girls of steel

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    « Qualcuno si è fottuto le nostre coperte. »
    Incrocia le braccia al petto, la mora, prima di sospirare piano. Questa cosa che la gente corra da lei per lamentarsi di qualsiasi ingiustizia venga fatta comincia a darle sui nervi. Non sa mai come rispondere, né in che modo risolvere i problemi altrui, specie quando sono il frutto di comportamenti infantili oppure incredibilmente stupidi, come in questo caso. « Le avete tenute sempre con voi? » concede il beneficio del dubbio a quelle tre ragazzine, di giusto un paio d'anni più giovani di lei, insieme ad una veloce occhiata prima di tornare a posare lo sguardo sul corridoio di fronte a sé. Solleva gli occhi al cielo, esasperata, quando le sente rispondere negativamente al suo interrogativo, confermando così i suoi sospetti precedenti. « Beh, cosa pretendete? Fa freddo. Se lasciate un paio di coperte incustodite non basterà averci scritto sopra il vostro nome perché nessuno le tocchi. » Batte nervosamente con la punta del piede sul pavimento di pietra, le braccia strette al petto, la posizione rigida. Le ragazze provano a replicare, ma lei scuote la testa e si rifiuta di sentir ragioni e di aiutarle in alcun modo. Si stringe nelle spalle, senza nemmeno guardarle più in volto. « Non posso davvero farci niente. Sperate di riuscire a recuperarne qualcuna quando si aprirà la Sala Grande, oggi, altrimenti stanotte non sarà parecchio piacevole, per voi. » Di solito è molto più amabile e gentile verso i compagni che le chiedono qualche aiuto o consiglio in particolare, ma al momento sono diversi i fattori che le impediscono di mostrare la versione migliore di sé. Primo fra tutti, ha una ferita al braccio ancora fresca, che si è procurata ieri a causa di un'armatura sbucata all'improvviso dal nulla alle sue spalle, e in secondo luogo deve urgentemente, ma davvero urgentemente, andare in bagno. L'ultima volta che c'è stata è stato la sera precedente, mentre ora sono nella mattina inoltrata, e la sua vescica al momento è sull'orlo di scoppiare. E questo è uno dei pochi momenti in cui si ritrova a ringraziare le risorse d'acqua limitate. Non poteva fare altrimenti, in ogni caso: a quanto pare i bagni, la mattina presto, danno il meglio di sé, intrappolando chi è all'interno con trappole poco carine. Sono passati giorni, molto probabilmente settimane, ormai, dal primo giorno, e sebbene non sia ancora loro chiara la logica che sta dietro a quelle trappole infernali, o se addirittura ce ne sia qualcuna, sono stati in grado di capire che i bagni, in particolar modo, si divertono a tentare di uccidere i propri ospiti nelle ore mattutine, più che mai. Hanno quindi imparato ad attendere con pazienza, una volta svegli, per potersi rifocillare senza doversi necessariamente preoccupare di morire affogati.
    E così anche lei, quando finalmente riesce a liberarsi dalle lamentele ostinate di quelle ragazzine, riesce a ritargliarsi dieci minuti per sopperire ai bisogni fisiologici. È strano, eppure anche per questo sembra non esserci più tempo, ultimamente. C'è sempre qualcosa da fare, in giro, qualcuno da medicare, corpi da seppellire, turni di guardia da coprire o studenti più giovani a cui fare da guardia; Malia non è capace di tirarsi indietro a queste mansioni anche quando gradirebbe avere un attimo per sé, anche quando si sente così stanca da capire di poter crollare da un momento all'altro.
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    Trascorre sempre il proprio tempo in compagnia di qualcuno, ed è così raro, ritrovarsi completamente da soli con i propri pensieri. Un altro motivo per cui non ama passare il tempo in solitudine, la mora, è proprio il tranello del pensiero: più si sofferma con la mente sulla situazione in cui si trovano, più rimugina su tutto quello che sta accadendo a tutti loro e più sente il suo umore crollare. Non che sia particolarmente allegra, ma chiudere i ponti tra testa e corpo pare essere l'unico modo che le permette di andare avanti. Preoccuparsi solo dell'immediato: cosa farà nei prossimi dieci minuti? Troverà da mangiare questa sera? Che incantesimo usare per arginare questo problema? Sono le uniche domande che si pone, sempre, perché sa bene che pensare ad altro non la porterebbe a niente di buono.
    « Dormito bene, stanotte? » Si sta lavando le mani con quel filo d'acqua ghiacciata che fuoriesce da uno dei rubinetti del bagno dei Prefetti, quando poco più in là, con la coda dell'occhio, nota il profilo di Anastasia Carter. Non manca nella sua voce quella vena ironica che ormai la contraddistingue così tanto, in questi giorni: anche questa, un'altra tattica difensiva che le serve a non soccombere. Prendersi in giro, e prendere in giro quella situazione le pare l'unico modo per non impazzire o entrare nel panico. « Io chissà perché finisco sempre vicino a gente che russa fortissimo, o che scopa come non ci fosse un domani, perché è convinta che sia l'ultima notte che passerà in vita. La fortuna è sempre dalla mia, insomma. » Ride divertita, mentre incontra gli occhi chiari della bionda, e le rivolge un sorriso debole, che però accompagna in qualche modo il sarcasmo nella sua voce.

     
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  2. Anastasia Rose Carter
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    Di tutte le persone presenti al castello Anastasia sembrava di sicuro essere una di quelle che stava patendo meno la situazione. Nonostante tutto quello che stava succedendo la piccola Carter non sembrava infatti aver perso nulla dell'abituale, serena eleganza che le era abituale: nessuno poteva dire di averla vista arrabbiarsi, o abbattersi, o perdere il controllo in quasi voglia maniera - Credo che sia perché una parte di me ha smesso di pensare a questo castello come ad un luogo sicuro molto, molto tempo fa - aveva ammesso quando Dean aveva sollevato l'argomento, una notte. Sussurravano al buio, stretti sotto la stessa coperta, con il respiro regolare di Sam a fargli da sottofondo, poco più in là. Anastasia si era sistemata meglio contro il corpo di Dean, a ricavarne quanto più calore possibile, e si era stretta nelle spalle. Aveva già visto gente morire fra quelle mura, e alcuni dei ricordi più brutti della sua vita avevano proprio il castello di Hogwarts come sfondo - Non me ne sento tradita come la maggior parte di loro, non provo più rabbia, o negazione, o...non so, sono tutte fasi che ho già attraversato in passato, qui dentro. Non è che un luogo pericoloso come mille altri, e penso di aver visto di peggio - aveva aggiunto. Dean, fra tutti, era quello che più sapeva cosa avesse fatto Anastasia in tutto il tempo che aveva trascorso lontano dalla Gran Bretagna ma nemmeno a lui aveva raccontato tutto. Non aveva chiesto, il ragazzo, rispettoso dei suoi silenzi e lei dal canto suo non ne aveva mai parlato. Era meglio così - Di sicuro qui la compagnia è migliore - aveva aggiunto con l'ombra di un sorriso nella voce.
    Era la gente, quella sì, che sapeva farla sentire a casa.

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    Probabilmente era per quello che la solitudine non le pesava ma anzi, la ricercava ogni qual volta ne aveva l'occasione. Perché era normale, per lei, le piaceva stare da sola. Era sempre fra le prime ad alzarsi, in modo da poter usare i bagni di quella parte della scuola con la massima privacy possibile. Alla gente non piaceva venire lì di prima mattina, non senza un modo esatto di misurare il tempo che mancava allo scadere delle trappole, e così lei cercava di usare al meglio quei momenti di pace.
    Aprì l'acqua, si tolse maglione e maglietta e li appoggiò entrambi al bordo del lavandino. La pelle bianca, quasi diafana, era coperta sulla schiena dal grosso tatuaggio florerale che si era fatta ai tempi della scuola, ma accanto ad esso spiccavano varie piccole cicatrici più o meno vecchie. Ben lontana dalla liscia perfezione che ci si poteva aspettare, il corpo di Anastasia raccontava una storia diversa da quella che ci si sarebbe aspettati. Mise le mani sotto l'acqua, la lasciò scorrere per un attimo e poi vi immerse la faccia. Lavarsi era difficile come fare quasi tutto. Gettò un'occhiata in direzione della porta, quando la sentì aprirsi, e salutò con un cenno Malia prima di continuare. probabilmente era così che si faceva quando il castello era stato costruito, dieci secoli prima, e questo pensiero le strappò un sorriso - Bene, sì. Poco, ma io dormo sempre poco - un'abitudine vecchia come la sua frequentazione di quella scuola. Era strano, a pensarci. Gran parte di quello che era affondava le sue radici lì, dopo tutto.
    Scrollò il volto, afferrò un'asciugamano e se lo passò sul viso. Anche quello avrebbe avuto bisogno una lavata, probabilmente, ma lo mise comunque sotto l'acqua per passarselo poi sulle parti del corpo ancora visibili. Il reggiseno lo aveva dovuto prendere in prestito dalla stessa Malia, un paio di notti prima, e nonostante avesse cercato di aggiustarlo a colpi di bacchetta tendeva a starle comunque un po' largo - Guarda, se serve a tenerli attaccati alla vita ben venga - le rispose con un sorriso. Lei, dal canto suo, stava evitando accuratamente anche di dare quel genere di spettacolo. Una questione di esempio, probabilmente - E spero che questa storia finisca prima che esauriscano la scorta di preservativi, o dovremo iniziare davvero a sperare che non duri più di nove mesi. Penso che mi butterei nel Lago, se dovessimo iniziare anche a preoccuparci dei pannolini - ridacchiò da sola. Stava scherzando, ovviamente. Quale che fosse il loro destino, Anastasia era convinta che sarebbe finito tutto ben prima dei nove mesi necessari ad una gravidanza, non fosse altro perché non avrebbe avuto senso. La follia di Kingsley quanto meno imponeva una soluzione che impiegasse al massimo poche settimane, di sicuro non mesi. Usò la metà asciugamano ancora asciutta per passarsela sulla pelle bagnata, pulendosela ancora un po' - E almeno nessuno ha cercato di infilarsi sotto la coperta insieme a te, ancora. Ieri notte un ragazzino rosso...come si chiama? Quello alto, spalle larghe, faccia da scemo...beh, lui, si è messo sotto la coperta con me per "cercare di tenermi al caldo" - virgolettò con le dita - Giuro, una volta erano più originali -
     
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    « Bene, sì. Poco, ma io dormo sempre poco » Malia, al contrario, non è stata in grado di abituarsi tanto facilmente a quel tratto delle loro nuove condizioni. Per carità, ci sono aspetti ben più tragici e fastidiosi, ma la Grifondoro è sempre stata la classica persona capace di dormire per dodici ore di fila, senza interruzioni, e in questi giorni, tra la sveglia che le concede solo pochi minuti per indugiare a letto e la stanchezza generale provocata dall'intensità delle esperienze che tutti loro sono costretti a vivere costantemente, sente di aver perso parecchio sonno.
    « Direi che in questo caso ti fa comodo, allora » osserva in tono casuale, avvicinandosi di qualche passo in più alla bionda, prima di emettere un enorme sospiro. Sono stanche, entrambe visibilmente provate da quelle giornate che sembrano non finire mai, e che si susseguono sempre secondo lo stesso ordine. Gli unici elementi a movimentare la situazione sono le trappole imprevedibili che sbucano da una parte all'altra del castello all'improvviso, sterminando decine tra studenti e professori ogni giorno.
    « Guarda, se serve a tenerli attaccati alla vita ben venga. E spero che questa storia finisca prima che esauriscano la scorta di preservativi, o dovremo iniziare davvero a sperare che non duri più di nove mesi. Penso che mi butterei nel Lago, se dovessimo iniziare anche a preoccuparci dei pannolini. » Ride piano, insieme alla bionda, appoggiandosi con le spalle al muro, accanto alla lunga fila di lavandini, nell'attesa che anche l'amica concluda il proprio rituale mattutino. Kingsley ha fatto in modo di privarli anche della privacy, costringendoli a riunirsi alla mattina nei bagni dei corridoi, incapaci di sopperire in tutto e per tutto alle loro necessità d'igiene. Alcuni studenti sono stati in grado di godere dei propri bagni privati, nei dormitori, e Malia stessa qualche volta è riuscita a scroccare un paio di docce agli altri, ma sono state più numerose le volte in cui si è ritrovata a dormire per terra che in una stanza vera e propria. O comunque su una superficie in qualche modo soffice, e con un bagno tutto per lei.
    « Onestamente? Se dovesse succedere una cosa del genere, credo che getterei loro in pasto a quel Kraken, al Lago » scherza a sua volta, appoggiando la testa alle piastrelle gelide del muro alle proprie spalle, le braccia conserte al petto. S'immagina una situazione del genere, e pensa che sarebbe proprio comica. Le parole dell'ex Corvonero, tuttavia, riescono per qualche istante a farla perdere tra i suoi pensieri, mentre i suoi occhi color nocciola paiono perdersi nel vuoto. Viene all'improvviso colta dalla consapevolezza, forse mai sfiorata fin'ora, del fatto che potrebbero effettivamente rimanere lì dentro per mesi. Anni, forse. Kingsley, d'altra parte, non ha progettato quel giochetto crudele per sterminarli completamente: no, gli sarebbe bastato far sì che, alla sua morte, i cancelli del castello si chiudessero completamente e, senza l'aiuto di strane trappole mortali, farli semplicemente morire tutti di fame. E invece no, aveva deciso di installare in tutta la scuola quei tranelli malvagi, di concedere loro un posto in cui dormire la notte e provviste regolari sufficienti per sopravvivere. Kingsley non voleva ucciderli, non tutti e per lo meno non subito. No, il suo pensiero era stato molto più perverso e sadico di così, ed è stato chiaro a tutti, fin da subito, che lo scopo di quella macchinazione malvagia era quello di stremarli. Portarli al massimo delle loro sopportazioni e umiliarli, tutti quanti, ridurli ad animali costretti a combattere tra loro per una fetta di pane o una coperta in più per ripararsi dal freddo. E all'improvviso Malia, riflettendo fra sé e sé, si accorge che, sì, potrebbero rimanere prigionieri lì dentro a lungo.
    « E almeno nessuno ha cercato di infilarsi sotto la coperta insieme a te, ancora.
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    Ieri notte un ragazzino rosso...come si chiama? Quello alto, spalle larghe, faccia da scemo...beh, lui, si è messo sotto la coperta con me per "cercare di tenermi al caldo". Giuro, una volta erano più originali. »
    Le parole della ragazza riescono a farla ridere, tuttavia. Anche in una situazione così tragica e terribile, è bello poter trovare qualcuno con cui ridere sopra a certe cose. Nonostante tutto. E Ania è sempre stata la classica ragazza seria, preparata, sempre diligente a scuola, responsabile e affidabile agli occhi dei professori, ma era necessario fare la sua conoscenza per capire che c'era molto di più oltre la facciata. Un inaspettato senso dell'umorismo e un cuore grande, tra le altre cose.
    Si morde leggermente il labbro inferiore, sforzandosi di non continuare a ridere, quando incontra il suo sguardo. « Oddio, fammi indovinare. Doveva essere un Weasley per forza. Spero per lui che non fosse Fred. Ma, vista la disperazione generale, non voglio escludere più nulla » scherza, ridendo, e si ritrova a scuotere leggermente la testa. « Comunque, nessuno prova a fare una cosa del genere con me, perché tutti sanno che non farebbero una bella fine. Devi cominciare a essere un po' più manesca anche tu. Tutti ti vedono così aggraziata e gentile e non si rendono conto del vero pericolo. » E Malia, dal canto suo, è ben consapevole di ciò di cui è capace la bionda, sebbene non lo dia a vedere ai nuovi arrivati di Hogwarts, che pure dovrebbero rendersene conto, prima o poi. « Se non altro, da quel che ho capito, qualcuno che non farebbe una brutta fine se si infilasse sotto le tue coperte, qui al castello, c'è di sicuro. » Le rivolge un sorriso malizioso, le sopracciglia che saettano velocemente verso l'alto. E neanche in tempi di crisi e di guerra, l'anima fortemente pettegola e ficcanaso di Malia Stone è in grado di sopirsi.
     
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  4. Anastasia Rose Carter
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    Anastasia le sorrise, dolce, mentre si passava l'asciugamano sul corpo segnato e ripensava a quando aveva iniziato a dormire poco. Aveva mai detto a Malia di essere un'Empatica? Non ne era sicura, ma probabilmente no. Ricordava ancora il volto della Grifoncina quando, ingenuamente, aveva dato per scontato che amici comuni le avessero già parlato della sua sessualità. Era strano, perché comunque non ricordava un momento in cui non avesse nutrito un bene profondo e istintivo per Malia, ma non erano mai state tipe da confidarsi una con l'altra. La osservò riflessa nello specchio. Non credeva che fosse mancanza di fiducia, per quanto poco fosse avvezza a fidarsi in generale, quanto piuttosto mancanza di occasioni. Momenti come quello, di relativa intimità, erano stati rari fra di loro - E' questione di abitudine. E di disciplina - e, nel suo caso, di mancanza di alternative. Durante la notte, nei momenti in cui tutti avevano meno presa sulla propria coscienza, l'Empatia di Anastasia tendeva a galoppare libera, priva del ferreo controllo con cui la imbrigliava nel corso delle sue giornate, e le emozioni del prossimo le si rovesciavano nella mente, trasformandosi in sogni e, molto più spesso, in incubi.
    Anastasia aveva una grande esperienza, di incubi.
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    Dormire insieme a qualcuno l'aiutava, perché il tutto veniva concentrato su una persona sola, ma in una situazione come quella che stavano vivendo perfino il sonno esausto di Dean non era più un rifugio sicuro. Ecco, anche la stanchezza aiutava. Crollare esausta, fosse per gli allenamenti o per quelle battaglie o per quello che aveva affrontato in giro per il mondo negli ultimi tre anni, era un modo come un altro per restare addormentata nonostante i sogni. Si usava, in definitiva, quello che si aveva - Chi, i padri, le madri o i bambini? - rise mentre si voltava di nuovo verso il lavandino e si sciacquava di nuovo la faccia. Almeno l'acqua non mancava - Perchè mi sa che ci toccherà fare tipo gli spartani, nel caso, e farne un vero e proprio lavoro - scosse la testa, osservando le goccioline che scendevano lungo il bordo del lavabo.
    Si asciugò di nuovo e si voltò, girandosi verso di lei - Ah, non ho idea di come si chiami...è quello strano, che ti guarda storto e sorride storto. Vabbè, non è importante - comunque se anche fosse stato un problema, Dean era comunque arrivato pochi attimi dopo che la piccola Carter l'aveva cacciato- Perchè, tu e questo Fred siete...? - un cenno della mano, abbastanza inequivocabile. Vi frequentate? Da quello che aveva capito da Dean la vita sentimentale di Malia era stata abbastanza movimentata, negli ultimi tempi, ed era un peccato: lei le piaceva, Sam le piaceva, la conclusione era ovvia. Sarebbero stati una bella coppia, per quanto poteva giudicare lei. Scosse la testa, divertita - Oddio, "pericolo", non esageriamo. Sono ragazzini, dai - disse comunque, pur sapendo che fra le due probabilmente non era di sicuro Malia quella che avrebbe seppellito un eventuale aggressore con meno sensi di colpa - Comunque non ti preoccupare, non credo che lo farà nessun altro - aggiusne con una scrollata di spalle.
    - Qualcuno chi...? Parli di Dean? - le domandò, pur sapendo che almeno un'altra candidata a quel ruolo ci sarebbe stata. Aveva intravisto Adrea la sera prima, in Sala Grande, ma quella era una cosa che non aveva ancora avuto il coraggio di chiederle. Come stava? Che aveva fatto? Quanto la odiava? - Siamo...beh, ci siamo trovati in America, qualche mese fa, e ci siamo frequentati molto...ma non è quel genere di frequentazione! - sorrise comunque, con una certa leggerezza. Era brava ad essere - come aveva detto lei? - aggraziata e gentile - Cioè sì, anche, e adesso sto dormendo con lui, ma non...insomma, non è una cosa seria. Siamo amici, ecco. Ma dimmi invece... - come sta Andrea? - ...tu e Sam? E' vero? -
     
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    « Chi, i padri, le madri o i bambini? Perchè mi sa che ci toccherà fare tipo gli spartani, nel caso, e farne un vero e proprio lavoro » Le sue labbra si incurvano in un sorriso leggero, mentre resta ancora appoggiata al muro del bagno, poco distante dalla bionda, e la guarda distrattamente. Il solo pensiero di qualcuno che si vada a impelagare in una situazione del genere, in un momento così tragico, le fa venire il mal di testa: sa bene che dovrebbero stare attenti, tutti quanti, a quel genere di cose, eppure non è in grado di fare la morale a nessuno. Lei, per prima, è il classico tipo di ragazza che in certe situazioni si fa prendere dal momento, ed è perfettamente capace di agire in modo irresponsabile, così come ha fatto miliardi di volte. Probabilmente come farà sempre, perché si conosce, e sa che non c'è modo di cambiare in certi casi.
    « Suppongo che in ogni caso i bambini non farebbero in tempo a vedere la luce. Ce la vedi tu una col pancione a schivare tutte le sorpresine del castello? » ridacchia piano, con fare un po' amaro. Non vuole nemmeno pensarci, all'idea di rimanere bloccata in quel posto per il tempo necessario ad una gravidanza. Non sa nemmeno con esattezza quanto tempo sia trascorso dal ballo, suppone non più di qualche settimana, e le sembra già sia un'infinità.
    « Perchè, tu e questo Fred siete...? » Le parole della bionda la distraggono dal suo flusso di pensieri, e si appresta, in modo quasi simultaneo alle sue parole, a scuotere rapidamente la testa, uno sguardo eloquente sul suo viso che le fa capire che si è appena sbagliata. No, per carità, no. Non che le importi più di tanto cosa si pensi in giro al riguardo; i pettegolezzi, al momento, sono davvero l'ultimo dei suoi problemi, eppure non ha nemmeno voglia di darne vita ad uno nuovo così, dal nulla.
    « No, no, assolutamente. Intendevo solo... Niente, insomma, non credo che fosse lui. » Si stringe nelle spalle, liquidando così velocemente l'argomento. D'altronde sarebbe inutile raccontare alla bionda tutta la storia che riguardava il rosso, e, soprattutto, non è mai stata una che ama particolarmente raccontare i fatti degli altri. E non crede che il suo amico sarebbe tanto stupido da infilarsi nel letto di Ania con secondi fini, nonostante gli ultimi disastri combinati con Amunet e Hugo. Semplicemente, non avrebbe senso. Dunque probabilmente il pretendente della bionda doveva essere un Weasley, perché, si sa, quelli dai capelli rossi al castello fanno sempre parte di quella famiglia, ma magari qualche cugino lontano. In fin dei conti da una parte immagina sia normale questo sbalzo improvviso di ormoni che ha coinvolto un po' tutti, al castello: in mezzo alla devastazione e alla morte, le appare naturale quella spinta a ricercare l'affetto altrui. Prima che sia troppo tardi. Lo capisce. Per questo ha subito frenato il suo disgusto, qualche sera prima, quando ha scoperto quella coppia nel pieno dell'amore carnale, sotto le coperte, a poca distanza da lei; perché li ha capiti e compatiti, prima di tutto.
    « Qualcuno chi...? Parli di Dean? » All'interrogativo di Anastasia inarca entrambe le sopracciglia, e rivolge alla bionda uno sguardo eloquente. Ovviamente parlo di lui. È stato senza dubbio strano vederli arrivare al ballo insieme, quella sera, più che altro perché, seppur dai loro racconti d'oltreoceano sapeva si fossero ritrovati, non aveva immaginato che il loro legame fosse arrivato ad essere tanto forte. E poi, dalla notte di Halloween, semplicemente non si è più interessata alla questione, considerati gli affari più imminenti da risolvere. L'interesse verso la questione, però, non si è spento del tutto. « Siamo...beh, ci siamo trovati in America, qualche mese fa, e ci siamo frequentati molto...ma non è quel genere di frequentazione! Cioè sì, anche, e adesso sto dormendo con lui, ma non...insomma, non è una cosa seria. Siamo amici, ecco. » Inclina leggermente la testa di lato, a quella spiegazione. Niente di troppo nuovo alle sue orecchie: in fondo, quelle cose le ha sentite dire, e comunque immaginate da sé. Annuisce piano, un po' indecisa sulla reazione da mostrare alla ragazza: le fa senza dubbio piacere che i due si siano trovati, ma non è certa di cosa pensare dell'accoppiata. Forse perché Dean è sempre stato un ragazzo molto alla mano, che vive alla giornata e che ama l'improvvisazione, mentre Ania... beh, lei è sempre stata Anastasia Carter. L'impeccabile principessa dei Corvonero, erede di questo e di quello, con i capelli sempre in ordine e un futuro già ben programmato davanti a sé. E per quanto durante gli anni trascorsi a scuola Malia sia stata in grado di conoscere anche le altre facce della bionda, e sia ben consapevole che ci sia molto oltre quella facciata che ostenta tanta perfezione, continua a non essere certa che quella coppia sia qualcosa di positivo, per entrambi loro. Ma d'altra parte non conosce così bene gli ultimi sviluppi delle loro vite, e potrebbe sempre sbagliarsi, si dice.
    Dunque si limita a stringere le spalle, e rivolgere un breve sorriso scherzoso all'amica. « Beh... fate in modo di non combinare guai, allora. Perché se conosco Dean come credo, so che nel caso di un imprevisto sarebbe capace di trovare un'uscita da tutte queste trappole, pur di prendere il primo volo per il Messico » ridacchia, incrociando le braccia al metto. Se la figura nella sua testa, la scena di Anastasia che annuncia al biondo la sua gravidanza inaspettata, e la sola idea la fa ridere ancora di più.
    « Ma dimmi invece... tu e Sam? E' vero? » Il sorriso che porta sulle labbra, ancora carico d'ilarità per la sua battuta precedente, non si spegne, eppure pare affievolirsi un poco. È la prima volta che qualcuno le fa questa domanda, che da una parte sperava di evitare, non sa bene perché. Forse il motivo è che non ha voglia di rimuginarci troppo, su qualcosa che ha a che fare con tutto tranne che con la testa; forse quella stupida bacheca le ha dato finalmente una lezione sulla privacy. Forse non vuole dirlo ad alta voce perché non vuole ammettere quella debolezza, che il castello senta, che quelle mura infami lo scoprano e sappiano portarle via anche quei pochi sospiri di pace che le carezze di lui sanno regalarle. Un pensiero stupido e insensato, decisamente, ma non sa trovare nulla di sensato in quello che stanno vivendo, in ogni caso. Si stringe nelle spalle, i suoi occhi scuri che incontrano quelli chiari di Anastasia. D'altra parte si immaginava che a un certo punto qualcuno le avrebbe posto delle domande al riguardo, quanto meno per avere delucidazioni: lei e Sam sono passati dal salutarsi a stento allo stare appiccicati, nel giro di pochissimo tempo. E per quanto i problemi più grandi che stanno affrontando di questi tempi sappiano fungere da diversivo, i due non si sono preoccupati più di tanto di essere discreti - d'altronde non ce ne sarebbe stato motivo, non ora. È probabile che Anastasia li abbia notati chiacchierare in corridoio, scambiarsi qualche bacio veloce o dormire abbracciati, appena qualche sera prima, su uno dei divanetti della Sala Comune di Corvonero. Inutile, dunque, negare qualcosa che è abbastanza evidente.
    Si stringe nelle spalle. « Vero... » Vero cosa, esattamente? Non ha parole da restituire alla ragazza, definizioni o dichiarazioni articolate: conosce solo quegli abbracci scambiati nel buio, i respiri che si mischiano, quegli sguardi apprensivi, le dita delicate sulle ferite. « È vero che stiamo per morire, Ania. O per lo meno, che potremmo farlo da un momento all'altro. Non è il momento di perdere tempo. Se questi devono essere i miei ultimi giorni, prima che un'armatura mi pugnali alle spalle o un gufo mi cavi gli occhi dalla testa, voglio passarli con le persone a cui tengo di più. » La guarda, emblematica. Tu stai facendo lo stesso, Ania? « E Sam è sicuramente tra quelli in cima alla mia lista. Questo è vero, che non voglio perdermi un attimo di più. Per il resto... Non so dirti molto altro. »
     
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  6. Anastasia Rose Carter
         
     
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    Anastasia si fermò a metà del gesto di rimettersi la maglietta, con un braccio infilato e la testa già piegata. Era un pensiero assolutamente cristallino nella sua innocente crudeltà e per un attimo Anastasia ebbe una chiara ed inquietante visione di come sarebbe stata la sua vita se si fosse trovata all'improvviso vittima di quel genere di conseguenze indesiderate che avevano il potere di terrorizzarla già in situazioni più agevoli di quella. Probabilmente era sbagliato, ma l'essere così tanto responsabile a quel riguardo era sempre stato dovuto più al voler scongiurare l'arrivo di un pargolo non desiderato che alla possibilità di contrarre qualche spiacevole malattia. Forse era anche per quello, e non solo per gusto personale, che in genere il sesso la metteva molto più a suo agio con le donne che con gli uomini. La piccola Carter aveva avuto rapporti con molte donne nel corso della sua vita, una parte delle quali non era che un ricordo sfocato per lei, ma erano stati davvero pochi gli uomini capaci invece di farla sentire tanto a suo agio da abbandonarsi all'affetto fisico, ed erano tutte persone estremamente importanti per lei - Ce la vedi una come Tris a soccombere solo per il doversi portare dietro un paio di chili in più? - scherzò invece, respingendo quei pensieri nell'angolo buio della sua mente in cui vivevano le paure che cercava di nascondere al mondo con più attenzione. Non era sicura di come si sarebbe comportata se avesse scoperto di essere incinta fuori di qui, se avrebbe tenuto il bambino o se avrebbe scelto di fuggire dalla gabbia di quell'impegno nella maniera più definitiva possibile, ma di una cosa era certa: lì dentro non avrebbe avuto alcuna possibilità di scelta. Nessuno di loro sembrava averne molte, in ogni caso.
    Anastasia alzò poi le spalle, mentre ripiegava alla meno peggio l'asciugamano che aveva uscato per pulirsi e che, tre notti su quattro, finiva con il farle anche da cuscino. Le comodità non erano più molto comuni, da quelle parti, ma almeno lei sembrava portata a farsene rapidamente una ragione - Conosco Dean, e credo mi piaccia anche questo di lui. E' tutto...leggero, quando c'è lui di mezzo, non so se mi spiego. Rende tutto più colorato - e solo Morgana sapeva quant Anastasia avesse avuto bisogno proprio di quel genere di leggerezza quando lo aveva incontrato, qualche tempo prima. Aveva un bel sorriso, Dean, un sorriso che profumava di tutto ciò che di buono si era lasciata alle spalle quando aveva deciso di tornare in Gran Bretagna.
    Molte delle parole che seguirono caddero come semi sull'anima segnata di Anastasia, usandone le cicatrici come solchi di un aratro. Nelle parole di Malia ritrovava un atteggiamento che aveva avuto anche lei, una vita prima, e che le aveva donato tanto di bello e molto, troppo di brutto. Ma forse, rifletté osservando il volto di Malia, era perché lei era sopravvissuta. Prché aveva potuto subirne le conseguenze. Ma era vero, se le fosse successo qualcosa, ai tempi, avrebbe preferito mille volte che fosse sapendo almeno di averci provato - Credo sia una delle cose più sagge che tu abbia mai sentito dire, sai? - le rispose. Poi, quasi senza preavviso - Mi è sembrato di vederla, ieri. Era lei? - e non credeva di aver bisogno di specificare di chi stesse parlando. Quante Lei potevano esserci, lì, per Anastasia?
     
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