O' Death

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    « Percival Watson. » Un sorriso sghembo compare istintivamente sulle labbra della mora. « Carrow. » Un sorriso che viene ricambiato dall'ex Caposcuola, prima di tornare ad abbassare lo sguardo su una lista di cose da fare. Sin da quando tutta quella avventura è iniziata, Watson è stato uno di quelli che si è dato maggiormente da fare, anche di fronte alle non poche smorfie di chi in realtà vedeva Watson e quelli che come lui, alla comunità di Hogwarts non apparteneva più, come un usurpatore. Non certo la Carrow. Lei dal canto suo, una volta sollevata dalle sue responsabilità di Caposcuola in carica, si è data ben poco da fare. Se Percy le ha chiesto di fare qualcosa l'ha fatto, se qualcuno aveva bisogno di aiuto, ci aveva pensato, ma per il resto, la Carrow godeva di ben poco spirito di iniziativa in quel contesto. Là dove tutti cercavano di dare una mano, lei dal canto suo sembrava essere intenzionata a fare più di quanto dovesse. « Mi hai chiamato.. » Un'affermazione che ha uno sfondo interrogativo oltre che di curiosità.« Hai qualcosa per me? » Se Percy la chiamava era per un motivo solo; aveva bisogno del suo aiuto. D'altronde, persino l'uomo senza sonno per eccellenza non era in grado di sdoppiarsi, e allora, seppur immaginava la Carrow, a malincuore, doveva affidarsi a quei pochi che all'interno di Hogwarts considerava validi. La Caposcuola Serpeverde doveva essere una di loro, ma stranamente, quell'approvazione negli occhi di Watson nei confronti della sua persona, non la facevano sentire migliore, non la portavano a provare un moto di orgoglio. La Carrow era arrivata a quel punto del non ritorno, in cui nulla sembrava scardinarla. Le situazione le passavano attraverso, senza che lei ne venisse minimamente smossa. L'unica cosa di cui aveva paura erano gli incubi, le continue visioni, le allucinazioni, il dolore che il suo dio della morte le faceva provare ogni qual volta gli piacesse. « Uno di questi giorni dovrai iniziare a scendere per dare una mano con la preparazione delle pozioni. » E dicendo ciò le passa un foglio di pergamena su cui sono scritti vari ingredienti, tutti reperibili nelle serre. « Per adesso occupati di questi e scegli bene. » « Ricevuto. » Dice in modo apatico mentre afferra la lista, pronta a dirigersi verso gli esterni. « Ah Carrow.. portati Jones appresso.. per sicurezza.. » Alza gli occhi al cielo prima di squadrare dalla testa ai piedi il Tassorosso. « Serio? » L'ex Caposcuola annuisce mentre lo richiama affinché segua la giovane Carrow. « Veramente ho la ronda in cortile tra mezz'ora. » «E quant'è mezz'ora, Jones? Tu lo sai? » Nessuno sa più qual è la scansione del tempo. E' sempre notte. E' tutto uguale. Ma in cuor suo è lieta che quel Tassorosso non la segua. E meno male. Tanto mi saresti stato di ben poco aiuto. Tutti quelli del settimo, tanto quanto gli ex si occupano dei lavori più ostici, ronde nei luoghi più a rischio e via dicendo. Quelli del sesto, se validi, vengono scelti per lavori come quelli che toccano alla Carrow. Tutti gli altri sono gli anelli deboli, e quindi, vengono affidati quando possibile appunto a quelli del quinto e del sesto. Quanto meno non mi tocca badare ai primini, si ritrova a pensare la Carrow in piena consapevolezza del fatto che i ragazzini non avrebbe proprio saputo gestirli. « Ma tranquilla, ti trovo subito qualcuno che non sta facendo niente. » Sbuffa la Carrow, portandosi i capelli su una spalla, prima di abbottonarsi il cappotto, pronta a immettersi sui domini. « Come ti pare. » Dice prima di dare le spalle ad entrambi.

    Menta Piperita. Aglio. Belladonna. Aconito. Dittamo. Fiori di Valeriana. Foglie di Tiglio. Rametti di Elleboro. Asfodelo. Corteccia di Albero Regenerante. Li legge uno ad uno sulla lista, mentre apre le porte della serra numero due. C'è un odore cattivo lì dentro. Un conato di vomito l'assale mentre impugna la bacchetta. « Lumos Maxima! » Il getto vola delicatamente dalla sua bacchetta, illuminando l'interno ambiente della serra. Non è come se la ricordava. L'aria è sinistra, carica di polvere e un odore di morte consistente. Là fuori si è alzata oltretutto una nebbia non indifferente. C'è un silenzio tombale attorno a sé, nella sua mente, ovunque. Ryuk non si fa sentire, e la cosa peggiore è che quando lo fa, la sua presenza è sempre inaspettata. Scuote la testa cercando di eludere quei pensieri, così come cerca di eludere una serie infinita di cose sin da quando tutto è cominciato. Di punto in bianco, Mun è tornata a una condizione di perenne inerzia. In quella situazione non poteva più fare leva sulle apparenze, sull'apparente rilievo che sembrava aver acquistato nei mesi precedenti. Non c'era motivo di far finta, semplicemente perché nessuno faceva più caso a nessuno. Non c'erano più voci, non c'era più il gossip e tutte le convenzioni sociali stavano lentamente cadendo. Stavano diventando giorno dopo giorno un po' più animali, litigando per un tozzo di pane, scannandosi per un indumento seppur consunto, alla perenne ricerca di restare umani, ma senza mai più esserlo del tutto. Mun dal canto suo si era discostata. Dopo la notte nel bagno dei prefetti, dopo il ballo in generale, aveva tenuto un profilo basso, un po' perché non si sentiva in grado di prendere in mano la situazione, un po' perché in realtà aveva preoccupazioni ben più grandi. C'era un luogo che più di altri l'attirava: la foresta. Ma era anche l'ultimo posto a cui aveva deliberatamente deciso di non avvicinarsi. Aveva sentito che Hugo Weasley ci si era perso, e come lui tanti altri. C'era gente che ne usciva giorni dopo senza parlare, con il terrore insito nelle ossa. Eppure lei, ne sembrava in un certo qual modo attratta, affascinata, incuriosita. Ogni qual volta si trovasse ai margini della foresta, sembrava ci fosse qualcosa che voleva attirarla all'interno. Ma Mun combatteva, girava i tacchi e si dirigeva nella direzione opposta. Aveva avuto ben pochi contatti umani dopo il ballo, e questo rendeva tutto più difficile. Oltre a suo fratello, Watson, Douglas, Maze e Tallulah, Mun non parlava quasi con nessuno. Ne evitava la compagnia e si discostava. Cercava un posto tranquillo, per quanto possibile, e iniziava a leggere. Leggeva qualunque cosa le capitasse a tiro. Mentre la gente correva impazzita di qua e di là, Mun restava nel suo angoletto, quasi come se niente stesse accadendo. Quasi come se, quella situazione non la stesse effettivamente toccando. In realtà moriva dentro. Ma non era perché si trovava in una trappola mortale. Era perché in una trappola mortale lei ci stava già da prima, e questa di Edmund Kingsley, la impressionava ben poco in confronto. Inizia quindi, stringendosi nel cappotto, a raccogliere i primi ingredienti, iniziando a raschiare via, frammenti di corteccia dell'Albero Regenerante presente al centro della sala due. Ripone tutto in un'ampolla, quando di scatto, si sente un liquido caldo colare sulla guancia.
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    Una goccia, due, tre, prima che la Caposcuola Serpeverde alzi lo sguardo d'istinto. E' appreso proprio sopra la sua testa. I rami aggrappati attorno al suo collo. Di scatto il suo respiro si fa pesante; si costringe ad indietreggiare mentre il coltellino da campeggio le scivola dalle mani assieme alla bacchetta. Non urlare. Si costringe. Li allarmerai inutilmente. E non è questo il momento di portare la gente ad abbandonare le proprie postazioni. Per un istante Mun pensa possa essere una sua allucinazione. E allora, raccoglie tutta la sua forza d'animo per avvicinarsi. Prende un ramo rimasto a terra, e tocca appena il corpo spingendolo all'indietro. Solido. E lì. Sente di dover vomitare. Mun ha sempre pensato che la morte non l'avrebbe mai impressionata, e invece non è così. La riconosce? No.. non la riconosce. Non sa come si chiami, non sa chi sia e non sa cosa fare. Per un momento le mani prendono a tremarle. Chiude gli occhi e tira un lungo sospiro, poi afferra la sua bacchetta e si concentra. « Expecto Patronum! » Pensa ai suoi ricordi più felici, ma non succede niente. « Expecto Patronum! » Ci riprova concentrandosi ulteriormente. Mun non è mai riuscita a invocare un Patronus. « EXPECTO PATRONUM! » Niente. Solo un leggero bagliore azzurrognolo che illumina appena l'ambiente malamente oscurato dal Lumos che ha lanciato, e che ormai sta sbiadendo assieme a tutta la sua concentrazione. Si passa le mani tra i capelli, mentre getta un'ultimo sguardo verso il cadavere della ragazza. La trappola deve essere scattata da poco e lei deve esserne rimasta intrappolata. Non è in grado di chiamare nessuno in soccorso della poveretta, e allora decide di rivolgerle le spalle, precipitandosi velocemente verso gli esterni. Il bagliore della bacchetta le permette di vedere a pochi metri davanti a sé. La foschia sempre più fitta, il freddo sempre più pregnante. Non una traccia di stelle o di della luna nel cielo. Quello è un giorno, o una notte - qualunque cosa sia - davvero cupa. Tutto quel buio perpetratosi all'infinito la sta facendo impazzire. E così, segue l'unica fonte di luce, proveniente dall'ingresso principale del castello. E lì che si dirige, finché non si scontra contro una figura decisamente più imponente della sua. Le mani tremano, mentre trova il coraggio di avvicinare la propria bacchetta al volto del ragazzo, per poterne accertarne l'identità. L'ultima persona che si aspettasse di vedere. Ma ha davvero tempo e voglia di storcere il naso? Probabilmente dovrebbe, ma in quel momento, prima di se stessa viene quella poveretta che va tirata giù. Si allontana di un passo mentre a sguardo basso si passa le mani tra i capelli. « Ho trovato un corpo.. » Inizia così la conversazione, senza sapere precisamente cosa dire e come dirlo. Parlare di morti con Fred Weasley, dopo il loro ultimo incontro e la cosa meno adatta da fare. « ..nelle serre. » Ogni sua azione è meccanica. Si tormenta le mani, cercando di fermare quel frenetico tremolio. « Va tirata giù. » Dice infine deglutendo. Dovrebbe chiedergli di aiutarla. Ma non sa esattamente come fare. Non sa se lei personalmente vuole farlo. « Va.. va.. » Sospira lungamente cercando di trovare le parole giuste. Cosa le hanno insegnato? Cosa hanno detto i più grandi? I corpi vanno seppelliti. Bisogna dare loro giusta sepoltura. Pensa a quello, se lo ripete e decide di dirlo a voce alta. « Va seppellita. Bisogna dare giusta sepoltura ai corpi. » Non si fa mai i conti con la morte. Non davvero. Non quando a morire sono gli innocenti. E fino alla prova contraria, quella ragazza era un'innocente.




    Edited by #DeathNote - 1/12/2017, 12:44
     
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    Non avrebbe mai creduto che tutto questo sarebbe stato un giorno possibile. La gente si affidava a lui, credeva in lui. Fred Weasley, il combinaguai per eccellenza, non capiva neanche perchè. Era diventato caposcuola della sua casata, questo è vero, ma non avrebbe mai pensato che ciò lo avrebbe portato a...Beh, questo. Prendersi cura dei suoi compagni di casata, specialmente dei più piccoli. Controllare che le loro condizioni di salute fossero più decenti possibile, e -in particolar modo- fare attenzione che non si cacciassero nei guai. Lui, proprio lui, in quelle settimane aveva rimproverato tanti di quegli studenti. Ragazzetti incoscienti talvolta, che si divertivano a sfidare la morte gettandosi a capofitto in quelle trappole di cui tutti ormai parlavano. Un tempo l'avrebbe fatto anche lui, e per i primi giorni se ne era beccato parecchie di batoste. Perchè era Fred Weasley, dopotutto, e di fronte ad un'armatura pronta a sfracellarlo contro il muro non avrebbe mai e poi mai immaginato di scappare. Eppure col passare dei giorni, anche lui aveva imparato a farlo. Correre, correre il più velocemente possibile dinnanzi al pericolo. Non gli piaceva, si sentiva un codardo, eppure la maggior parte delle volte era il modo migliore per non lasciarci le penne. A cosa valeva il coraggio, in tutta quella merda? Nulla. Anche Baxter era coraggioso, eppure in quella fottuta aula di DCAO c'era morto comunque. E Fred l'aveva visto morire, ma la cosa peggiore non era questa. La cosa peggiore era che, con tutte quelle morti, si stava quasi abituando. Peter, Baxter, Lilith, la lista era infinita. Chissà forse prima o poi sarebbe toccata anche a lui. Forse era solo una questione di fortuna, di tempo, o sadismo. A quante morti doveva ancora assistere, prima di ottenere il suo turno? A quante persone a cui voleva bene, avrebbe dovuto dire addio? Non lo sapeva, e a dirla tutta non voleva nemmeno pensarci. La paura di morire, era un fattore odierno in quello scenario. Persino i più piccoli sembravano essersene abituati. Ma la paura di rivedere qualcuno dei suoi tra i cadaveri accatastati sul limitare della tenuta..Quella lo paralizzava ogni qualvolta ci pensasse. Albus, Roxanne, Malia, Betty, Hugo..Amunet. Sospira, passandosi una mano sul viso. Si trova all'interno di una delle aule, inginocchiato accanto ad un ragazzino steso per terra, ferito. Non ricorda il suo nome, ma non avrà più di dodici anni. Ha una brutta ferita alla gamba, la febbre alta, e decisamente non un bell'aspetto. Ma in fondo, chi di loro lo ha? Malia, seduta accanto a lui, gli lancia un'occhiata di dubbia provenienza. Ha il viso pallido, i capelli arruffati ed un livido scuro sulla guancia. Conosce quello sguardo, in quei giorni ha imparato a farlo. Purtroppo. Lei sa che, con ogni probabilità, quel ragazzino non passerà la notte -se notte, in fin dei conti, può esser chiamata-. Non riescono a far abbassare la temperatura, e quella ferita diventa più brutta ogni ora che passa. Deve sicuramente avere un'infezione in circolo, e seppur stiano provando in ogni modo di curarla, non è abbastanza. Loro non sono abbastanza. Sono soltanto dei ragazzini, dopotutto. Fino a qualche giorno fa il loro più grande problema era quale vestito indossare per il ballo e come fronteggiare la bacheca dei pettegolezzi. Non erano preparati a tutto questo. E non è preparato neanche Fred, nonostante affermi di giorno in giorno il contrario. La gente conta su di lui, crede in lui, ma sa di non meritarselo. Non ha versato neanche una lacrima, dalla notte in cui tutto ha avuto inizio. Non si è abbattuto neanche una volta, eppure sa che il crollo arriverà. Lo sente pulsargli dentro, crescere sempre di più, e quando giungerà sarà orribile. Ma fino ad allora stringe i denti, continua ad incassare tutti quei dannati colpi, sforzandosi per sembrare il leone quando invece si sente l'agnello. « Serve dell'altro iperico. Per adesso ne abbiamo abbastanza, ma tra qualche ora... » « Vado io. » Asserisce deciso il rosso, alzandosi da terra. Una fitta alla schiena lo costringe a bloccarsi qualche istante, prima di riacquistare equilibrio. « Tutto bene? » « Benissimo, nonna Molly. » Risponde ironicamente all'amica, perchè sdrammatizzare in fondo è la chiave di tutto. Lancia un'ultima occhiata al ragazzino per terra « Se muori nel frattempo e mi fai andare alle serre inutilmente, mi incazzo. » Umorismo macabro. La risata flebile del poverino lo accompagna mentre sguscia fuori dall'aula, per poi poggiarsi qualche istante al muro a riprendere fiato. Avrebbe bisogno di un po' di morfina, ma dopotutto, la sua sofferenza è inferiore a quella di tanti altri lì dentro. Si incammina dunque, passandosi una mano tra i capelli. Dio, deve avere un aspetto terribile. Non si guarda ad uno specchio da giorni ormai. I suoi capelli rosso fuoco sono ingrigiti dalla polvere, il suo viso è una cartina di graffi e lividi, e i vestiti..Meglio non parlarne. Ha macchie di terriccio e sangue ovunque. « Lumos » Mormora, incamminandosi lungo la grande tenuta. Non è un bel posto, quello. L'atmosfera sembra ancora più buia, fuori dal castello, e sulla foresta antistante non si raccontano cose alquanto positive. E poi fa freddo, fottutamente freddo. I denti iniziano a tremare, mentre si avvicina sempre di più alle serre d'erbologia. Ha avuto la febbre fino a qualche giorno fa, e non è certo gli sia passata. Insomma, un toccasana, quella passeggiatina nel gelo più totale. Ma qualcosa attira la sua attenzione, o meglio qualcuno. Sbatte contro una sagoma minuta, e la bacchetta gli scivola dalle mani, rotolando sul prato. Per fortuna, la luce sulla punta rimane accesa per qualche altro istante -seppur tremolante- e ciò gli consente di individuarla. Si abbassa per riprenderla, ignorando le fitte alla spina dorsale, e quando si rimette dritto, la sconosciuta gli punta la bacchetta contro per illuminargli il viso. E no, non è una sconosciuta. « Amunet. Che ci fai quì? » Il tono di voce sorpreso, mentre le lancia una rapida occhiata per accertarsi non abbia nessuna ferita o chissà cos'altro. Sembra tutto okay...O quasi. Le mani le tremano, e l'espressione è sconvolta. Sta per chiederle se è successo qualcosa, quando lei lo anticipa. « Ho trovato un corpo..nelle serre. » Il rosso si irrigidisce, mentre i suoi lineamenti si induriscono. Un corpo. Amunet. Il bagno dei prefetti. L'inquisitore. Perchè volevo farlo. Per un folle attimo, una vocina nella sua testa sembra suggerirgli qualcosa, insinuandogli il degradante seme del sospetto. Stringe gli occhi, assottigliando lo sguardo ed alzando appena la propria bacchetta per illuminarla. E allora sospira, annuendo. No, non è possibile. E' sconvolta, i grandi occhi azzurri sbarrati, l'espressione provata dall'orribile spettacolo che deve aver visto. Della fredda ed atona assassina che ha lasciato nel bagno dei prefetti quella notte, non vi è nemmeno l'ombra. « Va tirata giù. Va.. va..Va seppellita. Bisogna dare giusta sepoltura ai corpi. » Dovrebbe dirle qualcosa, ma non sa esattamente cosa. Davanti alla morte, non sa mai cosa dire. « Vabene, tranquilla, ci penso io. Tu adesso riprenditi un attimo, okay? » Asserisce dunque, con tono deciso. « Non devi seguirmi per forza, se non ti va di guardare... Ce la faccio da solo. » Tutta apparenza. Vorrebbe dirle qualcos'altro, ma si limita ad oltrepassarla, sussurrando l'ennesimo lumos per ravvivare la luce della sua bacchetta. Una volta giunto alle serre, alza il capo, e la vede. Illuminata a malapena, una ragazza penzola da un groviglio di rami e radici, proprio sopra la sua testa. Alcune gocce del suo sangue gli bagnano la fronte, e Fred indietreggia di qualche passo. La verità è che non ce la fa. E' stanco di tutte quelle morti, di tutte quelle vite innocenti spezzate. E, inoltre, c'è già passato: Abigail. Dio, non è pronto a questo. Non di nuovo. Si volta verso Amunet, d'istinto, e la vista del suo sguardo sconvolto tanto quanto il proprio, gli infonde quella parte di coraggio mancante. Ce la faccio da solo.
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    « Allontanati. » Si schiarisce la voce « Recido » e lo ripete quanto basta fino a spezzare tutti quei rami, che cadono precipitano al suolo ogni volta che punta loro la bacchetta contro. Quando poi anche l'ultima radice viene amputata, il corpo precipita a peso morto, e per fortuna il rosso è abbastanza veloce ad allungare le braccia per impedire che precipiti a terra. Sta tenendo una ragazza morta in braccio, fantastico. Cerca di ignorare il cuore che ha preso a battere fin troppo velocemente dopo essersi praticamente arrestato per qualche frazione di secondo, e quel groppo alla gola molto simile ad un conato di vomito per la situazione oltremodo macabra, e si volta verso di lei, stringendo meglio la ragazza tra le braccia. Deglutisce « Okay, diciamo che questo non rientrava tra i miei desideri più grandi. » Si sforza per sdrammatizzare, con una risata nervosa. « Dev'esser successo da poco, è ancora...tiepida » La voce si strozza per qualche istante, prima di incamminarsi verso le aiuole. « Mi riprenderesti la bacchetta che è caduta, per favore? Per far luce..Due sono meglio di una » Si inginocchia per terra, adagiando il corpo sul terriccio. La osserva per qualche minuto, in silenzio, scostandole i capelli dal viso. E' solo una ragazzina. Si morde il labbro inferiore, reprimendo quella che adesso sembra rabbia. « Fa schifo. » Ringhia, strappandosi un lembo della manica per ripulire il viso ed il collo della ragazza dal sangue. « Perchè devono essere gli innocenti a pagare? Era questo che Kingsley voleva? Perchè? » Non è un'accusa, nè niente. Amunet appoggiava Kingsley, ma Fred sa che non l'avrebbe mai fatto se avesse immaginato tutto questo. Non vuole litigare, nè portare la conversazione sulle parti buone o cattive di quella dannatissima guerra. Pensa solo che...tutto quello sia sbagliato. Dannatamente sbagliato. « Non ha senso. E non è giusto.. » Borbotta, frustrato. E' un Fred come lo si è visto di rado, quello. Freddo, poco ironico, senza il solito sorriso strafottente a dipingergli il viso allegro. E' un Fred provato da tutta quella merda. Lascia il pezzo di stoffa per terra e si passa le mani sul viso, guardandola. « La cosa che fa più schifo, è che ad ogni cadavere che sotterriamo, pensiamo di esser fortunati per non esserci noi, al loro posto. Noi gioiamo, e la gente muore. Forse lo scopo era proprio questo, renderci bestie » Respira profondamente, e si lascia andare verso dietro per sedersi per terra. « ...Niente, scusa per lo sfogo » Mormora a quel punto. Stiamo in una trappola mortale. La gente a cui voglio bene muore come niente fosse. E' in questo momento che vorresti le persone che ami più vicino possibile, se qualcosa di orribile dovesse capitare. Ricorda ancora le parole che ha detto ad Albus qualche tempo fa. Almeno, pensa, lei è lì. Un lieve sorriso gli illumina il volto stanco, mentre guarda il lato positivo. Amunet è viva e sta bene. Della fredda ed atona assassina che ha lasciato nel bagno dei prefetti quella notte, non vi è nemmeno l'ombra. Aveva ragione, ha sempre avuto ragione a credere in lei. Vorrebbe accarezzarle una spalla, stringerla, infonderle il proprio calore di fronte a quella visione terribile, ma non può farlo, e allora si limita a sorridere, buttando giù una parte di quella freddezza con la quale sembra averla accolta all'inizio. « Non c'era bisogno che mi seguissi, davvero, se non volevi vedere ancora.. » Mormora allora, il tono di voce raddolcito « Come ti senti, tutto ok? » Per il cadavere. Per il bagno dei prefetti. Per le trappole. Per me. Per tutto.
     
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    « Vabene, tranquilla, ci penso io. Tu adesso riprenditi un attimo, okay? Non devi seguirmi per forza, se non ti va di guardare... Ce la faccio da solo. » Si rende conto, Mun, che è estremamente egoistico sentirsi sollevata dall'idea di avere accanto una persona famigliare. Qualcuno che effettivamente la conosce e con cui volente o nolente si sente a proprio agio. Sa che lei e Fred non trovano più un equilibrio da sin tropo tempo, e in cuor suo è convinta che i due difficilmente troveranno nuovamente un modo per camminare sul filo del rasoio congiuntamente; tuttavia, Mun è altrettanto consapevole del fatto che in quel momento non potrebbe avere di meglio. E così, mentre il nervosismo si fa sentire, si concentra sul tono della sua voce che tenta in tutti i modi di restare calmo, seppur in cuor suo la Carrow sia sin troppo consapevole del rapporto che Fred Weasley ha con le scene del delitto. Una parte di sé è pronta a lasciarlo andare da solo, l'altroa tuttavia, la intima a seguirlo, perché la ragazzina l'ha trovata lei, e ora lavarsene le mani e lasciare il giovane rampollo di casa Weasley a occuparsene da solo, le sembra quanto mai un comportamento ingrato oltre che incredibilmente superficiale. E così, si stringe le mani al petto e lo segue a sguardo basso nuovamente verso le serre, guardandosi attorno con un moto di impressionante paranoia. La paranoia di ciò che ha in testa e di ciò che entrambi potrebbero ritrovarsi intorno. Perché ormai, qualcosa potrebbe spuntare ovunque, in qualunque momento. Non appena rientrano, lo sguardo di lei si fa leggermente più cupo, mentre un brivido scorre lungo la sua spina dorsale non appena lo sguardo di ghiaccio si posa sulla figura di ghiaccio. Non ha la parvenza di un suicidio; quei rami sembrano essersi contorti attorno al suo collo. Nemmeno le serre sono sicure, si ritrova a registrare per quando sarà nuovamente lucida. Osserva deglutendo Fred, mentre completa l'opera, liberando il corpo della ragazza, indietreggiando appena non appena quest'ultimo cade tra le braccia di lui. Non vuole nemmeno immaginare la sensazione. Deve essere terribile tenerla tra le braccia; fredda, decisamente vuota. Morta. Alla morte Mun dovrebbe essere abituata; lei porta morte, lei è in un certo qual modo Morte, eppure, con quest'ultima non ci ha fatto i conti. Non del tutto. Non la capisce, non riesce a seguirla, non riesce a starle dietro. E' troppo persino per lei. « Okay, diciamo che questo non rientrava tra i miei desideri più grandi. » Deglutisce a sua volta Mun, non sapendo esattamente cosa dire. Non sapendo esattamente come comportarsi. Lei e Fred non sono in buoni rapporti, ma sono di fronte a una situazione che decisamente prescinde da qualunque loro lite interna, da qualunque dissapore che si scagli tra i due. « Dev'esser successo da poco, è ancora...tiepida. Mi riprenderesti la bacchetta che è caduta, per favore? Per far luce..Due sono meglio di una. » La Carrow annuisce con un moto di convinzione. Si costringe di rimanere lucida, di essere utile, di fare qualcosa. E così afferra la bacchetta del ragazzo e gli fa luce, finché non lo vede posare il corpo a terra. Lo osserva in quel moto combattuto, prima di chinarsi a sua volta sul corpicino esile della ragazza, richiudendole gli occhi. Quell'espressione stralunata non riesce più a vederla. Già è certa che la perseguiterà per molte notti, come l'hanno perseguitati i due ragazzini morti in guferia durante la sorpresa che i gufi hanno deciso di far loro non più lontano di un paio di giorni fa. « Fa schifo. » « Già. » Si ritrova a dire facendogli eco, con un filo di vocina tremolante. « Perchè devono essere gli innocenti a pagare? Era questo che Kingsley voleva? Perchè? Non ha senso. E non è giusto.. » Oh Fred, ci sono così poche cose giuste al mondo che non so nemmeno da dove iniziare a elencarti quelle sbagliate. Questo quanto la Carrow vorrebbe dire a Freddie, ma non lo fa, perché sa che non è il momento, quello, per litigare sulla loro scarsa capacità di comprendere quanto anche le cose più piccole e stupide possano risultare una non indifferente forma di ingiustizia. Fred è stato ingiusto, ma in tempi non sospetti lo è stata anche Mun ed entrambi lo sono costantemente con loro stessi e con coloro che li circondano. A volte sembra una specie di circolo vizioso. Far male e farsi male. « La cosa che fa più schifo, è che ad ogni cadavere che sotterriamo, pensiamo di esser fortunati per non esserci noi, al loro posto. Noi gioiamo, e la gente muore. Forse lo scopo era proprio questo, renderci bestie. » Quelle parole la colpiscono, e lei, Mun, non può far altro se non abbassare la testa annuendo. Ogni giorno sono costretti a fare cose che non vorrebbe fare. Ogni giorno hanno un motivo in più per estraniarsi da loro stesso, da tutto ciò che li rende umani. Mun non l'ha mai vista da quel punto di vista, forse perché in cuor suo sa di essere una personalità pragmatica. Si lascia travolgere dalle circostanze senza porsi troppe domande. E' estremamente egoista questa Carrow e difficilmente fa il passo di qualità in quanto a riflessioni così profonde. Lei bestia un po' lo è sempre stata. Ce l'hanno portata a diventarlo e a quel destino infame si è abbandonata volente o nolente, senza chiedersi quanto in realtà fosse sbagliato. Prendeva tutta quella situazione con filosofia, perché in realtà Mun a sopravvivere era già abituata, più di quanto dovesse. Cresciuta troppo in fretta, persino per il suo stesso bene, a tal punto da riuscire a provare ben poca empatia nei confronti dei suoi stessi coetanei. « ..Niente, scusa per lo sfogo. » Si stringe nelle spalle, eludendo la vista della ragazza. E così a sua volta si siede accanto al rosso stringendosi le ginocchia al petto, per fermare il tremolio degli arti leggermente indolenziti per tutto lo sforzo di rimanere in tensione che compiono di continuo. « Finirà. » Dice solo, mentre lo sguardo si erge sulle piante avvolte nella penombra di fronte a lei. Gli restituisce la bacchetta prima di iniziare a giocherellare con la propria, passandosela da una mano all'altra. « Prima o poi, finirà. » Continua prima di sospirare gravemente. In un modo o nell'altro tutta questa situazione finirà. Non sa quale sarà la naturale conclusione di tutto ciò, ma sa che in un modo o nell'altro succederà. Per alcuni è già finita, altri devono forse solo attendere un po' di più. « Non c'era bisogno che mi seguissi, davvero, se non volevi vedere ancora.. » « Ormai ci sono. » Risponde lei tagliando corto, non volendo certo spiegare le ragioni del perché si trovi lì. Perché forse in fin dei conti non le conosce nemmeno lei fino in fondo. Lasciarlo da solo era troppo crudele persino per lei, soprattutto dopo avergli chiesto implicitamente una mano. Lasciar solo poi Freddie Weasley nello specifico, a fare i conti con la morte è come abbandonare un cucciolo ferito nella gabbia di un leone affamato. Nemmeno lei ne avrebbe il cuore, perché sa, conoscere Fred abbastanza da sapere che lui a quel destino crudele non si abbandona con facilità. Lui è quello che spera ogni giorno in un destino migliore, si illude che le cose cambieranno. Fred è quello che ci prova e ci riprova senza mai fermarsi, odiosamente temerario, a tratti insopportabile. « Come ti senti, tutto ok? »
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    Sorride di fronte a quella domanda. Un sorriso amaro che si trasforma in una risata altrettanto amara e ironica. Ironia e sadismo, le uniche cose che le sono rimaste intatte, nonostante tutto quel casino. A dirla tutta non ricorda nemmeno l'ultima volta che qualcuno glielo ha chiesto. Come stai Mun? Quando glielo chiedono normalmente, Mun non risponde con onestà. Lei dal canto suo non chiede mai, forse perché in realtà pensa che anche le altrui risposte sono necessariamente di circostanza. Così, lei in empatia non ci entra mai davvero con nessuno e nessuno empatizza davvero con lei. Un destino quello, che la ragazza accetta con dignità e onore. « Non lo so. » Risponde semplicemente stringendosi nelle spalle. Non è certo una risposta evasiva la sua, ma non è nemmeno del tutto sincera. E' piatto il suo tono di voce mentre gli rivolge uno sguardo eloquente per una manciata di istante, poco prima di abbassare lo sguardo, posando il mento sulle ginocchia. « Mi manca il sole. » Una cosa che non avrebbe mai pensato di poter dire. Mun è un animale notturno, ma a volte anche gli animali notturni hanno bisogno della luce del sole per non impazzire. E loro stavano letteralmente impazzendo. Giorno dopo giorno erano più pallidi, più sciupati, più prosciugati, perché questo fa l'assenza di luce. L'assenza di luce è un passo più vicino al vuoto. « Sono arrivata a provare nostalgia persino per il minestrone che ogni tanto gli elfi ci propinavano in questo periodo. » Sono questi i momenti i momenti in cui si iniziano ad apprezzare le cose più semplici, quelle più improbabili. Non i ragionamenti sui massimi sistemi quanto un pasto caldo, il calore di un fuocherello in un dolce caminetto, un paio di guanti di lana. « Mi manca fare i compiti e studiare.. e scrivere lettere ai miei fratelli. » Cose stupide che tuttavia facevano parte della sua quotidianità. Le mancava persino andare alle partite di Quidditch, leggere un giornale, oppure piazzarsi semplicemente in cortile sotto i raggi ingannevoli del sole invernale a leggere. Accidenti, le mancano persino le giornate uggiose; persino quelle le appaiono più belle di questa lunga notte. « E mi manca il tè.. e il caffè. » E le mancano i dolci di Mielandia e quei giri senza senso nelle boutique che Nate definiva povere, giù a Hogsmeade. « In questo periodo avremo dovuto cominciare a progettare le nostre vacanze di Natale, compilare le liste per i regali.. cosa fai a Capodanno? » Si stringe nelle spalle. Non che lei avesse fatto molto negli anni precedenti se non restare in famiglia. E a dirla tutta, se proprio doveva essere sincera, tra una trappola mortale e le feste a casa dei Carrow, forse preferiva comunque seppellire cadaveri. E' così stupido lamentarsi per cose del genere quando il mondo attorno a loro sta cadendo a pezzi, ma Mun Preferisce concentrarsi su cose piccole, vedere i dettagli piuttosto che concentrarsi sul quadro d'insieme. Forse perché, in fin dei conti il quadro d'insieme è troppo spaventoso, la mettere troppo a disagio, la farebbe con molta probabilità impazzire. Lo sguardo si sposta sul corpo inerme della ragazza. Forse sei più fortunata tu. Ci sono momenti in cui Mun prenderebbe ben volentieri il posto di qualcuno di loro, e non perché si dispiace effettivamente per la crudele sorte che è toccata loro, quanto perché si rende conto, che per il loro quel viaggio nella landa desolata che è la vita si è conclusa. Nascere è cadere nel tempo. Muoriamo un po' alla volta nel momento in cui nasciamo. E allora meglio tagliar corto. Tutti quei pensieri tuttavia non li esprime a voce alta. Li lascia scorrere nella propria mente senza un'apparente ragione di essere. « Tu..? » Come stai? Come te la passi? Stai bene? Domande che le appaiono in quel momento stupide. C'è un vivido interessamento nei confronti delle sue sorti, ma non sa come metterlo in parole, perché ogni cosa le sembra terribilmente scontata oltre che davvero inutile. Si tormenta spasmodicamente le mani; le nocche graffiate, per un incidente avvenuto il giorno prima. Il volto e le braccia di lei presentono parecchi graffi in via di guarigione, in seguito all'incidente in guferia, ma quelli sono il nulla rispetto a ciò che immagina prima o poi succederà. Poi col dolore, Mun ha una certa soglia di sopportazione. « ..stai resistendo? » L'unica cosa che le appare consona da chiedere in quel momento. Resistere non significa stare bene; significa stare, semplicemente esistere. Non vivere, ma nemmeno mollare la presa. E' qualcosa nel mezzo, che è la massima cosa a cui possono aspirare ora come ora.




    Edited by #DeathNote - 1/12/2017, 12:45
     
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    « Finirà. Prima o poi, finirà. » Si sforza per sorriderle, mentre si rigira verso il corpo della ragazza, stringendosi le ginocchia al petto. Dopo che Amunet le ha richiuso delicatamente gli occhi, sembra stare dormendo. E' un'espressione innocente, quella che aleggia sul suo visino pallido. L'innocenza perduta di tutti quei bambini che in quegli ultimi giorni è stato costretto a vedere nelle medesime condizioni. Morti, orribilmente sfigurati e crudelmente strappati ad una vita che aveva ancora tanto in serbo per loro. Finirà, prima o poi. Vorrebbe crederci a quelle parole, crederci con tutto sè stesso come in quelle settimane ha tentato disperatamente di fare. Ha imparato a sfruttare la sua capacità di fingere nella maniera più adatta, Fred. Laddove un tempo quel talento veniva usato per non finire nell'ennesima punizione, aveva imparato a sfruttarlo per ben altre motivazioni. Far finta che tutto andava bene. Con Malia, ad esempio, con Albus, con Roxanne e tanti altri. Ma con Amunet..Non ci riesce. Non c'è mai riuscito, dopotutto. Lei che il dolore l'ha conosciuto bene, lei che il male l'ha provato sulla sua stessa pelle..Non è capace di armarsi di un sorriso finto ed imbrogliarle. Non di nuovo, non dopo tutti quei andrà tutto bene sfumati nel nulla. « Lo spero. » Mormora allora, il tono di voce freddo, a tratti atono. Ed è vero, Fred spera, come ha sempre fatto. Ma quanto ancora durerà, questa speranza? Quanto altro dolore dovrà contenere quel vaso, prima di traboccare ed esplodere in mille pezzi? Sospira, senza sapere cos'altro aggiungere. Lui che le parole di conforto le ha sempre avute, lui che ha sempre guardato il bicchiere mezzo pieno, inizia a scoprire l'altra parte. Quella vuota, il rovescio della medaglia. Quel mondo dove la speranza è solo l'illusione di chi non vuole rassegnarsi al peggio. E allora marcisce dentro, in un processo lento e doloroso. « Ormai ci sono. » Alza appena lo sguardo verso di lei, sino a quel momento fisso sul cadavere della ragazza, ed è un lieve sorriso quello che gli illumina il viso stanco e lo sguardo vacuo per qualche istante. Amunet c'è, è viva e sta bene, e forse questo è uno dei pochi lati positivi di quella storia di merda. Non aveva avuto il minimo contatto con lei da quel giorno. Le aveva promesso che l'avrebbe lasciata in pace e così aveva fatto, nonostante il suo pensiero non l'avesse abbandonata per tutto quel tempo. Aveva provato ad ignorarla, ci aveva provato sul serio, eppure quando si trovava accatastato in sala comune, assieme a tutto il resto degli studenti ammassati, il suo sguardo vagava costantemente in cerca di lei. Stava bene? Le persone che amava stavano bene? Aveva dovuto affrontare qualche trappola? Qualche perdita? Tante, troppe domande affollavano i suoi pensieri ogni qualvolta la scorgesse al di là della sala, così come adesso. Altrettante volte aveva provato ad avvicinarsi a lei, rompendo la promessa, ma alla fine aveva deciso di voltare le spalle e cambiar strada. Avevano tutti abbastanza guai lì dentro, di certo i suoi problemi di cuore non dovevano avere tutto questo gran spessore. Questo era ciò di cui si era convinto, almeno sino ad ora. Perchè averla vicina, così vicina, cambiava ogni cosa. Per quanto si sforzasse di credere il contrario, per quanto ci provasse a convincersi del fatto che la sua nostalgia fosse solo un futile pensiero in tempi come quelli, la sola vicinanza con Amunet riusciva a buttar giù qualsiasi muro precedentemente eretto. Come d'altra parte, era sempre stato. Mun riusciva a cambiare tutto, nel suo mondo. Era quel cambiamento di cui aveva sempre avuto bisogno. « Allora..Grazie » Mormora allora, senza sapere neanche perchè. Grazie di esserci, forse? Grazie di non avermi lasciato solo? Non ne ha idea. Sono tante le cose che vorrebbe dirle, ma troppo poche quelle che ha il coraggio di dire effettivamente. Non si riconosce nemmeno in tutta quell'esitazione. In quell'imbarazzo che lo porta a calare lo sguardo di tanto in tanto, incapace di sostenere per troppo tempo quello di lei. Non è lo stesso Fred che l'ha provocata giorni prima, quello che l'ha affrontata a testa alta negli spogliatoi del campo. Non sa nemmeno lui perchè, è solo..Vulnerabile, e si convince sia per colpa del castello, delle trappole e della morte che grava su di loro. Ma è davvero soltanto questo? « Non lo so. » Si volta verso di lei, mordicchiandosi il labbro inferiore. « Mi manca il sole. Sono arrivata a provare nostalgia persino per il minestrone che ogni tanto gli elfi ci propinavano in questo periodo. » Un piccolo sorriso si fa spazio sul viso barbuto del ragazzo, mentre distoglie lo sguardo, che inizia a vagare ben oltre quelle serre. Il sole, non lo vedono da fin troppo tempo. Non c'è luce, in quell'inferno dove sono capitati. Non è stata loro concessa. Quella è forse la cosa che più soffre, Weasley. « Mi manca fare i compiti e studiare.. e scrivere lettere ai miei fratelli. E mi manca il tè.. e il caffè. In questo periodo avremo dovuto cominciare a progettare le nostre vacanze di Natale, compilare le liste per i regali.. cosa fai a Capodanno? » Una lieve risata gli scuote il petto, che trova giusto il tempo di nascere per morire quasi istantaneamente. Annuisce, silenzioso, stringendosi le braccia alle gambe sollevate e tornando a guardarla. Anche a lui manca tutto questo. Si sforza per credere il contrario, per convincersi che un giorno tornerà a riabbracciare ogni cosa apprezzandola ancor più di prima, ma le sue speranze cominciano a traballare. « Pensa che un giorno finirà. » Mormora allora, prima o poi finirà. « E quando finirà..Imparerai ad apprezzare ancora di più ogni cosa. Persino quell'orribile minestrone » Annuisce, cercando di essere il più convincente possibile. C'è una parte di sè che ci crede davvero. Che è ancora quel Fred Weasley di sempre. Ma l'altra...L'altra è oscurità. E' tristezza, nostalgia e rassegnazione. Una guerra civile interna, lo anima da qualche tempo a questa parte, probabilmente senza nè vinti nè vincitori. « Impari sempre ad amare di più le cose, quando le perdi. Purtroppo siamo fatti così » Una frase criptica, che vuole sottintendere tutto, o forse niente. Si stringe nelle spalle, il rosso, un sorriso amaro ad accompagnare le sue ultime parole. « Tu..? Stai resistendo? » No. « Sì. » Annuisce, quasi come se facendolo, la sua affermazione possa sembrare più vera. Non vuole fingere con lei, ma al tempo stesso non vuole mostrarsi debole. Non è questo Fred che Amunet conosce, e che, a dirla tutta, non conosce nemmeno lui. « In un modo o nell'altro..Sono ancora quì. » Sopravvissuto. « Mancano anche a me diverse cose. La mia famiglia, le strillettere di mia madre per i voti di merda..Mi mancano persino le punizioni. Ed il mio cane. » La voce si incrina appena, mentre sospira. Ghost era scomparso da qualche giorno. Avevano affrontato diverse trappole assieme, loro due. Quel gigantone dal manto rosso aveva sempre tentato di proteggerlo ogni qualvolta gli fosse possibile, scagliandosi contro qualsiasi nemico, di qualsiasi entità esso fosse. Eppure, di punto in bianco..Un giorno era sparito. Fred era sicuro che sarebbe tornato, perchè Ghost tornava sempre, ma la sua scomparsa era stata un duro colpo.
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    « ...E' sparito da un po'. Mi ha abbandonato, quello stronzo. » Tenta di sdrammatizzare, seppur difficile. « Ma sono sicuro che tornerà. Ghost torna sempre a rompere le palle nei momenti meno opportuni, tale padrone tale cane » Lo sguardo, triste, torna a guardare la ragazza stesa a terra. E' di fronte ad un cadavere e si preoccupa del suo cane. Si sente un idiota, ma al tempo stesso non saprebbe fare altrimenti. Perchè lui non era pronto a tutto questo. Fred non ha mai dovuto sopportare grossi traumi nella sua vita. L'incidente e la paralisi, forse, ma è sempre riuscito a superarli in un modo o nell'altro. Ma tutto questo...« Sai...Quando..Abbie è morta, è stato uno shock. » Ricorda ancora tutto di quel giorno. Lo sguardo vitreo di lei, le labbra tumefatte, le dita ancora strette contro il flacone di pillole. Ricorda la paura che ha provato, la confusione e la disperazione. Non l'ha ancora dimenticata, Fred, seppur non l'abbia mai amata. Ci teneva, le voleva bene, e si sentiva ancora in colpa per non esser riuscito ad evitare quella fine. « L'ho sognata, quella notte, e ho continuato a farlo per un sacco di tempo. Mi sono chiesto perchè, e non sono riuscito a rassegnarmi per tutti i giorni a seguire. » La sua mano si spinge appena in avanti, per sfiorare il polso della ragazza esanime. Fredda, proprio come Abigail. L'aveva sognata anche negli ultimi tempi, e gli sembrava addirittura di averla adocchiata tra i fantasmi irrequieti con cui aveva avuto a che fare diversi giorni fa in una delle trappole. Il ricordo di Abigail tornava a tormentarlo di tanto in tanto, nonostante il rosso di cose per dimenticarla negli ultimi mesi ne avesse fatte davvero tante. Forse l'avrebbe tormentato per sempre. « Adesso però..La morte sembra non sconvolgermi più come prima. Quando vedo qualche cadavere non mi domando più perchè, e se me lo domando qualche volta, mi do da solo delle risposte. E' così e basta. » Si gira a guardarla, sospirando e scuotendo la testa in maniera impercettibile. Non prova più quell'orribile sensazione di nausea allo stomaco. Il suo cuore batte velocemente per solo qualche istante. La rassegnazione lo coglie fin troppo presto, tutte le volte. E non gli piace, non gli piace per niente. Quest'essersi abituati alla morte..Non dovrebbe. Non dovrebbero, nessuno di loro. E' terribile, è insensato, è inumano. Che faccia parte del piano di Kingsley o sia solo un effetto collaterale poco gli importa. « E mi sento un mostro, per questo. » Non so più chi sono. Si stringe nelle spalle, guardandola solo in quel momento. Ed è allora che nota alcuni particolari. Sulla sua pelle pallida più del normale, vi sono dei chiari segni che non ricordava. Graffi, alcuni lividi, e ferite vere e proprie. Deglutisce, visibilmente preoccupato, e d'istinto allunga le mani per prendere quelle di lei, osservando l'entità di quelle cicatrici. Come un tempo, quando Amunet era la ragazzina picchiata dal padre che di giorno in giorno spuntava a scuola con dei nuovi segni sul corpo. « Cos'hai fatto? » Domanda, apprensivo, alzando lo sguardo verso il viso di lei, anch'esso segnato. Si accorge in quel momento della libertà che si è preso, e si scosta all'improvviso. « Scusa..Io..Ti sei trovata dentro qualche trappola? Stai bene? » Proprio non ce la fa, Fred. Proprio non ci riesce a lasciarla in pace. Ad ignorarla, a rinnegare tutto ciò che è stato. Si preoccupa per lei, e per quanto sappia che Amunet sia ormai in grado di difendersi da sola -forse anche meglio di lui- , sa anche che se le capitasse qualcosa, giusto a lei, non riuscirebbe a sopportarlo. La sta ancora guardando, quando dei fruscii attirano la sua attenzione. Si volta verso destra, e poi verso sinistra, prima di tornare a guardarla. « L'hai sentito anche tu? » Qualcosa si sta muovendo.
     
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    « Pensa che un giorno finirà. E quando finirà..Imparerai ad apprezzare ancora di più ogni cosa. Persino quell'orribile minestrone. Impari sempre ad amare di più le cose, quando le perdi. Purtroppo siamo fatti così. » Annuisce Mun di fronte a quelle parole, e in cuor suo, hanno tutto il sapore di dire molto altro. Cose, che forse nessuno dei due vuole ammettere e che entrambi, cercando di tenere ben recluse dietro una pattina di parole dolci e generiche, qualcosa che nasconda qualunque peso si portino nel cuore. Lo sguardo di lei sfugge da quello del ragazzo, si rifugia nell'oscurità di fronte a sé, mentre cerca di trovare parole adatte per rispondere a quanto lui le sta implicitamente dicendo, senza trovare nulla di adatto. Non ha il cuore, Mun, di rispondergli per le righe, ma non ha nemmeno il coraggio di lasciarsi tutto alle spalle per trovare parole di conforto che possano alleviare quel chiaro tormento che aleggia nell'animo del giovane leone. Nel dubbio continua a sfregarsi le mani in modo decisamente morboso; qualcosa che lascia trasparire chiaramente il suo essere terribilmente scossa e nervosa. Stanno succedendo così tante cose sotto il loro stesso naso, così tante cose che Mun sembra evitare di vedere di proposito. Una parte di sé sembra essersi anestetizzata di proposito, per non restarne sopraffatta. Lei di orrori ne ha visti, consumatesi proprio sotto il tetto di casa propria, e ora, vivere un'esperienza altrettanto traumatizzante tra le mura della sua seconda casa, era qualcosa che in realtà, Mun avrebbe preferito non dover fare. Hogwarts era il suo porto sicuro; nel bene e nel male era il posto in cui maggiormente si sentiva lontana da qualunque orrore a cui dovesse assistere altrove. E ora, ora anche quelle mura, non avevano più l'odore di casa, non sapevano più di sicuro, non le ispiravano più fiducia. Riacquistare la fiducia di Mun era la cosa più complicata, il più delle volte impossibile, e ora, anche quelle mura, perdevano il loro status privilegiato, portandola a provare repulsione e disgusto nei confronti di quei posti che un tempo erano parte integrante di una quotidianità ben scandita da orari diligentemente studiati e calcolati nei minimi dettagli. Non da ultima, persino la guferia le si era ritorta contro. Quel posto in cui, un tempo, amava restarsene in solitudine, osservando la tenuta del castello avvolta nel buio oppure scaldata da meravigliosi raggi primaverili, l'aveva tradita, l'aveva scacciata, persino ferita. E così arrivò la sua domanda. Stai resistendo? Una domanda dettata da una certa apprensione e dal desiderio di saperlo al sicuro; perché non esiste un mondo in cui Fred dovesse essere effettivamente in pericolo, incerto, incrinato dalle difficoltà della vita. « Sì. » Ma una parte di sé non ci crede. Perché già nel momento in cui l'ha posta, quella domanda le è risultata stupida e del tutto sterile. Nessuno sta davvero bene; tutti stanno resistendo.. finché non saranno più in grado di farlo. « In un modo o nell'altro..Sono ancora quì. Mancano anche a me diverse cose. La mia famiglia, le strillettere di mia madre per i voti di merda..Mi mancano persino le punizioni. Ed il mio cane. » Ghost. Mun adorava quella bestiola, tanto quanto Ghost adorava Mun. L'ha visto crescere. Quando Mun e Fred si sono conosciuti, Ghost non era altro che un cucciolo. Crescendo, Mun l'ha visto spesso nel castello e anche a Hogsmeade. L'aveva nutrito di nascosto ogni qual volta scappasse del padrone, e ci si era soffermata in sua compagnia con grande gioia. Triste il destino di quella creatura; preferire la compagnia di un cane piuttosto che quella di qualunque essere umano. Con Ghost, Mun rideva di gusto, si meravigliava come una bambina il giorno di Natale. Era speciale; quel cane riusciva a percepire il substrato, la sostanza della Carrow. E la accettava, così com'era. Qualcosa che, era certa, Mun, la maggior parte delle persone non sarebbero state disposte a fare se avessero saputo tutto sul suo conto. Corruga quindi le sopracciglia gettandogli uno sguardo interrogativo. « Che cos'è successo a Ghost? » Ha paura della risposta. Non vuole pensare che quel animaletto, tanto gentile quanto affettuoso, possa esser diventato vittima di quel mostruoso luogo in cui erano finiti volenti o nolenti. « ...E' sparito da un po'. Mi ha abbandonato, quello stronzo. Ma sono sicuro che tornerà. Ghost torna sempre a rompere le palle nei momenti meno opportuni, tale padrone tale cane. » Si stringe le ginocchia al petto con più decisione. Si morde istintivamente il labbro in un moto di frustrazione e apprensione prima di stringersi nelle spalle. « E' un cane sveglio. Ce la farà.. » Deve convincersi che sarà così. « Se dovessi vederlo in giro, te lo riporterò per le orecchie. » Dice, cercando a sua volta di sdrammatizzare, seppur il sorriso che compare sulle sue labbra abbia un che di terribilmente amaro. Sospira pesantemente; è terribile vivere di speranze, vivere circondati da bugie che volenti o nolenti si raccontano il più delle volte da soli. Andrà tutto bene. Domani sarà diverso. Riusciremo a farcela. Nessuno si farà del male. Un giorno finirà. Ma più il tempo passa, più sembra che nulla stia cambiando. E' tutto uguale al giorno prima. Tutto buio, freddo e sempre più deserto.
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    « Sai...Quando..Abbie è morta, è stato uno shock. L'ho sognata, quella notte, e ho continuato a farlo per un sacco di tempo. Mi sono chiesto perchè, e non sono riuscito a rassegnarmi per tutti i giorni a seguire. » Di scatto la Carrow s'irrigidisce e deglutisce pesantemente. Cerca il suo sguardo, ma Fred è concentrato sulla ragazza non molto lontano da loro. Un parte di lei vorrebbe semplicemente sfiorargli la spalla, stringerlo, abbracciarlo. Schifosa. Stai solo cercando di scrollarti di dosso il senso di colpa che sta bruciando dentro di te. Perché è colpa tua. Sei stata tu. E l'hai voluto. Ora è troppo tardi per ritirare quanto fatto. « Adesso però..La morte sembra non sconvolgermi più come prima. Quando vedo qualche cadavere non mi domando più perché, e se me lo domando qualche volta, mi do da solo delle risposte. E' così e basta. » Fred sta facendo i conti con una realtà che non avrebbe mai dovuto far parte del suo mondo, e questa consapevolezza colpisce Mun più di quanto lui possa immaginare. Ricambia il suo sguardo con un che di apprensivo. Hogwarts lo sta cambiando, sta cambiando tutti, li sta mettendo in condizioni di rivalutare tutto, e il più delle volte non nel modo migliore. « E mi sento un mostro, per questo. » Lei scuote la testa istintivamente. « Bene. Continua così. » Quel tono è freddo, apparentemente privo di emozioni o amarezza. « Significa che stai sopravvivendo. » Nel dire quelle parole, chiude per un istante gli occhi. Si odia per essere costretta a dirgli quelle cose. Ma è ciò che deve dirgli. « Se ti fermi sei perduto. » Pausa. « E non devi. » Abbassa lo sguardo per un istante. « Io non voglio che tu ti perda. » Perché non importa quanti errori Fred vorrà. Non c'è un solo universo in cui Mun vorrebbe che a Fred succeda qualcosa. Non può accettarlo. Può vivere senza di lui, vuole farlo, ma non può vivere in un mondo senza di lui, senza sapere che lì da qualche parte Fred Weasley sta bene, sopravvive, lotta giorno per giorno per diventare più forte e più intraprendente. Un mondo senza Fred Weasley, senza le fantasie che nella mente della Carrow la figura di Weasley è imperniata, non è un mondo che la Caposcuola può immaginare. « Cos'hai fatto? » Trasalisce Mun, e di scatto si ritira con uno sguardo visibilmente scosso. Da un po' di tempo ha di nuovo difficoltà a sorreggere la vicinanza di chiunque, soprattutto se non preventivamente avvertita. Abbassa lo sguardo, improvvisamente impanicato da quella reazione. Corruga d'istinto le sopracciglia, mordendosi il labbro inferiore in un moto di palese frustrazione. « Scusa..Io..Ti sei trovata dentro qualche trappola? Stai bene? » Che cosa mi sta succedendo? Sospira Mun, rendendosi conto che quella Hogwarts sta realmente tirando fuori le loro vere nature, quelle di tutti. Ed effettivamente quella di Mun non è come se le è dipinta nella propria mente per molto tempo. Non è forte, non è coraggiosa. Mun è debole, fragile, vulnerabile e tutte quelle crepe che ha ben tenuto celate per un sacco di tempo, stanno tutte riemergendo insieme. « Non è niente.. » E anche questo ha il sapore di qualcosa che ha ripetuto centinaia di volte prima di allora. « Io.. mi sono ritrovata nel posto sbagliato al momento sbagliato. » E ho visto morire sotto i miei occhi due ragazzini. Il ricordo dell'immagine di quei due bambini la sta ancora perseguitando, così come la perseguita la conseguente sfuriata che ha fatto ad Ares. Stava lentamente crollando su se stessa questa Mun. « Stanno guarendo e poi sono davvero lievi.. » Rispetto ai tempi. « ..tutti ne abbiamo la nostra dose. Non mi lamento. » Sono ancora viva in fin dei conti. E a dirla tutta, non è poi tanto certa che sia una cosa positiva. Per un istante cala il silenzio, tempo in cui Mun tenta di rivolgergli un mezzo sorriso, seppur poco convinto. Ed è allora che qualcosa accade. « L'hai sentito anche tu? » Lei annuisce e inizia a guardarsi attorno con fare sospettoso. La paranoia incalza nuovamente, tutta insieme, mentre sente le porte delle serre chiudersi. Questo modus operandi lo ha già visto agire. Nella guferia, nel bagno dei prefetti, al campo di quidditch. Le stanze si blindano, e il pericolo incalza. E infatti, di scatto sente un fruscio pronunciato alle spalle del ragazzo. Tentacoli di una qualche radice si precipitano vertiginosamente verso la schiena di Fred. Sospira affondo, mentre si alza in piedi trascinandolo per un braccio lontano dalle radici. « Attento! » Lo intima prima di puntare la bacchetta in direzione delle piante struscianti. « Incendio! » Le radici, colte dalle fiamme si ritirano fino a essere carbonizzate e impossibilitate di nuocere ulteriormente. E per un po' c'è silenzio. Mun stringe la bacchetta tra le mani, mentre il suo respiro si fa più pesante. Si guarda attorno con sospetto mentre stringe l'altra mano attorno al posto del ragazzo con tutta la sua forza. Le gambe tremano, ma non si scompone. Passa un tempo infinito prima di sentirsi attorcigliare attorno alla gamba un'altro tentacolo; contemporaneamente, una pianta carnivora alle sue spalle, prende a muoversi nell'oscurità, muovendosi nella loro direzione. Sta per liberarsi dalla morsa, quando la testa della creatura inizia a sputare una strana sostanza verdognola. Ed è allora che Mun spinge Fred lontano dal raggio d'azione della pianta, beccandosi in pieno la sostanza corrosiva sul braccio. Brucia intensamente, tanto che la Carrow urla. Sembra acido. Cerca di levarsela di dosso prima che penetri troppo in profondità oltre il pesante maglione di lana. E mentre il panico divampa, la radice la tira a sé, destabilizzandola. La trascina, a tal punto che perde l'equilibrio che cade a terra. Riesce ad attutire la caduta con i palmi. Stringe i denti mentre cerca di girarsi, per puntare la bacchetta contro la radice, ma nell'oscurità non riesce ad avere la mira necessaria per recidere di netto la pianta. Si stringe a tal punto attorno alla sua caviglia da farle male. Ringhia rabbiosa, stringendo i denti, mentre con le unghie cerca un appiglio contro il pavimento di pietra; un qualunque incavo a cui aggrapparsi. Col cazzo che moriamo adesso. Ma gli occhioni azzurri di lei, non riescono a vedere alcuna via d'uscita. Non è come in guferia. Le serre sono un posto ermetico. O se non lo sono, in quel momento, Mun, una vita di uscita non la trova. Non riesce a vedere nulla, e nel panico, sembra quasi pronta a lasciarsi andare ai tentacoli che si attorcigliano sempre di più attorno alle sue gambe.


     
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    « E' un cane sveglio. Ce la farà.. » Fred annuisce, provando ad auto convincersi. Ha provato a non pensarci apertamente a quella situazione, negli ultimi giorni. Sa che le probabilità che possa esser successo qualcosa di orribile a Ghost sono alte, eppure non vuole crederci. Ghost è il suo cane, ma, seppur sembra forse stupido da dire, è sempre stato molto di più per lui. Un amico, un vero e proprio compagno. Sono cresciuti, assieme. Hanno condiviso gioie e dolori. Ghost c'è sempre stato per lui. E per loro, dopotutto. Ricorda tutte quelle giornate in cui quel simpatico quanto impacciato bestione si è intrufolato in mezzo a lui ed Amunet, nelle situazioni più inopportune e senza ombra di dubbio imbarazzanti, con la lingua di fuori e la coda scodinzolante. Ricorda ancora tutte quelle volte in cui cane e fidanzata facevano fronte compatto tra loro per tenergli il muso, qualora -come sempre, d'altra parte- ne avesse combinata qualcuna delle sue. Ne avevano passate tante, tutti e tre. E proprio per questo, Ghost era molto di più di un semplice animale da compagnia. Rappresentava un ponte tra il presente e quel passato idilliaco che era stata la sua vita fino a qualche tempo fa. Perderlo sarebbe significato abbandonare l'ennesima testimonianza di una felicità trascorsa che ormai sembrava quasi del tutto irraggiungibile. « Se dovessi vederlo in giro, te lo riporterò per le orecchie. » Si sforza di sorridere, il rosso, alzando lo sguardo verso di lei ed annuendo vigorosamente, quasi come se più forte scuote la testa, più le cose andranno bene. « Grazie » Le dice, sincero, prima di sospirare. « Chissà, magari è pure scappato per venire da te. E te lo troverai infilato nel sacco a pelo quando meno te lo aspetti. » Gli manchi, ci manchi. « Bene. Continua così. » Le parole di lei attirano allora la sua attenzione, mentre alza lo sguardo per guardarla, e per qualche istante rimane in silenzio. Non di certo la risposta che si aspettava. A dirla tutta, non aveva neanche idea del perchè le avesse detto delle cose simili. Uno sfogo, forse, o una semplice confessione. Chissà forse una parte di lui e del suo subconscio, che in Amunet Carrow ha sempre visto un pilastro ben saldo della sua intera esistenza, sperava in una magra consolazione. L'aveva già fatto dopotutto. Dopo la morte di Abigail l'aveva rincontrata, e senza curarsene delle conseguenze, o di quanto il suo parlarne giusto a lei potesse sembrare ipocrita, aveva aperto il discorso. In un modo o nell'altro, che gli piacesse o meno, volente o nolente, Fred Weasley si trovava sempre in presenza di Amunet, quando era in difficoltà. Era buffo, come la persona che più aveva ferito, fosse quella che più tendesse a cercare quando ad esser ferito era lui. Karma, forse? Legge del contrappasso? O forse semplice..Attrazione? E non fisica, non limitata ad un mero legame passionale o di chissà quale tipo. No, quella era un attrazione che andava ben oltre il semplice piacere. Ben oltre il semplice affetto, amore, o chissà cosa c'era stato tra loro. Era una dipendenza. Per anni Amunet era stata dipendente da lui, e quando lei non lo era stata più, lui aveva iniziato ad esserlo da lei. Paradossale, ridicolo forse, a tratti persino imbarazzante, ma così è. E quindi eccolo, Freds, a bramarla inconsciamente ogni volta che si trova combattuto. A riuscire a parlarle di tutti quei dubbi e quelle insicurezze che ha sempre tenuto ben nascosti con chiunque altro. « Significa che stai sopravvivendo. » Si morde il labbro inferiore, annuendo. Amunet ha sempre saputo cosa volesse dire sopravvivere. E' stata costretta ad impararlo in un'età nella quale non avrebbe mai dovuto neanche solo immaginarlo. Ha ragione, e Fred lo sa. E' solo che...Per lui non è ancora così facile. Fino a qualche giorno fa aveva una famiglia che gli voleva bene. Degli amici, una carica da Caposcuola nuova di zecca. Fino a qualche giorno fa la sua vita non era forse perfetta, ma..Normale. Come avrebbe dovuto essere. Ad oggi non gli è rimasto più nulla. La sua famiglia si trova chissà dove e molti di quegli amici li ha visti morire. E' davvero così alto, il prezzo della sopravvivenza? « Mi chiedo se ne valga la pena sopravvivere, in un momento del genere e per un prezzo simile. » Guarda il cadavere della ragazzina per terra, sovrappensiero. Non lo si è mai visto tanto esitante. Lui, lo stesso Fred Weasley che la morte l'ha sempre sfidata ogni giorno, coi suoi mille guai e le sue acrobazie da sport estremo su quel manico di scopa. Che non sia forse giunto il momento di lasciarla vincere, per una volta? Per un'ultima volta. « Se ti fermi sei perduto. » Amunet sembra leggergli nel pensiero, ed il rosso alza lo sguardo verso di lei, mordicchiandosi l'interno della bocca. Ho perso tanto, in questi ultimi tempi, forse perdere me stesso non farà poi così male. « Io non voglio che tu ti perda. » Ma quelle parole riescono a destabilizzarlo. La osserva, in silenzio, la fronte corrugata. Per molto tempo Amunet Carrow gli ha dato un motivo. Per molto tempo lo ha fatto sentire importante. Parte di qualcosa, indispensabile. Poi tutto era svanito, con quel vattene. E Fred si era fermato, dopo quella fatidica notte. Si era fermato e si era perduto. Ma è forse un barlume di speranza quello che intravede? E' davvero arrivato ad un livello tale da basare il suo intero umore su parole non dette e realtà rivelate inaspettatamente? Non lo sa, forse sì, o forse no, ma sorride comunque. Un sorriso sincero, seppur lieve, che gli piega un angolo delle labbra sottili. Vorrebbe dirle tante cose, eppure non è capace di dirne nessuna. Ogni cosa gli sembra banale. Qualsiasi grazie, qualsiasi neanche io. E allora rimane in silenzio, Weasley, come mai si sarebbe creduto sarebbe un giorno diventato capace di fare. Lo scatto con cui la ragazza si ritira lo conduce a distrarsi. « Non è niente.. Io.. mi sono ritrovata nel posto sbagliato al momento sbagliato. Stanno guarendo e poi sono davvero lievi.. » Annuisce, lo sguardo che continua a setacciare tutti quei piccoli graffi. Il pensiero che Amunet possa aver rischiato la vita lo rende irrequieto. In quei giorni, nel vederla al di là della sala comune la notte, è stata la sua unica consolazione. Ma l'ha sempre guardata da lontano. Si è assicurato che stesse bene, è vero, ma non ha mai effettivamente valutato la possibilità che lei abbia potuto affrontare qualcuna di quelle orribile trappole. La possibilità di perderla. Perderla davvero. « Wow, ho un dejavù.. » Mormora allora, dopo minuti di interminabile silenzio. Amunet ferita, spaventata dal contatto fisico, intenta a rassicurarlo con le solite parole: non è niente. Ha vissuto fin troppe volte una situazione del genere, anni fa. Era quasi sicuro di averlo superato, quel periodo. Che le bugie della Carrow un giorno sarebbero persino arrivate a convincerlo. Che a quei non è niente lui avrebbe un giorno risposto menomale. Ma così non è, perchè basta un piccolo dettaglio, anche una piccola ferita come quei graffi sottili sulla pelle diafana di lei, che la Serpeverde ritorna ad essere la piccola Mun di un tempo davanti ai suoi occhi, e che il rosso riacquista quell'apprensione di quel giovane Freddie, quel leone che ancora non aveva imparato a ruggire ma pretendeva comunque di saper attaccare. « Tu che mi dici che non è niente ed io che non ti credo. Allora è vero che la storia si ripete... » Sdrammatizza, seppure il suo tono di voce sia estremamente amaro. Non sa cosa sia successo per l'esattezza, e di certo Amunet è ancora lì, viva, quindi la situazione è molto meno grave di ciò a cui si era un tempo abituato, eppure...Lo sente di nuovo quel senso d'impotenza. Quell'incapacità di proteggere la persona che più di tutte avrebbe voluto preservare. E allora sospira, rassegnato. « ..tutti ne abbiamo la nostra dose. Non mi lamento. » Annuisce. « Già, tutti. E' solo che tu non ne meriteresti di altre. »

    La porta delle serre si è chiusa con uno scatto. Sobbalza, il ragazzo, lanciando uno sguardo confuso in direzione di Amunet. Si è già trovato in situazioni del genere. Le porte si chiudono e le trappole hanno inizio. « Merda. » Sussurra, prima di sentire un fruscio alle sue spalle. Ha appena il tempo di girarsi, che la Serpeverde lo sta già tirando per un braccio, trascinandolo via da quelle che sembrano delle radici pronte ad afferrarlo. Sono finiti dritti nella tana del mostro. « Incendio! » Riesce a rendere inoffensiva quella minaccia, Amunet, e Fred sta ancora osservando quelle radici bruciare quando istintivamente, avvicina le dita alla mano della ragazza che gli tiene il polso, stringendola a sua volta. La guarda, l'espressione indecifrabile. Non ha paura, non ancora, ma ha il terrore di ciò che potrebbe succedere. Di ciò che potrebbe succederle. E allora stringe ancora di più la presa, mentre torna a guardarsi attorno, in cerca di una via di fuga. L'atmosfera sembra essersi fatta ancora più buia, seppur non credeva sarebbe stato possibile. « E' tutto okay. Lumos! » Dice, senza un motivo ben preciso. Forse perchè ha bisogno di convincere persino sè stesso. Illumina il perimetro attorno a loro, scoprendo una miriade di piante e radici in movimento. Sono letteralmente circondati. E' allora che si sente spingere via, e perde l'equilibrio cadendo per terra, Fred, lo sguardo che saetta verso Amunet non appena la sente urlare dal dolore. E allora balza in piedi, Weasley, correndo nella sua direzione. Sta per pronunciare la formula di un incantesimo, quando qualcosa lo afferra per una caviglia. I tentacoli di una pianta si stringono attorno ad entrambe le sue gambe, sollevandolo di qualche metro da terra per poi farlo precipitare di nuovo. Atterra di peso, Fred, sbattendo la faccia contro il suolo con violenza. Un'esplosione di dolore gli inonda il viso, mentre rialza il capo. Per qualche istante, il tempo sembra fermarsi. Come nei film, quando il protagonista viene colpito e per qualche fotogramma ciò che riesce a vedere è solo tutto sfocato attorno a sè, assieme ad un fastidioso fischio alle orecchie. Ha la vista appannata ed è destabilizzato per via di tutto quel dolore. Violente fitte che convergono tutte in un unico punto: il naso. D'istinto vi poggia una mano, e quando la scosta, riesce ad intravederla completamente ricoperta di sangue. Non ha idea se se lo sia rotto, certo è che il suo sangue ha preso a sgorgare copioso da entrambe le narici. La vista di quel liquido ambrato sembra fargli riacquistare un minimo di lucidità, e allora alza lo sguardo di scatto, in cerca di lei. La intravede nella penombra, per terra, una pianta carnivora sul suo braccio ed un'altra che prova a trascinarla via. « Mun! » Urla, protraendosi in avanti. Non ha idea di cosa la stia tirando via, ma è certo che se non arriva in tempo ad afferrarla, sarà troppo tardi. Le gambe di lui sono ancora strette tra la morsa di quei tentacoli, ma Fred si trascina in avanti con tutta la forza che ha in corpo, recuperando la bacchetta e lanciando una serie di incantesimi alla cieca. « Ti ho presa! » Stringe entrambe le mani di lei con le proprie, in una presa ben salda. Più i tentacoli che la imprigionano provano a tirarsela via, più il rosso oppone resistenza, provando a trascinarla verso la direzione opposta. « Non ti lascio. » Sibila a denti stretti, cercando lo sguardo di lei nel buio. Non moriremo quì. Col cazzo che lo permetterò. Ma la stretta delle radici contro le sue gambe si fa più forte, e viste le fitte laceranti che iniziano ad espandersi all'improvviso, è sicuro che qualcosa gli si sia conficcato nella carne. Spine o aculei, non ne ha idea, ma lo costringono a ringhiare per il dolore, stringendo gli occhi. Le lascia allora una mano, sforzandosi per tenerla col braccio libero, e si allunga il più possibile per recuperare la bacchetta. « Diffindo! » Urla, e questa volta, l'incantesimo sembra colpire nel segno. Si libera dalla morsa di quei rampicanti infernali, e mentre si alza solleva la ragazza assieme a sè, lanciando vari incantesimi per liberarla dalle piante. « Dio, stai bene? » Le domanda, il respiro affannato e l'espressione palesemente preoccupata. E' spaventato, ora. Ha rischiato di perderla ed ha una paura fottuta. Le tiene le mani sulle spalle, lo sguardo fisso negli occhi di lei, mentre tenta di far calmare il battito del suo cuore impazzito. Il sangue continua a macchiargli il viso, ma neanche se ne cura mentre si gira a guardarsi attorno.
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    « Ci serve luce. » Asserisce. Sono circondati e non sanno da che lato verranno attaccati. E non è sicuro che un lumos maxima riesca a illuminare l'intero bunker ermetico che sembra esser diventata la serra al momento. Allora stringe le dita contro la bacchetta, e si concentra. « Expecto patronum! » Pronuncia, incerto, ma non succede nulla. Di ricordi felici negli ultimi tempi non ne ha avuti poi molti. Prova a concentrarsi ulteriormente e fa altrui due tentativi, inutili. D'istinto si volta verso di lei, lo sguardo sbarrato. E allora lo vede, il suo ricordo felice. Ce l'ha lì, proprio sotto gli occhi, a qualche centimetro di distanza. Non ha neanche bisogno di immaginarlo. Ricorda il loro primo incontro, il primo bacio, la prima volta. Ricorda il primo Natale assieme e l'ultimo ballo di Halloween. E forse tu imparerai a ballare. « EXPECTO PATRONUM! » Urla allora, ed è in quel momento che una luce bianca esplode dalla punta della bacchetta, assieme a quello che sembra essere un ruggito, o forse solo frutto della sua immaginazione. Lo abbaglia quasi, prima che una sagoma ben distinta si palesi al di là del riflesso. Un grosso leone bianco, dal portamento fiero. Rimane a fissare l'animale, Fred, che sembra quasi ringhiare contro le piante davanti a sè. Adesso la visuale è completa: vi sono piante che si muovono ovunque. Tentacoli acuminati, piante carnivore e rampicanti pronti ad afferrarli e stritolarli. Le pareti in vetro delle serre sono completamente ricoperte da arbusti e vegetazione di vario genere. Si gira allora verso Amunet, e si accorge in quel momento del suo braccio. Non è messo affatto bene: quella che sembra una bruciatura lo percorre quasi per intero, la lana del maglione mista alla pelle ustionata. « Sei ferita. » Dice, senza un motivo ben preciso. Le alza la manica della maglia con più delicatezza possibile, provando a non farle troppo male, e casta quegli incantesimi guaritivi di livello base che conosce. « Epismendo! Brachium Emendo! Va meglio? Ti prego dimmi che non ho peggiorato la situazione. » Si volta allora verso le piante che, stranamente, sembrano essersi arrestate per un attimo di fronte all'incanto patronus. Sa che non durerà a lungo e allora si gira verso di lei. « Ascolta, dobbiamo trovare una via d'uscita. Sono sicuro che colpendo le finestre potremmo aprirci una breccia. Il patronus non le tratterrà per molto..Ma per ora resta quì, okay? » Si morde il labbro inferiore esitando per qualche istante, prima di allontanarsi, zoppicando ed oltrepassare la zona illuminata dall'incantesimo. E' vicino alle pareti, completamente ricoperte di tentacoli e rampicanti. « Incendio! » Una scintilla schizza via dalla sua bacchetta, e ben presto le fiamme si propagano su quegli arbusti che iniziano a dimenarsi, come impazziti. Sembrano i tentacoli di un'enorme piovra, e quando Fred si avvicina, per controllare se sia riuscito o meno nel suo piano, alcune di quelle grosse radici gli precipitano addosso. Sono pesanti, e lo comprimono contro il pavimento, schiacciandogli le gambe e le costole. Geme per il dolore, provando a liberarsi, ma ha la terribile sensazione che più si dimena, più quelle radici si stringono contro il suo corpo, stritolandolo. Sente le sue ossa scricchiolare ed i polmoni prossimi al collasso, mentre usufruisce di tutte le ultime forze rimaste per avvicinare con la scarpa la bacchetta caduta a terra, a poca distanza da lui. Ma è inutile, è caduto dritto nel tranello del diavolo. E' davvero così, che finirà? L'ultima grande scommessa di Fred Weasley contro la morte? Ma, cosa più importante di tutte, che ne sarà di lei? pensa, mentre qualcosa di caldo gli riga il viso, e non è sicuro ormai si tratti soltanto di sangue. La morte non ti lascia dire addio.
     
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    « Mi chiedo se ne valga la pena sopravvivere, in un momento del genere e per un prezzo simile. » In principio era il Caos, un'ammalgama universale e disordinata della materia, una forma ineffabile e indescrivibile che racchiudeva cielo, mare e terra. Il Caos racchiudeva già tutto. Così si sente Mun in quel momento, soprattutto di fronte a quel quesito. Come se avesse già tutto, ma non avesse la più pallida idea di come ordinarlo. Quella stessa domanda se l'è posta anche lei, nel buio delle Sale Comuni, mentre cercava di accaparrarsi un posto letto, o durante il giorno mentre errava di qua e di là senza un motivo ben definito. Se lo è chiesto a forza di guardarsi attorno, di vedere morte e sangue ovunque. Mun e la morte, due organismi che sembravano condividere lo stesso soffio, e che pure, in comune sembravano avere ben poco. Lei luce, la morte buio. Lei gioia, la morte melanconia. Lei innocenza, la morte reità. Mun ha racchiuso negli ultimi anni dentro di sé, tutto il contrario di tutto; per questo spesso risultava incorrente, irriverente all'altrui sorte. Risultava crudele e priva di quella giovialità che in sé gli esserini umani non ancora del tutto sbocciati dovrebbero racchiudere. Restò quindi saldamente silenziosa di fronte a quelle parole, non riuscendo a fare a meno di osservare il volto di lui, mentre a sua volta fissava con una nota infinitamente dolorosa la ragazzina stesa non molto lontano da loro. « Wow, ho un dejavù.. » Sgrana gli occhi di fronte a quelle parole e lo fissa con un'aria interrogativa. « Tu che mi dici che non è niente ed io che non ti credo. Allora è vero che la storia si ripete... » Oh.. quello. Si morde istintivamente il labbro inferiore e di scatto ricordi che avrebbe preferito restassero sepolti almeno per un po', tornano a riemergere con irruenza. Scuote la testa, chiudendo gli occhi, prima di concedersi un leggero sorriso amaro. « Questo.. questo è davvero niente. » In principio era il Caos. E il destino generò le divinità più enigmatiche, cieche e capricciose. Ne nacquero anzitutto il Destino o Fato, divinità ora benigna ora ostile, potentissima e inesorabile, a cui tutte le divinità erano sottomesse e a cui tutti dovevano obbedire. Niente poteva cambiare i suoi decreti. « Già, tutti. E' solo che tu non ne meriteresti di altre. » Deglutisce di fronte a quelle parole, Amunet e stringe i denti. In circostanze diverse si arrabbierebbe, gli direbbe che non ne ha diritto, che non è affar suo immischiarsi. In quel momento, a dirla tutta, sono entrambi distrutti, sopraffatti. E da quel torpore, Mun è pronta a risvegliarsi, combattere e raccattare quel che è rimasto si se stessa. È lì, lì per dirgli che le cose non sono cambiante, ma poi, qualcosa accade e le porte delle serre si serrano. Il cuore prende a batterle a mille e seppur si costringa ad agire eloquentemente e con lucidità, una parte di sè sta già temendo per ciò che segue. È la seconda volta nel giro di pochi giorni che si trova chiusa e sbattuta di qua e di là in compagnia dei suoi cari. Di nuovo prova quella sensazione di smarrimento e panico che solo l'idea di perdere qualcuno può instigarle. Mun ha fatto di tutto per proteggere Freddie, per tenerlo lontano da qualunque pericolo stesse orbitando attorno alla sua vita, si è privata a tratti della sua essenza pur di convincerlo che lei buona non era e che lui doveva voltare la testa altrove. Mun si è sforzata di eludere ogni tentativo di lui di evadere dagli errori del passato, ma ciò che la ragazza non aveva considerato era il fatto che non tutti si può controllare. In principio era il Caos. Dal Caos nacquero altre divinità: l'Erebo, un abisso senza fondo fatto di tenebre; la Notte, anche essa buia e misteriosa; le tre sorelle fatali, le Parche, ministre principali del Destino, figlie della Notte e dell'Erebo; e poi nacquero la Discordia, testarda e la triste Vecchiaia. « E' tutto okay. Lumos! » Deglutisce, Mun, nel vedersi tutt'attorno circondata da piante mostruose lì lì pronte per attaccare, ma per un istante, vuole credere a quelle parole. E' tutto ok. Vuole fidarsi di Fred e prende forza dalla stretta che condividono, divenuta ormai per la così ampia tensione e nervosismo, un pezzo unico di acciaio. Ma è costretta ad abbandonarla; è costretta a privarsi di quell'unico barlume di speranza che brilla avidamente nel suo cuore, per salvarlo dalle grinfie di una pianta carnivora che è pronta per infliggergli un altro colpo. Caschi il mondo tra Fred e Mun, ma lei non vorrebbe mai che le accadesse nulla; vada come vada, saperlo al sicuro sembra in un certo qual modo alleviare il proprio dolore. E questa, signori e signore, è la più ampia forma di altruismo che Mun conosca; sacrificarsi per il bene di chi le ha mostrato cosa sia la gentilezza, il calore, il supporto, l'amore. In principio era il Caos. Più tardi nacquero divinità più clementi: la Concordia, l'Eros, il Giorno e finalmente il Cielo e la Terra. Così grazie all'Amore, la Notte e il Giorno, alla Concordia e Discordia, grazie al Cielo e alla Terra incominciò a delinearsi il Cosmo, l'Universo, lasciando così la situazione di Caos per l'ordine. « Mun! » Ma per quanto Mun tenti di salvarlo, per quanto a breve nella sua vita sembra delinearsi in un certo qual modo, una parvenza di ordine e di autosufficienza, ecco che il cruente destino le sbatte in faccia ancora e ancora quanto si sbagli. Ed ecco che mentre tenta disperatamente di aggrapparsi con le unghie che iniziano a sanguinare al pavimento di pietra, lo vede, sbattuto a faccia in giù da piante arrampicanti che non conoscono pietà e riverenza, poste lì per uccidere nei modi più malati e insensati che esistano. Un tempo anche quelle serre sono state palcoscenico del loro idillio, di baci rubati al cambio dell'ora e di occhiate allusive gettate durante le lezioni. Ora erano nient'altro che morte; ora si ricorderà solo il sangue che sgorga dal naso di Freddie. Si ricorderà il tonfo violento che le piante gli hanno fatto fare contro la pietra fredda. Ha rovinato anche questo. Lui non ci sta solo trasformando in bestie. Ci sta distruggendo, pezzo dopo pezzo. « Ti ho presa! » Le sue dita fredda si aggrappano a quelle di lui; vorrebbe dirgli qualcosa, qualunque cosa, ma il dolore la sta martoriando. Non è stata una buona idea. La pressione di quel tirare da una parte e dall'altra se la sente scorrere e premere tutta contro la spina dorsale. Sente le proprie ossa scricchiolare appena, come se fossero pronte per spezzarsi. « Non ti lascio. » Mun annuisce. Sa che non lo farà, ma in cuor suo sa che così non andranno da nessuna parte. Si libera una mano cercando di perlustrare con lo sguardo il pavimento, alla ricerca della sua bacchetta. E' troppo buio perché possa individuarla, ma prima che possa pensare a qualunque soluzione, Fred ringhia violentemente, obbligandola a stringere ulteriormente le dita attorno alla sua mano. « Fred! » Lo intima, scrollando la sua mano. « Stai bene? » La loro salvezza è lui, che riesce a recuperare la sua bacchetta liberandosi infine dalle piante, e facendo altrettanto con lei. Per un istante trema, mentre fa leva sul suo braccio per rialzarsi, ben accorta a guardarsi intorno, paranoica a livelli inimmaginabili. Non la si può certo biasimare se ha paura che altri di quei tentacoli possano intrappolarla. « Dio, stai bene? » Annuisce, gettando lo sguardo in quello di lui. « Starò meglio quando usciremo di qui. » Un modo per convincere se stessa oltre a Freddie. Perché loro usciranno, entrambi. Non c'è un solo scenario in cui uno dei due resti indietro. Questo se lo annota mentalmente, nel caso in cui lui dovesse fare il coglione eroe. Conosco troppo bene i miei polli, per non sapere che saresti capace di rompermi anche prima di morire. « Ci serve luce. » E non appena Fred riesce a lanciare il suo Patronus, dopo un tentativo fallito, Mun lo vede, e non può fare a meno di restare anche solo per un istante incantata. « Sei ferita. » Se ne accorge solo nel momento in cui prende a sollevarle la manica del maglione. Il bruciore si fa persistente, tant'è che Mun tende a ritirare la mano. Fino a quel momento la sua vista è stata per un istante catturata in tutto da quel magnificente Patronus. Mun si è chiesta spesso che forma potrebbe avere il suo. Ha sempre sperato potesse essere una bella creatura, ma a dirla tutta è più convinta si possa trattare - semmai riuscirà a evocarlo - di una cosa piccola e decisamente insignificante: tipo un insetto. « Non è questo il momento di.. » Gli occhi cercando di impedirgli di iniziare a preoccuparsi per ferite che potranno benissimo curare quando saranno ancora vivi e vegeti fuori dalle serre. Ma no, non ha nemmeno il tempo di finire la frase che Fred ci pensa in ogni caso. « Epismendo! Brachium Emendo! Va meglio? Ti prego dimmi che non ho peggiorato la situazione. » Sospira per un attimo piuttosto rabbiosa. Tu proprio non riesci a non fare l'eroe. Scuote la testa guardandolo con disapprovazione prima di recuperare finalmente la sua bacchetta. « Considerando che non ho il braccio molle.. » Afferma di scatto con un certo sarcasmo, pronta a sollevare appena il sopracciglio nel fissarlo. Effettivamente l'Epismendo ha migliorato leggermente la situazione, ma per curarsi, avrà bisogno di molto più. Ci vogliono le piante adatte e una buona pozione contro il veleno della pianta carnivora, che si sente già entrare nel circolo. Cerca di non pensarci. Se era mortale, forse ero già morta. Così scrolla appena le spalle, e sospira, fasciandosi il braccio con un veloce Ferula. « Ascolta, dobbiamo trovare una via d'uscita. Sono sicuro che colpendo le finestre potremmo aprirci una breccia. Il patronus non le tratterrà per molto..Ma per ora resta quì, okay? » « Che cosa vuol dire resta qui. Tu sei matto da legare! » Appunto. Sta facendo il coglione. Corruga la fronte per un istante, sgranando gli occhi. Non ha nemmeno il tempo di realizzare cosa ha detto, che è già sparito. Riesce a individuarlo poco dopo, sotto la luce intensa delle fiamme che ha generato lui stesso. E per un istante, pensa che potrebbe funzionare. Così prende ad avvicinarsi, pronta a scagliare incantesimi offensivi non appena le piante si saranno diradante abbastanza da permetterle di colpire direttamente il vetro delle serre. Prima che possa sospirare sollevata, tuttavia, ecco il colpo di scena. Il fottuto Tranello del Diavolo. Nel labirinto antistante la villa di famiglia ce ne erano parecchi, e Mun ha imparato a conoscerli sin da piccola. « FRED! Devi smettere di muoverti. » Niente da fare. Lui continua a provare a liberarsi. Forse urlargli contro non è il modo migliore per convincerlo a calmarsi e soprattutto rilassarsi. D'altronde chi diavolo sarebbe in grado di rilassarsi effettivamente in una situazione del genere. Le urla del ragazzo sembrano insinuarsi sotto la sua pelle. Le stringono il cuore in una morsa. E costretta quindi a lanciare un ulteriore Incendio, pronta a trascinare Fred dalle grinfie della pianta, non appena i tentacoli iniziano a liberarlo dalla loro stretta, disarcionate dal calore e dalla luce. « Forza! Andiamo. » Lo intima infine, non sapendo quanti danni possa aver fatto quell'ultimo intoppo. Si passa un braccio attorno alle proprie spalle mettendogli, aiutandolo a sorreggersi. Accidenti Freddie, quanto pesi! « Reducto! » Una delle vetrate delle serre si riduce in mille pezzi di fronte ai suoi occhi. E' costretta a distogliere lo sguardo, mentre schegge di vetro volano ovunque, alcune confidandolesi addosso. Ma non ci pensa. Con Fred accanto, si appresta a varcare i confini di quel posto di morte, allontanandosi il più possibile. Solo quando si sente più o meno al sicuro, gli toglie il braccio che avvolge le sue spalle, aiutandolo ad adagiarsi sul prato, crollando a sua volta a terra col fiatone. Si prende un momento, Mun, per respirare affondo, e per realizzare che i tentacoli delle piante non possono più raggiungerli. Mentre fissa il passaggio che si sono aperti, quest'ultimo si sta già richiudendo, serrando nuovamente gli ambienti un tempo rilassanti delle serre, nel freddo abbraccio della morte. Si lascia cadere con la schiena contro la terra fredda, e volge lo sguardo verso il cielo nuvoloso. Sta piovendo. Goccioline fastidiose la obbligando a chiudere gli occhi, mentre cerca di togliersele dalla faccia, come fossero fastidiose mosche, gesticolando convulsamente. E' ancora sotto shock e l'adrenalina le scorre nel circolo.
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    E' solo allora che realizza quanto è stato stupido, quanto l'ha fatta arrabbiare lì dentro, e quindi, con uno slancio improvvisa si solleva appena solo per mollargli uno schiaffo pesante sulla guancia insanguinata. « Non ringraziarmi. Avrei dovuto farlo un sacco di tempo fa. » Scuote la testa, mentre riprende la sua bacchetta, lanciando un veloce Lumos, per osservare le sue ferite. « Non voglio nemmeno sapere che cosa ti è passato per la testa. Perderei anche l'ultimo briciolo di stima che ho nei tuoi confronti se scoprissi che sei ancora più stupido di quanto pensassi. » Poggia le mani fredde sul suo mento, sollevandoglielo, per poter vedere meglio in che condizioni versa il suo naso. Questa è Mun drogata di adrenalina, più rabbiosa e concentrata che mai, paradossalmente lucida e concentrata su ciò che deve fare. Finito di sistemare il naso di lui, si porta la piccola borsetta di fronte ed estrae dal fondo una piccola boccetta di essenza di dittamo. E' riuscita ad estrarne alcune un paio di giorni prima nell'aula di pozioni, e ora ne era ben lieta di aver perso tempo in quel modo, acconsentendo agli ordini di Percy Watson. Ovviamente, se ne era tenuta alcune per sé, e ora, le sarebbe stata più che utile. Ne gettò poche gocce sulla ferita sul braccio, per poi avvolgere il tutto con una serie di bende che fuoriuscirono dalla propria bacchetta. E fatto ciò, si sposto, dirigendosi verso la fonte di altro sangue sulle gambe di Fred. Aveva urlato ad un certo punto, e non certo perché la pressione contro le sue gambe era stata troppa. Quei tentacoli devono averlo come minimo graffiato. Conoscendo il giovane Weasley, era più grave di quanto sospettasse. E infatti, non appena gli solleva appena l'orlo dei pantaloni, si accorge delle profonde ferite generate da quelli che sembravano aghi. Una smorfia incontrollata pervade il suo viso, mentre cerca di sollevare il tessuto con più cautela e delicatezza possibile. Lo aiuta a distendere prima una gamba e poi l'altra, e infine, getta sulla sua pelle parecchie goccioline di dittamo, mentre le ferite si rimarginano quasi istantaneamente. « Ferula. » Asserisce infine, sospirando leggermente più sollevata. Lo osserva, cercando di capire se per il resto stia apposto. « Così non va, Fred. Se non collabori con gli altri, sei una vera bestia. » Sei una bestia a farmi preoccupare così. Sei una bestia a lasciarmi lì impallata come una cretina mentre tu vai a morire. « Grazie tante, a proposito! Sono uscita dalle serre per cercare aiuto per seppellire un corpo, ed ero lì, lì per doverne seppellire ben due. » Stringe i denti chiudendo gli occhi, di scatto, mentre a forza di parlare la rabbia le monta nuovamente in petto. « Tu. Sei.. » Cosa Mun? Stupido? Irresponsabile? Nessuna novità, insomma. « Sei irrecuperabile, Fred. » Afferma infine, troppo esausta persino per continuare con quella ramanzina che poco è nelle sue corde. Si lascia collassare nuovamente sul prato, portandosi le mani sul petto. Respira, ispira. Quanto meno il tremolio è stato interrotto da quella improvvisa scarica di adrenalina. Non c'è nulla che possa frenare il puro istinto di sopravvivenza. Di fronte al pericolo vero, per quanto apatica e angosciante sia normalmente, Mun si risveglia, riprende conoscenza e consapevolezza di se stessa, di quanto poco abbia voglia di morire. Non può morire. E nemmeno Fred non può morire. Non puoi, punto e basta. « Stai bene? » Un ultima domanda, per accertarsi di aver fatto un buon lavoro. Sincero Fred, altrimenti ti becchi un pugno, stavolta.


     
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    « Che cosa vuol dire resta qui. Tu sei matto da legare! » Ed in effetti era stato davvero un matto da legare, Fred, nel tentare quel piano da solo. Mentre le radici di quella pianta infernale si stringono contro il suo corpo, comprimendogli le costole contro i polmoni e rendendogli difficile persino respirare, Weasley setaccia il buio dinnanzi a sè, cercando una via di salvezza che non è sicuro giungerà. E' stato un coglione nell'agire in quel modo. Ma in fondo, Weasley è fatto così. Lo è sempre stato, sin dalla nascita. Impulsivo fino al midollo, tanto da sfiorare la mera ottusità, talvolta. ..Il più delle volte. Non lo faceva nemmeno apposta, nè tanto meno si era mai aspettato una qualche sorta di premio per il suo fare eroico, semplicemente..Beh, Fred agiva, agisce. E la maggior parte delle volte agisce male. « FRED! Devi smettere di muoverti. » La individua nel buio, e si agita ancora di più. Sa che il modo migliore per non farti uccidere dal Tranello del Diavolo è...lasciarti uccidere. Ma è più forte di lui. Quei dannati tentacoli sembrano moltiplicarsi ogni minuto che passa, e non è facile mantenere la calma quando stai venendo letteralmente stritolato da una pianta assassina. Quindi continua a scalciare e provare a strapparsi via quelle radici dal corpo, senza alcun risultato. « Ti avevo detto di restare lì!- Ruggisce ad un certo punto, perchè anche in punto di morte, Fred Weasley rimarrà sempre il solito Fred Weasley di sempre. Un leone cocciuto quanto un mulo. Forse urlarsi contro non è il modo migliore per uscire da quella situazione, ma non dimentichiamoci che è di Fred e Mun, che stiamo parlando. E che le probabilità di morire mentre si scannano vivi, sono sempre più alte. -Quì ho... » Tutto sotto controllo. Vorrebbe dire, ma la pianta sembra quasi rendersi conto di quanto quella frase sia oltremodo ridicola, quando decide di stritolargli il collo con l'ennesimo tentacolo. Annaspa allora, il rosso, arpionando disperatamente le dita contro le radici per provare a liberarsi, mentre la vista si appanna sempre di più ed il respiro gli manca quasi completamente. Diciamo che non si era programmato la sua morte, in un possibile quanto sperato incontro con Amunet. Fantastico. Non riesce neppure più ad urlare per il dolore che quelle radici gli infliggono lungo il corpo, che al momento è un tutt'uno di ossa che scricchiolando e organi compressi. L'unica cosa che spera è che Amunet si allontani il più presto possibile, prima di fare la sua stessa fine, ma la ragazza non sembra intenzionata a lasciarlo lì. E se da un lato ciò lo rincuora, dall'altro lo agita ulteriormente. La salvezza arriva infine proprio da lei, con l'ennesimo incantesimo. « Forza! Andiamo. » La morsa di quei dannati tentacoli si allenta e Fred riprende a respirare, e quando si rialza -trascinato dalle braccia esili di Amunet- non può fare a meno di poggiarsi a lei, mentre zoppica e tenta di riprendere a respirare regolarmente. « Reducto! » La finestra esplode in mille pezzi, ed il rosso fa per pararsi istintivamente il viso con un braccio, mentre avverte qualche scheggia conficcarglisi lungo il corpo. Lo sguardo che a quel punto saetta su di lei, vittima del suo stesso destino. Vorrebbe dirle qualcosa o chiederle l'ennesimo stai bene, ma la fretta per sfuggire da quella dannata trappola mortale è troppa. Quando sono ormai fuori, l'aria gelida di quella notte perenne li investe in pieno, e sembra quasi risvegliarlo. Avverte tutto quel dolore al quale a causa dell'adrenalina dentro le serre non ha fatto poi molto caso, ed è costretto a zoppicare mentre percorrono il sentiero per allontanarsi più che possono. Ha qualche scheggia sulle braccia e qualche graffio al viso, il naso irrimediabilmente rotto e le gambe ferite. Un gran bel quadro. Si adagia allora a terra, aiutato da Amunet, ed allora sente tutti i muscoli collassare, mentre si lascia precipitare verso dietro, la schiena contro il terreno gelido della tenuta. Riprende fiato, i polmoni che sembrano ancora bruciare per quegli interminabili minuti di soffocamento. Quando alcune goccioline di pioggia gli bagnano il viso e le ferite, si rimette seduto, cercandola con lo sguardo. Lei è lì, sdraiata accanto a lui. Non riesce a vederla bene in penombra, ma non dev'esser messa tanto bene. Ogni sua ferita è una pugnalata in pieno petto, e l'ansia che il veleno di quella pianta carnivora possa esserle già entrato in circolo lo rende irrequieto. Ma ciò nonostante, sono lì, vivi. Entrambi. E questo gli dà la forza di fare il coglione. « Comunque avevo tutto sotto controllo. » Mormora senza pensarci troppo, strofinandosi il naso che non vuole smetterla di sanguinare con la manica del maglione. Ma lo schiaffo inaspettato di lei, gli fa intendere che forse quelle non erano le parole giuste da dire. Inaspettato e alquanto pesante, lo costringe a piegare la testa di lato, mentre istintivamente si poggia la mano sulla guancia dolorante. Beh, guardiamo il lato positivo, sempre meno peggio di quello di Rudy o della Morgenstern. La faccia gli aveva fatto male per giorni. « Ahia. » Borbotta, guardandola imbronciato. « Non ringraziarmi. Avrei dovuto farlo un sacco di tempo fa. » Severo ma giusto. « Vabene, okay, te l'abbono. E in fondo schiaffeggiarmi è diventato un nuovo sport, ultimamente » Mormora, mentre usufruisce del lumos per lanciarle una rapida occhiata. « Non voglio nemmeno sapere che cosa ti è passato per la testa. Perderei anche l'ultimo briciolo di stima che ho nei tuoi confronti se scoprissi che sei ancora più stupido di quanto pensassi. » Sospira, e vorrebbe allungarsi per recuperare la bacchetta a qualche metro da lui e fare qualcosa per quelle ferite che proprio non riesce a sopportare di vederle addosso, ma Amunet è più veloce a sollevargli il mento per controllargli il naso. Le dita di lei sono gelide contro la sua pelle bollente. « Dai, magari andarci da solo non è stata una gran bella idea. Ma ha funzionat- Crack - Ok questa ha fatto male. » Una lacrima silenziosa gli riga la guancia sporca di sangue, dovuta all'assestamento del suo setto nasale. Se lo tasta con entrambe le mani. Se l'è rotto due o tre volte nel corso della sua giovane vita, ed è strano che quelle ossa esistano ancora. « Spero tu non mi abbia sfregiato per sempre » Sdrammatizzare è la chiave. Per farsi menare nuovamente. La vede armeggiare con la sua borsetta, ed il suo sguardo si posa allora sul braccio in movimento di lei. La pelle non ha un gran bell'aspetto. Sembra ustionata, laddove il veleno di quella dannata pianta è riuscito a raggiungerla attraverso la stoffa spessa del maglione. Si mordicchia il labbro inferiore allora, il rosso, mentre percepisce quasi quelle ferite di lei sul proprio, di corpo. Come sempre. E' sempre stato così, dopotutto. Ogni livido, ogni cicatrice che Amunet aveva riportato su di sè in passato, Fred l'aveva sentita come propria. Se ne era sentito responsabile, per non esser stato capace di impedirlo, prima di tutto, e per il profondo sentimento che provava per lei. « Ti fa molto male? » Domanda allora, tentando di mettere da parte i sensi di colpa, inutilmente. Weasley non è mai stato un tipo capace di nascondere le proprie emozioni. Glielo si legge negli occhi d'ambra e nell'espressione, ciò che prova, quasi sempre. Ed è con sguardo preoccupato che la osserva. Quelle ferite solcano il corpo della Carrow per colpa sua. Ha tentato di salvarlo, come ha sempre fatto. Oggi come allora, quando preferiva farsi picchiare da quel mostro piuttosto che fuggire con lui e invischiarlo in situazioni di pericolo molto più grandi di entrambi, due semplici ragazzini. Sospira di sollievo nel vederla estrarre una boccetta di quella che crede sia essenza di dittamo e medicarsi la ferita al braccio, e si zittisce allora, calando lo sguardo verso le proprie gambe. La stoffa dei suoi jeans è macchiata di sangue, e nella parte inferiore della coscia, in prossimità del ginocchio, intravede uno squarcio peggiore degli altri. Vi poggia la mano e sente la consistenza dura di un aculeo che gli è rimasto conficcato. Ha sempre sopportato il dolore in maniera piuttosto dignitosa, Weasley, e dopo l'incidente le sue gambe non hanno mai riacquistato la stessa sensibilità di un tempo, ma strapparsi via dalla carne qualcosa, è tutta un'altra storia. Stringe allora i denti così forte da farli stridere,per evitare l'ennesimo gemito di dolore, mentre getta per terra quel grosso aculeo. Amunet si gira a quel punto verso di lui, aiutandolo a distendere le gambe e sollevandogli l'orlo dei pantaloni ormai strappati per controllare l'entità delle ferite. A vederle sono ancora peggio di quanto si fosse immaginato. Non dice nulla mentre lei se ne prende cura, lo sguardo fisso sul suo volto concentrato. Istintivamente, non riesce a trattenere un sorriso. Averla così vicina, dopo esser arrivato a pensare che mai più sarebbe potuto accadere, lo rende felice nonostante la sua felicità sia oltremodo fuori luogo in un momento del genere. « Così non va, Fred. Se non collabori con gli altri, sei una vera bestia. Grazie tante, a proposito! Sono uscita dalle serre per cercare aiuto per seppellire un corpo, ed ero lì, lì per doverne seppellire ben due. » Rimane in silenzio sotto i rimproveri di lei, l'espressione colpevole. La storia si ripete: Fred Weasley combina guai, Amunet Carrow se lo mangia letteralmente vivo. Finirà mai questo circolo? « Tu. Sei.. Sei irrecuperabile, Fred. » E' arrabbiata. Lo capisce dalla voce a tratti tremante e dai suoi gesti. « Stai bene? » « A parte la guancia dolorante...Sì, abbastanza. » Dà un'ultima occhiata alle ferite, e si tasta le gambe con le mani. Un ottimo lavoro. Alza allora il capo per guardarla. E...Ride. Dapprima sommessamente, prima di scoppiare definitivamente. Ride così tanto che la pancia gli fa male, ed è sicuro si beccherà qualche pugno tra non molto, ma non riesce a smettere comunque. Una risata in parte nervosa, attua a scaricare tutta la tensione di quella morte alla quale sono scampati entrambi per un pelo, ed in parte sincera. Sono vivi, lo sono entrambi, e lei è lì. Lei è lì e per qualche attimo, con quel suo odiosissimo quanto indiscreto ridere, Fred Weasley sembra esser tornato il solito coglione di sempre.
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    « Dovresti vedere la tua faccia. » Annuncia allora, mentre riprende fiato « Sei così incazzata che vedo quasi il fumo uscirti dalle narici » E cosa c'è da ridere? Prende un lungo respiro allora, e torna serio -se serio uno come Weasley potrà mai essere- per qualche istante, guardandosi attorno. « Non volevo farti arrabbiare, non questa volta. Mi sembrava la cosa più sensata da fare per non metterti in pericolo e non lasciarci le penne...Scusa. » Rabbrividisce al pensiero, mentre si scosta alcuni ciuffi resi umidicci dalla pioggia dal viso. Si mordicchia allora il labbro inferiore, mentre la guarda, l'ombra di quella risata che ancora aleggia sul suo viso sporco di terriccio e sangue. Fa per alzarsi, ma, come immaginava, la schiena non sembra voler collaborare. Le gambe le sente ancora, quindi non dev'essere ancora arrivato il momento che aspetta sin da quando tutta quella merda è iniziata, ovvero la sua completa paralisi, ma ciò nonostante ha sicuramente bisogno di qualche minuto prima di riprendersi. Ormai ogni giorno va a peggiorare. Ogni volta che si siede teme di non riuscire più a rialzarsi. E tutti i colpi che si è preso nella serra, di sicuro non hanno migliorato la situazione della sua spina dorsale. « Ho bisogno di qualche minuto per rimettermi in piedi » Taglia corto, senza specificare più di tanto « Quindi siccome tu non vuoi che io mi perda e so che resterai quì per controllare che non combini altre stronzate... » Si avvicina ulteriormente a lei mentre si sfila la giacca « No, non pensare male. Tanto vale non prenderci una broncopolmonite. » La solleva allora sulle loro teste, allargandola il più possibile per coprire entrambi. Si volta allora verso di lei, e si rende conto in ritardo di non aver fatto i conti con una evidente realtà. Sono vicini, particolarmente vicini, tanto da riuscire quasi a percepire il respiro di lei. Per un folle microsecondo lo sguardo si posa sulle sue labbra, ma lo distoglie subito, girandosi dall'altro lato e piantandolo sulla radura di fronte a loro. « Ahm...Grazie. Per tutto. Tu stai bene? » La guarda di sottecchi, mordendosi l'interno della bocca. « Ho pensato a te, quando ho evocato il patronus. » Se ne esce infine, all'improvviso, senza neanche accorgersene. L'ho detto ad alta voce? L'hai detto ad alta voce.
     
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    « Comunque avevo tutto sotto controllo. » Sbuffa la ragazza e scuote la testa non desiderando altro che dimenticare come Fred si sia gettato di fronte al pericolo senza remora alcuna. Non riesce ad accettare l'idea che lui l'abbia lasciata impallata lì, andando a rischiare la vita, per cosa? Per impedire di farsi del male. Fred l'ha sempre trattata come se fosse di vetro. Come se potesse spezzarsi da un momento all'altro. Quel comportamento era adatto a quella Mun fragile che sembrava andare in pezzi soprattutto fisicamente da un momento all'altro, prima che il padre morisse. Da allora tuttavia, molte cose erano cambiate. Mun aveva imparato ad apprezzare il dolore, a non riguardarsene o temerlo. Le donne sono fatte per sopportare, molto più di quanto si pensi. « Dai, magari andarci da solo non è stata una gran bella idea. Ma ha funzionat- » « Fred ti prego, abbi la decenza di stare muto. » E dicendo ciò gli rimette in sesto il naso. « - Ok questa ha fatto male. » Femminuccia. Si ritrova a pensare mentre analizza con attenzione il resto delle sue ferite. « Spero tu non mi abbia sfregiato per sempre. » « A quello ci hanno pensato i tuoi quando ti hanno fatto cadere giù dal seggiolone da piccolo. » Non può fare a meno di essere furibonda, Mun, a tal punto che si sente le guance rosse per tutto lo sforzo fatto per non mangiarselo lì sul momento. E' così da un po' a questa parte. Fred ne combina una delle sue e Mun si arrabbia. Non può farne a meno. E' facile riuscire trattenersi normalmente. Lei la calma è sempre stata brava a mantenerla, ma quando si tratta di Fred, non può fare a meno di perdere il controllo. E forse il punto è proprio questo. Fred le fa perdere ogni briciolo di buon senso che la ragazza custodisce attentamente nel proprio animo.

    Fred ride. Fred ride sempre. Sonorità che Mun ha sempre ascoltato con una certa dose di gioia. Quella risata era sempre stata contagiosa. Il giovane leone era in grado di sorridere sempre, e a volte, Mun, non poteva fare a meno di chiedersi come facesse a non perdersi mai d'animo. Più di una volta aveva reputato il suo comportamento stupido oltre che terribilmente inappropriato, ma la verità è che di persone come Fred al mondo ce ne sono davvero poche. Ci vuole coraggio per risplendere anche nei periodi più bui. Un coraggio che rasenta la stupidità, ma pur sempre una forma di coraggio. Quella era una qualità che la Carrow ha sempre apprezzato nel suo ex ragazzo, l'ha spesso ricercata, ci sono state volte in cui l'ha fatta propria. « Dovresti vedere la tua faccia. Sei così incazzata che vedo quasi il fumo uscirti dalle narici. » Di fronte a quelle parole, Mun abbassa lo sguardo, mordendosi il labbro. C'è frustrazione in quel suo comportamento. Realizza solo in quel momento che Fred poteva davvero morire. L'immagine di lui, stretto nelle grinfie del tranello del diavolo la tormenterà per giorni. « Non volevo farti arrabbiare, non questa volta. Mi sembrava la cosa più sensata da fare per non metterti in pericolo e non lasciarci le penne...Scusa. » Sbuffa ancora mentre quella frustrazione cresce ulteriormente. Certe volte si chiede qualche meccanismo scatti nella testa di quel ragazzo per fare sempre la cosa contraria a quella che normalmente sarebbe più saggia. Fred è impensabilmente irrequieto, ed è soprattutto avventato; si butta a capofitto nelle situazione senza pensare, senza pensare soprattutto a chi potrebbe risentirsene delle sue azioni. Ci sono stati momenti in cui giorni, in cui si era chiesta come stesse. L'orgoglio le aveva impedito di avvicinarsi. Seppur in un modo o nell'altro, la sua presenza scandisse parte delle sue azioni quotidiane, seppur il pensiero di come sarebbe se stessimo insieme le sfiori spesso la mente, si è sempre tenuta a debita distanza, perché Fred l'ha ferita, ancora e ancora, e lo ha fatto anche e soprattutto in quel momento, mentre si allontanava, lasciandola impallata lì, andando a rischiare da solo la vita. Se muori ti uccido, Weasley. Di nuovo. Questo quanto pensa mentre lo guarda, pronto a rialzarsi. Per un istante corruga la fronte, nel rendersi conto che qualcosa lo sta frenando dal farlo. Sgrana per un istante gli occhi, pronta ad aiutarlo a rialzarsi.
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    « Ho bisogno di qualche minuto per rimettermi in piedi » Le basta ciò perché il suo volto si colori di una leggera smorfia, mentre si lascia cadere sul prato, pronta a non andarsene finché dentro il castello non ci sarebbero tornati insieme. « Quindi siccome tu non vuoi che io mi perda e so che resterai quì per controllare che non combini altre stronzate... No, non pensare male. Tanto vale non prenderci una broncopolmonite. » C'è un momento in cui lucidamente Mun è pronta ad allontanarsi, ma poi, l'istinto ha la meglio, e così gli permette di avvicinarsi mentre lo sguardo vaga ovunque tranne che nella sua direzione. C'è un momento di silenzio, che si propaga quasi all'infinito. Gli occhi di lei si sollevano verso il suo volto, e solo allora si accorge di quanto effettivamente siano vicino. Corruga appena le sopracciglia e gli rivolge un'espressione sarcastica. « Pensare male.. » Gli fa il verso. Pessimo come al solito. « Io non penso mai male. » Si ritrova a commentare mentre solleva appena le spalle per cercare di scrollarsi di dosso la tensione. Si sente in un certo qual modo messa in soggezione. Fare i conti con le avance è facile, fare i conti con la gentilezza invece, è più difficile di quanto si pensi. « Non ne ho motivo. » Si ritrova quindi a dire scoccando la lingua contro il palato. Si è resa piuttosto chiara nel bagno dei prefetti. E allora perché è ancora lì? Perché stavi per morire. E io non posso vederti morire. Non posso sopportare un mondo in cui tu non ci sia. Non puoi privarmi di te. Di scatto lo sguardo si erge nuovamente sul suo volto. Fred guarda altrove, e per un istante, nella penombra, Mun non può fare a meno di sorridere. Istintivamente si tira giù la manica del maglione e inizia a pulirgli il viso dal terriccio incrostato. Una reazione quasi involontaria, un po' dettata dalla sua mania per l'ordine, un po' dettata da una strana forma di premura. « Ahm...Grazie. Per tutto. Tu stai bene? » Alza gli occhi al cielo, continuando in quello che sta facendo, volendo quasi ignorare quanto lui stia dicendo. « Se me lo chiedi un'altra volta potrei seriamente riconsiderare la mia etica contraria alla violenza. » Commenta prima di portarsi le ginocchia al petto rabbrividendo appena. Si stringe nelle spalle e si lascia avvolgere dall'aria fredda, dal suono sordo di quanto li sta circondando. « Ho pensato a te, quando ho evocato il patronus. » Deglutisce la Carrow, mentre lo sguardo si erge di fronte a sé. Non sa come prendere quella notizia. Non sa cosa dire, cosa fare. Da una parte vorrebbe arrabbiarsi, provare a respingerlo, dall'altra, si sente in un certo qual modo messa sotto pressione. Ha bisogno di tempo e di spazio Mun, eppure al contempo le sembra che di tempo non ne abbiano più e lo spazio non sembra bramarlo poi tanto in quel momento. Non riesce a perdonare, e non riesce tanto meno a dimenticare. Come se le azioni di lui fossero una continua spada di Damocle sopra le loro teste. « Beh devi essere una persona estremamente infelice allora. » Non c'è cattiveria in quel suo commento, ed è se possibile imperniato da un certo calore. Si stringe nelle spalle senza sapere come continuare. Di una cosa è certa. C'è poco di effettivamente felice nell'aura di Mun. « Non è una cosa di cui mi vanterei troppo in giro. » Continua con una certa amarezza. Il sorridente primo leone di Grifondoro, trova il massimo della felicità nella più buia e triste delle serpi. Una dicotomia bella e buona. Un ossimoro nel vero senso della parola. « E' bello.. è un bel patronus. » Mun dal canto suo, non ne ha mai visto uno fuoriuscire dalla sua bacchetta; nemmeno l'ombra, nemmeno una scia friabile di luce azzurrognola. Forse non si è mai sforzata abbastanza o forse semplicemente non ha mai voluto farlo. Sospettava in realtà non si trattasse di una questione riguardante la sua felicità, quanto piuttosto della sua particolare collocazione nel mondo. Ciò che imperniava la sua vita era maligno e oscuro, l'esatto contrario della magia bianca di cui è intriso un patronus. Rabbrividisce di nuovo e cerca di scrollarsi di nuovo di dosso quel malessere che si sente dentro. « Sono ancora furiosa che sia chiaro, e due paroline carine non cambieranno certo il corso delle cose.. » Non quello che è successo al ballo. Tanto meno quello che ha appena fatto. « Ma tu devi smettere di provare a tutti i costi di morire, Fred. » Chiude per un attimo gli occhi, cercando di trovare le parole adatte per esprimersi. Cerca di filtrarle. di metterle a fuoco, di sceglierle come al solito suo. Ci riesce ben poco. « Io.. ho avuto paura. » Prima ammissione. « E io odio aver paura. » E questo tu lo sai. « E sai cosa? Tu non hai alcun diritto di mettermi paura, perché io non ho tempo di preoccuparmi di te. E non ho nemmeno voglia. » Si sta rendendo conto solo allora di aver iniziato ad alzare la voce. Abbassa lo sguardo e deglutisce. Non è in sé, Mun. Non lo è mai più stata da quando tutto è iniziato. A tratti sembra una schizofrenica. Da uno stato d'animo all'altro come se niente fosse. « Quindi.. » S'inumidisce appena le labbra distogliendo lo sguardo. « ..non morire. »



     
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    « Pensare male..Io non penso mai male. » Annuisce, Fred, senza guardarla. Rimane in silenzio tuttavia, senza sapere effettivamente cosa dire. E' una situazione..strana, quella in cui si trovano. Fino a qualche minuto fa pensava che non l'avrebbe più rivista, nè ci avrebbe mai più avuto a che fare, e adesso stavano condividendo una giacca e, vista la vicinanza, persino il respiro. Davvero curioso il destino, eh? « Non ne ho motivo. » « Purtroppo » Si ritrova a mormorare, quasi senza accorgersene. Il destino è curioso, sì, ma Fred Weasley lo è ancora di più. Le loro intenzioni in quel dannato bagno dei prefetti erano state chiare, dopotutto. Lei gli aveva chiesto di andar via, e lui aveva deciso di farlo. Ma tra il dire ed il fare c'è di mezzo un abisso. Ed il rosso, dentro quell'abisso, ci ha sempre sguazzato. Quindi eccolo quì ad oggi, pronto a negare ogni promessa fatta qualche tempo prima. Perchè sapete cosa? Le promesse che non può mantenere, sono sempre state quelle che preferisce. E sono i piccoli gesti, quelli inaspettati, che lo portano ad annegare sempre più in quel sopracitato abisso. Percepisce il suo tocco sulla propria pelle, ed un sorriso impercettibile gli illumina il volto. Si gira lentamente verso di lei, rispettando quel silenzio a tratti complice che si è instaurato tra di loro per qualche momento. Un legame dalle pareti oltremodo fragili, quello che stanno condividendo, e che Weasley vorrebbe non si spezzasse. Mun e Freddie sono sempre stati anche questo. Piccoli gesti. Insignificanti azioni dettate dall'istinto, capaci di dar vita ad un tornado di emozioni. Capaci di aprire quel vaso di Pandora fatto di ricordi e speranze. Sospira allora, piegandosi sotto il tocco di lei come un cagnolino in cerca di coccole. In quei giorni ha persino dimenticato come si faccia. Sempre sulla difensiva, sempre pronto ad attaccare per non essere attaccato. Quel castello li sta rendendo tutti un po' bestie, anche coloro che bestie non lo sono mai stati. Eppure adesso, sotto le dita di lei che gli ripuliscono il viso sporco di terra e sangue, Fred si sente di nuovo, beh...Fred. Sè stesso, completo in un certo qual modo. « Se me lo chiedi un'altra volta potrei seriamente riconsiderare la mia etica contraria alla violenza. » Ridacchia allora alle parole di lei, mordicchiandosi il labbro inferiore e calando lo sguardo per terra. « Okay, hai ragione » Mormora, colpevole. Weasley non è mai stato un tipo particolarmente ansioso, nè tanto meno troppo apprensivo. Ma in quelle dannate serre..Il ricordo di Amunet stretta dalla morsa di quelle piante lo tormenterà per molto tempo. Ha rischiato di perderla, di perderla sul serio. Cosa si sarebbe detto, poi? Cosa avrebbe fatto? Non voleva nemmeno pensarci. Non voleva neanche lontanamente immaginarlo un mondo senza di lei. In quegli ultimi anni ci aveva persino vissuto, in un posto simile, ma con la consapevolezza che, seppur da lontano, lei sarebbe sempre stata lì, da qualche parte. Il solo pensiero di voltare lo sguardo e non vederla più alle sue spalle lo terrorizza. « Beh devi essere una persona estremamente infelice allora. Non è una cosa di cui mi vanterei troppo in giro. » Non c'è cattiveria nelle parole di lei, solo bonario sarcasmo, probabilmente. Si volta a guardarla, Weasley, la fronte corrugata. La conosce, ormai. Ha condiviso con lei parte di quell'infanzia infelice che le è stata donata. Amunet Carrow, sempre così silenziosa, sempre così pacata. Sempre così triste. Ricorda tutti quei giorni in cui ci provava, ci provava davvero a farle dimenticare almeno un po' quella vita. Per vederla sorridere, per vederla felice. Ma adesso? Cosa ne rimane di quell'Amunet? Esiste ancora uno sprazzo di quella felicità che per molto tempo Weasley si era sforzato a tirar fuori? Scuote quindi la testa, spingendosi appena verso di lei per darle una leggera spallata. « Shhh, ero serio. Per una buona volta » Mormora ridacchiando appena, cogliendo il suo sguardo di ghiaccio. Non riesce ad interpretarlo. Un tempo era bravo a farlo. Un tempo Fred Weasley capiva immediatamente cosa si celasse dietro gli occhi della sua Mun. Ma adesso è tutto così dannatamente diverso. Come erano arrivati a questo? Mi hai dato tutto, e non mi è rimasto niente. « E' bello.. è un bel patronus. » Annuisce il Grifondoro, mentre si rigira verso l'orizzonte, e sistema meglio la giacca su entrambi, attento a non farla cadere. La pioggia inizia a farsi sempre più insistente, e presto nemmeno la pelle spessa della sua giacca riuscirà a proteggerli granchè. Ma la sua schiena non ne vuole ancora sapere di lasciargli un minuto di tregua. Sa che se si provasse a rialzare, magari riuscendoci pure, cadrebbe ben presto, rovinosamente. Amunet si preoccuperebbe per lui, di nuovo, e conoscendola farebbe di tutto per aiutarlo. E Weasley non vuole farla preoccupare, per l'ennesima volta. Perchè in fin dei conti è sempre di questo che si tratta. Fred combina guai e rischia di morire, e la gente muore appresso a lui. Un circolo vizioso che con ogni probabilità non avrà mai fine. « Beh..Grazie » Mormora allora, sorridendo appena. Sono state rare le volte che è riuscito ad evocarlo in forma completa, e di certo Fred non si è mai sentito degno di un patronus di quel genere. Coraggio, nobiltà, orgoglio. « Non l'avevo mai visto così..Forte. Me ne vanterò eccome, invece » La punzecchia a quel punto, senza un motivo ben preciso. Vorrebbe chiederle se sia mai riuscita ad evocarne uno per suo conto, ma è quasi completamente sicuro di una risposta negativa. E' un fattore che lo rattrista, quello, ma decide di non pensarci. Non al momento, per lo meno. « Sono ancora furiosa che sia chiaro, e due paroline carine non cambieranno certo il corso delle cose.. » Il suo sguardo si sofferma sul viso di lei, prima di mordicchiarsi il labbro inferiore ed annuire. Sembra passata un'eternità dalla notte di Halloween, eppure Fred ha ancora vivido in testa il ricordo del bagno dei prefetti. Il suo ricordo. L'inquisitore, il sangue, lo sguardo gelido. Non sono quegli stessi occhi, quelli che sta guardando adesso. Non vi è ghiaccio, non soltanto almeno. Una leggera scintilla di calore, seppur non sappia nè forse saprà mai di quale genere esso sia. Ma vi si appiglia tuttavia, Fred, vi si è appigliato sin da quando l'ha rincontrata qualche minuto fa. Alla fine dei conti, gli basterebbe anche solo questa: una microscopica speranza che chissà, forse un giorno qualcosa possa cambiare. Che lei possa perdonarlo, e che lui impari a ballare.
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    « Ma tu devi smettere di provare a tutti i costi di morire, Fred. » Annuisce, senza sapere cosa rispondere. Non lo fa nemmeno apposta, dopotutto. E' solo che...è una testa calda, ecco cosa. Una testa calda che pur di non mettere in pericolo gli altri, è capace di lanciarsi a braccia aperte tra le braccia del Tranello del Diavolo. « Io.. ho avuto paura. E io odio aver paura. » Lo so, sembra voler dire il suo sguardo d'ambra, mentre continua a guardarla in silenzio. Un'ammissione che non si sarebbe aspettato, non sicuramente in un momento come quello. Non sicuramente dopo tutto ciò che è successo tra loro, che lui ha combinato. « E sai cosa? Tu non hai alcun diritto di mettermi paura, perché io non ho tempo di preoccuparmi di te. E non ho nemmeno voglia. » Lei alza appena il tono di voce, e Weasley inarca un sopracciglio. Quest'Amunet è quasi sconosciuta, ai suoi occhi. Non l'ha mai vista così nervosa, nè così incline ad un certo tipo di reazioni. Vorrebbe stringerla a sè con un braccio, sorriderle e dirle che va tutto bene. Vorrebbe baciarla sulle guance, o forse no, e fregarsene di tutto. Farla calmare, riscaldarla col calore del proprio corpo e non importarsene di tutto quel clima gelido che sembra aumentare sempre più e di quella pioggia che si fa sempre più pesante. Ma siccome tutte queste cose, Fred Weasley non può farle, continua a rimanere in silenzio. Come un bambino intento ad ascoltare a capo chino il rimprovero della mamma. Perchè in fin dei conti cosa sarà Freddie se non un bambino appena cresciuto? Lo sono tutti, in quel castello, chi più chi meno. Ragazzini, nient'altro che ragazzini lanciati nel bel mezzo di uno scenario apocalittico, ben più grande di loro. Ed è forse per questo che Amunet non è la sua Amunet. E' forse per questo che vede le sue mani tremare ed il tono della sua voce si fa alto e poi si abbassa all'improvviso. Quel mondo li sta cambiando, uno ad uno, forse in meglio, forse in peggio, o forse entrambi. « Quindi..non morire » Ma Fred non vuole cambiare. Forse un giorno arriverà quel momento, ma non è questo il giorno. E allora la guarda per minuti di interminabile silenzio, lo sguardo che vaga attraverso il suo bel viso. Fa per dire qualcosa, ma è allora che un fulmine squarcia l'atmosfera e la pioggia si fa ancora più violenta. Non possono restare lì. Arpiona le mani per terra dunque, e con uno forzo sovrumano riesce a rialzarsi. La schiena lo punisce con due o tre fitte, che lo costringono a stringere i denti per qualche istante, ma è capace di riacquistare equilibrio e, cosa più importante, camminare. Le porge una mano « Se davvero non vuoi che muoio, o moriamo in questo caso, vieni! » Ma prima ancora di aspettare una sua qualche risposta la tira a sè, ed inizia a correre, stringendole le dita tra le proprie in una presa ferrea. Non ha bei ricordi sulla tenuta intorno al castello, e quella pioggia non sembra presagire nulla di buono. L'ingresso del castello sembra essere l'unica fonte di luce in quell'astmosfera resa ancora più buia dalla tempesta. Gli viene anche difficile capire dove stia mettendo i piedi, mentre il vento li investe in pieno e le gocce di pioggia li colpiscono entrambi. Sono quasi giunti al castello, quando gli occhi del rosso notano qualcosa che si dirige a tutta velocità verso di loro. Che sia un ramo o un intero tronco staccato dal vento non lo sa, ma ciò di cui è certo è che se gli arrivasse addosso, non se la caverebbero tanto bene. Quindi reagisce d'istinto, tirando bruscamente la ragazza verso di sè mentre riesce ad indietreggiare verso l'ingresso del castello, giusto in tempo. Un rumoroso tonfo indica che quel proiettile di chissà quanti chilometri orari si è schiantato contro il muro in pietra che adesso li protegge. « Tutta intera? » Annaspa allora, riprendendo fiato. Sono vicini, ancor più di prima. Le sue braccia le cingono i fianchi, e riesce a sfiorarla col proprio petto. Sono bagnati, completamente fradici. Da quella distanza ravvicinata, riesce quasi a contare tutte le goccioline che le bagnano il viso. Gli ricorda qualcosa. « Altro dejavù, sicuramente molto più piacevole: noi due completamente bagnati, di nuovo. Solo che questa volta ti ho spinta io al muro, mh? » E il pugno sul naso arriva tra tre, due, uno..Ridacchia come un idiota, mentre si scosta appena, giusto per darle respiro e riacquistare il proprio. Di spostarsi completamente però, sembra non volerne sapere, una mano poggiata contro il muro a qualche centimetro dalla testa di lei. « Facciamo un patto. » Un rosho del diavolo è, un rosho del diavolo rimane. « Io evito di morire, e tu rientri a far parte della mia vita, senza far più finta di ignorarci. » La guarda, ed istintivamente le scosta alcuni ciuffi di capelli bagnati dal viso. La mano destra che si sofferma per qualche istante di troppo sulla sua guancia, accarezzandola e ripulendola da qualche traccia di terriccio. Così come lo sguardo, che vaga sulle sue labbra. Si inumidisce le proprie mentre cerca di distrarsi. Inutilmente. « Allora, ci stai? Equo, no? »
     
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    « Se davvero non vuoi che muoio, o moriamo in questo caso, vieni! » Letteralmente travolta. Viene trascinata via da Fred, prima ancora di poterlo realizzare. Le sue dita si intrecciano a quelle di lui, mentre tenta inutilmente di ripararsi dalla pioggia. Per un istante ritrova una strana specie di frenesia e scoppia a ridere. Bipolare. Mun sta diventando bipolare, ecco qual è la verità. Non sa più cosa sente, cosa vuole. Non ha più la minima dimensione di cosa sta facendo o in quale direzione stia andando la sua vita. Tutto le scorrere addosso senza che lei abbia il minimo controllo sulla propria vita. Si sta perdendo, ma in quella perdizione, ci sono anche sprazzi di un passato che sembra riaffiorare. Altre volte lei e Fred si sono ritrovati a correre sotto la pioggia alla ricerca di un riparo. Tante, troppe volte. All'uscita da un cinema al centro di Londra o di una qualche tavola calda in cui si sono soffermati per ore a sparlottare di tutto e niente. Per un istante Mun li rivede quei ragazzini, seppur di loro, in quei giovani quasi adulti non ce ne sia più altro che una traccia intangibile. Un fulmine non molto lontano dal posto in cui si trovano, la porta a trasalire di scatto e farsi più vicina. Le fanno paura i rumori improvvisi. Mun ha paura di così tante cose; un cerbiatto fragile la cui linea di equilibrio è facilmente spezzabile e decisamente intrisa di un carattere instabile. Viaggia su un filo del rasoio pericoloso la Carrow, da sin troppo tempo. La ricomparsa di Fred ha spezzato un equilibrio che ha raggiunto con non pochi sforzi. Il suo essersi distolto dal concentrare le proprie attenzioni su Abigail Green, l'ha riportato a remare nella propria vita, con più prepotenza che mai. E adesso? Adesso non sa che fare. Non sa se lo vuole lontano o lo vuole vicino. Non sa se lo ama oppure se la sua sia solo paura di restare da sola. Sa solo che quando è nei suoi paraggi si trasforma, diventa una persona completamente diversa da quella che tutti conoscono. Diventa istintiva, sensibile, decisamente sin troppo sentimentare per i suoi standard. Si dirigono verso l'entrata del castello; riesce a vedere le luci provenire dalle grande porte aperte, per accogliere chiunque sia rimasto fuori sulla tenuta. Ed è allora, mentre stanno per varcare le porte del castello che l'imprevisto arriva con tutta la sua irruente forza. E lei, Mun, chiude gli occhi, aspettandosi l'impatto da un momento all'altro. Un impatto che muta prima ancora che possa accorgersene. Non c'è nessun ramo a colpirla. E' piuttosto la sua schiena a scontrarsi contro uno dei piloni portanti della sala d'ingresso, mentre Fred gli è addosso, quasi cercando di fargli isintivamente da scudo umano. E' così piccola rispetto a lui che il ragazzo la ingloba letteralmente e c'è un momento in cui, Mun riesce a percepire il profumo della sua pelle. Non è un'aroma artificiale quello che percepisce. E' il suo odore. L'odore di Fred; qualcosa che riuscirebbe a distinguere tra mille altri, qualcosa che riconosce e ha assaporato centinaia di volte. Un odore e un sapore quello che ha sentito sulle proprie labbra, ha percorso con la punta della lingua fino a renderlo parte integrale di sé. « Tutta intera? » Annuisce, Mun, seppur sia alquanto scossa, e non prettamente da ramo che stava per schiacciarli contro il muro. Le sue dita si muovono appena sui fianchi di lei, e la ragazza non può fare a meno di abbassare lo sguardo su quell'improvviso quanto inaspettato contatto. Allontanalo. Perché non stai facendo? Di scatto sente la risata di Ryuk da qualche parte in lontananza. Questo è il segnale che ancora una volta, Mun sta facendo la figura dell'idiota agli occhi del dio della morte. « Altro dejavù, sicuramente molto più piacevole: noi due completamente bagnati, di nuovo. Solo che questa volta ti ho spinta io al muro, mh? » La risata che fuoriesce dalle sue labbra ha un che di decisamente nervoso. Si passa automaticamente le mani tra i capelli mentre gli occhi di lei, cercano quelli di Fred per cercare di leggere qualcosa che le è sfuggito.
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    « Già. » E il tono della sua voce è leggermente amaro, melanconico. Mun e la tristezza intrinseca sono una cosa sola. Non ricorda nemmeno l'ultima volta in cui ha riso di gusto, in cui si è effettivamente divertita, senza pensieri, senza remore, senza sotterfugi, senza secondi fini. Non ricorda l'ultima volta in cui è stata semplicemente serena. Non sa più cosa sia avere un cuore leggero, Mun. Così intrisa di sensi di colpa e segreti, misteri che nemmeno lei comprende fino in fondo. Sente il respiro caldo di lui sulla propria pelle, e non può fare a meno di sentirsi a disagio. A tal punto che sente il bisogno di incrociare le braccia al petto. Imbarazzo. Deglutisce e di scatto sposta lo sguardo altrove, alla sua destra, senza tuttavia spostarsi dalla posizione in cui si trova. E' lui piuttosto a scostarsi appena, ma non abbastanza da darle la parvenza di sentirsi effettivamente libera dal suo effetto. « Facciamo un patto. Io evito di morire, e tu rientri a far parte della mia vita, senza far più finta di ignorarci. » I polpastrelli di lui corrono lungo il viso della Carrow, scostandole poche ciocche dietro l'orecchio. E per un istante le manca il respiro. Cerca di ritirarsi, quasi volendo diventare una con il muro alle sue spalle. Ma non si sposta. Non a destra, né a sinistra. Divisa tra qualcosa che persiste e che continua a non voler andare via dalla sua mente, dal suo cuore e qualcos'altro che la frena inesorabilmente. Perché c'è una parte di Mun che ha paura di Fred; ha paura della sua istintività, del suo giocare sporco, della sua capacità di coinvolgerla. Mi freghi sempre. Mi freghi sempre e ogni qual volta tu stia lì lì per fregarmi del tutto, trovi un modo per ferirmi. « Allora, ci stai? Equo, no? » Lo sguardo di lei torna a cercare quello di Fred, ma lui è troppo impegnato a concentrarsi su altro. Le sue labbra. Di scatto deglutisce, passandosi una mano lungo la nuca cercando di allentare la chiara tensione che si sta creando. Scrolla le spalle e sorride roteando appena la testa, cercando di togliersi di dosso quel torpore. Stavano per morire. Fred e Mun stavano per morire, e per quanto lei si sente divisa, l'idea che avrebbe potuto perderlo, la sta tormentando oltre misura. Chiude gli occhi per un istante mentre ispira lungamente. Si morde l'interno delle guance; lo sguardo di ghiaccio sembra perdersi da qualche parte oltre la figura del rosso. Cosa avrebbe fatto se fosse successo davvero? Non lo sa. Non è una prospettiva che riesce a mettere a fuoco nemmeno nella più ipotetica delle versioni di quel comune remare nella landa di disperazione che è diventata Hogwarts. « Va bene. Equo. Smetterò di ignorarti. Abbiamo più chance di sopravvivere a questo manicomio se ci guardiamo le spalle a vicenda. » Sarebbe più facile se ti scostassi, Freddie. Incrocia nuovamente le braccia al petto, stringendosi nelle spalle. In chiara posizione di difesa, la Carrow. « Tregua.. » Dice infine allungando una mano nella sua direzione con fare alquanto incerto, mentre elude il suo sguardo. « ..finché tutto sarà finito. » Perché è più facile impedirti di morire quando non sono intenta a evitarti ventiquattro ore su ventiquattro. Ed è certa che Fred non saprà mantenere la sua promessa. E' certa che come mille altre promesse anche quella di smettere di correre rischi inutili svanirà nel nulla come tante altre, perché Fred non sa stare lontano dal pericolo. Si butta a capofitto nelle cose senza pensarci. Tira un lungo respiro mentre l'imbarazzo si fa sempre più tagliente. « Ora.. farei meglio ad andare a segnalare la morte della ragazza. » Chiude per un istante gli occhi, cercando di scacciare dalla sua mente l'idea di averla lasciata lì nelle serre, sola, abbandonata a se stessa. Internamente si ripromette di tornare da lei non appena le sembrerà che ci sia via libera dal pericolo. « E.. » Picchetta con i polpastrelli della mano destra contro il polso della mano sinistra. Non sa precisamente come scostarsi. Andare a sinistra o andare a destra, avanzare nella sua direzione, per obbligarlo a indietreggiare, oppure semplicemente aspettare che sia lui a farlo di spontanea volontà? Nel dubbio non sta facendo nulla Mun, come se fosse impallata lì, terrorizzata da qualunque movimento, da qualunque gesto, da qualunque cosa. Spettatrice passiva della sua stessa vita, ecco cosa sta diventando. Lì, in mezzo a tutto quel manicomio, sta diventando una specie di ombra di se stessa, molto più di quanto non lo fosse in generale. « ..sì insomma, grazie di non avermi lasciata da sola. » Si morde il labbro inferiore. « Ci.. vediamo in giro? » Perché suona tutto così stupido? Così innaturale?

     
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    Si sente rasentare i confini della schizofrenia, Weasley. Fino a qualche minuto fa, aveva creduto che lui ed Amunet non avrebbero avuto più niente a che fare per un tempo indefinito. Si era abituato all'idea, e quando l'aveva vista nella penombra delle serre, l'aveva accolta con freddezza. Una freddezza dettata dall'imbarazzo e da quella punta di disagio che, in quegli ultimi tempi, sembrava sempre aleggiare tra loro in quegli incontri fortuiti. Sguardi distolti, labbra mordicchiate e dita delle mani torturate, principalmente. Eppure adesso eccolo quì, quello stesso Fred Weasley dall'atteggiamento a tratti remissivo. Eccolo quì con una mano poggiata al muro in pietra, a qualche centimetro dalla testa della ragazza, e lo sguardo fisso su di lei. Schizofrenia, sì, senza ombra di dubbio. Potrebbe mai esserci un'altra spiegazione? Forse sì, o forse semplicemente trattasi di avventatezza mista a quella caratteristica testa calda si è sempre portato sulle spalle. Perchè è questo ciò che è, il rosso, dopotutto. Un cocciutissimo, ostinatissimo testone. A volte si illude di essere altro. A volte riesce addirittura a credere di poter migliorare, lasciando spazio ad una più matura versione di sè, ma non è così. Non del tutto, per lo meno. Weasley non è maturo, chissà forse non lo sarà mai. Talvolta riesce a sfiorarne i confini, della maturità, ma alla fine precipita sempre. Ed eccolo questo Freddie immaturo di fronte ad una promessa più che spezzata. Lo sguardo che continua a vagare sul viso di lei, senza lasciarsene scappare neanche un centimetro. Sono vicini, particolarmente vicini, e tutto ciò a cui riesce a pensare è a quanto gli sia mancata, quella vicinanza. Quanto, seppur si sia ostinato di credere il contrario, l'abbia desiderata in quei giorni. Che fare, dunque? Allontanarsi, lasciarla andare? Certo questa sarebbe la soluzione più logica, quella più consigliata da una ragione sin troppe volte ignorata. E che, probabilmente, continuerà ad esserlo. Riesce quasi a percepire il disagio di lei. Non sa perchè, Freddie, ma per quanto possa risultargli difficile decifrarne un altro tipo di emozioni, è diventato più che capace di percepire quel tipo, di sensazioni. Forse perchè vi si identifica a sua volta, dopotutto. Perchè nonostante non sembri, nonostante il modo in cui l'abbia praticamente imprigionata contro quel muro col proprio corpo, Weasley riesce a percepirla quella tensione che sembra essersi creata tra loro. Una tensione fatta di sguardi imbarazzati e sospiri, aspettative ed esitazioni. Cosa fare e cosa non fare. « Va bene. Equo. Smetterò di ignorarti. Abbiamo più chance di sopravvivere a questo manicomio se ci guardiamo le spalle a vicenda. » Annuisce a quel punto, mentre un sorriso gli dipinge il viso bagnato. Lei incrocia le braccia al petto, in una chiara posizione di difesa. E' confusa, Amunet, seppur si sforzi per non sembrarlo. Ma lo capisce dalle più piccole cose, il rosso del diavolo. Dal modo in cui elude il suo sguardo, o rimane ferma lì, più raggomitolata possibile contro il muro, per evitare anche solo di sfiorarlo. Ma Fred continua ad osservarla, mordicchiandosi il labbro inferiore. E' piccola, microscopica rispetto a lui. Le ha fatto istintivamente scudo con il suo corpo e sembra quasi capace di poterla inglobare. Ricorda ancora il modo in cui l'ha tenuta stretta ormai troppo tempo fa, spinta contro un muro ben diverso, in una situazione ben diversa. Prova a non pensarci, senza riuscirci granchè. Perchè deve essere tutto così dannatamente difficile? « Tregua.. » Ci potrà mai essere una tregua tra loro due? Probabilmente no. Fred e Mun sono nati per farsi la guerra. Persino quando non vogliono farsela, continuano a farsela comunque. Come in quel momento, ad esempio. Nessuno dei due sembra stare attaccando, eppure eccoli lì, in completa tensione, pronti ad un qualsiasi tipo di mossa. Schiacciati dalle loro stesse aspettative. Destabilizzati dall'effetto reciproco che nonstante tutto continueranno sempre a farsi. Quell'effetto che gli fa sentire la gola asciutta nonostante l'intero suo corpo sia completamente fradicio, e le labbra così secche da avere il costante bisogno di inumidirle con la lingua. Ciò nonostante allunga comunque una mano, Fred, per stringere quella di lei. « finchè tutto sarà finito. » « E tregua sia. » Mormora allora, con un sorriso dalla dubbia provenienza. Semmai tutto finirà e noi saremo ancora quì. Il pensiero che così potrebbe non essere, forse un giorno, lo fa rabbrividire. Quella è una prospettiva alla quale non vuole pensare ma che, in fin dei conti, finisce sempre per valutare. Se lui morisse, gli importerebbe poco. Non ha mai avuto granchè paura della morte. Dopo la morte finisce tutto, si smette di essere, e allora avere paura sarebbe del tutto inutile ed impossibile. Ma della scomparsa altrui, della sua morte, Freddie si che ha paura. E quel giorno l'ha sfiorata, proprio sotto i suoi occhi impotenti di fare qualcosa. L'ha toccata con mano mentre stringeva le dita gelide di lei tra le proprie mani per non farla precipitare dritta nelle fauci di chissà quale pianta letale. Le serre, proprio quel luogo dove tante volte erano stati, ora gli avrebbero per sempre ricordato il luogo dove per poco non l'aveva persa. Doveva ancora incassare il colpo, Weasley. Il fatto che Amunet fosse lì, a pochi centimetri dal suo corpo, riusciva in parte a fargli dimenticare quella paura matta che aveva provato qualche minuto prima. Quel cieco terrore che l'aveva portato ad agire come un idiota, come l'eroe che non era e che di certo non si sentiva. Ed ora Amunet Carrow è lì, scampata al peggio. E lui non sa cosa fare, seppure di cose vorrebbe farne tante. « Ora.. farei meglio ad andare a segnalare la morte della ragazza. » Annuisce, il rosso, ripensando alla poverina che sono stati costretti a mollare in quell'inferno. Non sono nemmeno riusciti a seppellirla come si deve, spera solo che, una volta finito il tranello, riusciranno a ritrovarla tutta intera. Di scempi ne ha visti parecchi in quei giorni e, seppur orribile da dire, non si stupirebbe più. « Sì..Dovresti.. » Borbotta, il tono di voce basso. Se Amunet si spostasse, forse la ragione avrebbe la meglio sull'istinto. Se il viso e le labbra di lei si allontanassero anche solo per un po', forse il Grifondoro potrebbe compiere una scelta giusta. Ma Amunet non si sposta, e quindi nessuna razionalità ha la meglio. « E..sì insomma, grazie di non avermi lasciata da sola. Ci.. vediamo in giro? » Rimane immobile, Weasley, mordendosi a sua volta il labbro inferiore. E' la resa dei conti? Dovrà spostarsi e lasciarla andare, senza sapere se la rivedrà tra qualche ora? Ci pensa per qualche secondo, cercando di ragionare cosa sia giusto e cosa sia sbagliato. Ma in tempi come quelli, ogni cosa è sbagliata. E allora perchè non farlo? Perchè non sbagliare ancora di più?
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    « No. » Una negazione che sembra non avere alcun senso, se non collegata a ciò che ne consegue. E ciò che ne consegue è un Weasley che si spinge in avanti, noncurante delle conseguenze. Probabilmente si beccherà uno schiaffo, una ginocchiata, chissà forse persino di peggio, ma poco gli importa. Ha avuto paura di perderla, potrebbe perderla da un momento all'altro, e allora ogni momento è prezioso. Che sia l'adrenalina a farlo agire poco gli importa. Ciò che gli importa sono le labbra di lei, modellate sulle proprie. Le ruba un bacio, quel bacio. Quello che si sarebbero dovuti dare in quella fatidica notte, se lui non avesse mandato tutto a puttane come suo solito. E' sicuro che Amunet non l'abbia ancora perdonato, e chissà forse dopo oggi si giocherà l'ultima possibilità di esser perdonato, ma così è. O la va o la spacca. E allora lo percepisce di nuovo quel suo sapore, capace di risvegliarlo dall'interno. Capace di riaccendere una scintilla assopita ma mai del tutto spenta. E' un gusto che fa parte di lui ormai, gli appartiene, così come gli appartiene Amunet e lui a lei. E non è un bacio di rabbia, quello, come se ne sono scambiati in quel pomeriggio alle docce. E' un bacio che nasconde una gamma variopinta di emozioni, ma non di certo rabbia. Vi è rammarico, nostalgia, paura, esitazione, amore. Tutto racchiuso in quell'intreccio di lingue e sospiri. Fin quando poi il respiro non gli manca, ed il Grifondoro si distacca, rendendosi conto solo in quel momento di ciò che ha fatto. Dopo il guaio, arriva la consapevolezza. E dopo la consapevolezza tutto il resto. « S-scusa. » Mormora, ricercando il suo sguardo ed aspettandosi di ritrovarci odio, al suo interno. « Per non averlo fatto quando avrei dovuto e potuto farlo. » Per avertelo negato durante quella serata. Durante la nostra serata, il nostro ballo. « Ho avuto paura di perderti. E io odio avere paura » La cita « ...E sto cercando una scusa per eludere il fatto che volevo farlo e basta. » Le bugie non servono più. Non adesso, non tra di loro. Se ne sono detti troppe. Si sono nascosti troppe verità. Prende un lungo respiro, torturandosi il labbro inferiore coi denti, il sapore di lei ancora vivido in lui. E la cosa peggiore è che sa di aver fatto una stronzata. Ma la rifarebbe. La rifarebbe ora, la rifarebbe subito. « Lo so, probabilmente mi picchierai. Ma ho bisogno di te, ti ho quasi persa, potrei perderti da un momento all'altro, e non voglio farlo. Ogni volta che tornavi a casa da...lui, avevo paura che non ti avrei più rivista. Questa stessa paura ce l'ho oggi ogni volta che ti vedo lasciare la sala comune. E allora come adesso, io un mondo senza di te, non riesco nemmeno ad immaginarlo. » Respira profondamente. « Quindi picchiami pure, ma non ti lascio andare, non di nuovo. » Pausa « Resta con me, stanotte » O per sempre.
     
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    « Sì..Dovresti.. » Dovrebbe. Già. Eppure, nessuno dei due fa un passo per muoversi da quella posizione, quasi come se ci fosse dell'altro a dover scandire il naturale separasi. Qualcosa che aleggia nell'aria, che entrambi desiderano ma che Mun non ha nemmeno lontanamente il coraggio di ammettere di bramare. « Dovrei.. » Ripete quindi, con una nota amara, abbassando lo sguardo in attesa che lui le lasci spazio per muoversi in piena autonomia nello spazio del salone d'ingresso. Ma Fred non fa niente per facilitarle il passaggio, per darle modo di rispettare quanto si sono già detti in passato; per rispettare se stessa. Gli ha promesso che non avrebbero avuto più niente a che fare l'uno con l'altro. Gli ha chiesto di uscire dalla sua vita una volta per tutte; eppure adesso, accettava la sua tregua, quasi per paura che domani uno dei due avrebbe potuto rischiare irrimediabilmente la vita. Quella era una croce che Mun non avrebbe portato ben volentieri. L'idea di avergli voltato le spalle e che quella sia l'ultima mossa nei confronti di lui, la manda in bestia. Non riuscirebbe mai ad accettare l'idea che l'ultima conversazione che hanno avuto è stata una lite, che l'ultima cosa che si siano detti sia stata dettata dalla rabbia o dalle incomprensioni, dalle differenze di fondo che li dividevano eppure li tenevano saldamente incollati. « No. » E' Freddie a prendere l'iniziativa. Frena qualunque forma di flusso libero del suo pensiero. Mentre le labbra di lui si precipitano verso quelle di lei, Mun chiude gli occhi, le mani si poggiano sui suoi fianchi attirandolo di più a sé, lasciandosi inebriare da quel contatto. Qualcosa di cui in fin dei conti non potrà mai fare a meno, qualcosa che ha avuto paura di perdere per molto, sin troppo tempo. Lo bacia Mun, e non fa niente per negare a se stessa quel contatto, seppur sappia che le parole che si sono dette, che lei gli ha detto, restano pur sempre le stesse. Continua a non sapere cosa prova, ma quel dolce traghettarsi verso una landa desolata, dove ci sono solo loro, per un istante la sottrae da qualunque macchinazione la sua testa tenti di fare. C'è paura, tanta paura, in quel loro contatto, una paura che sembra scorrerle profondamente nelle vene fino a toglierle il respiro. La consuma l'idea che quello possa essere l'ultimo, la tormenta l'idea che non appena si separeranno potrebbe essere l'ultima volta che lo vede. Sa che Freddie non è perfetto, sa che ha tante cose da rimproverargli; probabilmente se lui sapesse tutta la verità ne avrebbe ancora di più da rimproverarne a lei, ma pur un istante, Fred e Mun si rubano, si appartengono e si uniscono. Solo per un istante. Solo per una volta. Solo per un momento. Niente di più. Ed è piacevole sentire il suo respiro caldo contro la pelle, le sue mani calde contro il proprio volto, le labbra che si uniscono alle sue, le lingue che danzano naturalmente una contro l'altra unendosi e separandosi in un continuo gioco di scontri. Luci e ombre, un gioco pericoloso quello a cui giocano i due, quello a cui gioca soprattutto Mun che di tutto è consapevole molto più di quanto non lo sia Fred. E per un istante mentre il corpo di lui s'incolla contro il proprio, Mun non può fare a meno di scoppiare a ridere sulle sue labbra. Dita affusolate le accarezzano le guancia, prima che le sue labbra si poggino per l'ultima volta contro le proprie per poi staccarsene, privandosi di quella dolce agonia che aveva il diritto di pretendere fino a pochi istanti prima. « S-scusa. Per non averlo fatto quando avrei dovuto e potuto farlo. » Abbassa di scatto lo sguardo, incrociando le braccia al petto, di nuovo. Nella sua mente scorrono le immagini nel bagno dei prefetti. Quelle poche parole del ragazzo le fanno tornare in mente tutto, quanto ci sia stata male, quanto le faccia ancora male. Non sa per quale ragione; forse perché in fin dei conti, Mun è estremamente orgogliosa; quando vuole una cosa, la vuole tutta per sé, pretende che sia sua senza che debba sgomitare per averla. Deve esserlo, perché vuole esserlo, non perché altrimenti lei potrebbe arrabbiarsi, o perché altrimenti si perderebbe la sua stima. Con Fred sembra sempre una lotta a quello; al tentare di sgomitare contro il mondo tutto pur di tenerselo dalla sua. « Già.. avresti dovuto. » Risponde in un sussurro. « E avresti potuto. » Quella sera avresti potuto tutto. Quella sera ero inesorabilmente tua. Lo sarei stata. Lo sa Mun, perché per tutta la sera, pur ignorandolo, non aveva fatto altro che ricercare le sue attenzioni, durante ogni ballo lo cercava nella folla, cercava di comprendere dove si trovasse, con chi stesse, cosa stesse facendo. Non aveva fatto altro che lasciarsi preda all'orgoglio, alla paura di ammettere che in quel momento non avrebbe voluto altro se non essere insieme a lui. E se ne erano accorti tutti. Percy, Nate, Ares. Le era quasi saltato il cuore dal petto quando lo aveva incontrato in corridoio in seguito alla lite con Betty. Fred avrebbe potuto tutto quella sera, senza remore; ma aveva deciso altro. Per quale ragione, doveva ancora comprenderlo. Ma voleva davvero farlo? Non ne era certa. Non era certa di voler scavare in quella storia. « Ho avuto paura di perderti. E io odio avere paura ..E sto cercando una scusa per eludere il fatto che volevo farlo e basta. » « Lo so. » Ammette trovando il coraggio di gettare lo sguardo di ghiaccio nel suo. Anche io. Lo sai, non hai bisogno di conferme. La sua risposta in proposito è stata alquanto eloquente. « Lo so, probabilmente mi picchierai. Ma ho bisogno di te, ti ho quasi persa, potrei perderti da un momento all'altro, e non voglio farlo. Ogni volta che tornavi a casa da...lui, avevo paura che non ti avrei più rivista. Questa stessa paura ce l'ho oggi ogni volta che ti vedo lasciare la sala comune. E allora come adesso, io un mondo senza di te, non riesco nemmeno ad immaginarlo. Quindi picchiami pure, ma non ti lascio andare, non di nuovo. Resta con me, stanotte. »
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    Quelle parole s'insinuano sotto la sua pelle, corrodono, eppure riescono a scaldarle il cuore. Paura; uno dei migliori e paradossalmente uno dei peggiori motori che che possano animare l'animo umano. Di fronte alla paura siamo disposti a tutto, anche ad azioni che normalmente ci risulterebbero tutto fuorché naturali. Mun lo sa; ha fatto molte cose in balia della paura, le ha snocciolate, rese proprie, vi si è beata. Nella paura si trova il coraggio, l'istinto, il bisogno. Ma non si trova la consapevolezza; nella paura non si trovano risposte. E Mun quella paura la sente, sente il bisogno di restargli accanto, per timore che un domani non potrà più avere risposte, eppure, è altrettanta certa che finché la paura sussisterà non avrà il coraggio di ricevere risposte. Non le pretenderà, se le negherà se possibile a se stessa. E' paralizzata di fronte a quella richiesta, divisa tra ricordi non molto lontani e un bisogno incessante di passare oltre se stessa, rinnegare quanto ha detto e fatto per concedersi un unico sprazzo di felicità. E che felicità sarebbe? Una illusoria, lontana dal vero senso della parola stessa. Lo vuole lo stesso? Probabilmente sì. Lo vuole, perché in mezzo a quella totale disperazione non sembra esserci nient'altro. A quel punto, Mun azzarda un passo nella sua direzione, per poi spostarsi di lato, trovando finalmente la forza di uscire da quel circolo vizioso che altrimenti continuerebbero all'infinito. « Ci vediamo in giro, Freddie. » Non un diniego, ma nemmeno una risposta affermativa. Ha bisogno di prendere aria come ora, riflettere. Gli ultimi tempi hanno portato troppe cose su cui riflettere, cose su cui effettivamente Mun non ha riflettuto. Si è lasciata andare al suo lato più debole, a quella parte della sua personalità che sembrava riuscire a fare tutto tranne che mettere insieme e in ordine i pezzi. « Io.. » Non ti lascio andare, non di nuovo. Lo sa Mun, lo sa. Lo sa sin troppe bene che non la lascerà andare, e nemmeno lei riuscirà mai a lasciarlo andare. Ma in quel momento, in quel preciso istante, ha bisogno di.. pensare. E non può pensare che Fred nei paraggi. A cosa di preciso non sa nemmeno lei. Forse ha solo bisogno di concretizzare effettivamente la loro situazione precaria. Il fatto che per la prima volta la loro precarietà è meno rilevante della precarietà generale. « ..devo.. » Devi cosa Mun, cosa? Non lo sa. L'ha semplicemente colta di sorpresa e il fatto che lei non abbia reagito con la solita irruenza che usa nei confronti di Fred, la sorprende, la spaventa. Paura, paura e ancora paura. Chiude gli occhi per un istante ben consapevole di essere stupida; si sente stupida. Lo è. Lo è così tanto che alla fine deve indietreggiare ulteriormente. « ..quella segnalazione non si farà da sola. » Gli getta un ultimo sorriso colmo di imbarazzo, prima di scomparire oltre le porte della Sala Grande dove c'è perennemente un responsabile che si occupa delle razioni e della raccolta dati in giro per il castello.

     
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