Bestie

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    Avverte un sospiro alle sue spalle. Mentre resta distesa su un fianco, i capelli scuri sparsi in modo disordinato sulla propria giacca appallottolata alla bell'e meglio in modo da creare un cuscino accidentato, la mora resta con gli occhi spalancati, a fissare il sacco a pelo di fronte a sé. Studia quei movimenti con cura, nella penombra, seguendoli con le pupille. Su e giù. Su e giù. Grazie alla fioca luce lunare proveniente dalla finestra poco distante, riesce in controluce a distinguere la sagoma di quelle coperte, che prima si abbassano e poi si sollevano. Ripetutamente. E a quel punto nella sua testa non c’è davvero più alcun dubbio su ciò che sta succedendo dentro al sacco a pelo proprio accanto a lei, quello in cui Meredith Jenkins e Alex Ross hanno deciso di infilarsi insieme, questa sera. Serra le labbra, l’espressione dapprima curiosa e attenta che, nel momento di realizzazione, si tramuta in una smorfia quasi schifata. Non che sia schifata dalla cosa in sé, per carità, quanto più dal fatto che sono proprio sdraiati accanto a lei, e che il suo sacco a pelo confina con il loro. Un altro sbuffo sonoro alle sue spalle, e qualche movimento di coperte. Si sposta un poco, cercando di risultare il più discreta possibile - i due sono coperti fin sopra alle teste, e in ogni caso non crede si accorgerebbero del suo improvviso indietreggiare, pur tuttavia la Stone si sforza di essere silenziosa e misurata possibile, se non altro per non rovinar loro l'azione. Se si sono nascosti tra le sottili coperte che sono loro concesse, questa notte, di certo non è per non farsi notare dagli altri, quanto più per dimenticarsi della presenza altrui. E la giovane Grifondoro decide di regalar loro l'accortezza di non farsi udire, mentre scivola qualche centimetro più sulla propria destra, per quel che quella posizione tanto accidentata le può concedere. Sono stretti come le sardine. Hanno perso tempo oggi, lei e il suo gruppo, alla Sala Grande, per cercare di raccogliere il maggior numero di provviste possibili, e così sono arrivati tardi nei sotterranei per la notte, non riuscendo ad accaparrarsi né i dormitori né qualche divanetto della Sala Comune di Serpeverde. Sono finiti tutti quanti per terra, stipati l'uno accanto all'altro dentro ai loro sacchi a pelo colorati, come tanti pennarelli che affollano l'astuccio pienissimo di un bambino.
    Getta un ultimo sguardo al sacco a pelo di Alex e Meredith, un'espressione ora vagamente triste che aleggia sul suo volto, nel percepire il respiro ansante di uno dei due. Forse in un'altra situazione troverebbe questa cosa incredibilmente divertente, ma ora tutto ciò riesce soltanto a metterle addosso una tristezza incredibile. Gli abitanti del castello sembrano aver reagito allo stesso modo di fronte all’arrivo delle trappole mortali che tanto hanno condizionato la loro vita nelle ultime settimane, ed il medesimo pensiero pare essersi stagliato sulle menti di tutti quanti: ora o mai più. E dunque, nei pochi momenti di pace che sono loro concessi, situazioni come questa non sono affatto rare; e di fronte ad una morte quasi certa e molto probabilmente imminente, ogni briciolo di dignità sembra volatilizzarsi, spazzato via dal desiderio di possedersi un’ultima volta. Di sentire qualcuno accanto a sé. Prima che sia troppo tardi. Malia non è in grado di biasimare quell'istinto così naturale e fisico che spinge due persone ad avvicinarsi in questi momenti di difficoltà, tanto da non preoccuparsi più nemmeno di chi li circonda. Come gli animali. È questo il pensiero che balena nella mente della giovane Grifondoro, mentre si costringe a voltarsi dall'altra parte, per concedere ai due ragazzi la privacy che il castello sta loro negando. Sono diventati animali, è questo l'ultimo regalo fatto loro da Edmund Kingsley, prima di morire: li ha costretti a lottare ogni giorno per i viveri, per un centimetro in più di spazio la notte, per un nascondiglio sicuro, per la vita stessa. Li ha riportati nella giungla, sono di nuovo bestie, costretti ad abbandonare qualsiasi razionalità, senso di privacy o di intimità, lontani da qualunque sensazione di tranquillità.
    Si muove leggermente all'interno del proprio sacco a pelo, alla ricerca di una posizione più comoda. E quando nota la figura di fronte a sé muoversi a sua volta, non riesce a rimanere in silenzio. « Fred? » sussurra, in un tono così flebile e impercettibile che le pare soltanto di muovere le labbra. Non capisce se il rosso riesce a sentirla, dunque si ritrova ad allungare una mano, oltre la coperta, per sfiorargli la spalla delicatamente. Un tocco leggero al punto giusto, da non svegliarlo nel caso in cui sia tra le braccia di Morfeo, ma abbastanza presente da cogliere la sua attenzione di chi non dorme. « Sei sveglio? » chiede allora, e quando lo vede scostarsi leggermente, e nota gli occhi aperti, gli rivolge un mezzo sorriso. L'ha sentito muoversi un po', accanto a lei, e non è stata capace di ignorarlo. « Non riesco a dormire » dice, strisciando più vicino a lui, così da non disturbare gli altri, nel parlare con il compagno. Ha tentato in tutti i modi di prendere sonno, ma questa sera è proprio impossibile - e chissà, magari domani sarà proprio la stanchezza a fregarla definitivamente, e questa sarà la sua ultima notte. Ormai questo tipo di pensieri è all'ordine del giorno da qualche giorno a questa parte - ma in fin dei conti non sa esattamente definire quanto tempo è trascorso da quel maledetto Ballo: possono essere giorni, settimane, o di più? Gli orologi hanno smesso di funzionare, il sole non sembra più voler sorgere sulla collina su cui erge la scuola, e niente di ciò che li circonda dà loro modo di scandire il tempo che scorre. E questa è una delle cose più frustranti. Si è sforzata con tutta se stessa, appunto, di cadere tra le braccia di Morfeo, ma con i rumori fatti da Meredith e Alex da una parte, e quella fastidiosa ferita alla caviglia che continua a bruciarle sempre di più, sembra essere un'impresa. « Stamattina ho beccato in corridoio un branco di Schiopodi Sparacoda... Non puoi capire che macello. Per poco non mi hanno mozzato un piede, bastardi » racconta all'amico, giusto per dire qualcosa. Ovviamente, quei mostriciattoli, come tutte quelle dannate trappole messe in atto dal fantasma di Kingsley, non l'hanno di certo risparmiata. E non è stata nemmeno in grado di trovare del Dittamo in giro, così ha fasciato quel taglio profondo alla bell'e meglio, nella speranza che non s'infezioni. Che tristezza, dover morire per un'infezione, si ritrova a pensare, un po' amaramente, prima di sospirare, incontrando di nuovo lo sguardo spento di Fred. Non sa esattamente cos'altro dirgli. Sono tante le cose di cui potrebbero parlare, ma le parole in questi giorni sembrano mancare a tutti; o, per lo meno, sembrano improvvisamente diventate così poco importanti. Poco importanti sono quelle cazzate su cui fino a poco tempo fa avrebbero passato pomeriggi interi a discutere, incredibilmente futili quelle chiacchiere che li tenevano svegli fino a notte fonda; adesso, Malia non vorrebbe far altro che stare sveglia e guardarlo, e semplicemente celebrare il fatto che, per adesso sono entrambi lì. Ha riscoperto il potere dello sguardo, in questi giorni. Ha trovato nuove lentiggini sul volto di Olympia, una grinza d'espressione nel sorriso amaro e sardonico di Albus, che non aveva mai notato prima; si è perfino accorta di una piccola voglia sulla propria, di pelle, proprio il giorno precedente, mentre era intenta a medicarsi. Ma è uno scoprire e uno scoprirsi sempre grigio, triste, per lo più addolorato: ogni volta che ci si guarda è come un saluto, un addio implicito perché non si sa mai, anche questa potrebbe essere l'ultima volta. Anche oggi l'ultimo giorno. Anche questo, l'ultimo secondo.
     
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    Non riesce a dormire. Ha perso il conto dei giorni che non dorme. Beh, se ancora di giorni si possa parlare. Ormai è sempre notte, lì al castello, e tutti gli orologi hanno deciso di andare a farsi fottere, principalmente. Una gran bella merda, a parte le trappole mortali, il cibo mancante, e l'infermeria inutilizzabile. A quelle ormai sembra quasi essersi abituato...O almeno ci prova. Non è un gran bel periodo, quello. Anzi, se proprio vogliamo esser sinceri, fa davvero cagare. La gente muore, tutt'attorno a lui. Gli amici lo abbandonano, falciati chi da questa trappola, chi da quell'altra. Quelli che gli restano, sono feriti o dispersi in chissà quale cunicolo del castello, in cerca di cibo, o salvezza. Inutilmente, potremmo dire. Cercano di sopravvivere, tutti, perchè è l'unica cosa che possono fare in quella trappola mortale che Hogwarts sembra esser diventata, dopo la morte di Kingsley. E anche lui, ci prova. Ci prova ogni giorno nonostante tutto. Nonostante la sua mente non sia particolarmente stabile, in questo periodo, ed il suo umore non sia decisamente dei migliori. Amunet lo odia, con Albus si evitano, Hugo non lo becca in giro da giorni, Betty non ha idea di dove si sia cacciata...E Malia, beh, Malia è rimasta. Almeno lei. Sono rimasti vicini, in quei giorni. Si sono spalleggiati a vicenda, Malia e Fred, Fred e Malia, come d'altra parte hanno sempre fatto. La sua presenza è forse una delle poche ragioni che riescono a tenerlo su. E' triste, Freddie, come rare volte lo è stato nella sua ancora giovane vita. Ha combinato una gran bella merda, durante la sera di Halloween, e come se non bastasse adesso sembra essersi catapultato nel set di un film horror. Un film horror dove però si muore sul serio. Ha visto morire due suoi compagni di squadra, qualche giorno fa, schiacciati dalle statue di pietra. Non hanno avuto neanche il tempo di urlare. Lui si è salvato solo perchè è riuscito a nascondersi sotto il grosso tronco di una quercia. Quanto tempo passerà, prima che la fortuna smetta di sorridergli? Quanto prima che il destino decida di portargli via chi ha di ancora più caro? Mun, Malia, Albus, Hugo, Betty, Roxanne, Olympia, Rudy.... Un mantra che si ripete ogni notte, ormai. Stipato assieme a tutti gli altri nel caos delle sale comuni, Fred li cerca con lo sguardo, uno ad uno. Rimane sveglio fino a quando anche l'ultimo della sua lista non fa rientro, sano -si fa per dire- e salvo. Non ha paura di morire, Weasley, non l'ha mai avuta dopotutto. Ma di vederli morire, di questo sì che ha il terrore. E' una prospettiva che lo paralizza. Una paura che proprio non riesce ad ignorare. E di cose ne sta ignorando tante, in questi giorni. Come quei brutti graffi al viso che si è procurato in guferia solo qualche giorno fa, sotto gli artigli di mille gufi impazziti, che per poco non gli hanno strappato un occhio. O i brontolii del suo stomaco per la fame, abituato a ben altro piuttosto che quel cibo razionato, spesso rubato o estirpato da mani altrui. Ignora la sua schiena che va peggiorando di giorno in giorno e ignora persino il sonno, come d'altra parte sta facendo in questo preciso momento. Si gira sotto quella coperta sbrindellata, prima su di un fianco, poi sull'altro. Si mette a pancia in su, lo sguardo rivolto verso il soffitto della sala. Niente, non riesce a dormire. Il russare di quel dannato vicino di letto poi, non fa che peggiorare la situazione. Non sa nemmeno chi sia, quel tizio che gli dorme accanto, ma russa, e pure troppo. Si gira verso di lui, osservandolo. Dorme beato, in un sonno profondo, e per qualche momento lo invidia pure. Chissà che non stia sognando la sua famiglia, o un pasto decente, o magari il finale di stagione di Stranger Things...
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    « Oh andiamo. » Gli molla una ginocchiata sulla schiena, e per qualche istante quel fastidioso russare si blocca. Sospira di sollievo, lontanamente soddisfatto, mentre si sistema quella palla di vestiti sporchi che gli fa da cuscino sotto la testa e richiude gli occhi. Si concentra e...Di nuovo. « Fanculo! » Impreca a denti stretti, ed è allora che un cuscino gli arriva dritto in faccia da chissà quale angolo della sala. « Ti ho visto, Wilson! E questo me lo fotto adesso. » Ah-ah. Almeno ha ricavato un cuscino. Grande conquista. [...] « Fred? Sei sveglio? » E' in dormiveglia, quando quella voce attira la sua attenzione. Si muove sotto la coperta, lamentandosi appena, ma quando le dita esili di Malia lo sfiorano, riacquista immediatamente lucidità. Si gira verso di lei, allora, scrutandola attraverso il buio, e le sorride. C'è malinconia, nel suo sorriso, ma ciò nonostante è felice di vederla lì, sveglia. Viva. Si spinge in avanti allora, stringendosi a lei non appena gli si fa più vicina. Il calore del suo corpo al contatto col proprio lo fa sentire bene per qualche istante. Avere qualcuno vicino è più importante di quanto non sembri, in momenti come quello. « Fa un cazzo di freddo eh? » Sussurra, rabbrividendo. Se solo avesse un termometro a portata di mano, non si stupirebbe di scoprire di avere pure la febbre, come se i guai non fossero già abbastanza. « Non riesco a dormire » Sospira, annuendo. « Nemmeno io. Questo coglione russa peggio di mio nonno » Già, nonno Arthur... Chissà se sanno già qualcosa. Lui, nonna Molly, sua madre..La nostalgia lo colpisce in pieno, e respira profondamente per scacciare quei ricordi, lo sguardo triste fisso sull'amica. « Dai, vieni quì » Allarga le braccia per farle spazio e stringerla a sè, mentre uno sbadiglio solitario lo coglie di sorpresa. Rimangono in silenzio per qualche minuto, fino a quando non è Malia a parlare. « Stamattina ho beccato in corridoio un branco di Schiopodi Sparacoda... Non puoi capire che macello. Per poco non mi hanno mozzato un piede, bastardi » In una situazione normale scoppierebbe a ridere per le sventure dell'amica, ma non ora. E' un'espressione dispiaciuta e preoccupata quella che si palesa sul suo viso, mentre si alza per mettersi a sedere. « Ti fa ancora male? Posso vedere la ferita? Qualcosa di medi-magia l'ho imparata, quando sono stato in ospedale...Al massimo se sbaglio hai l'altro piede » Ridacchia sommessamente, ma è allora che la sua attenzione viene attirata da qualcos'altro. Qualche sacco a pelo più in là...« ..Ma stanno facendo proprio... » Si rigira verso Malia, e dalla sua espressione capisce che sì, non sa chi si celi sotto quelle coperte ma stanno facendo proprio quello. Trattiene una risata spontanea, prima che, ben presto, anche quella si dissolva nel buio. Una nota di deprimente invidia lo assale, nel vedere come -nonostante tutto- quei due siano riusciti ad estraniarsi da tutto quel dannato contesto generale per amarsi almeno un po'. Si immagina al loro posto per qualche momento, lui, che il suo amore è stato tanto idiota da perderlo per strada. Sospira allora, appoggiandosi sui gomiti e ritornando vicino all'amica. « Secondo te le stanno usando le precauzioni? Io ho ancora dei preservativi nei pantaloni, dalla sera di Halloween. No. Non mi uccidere, non avevo strane intenzioni con te. » Non questa volta, almeno. Anche se il tuo vestito qualche pensierino me l'ha fatto venire, Mals, questo però non te lo dico. « Vabeh fatto sta che visto come stanno le cose con Mun adesso...A me non serviranno per un bel po' » Una risata amara che conferma un'altrettanto amara consapevolezza. « Quasi quasi glieli presto..O magari li duplico con la bacchetta e me li vendo. Così quando usciremo di quì sarò ricco e ti porterò in crociera con me. » Per qualche istante, l'ombra del vecchio Fred sembra aleggiare nel suo sguardo vispo ed in quel sorriso brioso che gli illumina il viso. Ma dura qualche frazione di secondo, prima di incupirsi di nuovo. Infila una mano sotto il cuscino, estraendone un fagotto. Dispiega la stoffa, scoprendo delle fette di pane tostato, che porge in direzione dell'amica. « Sono un po' di gomma, ma sono riuscito a conservarle dalla cena di stasera. Magari mentre ti controllo la ferita ti viene fame...E magari sarai distratta dal mollarmi un calcio in faccia se ti faccio male, mentre mangi. » Dice infine, ironico. Un'ironia forzata, a tratti fuori luogo. Ma in fondo, tempo per deprimersi ne hanno tanto, fuori da quelle quattro mura che, almeno per ora, li proteggono. Tempo per piangere, soffrire ed avere paura. Meglio godersi questi piccoli attimi di tranquillità. Meglio essere Freddie e Malia ancora per un po'. Chissà, forse per l'ultima volta.
     
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    « Fa un cazzo di freddo eh? » Qualcuno, da qualche parte, russa. La mora, nell'udire quelle parole sussurrate nella sua direzione, pare quasi rabbrividire, come se fosse stato Fred a ricordarle, sul momento, della condizione di gelo che ha investito il castello negli ultimi giorni. E lei non ha nemmeno i vestiti adatti addosso, perché la Sala Comune di Grifondoro pare non volersi aprire, e sopravvive da due giorni nel maglione sgualcito e strappato in un punto che le ha prestato Azura. Si chiede se potrà riabbracciare i propri averi nel dormitorio femminile della Torre di Godric, o se dovrà continuare a chiedere abiti in prestito ai propri amici delle altre casate. E, sicuramente, ritrovarsi a dover dormire contro il pavimento ghiacciato della Sala Comune non aiuta per nulla. « Questo coglione russa peggio di mio nonno » La ragazza si solleva leggermente con il corpo, per poter spiare meglio oltre la spalla del compagno. Riesce a vederla, a questo punto, la fonte di quel rumore fastidioso, che pare dormire beatamente senza curarsi troppo di chi ha accanto. Magari sta sognando pure qualcosa di felice, chissà. Lascia ricadere pesantemente la testa sul proprio cuscino accidentato, con un sospiro leggero, mentre incrocia gli occhi di lui con lo sguardo. « Dai, vieni qui » Indugia qualche istante, nel vederlo allargare le braccia per accoglierla in uno di quei caldi abbracci che da sempre sono capaci d'infonderle calma e tranquillità. Fred è da anni ormai, nella sua vita, un punto fermo, una costante insostituibile senza la quale sa che non sarebbe la stessa. La sua sola presenza è sempre stata in grado di rilassarla come nessuno, eppure ultimamente non sembra più essere lo stesso. Di certo la colpa è della situazione orribile nella quale si ritrovano, o per lo meno così si sforza di giustificare la mora nella sua testa, mentre si avvicina al Grifondoro e si stringe al suo petto freddo con un distacco che non vorrebbe avere, e che fa di tutto per celare. Ma è perché sono sdraiati per terra a morire di freddo, in mezzo a un sacco di gente che russa e che si rigira stancamente tra le coperte, è perché sono esausti e hanno una paura matta di morire, domani. È perché hanno visto i loro compagni cadere, oggi, si dice, è senza dubbio per questo che Malia ha smesso di rivolgergli i suoi sguardi complici, o di fornire una risposta alle occhiate di lui, lanciate di tanto in tanto nelle ultime giornate. Ed è stato più forte di lei, ha tentato più volte di riempire d'affetto quei saluti spenti e freddi che gli ha concesso, di rivolgergli qualche sorriso forzato e falso, di scavalcare quegli impasse mentali che dalla sera del ballo sono andati a crearsi, lentamente, nella sua testa. E ci prova davvero, minuto dopo minuto, a convincersi che questa sua improvvisa chiusura derivi dallo sconvolgimento che la sorpresina fatta loro da Kingsley le ha provocato, e fallisce miseramente ogni volta, maledicendosi. Probabilmente è stato proprio quella sorta di strano senso di colpa che prova nei confronti del rosso a convincerla questa sera a strisciare fino al suo corpo, e provare un approccio, per quanto stentato.
    « Ti fa ancora male? Posso vedere la ferita? Qualcosa di medi-magia l'ho imparata, quando sono stato in ospedale...Al massimo se sbaglio hai l'altro piede » Si tira a sedere accanto a lui, attenta a non fare troppo rumore per non infastidire gli innamorati alla propria sinistra, per poi appoggiare la schiena al muro alle loro spalle. Scuote la testa, piano, avvicinando le ginocchia al petto e massaggiandosi la caviglia ferita, per poi stringere le spalle.
    « No, stai tranquillo. Pizzica un po', ma sono sicura che in un paio di giorni sarà guarita. Domani mattina magari chiedo alla Castillo se le è rimasta una foglia di Dittamo. Ma non è grave » sussurra con un filo di voce, prima di spostare lo sguardo sul volto di lui. È in quell'istante che si accorge della sua disattenzione, ed effettivamente il rosso pare perso ad osservare altro, poco più in là. È solo quando gli occhi di lui, per un attimo sconcertati, tornano ad incontrare i suoi, che la ragazza capisce il motivo della sua sorpresa.
    « ..Ma stanno facendo proprio... » Si limita ad annuire piano, Malia, incontrando il suo sguardo e scambiando con lui un'occhiata eloquente, mentre gli angoli delle sue labbra, suo malgrado, non possono fare a meno di sollevarsi in un sorrisetto malizioso. E in quello spicciolo scambio riesce a scovare un briciolo di loro due. « Secondo te le stanno usando le precauzioni? Io ho ancora dei preservativi nei pantaloni, dalla sera di Halloween. » Aggrotta le sopracciglia, sollevando la testa di scatto e puntando gli occhi nei suoi. Deve incenerirlo con lo sguardo, probabilmente, perché Fred si sposta subito sulla difensiva. « No. Non mi uccidere, non avevo strane intenzioni con te. Vabeh fatto sta che visto come stanno le cose con Mun adesso...A me non serviranno per un bel po'. Quasi quasi glieli presto..O magari li duplico con la bacchetta e me li vendo. Così quando usciremo di quì sarò ricco e ti porterò in crociera con me. » La ragazza sospira, appena prima di lasciar cadere il capo sulla spalla di lui, una mano che gli carezza energicamente il braccio, con fare consolatorio. Non ha idea di cosa sia successo con esattezza tra lui e la Serpeverde ma, considerati i risvolti finali del ballo, in qualche modo può immaginarlo. Le fa quasi ridere ripensare a quella mezz'ora trascorsa in compagnia della Carrow, sulle scale, appena prima che succedesse tutto. Lei sapeva, ma non le aveva detto niente, o per lo meno aveva deciso di non insistere sulla cosa, dopo averla vista scrollare le spalle e ridacchiare divertita al pensiero di due dei suoi migliori amici che... che... non riesce nemmeno a formulare l'idea nella sua testa. Lo sapeva, Amunet, e per questo le era parsa tanto sconvolta in quel momento. Malia è venuta a sapere la verità solo dopo il trambusto di quella sera, e dopo aver negato più volte nella sua mente quel pensiero, è stata costretta ad accettarlo, seppur con riluttanza. E si è sforzata di far finta di nulla anche su questo fronte, comportarsi come se nulla fosse accaduto, come se Fred e Hugo fossero le stesse persone di sempre... ma Malia Stone è da sempre un libro aperto, e quello che pensa puoi leggerglielo in faccia sul momento. E questo, come tutte le cose, è una benedizione così come un maleficio, a seconda delle situazioni. In questo caso in particolare, la Grifondoro preferirebbe di gran lunga essere capace di nascondere i suoi sentimenti, quanto meno per un momento più tranquillo e meno incasinato di questo.
    « Sono sicura che le cose miglioreranno » si ritrova a dire, in un tono un po' criptico, così poco da lei, lo sguardo per qualche istante perso nel vuoto. Non sa cosa, non sa come, eppure per qualche motivo si sente di dire che qualcosa migliorerà, ad un certo punto. Se non altro i loro rapporti umani non possono andare peggio di così, perché dal fondo si può solo risalire. Giusto?
    Resta in silenzio a guardare i suoi movimenti, mentre tira fuori da un fagotto qualche fetta di pane tostato, e gliela porge. Malia, che non tocca cibo dalla mattina, si ritrova a guardare quel pasto povero come fosse una cena abbondante. « Sono un po' di gomma, ma sono riuscito a conservarle dalla cena di stasera. Magari mentre ti controllo la ferita ti viene fame...E magari sarai distratta dal mollarmi un calcio in faccia se ti faccio male, mentre mangi. » Non se lo fa ripetere due volte, la mora, e senza fare troppi complimenti prende una delle fette di pane e la mette sotto i denti, porgendo poi l'altra a lui.
    « Non serve che la controlli, davvero » mormora a fatica, mentre mastica, scuotendo vigorosamente la testa. « Non fa quasi più male. Mangia, piuttosto. Sei sciupato, caro. » E nelle ultime parole il tono della sua voce cambia leggermente, diventando un po' più acuto e gracchiante, a imitare la voce di nonna Weasley, in una delle sue battute più celebri.
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    Ah, le cene a casa di nonna Molly erano da sempre le sue preferite, e quella famiglia, sebbene non avesse con lei alcun legame di parentela effettiva, era diventata come una seconda casa per lei. Per una come Malia, con un padre poliziotto, che nel novanta per cento dei casi aveva da lavorare anche durante le festività più importanti, i banchetti a casa Potter-Weasley erano diventati sin da subito una delle sue cose preferite al mondo. E non solo perché aveva modo di trascorrere il tempo con i suoi migliori amici in assoluto, ma perché si ritrovava ad essere catapultata in una realtà completamente diversa da quella che aveva conosciuto fin da subito, e cioè quella di famiglia, e di focolare domestico. Lei aveva solo suo padre, al quale voleva un bene immenso, eppure quelle tavolate piene di gente, quel chiacchiericcio incomprensibile che si confondeva col rumore di posate, urla e schiamazzi, era qualcosa di speciale.
    Si ritrova a sospirare, piano, arrivata alla seconda fetta di pane tostato, nel notare che Fred, imperterrito, ha comunque deciso di dare un'occhiata alla sua ferita. Lo guarda dall'alto, mordendosi leggermente il labbro inferiore, incerta se parlare o meno. Sono passati diversi giorni dal ballo, non è certa esattamente di quanti, ma le sembra decisamente abbastanza. E per quanto non abbia voglia di aggiungere altra carne al fuoco, o di appesantire quella loro condizione già di per sé tremenda, non sa più trattenersi. « Fred... ti va di dirmi cosa è successo con Hugo? » chiede, dopo aver preso un respiro profondo, gli occhi fissi sulla nuca di lui, che al momento è leggermente chino sulla sua gamba, per controllare il danno. Ha bisogno di sapere. Vuole una spiegazione, perché è già abbastanza orribile doversi ritrovare a combattere mostri e incappare in trappole inaspettate giorno dopo giorno; l'ultima cosa che vuole è allontanare le persone a cui vuole più bene solo per un'incomprensione. « Scusa se te lo chiedo ma... io non ci capisco niente. Non ci ho capito più niente, all'improvviso. Pensavo di sapere quello che avevo intorno, ma all'improvviso salta fuori che Albus ha avuto un figlio tutto questo tempo - un figlio! - e che tu e Hugo... Non lo so. È come se di colpo non vi conoscessi più. Nessuno di voi. »
     
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    C'è qualcosa di diverso. Loro sono diversi. In un momento come quello che stanno passando, ha fatto in modo di non darvi molta retta. Dopotutto, tra gente che muore e trappole assassine, non hai poi molto tempo per pensare ad un certo tipo di cose. Ma ciò nonostante lo nota, l'ha notato in quei giorni, e continua a notarlo. Malia è diversa con lui. Non troppo, ma quel tanto che basta per percepirlo. In tutti quegli anni, ha imparato a conoscerla. Riconoscere i suoi sorrisi, la sua risata cristallina ed i suoi scherzi. Ma anche tutto il resto, il rovescio della medaglia. La preoccupazione, la tristezza e l'indifferenza, se indifferenza può esser chiamata. In questi ultimi giorni non ne hanno passate di belle. L'assassinio di Kingsley, le trappole, la morte di innumerevoli loro compagni...Ma Fred sa che c'è dell'altro. Dal ballo, quel fottutissimo ballo, non hanno avuto granchè modo di parlare, loro due. Il bacio con Beatrice, Hugo..Ne ha combinate un bel po', in quella sera. Ricorda ancora lo sguardo deluso di Malia, quando le si era avvicinato. Ricorda il modo in cui l'ha chiamato, Fred. Una sfumatura a prima vista innocua, insignificante, ma che per Malia e Freddie vuol dire tutto. Per quei due inseparabili amici che sono sempre stati, l'uno il prolungamento dell'animo dell'altro, sono quelle piccole cose, quei microscopici dettagli ad occhio esterno invisibili, che fanno la differenza. E Fred in questi giorni l'ha sentita, la differenza. L'ha percepita nei saluti freddi di lei, nel modo in cui ha evitato di ricambiare i loro soliti sguardi complici, e lo nota anche adesso, nell'esitazione della Grifondoro di fronte alla prospettiva di stringersi a lui. In fondo, non ha poi tutti i torti. Non le fa una colpa, Fred, perchè in fondo è il primo a sentirsi responsabile di tutto ciò. Diciamo che ne ha combinate di davvero grosse, quel 31 Ottobre ormai remoto. Ha baciato Beatrice, la migliore amica di Malia, proprio di fronte ai suoi occhi ed al resto della sala grande. Ha baciato Hugo, di nascosto, e Malia è venuta a saperlo con ogni probabilità grazie a quella dannata bacheca. Ha letteralmente gettato parte della sua vita alle ortiche. Le amicizie, l'amore, la famiglia. Al momento vorrebbe solo..sparire. Sparire e ricomparire quando tutto sarà tornato come prima. I sorrisi, le battute di dubbio gusto e le provocazioni amichevoli. Ma chissà, forse questa volta l'ha combinata troppo grossa. « No, stai tranquillo. Pizzica un po', ma sono sicura che in un paio di giorni sarà guarita. Domani mattina magari chiedo alla Castillo se le è rimasta una foglia di Dittamo. Ma non è grave » Annuisce dunque, distratto dalle parole di lei, mentre d'istinto si scosta appena. Tuttavia, il sorrisetto di Malia alla vista dei due piccioncini lo distrae per qualche attimo da quel mare di preoccupazioni e cattivi pensieri, facendolo tornare -seppure per poco- alle origini. Quelle origini che gli sembrano così remote, ormai. Dove Fred e Malia non sono mai stati questo. Non sono mai stati sorrisi tirati e cose non dette. Loro due, che persino dopo il guaio nel bagno dei prefetti, non hanno smesso di parlarsi o chissà cos'altro, fronteggiando assieme i pettegolezzi della bacheca. Allora sorride il rosso -seppur sappia che quello sarà un sorriso che troverà giusto il tempo di nascere- e quando lei poggia la testa contro la sua spalla, accarezzandolo, le cinge i fianchi con un braccio. « Sono sicura che le cose miglioreranno » Sospira e annuisce, lo sguardo perso in un punto non ben definito della camera. Gli occhi ambrati fissano i due ragazzi nascosti dalle coperte, ma non li vedono realmente, perchè la mente di Weasley si trova da tutt'altra parte. Nello sguardo deluso di Amunet, o nel cadavere dell'inquisitore immerso nella vasca dei prefetti. Si mordicchia il labbro inferiore « Chissà, forse. Di sicuro peggio di così non può andare » Sibila, sovrappensiero. E non solo per Mun, ma per tutta la situazione generale. Quella fantastica situazione di merda dove ogni giorno potrebbe essere l'ultimo. E' un tono che sfiora la rassegnazione, il suo. Fred Weasley è sempre stato un tipo esageratamente ottimista. Ha sempre visto il bicchiere mezzo pieno, in qualsiasi situazione. Sempre pronto a sorridere e asserire che tutto va bene, anche quando le cose non vanno bene per niente. Ma cosa succede, quando l'energia vitale di un giovane speranzoso come lui, viene intaccata? Il risultato è quello che vediamo: un Fred Weasley che sfiora la depressione, con un sorriso morente sul volto stanco e lo sguardo spento. « Non serve che la controlli, davvero » Mormora lei, ma il rosso è già pronto a scoprirle le gambe. Non è neanche sicuro di ciò che potrebbe fare una volta adocchiata la ferita, perchè in fondo con gli incantesimi curativi non è mai stato un asso, e di amputare una caviglia alla sua migliore amica non ne ha così tanta voglia. Ma ha bisogno di una distrazione al momento, per sfuggire allo sguardo di lei e ad un discorso che è sicuro presto giungerà, e quello gli sembra un ottimo modo dopotutto. « Non fa quasi più male. Mangia, piuttosto. Sei sciupato, caro. » Ridacchia al suo tentativo di imitare nonna Molly, ma si stringe nelle spalle tuttavia. « Non ho molta fame.. » E questo, detto da Fred Weasley, è grave. Ci ha pure provato a mangiare in quegli ultimi due tre giorni, ma ogni volta che cerca di ingoiare un boccone, gli viene la nausea. « Questo però non lo dire a nonna Molly, altrimenti sarà lei ad abbattere i cancelli di Hogwarts. A testate » Il pensiero lo fa ridere e gli mette tristezza al tempo stesso. Gli manca la sua famiglia. I suoi nonni, sua madre..In un momento come quello, per un mammone come lui, un abbraccio di Angelina sarebbe ciò di cui ha più bisogno. « Quindi su, mangia, che anche te non sprizzi salute. » Le sorride, prima di calare lo sguardo sulla sua caviglia. Fa attenzione a non sfiorarla troppo, nonostante la ferita non sembri particolarmente profonda.
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    « Fred... ti va di dirmi cosa è successo con Hugo? » E infine, quella domanda arriva. Non poteva sperare nel contrario, in fondo. Alza appena il capo, guardandola, lo sguardo indecifrabile. Per favore, non farmene parlare, non di nuovo. In cuor suo sperava di non dover affrontare più quell'argomento, non con Malia, per lo meno. L'aveva affrontato con Amunet qualche giorno prima, e ne era uscito devastato. « Scusa se te lo chiedo ma... io non ci capisco niente. Non ci ho capito più niente, all'improvviso. Pensavo di sapere quello che avevo intorno, ma all'improvviso salta fuori che Albus ha avuto un figlio tutto questo tempo - un figlio! - e che tu e Hugo... Non lo so. È come se di colpo non vi conoscessi più. Nessuno di voi. » Ciò nonostante, sa di non poter travisare. Non con lei, non adesso, non dopo tutto quello che è successo in quegli ultimi tempi. Le parole di Malia fanno male. È come se di colpo non vi conoscessi più. Nessuno di voi. E sa che è colpa sua, Fred. Sa che se gliene avesse parlato prima, l'amica l'avrebbe convinto a desistere da tutta quella situazione sin troppo anomala. Se solo lo avesse capito, che sarebbe andata a finire così...Se ne pentiva, senza dubbio. Se ne era pentito un secondo dopo averlo fatto. Ma ciò non poteva certo cambiare il passato, così come non poteva cambiare ciò che Malia sta provando in quel momento. Confusione, frustrazione, delusione. L'ha tradita, in un certo qual modo. Lui che le ha sempre promesso il mondo. Che le ha sempre detto tutto e tutto ha sempre preteso di sapere sul suo conto. Perchè finisce sempre per tradire le persone a cui tiene di più? Sospira, annuendo sommessamente. « Hai ragione. » Sibila, visibilmente rassegnato « Però io...Non lo so cos'è successo, nè perchè. Mi conosci, no? Faccio le cose, e poi ci penso. » Tu fai cose.. e poi ci pensi. Ti butti a capofitto per poi realizzare di romperti l'osso del collo. « E anche questa volta ci ho pensato dopo. Non sono stato capace di capire prima quanto quel gesto fosse sbagliato, probabilmente insensato. E mi sono fottuto un po' tutto. La famiglia, l'amicizia con Hugo, Amunet..E te, forse. » Prende un lungo respiro, guardandola di soppiatto, prima di riabbassare lo sguardo. Non sembra nemmeno lui, così indeciso, così remissivo. Le parole che Amunet gli ha sibilato contro nel bagno dei prefetti bruciano ancora. Quel dolore al petto brucia ancora, e quasi riesce a percepire quelle lacrime bollenti che gli hanno rigato entrambe le guance quella sera. Sospira. « Mi dispiace. Un po' per tutto...Per averti detto che ci sarei sempre stato e invece..Scusa, anche per Tris. » Affrontare quell'argomento è ancora peggio, ma forse l'indomani non avranno più modo di farlo. Estrae allora la bacchetta dalla tasca dei pantaloni, puntandogliela contro e facendo sì che alcune bende pulite e disinfettate si avvolgano attorto al taglio. « E' stato da stronzo, quel bacio. Tu eri la mia compagna ed io ho baciato un'altra -quell'altra- davanti a tutti. Davvero, perchè ancora non mi hai picchiato?- Una risata amara -Quindi...Morale della favola, ho fatto un casino di guai -grossi, stavolta- e ne sto pagando le conseguenze. Come è giusto che sia » La tua freddezza, l'indifferenza di Mun..« Ma c'è anche la remota possibilità che tu possa perdonarmi, un giorno? » Non posso perdere anche te. Ho bisogno di tornare ad essere Freddie, e non questo guscio vuoto che sono diventato. Ho bisogno di tornare ad essere quel solito coglione. Quei soliti coglioni che siamo. Freddie e Malia, Malia e Freddie. « Sì beh insomma, quando vuoi, non stiamo mica per morire! » Sdrammatizzare è la chiave quando tutto ciò che vorresti fare è sparire.
     
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