you can kiss the ring, but you'll never touch the crown.

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    "Si è aperta la Sala Comune di Serpeverde!" Un ragazzino dal nome incomprensibile continua ad urlare, correndo giù per le scale, fino ad atterrare a piedi pari di fronte alla Sala Grande, lì dove stanno un po' tutti ammassati, sperando di racimolare qualcosa in quella lotta all'ultimo cornetto intatto. Ecco, lì, in mezzo alla bolgia infernale, si trova anche Maze. Osserva l'andamento del suo galoppino, traduzione: il ragazzetto alla quale ha promesso una lauta ricompensa se riuscirà a riportarle almeno un'insalata e un qualsiasi tipo di secondo. Donna di poche pretese la bionda. Sta sopra una delle panche di legno e guarda il proseguimento della missione del suo tesoro battendo le mani ogni volta che lo vede fregare qualcosa da sotto le mani degli altri. «Vai così Bob. Ricordati la ricompensa! Dritto alla meta conquista la preda.» Gli urla da sopra quegli spalti improvvisati e lui, tutto orgoglioso, si gira a guardarla. Maze alza un pollice in aria, per spronarlo a continuare, come ogni brava cheerleader fa con il proprio giocatore ed è proprio in quell'istante che percepisce distintamente ogni parola urlata da quel bambino. E i suoi occhi non sono più per il povero Bob, no, non gliene frega più niente di mangiare quando finalmente si è aperta la loro Sala Comune, dopo giorni e giorni di silenzio stampa. La cerca tra la folla, la individua e scendendo velocemente dalla sua postazione, si butta in quello sciame di anime, remando controcorrente, sgomitando a destra e sinistra come non ci fosse un domani. Quando la raggiunge, le serra il polso con le dita e la costringe a guardarla negli occhi. «Mun, i Sotterranei sono aperti. Sai che vuol dire, sì?» La guarda allusivamente, sapendo alla perfezione che l'amica non può non cogliere il significato di quelle parole. Perché
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    vogliono dire una cosa soltanto. «Dobbiamo correre.» Ed è quello che effettivamente fanno, corrono a per di fiato, cercando di essere più veloci degli altri nello scendere le scale. Oltrepassano la porta della Sala Comune e giù, verso il dormitorio femminile senza guardare in faccia nessuno. Perché raggiungere la loro stanza prima di chiunque altro è diventato di vitale importanza. Lo è sicuramente per la loro sopravvivenza all'interno di quel castello. Castello che è ormai infestato da qualsiasi bestia infernale e non, ma che, detto tra noi, non è assolutamente una preoccupazione per la bionda. Non le interessa nulla che ci sia la morte intorno a lei, non quando è stata costretta a mettersi addosso un maglione di lana che sicuramente ha visto tempi migliori. Il peggio è che non è un suo maglione, chiaramente. L'ha dovuto recuperare per forza - non poteva continuare ad andare in giro con il misero vestito rosso del ballo - da quello che le è parso il baule meglio fornito delle stanze femminili di Grifondoro. E trovarne uno decente che non la facesse sembrare una senzatetto senza nemmeno un fazzoletto per asciugare le proprie lacrime era stato decisamente più complicato di azzeccare un terno al lotto. Trovarne uno che piacesse effettivamente a Beatrix era stato anche peggio, ma alla fine ce l'aveva fatta. Andare in giro con il pensiero costante che i vestiti che si hanno addosso non sono i propri, però, è un dilemma non da poco. Per questo ha contato i minuti, metaforicamente parlando, all'apertura della loro Sala Comune. Si ferma un istante, appena raggiunta la porta della loro stanza. Si volta verso Mun e prende un grande respiro. «Okay, sei pronta?» E negli occhi ha quello sguardo. Sì, proprio quello sguardo. Lo stesso che si ha quando qualcuno ti annuncia di aver programmato un viaggio a Parigi solo per portarti a fare shopping. Lo stesso che si ha quando oltre a questo, quel qualcuno ti mette tra le mani una carta Platinum e una Oro. Con la coda dell'occhio nota il movimento fulmineo di una ragazza che sguscia davanti a loro e che appoggia la mano sulla maniglia della loro porta. Sta per aprirla, ma Maze è un ottima combattente e ha i riflessi decisamente pronti. Chiude le dita sopra quelle di lei. Le stringe forte, mentre si gira a guardarla con un sorriso angelico. «Tesoro dove credi di andare? Qui dentro non c'è niente che ti starebbe bene nemmeno con un miracolo divino Stringe ancora più forte la stretta, cominciando a vedere delle crepe di dolore nel volto della bionda. «Ti consiglio la stanza quattro porte più avanti. Credo che tu e la Stevens abbiate gli stessi gusti in fatto di moda - abbassa gli occhi ad osservare la linea del suo corpo, prima di tornare al suo viso - e anche la stessa taglia, si direbbe!» Apre la mano e sorride, ancora una volta, facendole un cenno verso il corridoio alle sue spalle. «Vai!» La intima. «Ah, e tanto che ci sei, avverti tutti che questa stanza è off limits.» Gli occhi azzurri sembrano incupirsi appena. A vostro rischio e pericolo, bambocci! La bionda si allontana, senza dire una parola e finalmente loro entrano, chiudendosi la porta alle spalle. Maze si mette le mani sui fianchi, guardandosi intorno, come a voler valutare la situazione. Da dove cominciamo? Le mani scendono ad agguantare il bordo del maglione, togliendoselo velocemente, stessa sorte che viene riservata alle scarpe da ginnastica, sì, avete sentito bene e ai leggins neri in pelle, unica nota buona di quei giorni infernali. «Okay, ora che ci siamo che facciamo? Usiamo le borsette dal fondo infinito e ci ficchiamo dentro tutto quello che troviamo?» Domanda a Mun, mentre ammassa i vestiti che aveva indosso contro la porta. Dopo li darò in pasto alle fiamme! Pensa mentre si avvia verso il proprio armadio. Lo apre e tira un respiro di sollievo nel vedere tutto così perfettamente in ordine. Così dannatamente impeccabile. Passa una mano sopra i vari tessuti. «Quanto mi siete mancati tesori miei» afferma con un sorriso felice. Tira poi fuori un maglione, degno di questo nome, rosso, un paio di jeans strappati e si abbassa a prendere il suo paio di stivali preferiti. Neri che arrivano sopra il ginocchio, con il tacco. Li osserva qualche istante e si rende conto. Anche Beatrix capisce e rimane in silenzio in quella che sembra essere una veglia funebre. Si gira infine verso la mora, con un broncio che sembra arrivarle alle ginocchia. «Dio Mun, come faccio a lasciarli indietro?» Sembra quasi star parlando di persone vere, in carne ed ossa. E non di due stivali neri in camoscio italiano. «Tutte. Tutte gliele avrei fatte passare lisce. La foresta infestata, i quadri che tentano di ammazzarti ogni tre per due, i fantasmi che non mi parlano più. Tutte. Ma questa storia che devo andare in giro con le scarpe da ginnastica non gliela perdono a Kingsley.» Si appoggia all'anta dell'armadio. Sul suo volto il dipinto della depressione. Finalmente.


    Edited by [black sky] - 20/12/2017, 19:33
     
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    Mun pensava di essere pronta a qualunque cosa, ma la verità è che per quanto quel mondo fatto di lussureggianti profumi e trucchi costosi non l'attirasse, all'arte della privazione non era pronta. Aveva un certo tasso di vita e di quest'ultimo si beava. E così quando i suoi bei vestiti e i tacchi vertiginosi li dovette sostituire con un paio di jeans consunti che le stavano larghi in tutte le direzioni e una camicia di flanella che tutto sembrava tranne che avere una forma, quando ai tacchi aveva dovuto sostituire un paio di scarpe da ginnastica che non erano nemmeno della sua stessa misura e quando i suoi capelli avevano iniziato a seccarsi, Mun si era accorta che forse a un certo tasso di vita era piuttosto abituata. Aveva dato per scontato sin troppe cose, e ora senza la sua cremina idratante della sera, il suo correttore per gli occhi e il suo burro cacao preferito si rendeva conto che era piuttosto dura. Certo non aveva dato poi molto caso alla cosa, costretta com'era a dover scappare da una parte all'altra del castello, cercando di restare in vita, ma accidenti se tutto sarebbe stato più facile con indosso due gocce di Chanel n°5. « Mun, i Sotterranei sono aperti. Sai che vuol dire, sì? » Un faro di speranza in tutta quella desolazione, ecco cosa le appaiono gli occhi di Maze Greengrass quel giorno. Di quello scempio ne avevano già parlato nei giorni precedenti, e ogni volta era una lamentela più grossa della prima. Il via ovviamente l'aveva dato la sua compagna di stanza, perché Mun di lamentarsene, inizialmente non voleva sentirne ragione. Ma poi lentamente, man mano che le ore passavano, la luce del sole di ritornare in auge non voleva saperne e i suoi capelli si appiattivano sempre di più, era finita per lasciarsi coinvolgere più del dovuto, a tal punto da sognare ad occhi aperti le sue sottovesti di seta e le calze coperti finemente lavorate dai migliori artigiani di Parigi. « Dobbiamo correre. » Quella è la prima buona notizia dopo chissà quanto tempo. Non sa quantificarlo, questo tempo, ma sa che è certamente troppo. Troppo tempo da quando non mette su una maschera idratante, troppo tempo da quando non fa una doccia come si deve, troppo tempo da quando non si concede un trattamento contro le doppie punte di tutto rispetto. Toglietele i tacchi, il burro cacao; traditela, fatele i torti più grandi di questo mondo, ma datele gli strumenti per combattere le doppie punte. « Se qualcuno prova a occuparla giuro che me lo mangio. » Un piano orchestrato a opera d'arte, o meglio, una promessa che si erano fatte sin da quando si erano rese conto che nel loro piccolo santuario non ci sarebbero più tornate per chissà quanto. Forse tutto sta andando male, forse la sua vita è a un punto di stallo, forse ogni suo piano è stato malamente sconvolto, ed è proprio per questo che si merita una manicure di tutto rispetto. Dovranno fare da sole, non ci saranno elfi domestici ed estetiste esperte a occuparsi di loro, ma non c'è cosa che Maze e Mun non siano in grado di fare in una chiara crisi di buon gusto in atto. E così corrono. Si fanno spazio tra la gente a spintoni, senza preoccuparsi troppo di chi colpiscono. Mun è pronta a uccidere - letteralmente - per qualche ora a casa sua, nel suo piccolo regno. Se solo sua madre vedesse come si è ridotta, come minimo le prenderebbe un infarto. La manicure completamente rovinata. Si è rotta più di un'unghia negli ultimi giorni, i pori sul suo volto iniziavano a notarsi e doveva persino combattere con un paio di brufoli, per non parlare dei punti neri che non vedeva l'ora di epurare con la sua maschera miracolosa - la chiamava il napalm dei punti neri. « Okay, sei pronta? » « Non hai idea. » Pareva che quelle due si ostinassero a comportarsi come se niente fosse successo di proposito. Una parte di sé sapeva che non fosse prettamente il momento per pensare a certe sciocchezze, ma a dirla tutta, concentrarsi su quello era più facile che concentrarsi su tutto il resto. Strinse il braccio di Maze con affetto e una certa eccitazione mentre le rivolgeva un sorriso malizioso. Assistete allo scambio con la poveraccia di turno con una leggera nota divertita. Decise di non inferire. Perché toglierle il piacere di mortificare quella poveretta? Sapeva quanto Maze amasse quel genere di cose, lei dal canto suo aveva uno stile diverso di mortificare la gente, e di solito creaturine stupide come quella che aveva osato sfidarle, al massimo le facevano un'estrema pietà. Così lasciò che la scacciasse prima di mordersi il labbro con una nota di eccitazione. L'idea di togliersi quella camicia di flanella di dosso, la metteva estremamente di buon umore. Ed eccola. Perfettamente ordinata come sempre. Il regno di due degne sovrane Serpeverde. Ogni cosa al proprio posto, esattamente come Mun l'ha lasciata prima di abbandonare la sua stanza chissà quanto tempo fa. I libri maniacalmente ordinati sugli scaffali sopra la sua scrivani, la toeletta organizzata con un senso sin troppo preciso dello spazio, il letto rifatto al millimetro, e poi.. Lui: l'armadio. Ordinato per stagioni, colori e occasioni. La sua personale Narnia. « Okay, ora che ci siamo che facciamo? Usiamo le borsette dal fondo infinito e ci ficchiamo dentro tutto quello che troviamo? » L'istinto di Mun è approvare quell'iniziativa. « Radiamo al suolo questo maledetto posto. Non lascio a questa gentaglia nemmeno un cinturino. » Ci mettiamo dentro tutto. Le sorride quindi prima di buttarsi letteralmente tra i suoi vestiti abbracciandoli con una nota di puro affetto. Profumano di pulito, di fiori freschi. Profumano di tutte quelle cose che negli ultimi giorni ha dovuto semplicemente dimenticare, troppo impegnata ad abituarsi all'odore di sangue e morte, e chissà quale altro orrore. Si sbottona d'istinto la camicia di flanella e la lascia cadere per terra. Altrettanto succede con i jeans. A quel punto inizia a gettare sul letto i suoi completi preferiti di intimo, misurandoli sotto la luce delle fiaccole con una certa nostalgia. Tutti quei pizzi. Che spreco. Passa le dita tra i vari vestiti, strofinandovi addirittura la guancia contro alcuni tessuti. Così belli, così perfetti, eppure così scomodi in una situazione del genere. E infine di siede per terra, solo aprire il cassetto inferiore in cui giacciono ordinatamente tutte le sue scarpe. Parecchie paia di scarpe. Tutte per lo più col tacco. Perché una scarpa senza tacco non è una scarpa. Si ritrova a fissare con un moto di nostalgia le sue Jimmy Choo preferite, portandosele al petto con un che di estremamente drammatico. Un tacco dodici che di certo verrà molto apprezzato sia dai fantasmi impazziti che dalle statue in cortile.
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    E a quel punto entrambe sembrano arrivare alla stessa terrificante rivelazione. La maggior parte dei loro armadi sono semplicemente inutili in questa situazione. « Dio Mun, come faccio a lasciarli indietro? Tutte. Tutte gliele avrei fatte passare lisce. La foresta infestata, i quadri che tentano di ammazzarti ogni tre per due, i fantasmi che non mi parlano più. Tutte. Ma questa storia che devo andare in giro con le scarpe da ginnastica non gliela perdono a Kingsley. » I grandi problemi di una Carrow e una Greengrass. Quel pensiero, Mun lo condivide pienamente e quindi alza gli occhi al cielo sentendo arrivare quel moto di depressione che s'insinua nelle sue ossa. Sta per gettare la spugna mentre si stende sul pavimento fissando il soffitto per qualche istante. E' questa la nostra vita ora? Questo doveva essere il loro momento, e invece stanno per ricadere nel assopimento generale, quando, di scatto decide che col cazzo che le rovineranno la festa. Hanno combattuto per questa stanza e una delle poche cose che le ha portate a resistere per tutto quel tempo era proprio il pensiero che sarebbero riuscite a rientrare nel loro santuario. « No! Col cazzo che mi faccio togliere anche questa gioia. Tirati su, per piacere. Sistemeremo questa cosa. Ma prima.. doccia. » Afferra un asciugamano pulito, uno di quelli costosi e le scocca un'occhiata eloquente prima di dirigersi verso il loro bagno personale.

    Mentre Maze a sua volta si lascia deliziare dai vapori del loro bagno e dai loro cosmetici costosi, Mun si appresta a stendere sulle labbra, seduta di fronte alla propria specchiera, il suo burro cacao preferito. Le sorride prima di togliersi l'asciugamano dalla testa, iniziando a massaggiarli con delicatezza. « Senti Maze.. ci ho pensato.. » Inizia con cautela, sapendo che quell'idea era in parte assurda. Era uno scempio alle opere d'arte che i loro armadi contenevano. « ..ogni giorno potrebbe essere l'ultimo no? E se dovessimo andarcene, di questa roba chi godrebbe? Qualche Stacy, o qualche Josie, o chissà quale altra tipetta con un nome da cameriera del McDonalds. » Mentre parla la invita a sedersi, passandole la sua crema idratante, affinché se ne serva a suo piacimento. « La maggior parte di quello che abbiamo è inutilizzabile. Non possiamo andare in giro in gonne, vestitini e calze a rete. » Una constatazione triste ma vera. Eppure, quei loro armadi avevano una serie infinita di potenzialità. Dal proprio cassetto delle scarpe tira fuori l'unico paio di stivali bassi che ha, li getta a terra e la guarda con uno sguardo eloquente, come per dirle ora è il tuo turno di trovare qualcosa di adatto in proposito. Poi si dirige verso il proprio comodino da quale tira fuori un paio di forbici, lasciandole brillare di fronte alla luce di una delle fiaccole che illumina la loro stanza. « Ma non significa che non possiamo rendere questa roba utilizzabile. Male che vada, appena usciamo di qui, abbiamo un motivo in più per passare una settimana di fila a fare shopping. » Solleva le sopracciglia con un moto di malizia dipinto sul volto. « Che ne dici? Sopravvivere con stile? » Perché insomma, un tessuto di Gucci è comunque diverso dalla camicia di flanella che ha dovuto indossare negli ultimi giorni. « Stavo anche pensando di cambiare qualcosa.. » Aggiunge infine, osservando la propria immagine allo specchio. « Non so.. forse allungarli.. o tagliarli. » Si tocca con fare riflessivo i capelli medio lunghi, che finalmente brillano di luce propria seppur si stiano ancora asciugando.


     
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    « Radiamo al suolo questo maledetto posto. Non lascio a questa gentaglia nemmeno un cinturino. » Lo spirito combattivo dell'amica la mette di buon umore, tanto da riuscire a non piangere mentre apre il cassetto dell'intimo. Ne tira fuori pezzi pregiati, acquistati nei migliori negozi degli Champs Elysee. Passa le punta delle dita sopra il corpetto in raso azzurro, sentendo una fitta al cuore nel constatare che non ha avuto il tempo di utilizzarlo. Probabilmente il pezzo migliore della sua collezione di lingerie. Che dici, se lo metto in borsa, mi tornerà utile? Ci sarà qualche occasione speciale per utilizzarlo, no? Trixie non sembra essere convintissima della cosa, tanto da rimanere qualche istante in silenzio. "Gente che cade come mosche intorno a te e riesci a pensare soltanto a quando forse riuscirai a fare sesso di nuovo?" Qualche volta non la capisce proprio, specie quando fa discorsi del genere. Ma secondo te, io potrei davvero impressionarmi di fronte alla morte? Ma ci fai o ci sei? Che mi frega se la gente muore? L'unica cosa che davvero mi interessa è non morire io per prima. Non ci terrei troppo a farlo qui dentro. Nulla è peggio del fuoco, per quanto mi riguarda, ma mi piace vivere nel ventunesimo secolo. Specie quando mi ritrovo nella trasposizione dantesca dell'inferno. Quindi sì, il mio pensiero primario è da chi mi farò scongelare da questo freddo assurdo. Non mi sembra così illogico. Sospira platealmente di fronte agli evidenti limiti mentali di Trixie, quando vede Mun stendersi a terra. «Oh no, no, no. Mun non mi abbandonare anche tu. Ho bisogno di te se devo affrontare questo schifo.» La implora, stringendo la presa sull'anta dell'armadio. Maze si rende conto in quel momento di quanto quelle parole siano influenzate dai pensieri di Trixie. Dopotutto è lei, tra le due, quella che all'inizio era fissata con scarpe, abiti e accessori. L'aveva influenzata, pian piano, come un virus l'aveva contagiata, riuscendo a farla diventare talmente frivola da preoccuparsi per le sorti di un paio di stivali con il tacco. « No! Col cazzo che mi faccio togliere anche questa gioia. Tirati su, per piacere. Sistemeremo questa cosa. Ma prima.. doccia. » La mora non la delude. Si conferma nuovamente timoniera di quella barca nella burrasca che si sta abbattendo su di loro, senza pietà alcuna. Le sorride, grata, mentre accende con la bacchetta varie candele disperse per la stanza, così da rendere più accogliente e calda l'atmosfera che le circonda. «Proposta allettante. La facciamo insieme? Magari riusciamo a trovare qualche altra gioia, oltre i vestiti.» Si morde il labbro inferiore, con una mano che corre dietro la schiena per sganciare il reggiseno. Lo lascia cadere a terra senza alcuna vergogna, mentre le scocca un occhiolino, prima di vederla scomparire oltre la porta del bagno. Prende a sua volta un accappatoio pulito dal cassetto che hanno in comune e se lo mette addosso, annusandone il profumo di fresco. E di ricchezza. Come ci abitueremo a non avere tutte queste cose? Si stringe nelle spalle, prima di cominciare a buttare l'intero contenuto del suo armadio sopra il proprio letto. E' un processo lungo quello che segue. Dopo che Mun ha lasciato la doccia, ci si butta a sua volta e si strofina la pelle talmente forte da sembrar quasi che il primo strato di epidermide sia pronto a venir via. Usa un paio di quegli scrub che sua madre le ha mandato, appena qualche giorno prima che il castello decidesse di chiudersi, direttamente dall'India. Se li spalma addosso con una precisione quasi maniacale, mettendo poi su i capelli una maschera che li aiuti a risplendere e ad idratarsi fino al prossimo vero e proprio bagno. Chissà quando sarà mai si strugge, mentre si lascia avvolgere dal soffice tessuto dell'accappatoio bianco, una volta chiusa la valvola dell'acqua. Infila le ciabatte, per poi racchiudere i capelli in un turbante fatto con un asciugamano. "Senti? Non abbiamo più nemmeno l'odore di povertà addosso." Maze si porta la mano al naso e aspira, soddisfatta del profumo che riesce a percepire sulla propria pelle. Per una volta, è d'accordo con la sua ospite. Dovremmo provare a pensare a qualche incantesimo che ci permetta perlomeno di essere sempre così perfette, anche in mezzo a questo casino. La perfezione nell'occhio del ciclone. Ha un qualcosa di poeticamente divino. Dovrebbe riconoscermelo anche quello che sta lassù. I problemi veri e le priorità importanti nella vita di una persona rinchiusa a forza in un luogo blindato. Alla fine esce dal bagno, avvolta dal vapore profumato che si è andato formando nel piccolo bagno. color=lightblue]« Senti Maze.. ci ho pensato.. »[/color] Gli occhi azzurri si puntano sulla figura dell'amica, scrutandone il viso a fondo. Quando una frase comincia con un senti, Maze ha imparato che non porterà a nulla di buono. Si appoggia con la testa allo stipite della porta, pronta a sentire il proseguimento di quella frase. « ..ogni giorno potrebbe essere l'ultimo no? E se dovessimo andarcene, di questa roba chi godrebbe? Qualche Stacy, o qualche Josie, o chissà quale altra tipetta con un nome da cameriera del McDonalds. » Good point. Si siede al suo fianco, davanti al proprio specchio e la ringrazia con un cenno del capo per la crema idratante che le sta passando. Affonda le dita nel contenitore, cominciando a spalmarsi quella mistura fantastica sul viso. Si picchetta la pelle con accortezza, massaggiandosela con altrettanta decisione, prima di esaminare l'effettivo stato del suo volto. Si avvicina appena allo specchio, setacciando centimetro su centimetro, leggermente ansiosa all'idea di poter incontrare qualche punto nero inaspettato. O peggio, qualche brufolo. « La maggior parte di quello che abbiamo è inutilizzabile. Non possiamo andare in giro in gonne, vestitini e calze a rete. » Si blocca, voltandosi con le spalle così da poterla guardare meglio e capire dove vuole andare a parare. «Beh, le gonne sono comode per muoversi e correre con maggior facilità. Con un paio di calze 50 denari per non morire di freddo, credo sia un ottimo compresso.» Si arrampica sugli specchi, ne è cosciente, ma non vuole rinunciare al capo che più ama indossare. Non con questa facilità e non con questa remissione. Ma poi la guarda prendere un paio di stivali neri e metterli sul piatto della sua bilancia. Ora tocca a me mettere qualcosa. Si alza a sua volta e comincia a rovistare tra le proprie scarpe, fino a trovare un paio di anfibi scuri. Li lascia cadere al centro della stanza, vicino a quelli di Mun, osservandoli per trovare dei pro convincenti. "I tacchetti. Quei tacchetti davanti aiutano a non farci scivolare durante la corsa. In più sono di vera pelle, tengono i piedi caldi, senza farli diventare due pezzi di ghiacchio." Oh, vedi che a qualcosa servi davvero allora? Brava Trixie. Si sta congratulando con la ragazza nella sua testa, quando scorge il movimento strano con la coda dell'occhio. Alza lo sguardo e incontra il paio di forbici. No. Scuote la testa, indietreggiando, fin quando non si ritrova con il bordo del letto a toccarle le gambe. Spalanca le braccia, come a voler formare uno scudo di fronte ai propri abiti. « Ma non significa che non possiamo rendere questa roba utilizzabile. Male che vada, appena usciamo di qui, abbiamo un motivo in più per passare una settimana di fila a fare shopping. » Capisce il suo ragionamento, ma le piange il cuore. Si volta verso i vestiti e recupera un vestito dorato di Dolce & Gabbana.
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    Talmente corto da far vedere persino le tonsille, guardando dal basso. « Che ne dici? Sopravvivere con stile? » Lo prende tra le mani e se lo porta al petto, stringendolo a sé come fosse un bambino. «Non ho mai cucito nulla in vita mia.» Si ritrova a dire, pensierosa, mentre abbassa lo sguardo sul vestito. «Rovinerei dei capolavori inestimabili» continua, parlando più con se stessa che con Mun. Quasi a volersi convincere di quel passo importante che l'amica le sta chiedendo di fare. «Ma essere vestita in modo impeccabile, se mai morissi e qualcuno rinvenisse il mio cadavere, sarebbe il mio ultimo dono per questo mondo triste e cieco in fatto di moda.» Si converte, a poco a poco. «Un gesto caritatevole, arrivata la fine. La mia eredità Teatrale, come suo solito. « Stavo anche pensando di cambiare qualcosa.. Non so.. forse allungarli.. o tagliarli. » Ed è così che gli occhi azzurri della bionda si illuminano di luce propria. Lascia cadere a terra l'asciugamano che friziona i capelli, avvicinandosi alla mora. «Lascia fare a me.» Infila le dita tra i suoi capelli scuri, andando a massaggiarli dalla radice, per poi allungarsi verso la lunghezza. Non si parla mai di quello che è successo con Freddie. Non vuole metterle addosso altra tristezza, che Mun dirà di non provare, ma che lei sa che sta provando. Però si sa, un cambio di look è quello che ci vuole quando si vuole voltare pagina. Cambiare la propria immagine per andare avanti, senza più guardarsi alle spalle. «Direi di spuntarli appena. Sfilerei leggermente il ciuffo laterale, per fare un taglio scalato.» Le poggia il mento sulla spalla, osservando i propri riflessi allo specchio. «E io direi di cambiare anche colore.» Una proposta indecente, vista la situazione generale che le circonda, ma è un gesto deciso, una presa di posizione. Una chiara dichiarazione d'intenti. Tu non sei nessuno e di te non mi frega più niente. La invita a sedersi, prima di prenderle le forbici dalle mani. La lezione di trucco e parrucco è la prima alla quale è stata sottoposta da Beatrix, per questo motivo sa un paio di trucchetti a riguardo, tanto da spuntarsi i capelli da sola, ogni tanto. Senza dirlo a nessuno, chiaramente. Una ragazza ricca che non va dal parrucchiere a farsi la piega è come dichiarare l'imminente banca rotta della sua famiglia. «Sono certa che il biondo ti donerebbe non poco» commenta, carezzandole i capelli ancora umidi. «Ma il rosso sarebbe una vera e propria dimostrazione di potere.» Anche se viste le premesse incestuose di Weasley, non è il più indicato. Il rosso, dopotutto, è il colore della sua famiglia. Sorride, inclinandosi in avanti per recuperare una spazzola dalla toletta di fronte a loro. La passa tra i suoi capelli, cominciando a pettinarli un po' alla volta. «Pensavo, inoltre, che potremmo provare a fabbricarci dei vestiti in stile patchwork.» Butta là. «L'unione tra i vari vestiti alla quale non rinunceremmo mai. Sarebbe come averli sempre con noi. Non ci abbandoneranno mai.» E' passata dalla pura depressione, alla piena nostalgia. «Anche se, appena uscite da questo tugurio, è chiaro che la prima tappa sul nostro cammino sarà Parigi. Poi Milano e subito dopo New York. Qui nessuno capirebbe la differenza tra un Gucci e un Valentino, nemmeno dopo averglielo spiegato dieci volte. Ma lì fuori è tutto un altro paio di maniche.» Lì fuori ci sono i lupi pronti a sbranarti per il rosso abbinato al blu.


    Edited by [black sky] - 20/12/2017, 19:32
     
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    Mun non è mai stata una persona prettamente superficiale. L'ambiente in cui ha vissuto non glielo ha mai realmente permesso, non ne modo in cui gli altri se lo immaginavano. Eppure, negli ultimi due anni, la bella vita, la Carrow se l'è assaporata in tutto e per tutto, con tutte le sue contraddizioni e il suo moto di affascinante caos che vi albergava indistintamente tra le fila degli aristocratici. Ha imparato ad apprezzarlo, o meglio, sfruttarlo, renderlo una sorta di pansamento contro quel trauma che erano stati i primi quattordici anni della sua vita. Si è reinventata, Mun, sotto gli occhi di tutti, lasciandosi deliberatamente stregare da uomini più grandi, dalle feste di alta società, dal buon cibo. Ha imparato a conoscere ciò che odiava, solo per odiarlo ancora di più. Quel mondo non faceva al caso suo; troppo eccentrico, sopra le righe, troppo impostato, troppo ipocrita. Ma era il suo mondo, e Mun l'ha abbracciato a modo suo lasciandosi stregare dalle sue crepe. Erano quelle ad affascinarle di più; le crepe nel sistema. Perché di queste se ne faceva le beffe, sotto gli occhi di tutti, con astuzia e una punta di crudeltà intrinseca. « Oh no, no, no. Mun non mi abbandonare anche tu. Ho bisogno di te se devo affrontare questo schifo. » La speranza sembra eludere gli sguardi di entrambe mentre lentamente arrivano a una cruda consapevolezza. Mun e Maze, entrambe, devono reinventarsi, ricominciare da capo. Così si lascia sfuggire dalle braccia il suo paio di scarpe preferite, ben consapevole del fatto che potrebbero passare anni prima di poterli indossare di nuovo. Se erano vere le voci che correvano già prima che quel incidente di percorso si abbattesse su Hogwarts, la guerra era sempre più vicina. E di certo, le sue Jimmy Choo preferite sarebbero state solo un mero ostacolo alla sopravvivenza. Ma loro, la squadra d'assalto delle migliori boutique di Parigi e Milano, quella crisi l'avrebbero superata. In un modo o nell'altro, sarebbero sopravvissute, non solo alla morte, ma anche a una chiara crisi estetica. Decide quindi che è tempo di concedersi una doccia, che annuncia alla bionda quasi con sollievo. Seppur il bagno dei prefetti sia stato un fedele alleato nei giorni precedenti, i bagni erano stati sempre brevi e per lo più imperniati da mille ansie. Correva voce avesse affogato in pochi giorni più quel bagno di uno tsunami ai tropici. « Proposta allettante. La facciamo insieme? Magari riusciamo a trovare qualche altra gioia, oltre i vestiti. » Scoppia a ridere Mun. Forse perché quelle battute non è nemmeno la prima volta che le sente. Mun, ho sentito dello spettacolino che hai inscenato poco fa in Sala Grande. Mi ritengo offesa per non essere stata presa in considerazione prima di quella...lì. Ma dopotutto com'è che si dice? Tieniti stretti gli amici e ancora di più i nemici? Una mossa da manuale, devo ammetterlo! Un leggero sorriso le spunta sulle labbra mentre ripensa alle parole che la bionda le ha rivolto non più lontano di qualche giorno prima. I loro problemi ai tempi erano altri. Mantenere una manicure perfetta, restare in forma, contare calorie, coprire le proprie tracce nella speranza che lo Shame non sputtani ogni loro mossa, per quanto scorretta. E adesso eccole; ingabbiate in una trappola mortale, senza avere la più pallida idea di quanto è dato loro vivere ancora. Mun è consapevole del fatto che pensare ai vestiti sia solo una stupida distrazione, qualcosa che permetta loro di sentirsi normale quanto meno per poche ore in una notte. Scuote la testa mentre sparisce dietro la porta del bagno. Lascia scorrere l'acqua mentre si libera della biancheria, rimanendo erta di fronte allo specchio che lentamente si appanna sotto i suoi occhi. Prende ad annusare tutti i prodotti che le due hanno radunato sui vari scaffali in quel loro tempo di camune convivenza. Creme, prodotti di igiene personale, persino candele profumate. Un bagno degno del suo nome. Di scatto accede alcune delle candele profumate lasciandosi inebriare del loro calore e profumo che si mischia inesorabilmente con i vapori creati dall'acqua bollente nella doccia. Passa un tempo infinitamente lungo prima che la mora riapri la porta, lasciandola così senza uscire nell'ambiente decisamente più fresco della stanza. « Maze? » La chiama di scatto. Il tono di voce è cambiato. E Ryuk ride, intuendo quanto la Carrow sta tentando. Un approccio degno di Amunet Carrow. Chiedere senza mai pretendere. Chiedere senza mai chiedere davvero. « Allora ti muovi, o quella gioia la devo trovare da sola? » Non te l'aspettavi questa, bionda.

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    « Non ho mai cucito nulla in vita mia. Rovinerei dei capolavori inestimabili. Ma essere vestita in modo impeccabile, se mai morissi e qualcuno rinvenisse il mio cadavere, sarebbe il mio ultimo dono per questo mondo triste e cieco in fatto di moda. Un gesto caritatevole, arrivata la fine. La mia eredità. » Studia con attenzione i vestiti selezionati da Maze. Ovviamente i suoi capi più cari. Prende ad accarezzare il vaporoso tessuto inconfondibile di un magnifico Prada azzurro. Perché non l'ho mai visto. Come minimo te l'avrei chiesto in prestito. Così perfetto per mettere in risalto quegli occhi vitrei, in aperto contrasto con i capelli corvini. Sospira profondamente, prima di esserselo istintivamente misurato allo specchio. Forse un po' lungo per la sua statura, ma tutto sommato così meravigliosamente perfetto. Assottiglia appena lo sguardo, inclinando la testa di lato. « Chi ha mai parlato di cucire? » Forse era stata un po' melodrammatica con quelle forbici, non a caso, ha dato modo alla bionda di continuare quella conversazione nella stessa declinazione. D'altronde mettetevi tra una ragazza e il suo armadio, e otterrete proprio questo effetto: follia allo stato puro, irrazionalità e nemmeno un briciolo di lucidità. Ma nell'osservarsi addosso quel vestito, Mun non può fare a meno di avere un'idea. Lascia cadere con naturalezza l'accappatoio per terra, prende a scavare nell'armadio alla ricerca di un paio di leggins finemente lavorati che indossa, non prima di aver scelto un completo intimo di tutto rispetto, per poi lasciarsi cadere addosso il vestito. Gira la schiena nella direzione della bionda con un leggero sorriso malizioso sulle labbra, facendole cenno di aiutarla con la zip. « E ora guarda e impara, Greengrass. » Dice voltandosi nella sua direzione, sfiorandole appena la guancia. Afferra la sua bacchetta, rimasta sul letto e con quest'ultima tocca le forbici. Magicamente quest'ultime prendono ad accorciare la gonna del vestito finché di quest'ultimo resta solo la parte superiore. Richiama a se ago e filo, che iniziano a bordare il lembo inferiore del tessuto vaporoso, fino a rendere il vestito, un'elegante maglietta lunga, oppure un vestito estremamente corto. Si concentra Mun, e del restante materiale, ricrea una sciarpa, che manipola affinché si attorcigli attorno al collo dell'amica. L'ultimo pezzo di materiale a terra, diventa infine, il cordoncino azzurrognolo, perfettamente in tinta con il vestito, di una collana, su cui infila la sua spilla da caposcuola. Un perfetto pendente che lascia cadere attorno al suo collo. A quel punto torna di fronte all'armadio, dal quale spolvera un capo di vestiario che per molto tempo non ha considerato incline alle sue esigenze. Un giubbotto di cuoio nero, che comprò un paio d'anni prima a Londra, e che a dirla tutta non ha mai avuto l'occasione di indossare. Forse perché in fin dei conti, quel look non era mai stato incline alla posizione di Mun, al suo essere una principessina. Lo indossa con un certo piacere, prima tirare all'esterno del capo la chioma corvina. Detto, fatto. E solo allora, compie un leggero inchino di fronte all'amica, a dimostrazione del fatto che la sua rappresentazione squisitamente teatrale si è conclusa. Uno sguardo veloce allo specchio, prima di rendersi conto che manca un'ultimo tocco. Afferra quindi il rossetto rosso, passandoselo sulle labbra prima di girarsi verso di lei. « E questa, Maze, è la storia di come io e te moriremo con stile. » Boom. « La notte è breve, e abbiamo un sacco di cose da sistemare. Direi di darci da fare. » Dicendo ciò si stringe nelle spalle, pronta a mettersi al lavoro. Ma è a quel punto che parte la gran crisi dei capelli. D'altronde si sa. Quando una ragazza vuole cambiar vita, cambia prima di tutto i capelli. Quello, signori e signore, è la cifra di un cambiamento profondo. « Lascia fare a me. Direi di spuntarli appena. Sfilerei leggermente il ciuffo laterale, per fare un taglio scalato. » Facciamo una breve parenti al riguardo. Mun e Maze vanno molto d'accordo pur avendo gusti davvero diversi. Ma questo, è un fattore prettamente di fisicità. Maze è alta, è bionda, e di per sé decisamente più sopra le righe. Mun è bassina, decisamente più mingherlina e anche in fatto di capi decisamente più discreta. Non è una grandissima amante dei trucchi, seppur il suo rituale di bellezza sfiori il ridicolo, e certo, non altrettanto si può dire di Maze. A dirla tutta, entrambe passano le ore di fronte allo specchio, ma mentre quello di Maze, di trucco, spesso di nota, quello di Mun è più improntato sul metterci una serie infinita di robe che fanno sembrare naturali, ma meglio. Ed è proprio per via di queste divergenze di stile che quel lascia fare a me la preoccupa. « E io direi di cambiare anche colore. » Ecco appunto. Si gira di scatto nella sua direzione, piuttosto allarmata. « Sono certa che il biondo ti donerebbe non poco. Ma il rosso sarebbe una vera e propria dimostrazione di potere. » Scoppia a ridere. Rosso mai nella vita, Maze. Mai! Nemmeno tra cento vite. « No ecco. Non ci siamo. Niente colore. Soprattutto non il rosso. Piuttosto che farmi rossa, preferisco farmi sopprimere dalla prima armatura sui corridoi seduta stante. » Dice con una certa naturalezza, seppur il tono nasconda non poco risentimento. Si sente un improvviso fastidio nelle ossa. Corruga le sopracciglia e scuote la testa. Non pensarci neanche. Niente drammi. L'hai promessa. Resta in te. « Sono d'accordo sul taglio scalato. Ma continuo a pensare che lavorare sulla lunghezza sarebbe una buona idea. » Ah, le mancano i capelli lunghi. Non sa nemmeno perché li ha tagliati. In realtà è stato un altro di quei raptus di rabbia da ciclo premestruale. « Insomma.. i capelli lunghi hanno i loro benefici. » Sorvoleremmo su quanto Mun intenda con questa porcheria. « Pensavo, inoltre, che potremmo provare a fabbricarci dei vestiti in stile patchwork. L'unione tra i vari vestiti alla quale non rinunceremmo mai. Sarebbe come averli sempre con noi. Non ci abbandoneranno mai. » Oh, ed eccolo di nuovo il melodramma. Maze a quei vestiti ci tiene davvero tanto. Lo sa Mun, lo sanno tutti. E lei di certo non può biasimarla. Quando tutto il mondo crolla in pezzi, una bella maschera idratante e un bel vestito riescono di certo a rendere il mondo un posto più bello. « Anche se, appena uscite da questo tugurio, è chiaro che la prima tappa sul nostro cammino sarà Parigi. Poi Milano e subito dopo New York. Qui nessuno capirebbe la differenza tra un Gucci e un Valentino, nemmeno dopo averglielo spiegato dieci volte. Ma lì fuori è tutto un altro paio di maniche. » La Carrow sorride. Non è mai stata una grande viaggiatrice. A dirla tutta, è sempre stata un essere alquanto abitudinario, alquanto impaurita di uscire dai suoi confini naturali. Seppur abbia fatto qualche viaggio, si è sempre sentita più al sicuro a Londra. Non si è mai goduta i pochi viaggio che ha fatto. Non finché la bionda non le mise quella prospettiva di fronte. Forse in compagnia migliore, un viaggio sarebbe stato finalmente godibile, piacevole, persino divertente. « Lo prendo come un impegno. » Commenta quindi, mentre si lascia pettinare i capelli. Ed è a quel punto che le viene in mente un'idea. « E se invece di rovinare i nostri capi preferiti li conservassimo? » Le chiede quindi lisciandosi addosso il Prada restaurato che indossa. « Ovviamente, questo non conta. Ormai me ne sono impossessata, e non puoi farci niente. » Le dice sorridendo appena. « Però, con le cose a cui non possiamo rinunciare, le nostre cose più care, potremmo creare una specie di capsula del tempo. Buttiamo tutto in un baule e lo sotterriamo in un qualche punto strategico. Quando tutto finisce avremmo vestiti puliti e decenti; male che vada tra cinquant'anni qualche donzella disperata lo troverà a scoprirà l'amore per i vestiti vintage, e verrà a posare una rosa sulle nostre tombe ogni giorno per ringraziarci. » Dal melodramma di Maze, al fatalismo di Amunet il passo è sempre breve.


     
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    Inaspettatamente, dopo quell'insolita doccia condivisa con Mun, i suoi capelli hanno preso a schiarirsi dapprima sulle punte, per poi seguire la lunghezza del capello, fino ad arrivare alle radici. Quel classico colore che i suoi capelli sembrano assumere quando è estremamente soddisfatta. E di quello che è successo nella doccia non può che esserlo, all'ennesima potenza. Un qualcosa che probabilmente era servito ad entrambe, vista la tensione dell'ultimo periodo. Non che lei tema veramente la morte. Sa benissimo che finirebbe nuovamente nel caldo abbraccio dell'Inferno, se mai si dovesse arrivare ad una simile possibilità. Non teme la morte, ma l'idea di tornare da dove è venuta riesce ad innervosirla a tal punto da riuscire a sembrare un'arpia, il 90% del tempo. Però quello che è successo con Mun è riuscito a distendere ogni sua terminazione nervosa, tanto da far apparire sul suo viso angelico un sorriso compiaciuto e impertinente. « Chi ha mai parlato di cucire? » Inclina la testa di lato Maze, mentre la guarda provarsi il suo Prada azzurro. Si passa la lingua sul labbro inferiore, constatando che sì, sembra starle dannatamente addosso. "Ma a me è stato sempre meglio." Sorride alla presa di posizione di Trixie, ma lei non è d'accordo. A Mun sta decisamente meglio. Si mette a sedere sopra la pila di vestiti che ha deciso di buttare sopra il letto e la guarda, in silenzio, mentre si spoglia e si riveste, con suo enorme disappunto. Non capisce l'abbinamento leggins + vestito di Prada, ma Mun sembra decisa a darle dimostrazione dei suoi intenti bellici. « E ora guarda e impara, Greengrass. » Distende il palmo di fronte a sé, con un cenno del capo. «Mostrami la via, maestra E lo spettacolino che la mora decide di mettere in piedi per lei è un qualcosa di totalmente inaspettato. Ha reazione contrastanti, dentro di sé, scaturite anche dal profondo e risonante disappunto di Trixie. "MIO DIO COSA FA? Il mio Prada preferito rovinato così. Mi sento male. Ora svengo, veramente, lo faccio." Ma che svieni e svieni? Ricordi? Ho io il controllo del tuo corpo. Trixie sbuffa e si lamenta per qualche altro minuto buono, fin quando Mun non ricava anche una sciarpa, dal vestito dimezzato. Maze accoglie l'inchino dell'amica con un caloroso applauso, sorridendo tutta felice, come una mamma ad un saggio di danza di cui la sua protagonista è la sua figlia prediletta. « E questa, Maze, è la storia di come io e te moriremo con stile. La notte è breve, e abbiamo un sacco di cose da sistemare. Direi di darci da fare. » «Però, però..stasera sei piena di risorse e un inaspettato concentrato di sorprese, dico bene?» Le scocca un occhiolino, rialzandosi velocemente, con ancora indosso soltanto l'accappatoio. Si guarda intorno, prendendo il completino intimo azzurro, che arriva direttamente dallo store originale di Victoria's Secret e se lo infila, con la stessa naturalezza che ha dimostrato di avere Mun, spogliandosi di fronte a lei. Non che ci sia molto altro da nascondersi, oramai. Si ritrova a pensare, mentre pesca dal mucchio un paio di jeans attillati e un maglioncino chiaro da abbinarci sopra. Quando si rigira verso l'amica, capisce che è il suo momento di mettere a dura prova le proprie capacità. Così recupera la propria bacchetta, lasciata incustodita sul comodino e con tranquillità ci mette a curiosare tra la propria roba, trovando un maglione di cashmere, firmato Brunello Cucinelli, che sembra fare al suo caso.
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    Comincia ad armeggiare con la bacchetta, mentre va a rinforzare il tessuto, abbastanza da rendere rigida la tesa di quel cappello improvvisato che sta uscendo fuori dagli sforzi di Maze, per nulla supportata da Beatrix, che nel frattempo sembra aver deciso di abbandonarla al suo triste destino. Ingrata. Concluso il cappello nero, passa ad uno dei suoi due paia di leggins in pelle. Li taglia poco sopra le ginocchia, trasformandoli in una gonna decisamente niente male. Con le parti inferiori, ricava un paio di guanti a cui riserva un sorriso soddisfatto, mentre li indossa, muovendo ogni dito, per provarne l'elasticità. Si porta davanti allo specchio del suo armadio e si infila il cappello. Sposta il viso a destra e sinistra, prima di sorridersi. «Idea geniale, tesoro. Ora nessuno mi separerà da questa meraviglia.» Si volta verso di lei, con un sorriso. Sta per aggiungere dell'altro, ma l'emergenza capelli richiama l'attenzione di entrambe, tanto da riuscire a passare sopra qualsiasi cosa. Perché i capelli sono parte essenziale dell'immagine che tu decidi di donare al mondo. Quando questi non sono perfetti o non rappresentano al meglio la tua persona, è come fare un assist al mondo, lasciandogli l'onore di poterti guardare da capo a piedi, valutandoti non all'altezza. Maze di certo non può permettere che la sua miglior amica venga trattata da meno di quello che vale, per questo è di vitale importanza per lei venire a capo con quel dilemma esistenziale. « No ecco. Non ci siamo. Niente colore. Soprattutto non il rosso. Piuttosto che farmi rossa, preferisco farmi sopprimere dalla prima armatura sui corridoi seduta stante. » Le lancia un'occhiata, attraverso lo specchio, annuendo silenziosamente. Hanno deciso di non parlarne, non apertamente, non in quel momento perlomeno e Maze asseconda quel suo desiderio di ostracizzare più possibile il pensiero di Fred dalla sua mente. Non vuole di certo essere lei a far rifiorire una linea retta e amara sulle sue labbra carnose. Non dopo la gioia ritrovata. Col cavolo che ti permetterò di rovinarle il mio personale ricordo. Pensa, rivolgendosi direttamente all'ipotetico Fred nella sua testa. «Okay, niente colore. In effetti ti preferisco decisamente così. Ho sempre avuto un debole per le more.» La butta lì così, mentre si toglie i guanti di pelle, per poi riprendere a pettinarle i capelli lentamente, facendo attenzione a non staccarle lo scalpo per colpa di alcuni nodi che si sono andati creando dopo il bagno movimentato. « Sono d'accordo sul taglio scalato. Ma continuo a pensare che lavorare sulla lunghezza sarebbe una buona idea. Insomma.. i capelli lunghi hanno i loro benefici. » Il sopracciglio si alza senza volerlo, mentre un sorrisetto ambiguo si staglia sulle labbra della giovane Greengrass. E' proprio per certi benefici che lei preferisce sempre la sua lunghezza naturale di capelli. Insomma, alla fine una lunga coda di cavallo fa sempre la sua porca figura. In tutti gli ambiti della vita. «Mi trovi completamente d'accordo Asserisce criptica, ma neanche troppo, mentre la osserva dallo specchio. «Ma se ti mancano i capelli lunghi, potrei provare a fare qualcosa. Quando mia.. - "Già, Gwen è anche tua sorella, devi imparare a ricordartelo." - sì, insomma, quando mia sorella aveva deciso di fare la regina del dramma, tagliandosi i capelli quasi a zero, perché "Ommioddio i problemi ce li ho solo io e se ce l'hanno anche gli altri, i miei sono peggio." Beh, alla fine sono riuscita a farglieli ricrescere, anche dannatamente bene, come hai potuto constatare tu stessa.» Si dà qualche aria, prima di abbassarsi al suo livello, per sorriderle. «Allora, mi lasci fare?» Le domanda guardandola, prima di abbassare ulteriormente il viso per andare a depositarle un bacio tra la clavicola e la base del collo. «Ti fidi di me, Mun?» Rialza lo sguardo per incontrare quello di lei attraverso lo specchio e un sorriso furbo appare sulle sue labbra, mentre si rialza per riprendere a spazzolarle i capelli ancora abbastanza umidi. « E se invece di rovinare i nostri capi preferiti li conservassimo? Ovviamente, questo non conta. Ormai me ne sono impossessata, e non puoi farci niente. » Fa una smorfia divertita, mentre Beatrix ringhia parole abbastanza esplicite nella sua testa. «In fondo sta meglio a te che a me.» Liquida il discorso, con tanto di un cenno con la mano. «Ma vedi? Questo è un Prada originale» riprende, mentre accarezza il tessuto, lasciando scivolare la mano lungo la sua schiena. «In cambio, mi sembra ovvio, mi aspetto qualcosa Un angolo delle labbra si alza in una smorfia, prima di farle un occhiolino. Ma lascio decidere te cosa mi vuoi offrire in risposta. « Però, con le cose a cui non possiamo rinunciare, le nostre cose più care, potremmo creare una specie di capsula del tempo. Buttiamo tutto in un baule e lo sotterriamo in un qualche punto strategico. Quando tutto finisce avremmo vestiti puliti e decenti; male che vada tra cinquant'anni qualche donzella disperata lo troverà a scoprirà l'amore per i vestiti vintage, e verrà a posare una rosa sulle nostre tombe ogni giorno per ringraziarci. » La mano nella quale tiene la spazzola si blocca, mentre un'espressione a metà tra la confusione e il puro entusiasmo si apre sul volto della ragazza. Beatrix, dal canto suo, le fa affiorare nella mente delle spiegazioni riguardo il termine usato da Mun. Capsula del tempo. "L'hai visto in quel telefilm americano, quello che ti ho costretto a vedere a Marzo, durante la convalescenza." Quello con i ragazzi che giocavano a basket, tanto gnocchi? "Sì, One Tree Hill. C'era quell'episodio dove qualcuno rubava la capsula del tempo che doveva essere aperta dopo 50 anni e i video contenuti al suo interno vengono mandati in mondovisione per tutta la scuola." Ohhh, sì mi ricordo. Ora capisco. La conversazione mentale dura appena qualche secondo, prima che gli occhi azzurri di Maze incontrino nuovamente quelli di Mun. I suoi sono illuminati da una luce vivida, di pura curiosità ed euforia. «Così che, quando tutto sarà finito, saremo le uniche ad uscire da questo posto con stile.» Maze riesce a figurarsi la scena: uno sciame di gente che corre verso i cancelli aperti, dai vestiti rotti, molto probabilmente sporchi e maleodoranti, nella più rosea delle possibilità. E poi ci sono loro, che camminano come delle dive. Tutto a rallentatore, con il vento che porta loro all'indietro i capelli. Un paio di stiletto ai piedi, i vestiti scintillanti e se ci mette abbastanza immaginazione, riesce persino a sentire gli applausi della gente di Hogsmeade, meravigliata nel vedere tanto stile. Senza lasciarsi sfuggire la possibilità di immaginare il rumore familiare dei click delle macchinette fotografiche magiche, di coloro che sono lì, pronti a raccontare la storia dei tragici prigionieri di un preside morto e maligno. «Pensa all'immagine che daremo al mondo, quando finiremo in copertina su Strega Moderna» le illustra la sua idea, tutta sorridente. «Le donne che non si sono arrese, ma che a testa alta hanno avuto speranza.» E' il titolo che con ogni probabilità sua madre farebbe stampare in prima pagina, su ogni giornale magico. «Comunque, oltre i vestiti, io voglio lasciarmi qualcosa.» Se ne esce così, mentre richiama a sé, con la bacchetta, il calamaio, due piume e due fogli di pergamena, direttamente dal proprio baule. Prende posto a fianco della ragazza, guardandola di sbieco. «Non sappiamo quando e se usciremo mai da questo posto.» Dirlo ad alta voce è peggio di quanto si sarebbe mai aspettata. Ma donare a Mun quella vena dolorosa che ha nella voce ha un che di agrodolce. A lei può dire tutto, lo sa. «Voglio che la Mazikeen che aprirà il baule, in futuro, si ricordi di questo giorno.» Ha un che di nostalgico tutto il suo discorso. «Vorrei dirle qualcosa, donarle qualche saggezza dal passato e magari darle qualcosa su cui riflettere. Lo so, è una sciocchezza.» Per la prima volta, mette da una parte la frivolezza di cui si ricopre ogni giorno, per scendere più in profondità. Avere un'eredità tangibile, al di là dei vestiti e delle borse, è importante per lei. E' come darsi una seconda possibilità, darla alla Mazikeen del futuro. Così prende un foglio per sé e l'altro lo lascia scivolare di fronte all'amica. «Mi fai compagnia?» Le domanda, sbattendo appena le ciglia, quasi a volerla ammaliare. O farle pena. «C'è qualcosa che vorresti dire alla Mun del futuro?»
     
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    « Okay, niente colore. In effetti ti preferisco decisamente così. Ho sempre avuto un debole per le more. » Un leggero sorriso malizioso si dipinge sulle labbra della Carrow, mentre la fissa attraverso lo specchio con uno sguardo colmo di sottintesi. « Avresti seriamente ferito i miei sentimenti, se fosse stato il contrario. » Mun e Maze, così diverse, eppure per tanti versi così simili. Le ragazze di nessuno. Le ragazze di tutti. Sapeva Mun che quella loro parentesi era stata forse solo ed esclusivamente un modo per distendere i nervi, per lasciarsi alle spalle qualunque cosa sia successo loro durante gli ultimi giorni. Mun dal canto suo aveva molte ferite da risanare, soprattutto in seguito alla sera del ballo, ma se si raccontasse che lo ha fatto solo ed esclusivamente per ripicca sarebbe un'inguaribile ipocrita. La verità è che aveva voglia di farlo; aveva bisogno di sentirsi libera, finalmente libera di fare di sé qualunque cosa volesse, donarsi a chiunque ne avesse voglia e donare a chiunque volesse tutte le sue attenzioni. Perché questo in fin dei conti si era promessa. Vivere senza remore, senza sentirsi di qualcuno. Mun aveva voluto Maze, perché in quel momento aveva voglia di volere Maze, e tutto il resto era noia e storia da raccontare ai postumi. « Mi trovi completamente d'accordo. Ma se ti mancano i capelli lunghi, potrei provare a fare qualcosa. Quando mia.. sì, insomma, quando mia sorella aveva deciso di fare la regina del dramma, tagliandosi i capelli quasi a zero, perché "Ommioddio i problemi ce li ho solo io e se ce l'hanno anche gli altri, i miei sono peggio." Beh, alla fine sono riuscita a farglieli ricrescere, anche dannatamente bene, come hai potuto constatare tu stessa. » Scoppia a ridere di fronte a quella storia. Le sorelle Greengrass; loro si che erano diverse. Poli opposti di un mondo che sembrava attirarle sempre una più lontana dall'orbita dell'altra. La più piccola Mun, non la conosceva poi molto, ma poteva dire di sapere parecchie cose dai racconti della maggiore. « Tu e mio fratello avreste un sacco di cose in comune in quanto a drammi da sorelle minori. » Nemmeno Mun rendeva la vita facile ad Ares, e si rendeva conto di poter diventare alquanto melodrammatica in certe circostanze. Non al punto da tagliarsi i capelli, però. Quelli proprio non si toccano. « Allora, mi lasci fare? Ti fidi di me, Mun? » Sorride Mun nel sentire quel leggero bacio sulla propria pelle; le terminazioni nervose rispondono piacevolmente a quel tocco, provocandole un leggero formicolio che la obbliga a scuotere la testa chiudendo gli occhi prima di passarsi inumidirsi appena le labbra. « Mi fido. » Lo sguardo di ghiaccio la segue attraverso il riflesso dello specchio con vivido interesse a una punta di curiosità. « Ma questa è una cosa che avevi già appurato. » Le dice mentre richiude gli occhi, lasciandosi spazzolare dolcemente i capelli. « Non potresti comunque fare più di danni di quanti non ce ne siano già. » Amara dura verità. E ancora una volta sorride, stringendosi nelle spalle. Quelle ultime parole vengono scandite con leggerezza, quasi come se parlasse del tempo, seppur non ci sia verità più universale nella sua vita al momento.

    « In fondo sta meglio a te che a me. Ma vedi? Questo è un Prada originale. In cambio, mi sembra ovvio, mi aspetto qualcosa. » Solleva le sopracciglia Mun, con una nota fintamente sorpresa. « E' spesso difficile capire cosa potresti mai desiderare. » Assottiglia lo sguardo sorridendole con un che di prettamente enigmatico. «Ma un Prada è un Prada in qualunque transazione. Quindi è giusto che venga degnamente sostituito, oltre che onorato. » E allora si guarda attorno, tornando tra il mucchio di vestiti che ha lasciato cadere sul letto poco fa. Poi si gira vero l'armadio, e di scatto tira fuori dal fondo dell'armadio una scatola pregiata ancora impacchettata con un fiocco di organza blu-grigio. Porge la scatola alla ragazza sorridendole con un che di allusivo. « Questo potrebbe sempre far comodo. » Lingerie di alta fattura. Pizzo di prima scelta e seta incredibilmente morbida. « Non so quanto qui dentro potrebbe essere apprezzato ma per quando usciremo.. » Perché noi usciremo. E quella sessione di shopping rigenerativo ce la faremo eccome. « L'avevo comprato per un'occasione speciale. » Post-ballo. « Ma ora come ora, se anche ne avessi l'occasione, mi è passata la voglia. » Mun, così dispettosa e capricciosa a volte. Certo, aveva le sue buone ragioni, ma in fin dei conti, forse era come al solito sin troppo melodrammatica. Le faceva tuttavia piacere che lei l'avesse. « E come bonus.. » Si avvicina appena, poggiandole le mani sulle spalle, alzandosi appena in punta di piedi per lasciarle un leggero bacio sulle labbra. « Grazie per il meraviglioso Prada. » Le dice quindi in un sussurro, prima di indietreggiare leggermente. Un animo tutto sommato tenero, quello della Carrow, che si dispiega quando meno uno ce lo si aspetta. E così, giungono al momento clue. La Capsula del Tempo. « Così che, quando tutto sarà finito, saremo le uniche ad uscire da questo posto con stile. » Bingo. Si immaginava uscire impacchettata in un dei suoi vestiti preferiti, le labbra adornate del suo rossetto preferito, le ciglia infoltite dall'immancabile mascara e un paio di tacchi che le sarebbero immensamente mancati. « Pensa all'immagine che daremo al mondo, quando finiremo in copertina su Strega Moderna. Le donne che non si sono arrese, ma che a testa alta hanno avuto speranza. » Scoppia a ridere la Carrow, di fronte a quell'immagine. Forse un po' troppo superficiale per i suoi gusti, ma sì, quell'idea le piaceva stranamente. Le piaceva perché metteva di buon umore Maze a tal punto da infonderle quel barlume di speranza che forse a tutti mancava e di cui tutti avevano bisogno, persino una come Maze che pareva avesse occhi solo per i vestiti e i gioielli. « Un modello per le nuove generazioni di streghe. » Continua facendole eco, lasciandosi coinvolgere da quell'immagine che al momento sembrava così lontana dal loro vissuto. Mi basterebbe solo rivedere il sole. Smettere di guardarmi alle spalle come una galeotta. Vorrei solo smettere di soffocare. Ma tutto ciò, non lo dice ad alta voce, perché non vuole certo rovinare il buon umore della serata. « Comunque, oltre i vestiti, io voglio lasciarmi qualcosa. Non sappiamo quando e se usciremo mai da questo posto. Voglio che la Mazikeen che aprirà il baule, in futuro, si ricordi di questo giorno. Vorrei dirle qualcosa, donarle qualche saggezza dal passato e magari darle qualcosa su cui riflettere. Lo so, è una sciocchezza. » Corruga la fronte piuttosto confusa da quella iniziativa. Siamo sentimentali, Greengrass. « Mi fai compagnia? C'è qualcosa che vorresti dire alla Mun del futuro? » Attira a sé il pezzo di pergamena, mentre con eleganza intinge la piuma nel calamaio, sedendosi alla propria scrivania. Resta per un attimo pensierosa, cercando di trovare parole adatte per esprimere quanto vorrebbe dire, ma alla fine, parte di istinto, proprio perché non trova nulla, non qualcosa di abbastanza poetico e romantico. « Proviamo.. » Dice quindi, appoggiando la piuma sulla pergamena.
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    « Cara futura Mun, » Pausa. « Spero tu abbia capito e trovato ciò che io sto follemente cercando.. » Le parole prima di tutto. Perché il grande problema di Mun è che non ha la più pallida idea né di cosa vuole, né di cosa prova, né di quale sia la strada che vorrebbe perseguire. « In ogni caso.. la ricerca continua. Comunque vada, ricordati che appartieni solo ed esclusivamente a te stessa.. » Parole scandite lentamente, man mano che vengono impresse sul pezzo di carta. « ..e questo niente e nessuno potrà mai togliertelo. » Non un demone. Non un uomo. Non un padre. Non un fratello. Non una madre. Non un cognome o un rango sociale. « Nessuno può metterti in un angolo, definirti o.. oscurarti. » Deglutisce. « Se ti chiedi ancora cosa stai provando o cosa vuoi.. nel dubbio.. » E dicendo ciò ride, scuotendo la testa. « Ricordati di ringraziare e contraccambiare adeguatamente. » Pausa, tempo in cui alza gli occhi nella direzione dell'amica. « E soprattutto, ricordati sempre che farsi una memorabile scopata fa tanto. Non sarà una soluzione a lungo termine, ma una scopata oggi è meglio di un rimpianto domani. » La sta buttando sul ridere, quando di scatto, lo sguardo si fa più intenso le lo sguardo torna a osservare la propria calligrafia elegante scorrere sulla pagina. « La vergogna è per gli stolti e il rimpianto è per gli ignavi. » E a quel punto compila la frase con parole a cui non dà voce. Chiedi aiuto. Salvati. « Sii fiera delle tue ferite. » A quel punto, si firma. La Mun - Del - Passato. « Ps. Mun, cara, se gli uomini dovessero continuare a romperti le palle, considera seriamente l'altra sponda. L'eterosessualità è sopravvalutata. » E dicendo ciò, posa la piuma arrotolando la propria pergamena con leggerezza. « Tocca a te. »


     
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    « Tu e mio fratello avreste un sacco di cose in comune in quanto a drammi da sorelle minori. » Storce la bocca, nel sentire Mun accennare a suo fratello. Mentre alla sua piccola ospite quel ragazzo dai profondi occhi di ghiaccio sembra fare sempre uno strano effetto, a Maze Ares non va per nulla a genio. L'arroganza e la sicurezza che ha ostentato fin da subito, le ha mandato in tilt i nervi, soprattutto se messi in relazione ai sentimenti che sente scorrere nella parte di cervello di Beatrix. «L'unico punto in comune che sembro avere con tuo fratello.» Si sente di ribattere, con un sorrisetto strano a piegarle le labbra. «Non fare la stronza, povero Ares.» Non faccio la stronza, mi sta semplicemente sulle palle e io ipocrita non lo sono mai stata. Lo sai. Trixie fa silenzio, decidendo di non rispondere alle sue provocazioni. Preferisce non toccare mai il discorso con la demone, proprio perché sa già come andrebbe a finire. Hanno visioni fin troppo diverse sull'argomento per trovare un punto di divergenza comune. Non avventurarsi in quelle lande va più che bene ad entrambe. «Oltre te, mi sembra chiaro.» Arriccia il naso, mentre la situazione si fa più calma e decisamente meno tesa di qualche istante prima. « Mi fido. » I loro sguardi si incrociano per qualche istante attraverso lo specchio. E' una bella sensazione, quella. Avere qualcuno dalla propria parte, senza troppe pretese, senza che la sua fiducia sia vincolata da un patto di sangue, da un ricatto o da un maleficio, è qualcosa di inaspettatamente sorprendente per Maze. Forse è per questo che lo spirito della demone si ritrova ad essere così legato a quello di Mun: perché, seppur coscienti entrambe delle differenze che le allontanano, riescono a trovare sempre un modo per coesistere entrambe, così, naturalmente. Un equilibrio perfetto delle forze, che Maze mai si sarebbe aspettata di trovare sulla Terra. Lei, la fiducia, non l'ha mai veramente sfiorata. Non all'Inferno, né per i pochi anni di vita che le sono stati concessi, prima di morire tra le fiamme. E' un ricordo che non ha nemmeno Beatrix, non al di fuori della cerchia dei suoi familiari stretti, perciò quello che c'è con Mun è un qualcosa di nuovo per entrambe. E fa piacere, ad entrambe le loro anime. « Ma questa è una cosa che avevi già appurato. » Oh beh, touché. Si stringe nelle spalle, sospirando, come a voler minimizzare quanto si era fidata, giusto pochi minuti prima. « Non potresti comunque fare più di danni di quanti non ce ne siano già. » Lo dice con serenità, mentre il suo istinto le dice che stia parlando anche un po' in generale. Ma ancora una volta, decide di passarvi sopra, senza far domande. «Bene, allora benvenuta nel salone di bellezza di Mazikeen Greengrass.» Muove le dita delle sue manine davanti al viso di Mun, come a voler inscenare l'inizio di uno di quegli spettacoli babbani di prestigio. «Come consulente della tua immagine, ho il dovere di dirti che quest'artista - fa una pausa ad effetto, per poi indicarsi, per mettere i puntini sulle i - ha tutta l'intenzione di trasformarti nel suo dipinto migliore.» «Tralasciando il fatto che non sai né dipingere, né disegnare, ovviamente. » Scrolla il capo, e così dicendo, prende a girare la bacchetta a mezz'aria, arrotolando ciocche di capelli, per farle un taglio decisamente più consono alla finezza del suo capello, così da non appesantirlo troppo, facendone risentire sul volume. Poi inizia la vera magia. «Tesoro, ti faccio un sogno.» Si atteggia a grande parrucchiera, quando con un incantesimo, va ad accelerare la crescita dei capelli, dalle radici. Questi prendono ad allungarsi, ben oltre le spalle, arrivando poco più sopra della fine della scapola. Quando ha finito l'opera, Maze si sporge appena di lato, guardando il riflesso di Mun allo specchio. «Okay, wow. Mi sono superata.» Si congratula con se stessa. «E tu stai dannatamente bene con il capello più lungo. Se proverai a toccarli ancora, sappi che dovrai passare sul mio cadavere.» Aggiunge, prendendo un secondo specchio, per poi posizionarlo di fronte all'altro, per darle la possibilità di guardare come le stanno i capelli dietro. «Julie Greengrass sarà felicissima di sapere quanto già è in ascesa la mia professione.»

    « E' spesso difficile capire cosa potresti mai desiderare. » Inclina la testa di lato, come ad accogliere quelle parole come un vero e proprio complimento. Decide che le sta dando della misteriosa, come ha sempre sperato di poter apparire agli occhi del mondo. Tanto meglio. «Così mi lusinghi.» Asserisce, portandosi una mano al petto, prima di vederla cercare qualcosa all'interno del suo armadio. Le sue mani fuoriescono, dopo qualche istante, con una scatola finemente impacchettata. Torna da lei e gliela porge, invitandola ad aprirla. « Questo potrebbe sempre far comodo. Non so quanto qui dentro potrebbe essere apprezzato ma per quando usciremo..L'avevo comprato per un'occasione speciale. Ma ora come ora, se anche ne avessi l'occasione, mi è passata la voglia. » Scuote la testa, mentre l'ascolta e le sue mani si fanno largo tra i vari confezionamenti per arrivare al sunto di quello che le sta donando Mun. Un completino intimo nero, dai ricami rossi. Così assecondante con i suoi gusti, così perfetto in un momento come quello. «Non credo che arriverà incolume fino al giorno in cui sì, usciremo..» commenta, mentre le sue dita si muovono, ansiose, sopra quel capo di una fattura così conciliante per i sensi di Beatrix. «Tu racconti stronzate quando dici che Dio non è buono. Guarda tu che roba ti ha fatto rimediare, mi vuoi dire che non c'è qualche piano divino dietro tutto ciò?» Oh tesoro, quanto sei ingenua. Se c'è dietro qualcuno, di sicuro non c'è Dio. Perché lo sa che ho intenzione di usarlo nei peggiori dei modi. «Ma è apprezzatissimo, davvero. Vuoi essere te a fare gli onori di casa?» Le scocca un'occhiata allusiva, prima che lei decida di avvicinarsi. « E come bonus.. » Si lascia carezzare dalle sue mani, prima di accogliere il suo bacio, socchiudendo appena gli occhi. Un contatto veloce, che le dà giusto il tempo di assaporarne di nuovo il sapore. « Grazie per il meraviglioso Prada. » Le sorride, non riuscendo a farne a meno. «Non è che ci staremo innamorando di lei, no?» La lascia parlare, senza darle ascolto. «Grazie a te per avermi garantito un po' di stile anche nel divertimento a venire.» Perché Maze è certa che ci sarà per lei. Già non a problemi a trovarlo di normale, figuriamoci in una situazione tanto disperata, dove tutti pensano che quello che stanno vivendo potrà essere il loro ultimo giorno sulla faccia della Terra e si danno da fare per scopare a più non posso. E lei si trova perfettamente a suo agio in una situazione del genere, essendo praticamente la trasposizione terrena della dimensione dalla quale viene. Sodoma e Gomorra gli fanno un baffo.
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    « Proviamo.. » Le sorride, mentre decide di aspettare che sia lei a scrivere per prima. « Cara futura Mun, Spero tu abbia capito e trovato ciò che io sto follemente cercando.. » Aggrotta le sopracciglia, domandandosi se effettivamente lei sappia cosa sta cercando, se sappia cosa vuole veramente. « In ogni caso.. la ricerca continua. Comunque vada, ricordati che appartieni solo ed esclusivamente a te stessa....e questo niente e nessuno potrà mai togliertelo. » Il volto di Maze si rabbuia istintivamente, mentre la mente vaga altrove. Accarezza i ricordi, i suoi ricordi, i ricordi di quei giorni in cui non le era chiaro quel concetto. Quando credeva di essere proprietà solo ed esclusivamente di qualcun altro, quando, alla fine, tornava sempre indietro, al punto di partenza. Ma da quando è scappata, sente di appartenersi, per la prima volta in vita sua. Non è suo il corpo, ma è sua l'anima. « Nessuno può metterti in un angolo, definirti o.. oscurarti. Se ti chiedi ancora cosa stai provando o cosa vuoi.. nel dubbio..Ricordati di ringraziare e contraccambiare adeguatamente. » Incrocia il suo sguardo e scoppia a ridere. «Ben detto sorella!» Si ritrova a commentare. Prima regola: il piacere ha sempre una doppia faccia, il ricevere e il dare. « E soprattutto, ricordati sempre che farsi una memorabile scopata fa tanto. Non sarà una soluzione a lungo termine, ma una scopata oggi è meglio di un rimpianto domani. » «Ehi, mi stai rubando tutti i punti salienti della lettera a me stessa!» « La vergogna è per gli stolti e il rimpianto è per gli ignavi. Sii fiera delle tue ferite. Ps. Mun, cara, se gli uomini dovessero continuare a romperti le palle, considera seriamente l'altra sponda. L'eterosessualità è sopravvalutata. Tocca a te. » Intinge la punta della penna nel calamaio, e posiziona meglio il foglio sotto di sé. «Io comunque, per dovere di cronaca, avrei aggiunto che sull'altra sponda la cara vecchia Maze è sempre pronta ad aspettarti. Così, per dire.» E' leggermente nervosa, quando ha capito che deve aprire letteralmente il cuore di fronte alla sua amica, così la butta subito sullo scherzo, per cercare di stemperare la cosa. «Cara Maze del futuro» prende a scrivere, velocemente, in quella sua grafia sconclusionata. «Prima di tutto spero vivamente che tu sia viva. In caso contrario, ciao a chiunque stia leggendo questa lettera.» Okay, e ora? Non sa perché, ma una canzoncina le torna in testa. Una di quelle con la quale Beatrix si è fissata non poco, durante il periodo di convalescenza. E ripensando al testo, capisce che quelle parole siano gli avvertimenti più giusti che potrebbe dare a se stessa in quel momento. Consigli che probabilmente, in futuro, non seguirà, ma comunque l'impegno nel presente lei ce lo mette. «Punto primo: non rispondere al telefono o a qualsiasi altra forma di comunicazione. Anzi, se cambi proprio numero e strappi ogni lettera che ti arriva, è meglio. Nessun contatto. Sai già come va a finire.» «Beh tu questo punto l'hai seguito alla lettera no? Hai messo tra te e lui un'intera dimensione di mezzo!» Vero. «Punto secondo: se si presenta alla tua camera alle 2 di notte, non aprire. Tanto dovresti comunque cacciarlo, e faresti soltanto due fatiche.» Mentre scrive, canticchia la canzone per cercare di ricordarsi i punti cardini. «Punto terzo: non dargli corda, non parlarci, non sorridergli, altrimenti ci finirai a letto e non riuscirai mai a liberartene.» Lancia un'occhiata a Mun, prima di proseguire. «Non lasciarti travolgere, sii l'ancora di te stessa. Puoi contare sugli amici, ma al di fuori di quelli, se vuoi una mano, la troverai in fondo al tuo braccio.» «Quanto sei meschina, non è sempre così.» Sì, dolcezza, è sempre così. «Ricordati che il blu e il marrone fanno cafone e che nulla può toglierti il sorriso, se non un Valentino originale che ti si strappa.» Le viene da farsi il segno della croce, ma poi le sembra troppo una presa per il culo e abbandona l'idea. «E se riesci ad uscire viva da questo posto, ti meriti niente di meno di uno sceicco arabo. O un principe, anche quello va bene.» O semplicemente qualcuno che ti voglia bene veramente, potrebbe andare anche quello, sì. «E ricordati anche che una scopata oggi è meglio di un rimpianto domani. La Mun del passato mi ha rubato la linea finale ma ehi, non c'è miglior consiglio che potrei darti, al di là di questo.» Abbandona la penna sul tavolo e piega il foglio, in quattro parti, fin quando non diventa un quadrato di piccole dimensioni. «Potremmo usare il mio baule, per buttarci tutto dentro.» L'illuminazione arriva velocemente, così come lei è altrettanto fulminea ad alzarsi per togliere le poche cose che ha lasciato sul fondo del suo secondo armadio. Crea un separé, dividendo lo spazio a metà, così da lasciarne una parte per le cose di Mun. Poi comincia a buttarci dentro di tutto: i suoi quattro vestiti preferiti, compreso quello del ballo che, non si sa come, non era del tutto da buttare, i vari stiletto dai quali si separa con dolore, dando un bacio ad ognuno di loro, tutto il suo portagioie, qualche trucco e qualche crema per il corpo - sotto suggerimento di Beatrix -, inverosimilmente, due libri e infine è il momento di lasciare la lettera. La posiziona sopra il mucchio delle sue cose e quel gesto è talmente misurato da apparire quasi una sorta di cerimonia solenne. «Che il tuo futuro sia luminoso.» Sia il tuo, Mun, che il mio.


    Edited by [black sky] - 23/12/2017, 20:37
     
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    « Ehi, mi stai rubando tutti i punti salienti della lettera a me stessa! » Mun scoppia a ridere di fronte a quelle parole e in un certo qual modo si sorprende. E' sorpresa un po' da tutta la situazione, dal modo in cui Maze la mette a proprio agio, dal modo in cui entrambe si stanno aprendo senza remore l'una all'altra. Hanno condiviso per parecchio la stessa stanza, hanno parlato di vestiti e scarpe, di questa e quell'altra festa, di questa e quell'altra nuova nuova tendenza, si sono prestate trucchi e prodotti di cura per la pelle, ma non si sono mai davvero viste, sentite, capite. Non fino a quel momento; forse perché in fin dei conti non ci hanno mai davvero provato. E ora invece, per la prima volta, Mun riusciva a vedere oltre al substrato della ragazza sopra le righe, perennemente impegnata ad avere il taglio di capelli e il colore più in del momento. Riusciva a vedere una ragazza effettivamente colma di dubbi e incertezze, tanto quanto lo era lei. « Io comunque, per dovere di cronaca, avrei aggiunto che sull'altra sponda la cara vecchia Maze è sempre pronta ad aspettarti. Così, per dire. » Per molto tempo l'aveva vista come un essere irraggiungibile. C'erano state volte in cui a Mun era sembrato che Maze fosse qualcos'altro. Le aveva dato l'impressione di saperne una più del diavolo. La sua sicurezza era disarmante spesso e volentieri e i suoi gusti la potevano annoverare facilmente nella categoria degli snob con la puzza sotto il naso. Che poi, per quanto Mun provasse a sottrarsi a quella categoria, ci stava dentro con entrambe le scarpe. E' solo che non tutto è categorico al mondo. Le cose non sono solo bianche o nere. Ci sono una categoria infinita di sfumature di grigio, e loro si collocavano da qualche parte in quella scala.. forse più vicine al nero che non al bianco. Eppure la loro stessa natura mutava, concedeva di più o di meno, a seconda delle persone che avevano di fronte. In quel momento Mun annuì, e un sorriso dolce si dipinse sul suo volto. Non malizioso, tanto meno vanitoso. Qualcosa che potesse farle intendere che sapeva, e che probabilmente sarebbero persino state terrificantemente bene insieme, più di quanto non siano state con qualunque altro uomo. « Quello era implicito. Ed è un sentimento condiviso. » Asserì quindi stringendosi nelle spalle prima di incrociare le braccia al petto, sedendosi comodamente sulla propria sedia in attesa di quella che sarebbe stata la lettera di intenti di Maze. In fin dei conti quella era una sua iniziativa, quindi chiaramente sarebbe stata più brava di lei a comprenderne il fine ultimo. Era oltremondo curiosa quindi di sapere cosa avrebbe detto alla Maze del futuro. « Cara Maze del futuro. Prima di tutto spero vivamente che tu sia viva. In caso contrario, ciao a chiunque stia leggendo questa lettera. » Un brivido le corre lungo la schiena. La prospettiva che lei possa non uscire, la mette in un certo qual modo a disagio, la disturba. Mun e la morte, hanno sempre avuto un rapporto strano, piuttosto contraddittorio e paradossale. Solo adesso, dopo aver visto vite spezzate di fronte ai propri occhi forse per la prima volta in maniera così persistente, sta iniziando a temere che possa effettivamente accadere anche ai suoi cari. E cosa farò io? Cosa faccio se muori davvero? Scuote la testa decidendo semplicemente di scacciare quel pensiero per paura degli effetti che potrebbe avere quel addentrarsi in un territorio tanto lugubre quanto sconosciuto come la morte non voluta e non desiderata, la morte non programmata. « Punto primo: non rispondere al telefono o a qualsiasi altra forma di comunicazione. Anzi, se cambi proprio numero e strappi ogni lettera che ti arriva, è meglio. Nessun contatto. Sai già come va a finire. Punto secondo: se si presenta alla tua camera alle 2 di notte, non aprire. Tanto dovresti comunque cacciarlo, e faresti soltanto due fatiche. Punto terzo: non dargli corda, non parlarci, non sorridergli, altrimenti ci finirai a letto e non riuscirai mai a liberartene. Non lasciarti travolgere, sii l'ancora di te stessa. Puoi contare sugli amici, ma al di fuori di quelli, se vuoi una mano, la troverai in fondo al tuo braccio. » Non riesce a fare a meno di ridere silenziosamente a quelle parole. Ogni raccomandazione sembra esserle direttamente rivolta e per un attimo, si chiede Mun, quale dei tanti spasimanti di Maze le ha rubato il cuore in tale misura da portarla a proferire quelle parole. Perché Amunet Carrow lo sa, quelle sono le parole di una ragazza innamorata e profondamente delusa. Vorrebbe chiederglielo, è curiosa di sapere chi deve odiare e contro chi deve infierire a prescindere per solidarietà femminile, ma decide di non infierire con il flusso dei pensieri della Greengrass, perché lo sa la mora, che per nessuna delle due deve essere facile aprirsi in tale misura di fronte a qualcun altro. Chi l'avrebbe detto. Stiamo sulla stessa barca. Non l'avrebbe mai detto. Non si sarebbe mai aspettata una simile svolta, forse perché in fin dei conti, Maze non sembra mai mostrare di avere un lato tenero. L'ha sentita spesso parlare degli uomini, ma ogni qual volta succedesse, ha sempre percepito quel distacco tipico di chi l'altro sesso lo vedesse come un semplice sfogo passeggero. « Per dovere di cronaca sottoscrivo tutto quanto. » Anche se so che ho la forza di volontà di un criceto quando mi ci metto. Basta un sorrisone e poche paroline carine, e improvvisamente Mun diventa un agnellino, come qualcuno ragazzetta stupida che si rispetti e che in fondo al cuore non desidera altro se non una favola coi fiocchi. Purtroppo però, la sua favola è imperniata da una serie infinita di bugie e segreti, di parole non dette ed errori a cui rimediare è complicato se non addirittura impossibile. Ci sono gesti che uno non può semplicemente ritirare. Come la morte di una ragazza. « Ricordati che il blu e il marrone fanno cafone e che nulla può toglierti il sorriso, se non un Valentino originale che ti si strappa. E se riesci ad uscire viva da questo posto, ti meriti niente di meno di uno sceicco arabo. O un principe, anche quello va bene. E ricordati anche che una scopata oggi è meglio di un rimpianto domani. La Mun del passato mi ha rubato la linea finale ma ehi, non c'è miglior consiglio che potrei darti, al di là di questo. » E così, le loro dichiarazioni di intente sono state fatte, e in risposta Maze escogita già un modo per conservare il tutto. Trascina al centro della stanza uno dei suoi bauli, dividendolo a metà. E così, Mun inizia a selezionare tra i suoi capi quelli che maggiormente sono stati iconici per lei in quegli ultimi anni. Non mancano tutte le sue gonne preferite, le camicette in seta pregiata, qualche gioiello di cui non sa separarsene e poi la maggior parte delle scarpe. Sciarpe, capelli, guanti e cinture non vengono certo trascurate, ben attenta a conservarsene abbastanza anche per il periodo che verrà. Infine arrivano i vestiti; il vestito del ballo non rientra nella sua classifica, che resta invece sul letto insieme a tanti altri capi che vengono scartati. Infine arrivano i suoi preziosi libri, qualche regalino che le hanno fatto i suoi amici e la famiglia nel corso degli anni e i suoi dischi preferiti. E infine, tra gli scaffali sopra al suo letto, trova una cosa di cui si è addirittura dimenticata. Il suo personale album di fotografie, che resta a sfogliare per qualche istante. Ci sono le foto dei suoi anni più felici, quelli del quartetto, di quando lei e Fred stavano ancora insieme e tutto sembrava più facile. Ci sono le foto delle sue vacanze in compagnia dei fratelli, le polaroid scattate assieme al fratello, contro la volontà di Ares. Scuote per un istante la testa, ben consapevole che, di quella Mun è rimasto ormai ben poco. Eppure, nel rivedere alcune foto, un moto di estrema nostalgia l'assale, e allora, la Carrow lo getta nel baule assieme a tutto il resto. Si stringe nelle spalle, e infine, sopra a tutta la accozzaglia di roba, posiziona la sua lettera che si premura di infilare in una busta azzurognola, trovata sul fondo di uno dei cassetti della scrivania. « Che il tuo futuro sia luminoso. »
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    A quelle parole, Mun annuisce con convinzione. Ci vuole credere. Vuole credere che prima o poi entrambe troveranno la propria strada e quando riapriranno quel baule, forse, non solo saranno due persone diverse, ma saranno anche decisamente più consapevoli, meno sciocche e più serene. La Carrow richiude quindi il baule, serrandolo con un colpo di bacchetta, prima di precipitarsi verso il mucchio di trucchi rimasti lì stesi sui loro tavoli da trucco, afferrando un eyeliner a caso. Sul coperchio del baule inizia quindi a scrivere poche semplici parole. Prima un grosso AMAZE a caratteri eleganti. E poi sotto, "Hope is a waking dream. - Aristotle". « E che il sole risorga di nuovo alimentando il fuoco delle nostre speranze. » Perché ce lo meritiamo. Più di chi si batte il pugno sul petto ogni giorno convinto che tutto gli spetti. Ce lo meritiamo perché lo desideriamo di più, nonostante non sia nella nostra indole ammetterlo. Ci meritiamo tutti gli sceicchi e i principi del mondo, ma più di ogni altra cosa, ci meritiamo un solo unico momento di serenità e felicità. E forse non sarà mai possibile averlo, ma ho la certezza che ci proveremo. E ogni qual volta una delle due dovesse cadere, l'altra sarà lì. Questo quanto meno, mi sento di promettertelo senza se e ma.


     
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