Thou shalt not steal

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    Era in momenti come quello che Randy Blackwater realizzava di essere una persona molto controversa. Era proprio in momenti come quello che capiva come mai, nonostante tutto, il Cappello Parlante avesse deciso di spedirlo a Serpeverde. Era, infine, in momenti come quello attuale che realizzava che lui ed il codice morale della maggior parte degli esseri umani, altro non erano che due rette parallele che non sarebbero mai arrivate ad incontrarsi. Cercare di inquadrare lui era semplice più o meno come far entrare tutto un oceano in una bottiglia di plastica: ci si poteva illudere di esserne in grado, ma questo non significava che si trattasse di un'impresa realizzabile. Ad ogni modo, tutto era cominciato appena qualche ora prima - difficile dire quando - in giro per quella trappola mortale in cui il Castello di Hogwarts aveva deciso di trasformarsi. Qualcosa l'aveva distolto dal suo apatico peregrinare da un ambiente all'altro dell'edificio. E quel qualcosa era una ragazza. Beh, non tanto lei come individuo - anche perché era una Tassorosso di un paio d'anni più piccola, dal visino piuttosto trascurabile - quanto ciò che questa portava al collo. E, prima che il gentile pubblico possa pensare che il nostro caro Blackwater sia una specie di Snaso, preciso: si trattava di una sciarpa. Un capo d'abbigliamento che, di questo il nostro giovane era piuttosto certo, non le apparteneva. Quella dei vestiti che passavano di mano, perdendo per sempre il proprio legittimo proprietario, non era affatto una situazione inusuale, considerato l'andazzo. Tuttavia non aveva potuto fare a meno di storcere mentalmente il naso, di fronte al maltrattamento di un capo del genere. Probabilmente, se solo questa malcapitata gli avesse fatto una buona prima impressione, non si sarebbe neanche intestardito tanto e non avrebbe messo a punto il piano del secolo. Ma la tipa, una buona impressione non gliel'aveva fatta. Un po' per via della sua faccia in generale, un po' perché una che masticava rumorosamente e parlava con la bocca piena, una buona impressione non gliel'avrebbe fatta davvero mai. In più - ne era quasi sicuro - la volta che la Sala Comune aperta era stata quella Tassorosso, gli aveva pestato un piede, destandolo così dal suo sonno ristoratore. Perciò ogni fibra del suo corpo aveva gridato vendetta, e lo sappiamo tutti che lui non era esattamente il tipo di persona interessata a resistere a certi impulsi. Dopotutto erano legittimi. E i ladruncoli non gli erano mai piaciuti.
    Così aveva messo a punto un piano. Per la verità non sapeva bene se un'idea partorita in una manciata di minuti, prima che la suddetta ragazza potesse darsi alla macchia e sparire per sempre dal suo campo visivo, potesse davvero definirsi un piano, ma - come sempre, d'altronde - aveva fiducia nelle proprie capacità. E così era passato all'azione, questo prima che potesse essere troppo tardi. Aveva avvicinato la ragazza, aveva attaccato bottone e, una cosa tira l'altra, si era ritrovato a farle compagnia. Doveva sembrarle proprio simpatico - o carino, a seconda - perché, poteva giurarci, tempo mezz'ora e la malcapitata quartina dai capelli rossi, pendeva dalle sue labbra. Era scontato che non ricordasse il suo nome, più che altro perché non era mai stato di suo interesse, ma era riuscito ad ovviare al problema condendo il tutto di un sacco di nomignoli e sorrisi smaglianti. C'era da ammettere che, forse, se la tipa fosse stata un attimo più perspicace e meno presa dai discorsi assolutamente tattici del buon Randy, avrebbe anche potuto fargli cambiare idea sulla sua irrilevante persona. O accorgersi che ci fosse qualcosa sotto. Tuttavia non doveva essere una cima, dato che non aveva sentito puzza di bruciato nel momento in cui un ragazzo più grande, che mai l'aveva calcolata prima, e per giunta Serpeverde, l'aveva approcciata in maniera così diretta e si era auto-eletto suo accompagnatore della giornata. Quindi, in parte, era stata anche colpa sua e non tutto merito del fascino del giovane Blackwater.
    «...da quello che ho sentito, comunque, di andare nella Foresta Proibita non è il caso. » Si riavviò i capelli all'indietro, puntando nuovamente lo sguardo sull'interlocutrice per assicurarsi che lo stesse ancora ascoltando « Il gioco non vale la candela, capisci? E mi dispiacerebbe se ti succedesse qualcosa.» Certo, come no. Più bugiardo di lui soltanto il buon Allock quando aveva dichiarato di aver scritto di suo pugno tutti quei libri. Nonostante ciò la ragazza arrossì, che era poi più o meno l'effetto che voleva ottenere lui. In realtà avrebbe preferito averla ai suoi piedi e poterne fare direttamente ciò che voleva - niente doppisensi stavolta: proprio non era il suo tipo -, ma un piano ben orchestrato richiedeva i suoi tempi di realizzazione. Che lui sperava sarebbero stati brevi: dopo che la ragazza senza nome gli aveva sciorinato la storia della sua vita, non vedeva l'ora di darsela a gambe. Seriamente, però: possibile che non le fosse venuto il minimo dubbio sulla genuinità delle intenzioni di lui? Boh, misteri. Non la stava ascoltando, comunque, nemmeno prestò attenzione alla sua risposta: qualcos'altro aveva attratto la sua attenzione. Un ciondolo che sbucava da sotto la sciarpa. Si sporse verso di lei quel tanto che bastava per simulare curiosità e lo sfiorò con delicatezza: « Ma è stupendo, dove l'hai preso? » Un altro sorriso smagliante. Gli si sarebbero indolenziti i muscoli facciali a furia di simulare, poco ma sicuro.
    « Oh, ma è un cimelio di famiglia. Dietro dovrebbe anche esserci inciso qualcosa, se non ricordo male, e...» Bingo. Si trattenne dall'esultare in modo troppo palese, tanto perché non poteva permettersi di rovinare tutto a quel punto della cosa, e sorrise, fingendo interesse. Era il momento di agire.
    « Davvero? Ti spiace se...? » Le sfilò la sciarpa, poggiandosela sulle ginocchia con finto disinteresse, procedendo a rigirarsi il gioiello tra le dita. La ragazzina aveva ragione, non aveva soltanto tentato di darsi un tono. Beh, dieci punti a Tassorosso per l'onestà e bla bla bla. Si allontanò tanto perché la giovane non si facesse strane idee; era già tutta rossa, si aspettava forse che la baciasse? Ma per piacere. Nel duemilacredici. La lasciò parlare ancora per qualche minuto, lo sguardo fisso di fronte a sé, sulle persone in Sala Grande. Annuiva di tanto in tanto, sempre per simulare interesse, ma era pensieroso. E per forza: stava cercando un diversivo con tutto sé stesso. E lo vide, il diversivo, nei panni di un primino Serpeverde che lo salutava con la mano. Scattò in piedi, afferrando la sciarpa prima che questa potesse toccare terra. Il resto molto in fretta: si scusò con la Tassorosso, in faccia l'aria più contrita che ci fosse nel suo inventario, e si allontanò. Col bottino, chiaramente.
    Missione compiuta, Trickster.

    Aveva raggiunto il campo di Quidditch perché, dopo quella finta conversazione infinita, aveva davvero mal di testa. Proprio non si spiegava come mai, le persone interessate ad altre persone diventassero così tanto logorroiche. Un giorno, finito quel casino, avrebbe davvero indetto dei corsi per insegnare alla gente a rapportarsi al genere umano. La cui prima regola sarebbe stata, più o meno: non dare aria alla bocca a meno che tu non sia assolutamente certo del fatto che quel che hai da dire sia interessante. E la seconda qualcosa sulle note di: non fidarti di chi si mostra troppo gentile nei tuoi confronti. Chissà, magari avrebbe spedito un invito alla povera ragazzina che aveva fregato senza pietà. Oppure anche no.
    Era ancora assorto in quelle riflessioni di importanza nazionale, quando intravide Amunet Carrow a qualche metro di distanza. "Beh, quando il destino ti sorride..." si complimentò con sé stesso mentre cominciava a muoversi nella sua direzione, la mano che correva già alla tasca del cappotto. Aspettò di esserle di fronte, prima di fermarsi e accennare un mezzo sorriso: « Oggi sono portatore di buone novelle » le disse, tirando fuori il bottino dalla tasca « nonché eroe del giorno. Questa è tua, no? » Certo che era sua. Se c'era una cosa per la quale Randy aveva occhio, quelli erano i vestiti. Sapeva per certo che quella sciarpa fosse della Carrow perché gliel'aveva già vista addosso. « Cerca di non perderla più di vista: non sarò sempre nei paraggi per fregarla al ladro.» E che non si dica che non avesse almeno un po' del senso di cameratismo tipicamente Serpeverde. Non dopo questa.

    Edited by don't worry‚ be randy - 23/11/2017, 10:15
     
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    Cosa stai facendo? Se lo chiedeva spesso Mun, ma più che chiedersi cosa stesse facendo, avrebbe dovuto chiedersi perché non stesse facendo nulla, perché effettivamente mentre tutti si stavano dando da fare in un modo o nell'altro per aiutare, la mora sembrava essere sprofondata in una sorta di apatia perpetua. Il vuoto; nei suoi occhi sembrava esserci solo ed esclusivamente una forma di totale alienazione e spersonalizzazione. A volte li osservava gli altrui sguardi, riusciva persino a leggersi. C'è ancora qualcuno lì dentro? si chiedevano forse. La Carrow era diventata una specie di vuoto esistenziale, una maglia saltata all'interno del sistema. Lei che a lungo si era dimostrata forte e resistente a qualunque forma di intemperia, seppur fosse più che capace di sopravvivere e anche prestare assistenza a qualcun altro, sembrava piuttosto preferire abbandonarsi. Il più delle volte si lasciava semplicemente travolgere dalle situazioni senza provare nemmeno a fare nulla finché non fosse stata obbligata a dover fare necessariamente qualcosa. Viveva per inerzia, in quella perpetua apatia, in un mondo che sembrava scivolarle addosso e attraverso, senza mai davvero toccarla. Una foglia nel vento.
    Quel giorno era riuscita a cavarsela con un solo turno nei sotterranei; una ronda che Watson l'aveva obbligata ad accettare pur di non far crollare su di sé quello sguardo di disapprovazione che sapeva prima o poi si sarebbe potuto trasformare in una qualche forma di ramanzina che a dirla tutta non voleva sentirsi fare. Finita quella le era rimasto tanto tempo da dedicare a se stessa. Sin troppo persino per il suo stesso bene. Nemmeno tutto quel fare niente, era positivo; il troppo tempo libero esula dal contesto, obbliga a riflettere, a farsi domande. Ed è ciò che succede a forza di vagare sotto i pallidi raggi della luna. Sovrappensiero finisce nei dintorni del campo di Quidditch, là dove una pesante nebbia sta iniziando ad avvolgerla in una fastidiosa sensazione di angoscia. Pensare è facile, agire è difficile, e mettere i propri pensieri in pratica è la cosa più difficile del mondo. questo quanto diceva Goethe. E per restare in tema di Goethe, alla fine, la ragazza decide di soffermarsi proprio lì, un po' per nostalgia, un po' perché non gode di quel silenzio assordante da troppo tempo. Sulle gambe aperto il Faust, un libro che non è mai riuscita a finire, sin da prima del ballo e che ora, sottratto in biblioteca sotto gli occhi disattenti di Dean Moses, aveva intenzioni di concludere. Il silenzio le porta consiglio riuscendo paradossalmente a torturarla, fino al punto di iniziare a mangiucchiarsi le unghie. Cosa direbbe Maze se potesse vederla ora? Come minimo la rimprovererebbe, perché la manicure, prima di tutto. Ma il silenzio che tanto bramava ora è troppo, persino per i suoi gusti. E fa freddo. Davvero tanto freddo. E nemmeno tutti gli indumenti arrabattati qua e là sarebbero in grado di tenerla al caldo quanto i suoi splendidi maglioni di cashmere. Dicono che si inizi ad apprezzare quanto si ha, soltanto nel momento in cui lo si perde, e Mun, così a lungo disgustata dal suo tasso di vita fatto di contraddizioni e sin troppe ipocrisie, ora sembrava quasi bramare il ritorno di ciò che non ha mai valorizzato abbastanza. Quello in cui lei viveva, era un ambiente protetto - Hogwarts così come la conosceva prima, era un ambiente protetto - e ora, non c'era niente e nessuno che potesse effettivamente proteggerla. Era sola e si sentiva tale. « Oggi sono portatore di buone novelle » Trasalisce di scatto puntando la bacchetta nella direzione da cui sente provenire quella voce. Poco dopo, emerge dalla penombra, lasciandosi guardare in viso di fronte alla luce della sua bacchetta, un volto ben famigliare. Niente meno che Randy Blackwater. La Carrow non ci si è mai scambiata granché con lui, non più di quanto abbia fatto con chiunque altri all'interno del castello. Ma nonostante questo lo conosce, abbastanza da non starle apertamente antipatico e abbastanza da sospirare sollevata nel vederselo arrivare di fronte. Tutto sommato le risulta una figura piuttosto rassicurante; qualcuno con cui non le dispiacerebbe certo intrattenere un minimo di conversazione. La sua apparente allegria di certo non gusta. « nonché eroe del giorno. Questa è tua, no? » Solleva un sopracciglio con fare alquanto incuriosita mentre lascia che le dita affusolate scorrano sul morbido tessuto della sciarpa che il ragazzo le porge. Corruga appena la fronte e per un istante si chiede come faccia a sapere che le appartenga, e soprattutto perché le stia facendo quel favore. Perché pur sempre di un favore si tratta, soprattutto in tempi così difficili come quelli che stanno attualmente vivendo. « Cerca di non perderla più di vista: non sarò sempre nei paraggi per fregarla al ladro. » Deve ammettere Mun di essere alquanto sconcertata da quel comportamento. La gente attorno a loro si sta trasformando. La maggior parte dei loro compagni diventando bestie, vandali, persone che pur di beccarsi anche solo una bottiglietta d'acqua in più o un pacco di biscotti, si sbranerebbe a vicenda, ed ecco che, in mezzo a loro c'è invece Randy, che con noncuranza si presta al recupero degli oggetti smarriti.
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    Accetta la sciarpa, arrotolandosela istintivamente attorno al collo. Ha ancora addosso il suo profumo preferito. Qualcosa di famigliare. Qualcosa che le provoca ancora una volta quell'immancabile senso di melanconia. « Grazie? ..immagino? » Il tono di voce è ancora decisamente sorpreso, mentre gli fa spazio per sedersi sugli spalti accanto a lei. Si stringe nelle spalle, affondando il viso nella morbida quanto calda sciarpa, continuando a studiarlo come fosse una specie di cavia da laboratorio. Non sia mai che Mun si fidi apertamente di qualcuno, soprattutto quando è così gentile, soprattutto quando lei non gli ha dato alcun motivo per esserlo. Sono questi rapporti umani a metterla in difficoltà; le azioni apparentemente disinteressate a metterla maggiormente sugli attenti, anche quando in cuor suo sappia non ce ne sia minimamente bisogno. « Perdonami Randy, non vorrei certo risultare ingrata o maleducata ma.. » Fa una leggera pausa scuotendo la testa. « ..c'è qualcosa che desideri in cambio? » Nulla si fa per nulla nella vita, come già affermato. E questo è certo il momento peggiore per essere amichevoli e solidali. O forse è proprio il momento migliore? In cuor suo, sa che lei per prima dovrebbe cercare di risultare più vicina ai suoi compagni, soprattutto ai suoi concasati, ma non ci riesce. Non riesce a trovare un modo per scrollarsi di dosso tutta quella negatività, tutta quella ansia, la paranoia, la costante diffidenza e soprattutto l'apatia che sembra farsi spazio nel suo animo sempre di più e con sempre maggiore forza. A volte pare non provi più niente, che il mondo si sia ridotto ai suoi occhi a una serie di schemi, sistemi ed equazioni. Qualcosa di estremamente logico e asettico, squisitamente matematico. « Insomma, di questi tempi una sciarpa del genere vale oro, quindi.. » Quindi perché? Lo sguardo glaciale di lei, osserva con vivido interesse il volto del ragazzo al suo fianco mentre richiude il libro posandolo al suo fianco. Scuote per un istante la testa prima di lasciar vagare quei grandi occhioni grigi nel buio di fronte a loro, ricercando in mezzo a tutta quella nebbia una sottile linea dell'orizzonte inesistente. Non riesce nemmeno a ricordare come fosse la tenuta del castello prima di quel periodo; tutto a sostegno del fatto che Mun non si è mai vissuta appieno la sua vita, non si è mai goduta fino in fondo quanto il mondo avesse da offrirle, a partire dalle cose più semplici, come il gesto gentile di un compagno. Sospira di scatto, cercando di mollare un attimo la presa. E così facendo, decide di provare a fare un leggero passo di qualità. Lo scruta con la coda dell'occhio prima di portarsi le ginocchia al petto, appoggiando il mento su quest'ultime. « Allora come te la cavi? ..in mezzo a tutto questo.. » Una Caposcuola di tutto rispetto dovrebbe fare questo. Preoccuparsi per i propri compagni, fare in modo che stiano bene. Almeno, questo si sente di fare in quel momento, per scrollarsi di dosso almeno in parte i sensi di colpa che chiaramente non l'abbandonano mai, di fronte al suo evidente atteggiamento passivo.


     
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