Fairly local

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    Più passavano i giorni, più vana si faceva in tutti la speranza di trovare rimedio a quella situazione. E se da una parte ciò aveva portato con sé le prime personalità deboli, facendole crollare sotto il peso della pressione, dall'altra aveva fatto emergere in tutti gli altri il tenace istinto di sopravvivenza. Si sa: è nelle situazioni di maggior pericolo che emerge la vera natura di ciascuna, e mano a mano che il tempo passava, ogni studente e non del castello stava lasciando intravedere (chi più e chi meno) la propria materia grezza dalle crepe della facciata che si era costruita. Cosa era Percy Watson? Un eroe non di certo. Era troppo individualista per esserlo. D'altro canto non si era nemmeno rivelato uno sciacallo; non aveva tolto a nessuno ciò che gli spettava di diritto. Percy Watson semplicemente, si era rivelato colui che maggiormente aveva avuto un distacco dalla personalità che aveva sempre millantato. Nessuna sorpresa, nessun momento di rottura. Paradossale come la sua, che pareva essere la facciata più costruita al mondo, si fosse rivelata quella più vicina alla realtà. Era cambiato, di certo, ma non così tanto da lasciare realmente spiazzato chi aveva attorno, nel bene o nel male. Percy aveva continuato a fare ciò che aveva sempre fatto: pensare a se stesso e farsi strada con i propri mezzi e le proprie capacità. Non era bravo ad essere altruista, non era bravo a preoccuparsi degli altri, ma era bravo a pensare a se stesso, e in quella situazione ciò convergeva con gli interessi di tutti. Altre personalità più altruiste avevano trovato se stesse nel dedicarsi a chi ne aveva bisogno, lui, invece, si dedicava all'ordinaria amministrazione tanto quanto alla ricerca di una soluzione celere. Lui e Tris erano le persone più adatte in questo: ne avevano la tempra e il polso, e di certo il sangue freddo non gli mancava. I caposcuola, ecco cosa facevano. Quello che avevano sempre fatto.
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    "Hai fatto la lista?" annuì, l'ex Grifondoro, cominciando ad elencare sulla punta delle dita. "Ci serve l'antilupo, qualche bevanda della pace, l'ossofast, antidoto ai veleni comuni in grande quantità, e magari un paio di pozioni corroboranti per stare tranquilli con certe personalità." Sorrise, annuendo nel ripetersi tutto in mente. "Per certe personalità ci vorrebbe una felix felicis, altroché. Ma dubito che l'aula di Pozioni abbia tutti gli ingredienti necessari." Si lanciarono uno sguardo eloquente, consci di quanto in quel momento un po' tutti avrebbero avuto bisogno di una felicis. "E il tuo A-Team quale sarebbe?" "Me stesso." Semplice. "Saresti più veloce con qualcun altro." Tutti i torti non li aveva, ma di certo trovare abili pozionisti in quel castello non era facile come potesse sembrare, e soprattutto aveva bisogno che si trattasse di qualcuno in cui riponeva un minimo di fiducia. "Vuoi immolarti per la causa?" Rimasero qualche istante in silenzio, probabilmente a considerare quell'ipotesi, ma Percy fu il primo a scuotere il capo come ad accantonarla, lanciandole un sorriso malizioso. "Scherzavo. Sappiamo entrambi come finirebbe." Percy. Tris. Una stanza chiusa. Nessuno intorno. Il finale era piuttosto scontato. Alzò gli occhi al cielo, la Morgenstern, ovviamente, illuminandosi poi per un istante come se si fosse appena ricordata di qualcosa. "Ah, mi dimenticavo! Alcuni mi hanno chiesto anche la pepata, sai, per il raffreddore. Con queste temperature.." la frenò subito, cominciando già a raccogliere le proprie cose "Il raffreddore se lo tengono. A quello possono sopravvivere tranquillamente." Seh, adesso mi metto pure a sprecare le scorte di ingredienti per un cazzo di raffreddore. "Ambasciator non porta pena." Giusto il tempo di rivolgerle un mezzo sorriso e se ne uscì dalla Sala Grande, lasciandola a qualunque fosse il suo progetto per quel giorno.
    Alla fine ci era arrivato pure lui alla conclusione che un aiuto non gli avrebbe fatto male. Non tanto perché ne avesse bisogno, ma perché appunto sarebbe stato più veloce, e in quei frangenti la velocità era essenziale. Nessuno sapeva quale trappola sarebbe scattata, ne' dove, ne' tanto meno quando. Per quanto ne sapesse una voragine avrebbe potuto aprirsi sotto i suoi piedi in quello stesso momento, per puro caso, perché era stato un secondo in più a parlare con Tris invece che andare dritto nell'aula di Pozioni. E allora fece quello che era più logico fare, rivolgendosi all'unica persona dentro quel castello che sapesse sempre con precisione dove si trovassero tutti quanti. "Potter, dove sta Douglas?" Una smorfia comparve sul volto del moro, quasi avesse intenzione di fare una battuta che comunque lui bloccò sul nascere. "Le facili ironie lasciale per un altro momento e per qualcuno a cui interessano. Dimmi solo dove sta." Con un sopracciglio alzato e il cipiglio scocciato, il Serpeverde srotolò la Mappa del Malandrino, seguendone le linee fino a puntare il dito su un luogo preciso. "Bagni del secondo piano. Si sarà preso un momento per se stesso." La battuta ce la dovevi proprio mettere, eh? "Forse dovresti farlo anche tu. Comunque grazie." Roteò gli occhi al cielo, il ragazzo, rivolgendogli uno sbrigativo cenno della mano prima di tornare alla sua vocazione di bambinaio della scuola. E, divise le strade, Watson si avviò a quel punto verso il secondo piano, facendo rimbombare i suoi passi di gran carriera per i corridoi.

    "Comunque questa se la poteva proprio evitare, Kingsley." fu l'acido commento di un Percival Watson intento a mescolare il composto grezzo dell'ossofast. Aveva deciso di iniziare dalla più difficile e andare a scalare pian piano, in modo da abbinare a ciascuna pozione le energie che gli spettavano. "Era uno dei nostri e guarda in che cazzo di situazione ci ha lasciati. In bilico tra la vita e la morte, a vivere come animali, e per giunta con un branco di idioti che non sanno usare una bacchetta nemmeno per sbaglio." Con una certa rabbia gettò alcune erbe nel calderone, rimescolando un po' il tutto prima di abbassare il fuoco e voltarsi verso Nate. In ogni caso aveva altri cinque minuti prima del prossimo passo nella ricetta. Incrociò le braccia al petto, appoggiandosi contro la cattedra. "Ci credi che c'è chi ha avuto la faccia di chiedere la pepata?" lasciò un istante di silenzio eloquente, fissando il compagno in viso "Abbiamo thestral assassini, inferi, un kraken, la stanza delle necessità che sembra essere diventata un molliccio all'ennesima potenza..e cosa li preoccupa? Un cazzo di raffreddore. Diamine, forse comincio a capirlo, Kingsley." Sospirò, scuotendo il capo con aria amareggiata. "Lascia stare. Come ve la state cavando voi?" Voi ovvero il Clavis, chiaramente. "Se avete bisogno di qualcosa, lo sai, siete in corsia preferenziale." pausa "Per me, almeno."
     
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    « Comunque questa se la poteva proprio evitare, Kingsley. » Nate, intento a mescolare con una certa attenzione il contenuto del grande calderone di fronte a sé, mentre di tanto in tanto getta un occhio al coltello che controlla con la propria bacchetta, e che ha cominciato a sminuzzare la radice di Aconito poco più in là, quasi non fa caso alle parole di Percy, che per primo rompe il silenzio quasi religioso dell'aula di Pozioni. Non che il Serpeverde abbia evitato coscientemente di parlare con l'amico, nel corso dello svolgimento di quel loro compito pomeridiano, e d'altronde il livello di confidenza tra i due è tale da permettergli anche di starsene tranquillamente zitto, senza doversi necessariamente sforzare di tirar fuori tutta la propria espansività, che solitamente riserva per altre occasioni. E probabilmente c'è anche che, alla luce degli avvenimenti che hanno stravolto le loro vite dal ballo in poi, il giovane Douglas non è del tutto certo di come comportarsi nei confronti dell'ex compagno. Il motivo principale è senza dubbio il suo chiaro coinvolgimento con il gruppo di riottosi che li ha costretti in questa situazione assurda, e in parte una certa influenza viene data dall'averlo notato, in varie occasioni in quelle settimane, diverso dal solito. Dal Percival Watson che conosceva e che tanto ammirava un tempo. Forse l'ha visto più umano, in qualche frangente, e per quanto una trasformazione simile sia del tutto naturale nel contesto in cui sono relegati, a Nate questo non piace per niente in ogni caso: è sempre stato portato a credere che "umano" equivalga a debole, e che proprio la debolezza sia l'anticamera del momento in cui si soccombe. Resta in silenzio, tenendo questi pensieri per sé, mentre ascolta i commenti del ragazzo e continua a mescolare il contenuto del calderone di fronte a sé. « Era uno dei nostri e guarda in che cazzo di situazione ci ha lasciati. In bilico tra la vita e la morte, a vivere come animali, e per giunta con un branco di idioti che non sanno usare una bacchetta nemmeno per sbaglio. »
    Si ritrova a sollevare un angolo delle labbra, a quelle parole, le sopracciglia che si incurvano verso l'alto. Annuisce piano, lo sguardo concentrato sul proprio lavoro mentre si allunga sul bancone, per poi versare un cucchiaio di essenza di Dittamo all'interno della pozione. « D'altronde la tua ragazza poteva evitare di pugnalarlo alle spalle. Direi che su questo piano siete pari, che dici? » Si volta a guardarlo, l'espressione vagamente sarcastica. Non è piccato, né in qualche modo offeso: è sempre stato un grande sostenitore dell'opera di Edmund Kingsley, ma non lo conosceva particolarmente bene in quanto persona, non quanto suo padre, per lo meno. E di fronte alla sua morte non ha provato nulla. Le implicazioni di quell'avvenimento, certo, erano state un altro paio di maniche, tanto che quella sera, non appena compreso l'accaduto, era schizzato come un razzo verso i cancelli del castello, senza guardare in faccia nessuno, determinato a raggiungere il villaggio in modo da potersi smaterializzare e tornare all'Arcadia. Lì dove era certo si sarebbe trovato al sicuro. Ma alla fine era stato comunque tutto inutile, e lupi, capre e pastori si erano ritrovati sotto lo stesso tetto a lottare per la sopravvivenza quotidiana. E ora, per quanto possa importargli poco della morte del Preside, non può fare a meno di cogliere la battuta di Percy per sottolineare, con le parole e con lo sguardo, che lui, appunto, era uno dei loro.
    « Ci credi che c'è chi ha avuto la faccia di chiedere la pepata? Abbiamo thestral assassini, inferi, un kraken, la stanza delle necessità che sembra essere diventata un molliccio all'ennesima potenza..e cosa li preoccupa? Un cazzo di raffreddore. Diamine, forse comincio a capirlo, Kingsley. » Scoppia a ridere, Nathan, mentre copre il proprio calderone con il coperchio e si appoggia anche lui al bancone, incrociando le braccia al petto. È già tanto che mi ritrovo qui a preparare l'ossofast anche per loro, si ritrova a pensare, tra sé e sé, figuriamoci se mi mettevo a perdere tempo anche con la Pepata per i loro nasini fragili. Per quanto possa essere stato viziato in tutti i modi nella sua giovane vita, Nate per primo è in grado di comprendere la gravità della situazione, e capire quali siano le cose per loro essenziali, e quali no. Certo, gli piacerebbe senza dubbio potersi godere una di quelle cenette alle quali erano abituati lì al castello, e che lui tanto disprezzava, ma non per questo disdegna un pacco di crackers o si lamenta dei morsi della fame. Solo i deboli si lamentano.
    « Non te ne fare un problema, tempo due settimane e questi soggetti saranno spariti. Mentre saranno tutti preoccupati per il loro raffreddore verranno squartati da un Thestral o ingoiati dalla Foresta Proibita, com'è giusto che sia » dice con particolare candore, accompagnando la battuta con una leggera risata di scherno. Non che l'idea di diminuire sempre di più in numero lo faccia impazzire - anche perché le probabilità di venire colti da una trappola aumentano esponenzialmente, in questo modo - ma è semplice logica, la sua. La legge del mondo, la selezione naturale regola anche quel micro-universo che si è creato all'interno del castello.
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    Solo i migliori, i più tenaci, i più forti e abili possono sopravvivere a quelle prove terribili. Per carità, è ovvio che sia presente anche un'importante componente di fortuna nel mix di qualità possedute da chi sopravvive, ma Nate è certo che alla lunga solo le persone con un certo tipo di carattere potranno sostenere tutto lo stress a cui sono sottoposti giornalmente.
    « Lascia stare. Come ve la state cavando voi? »
    Si stringe nelle spalle, mentre si gratta il mento, con fare pensieroso. Come se la stanno cavando? Male, ovviamente. Come tutti. Non crede, Nathan, che ci sia una sola persona all'interno di quel castello che sia in grado di sostenere quella situazione in modo stoico e tranquillo, nemmeno Ares, che tra l'altro ultimamente non sembra nemmeno essere particolarmente in sé. « Discretamente. » Sì, insomma, per lo meno siamo vivi. « Sospetto che Edric sia quasi divertito dalla situazione. » Ridacchia, per poi scuotere piano la testa.
    « Se avete bisogno di qualcosa, lo sai, siete in corsia preferenziale. Per me, almeno. » Lo guarda di sottecchi, Nate, come a voler cercare un significato nascosto in quelle parole. Le labbra si arricciano leggermente, l'espressione che all'improvviso si fa un po' più scettica. Si scosta dalla sua posizione, voltandosi verso il bancone a controllare velocemente il contenuto dei due calderoni, per poi ricoprirli. Resta qualche istante in silenzio, mentre tamburella con le dita sulla superficie ruvida del tavolo di legno, lo sguardo perso di fronte a sé.
    « Se abbiamo bisogno di qualcosa, non esitiamo a prendercelo, lo sai. » Sorride, mentre gli lancia un'occhiata rapida ma eloquente. Di certo non ci serve l'aiuto di qualcun altro per sopravvivere. « E poi, sarà, ma di questa cosa della corsia preferenziale non ne sono più tanto certo. » Si stringe nelle spalle. Parla con fare casuale, come se stesse elencando gli ingredienti da inserire nella prossima pozione o pensando a come dilettarsi più tardi. « Capisco che tu adesso ami tanto il popolo e hai tanta voglia di fare squadra con chiunque capita, ma la condivisione non fa esattamente per me. » Punta gli occhi nei suoi, lapidario. Da che parte stai, Percival? Che ti è successo? « Non voglio entrare nel merito della questione - affari tuoi, scelte tue, per carità. E oggi ti sto aiutando perché questa roba potrebbe servire anche a me, uno di questi giorni. Ma mi sembra inutile far finta che le cose non siano cambiate, e che Kingsley sia stato l'unico ad essere sleale, nei nostri confronti. »
     
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