mai nulla di male: era sempre attento a queste cose, a non ferire le persone intorno a lui, e mai e poi mai avrebbe detto o fatto qualcosa che potesse urtare la sensibilità di Fred, di Albus o dei suoi affetti più cari. Eppure, chissà come, c'era riuscito. « No, caro piccolo Hugo, finora non sono stato per niente stronzo. » ma lo sarebbe diventato presto, perché Hugo conosceva fin troppo bene il suo Fred. Conosceva le luci che ne tingevano gli occhi di ingenua e ferita cattiveria, conosceva la tensione del suo corpo prima dello scatto. « Ecco, questo è essere stronzo.. » Il grifondoro si avventò sul cugino, spingendolo con entrambe le mani sul petto e costringendolo ad indietreggiare per assestarsi e non cadere. « Ehi!! » Non aveva senso, tutto quello semplicemente non aveva senso. « ..e anche questo! » e una seconda spinta, più forte, fece indietreggiare il corvonero di due passi. « Ora basta, dimmi che cos'hai. » Lo disse nel tono più perentorio e fermo possibile, da uomo a uomo, seppure non fossero altro che due ragazzini infantili che si spintonavano nel campo da quidditch. Fred era una bomba ad orologeria e il finale di quello scontro era tragicamente scritto, perché entrambi sapevano che Hugo non se ne sarebbe andato tanto facilmente. « Ti ho detto di andartene, e tu continui a non capire. Non ti voglio tra i piedi, è tanto difficile? Non sei quello intelligente del gruppo, tu? » Il caposcuola indietreggiò e fu Hugo ad avanzare verso di lui. Nei mesi che aveva passato al suo capezzale, non tutti i giorni erano stati rosei. Con incredibile fermezza d'animo, il piccolo di casa aveva incassato ogni luna storta di Fred, ogni depressione, ogni cattiva giornata. C'erano pomeriggi in cui Fred gli aveva detto di tutto, le più bieche cattiverie, dettate dalla rabbia e dalla frustrazione eppure neanche una volta Hugo aveva perso la speranza, inventandosi di tutto per far ritornare quel sorriso che bel conosceva, uno dei pochi che sapeva scaldargli l'anima, completamente. Aveva lottato per quel sorriso e, a distanza di mesi, non avrebbe indietreggiato di un solo metro. Dov'era sparito, il sorriso di Fred? « Lasciami in pace, una volta tanto. Non hai fatto nulla, appunto, continua a non fare nulla e vattene. » Avanzò verso di lui, finalmente serio in volto. Quella storia aveva preso una piega che era durata fin troppo. « Sai che c'è? No, Freddie! Non me ne vado e non ti lascio in pace, continueròa non fare nulla proprio qui, finché non mi dici che cacchio ti prende. » La fermezza del corvonero non piacque a Fred, proprio come non gli era mai piaciuta in passato nei suoi momenti no; l'unica differenza è che, nei suoi periodi bui, Fred era ancorato ad un letto. Quel nuovo, terribile Fred era un leone libero. Lo vide gettarsi in avanti per spingerlo ancora ma le mani di Hugo, chissà come, furono più veloci delle sue. Una spinta di rimando, con tutte le sue forze, fece cadere all'indietro Fred che batté pesantemente la schiena sull'erba. Ancora una volta, Fred Weasley disteso su quel campo. Una fitta lacerò il petto di Hugo, ripensando a qualcosa che non avrebbe mai più voluto ricordare in tutta la sua vita. Sapeva benissimo come le cure giornaliere non gli avessero ridato una sensibilità perfetta e quel colpo doveva aver fatto male.. doppiamente male, se si conta lo smacco morale. Un leone orgoglioso, la bestia peggiore. « Dio, Fred.. mi dispiace, non volev- » ma la furia del grifondoro mise a tacere le sue preoccupazioni. Mentre gli porgeva una mano per aiutarlo a rialzarsi, il rosso la scacciò via con un colpo violento, puntando i gomiti sull'erba. « Vaffanculo Hugo. » Ammutolì, il corvonero, immobile di fronte al cugino disteso sull'erba. Il vociare della squadra di quidditch di Grifondoro li interruppe e così l'arrivo di Malia che, vedendoli, aveva anticipato gli altri in una veloce corsa. « Ma che fate voi due?! » Hugo puntò i suoi occhioni nocciola verso l'amica, prima di riguardare Fred che gli rivolse uno sguardo di sdegno. Come ci siamo arrivati fin qui? « Niente Mali.. il nostro Freddie ha le gambe un po' molli oggi. » rispose, freddo e sarcastico come poche volte era stato e come mai prima Malia l'aveva sentito. Serrò le labbra sottili, per girare i tacchi e andarsene dal campo a passo di marcia, proprio come Fred desiderava. Ecco, il momento in cui Fred e Hugo smisero di parlarsi, ecco com'è iniziato tutto: con una spinta. Vaffanculo Fred.

    ____________


    L'ultima volta che Hugo aveva cercato un contatto con un Fred sul piede di guerra, era finita molto male tra loro. Non che quella sera fosse passata liscia e senza drammi, come gli ricordava il dolore che sentiva lungo tutta la schiena. Era sicuro di avere perfino qualche livido, dovuto alle botte che suo cugino gli aveva procurato sbattendolo al muro, diverse volta. Ma non gli importava, era cocciuto Hugo. In una maniera diversa dalla ostinata, orgogliosa testardaggine del Leone, eppure allo stesso modo testardo abbastanza da impuntarsi. Non avrebbe abbandonato una causa che gli stava a cuore e Fred Weasley.. diavolo, non poteva definirlo semplicemente una causa che gli stava a cuore. Era di più, molto di più. Per quanto fosse arrabbiato con lui o offeso, per quanto si fosse sentito tradito dal suo comportamento, Hugo non avrebbe potuto mai ignorare ciò che suo cugino gli aveva e gli avrebbe detto di lì a poco. Semplicemente non ci riusciva, Fred non era un estraneo che si può ignorare. Chino contro il suo petto, inspirando il bel profumo che aveva scelto per la serata, per un secondo tutto sembrò essere tornato normale. Di nuovo, come alla fine della fiaba, il Leone e il Falco blu a vivere insieme felici e contenti, in pace. Era tutto ciò che chiedeva, ne aveva un bisogno fisico. Aveva bisogno di Fred nella sua vita. Le mani forti del cugino, le stesse che pochi minuti prima l'avevano sollevato da terra con facilità, lo afferrarono per le spalle perché si allontanasse un po'; giusto il tanto di guardarsi negli occhi. Sopra il mare di piccole lentiggini, gli occhi di Fred si erano placati e il fuoco in essi era stato domato. Al contrario vi lesse tristezza, colpa, dolcezza. Paura. La stessa paura che stava provando anche Hugo, di fronte ad un'incognita talmente grande e potente da essere riuscita a separarli. Proprio loro, un'anima in due corpi.
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    « Non lo so. Io...Scusa. Per..Per tutto. » Hugo tacque, mentre le braccia di Fred lo avvolgevano completamente. Le sue fecero altrettanto, in un contatto che non sentiva ormai da settimane e di cui aveva sentito una mancanza viscerale. Lo stringe contro il suo corpo come se avesse paura di vederlo andar via un'altra volta. Dio, quanto aveva avuto paura di perderlo; una paura che, in un angolo del cuore, aveva sempre avuto dal giorno dell'incidente. Freddie era tra le sue braccia, invece, e Hugo non aveva nessuna intenzione di lasciarlo andare. « E' solo che.. Mi manca non averti più al mio fianco ogni giorno. Mi sei stato vicino per tutto quel tempo, mi hai aiutato nonostante tutto..Ed ora che sto bene, e tutto è tornato alla normalità...Non lo so. Mi piaceva averti attorno ventiquattrore su ventiquattro.. » Era vero, in una certa misura. Ciò che non immaginava era quanto a Fred facesse realmente piacere avere quel rompiscatole di Hugo intorno. Aveva cercato di cacciarlo in ogni modo possibile e non c'era mai riuscito: quando finalmente Fred aveva mosso i primi passi fuori dal letto, per poi essere in grado di tornare a Hogwarts, il corvonero aveva sentito che suo cugino non avesse più bisogno di lui, non in quel modo tanto invadente e assillante. Aveva avuto così tanta paura di perderlo da non volerlo lasciare mai, ma quando Fred era ritornato sulle proprie gambe, aveva dovuto fare i conti col fatto che potesse e volesse cavarsela da solo. Stupido Hugie, ingenuo Hugie! « Il tuo interesse per me mi faceva sentire..importante. Come tu sei importante per me. Anche troppo importante, a quanto pare. Non lo so cosa mi succede, non so a cosa appartengano questi..pensieri strani. E' che..Ti voglio bene, Hugo, lo sai. Ma forse ti voglio anche qualcosa di più, da un po' di tempo a questa parte. Ma non ho idea di cosa si tratti.. » Un colpo allo stomaco lo fece rabbrividire, disorientato. Era vero, Fred non era come tutti gli altri cugini eppure Hugo non aveva mai metabolizzato realmente quella verità, perché non aveva mai sentito il bisogno di farlo. Non si era mai reso realmente conto di quanto Fred fosse l'unico capace di farlo accorrere ogni volta che chiamasse, di quanto ogni sua necessità o bisogno fossero una priorità per Hugo. Non aveva mai veramente pensato a come tutto il tempo passato insieme, soli nella stanza di ospedale o da nonna Molly, li avesse indissolubilmente legati. In che modo? Non lo sapeva. Sapeva solo di amare Fred Weasley Jr., di un amore profondissimo che trascende ogni etichetta. Lo trovava bello, certo; lo trovava incredibilmente attraente e, proprio come la compagnia di Olympia, anche quella di Fred di tanto in tanto gli aveva dato modo di riflettere. Era stato grazie ad un inconsapevole Fred, in fondo, che aveva capito di sentirsi attratto anche dai ragazzi. Eppure a lui in quel modo non ci aveva mai realmente pensato, non aveva mai avuto bisogno di pensarci. Perché mai? Freddie era quello che raccontava ai cugini dei dettagli piccanti con Amunet Carrow, quello che aveva stilato una classifica segreta dei fondoschiena femminili migliori di Hogwarts! Freddie era suo cugino, semplicemente. Eppure, proprio in quel momento, iniziò a pensarci. « Però vederti così tanto legato ad Andres..Ha fatto male. Forse sono solo un amico di merda con della gelosia di merda. Ed anche un cugino di merda, col senno di poi, a farsi venire certi dubbi assurdi. Insomma..Mi dispiace. Forse tutto quello schifo che mi sono iniettato mi ha davvero fottuto il cervello. E ho combinato un casino. Con te, con Amunet, con Malia... Non sei una nullità, sono io che sono un coglione. » Era vero, allora. Era tutto vero, ciò che aveva pensato e che aveva scartato per mancanza di prove, perché gli sembrava troppo impossibile per essere vero. No, Hugo, non impossibile: solo improbabile. Eliminato l'impossibile, ciò che resta, per improbabile che sia, deve essere la verità. La verità era che Fred era sempre stato geloso di Andres Weiss. « Era questo, allora.. » mormorò piano, rialzando il viso che aveva tenuto appoggiato alla spalla del cugino fino a quel momento, per guardarlo negli occhi. Perché le loro fronti si posassero una sull'altra. Sei uno stupido, Freddie. « Sono stanco di fare cazzate. Pensi riuscirò mai a rimediare a qualcosa? Pensi di potermi perdonare? » Annuì, accennando il primo sorriso davvero autentico della serata, il primo che non fosse viziato dall'imbarazzo, dalla paura di fallire o essere giudicato. Solo un sorriso, contro il viso di Fred. Gli accarezzò le guance con entrambe le mani, fissandolo intensamente e con tutta la serietà del mondo. « Ascoltami bene, Freddie.. io.. io non so cosa stia succedendo ma voglio che tu ricordi sempre una cosa: nessuno può sostituirti. Mi hai capito? » Annuirono insieme, stretti l'uno contro l'altro. « Non sei solo importante, sei la persona a cui tengo di più in questo posto. Dico sul serio. Rifarei tutto ciò che ho fatto e.. quando sei stato meglio, ho creduto che non avessi più così tanto bisogno di me. Volevo lasciarti spazio.. » Quanto gli era mancato correre verso il pasticceria più vicina alla ricerca delle ciambelle migliori, solo per vedere il sorriso di Fred farsi spazio sul suo viso. Che stupido era stato, a credere che ciò che si era instaurato fosse un legame a senso unico. No, Fred non era rimasto indifferente alle attenzioni di Hugo e ora, dopo un anno, ne stava accusando il colpo. Le mani scesero dalle guance al petto, per sistemargli la camicia sgualcita da quella serata movimentata. Là, la punta delle dita gli sfiorò la pelle nuda dalla camicia sbottonata. Proprio là, dove si era insinuata la mano di Beatrice, stava facendo lo stesso quella di Hugo. « Tornare come eravamo è ciò che voglio di più al mondo.. » Stare insieme ogni giorno, sdraiati sullo stesso letto a mangiare ciambelle e raccontare di tutto, fino ad addormentarsi abbracciati. Aver bisogno l'uno dell'altro, sempre. In un secondo, comprese come dargli spazio non gli interessasse più, lo spazio stesso non era che una variabile insignificante. La fronte di Fred fu di nuovo sulla propria e ben presto, anche le labbra. Fred lo baciò e una scarica di elettricità pervase l'intero corpo del corvonero. Era adrenalina, era la confusione di una bocca proibita sulla propria, era la prova che tutto quello non era solo uno stupido scherzo. Cosa diavolo sta succedendo stasera? Cosa diavolo stiamo facendo? Non sapeva se qualcuno avesse avvelenato il punch o lo avesse sostituito con del filtro d'amore, non sapeva se li avessero drogato tutti o se ciò che stava sentendo in quel momento, in diverse parti del proprio corpo, fosse reali oppure frutto di una qualche magia. L'unica cosa che sapeva era che una parte di sé era rimasta turbata dall'iniziativa di suo cugino ma un'altra, evidentemente preponderante, l'aveva accolto a sé. Era quella parte che aveva sempre trovato Fred bellissimo e attraente, quella che ammirava e stimava Fred oltre ogni cosa. Quella che, sotto sotto, l'aveva sempre desiderato. Allora tutto scomparve, in quel minuti in cui gustò la lingua di Fred che sapeva di tequila e proibito: scomparvero Scout e Andres, scomparve tutta la loro famiglia e ciò che avrebbe potuto pensare, compreso Rudy. Aveva una paura folle di ciò che avrebbe potuto pensare Rudy, se avesse scoperto ciò che aveva fatto. Eppure non riuscì a lasciare le labbra di Fred se non dopo diversi minuti, dopo i quali rimase contro di lui alla ricerca di aria e di risposte. A malapena trovò la prima. Solo allora Fred indietreggiò bruscamente e altrettanto fece Hugo, in preda all'imbarazzo della realizzazione completa, vera, autentica. Che cacchio abbiamo fatto? « Forse...forse adesso dovremmo rientrare. C-ci avranno dato per dispersi, e lo Shame si starà già sfregando le mani.. Che-che dici? » Annuì velocemente, sorridendogli teso mentre si risistemava la giacca e il panciotto. E i pantaloni, soprattutto. Quasi aveva dimenticato quella stramaledetta bacheca delle confessioni! Quasi, perché un angolo del suo cervello non aveva fatto altro che pensarci. Fred iniziò a camminare lungo il corridoio ma il cugino lo trattenne prendendolo per mano, costringendolo a voltarsi. « Me la prometti una cosa? Qualunque cosa accadrà.. - Qualunque cosa siano questi strani pensieri. - l'affronteremo insieme. D'accordo? Non evitarmi, parlami. Insieme possiamo venirne a capo.. siamo forti, insieme. » Lo affiancò, lasciandogli la mano e dandogli una leggerissima spallata, per scacciare la tensione di quella sera e delle ultime settimane. « Che cacchio può fare il Leone, da solo, senza il Falco blu? » Avrò sempre bisogno di te, Freddie. Sempre.


     
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