This... no fit!

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    Che quella non rientrasse nel genere di cose che Andres faceva ormai lo avevano capito tutti. Più si avvicinava il giorno del ballo e più era avvertibile nel ragazzo un graduale aumento di insofferenza. Al solo nominare la parola ballo gli si gonfiava a dismisura la vena sul collo, una vena grande, chiaro segno che l'argomento non rientrava per niente tra i suoi preferiti. Lui passava la giornata in tuta - quando era vestito - tra esercizio fisico e cibo, il pensiero di dover starsene ore accerchiato da gente scalmanata intenta a ballare capite bene che lo metteva a disagio. In quei lunghi, se non eterni, giorni antecedenti a quello che cani e porci definivano l'evento dell'anno, il Grifondoro era stato costretto a subirsi una Malia e un Hugo elettrizzati, esaltati, a volte tendenti al logorroico. Dovette quindi ricorrere a tutta la sua buona volontà, al suo autocontrollo (che era di base molto poco), per arrivare in fondo alla settimana senza mettere la mani addosso a qualcuno. Verdammt! L'avere l'ansia per il ballo lo portava quindi ad agitarsi, e per evitare di picchiare qualcuno si agitava ancora di più, e di conseguenza aumentava l'ansia. Era un circolo infinito che portò il ragazzo a prendere quasi il doppio delle sue medicine, per dire eh. In sintesi? No, quel dannato giorno il ragazzo non era per niente felice e disponibile, anzi oserei dire l'esatto opposto.
    Le sfortune però sembravano arrivare sempre in coppia, mai da sole. Oltre all'ansia di dover soddisfare le aspettative che derivavano dal ruolo di gentleman, Andres avrebbe anche dovuto assomigliare a un gentleman! Lui, vestito e tirato a lucido come uno di quei damerini che tanto prendeva per il culo. Roba da manicomio, davvero. Non so se ricordate: la tuta, quella che lui indossa sempre... ecco. Tuta. Non giacca e papillon. Madonna, che brutti i papillon. Il problema si concretizzò e ingigantì quando il ragazzo, non riuscendo ad ignorare uno dei tanti argomenti relativi ai preparativi per la festa, realizzò di non avere alcun capo di abbigliamento consono per occasione. Il suo baule era pieno di - ancora una volta - tute, pantaloni larghi, roba da jogging, magliette a maniche corte e canottiere con frasi motivazionali, felponi larghi col cappuccio ricoperti interamente di loghi di palestre e marche di prodotti legati alla nutrizione sportiva. In pratica, Andres vestiva da vero e proprio PR di fitness e cibi in polvere, e pertanto non aveva uno straccio di camicia o un paio di pantaloni eleganti. Come fare allora? Dopo un lungo intervallo di vuoto cosmico, durante il quale solo il jingle di una pubblicità gli rimbalzava nella scatola cranica, il Grifondoro arrivò a quella che poteva essere la soluzione a tutti i suoi problemi. Era giunta l'ora di tartassare il tartassatore! Senza perdere ulteriore tempo, Andres uscì di tutta fretta dalla sua stanza, ignorando le domande di Lucas, incamminandosi verso l'altra Sala Comune collocata in una torre.
    « Senti un po', tu, dammi una mano! » Non sapeva molto bene come funzionasse l'entrata alla Sala Comune dei Corvonero, Hugo gli aveva semplicemente detto che per lui sarebbe stato impossibile anche solo pensare di riuscire a entrare. Andres non aveva capito, come suo solito, così decise di chiedere aiuto al primo pivello intelligente che fosse passato. La cortesia non era di casa in quel momento,
    infatti il tedesco fece tutto fuorché chiedere e usare modi gentili. Chi si sarebbe opposto? Sicuramente non un ragazzetto mingherlino del terzo anno! Andres era largo come un armadio, tutto muscoli, con la vociona e un forte accento... intimidire le persone gli veniva facile quando serviva.« Devo entrare. Aprimi, in fretta. » Perché sì, oltretutto il ragazzo doveva sbrigarsi, non c'era poi tutto questo tempo per indugiare ulteriormente!
    La strada non gli era estranea, non era la prima volta che la percorreva. Tutto cominciò quando uno dei vecchi professori decise che Andres non fosse in grado di essere promosso senza l'aiuto di qualcuno, così arrivò questa cosa del tutor. Okay, non era l'Einstein della sua generazione, passava tutto il suo tempo a fare sport e a non pensare ad altro (all'infuori del cibo), era stato bocciato due volte, una per sua decisione e una per non aver passato il G.U.F.O. ... dicevamo? Ah, sì! Non aveva assolutamente bisogno che qualcun altro gli facesse da balia e controllasse che facesse i suoi compiti. Cos'aveva, quattro anni? E invece venne obbligato: o quello o un'ulteriore bocciatura, la terza, che avrebbe comportato l'espulsione. Oh no, quella no. Chi li avrebbe sentiti i suoi genitori poi? Gli avrebbero spezzato il manico di scopa, gli avrebbero vietato di fare tutto... l'incubo. Era maggiorenne, sì, tecnicamente, ma non era ancora autosufficiente. Perciò l'idea di avere un Hugo nella sua vita fu accolta inesorabilmente con rassegnazione. Certo, quello all'inizio, poi il Grifondoro scoprì un lato piacevole nelle sue lezioni con il Corvonero, tanto da arrivare ad aspettare con ansia i loro incontri. Roba da pazzi, no? Si era in un qualche modo affezionato al giovane Weasley, ma non abbastanza da avere rispetto per la sua privacy. « Molla tutto e stammi a sentire! » Quello fu l'ordine che lanciò il ragazzo tedesco irrompendo nella camera in cui dormiva Hugo. Non si era preoccupato di cosa stesse facendo, di chi ci fosse con lui, se avrebbe disturbato il suo compagno di stanza... in realtà non sapeva nemmeno chi fosse il suo compagno di stanza. Ne aveva uno? La porta era stata aperta - quasi scardinata - con un calcio, sintomo di fretta e di poca pazienza. Il Grifondoro invase nel mondo di Hugo senza pensarci un solo istante. Una volta entrato, senza dare il tempo al ragazzo di processare, il tedesco sì levò la maglietta a maniche corte nera che aveva addosso. « Facciamo in fretta. » Detto quello e gettata la maglia a terra, Andres iniziò a slacciarsi i pantaloni. Non era quel che poteva sembrare! Nonostante i gesti indubitabilmente ambigui... no okay, la situazione era imbarazzante e basta. Nessuna scusa. Forse gli sarebbe venuto in mente di esplicitare verbalmente quelle che erano le sue intenzioni, il suo volere dei vestiti per il ballo, ma quello non era ancora il momento evidentemente. Se ne stava lì, petto e addome al vento, mentre le sue mani si apprestavano a slacciarsi i jeans che - miracolosamente - quel giorno si era messo.
     
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    Senza neanche accorgersene, si era addormentato. Un minuto prima aveva gli occhi fissi e stretti sui fogli su cui stava lavorando, appollaiato sulle lenzuola azzurre del suo letto a baldacchino, su alla torre ovest, e un secondo dopo si era ritrovato a saltellare felicemente per i verdi prati dei sogni, là dove non esistevano problemi. Niente esami o lezioni da seguire - e il piccolo, laborioso Hugo le seguiva tutte!; niente compiti da buttar giù; nessun Zip Trambley con cui condividere la stanza. Erano passati ormai quasi due mesi buoni e stava iniziando solo ultimamente ad abituarsi alla presenza del canadese in camera. Avevano i loro alti e bassi, quella strana accoppiata, e sulle prime Hugo aveva pensato di stare vivendo un vero e proprio incubo ad occhi aperti: aveva a che fare con Zip a lezione la mattina, in Sala Grande a pranzo, durante gli allenamenti della squadra il pomeriggio.. e ora anche la notte in camera? Da uscirne pazzi, lui e quel suo cacchio di accento mezzo francese, quel suo sorrisetto da sono-furbo-solo-io e quella naturale tendenza a delinquere che a Hugo proprio non piaceva. Fortunatamente il corvonero riusciva a ritagliarsi i suoi momenti di svago, come quando si rinchiudeva in biblioteca o in camera per lavorare alle sue indagini: il pensiero di Abigail Green non l'aveva mai abbandonato. Malgrado la chiacchierata con Amunet e molte altre persone, un tarlo nella testa non gli dava pace e gli diceva che fosse troppo, troppo improbabile che si fosse suicidata veramente. Era proprio a quel caso che stava lavorando, quando in punto il bianco il blackout mentale l'aveva colto facendolo collassare sopra la pila di fogli disordinatamente disposta sul materasso. La stanchezza aveva vinto, complice la dispersione di energie mentali che quel dannato Ottobre aveva causato: certo, perché non solo ci si erano messe le lezioni e i compiti, non solo il caso su cui stava investigando, non solo il sopportare Zip.. ma perfino un ballo! Una parte di sé trovava l'idea di un ballo scolastico molto carina, tanto da aver rigirato l'idea anche ad Andres, il suo "piccolo" allievo; un'altra però trovava l'idea di cercare un vestito, cercare un'accompagnatrice, cercare il coraggio di invitarla e poi andarci davvero! a tratti veramente estenuante. Ecco perché.. bam, era caduto in avanti senza nemmeno accorgersene, con gli occhiali abbandonati là accanto.

    « Molla tutto e stammi a sentire! » La porta della camera che venne aperta letteralmente con un calcio e quel ringhio con un forte accento tedesco fecero schizzare in ginocchio il povero Hugo che, assonnato e senza occhiali, si ritrovò a guardarsi intorno sventolando le mani senza vedere altro che sagome indistinte. « E' STATA TALLULAH! » si limitò a esclamare, con due ottave di voce su, accorgendosi solo successivamente che probabilmente si doveva essere appena svegliato da un sogno: fino a un secondo prima era certo di trovarsi nel salotto di casa, a Londra, con sua sorella intensa a ballare intorno al divano con due candele nere in mano seguita da un corteo di gatti siamesi. Ricordava solo la visione da brividi del divano che prendeva fuoco proprio mentre mamma e papà rientravano a casa e poi il botto e il ringhio tedesco. Nient'altro. « Facciamo in fretta. » Riprendendo lentamente coscienza di sé e del mondo esterno, capì dall'accento marcatissimo e dalla voce fin troppo familiare che quella montagna che aveva di fronte, sfocata senza occhiali, apparteneva a Andres. Hugo Weasley e Andres Weiss non sarebbero potuti essere più diversi di così, due binari paralleli che non si sarebbero mai potuti incontrare se il destino non ci avesse messo lo zampino: corvonero dalla mente deduttiva uno, grifondoro sportivo e tutto d'un pezzo l'altro. La mente e il braccio. Che avrebbero mai potuto avere in comune, quei due? Niente, assolutamente niente! Se non che un aiuto dall'alto aveva dato loro qualcosa in comune, un obiettivo: far diplomare Andres. Hugo si era quasi dimenticato di aver lasciato in presidenza la propria disponibilità a lavorare come tutor per gli studenti in difficoltà e quando infine quella richiesta era stata accolta, ritrovandosi tra capo e collo quel grosso scimmione, lì per lì il corvonero era rimasto scettico. Quelli come Hugo hanno un grosso, grossissimo difetto: saltano subito alle conclusioni. Tutto di Andres sembrava parlare del tipico ragazzo antipatico, fissato solo coi muscoli e lo sport, perfino un po' bullo! Vedendolo dall'esterno - e vedendolo perfino in quel momento, con la porta della camera di Weasley aperta così di prepotenza - chi mai avrebbe detto il contrario? Solo standoci a contatto Hugo si sorprese nello scoprire in Andres l'esatto opposto: un agglomerato di semplicità, una simpatia molto particolare e tanta forza di volontà. Andres Weiss era una montagna, incrollabile. Forse era stato quell'accento così duro a fargli pensare che fosse antipatico? O forse solo l fatto che fosse un bel ragazzo.. e si sa, i ragazzi più son belli, peggio sono. Col tempo, Andres era entrato a far parte della sua vita e della sua quotidianità, a tal punto da ritrovarselo in camera senza preavviso. « Ma che.. che succede? Che ore sono? Ma come cacchio sei entrato? » bofonchiò, tastando le lenzuola intorno a sé finché non incontrò coi polpastrelli la sagoma familiare degli occhiali. Li inforcò e... cacchio. Andres non era semplicemente entrato in camera sua.. nel frattempo si era anche spogliato, rimanendo a torso nudo. Hugo rimase pietrificato di fronte a quella visione, un colossale ammasso di muscoli definiti e cesellati dal continuo allenamento, un corpo che non avrebbe definito "perfetto" solo perché riduttivo. Cosa diamine stava succedendo? Un gorilla come Andres non avrebbe mai superato la prova del Corvo di bronzo all'entrata della sala comune. Ma soprattutto perché continuava a stare così tanto nudo? Per quanto si sforzasse, e lo stava facendo con tutto sé stesso!, gli occhi non facevano altro che cadere sui suoi pettorali. Almeno fino a che le grandi mani del grifondoro non scesero al bottone dei jeans che indossava. Non vorrà...? Sì, lo stava facendo davvero. « M-ma... Andres.. ma che cacchio fai!!! » E se anche quello fosse un sogno? Allora non svegliatemi o vi ammazzo, giuro sulla mia collezione di gadget di Batman.
     
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    Prendiamoci qualche momento per analizzare insieme il significato della parola imbarazzo secondo Andres Weiss. Anzi, è forse il caso di procedere con una serie di esempi: per Andres non è imbarazzante irrompere in camera di qualcuno senza essere aspettato, senza annunciarsi previamente e tanto meno sfondando la porta con poca grazia. Per Andres non è imbarazzante iniziare a spogliarsi davanti a un ragazzo, mille volte lo aveva già fatto in uno spogliatoio e altre milioni di volte lo avrebbe fatto. Sì, parliamo di uno spogliarsi totale, mutande incluse. Per farla breve: quella situazione che si era andata a creare non era in alcun modo strana, ambigua o, ancora, imbarazzante agli occhi del tedesco, il quale non riusciva a dare un significato all'espressione basita del Corvonero. « M-ma... Andres.. ma che cacchio fai!!! » Non era forse evidente? Il Grifondoro alzò un attimo lo sguardo per fissarlo in quello di Hugo, ancora confuso dalle sue parole, ma non abbastanza dal fermare quello che aveva iniziato. Bastò poco meno di un attimo affinché il ragazzo rimanesse in piedi davanti al letto dell'altro, con le mani suoi fianchi, in nient'altro che boxer neri e fantasmini pariscarpa del medesimo colore. « Non fare finto tonto. E' stata tua idea e ora aiuti me con questa... Sache! » Gli articoli Andres, ci sono anche quelli da usare. Anni in terra inglese ma ancora non era buono di masticare fluentemente la lingua, poveri noi. « Non ho vestiti per ballo in maschera. » E direi che con quello non c'era altro d'aggiungere. Il problema era stato esposto, seppur con modi tutt'altro che pacati e chiari, ciò che rimaneva da fare era trovare una soluzione... ma quello spettava a Hugo. Perché altrimenti sarebbe andato fin lì?
    Tanta parole (per gli standard del tedesco) e ancora il linguaggio del corpo del giovane Weasley suggeriva uno stato di confusione generale, allora Andres compì altri due passi per avvicinarglisi e richiamare il belloccio sull'attenti. « Ehi! » Anziché schioccare le dita si limitò a far tuonare la voce, con il suo solito fare burbero, e a contrarre ritmicamente due o tre volte i pettorali. Negli spogliatoi aveva imparato che quello era il modo migliore per attirare l'attenzione, che fosse con la maglia oppure no. Certo, ci si metteva un po' ad alzare ulteriormente lo sguardo dal petto al viso, ma per fortuna il tedesco non era poi così alto! « Adesso mi tiri fuori una camicia che posso indossare a 'sto scheisse di ballo. Mi avete proibito le canottiere, mi avete vietato la tuta! Ora ci pensi tu. » O sì, era nervoso forte, nessuno gli toccava le sue canottiere. Era talmente agitato che si era persino ricordato di inserire aggettivi ben concordati all'interno della frase. Capite? Fate un attimo i conti voi. « Capito? Schnell! » Ancora una volte un'intimazione a procedere in fretta, questa volta seguita da una grattatina alla spalla che mise in mostra tutto lo strizzabile, tra braccia, tette e chi più ne ha più ne metta. Ovviamente Hugo non era responsabile di averlo infilato in quel casino, c'era anche Malia, ma anche Andres aveva capito che sfondare la porta della compagna e spogliarsi davanti a lei sarebbe stato troppo... troppo. E allora fu a Weasley che capitò uno scimmione irrequieto tra le mani. Avrebbe saputo gestirlo?

     
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    E' risaputo, in tutti i migliori manuali di Neurologia del mondo viene descritta una condizione che funge da linea di congiunzione tra il coma e la morte cerebrale: è la pennichella. Strana e potente la pennichella, che ti coglie alla sprovvista durante il pomeriggio, con una potenza direttamente proporzionale all'avvicinarsi dell'ora in cui si dovrebbe ricominciare ad essere produttivi e che, semplicemente, ti fa scivolare in uno stato di incoscienza profondissimo, che supera il coma e si avvicina molto alla morte cerebrale, senza però essere irreversibile. E infatti dalla pennichella ci si sveglia, ma in che stato? In uno stato tragico, al limite del delirio. Peggio che mai quando la pennichella viene interrotta bruscamente, proprio come accadde al povero Hugo che continuava a suo modo a boccheggiare, cercando di metabolizzare ciò che era successo, ciò che stava succedendo e ciò che sarebbe successo di lì a poco, specie con un bestione qual era Andres, coi muscoli in bella vista. Si picchiettò appena la guancia, soffocando dietro la mano un fragoroso sbadiglio. Concentrazione, Hugo. Si era addormentato, e questo anche il suo cervello con ancora la retromarcia l'aveva capito. Si guardò intorno, ritrovando dei fogli stropicciati sulle lenzuola sgualcite, pieni della propria confusionaria grafia e pieni di cerchi, linee colorate, scarabocchi. Il fascicolo su Abigail Green. Li guardò per qualche secondo, sbattendo le ciglia, mentre dalla retromarcia il cervello ingranava la prima, poi la seconda, poi la terza e iniziava a lavorare. Il fascicolo su Abigail Green... cacchio! Si avventò lesto sui fogli sparsi e li raggruppò frettolosamente in una pila, che accantonò sul comodino fuori dagli occhi indiscreti del Grifondoro. Non che non si fidasse di Andres, anzi era quasi sicuro che li avrebbe semplicemente scambiati per degli appunti di aritmanzia tanto era fitta e oscura la calligrafia, ma una parte di sé - quella che più si cimentava in misteri da svelare - voleva tenerla separata da tutto il resto. In fondo, un detective non va certo a parlare dei propri casi con chicchessia!, e ancor più non voleva che si sapesse che il suicidio di Abigail continuava a non essergli chiaro. E se Andres fosse andato a spifferarlo a Lucas? E se Lucas poi l'avesse riferito a Fred, diretto interessato? No, facciamo che tutto resterà un gran bel segreto e pace. « Non fare finto tonto. E' stata tua idea e ora aiuti me con questa... Sache! » Aggrottò la fronte, come chiunque altro nel castello avrebbe fatto, accettando semplicemente il fatto di non sapere che diavolo fosse una "sache". Non era una torta al cioccolato? « Non ho vestiti per ballo in maschera. » Il ballo in maschera. Il ballo in maschera! Sveglia Hugo, siamo ad Halloween. Se nel suo stato confusionale poteva aver dimenticato perfino come ci si siede, una volta tornato coi piedi per terra ad Hugo fu chiara la situazione. Halloween, il ballo, il coraggio che aveva raccolto a due mani per invitare Scout davanti ai suoi amici - o per meglio dire, sciorinare una quantità esagerata di parole per arrivare a confonderla - e infine, la scelta del vestito. Il suo completo rosso fuoco era già pronto, ordinatamente appeso dentro l'armadio, e così la sua ingombrante maschera da medimago medievale, nera e con un grosso becco da uccello. « Aaah, è per questo! Il bal.. » si rivoltò verso il grifondoro, dopo aver accuratamente conservato il fascicolo dentro un cassetto, e lo ritrovò in posa statuaria come una qualche statua greca appena uscita da un museo. Ogni muscolo se ne stava là, scolpito ad arte, pronto solamente per essere ammirato. « ...lo, sì. Il ballo. Bello il ballo. » Non che non avesse mai visto Andres a torso nudo, era capitato che durante i loro allenamenti di quidditch in solitaria il tedesco si togliesse la maglia mostrando al mondo ciò che generosamente la Germania aveva esportato, ma così spogliato non l'aveva mai visto. Complici gli scarsi livelli di autocontrollo di un povero ragazzo appena svegliatosi stavano facendo il resto: il geniale corvonero aveva lasciato il posto, in quel frangente, ad uno scombussolato adolescente in piena tempesta ormonale. « Ehi! » Senza neanche accorgersene, si era ritrovato a fissare con insistenza gli addominali di Andres, risalendo con fatica verso i pettorali quando questi presero a contrarsi ritmicamente, riportandolo con violenza alla realtà. « Adesso mi tiri fuori una camicia che posso indossare a 'sto scheisse di ballo. Mi avete proibito le canottiere, mi avete vietato la tuta! Ora ci pensi tu. » Si grattò la testa, cercando di affrontare con razionalità il nuovo problema che gli si era parato di fronte. Che colpa poteva mai avere, il povero Hugo? Solo quella di aver detto che ti farebbe bene passare una serata diversa, dai! Ci saranno tutti! E sì, forse di tanto in tanto aveva anche accennato al fatto che, nel caso, avrebbe dovuto accuratamente chiudere nel baule ogni forma di indumento sportivo o anche solo comodo
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    Perché, non che Hugo Weasley fosse un maestro di stile - il suo capo d'abbigliamento preferito rimaneva la camicia a quadri aperta sopra una T-shirt con stampa nerd dopotutto - ma se il professor Oak gli aveva insegnato qualcosa in tutti quei lunghi anni di apprendistato era che "c'è un tempo e un luogo per ogni cosa". Non puoi usare la bici dentro gli edifici e, no, non puoi andare ad un ballo formale con una tuta da ginnastica. « Vabbè, non eri mica obblig.. » azzardò titubante il corvonero, che in quel momento di tutto aveva voglia tranne che di diventare uno shopping planner ocomecacchiosichiama. Di un bel caffè, di un pasticcino, di altri dieci minuti buttato sul letto, di una partita a Super Mario Odyssey ma di quello? Nope. Ciò nonostante, Andres Weiss aveva dalla sua un'arma infallibile: l'autorevolezza che solo l'accento tedesco sa dare. « Capito? Schnell! » Sgranò gli occhi, mettendosi istintivamente più ritto con la schiena, quasi fosse pronto a scappare da un Rottweiler particolarmente su di giri. « Ok, ok.. » brontolò, avvicinandosi all'armadio che aprì completamente. Là, con le braccia al petto, rimase a fissare i vestiti che aveva come se fosse un buddista in contemplazione. Guardava le proprie camice, poi abbassava gli occhi a sé stesso e poi si voltava a guardare Andres, per poi ritornare ai vestiti. Di solito più si vola alto e più si perde di vista il terreno e spesso le grandi menti tendono a non prendere in considerazione i fatti più ovvi: uno fra tutti, però, Hugo lo colse al volo. « Sei consapevole del fatto che sei il doppio di me, vero? Cioè.. perché sei venuto da me? Non ha senso! » Ma stiamo comunque parlando di un ragazzo che una volta aveva usato tappi per ampolle e una scopa presa da un ripostiglio per giocare a Hockey nei corridoi: aveva smesso di cercare un senso. Sfiorò con l'indice un paio di camice, sfilandone poi una scura con finissime e quasi impercettibili righe, elegante ma sobria. A me sta bene, alla grande direi.. forse per un qualche miracolo del cielo starà anche a lui. Certamente, se solo avesse avuto la bacchetta per poterla incantare. Invece, la sua bella bacchetta in noce nera era accuratamente conservata in presidenza e tutto ciò che Hugo poteva fare era osservare, come un babbano avrebbe fatto, l'inesorabile fine della sua camicia preferita. « Ti piace? E' scura, secondo me ti può stare bene. » disse porgendogliela, ma con poca convinzione. Sognatore sì, stupido mai.
     
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