El cuerpo y la sangre de Cristo

[estate 2013]

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  1. joaqueen
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    Non entra in una chiesa da fin troppo tempo, Joaquìn Dìaz. Diciamo che il suo rapporto con la religione non è mai stato dei migliori. Ecco, quando per vivere ti scopi gente, non sei poi tanto simpatico a preti e compagnia bella. Eppure ad oggi eccolo lì, seduto su di uno dei sedili in legno della piccola chiesetta, a parlare ad un gruppetto di vedove sedute tutte attorno. E' stato invitato, niente poco di meno da el Caìdo, per una festa in onore del nuovo sacerdote che, a quanto pare, deve stare molto simpatico all'uomo. Chi diavolo è el Caìdo? Uno dei più pericolosi boss del quartiere. Una sorta di Pablo Escobar cubano, con tanto di baffi e triplo mento. E come diavolo fa a conoscerlo, un attoruccio porno in auge come Jo Diàz? Una storia buffa, quella. E' iniziata in maniera piuttosto strana, la loro amicizia, a dire il vero! Diciamo che la moglie del boss, è sempre stata una sua grande fan. Un giorno di qualche anno fa, per farle una sorpresa, el Caìdo le ha organizzato un appuntamento al buio assieme a lui. La donna ne è rimasta così felice, da quell'incontro, che dopo qualche settimana è persino rimasta incinta. Miracolo!, aveva urlato il marito. Aveva fatto così felice sua moglie che adesso, grazie al suo buon umore, aveva avuto tutti i giusti chakra per accogliere un bambino nel proprio grembo, cosa che non accadeva da anni ed anni di matrimonio! Che tu sia benedetto, Jo Diàz! Gli aveva detto, baciandolo su entrambe le guance. Che dire, le vie del signore sono sempre innumerevoli! Era stato grazie a lui, e grazie all'avvento del nuovo prete che, a dire il vero, non aveva mai neanche visto, che era potuto tornare in chiesa. Anche quella era una storia buffa. Il prete Domingo -misteriosamente scomparso da qualche mese a questa parte- non l'aveva visto di buon occhio sin dall'inizio. Nonostante Jo fosse una figura di spicco in quel quartiere malfamato, grazie a tutta la beneficenza che aveva sempre fatto, quel sacerdote proprio non voleva accettare la sua presenza tra le navate della sua parrocchia. Quando poi il cubano aveva fatto amicizia con alcune sue suore, madre de Dios che esagerazione! Era andato così tanto sulle furie che per poco non aveva bestemmiato! « No entiendo, proprio no entiendo... Io questa discriminazione solo per il lavoro che faccio....Mah, me siembra una vera e propria infamata. Esto è pregiudizio! E' ignorancia! » Un coro d'approvazione si leva dal gruppetto di donne. C'è chi annuisce, chi sorride, chi si fa il segno della croce. « Soy contento che lo hanno sostituito. Tu non es un vero prete se cacci dalla tua chiesta un hombre solo perchè per lavoro se cinga la gente! » Scuote la testa, visibilmente provato. Spera vivamente che il nuovo prete non sia tanto obsoleto. Chissà quale ultrasessantenne che non scopa da anni gli rifileranno questa volta. Madre de Dios se ci fosse lui, al di là dell'altare, sì che saprebbe come ravvivare quella chiesa! L'ha già fatto in uno dei suoi film, dopotutto. Una delle sue pellicole più famose, El cuerpo y la sangre de Cristo, dove la comunione alle credenti veniva offerta in altro modo. Geniale, quel copione, geniale! « Piuttosto, hablate con migo. Soy vestito troppo da funeral? D'accuerdo che siamo in chiesa, ma insomma, es una fiesta... » Si è vestito sobrio, quella mattina, perchè sono anni che non va in chiesa e non vuole fare cattiva figura. Camicia bianca e oro, floreale, jeans aderenti che lasciano ben poco spazio all'immaginazione, con dei fiori bianchi in merletto sulla parte delle cosce, e gli immancabili stivali a punta messicani, rosso fuoco e dalla texture serpentata. « Perfecto. Como siempre » Commenta Maria, poggiandogli una mano sul braccio e sistemandosi il velo. E' stranamente accaldata. Joaquin le sorride di rimando, prima di sporgersi in avanti. « Allora quando si inizia? Carmelita tu tienes da cucinare el sugo per tuo figlio, vero? AQUI' C'E' GENTE CHE ASPETTA! » Urla allora, battendo le mani sul legno dei sedili. Buona parte dei presenti si gira a guardarlo, e Joaquin dedica loro un ampio sorriso. Ah, sicuramente devono averlo riconosciuto! Madre de Dios, ha dimenticato di portarsi dietro carta e penna per firmare gli autografi! Chissà che il prete non possa prestargli qualche foglio dal vangelo (andiamo, ce ne sono così tanti, foglio in più foglio in meno!) e la penna..Beh quella da qualche parte si trova. « Eccolo. Guardalo, es così hermoso. » Carmelita si alza in piedi, invitandolo a fare lo stesso, non appena il coro prende a cantare, per accogliere l'entrata del sacerdote. Si sporge oltre il proprio sedile, Joaquin, curioso. E lo vede, al di là di un branco di minuscoli chierichetti. ...E no, non è decisamente un ultrasessantenne in astinenza. « Me siento già mucho più credente. » Sussurra all'orecchio di Carmelita, che trattiene una risatina sommessa. Joaquin, però, non smette di fissarlo. Dio, non se li ricordava così, i preti. Perchè quello non è un prete: è una macchina del sesso travestito da prete! Ma cosa gli diceva il cervello alla diocesi quando lo hanno ammesso agli esami? Come diavolo è possibile chiudere un occhio davanti ad un manzo del genere orribilmente nascosto da una tunica fin troppo lunga e fin troppo coprente? No, questa è un'ingiustizia. Un'ingiustizia bella e buona. E lui gli occhi non li chiude proprio per niente, al momento. Anzi si dimentica persino di battere le palpebre, mentre Don Mario gli passa accanto, diretto verso l'altare. Si schiarisce la gola non appena l'uomo è a pochi centimetri da sè, ed è allora che parte l'attenta analisi. Come può esser possibile, in quei pochi secondi di vicinanza? Non sottovalutate Jo Diàz. Non sottovalutatelo perchè in poche semplici occhiate è già arrivato ad una sola e unica conclusione: Don Mario è mucho hermoso. Capelli neri e occhi scuri, lineamenti marcati e un sorriso che stende. Alto, ben messo di spalle, e non osa immaginare quali altre meraviglie celi quell'orribile saio. « Prestami el ventaglio, Carmelita. »

    Ha seguito tutta la messa come uno scolaretto modello del catechismo. Casualmente, dopo l'ingresso del prete, Joaquin aveva deciso di spostarsi in prima fila, proprio quella dietro ai chierichetti, trascinando con sè tutta l'orda di vedove. Da lì, la visuale sul bel don Mario, era stata molto più facile. E che visuale! Inutile specificare come per tutta la messa, lo sguardo del cubano sia stato catturato solo e soltanto dal prete. Cosa buona e giusta, potreste dire voi, se non fosse per il tipo di sguardo con cui l'ha praticamente spolpato fino all'osso, ogni minuto che passava. Aveva persino provato a darsi un contegno -no, non è vero- ma Cristo, come poteva di fronte a tutto quel -letteralmente- ben di Dio! Non poteva, e non l'ha fatto. Non l'ha fatto perchè ha continuato a fissarlo per tutto il tempo, sorridendo quelle volte che i loro sguardi si erano incontrati. « Ve lo dico io, di certe cose me ne intendo. » Asserisce ad un certo punto, durante una breve pausa dovuta al malessere di una signora svenuta verso le ultime file. Le vedove si girano ad ascoltarlo, e assieme a loro i ragazzini in tunica. Molti di loro li ha visti nascere. « Quello sotto de la tunica te rompe. Entiendi? Ti sfonda proprio! » Cento per cento assicurato. Carmelita arrossisce, Maria ridacchia, i bambini si rigirano dall'altra parte, sconvolti. « Hormona y testosterona a mille. Vamos non ditemi che lo vedo solo io! » Squittisce, prima che la musica riparta e il prete torni a suo posto. Quando arriva il momento della comunione, Jo decide che è il suo momento.
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    Ora o mai più Joaquìn Diego Hernando Angèl Diàz. Sguscia via dai sedili, lasciandosi inglobare dalla fila di gente che avanza verso l'altare, e quando arriva il suo turno, rimane in silenzio. Perchè in quelle situazioni di assoluta concentrazione, sta sempre in silenzio. Da vicino, Don Mario è ancora più bello. Lui è più bello, e Joaquin...Beh, Joaquin è Joaquin. Si china un po', allora, quasi a sfiorare il pavimento con le ginocchia, per prendere l'ostia, lo sguardo fisso negli occhi dell'uomo. Uno sguardo magnetico, che cela tante di quelle cose che in Chiesa non si dovrebbero neanche lontanamente immaginare. A condire il tutto, un sorrisino carico di malizia non appena le dita del prete si avvicinano alla sua bocca. Ma, ovviamente, non è finita quì. Perchè se fosse finita quì lui non sarebbe Jo Diàz. E allora prende l'ostia, ma lo fa a modo suo. Apre la bocca, quel tanto che basta per accogliere anche le dita dell'uomo tra le proprie labbra umide. Riesce quasi a percepire il gusto proibito della pelle di lui. Quando si allontana, vi attorciglia per qualche attimo la lingua, prima di rialzarsi. Si passa poi la stessa sulle labbra, percorrendole interamente e lentamente, in un gesto provocatorio, peccaminoso. E solo allora si rigira, tornando a suo posto. Troppo presto, per fare una cosa del genere? Assolutamente sì. Ma con uno come Joaquin, le regole della decenza non esistono. Un predatore, ecco cos'è. Nello sguardo, nel modo in cui si è passato la lingua sulle labbra o ha leccato le dita di lui, o anche in quei pantaloni aderenti che, chinandosi, son diventati ancora più aderenti. Si inginocchia una volta giunto ai propri sedili, lasciando che l'ostia gli si sciolga in bocca, e quando individua nuovamente il suo sguardo, gli fa l'occhiolino, con un sorriso ben poco casto sul viso. Che dire, le vie del signore sono sempre innumerevoli.


    Edited by joaqueen - 10/12/2017, 16:24
     
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  2. @mariopellegrino
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    Come un giovanissimo sacerdote italiano sia finito a Cuba, a dispensare il Verbo ai credentissimi abitanti dell'isola caraibica, non è una storia tanto inconsueta; da Roma, ogni anno, il Vaticano spargeva come tante piccole api operaie i suoi giovani di belle speranze, in particolar modo nelle regioni più povere del mondo, per portare la parola di Cristo. Evangelizzazione, la chiamavano: una colonizzazione dello spirito. Neanche Cuba era nuova alla cosa e accoglieva ogni anno nuovi giovanotti pronti a portare la fede nel cuore latino degli isolani. La storia inconsueta è un'altra: come ha fatto un giovanissimo sacerdote italiano finito a Cuba a diventare il prediletto di uno dei più grandi boss del quartiere più malfamato di L'Havana, il famigerato El Caido? Era partito tutto da un semplice invito arrivatogli in carta stampata, come si confà ai signori per bene, nel quale il gentilissimo e stimatissimo Don Mario veniva invitato ad una cena tra gentiluomini di Gonzalo de la Vega. « No no no, dios mio! - aveva iniziato a borbottare una delle tante perpetue che ronzavano per le navate ad ogni ora, quando l'ignaro Mario le aveva chiesto chi fosse il galantuomo che gli aveva così gentilmente offerto una cena. - ..es el diablo! Pericoloso! Non ci vada, padre, la supplico! » Un malvivente, dunque. Un narcotrafficante, uno che sfruttava i ragazzini allo sbando del quartiere come spacciatori, uno che dava loro le armi per proteggere il territorio dai membri delle bande avversarie. Un omm e mmerd. « Ma certo che ci andrò, Marisel. Trattare col diavolo è il mio mestiere! » Non era un caso per cui avessero scelto proprio un giovanissimo sacerdote italiano per la guida della chiesa di uno dei quartieri peggiori della capitale cubana, nient'affatto: Mariano Pellegrino era reduce da un anno di intensa evangelizzazione in Ciudad del Mexico, dov'era riuscito a entrare nelle grazie e convertire Los Malditos, una gang entrata da pochissimo sulla scena criminale messicana. Dopo il jackpot del giovane prete, la chiesa messicana aveva incassato donazioni sonanti e Mariano si era ritrovato con l'affettuoso nomignolo di Don Mario da parte di gente che due minuti prima avrebbe accoltellato la madre per un paio di pesos in più. Ah, questo sì che aveva destato l'interesse del Vaticano! Ecco perché dai piani alti avevano pensato di replicare lo stesso a Cuba, dove le casse della diocesi de L'Havana iniziavano a svuotarsi. Ecco perché, una sera qualunque, Don Mario si ritrovò seduto ad una grande tavola imbandita a festa, circondato da grandi personalità della città - il sindaco Ortiz, il presidente della Fernandez Autos, perfino il direttore dell'ospedale Santos Suarez - e a capotavola lui, el Caido, un tripudio di obesità e poca raccomandabilità; ai lati, le donne più importanti della sua vita, una giovanissima moglie dall'aria avvenente, e la sorella Conchita de la Vega, donna non più giovanissima e affatto avvenente. « Finalmente una ventata di giovinezza in una parrocchia ammuffita. » Fu proprio la donna ad aprire il discorso che aveva portato Mario in mezzo ad un gruppo di persone ben oltre il suo livello sociale. Il fratello annuì - lo si poté capire solo dal traballare dell'enorme mento sotto di lui - alzando il calice di vino in direzione dell'ospite d'onore. « Hai proprio ragione, Conchita! Dopo la tragica scomparsa di padre Domingo, Dio lo benedica, avevamo tutti bisogno di una nuova guida. Una figura che sappia ascoltare i bisogni dei fedeli. » Assottigliò lo sguardo, il boss, rivolgendosi al prete con aria di sfida. « Lei sa di cos'hanno bisogno i suoi fedeli? » Di certo lo aveva saputo padre Domingo: era noto più o meno a tutti com'era divenuto servo dei poteri forti che dominavano il quartiere, fin dal suo arrivo in parrocchia. Lo aveva saputo.. finché non l'aveva saputo più e ciò che ne fu di lui rimase un mistero irrisolto. Mario sollevò lo sguardo dal suo piatto di ajiaco, sostenendo senza alcun problema lo sguardo dell'uomo.
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    « Certo: pregare ..e di un confessionale nuovo, questo puzza un po' di.. umanità, mi capisce? » Un silenzio tombale crollò nella stanza. Sorseggiando tranquillamente il suo calice di bianco, poté vedere gli occhi del dottor Ruiz, esimio chirurgo, sgranarsi lentamente, e una gocciolina di sudore freddo solcare la tempa di Arnaldo Fernandez. Quando a el Caido, passò mezzo minuto buono prima che la sua fragorosa risata facesse tremare i muri, permettendo al resto della tavolata di respirare. C'erano solo due modi in cui sarebbe potuta finire la serata, con una risata del boss o con la sua mano su una pistola.. ma Don Mario era consapevole di avere sempre avuto tutte le carte per ottenere il primo finale. Mariano Pellegrino tra i malviventi ci è cresciuto, mafiosi ben più bastardi di el Caido, signorotto qualunque. Ne ho viste di cose, a Napoli, uagliò. I malavitosi sono così le bestie, aveva appreso fin da piccolo, e se vuoi avere una speranza con loro non devi mai abbassare lo sguardo, non devi far loro fiutare la paura, devi tenere la mano salda e chiusa a pugno e prenderti ciò che vuoi. Fu in questo modo che don Mario si prese, con una gran bella dose di faccia tosta, la simpatia di el Caido e del suo entourage; con lo stesso cipiglio bonario ma autorevole, malgrado la giovanissima età, il prete riuscì a far rigare dritto tutti i teppistelli che bazzicavano in chiesa. La serata stava volgendo al termine quando Conchita gli si avvicinò e lo costrinse ad accettare un assegno con tanti zeri quant'era grande la fede della sorella del padrone di casa. « Per il confessionale e.. molto altro. » Con tutti quei pesos avrebbe potuto comprare un confessionale per ogni fedele della parrocchia e arredarlo ognuno con uno stile diverso. Retrò, urban, chabby chic, adorerei! Che spreco dover mettere da parte quell'idea per finanziare il rifacimento della facciata della chiesa. Ma in fondo, Mario era un prete ma era ancor prima italiano, la furbizia la aveva nel sangue. Fu per quello che si sporse per posare un bacio castissimo sulla guancia della donna, stringendole la mano con forza mista a dolcezza. « Le porte della parrocchia sono aperte a tutti.. ma averti con noi sarebbe un piacere. » Mai nessuno alla diocesi, né al Vaticano stesso, capì mai che diamine di talento avesse quel don Mario, sbucato dal nulla tra i tanti seminaristi del collegio San Carlo, ma le donazioni alla chiesa cubana aumentarono vertiginosamente. I tempi di magra erano finiti.

    [...] I tempi erano cambiati, alla Santissima Vergine del Sacro Cuore Immacolato. Ormai da due settimane i lavori di ristrutturazione erano terminati ed erano avanzati dei soldi con cui don Mario aveva finanziato un intero set di strumenti musicali per il coro. In fondo, la faccenda era molto semplice: se le persone si trovano bene, verranno più volentieri in chiesa e soprattutto i più devoti lasceranno donazioni maggiori. Non che ormai le casse della parrocchia avessero problemi, grazie al Caido e alla sua generosissima sorella, la quale aveva iniziato a gironzolare molto più spesso in chiesa, divenendo una delle tante perpetue che assistevano Mario negli affari quotidiani. E poi c'erano loro,le comari, un gruppo di donne arzille e veraci che nella chiesa vedevano sia il lato religioso che quello sociale, quelle che non si facevano problemi a richiedere il sacramento della confessione un giorno sì e l'altro pure solo per poter spettegolare sotto il sacro vincolo del segreto confessionale. Ah, Mario di certo non avrebbe detto loro di no, avido com'era di pettegolezzi! Era da Carmelita, una delle lingue più lunghe di tutta l'isola di Cuba, che aveva scoperto che la signora Espinoza - la catechista più bacchettona di tutto il Cuore Immacolato - aveva tradito il marito col benzinaio, da non crederci! Quella boccacciona però aveva casualmente dimenticato di parlare col suo confessore di una cosa importante, un particolare avrebbe aiutato il giovane parroco a prepararsi fisicamente e psicologicamente a ciò che lo attendeva: il fatto che un VIP facesse parte dei fedeli della parrocchia. Non lo vide subito, in quella che sembrava una domenica come tante altre. Entrò nella grande sala e, circondato dai suoi piccoli chierichetti, camminò per la navata salutando ora il vecchio José, ora la signora Lopez della drogheria alla fine della strada. Arrivò all'altare e da là inizio la liturgia. Sempre da là, attratto da un movimento percepito con la coda dell'occhio, lo vide. Joaquìn Diaz. No, non era un sosia, non era un uomo che gli assomigliava, non era un errore perché, benché fosse oramai un uomo di chiesa da qualche anno e prima ancora un seminarista, Mariano Pellegrino poteva dirsi un grande fan di quello che le critiche avevano soprannominato il Rocco Siffredi di Cuba.E come dar loro torto? I film di Joaquìn non li si guardava certo per la trama, eppure aveva sempre dimostrato di avere un enorme talento. Talento su cui Mario aveva fantasticato più di una volta, ora nel buio della propria camera, ora nell'intimità del bagno. Malgrado cercasse di rimanere il più vago possibile, gli occhi del prete continuavano a ricadere sulla figura in prima fila, sulla camicia vistosa appena aperta a mostrare la pelle abbronzata e liscia, i pantaloni troppo stretti per lasciare alcunché all'immaginazione. Oh, non che don Mario avesse bisogno dell'immaginazione, lui che quel corpo lo conosceva, l'aveva ammirato e beatificato al di là dello schermo decine di volte: conosceva le spalle larghe e i muscoli cesellati dalla mano di uno scultore dal cielo, conosceva le cosce tornite che più volte l'avevano portato a pensieri peccaminosi e soprattutto conosceva i suoi modi: sul set, i personaggi che Joaquìn Diaz interpretava - si fa per dire - erano più o meno tutti dei tori scatenati. E in chiesa aveva iniziato a fare improvvisamente caldo. Condurre un sermone che fosse logico, coerente e soprattutto di ispirazione e motivazione ai fedeli fu veramente difficile: si dovette portare al centro della navata, per tenersi l'attore alle spalle e non dover incrociare, ancora una volta, il suo sguardo profondo.
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    Stai esagerando Mario, si disse tra sé e sé, sei eccitato dall'idea che hai di lui, non da lui.. ok ja', anche da lui, ma non ce n'è motivo. Dovette solo ripeterlo altre cinque o sei volte per iniziare a crederci anche lui e riuscire in quel modo a far procedere in modo fluido la cerimonia. Parlò ai suoi fedeli della necessità di fare del bene, di darsi agli altri senza esitazioni, di non chiudersi al mondo ma lasciare che il prossimo possa entrare nei cuori di tutti e altre cazzate convincenti: a Mario in fondo ciò che faceva non dispiaceva, ma di certo non sentiva dentro di sé la vocazione del missionario né mai l'avrebbe sentita.Un falso, un ipocrita.. ma tutto sommato, un brav'uomo.

    A smorzare il suo spirito combussolato, ci pensò la signora Del Barrio in fondo alla sala. Un pesante tonfo costrinse tutti a voltarsi, per vedere questo ammasso di pelliccia e bigiotteria pacchiana ansimare affannosamente contro il marmo del pavimento. Mario superò l'altare e, con uno slancio atletico che certamente il fu padre Domingo non avrebbe avuto - gli parve di sentire qualche sospiro estasiato al suo passaggio - andò ad inginocchiarsi insieme ad altre persone al capezzale della donna. Il sacerdote sospirò, scuotendo con aria affranta la testa. « Patrizia, quante volte te lo devo ripetere? Ancora con questa pelliccia? » La donna alzò il viso gonfio e rosso come il fuoco verso Mario, che da quella angolatura sembrava rivestito di una luce angelica, bello come l'arcangelo Gabriele. Belle le vetrate che aveva fatto cambiare con l'ultima donazione di Conchita, davano un'aria nuova alla sala! « Son muy belle, la mia vida! » - « E' estate, Patrizia. Ci sono 35 gradi. All'ombra! » La risata di Carmelita fu impossibile da non riconoscere, avrebbe avuto argomenti di discussione per almeno tre giorni! Levò con uno scatto il colbacco di visone dal faccione rovente di Patrizia Del Barrio e lasciò che altre due uomini la aiutassero a rimettersi in piedi e le levassero il pesante poncho di ermellino. Il prete poté così tornare all'altare e continuare la messa, che arrivò infine al momento solenne dell'Eucarestia. Accompagnato da due chierichetti, dal tabernacolo prese il calice di vino e le ostie consacrate, dopo la formula di rito quindi superò l'altare e si mise a disposizione della coda di fedeli pronti a ricevere il sacramento. Ad ognuno rivolse le stesse medesime parole, il corpo e il sangue di Cristo, su ognuno di loro disegnò una croce col pollice sulla fronte. A tutti, senza distinzioni.. finché non gli si parò di fronte Joaquìn Diaz, rubandogli un battito di cuore per l'emozione e un respiro. Lo superava in altezza, malgrado Mario fosse sempre stato considerato un ragazzo ben piazzato, e da vicino poteva sentire il profumo sprezzante della sua acqua di colonia. Esagerata, come lui. L'uomo gli si inginocchiò di fronte e schiuse lentamente le labbra sottili. Perché ogni cosa che fa dev'essere così maledettamente sensuale? Fu l'unico pensiero che riuscì a formulare, mentre prendeva tra l'indice e il pollice un'ostia e la alzava al cielo. « Il corpo e il sangue di Cristo. » avvicinò la mano alla bocca dell'altro, senza staccare gli occhi dai suoi, capaci di trasmettergli elettricità. C'era qualcosa in Joaquìn Diaz che trascendeva il suo fisico perfetto o i lineamenti virili, che lo rendeva magnetico. Quel qualcosa si concretizzò non appena le labbra dell'uomo avvolsero le dita di Mario, leccandone la pelle: era un gesto fuori luogo, era sbagliato.. e lo eccitò da morire. Un fuoco divampò nel corpo del sacerdote, grato al cielo di vestire la larghissima tunica verde smeraldo capace di nascondere tutto ciò che il gesto di Joaquìn aveva scatenato. Coerente fino alla fine, non era la prima volta che un'erezione lo coglieva di fronte a Joaquìn, in fondo. Continuò a somministrare il sacramento a chiunque gli si avvicinasse, ma l'umidità rimase sulla punta delle sue dita a ricordargli ciò che era stato e fargli fantasticare ciò che avrebbe voluto intimamente che succedesse. E non era il solo, a giudicare dall'occhiolino che l'attore gli rivolse, come il serpente tentatore del Giardino dell'Eden, come il diavolo che Gesù Cristo combatté nel deserto. Mariano Pellegrino però non era Gesù Cristo, non era un santo, non era un martire: quella tentazione non riusciva a fargli il ribrezzo che avrebbe dovuto. Fu con una gioia inaspettata che, alla fine della liturgia, poté sospirare con una certa liberazione le fatidiche parole: « La messa è finita, andate in pace. »

    Salutò con una veloce pacca sulla spalla i chierichetti, prima di infilarsi nella porta dietro l'altare; un breve corridoio lo portò ad una stanza in cui erano conservati le tonache e tutti gli indumenti ecclesiastici. Fu avvolto in quella rinnovata solitudine che poté tirare un nuovo sospiro e passarsi entrambe le mani sul viso, trovandolo ancora vagamente caldo. Paradossalmente, tutta la brutta faccenda del celibato e della castità Mario la osservava - più o meno - ma tutti i rimedi fai-da-te del mondo non avrebbero potuto contrastare la presenza di uno come Joaquìn Diaz a pochi metri di distanza.. o della sua bocca sulle dita. Ringraziò il cielo e, ancora una volta, l'ampia tunica che si tolse, gettandola su una poltrona in un angolo; ci avrebbero pensato Ines e la sua squadra di zitelle a lavarla, stirarla, inamidarla e rimetterla a posto con cura religiosa. Quanto a Mario, si infilò nel bagno adiacente alla stanzetta e ne approfittò per inumidirsi il viso con dell'acqua gelata. Rimase in silenzio di fronte allo specchio, ancora irretito, ancora confuso su quanto fosse successo, ancora tragicamente curioso di sapere come sarebbe potuta finire se. Ah, quel se.. se non fossi un cazzo di prete cattolico, se quel ben di Dio non se ne fosse andato. Fu assorto in quei pensieri assai poco clericali che il rumore della porta nella stanza adiacente lo invitò ad affacciarvisi, per vedere con un tuffo al cuore come uno dei suoi se fosse divenuto una certezza. Joaquìn Diaz, imponente e sfacciato, doveva averlo cercato dietro le quinte e l'aveva trovato. « Senor Diaz! » esclamò il parroco sorpreso, talmente sorpreso da non collegare subito una banale evidenza: se sai come si chiama è perché lo conosci, se lo conosci è perché hai visto i suoi film. Tombola, Maria'! Ci badò poco, strofinandosi sui pantaloni le mani ancora umide d'acqua per porgergli la destra. « Non l'ho mai vista prima a messa.. sono don Mario. » La stretta di Joaquìn era come la immaginava: forte, virile, prolungata. Talmente tanto che fu proprio il sacerdote ad interromperla, a tratti impaurito dalla scomoda eventualità di una seconda erezione nell'arco di trenta minuti. « Posso chiederle cosa ci fa qui? Vuole unirsi alle perpetue e cerca delle tonache su cui mettere le mani? » Pessima scelta di parole Mario. Pessima scelta.
     
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  3. joaqueen
         
     
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    Che ci crediate o meno, Joaquìn Diàz conosceva la religione. Era nato in una famiglia cattolica, dopotutto, nonostante a prima vista tutto si sarebbe detto di quel strampalato nucleo familiare, tranne che fosse credente. L'unica normale, con ogni probabilità, era sempre stata sua madre. Mamita, Honorata Inocenta Moralez in Diàz, era una donna tutta d'un pezzo. Una perfetta latina, con quei suoi lunghi capelli neri, sempre ordinatamente raccolti in una treccia, e le sue curve formose impacchettate in quegli abiti aderenti e dai colori sgargianti. Il temperamento era pressochè quello di una tigre del bengala mista ad un'afroamericana incazzata, ma i suoi figli le volevano bene per questo (perchè in fondo, con una come Honorata -e tutta l'Avana ormai lo sapeva- o le vuoi bene, o estoy problemas!) e molto altro. Suo marito, Hernando Anibal Diàz, era invece un uomo...Spumeggiante. Alto, ben piazzato, un sorriso perlaceo e degli occhi baciati dal diablo! Era infatti nato con un'eterocromia non indifferente, che gli aveva donato un'iride azzurra come il mare, e l'altra nera come la notte. Ma questa non era certo la qualità più stravagante di quell'uomo, proprio no! Científico loco lo chiamavano tutti in paese, lo scienziato pazzo. Ne aveva fatte di scoperte più o meno importanti, Hernando, immerso tra tutte quelle ampolle e bambole voodoo. Ma le scoperte più grandi a cui aveva dato vita, assieme ad Honorata, erano i loro bellissimi quattro figli. Due maschi e due femmine. Joaquìn aveva infatti un fratello e due sorelle. Suo fratello era partito da tanto tempo ormai, fin troppo normale per la loro famiglia, ma le sue due sorelline -gemelle- Aida e Chacha, erano i suoi gioielli! Bellissime, occhi azzurri e pelle ambrata, lunghi capelli neri, morbidi, e dei fisici da paura nonostante i loro ventanni da poco compiuti. Erano così belle che in paese le conoscevano un po' tutti. Chacha in particolare, vantava pure il primato di gola profonda, un orgoglio!, mentre Aida si diceva avesse attaccato la sifilide ad uno dei peggiori malviventi di L'Avana, costringendolo all'espatrio, un'eroina! Ma mai nessuno, neanche Joaquìn, con il suo fare da diva e la sua carriera avanzata nel porno, avrebbe battuto nonno Gonzalo, o per meglio dire..Yanira, come ormai si faceva chiamare. Jo aveva preso proprio tutto da lui! ...Beh, a parte le tette. Sì perchè nonno Gonzalo aveva deciso, in veneranda età, di cambiar sesso, diventando una fantastica milfona dal capello platinato lunghissimo e le tette da urlo. Un figurone, da presentare ai tuoi amici! Ma tornando al succo della questione, extension e malattie veneree a parte, Honorata era una donna molto religiosa. E, ovviamente, tutto il resto della sua famiglia doveva esserlo. Joaquìn era stato portato in Chiesa sin dalla sua più tenera età, quando ancora era così piccolo da sedere sulle cosce delle suore. Col passare degli anni, il piccolo Jo era cresciuto, cresciuto e ancora cresciuto, fin quando le suore sulle sue gambe non le aveva fatte sedere lui, ma -comunque- Honorata aveva continuato a portarselo dietro. Gli aveva insegnato tutto. L'Ave Maria, il Credo, persino parte del Rosario! Tutto era stato perfetto, fin quando Joaquìn non aveva deciso di intraprendere la sua carriera, e qualsiasi prete di qualsiasi parrocchia non l'aveva più ammesso tra i propri fedeli. E ad Honorata, questa era una cosa che aveva fatto davvero malissimo! Anche lei all'inizio non era stata contenta del lavoro del suo bambino, ma alla fine l'aveva accettato, e che orgoglio che aveva tutte quelle volte che le sue amiche decantavano le doti del figlio. Lei quel talento l'aveva visto crescere, da girino a drago! Era dunque stato merito di sua madre, se Joaquìn aveva deciso di fare beneficenza alle Chiese. E non solo dando una gioia alle suore, davvero!, ma anche con cospicue donazioni settimanali o mensili ai bisognosi. Allora, tornando un attimo al nocciolo della questione, se Joaquìn Diàz è stato un uomo credente, cresciuto in una famiglia religiosa, perchè mai sta ancora fissando il prete con quello sguardo da se te priendo non esci dritto? Perchè per quanto potesse credere ad un'entità lassù, e per quanto mamita l'avesse bacchettato ogni sera per insegnargli le preghiere, Jo rimaneva pur sempre Jo! Come diceva sempre nonno Yanira, sii te stesso, in qualsiasi modo, in qualsiasi luogo. Che valesse anche per la Chiesa? Forse no, ma su questo Joaquìn non si era mai interrogato, figuriamoci adesso di fronte ad un simile angelo sceso dal cielo. Perchè madre de Dios, quel Mario era veramente un dono del Signore! Quanto avrebbe voluto scattargli una foto e mandarla live a nonno Yanira e Chacha. Quanto avrebbero apprezzato assieme a lui? Maledizione che le foto in parrocchia non si possono fare! (leccare il prete invece sì, quello è lecito) Nel dubbio, Joquìn era rimasto lì, zitto e buono..Beh si fa per dire. Perchè con sguardo attento sta osservando ogni movimento dell'uomo da quando lo ha lasciato. E' pure certo di aver riconosciuto un certo movimento al di là della tunica -perchè di certe cose, ormai, se ne intende- ma non può metterci la mano sul fuoco. Perchè diciamocelo, la mano la metterebbe in tanti altri posti, al momento! Dio, quante cose sta immaginando. Sta ancora pensando a loro due in posizioni indescrivibili su quell'altare, quando le parole finali di don Mario attirano la sua attenzione. « La messa è finita, andate in pace. » Ma ovviamente, lui sa che non è finita davvero. Anzi è appena iniziata.

    « Io devo andare, amor. Ti fermi a pranzo con nosotros? Armandino sarebbe muy feliz di vederti! » Carmelita gli rivolge un sorriso gentile, mentre fa per alzarsi. I pranzi a casa sua, sono sempre stati qualcosa di divino. Un'ottima cuoca sin da sempre, tanto da venire spesso sfruttata come cuoca personalizzata durante le fiere di paese o le feste. Ma al momento, il nostro Joaquìn, ha altro a cui pensare. Qualcosa che proprio non può tralasciare, addirittura più importante della Ropa Vieja di Carmelita -una delle sue ricette più rinomate nell'intero quartiere- : il prete bonito. Scuote la testa allora, suo malgrado, nonostante al solo pensiero di quel pranzo che potrebbe aspettarlo, ha già l'acquolina in bocca. « No Carmelita, magari per cena. - Si china verso di lei, guardandosi attorno, come a volersi accertare che nessuno possa ascoltarli. -Quiero de conoscere el nuevo prete » Rivela, a voce bassa, prima di rimettersi dritto. Carmelita, che da brava pettegola ha colto subito l'occasione per rimanere seduta ed ascoltare quei segreti di cui potrà vantarsi l'indomani con le amiche, gli rivolge un'occhiata eloquente, prima di annuire, complice. « Es un ottimo guapo vero? » Joaquìn annuisce. Se con guapo intendi porno, Carmelita, allora sì: è guapissimo! Questo però evita di dirlo. Non per decenza o per il fatto che il guapo in questione è un sacerdote, ovviamente, ma solo perchè..Beh diciamo che non tutti conoscono ancora la sua bisessualità. Che Joaquìn Diàz sia vergognosamente etero, su quello proprio non ci sono dubbi! E' riuscito a dimostrarlo in venti pellicole diverse, dopotutto, con una coerenza meticolosa! Ma che al toro scatenato di L'Avana piaccia anche la banana oltre che la ciambella...Quello sì che sarebbe uno scandalo. Nonno Yanira (che ovviamente è stato il primo a scoprirlo, con tanto di "lo sapevo! Ballavi troppo bene la salsa per non esserlo!" annesso) gli ha sempre detto che nascondere una cosa del genere è da condanna capitale. E in fondo non ha poi tutti i torti, lui che il coraggio di trapiantarsi ottanta kg di tette ce l'ha avuto, ma Jo non si sente ancora pronto per il coming out pubblico. Chissà, forse un giorno...Per ora si gode la nomina di hombre più sexy di L'Havana e le ondate di casalinghe disperate sotto casa. « Muy ottimo! Dime Carmelita, cosa sai di lui? » E lui sa che Carmelita sa. Quell'arzilla over-quarantenne è la pettegola più conosciuta di tutto il quartiere. Non esiste scoop che non sia passato prima dalla sua lingua affilata, dopotutto. E infatti, lo sguardo della donna si illumina di una luce che Joaquìn conosce bene, quella luce classica che vuole dire solo e soltanto una cosa: Io so todo. « Forse qualcosa...Ma non posso certo dirtela! Son cosas privadas di Don Mario! » Fa la preziosa, Carmelita, stringendosi ulteriormente nel suo velo nero e lanciando un'occhiata verso la porticina dalla quale il sacerdote è sparito qualche minuto fa. Joaquìn sospira, chinandosi verso di lei, un sorriso da cucciolo bastonato misto a conquistador stampato sul bel viso barbuto. « Vamos piccola non farte pregare... » Sibila, catturandola con lo sguardo. La donna tenta di resistergli per qualche minuto, ma le sue guance stanno già arrossendo, segno di una vampata di calore in piena crescita. « E vabene, come faccio a resistir! Si dice che sia muy giovane. Oh guarda io mi faccio proprio i fatti miei, lo sai, ma en mi opiniòn non ha neanche ventisei años! » Joaquìn annuisce, l'espressione concentrata. « E' venuto aquì da poco, el Caìdo l'ha già nominato suo prete personal! E...Di nuovo, io non soy mica una pettegola di quelle di quartiere..Ma Conchita, la sorella del boss, secondo me tiene un gran interés per el prete! Sai cosa intendo. » Le labbra della donna si piegano in un sorrisetto malizioso, mentre Joaquìn si massaggia la barba con le mani. Conchita..Quell'armadio di donna. Di donne in sovrappeso ne ha viste tante nella sua vita, Jo -ci ha girato anche qualche film con alcune, per la categoria extraño!- Ma la sorella del boss...Rabbrividisce. « Comunque, è italiano, dicono napolitano, per la precisiòn! » E' allora che lo sguardo di Jo si illumina. Don Mario è italiano: poteva sperare di più? Un hombre italiano e pure del sud, deve essere suo. Con quel filo di barba scura e quei capelli ricci..Inizia a sentire caldo. Prende un lungo respiro. « ¿estás bien? » Carmelita lo guarda confusa, mentre Joaquìn cerca di darsi un contegno. Madre de Dios Joaquìn, non sei mica un ragazzino! Eccitarti è il tuo dono, domalo! « Todo bien. Como siempre. Estabo solo pensando che es un grande spreco come prete! Li conosco gli italiani...Passionali. Ci ho girato una pelìcula con una siciliana una volta! Carmelita, dos dìas senza camminar soy stato! » Ma la donna continua a fissarlo per qualche altro minuto, prima di scoppiare in una fragorosa risata. « Oh Joaquìn, se tu non fossi el toro scatenato de l'Avana penserei quasi che te gusta Don Mario! » « AHAHAHAHAHAHAHAAHA!!! » Le molla una pacca sulla spalla che per poco la donna non vola dal sedile, e si piega su sè stesso, continuando a ridere per dieci minuti buoni, sotto gli occhi di tutti i restanti presenti. Si rialza infine, riprendendo fiato. « Ahhhh Carmelita...Esta sì que es bella! » Torna serio in un modo così repentino da esser quasi inquietante. « Bien io vado ahora, gracias amore besossssss! » Ed in pochi istanti, è già scomparso.

    E' già stato nei dietro le quinte di quella parrocchia. Spesso in compagnia di Adriana, la perpetua, o Carmencita, una delle suore. Questa, tuttavia, è la prima volta che si trova da solo. Avanza silenzioso, guardandosi attorno. Le mura sono bianche, asettiche, con qualche immagine sacra o crocifissi sparsi qua e là. Vi sono tre o quattro porte, ed è sicuro che Don Mario si trovi all'interno di qualcuna. Apre la prima che gli viene a tiro, affacciandosi al suo interno: vuota. Ma quando si riaffaccia sul corridoio.. « Senor Diaz! » Eccolo. Si volta verso di lui, un sorriso smagliante ad illuminargli il viso. Il prete è vicino, di nuovo, ma cosa più importante di tutte..Non indossa la tunica. « Padre. » Asserisce dunque, con un cenno del capo, il tono di voce roco, basso e tonante. Si avvicina verso di lui, e allora parte la seconda attenta analisi della giornata. Mentre gli stringe la mano -che il prete gli ha gentilmente porto- vigorosamente, lo sguardo attento del cubano vaga lungo tutto il suo corpo. D'apprima il viso: lineamenti marcati, naso lungo e diritto -e si sa, cosa si dice degli uomini col naso grande!- uno strato di barbetta ben curata, occhi magnetici, scuri come la notte e labbra carnose, che Joaquìn si sta già immaginando di baciare, o intente in altre occupazioni. Le sue mani sono grandi, e la sua presa è ben salda, non certo quella che si sarebbe immaginato per un pretuccio in auge. Ma andiamo al corpo, ben piazzato e decisamente allettante. Spalle larghe, braccia muscolose, pettorali pronunciati. Seppur sia di alcuni centimetri più basso di lui (a parte nonno Yanira coi suoi tacchi 14, Jo non ha ancora incontrato nella sua vita qualcuno più alto di lui) don Mario è sicuramente un gran bel ragazzone. Un gran bel ragazzone assicurato anche quando adocchia ciò che non dovrebbe guardare. Apperò! Ed è quindi un sorriso di dubbia e sicuramente ambigua provenienza quello che si staglia sul volto del latino, mentre di lasciargli andare la mano proprio non ne vuole sapere. « Non l'ho mai vista prima a messa.. sono don Mario. » Joaquìn annuisce, poggiando le mani sulla grossa placca dorata della cintura non appena il prete interrompe la loro stretta di mano prolungata. « Ho avuto alcuni..problemi con padre Domingo ed alcune suore, tiempo fa. Ringrazio la madre de Dios d'esser tornato, viste ciertas sorpresas!» Pausa ad effetto. « Posso chiederle cosa ci fa qui? Vuole unirsi alle perpetue e cerca delle tonache su cui mettere le mani? » Inarca un sopracciglio, piegando appena la testa di lato, quel sorriso malizioso che si fa sempre più evidente. « Magari non esta volta!- Ride -...solo perchè la tonaca se l'è già tolta, padre. » Aggiunge poi, vergognosamente sfacciato. Si stringe nelle spalle allora, cogliendo l'imbarazzo più che palpabile sul volto dell'uomo, e ride di nuovo. « La prego, mi dia del tu. Puedo? » Indica la porta alle sue spalle, e senza aspettare alcun permesso, gli passa accanto in quella scia d'acqua di colonia, addentrandosi nella camera. Si guarda attorno, e riconosce più o meno tutto. E' passato del tempo, ma chi si dimenticherà mai le cose che ha fatto su quella poltrona assieme a Carmencita? Un sospiro nostalgico, prima di girarsi verso la sua nuova compagnia. « Oh, giusto, non me soy ancora presentato. Joaquìn Diàz, ma esto lo sa già, a quanto pare. » Pensavate gli fosse sfuggito quel particolare? « Quale pelicula ha visto? Ne preferisce qualcuna en particular? » E' una naturalezza agghiacciante quella con cui sta chiedendo ad un sacerdote quale dei suoi film porno preferisca.
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    « La mia es el cuerpo y la sangre de Cristo. Che oh, es azzeccatissima in esto contesto! » Una risata falsamente innocente gli scuote il petto, prima di prendere a camminare per la stanza. Lo sguardo si posa sull'armadio semiaperto, pieno di tuniche di vario colore, poi sul tavolo in legno in mezzo alla stanza, ed in fine su dei piccoli scaffali in alto. Bingo! « E mi dica, mi dica padre, cosa ci fa un ragazzo come lei en Chiesa? Vocazione? » Domanda, dandogli le spalle mentre si dirige verso gli scaffali. Ne apre uno, e non trova ciò che cerca, quindi lo richiude aprendo l'altro ed eccolo: il vino della comunione. Se state pensando dai, potrebbe arrivare anche a questo? Datevi da soli una risposta nell'osservare come stia allungando il braccio per agguantare la bottiglia. La stappa con una certa maestria, mentre si rigira verso di lui. « ...Oh ma certo, ha ragione! » Per un attimo, sembra quasi aver capito la gravità del suo gesto, mentre si batte il palmo della mano sulla fronte. Si rigira velocemente, poggiando la bottiglia sul tavolo e, attento nel dare le spalle al prete per coprire lo scenario, fa apparire due calici di cristallo. Comoda la magia, quando serve! « Bere dalla bottiglia è così da maleducati. » Li riempie entrambi, porgendone uno all'uomo, prima di andare a sedersi sulla poltrona, le gambe scompostamente spalancate. Come se fosse a casa sua. Nel sedersi, tuttavia, alcune gocce di liquido scuro vanno a macchiargli la camicia. Incidente oppure no? Questo non ci è dato sapere, fatto sta che il cubano si rialza subito, poggiando il calice dove gli vien prima. « Oh! El Caìdo vuole fare una fiesta per lei, tra qualche ora. Non puedo certo andar con la camisa sporca. » Mormora, pensieroso, mentre comincia a sbottonarsi i bottoni, uno ad uno, fino all'ultimo. « Che tiene una camisa di riserva, padre? » Mentre allarga la stoffa dell'indumento, scoprendo il corpo statuario e pieno di tatuaggi al di sotto, il sorriso innocente di un diavolo tentatore gli illumina il viso.


    Edited by joaqueen - 10/12/2017, 16:25
     
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  4. @mariopellegrino
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    Perdonami Padre perché ho peccato. Se lo sentiva dire in continuazione, al di là della fine parete di legno del confessionale, collegato al peccatore solo tramite una piccola grata dalla quale udire il pentimento appena sussurrato. Ogni prete, aveva capito Mario nel corso dei suoi anni di sacerdozio, aveva un sacramento preferito. La maggior parte dei suoi colleghi, veramente devoti e con la vocazione nel cuore, amava l'Eucarestia, il sacramento centrale attraverso il quale il corpo di Cristo si fa pane e il suo sangue si fa vino: banale. Molti altri preferivano i battesimi, perché stravedevano per i bambini e no, non in quel senso! Quanto a Mario, senza contare i matrimoni - era come guardare mille puntate di "Abito da sposa cercasi" su Real time! - il sacramento che preferiva era proprio la Confessione. La Riconciliazione, la Penitenza: nomi che la chiesa aveva affibbiato ad un momento tra i più solenni e intimi nella vita di un fedele. Attraverso la confessione, fai penitenza per i peccati commessi e ti riconcili con Dio e, dunque, con la parte migliore di te.. o questo gli avevano insegnato. Di certo era un momento di profondissima condivisione.. e quanti pettegolezzi riusciva a carpire, nel segreto inviolabile del confessionale! Quello era il sacramento a cui si sentiva più vicino, che sentiva più affine: forse perché Mariano Pellegrino santo non lo era stato mai. Ogni notte ritornava al suo letto singolo, sobrio e scarno come si confà ad un prete, e si inginocchiava davanti ad esso e al crocifisso appeso al muro per recitare la nenia latina che aveva imparato al collegio romano. Confiteor Deo omnipotenti et vobis, fratres, quia peccavi nimis cogitatione, verbo et opere. Confesso a Dio onnipotente e a voi, fratelli, che ho molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni. Ricercava in Dio, ogni sera, la stessa assoluzione che forniva ogni giorno ai fedeli che arrivavano strisciando tra le navate della sua chiesa di periferia, confessando atroci delitti o stupide marachelle a cui attribuivano un enorme peso morale. A tutti dava un "atto di dolore" da recitare tre volte e li rimandava a casa con la formula di rito in rigoroso latino, ego te absolvo. Ma chi assolve l'assolutore? Chi, quando egli continua giorno dopo giorno a peccare? Non in opere, perché da quando aveva preso i voti don Mario era quanto meno riuscito a condurre una vita che fosse la più retta e pura possibile.. ma pensieri e omissioni gli macchiavano la coscienza e l'anime. Pensieri sporchi che si teneva dentro e che avevano assai poco della purezza dell'ecclesiastico; omissioni che nascondeva dietro il suo sorriso bonario, ogni qualvolta lasciava intendere a chi lo circondava che quella fosse la sua strada, la sua missione di vita. Quella, la sua vocazione. Tutto ciò ci scontrava con la dura realtà, quando il peccato ritornava ciclicamente a bussare alla sua porta, spesso nelle sembianze di giovani uomini attraenti. Il peccato, quel giorno, aveva il corpo e il sangue di Joaquìn Diaz.

    « La prego, mi dia del tu. Puedo? » Puoi fare tutto quello che vuoi, tesoro! sospirò una vocina nella sua testa, il proverbiale diavolo sulla spalla, colpito in pieno da un colpo di aureola dell'angelo che scacciò, insieme ad esso, il pensiero sporco. Ne puoi scacciare uno.. ma gli altri? Ne arriveranno, lo sai. Si limitò ad annuire, allungando una mano per invitarlo ad entrare. Che fosse la navata centrale o la piccola stanza dei paramenti sacri, nessun fedele può e dovrebbe essere cacciato dalla chiesa, questa era la filosofia di don Mario. A maggior ragione, non avrebbe di certo scacciato lui, seppure ogni briciolo di coscienza critica e di logica lo invitasse a farlo. Joaquìn Diaz non era un uomo qualunque, non era un ragazzo con cui incroci lo sguardo per strada e che fa nascere un fugace pensiero proibito. Joaquìn Diaz non era solo un pensiero proibito ma il serpente in persona, mandato ad Adamo ed Eva per tentarli. Conosceva tutto di quel corpo perché l'aveva visto nei film che mai un prete avrebbe dovuto concedersi; conosceva i pettorali scolpiti che poteva immaginare sotto la camicia e conosceva quei glutei fasciati, sui quali gli occhi del parroco caddero, letteralmente calamitati. Con pantaloni di quel genere, la fantasia non era affatto necessaria. « Oh, giusto, non me soy ancora presentato. Joaquìn Diàz, ma esto lo sa già, a quanto pare. » Beccato. Si sentì di nuovo il sedicenne che, al Collegio San Carlo, veniva sorpreso fuori dalla propria stanza dopo il coprifuoco. Anche allora, per il gusto del proibito. « Quale pelicula ha visto? Ne preferisce qualcuna en particular? La mia es el cuerpo y la sangre de Cristo. Che oh, es azzeccatissima in esto contesto! » La domanda schietta e diretta dell'attore gli rubò un battito di cuore più che la sua risata. Stava seriamente chiedendo ad un prete quale fosse il suo film pornografico preferito? Sì, eccome. E quel prete si trovò improvvisamente in enorme difficoltà: perché così, di primo acchito, avrebbe volentieri risposto che il suo film preferito era stato "7 ani in Tibet", per via della trama avvincente, seguito solo da "Eiaculazione da Tiffany", perché i grandi classici sono e restano intramontabili. Ma arrivare a confessarlo era tutto un altro paio di maniche! Al contrario dei fedeli che arrivavano da lui, Mario al limite si concedeva le preghiere della sera, riservate ad un Dio che neppure era sicuro esistesse. « Non potrei capire quello che mi viene confessato, se non conoscessi il peccato stesso. » che era vero, ma non del tutto vero. Un'altra omissione da confessare a Dio stanotte. « E mi dica, mi dica padre, cosa ci fa un ragazzo come lei en Chiesa? Vocazione? » Joaquìn sembrava stranamente a suo agio nella stanza dei paramenti, come se la conoscesse molto bene. Mario si poggiò allo stipite della porta con le braccia incrociate al petto, osservandolo: curioso, non stizzito come sarebbe potuto essere qualche altro parroco, a tutti gli effetti il "padrone di casa". « Le vie del Signore sono infinite e misteriose! » ...ovvero, vocazione un corno. Ricordava come se non fossero passati che pochi minuti, il momento in cui una mattina di tanti anni prima si era svegliato, nella mastodontica villa dei Pellegrino fuori Napoli, soffocato da mesi e mesi di relazione semi a distanza con la bellissima Karen McDuhab. Non era che un quindicenne e il peso delle decisioni di suo nonno, Don Rocco Pellegrino, gli stavano letteralmente togliendo l'aria dalla gola. Decidere di diventare prete era stato drastico, vero, come drastica era stata la decisione del nonno di legarlo ad una perfetta sconosciuta: aveva scoperto in Karen una ragazza splendida, stava bene con lei, sarebbe stato facile accettare le volontà del Boss e unire insieme alla bionda le due casate mafiose. Eppure, non era ciò che voleva e, come avrebbe scoperto di lì a poco, non era ciò che voleva neppure Karen. Il colletto bianco gli aveva dato ali per volare via, fuggire lontano dalla stretta della famiglia, lontano dal crimine e da un destino segnato; lontano, però, anche dalla propria libertà. Sbatté gli occhi, assorto nel ritrovarsi adolescente davanti ai cancelli della villa e all'auto che l'avrebbe portato a Roma, ma ritornò coi piedi per terra quando notò che la sua bizzarra compagnia aveva iniziato ad aprire gli scaffali, alla ricerca di Mario immaginava benissimo cosa. Eccolo là, il vin santo! ...un vinello da quattro soldi, sia mai che la chiesa spendesse denaro per del vino decente! Magari un bel vino sorrentino? E invece, pochi pesos al discount dietro l'angolo e una generosa dose di benedizioni ecclesiastiche per trasformare quello schifo in un simbolo di fede. Inclinò la testa, il parroco, guardandolo fisso come si fa con un bambino che dovrebbe capire da solo di stare sbagliando - e allora perché lo trovi così divertente? - ma non sortì l'effetto sperato. « ...Oh ma certo, ha ragione! Bere dalla bottiglia è così da maleducati. » Scosse lentamente la testa, lasciandosi sfuggire un abbozzo di sorriso che proprio non riuscì a controllare, l'italiano. « Vuoi anche delle ostie da inzuppare? Non fare complimenti, non sono mica benedetti! » ribatté al cubano, che gli stava dando le spalle. E che spalle! Al diavolo, ne benedirò dell'altro. Solo allora Joaquìn si voltò di nuovo.. con due calici tra le dita. Due calici che non aveva mai visto in chiesa e che, era ovvio, il cubano non avesse prima: quei pantaloni sul punto di esplodere non lasciavano granché spazio per dei bicchieri, erano fin troppo pieni. Avrebbe accantonato il dubbio, Mario, se non avesse già visto quella scena mille e mille volte, quando ad ogni piccolo inconveniente pubblico suo fratello Benito si voltava senza dare nell'occhio, per risolverlo. Come per magia. Ora sono io che ho beccato te!
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    Prese comunque il bicchiere offertogli, senza aggiungere altro, e si poggiò sul bordo del tavolo, proprio davanti alla poltrona sulla quale Joaquìn si era seduto. La posizione gli fasciava ancora di più le gambe, mettendone in evidenza i muscoli torniti e.. tutto il resto. Contenere l'imbarazzo tuttavia sembrò un gioco da ragazzi, una visione del genere in fondo non avrebbe potuto competere col tasso di eccitazione che gli aveva dato sentirsi leccare le dita davanti a tutta la parrocchia in messa! Vero.. ma se la visione fosse stata ben migliore? « Oh! El Caìdo vuole fare una fiesta per lei, tra qualche ora. Non puedo certo andar con la camisa sporca. Che tiene una camisa di riserva, padre? » Joaquìn, con la camicia oramai sporca di vino, si rialzò sovrastandolo in altezza e iniziò a sbottonarsi la camicia, un bottone per volta, scoprendo con una lentezza quasi fisicamente dolorosa il corpo statuario scolpito dalla mano sapiente di un antico scultore greco. Non poteva essere altrimenti! Quei muscoli non erano umani, neanche lontanamente! Il caldo tornò prorompente in lui, cavalcato dall'imbarazzo e concretizzato da un'erezione che si faceva evidente, ad ogni bottone aperto. Mantieni la calma, mantieni un contegno, sei un prete! Hai vissuto la retrocessione del Napoli in serie B senza uccidere nessuno, puoi gestire anche questo. Joaquìn Diaz era in piedi davanti a lui, i suoi addominali definiti e i suoi tatuaggi arroganti a troppo pochi centimetri di distanza: servì letteralmente un miracolo al giovane parroco per alzarsi, guardarlo dritto negli occhi e restare coi piedi ben piantati a terra. « Niente della tua taglia, figliolo.. ma sono certo che troverai un secondo per fare un salto a casa. » Il profumo della sua acqua di colonia gli stava inebriando i sensi, come alcol nelle vene Corri! Scappa! Via! Ritirata!! « Allora.. a stasera? Portati un cambio, non si sa mai. » Abbandonò il calice sul tavolo, per sparire nel corridoio: lui, le gote appena arrossate e un bozzo nei pantaloni che non accennava a voler sparire facilmente.



    [...] « Padre, ma è vero che quest'anno il Papa ci onorerà di una sua visita? » Mario buttò giù un generoso sorso di vino, ritrovandosi col bicchiere tragicamente vuoto. Era il terzo o il quarto? Forse il quinto, a giudicare dal grado di tolleranza nei confronti di Conchita de la Vega e del suo gruppo di amiche: non le aveva mai viste, erano donne dell'alta classe, quel tipo di anime cristiane e misericordiose che tuttavia preferivano una cattedrale ad una chiesetta di periferia, arrivando alla quale rischiavano di essere scippate pressoché ogni domenica. Come dar loro torto? Da quando aveva preso le redini della parrocchia, il tasso di bassa criminalità nell'isolato era drasticamente diminuito, merito di una campagna di sensibilizzazione che lo stesso prete aveva messo in atto - scoprendo che un semplice "finiscila di spacciare qua dentro o ti spacco la faccia in così tanti pezzettini che sembrerai la moltiplicazione dei pani e dei pesci quando avrò finito, intesi?" era più efficace di qualsiasi predicozzo morale. Era certo che anche Conchita, ormai sua fedelissima, avrebbe preferito la messa del vescovo se solo fosse stato un po' più giovane e accattivante.. eppure eccola, a sganciare un altro assegno. Tutto sommato, il piano dei piani alti della diocesi aveva sortito l'effetto sperato, scegliendo un giovanissimo predicatore alla guida di quel luogo dimenticato da Dio. « Non ho ancora sentito il Santo Padre, ma sono certo che mi farà uno squillo se vorrà venire! » cinguettò, euforico per l'alcol che ormai scorreva nel suo corpo. No, decisamente doveva essere il sesto bicchiere! E gli erano serviti tutti, per rilassarsi a casa di El Caido, ancor più dopo aver visto che tra i corridoi e i salotti in festa della grande casa del boss si stava aggirando anche lui, el conquistador. Che Joaquìn ci avesse provato spudoratamente con lui l'avrebbe capito anche un cieco: molto più difficile sarebbe stato capire quanto a Mario questo avesse fatto piacere. Era stato più complicato del previsto atteggiarsi a uomo pudico, quando pudico non lo era mai stato.. e ancor meno, dopo sette bicchieri di vino! Lo vide di nuovo, camminare per il salotto con un drink in mano, con i suoi vestiti succinti e due occhi di pura tentazione. « Signore, con permesso. » mugolò tirando un sorriso, nel bel mezzo di un discorso di Conchita sull'importanza dell'aiuto di più bisognosi, proprio come faceva lei: aveva bisogno della beneficenza per sentirsi importante e ammirata, tutto ciò che in vita sua non era mai stata, offuscata dal potere del fratello e da un corpo non lusinghiero. Abbandonò su un tavolino il calice oramai vuoto e si trascinò, leggero e spensierato, lungo il corridoio. Dove si era cacciato? Non era nel salone né nel salotto più piccolo, non lo trovò in compagnia degli altri "gentiluomini". Fu passando davanti ad unna porta aperta che lo vide, sorseggiare il suo drink contro il bancone della cucina di El Caido.
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    « Joaquìn! » Ma che assai poco fortuita coincidenza! Era facilmente intuibile dal tono della sua voce come Mario non fosse affatto sorpreso. Un po' alticcio, forse, ma sorpreso no di certo. Si avvicinò al frigorifero, da cui conquistò una birra che stappò senza troppi complimenti, più simile ad un uomo da bar che non ad un pretucolo infiocchettato e devoto. « Bella camicia! » si lasciò scappare una risata che nascose oltre il bordo della birra, buttando giù un sorso generoso. Lasciarlo da solo in sacrestia, poche ore prima, era stato maleducato forse ma necessario. Eppure, stupidamente ci era cascato di nuovo, come un ragazzino alle prime armi: si sentiva così, seppure non lo fosse, né lo sembrasse. Non c'era innocenza negli occhi di Mario, scuri come la notte ma caldi come il fuoco. Gli si avvicinò, posando una mano sopra il bancone della cucina per bloccare il passaggio all'uomo, e quegli stessi occhi selvaggi li alzò verso i suoi. « ..."Il frutto proibito". E' il film che mi è piaciuto di più. » La voce di Mario, bassa e appena roca, vibrava di una nota che nessuno in veste di parroco gli avrebbe mai sentito, malizia. La stessa che saettava nei suoi occhi, la stessa che sentiva ribollirgli nelle vene. Chiunque, tra i padroni di casa e la servitù, sarebbe potuto entrare e trovarli così, sconvenientemente vicini. Il parroco di una chiesa di periferia e l'attore porno più etero di tutta l'isola di Cuba, sconvenientemente vicini. « Ti vedrò più spesso in chiesa, ora che padre Domingo non è più un problema? » Una domanda o un invito? O un avvertimento al sé stesso che, la mattina dopo, si sarebbe svegliato senza più alcolici in corpo, non più disinibito. Non più libero.
     
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  5. joaqueen
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    Allora.. a stasera? Portati un cambio, non si sa mai. Con quelle parole, il bel prete l'aveva abbandonato. Certo, Joaquìn non si era certo aspettato nulla da quell'incontro fugace ma..Okay, non prendiamoci in giro, si era aspettato di tutto. Si era aspettato di tutto sin dal primo momento in cui i suoi occhi scuri s'erano poggiati sul bel corpo tristemente celato del giovane sacerdote. Ed era sbagliato, e lo sapeva perfettamente, ma Madre di Dios, cosa fareste voi di fronte ad un tale spettacolo? Esattamente lo stesso, perchè qualsiasi essere umano pensante e sano di mente l'avrebbe fatto! Ovviamente. Ma nonostante tutto, quel proibito, Joaquìn avrebbe ben presto imparato che era cosa assai difficile da accaparrarsi. Non un gioco da ragazzi, come suo solito. Perchè di conquiste, il Toro di L'Avana, ne poteva vantare a milioni. Ay quante ragazze erano passate dal suo letto! ..O dal tavolo della cucina, o la doccia, o persino la finestra che dava sulla strada principale...Sì insomma, tante. Jo era il classico uomo che di fronte ad un no secco, non si era mai trovato. Perchè insomma, guardatelo. Bello, dotato e pure ricco, cosa mai potrà mancargli? Un prete, ecco cosa gli manca! Quello stesso prete che l'aveva lasciato qualche ora prima lì, da solo in quella piccola stanzetta, con ancora il calice di vino stretto tra le dita ed un'espressione da ebete stampata sul volto barbuto. « Mi ha dato un dos di picche, Juanita, entiendi? Un dos di picche, A ME! Cosa avrò sbagliato? » E quindi eccolo quì, il ragazzone, l'espressione seriamente rammaricata mentre si aggira per la casa, coperto solo di un'asciugamano stretta attorno ai fianchi. La bella Juanita, la sua domestica alias donna tuttofare,gli lancia un'occhiata scettica. Eccola, in quel suo sobrissimo pigiama leopardato, mentre agita un impasto -e le tette- con la frusta per dolci perchè sia mai que ci vai a mani vuote a casa de el Caido! Non era stata invitata, ma Juanita aveva sempre avuto un cuore magnanimo ("ricuerda Jo, sotto delle grandi tette ci sta sempre un grande corazon") quindi quel pomeriggio assolato d'Agosto, aveva deciso di dar sfoggio alla sua arte culinaria. « Amor mio, non ti credo. Abla con Juanita tua, raccontame come es andata, por filo e por segno! » La sua vocina soave lo incalza, mentre Joaquìn si poggia con la schiena contro il bancone della cucina, incrociando le braccia, l'espressione palesemente contrita. Allora, da dove cominciare? Dall'entrata in chiesa del bellissimo Don Mario? Dalla leccatina sulle dita o da quella evidente erezione che gli aveva dedicato nella piccola stanza della sagrestia? Dios, che durello secolare quello! E lui non aveva potuto usufruirne. Que vita de mierda. Sospira, affranto. « Me soy inginocchiado » « Al primo appuntamiento? No, no, no, Jo. Non si fa! » « ...Por prendere el cuerpo de Cristo, ovviamente. Por qui mi hai preso Juanita? »
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    « Por ti stesso? » « ...Okay sì, mi sarei inginocchiado anche per prendere un altro tipo de cuerpo, ma non è questo il punto. Juanita! Il punto è que soy entrado nella stanza dietro la sagrestia, hai presente? » « Quella dove ti sei escopato suor Cassandra e Carmencita, giusto? » « Esatto! Proprio quella! Ho preso un pochito de vin sagrado.. » « Un classico...Que eleganza! Non sbagli mai amor. » « E mi soy macchiado la camisa. » « Madre de Dios! El trucco de la camisetta sporca, me rendi così fiera de ti! E poi? » « E poi...Se n'è andato. Me soy tolto la camisa e lui s'è n'è andato. » Qualche minuto di silenzio. Juanita lo fissa con gli occhi sbarrati, la mano intenta a montare l'impasto si blocca all'istante, e la presa sulla scodella si allenta tanto da farla precipitare per terra, in un tonfo sordo. « COOOOOOOOOOOOOOOOOOOSA??!!! » L'urlo della cubana gli penetra prepotentemente nei timpani, e per poco non fa esplodere tutti i vetri della casa. E' sconvolta, Juanita, con quella mano adagiata sul petto ed il respiro irregolare. La vede avvicinarsi al frigo, dal quale estrae una bottiglia d'acqua, e due bicchieri dallo sportello adiacente. Li riempie fino all'orlo, per poi porgergliene uno e, fatto il segno delle croce, iniziare a bere dal proprio. « Soy scioccata. » Annaspa, riprendendo fiato. Joaquìn sospira, annuendo, mentre si tira a sedere sul bancone, non curandosi minimamente del fatto dell'essere praticamente nudo, a parte quell'asciugamano ben poco coprente. Roba da Diàz. « Bevi amor bevi. Como te sienti? La superiamo assieme esta cosa, vedrai. » « Gracias Juà, se non ci fossi tu... » Mormora, affranto, mentre sorseggia quell'acqua fino a calarsela tutta d'un fiato. Posa il bicchiere sul bancone, e allora torna a guardarla. « Avrò sbagliato io? Forse non gli piacciono los hombres? Ma Juanita l'ho vista quell'erección, soy serio, sai que su este cose non sbaglio mai! » Si passa una mano fra i capelli, tirando verso dietro alcuni riccioli ribelli « ...E que erecciòn, Juà, dovevi vederla! Quello sotto de la tunica ti sfonda l'anima! » Al solo pensiero un brivido gli pervade la schiena. Evidentemente, sfogare le sue frustrazioni sotto la doccia, non è bastato per fargli smettere di pensarci. « Forse non funziono più. Soy guasto. La mia vita es finit- » « Non dirlo neanche para scherzo. Non voglio sentir blasfemie en casa mia. Tu t'escoperai quel prete como es vero che mi chiamo Juanita Enriqueta Hernández. »

    « Joaquìn! » Sobbalza, il cubano, nel sentire quella voce. Alza lo sguardo, e lo vede. Istintivamente, un grosso sorriso gli si dipinge sul volto barbuto, ma che si spegne subito, nel ricordarsi gli insegnamenti di Juanita risalenti a solo qualche ora prima. Se vuole farsi desiderare, battilo sul tiempo! Certo è che Jo avrebbe voluto batterlo sul serio, ma non di certo sul tempo. Sul tavolo di quella cucina, ad esempio, gli sarebbe bastato. Ma in fondo si sa, Juanita ha occhi e orecchie ovunque, meglio seguire i suoi consigli e non farla incazzare. « Padre. » Mormora allora, affondando dietro il bicchiere del suo inconfondibile e insostituibile sex on the beach. Rimane lì dov'è, e nonostante i suoi occhi scuri siano fissi sulla figura del bel sacerdote, nessuna emozione traspare dal suo viso. Stranamente. Joaquìn non è mai stato tipo da celare agli altri ciò che prova -e fidatevi, soffre quando è costretto a farlo- ma adesso è una questione importante. E' in agguato. Quindi lo osserva, in silenzio, mentre è intento a servirsi una birra dal frigo e stapparla in maniera fin troppo naturale, per un prete. Quante sorprese ci nascondi, Don Mario? « Bella camicia! » Si stringe nelle spalle, con fare indifferente, seppur lo sguardo del giovane su di sè riesca a farlo rabbrividire. E' ben capace tuttavia di nascondere quella piacevole quanto improvvisa sensazione, e si scosta dal bancone, facendo per allontanarsi, quando qualcosa di sicuramente inaspettato lo blocca. La mano del prete si stringe contro il bancone della cucina, sbarrandogli il passaggio, e quando alza lo sguardo, si ritrova i suoi occhi, quegli occhi a pochi centimetri dal viso. E sono scuri, neri come la notte ma caldi come il fuoco. Quello stesso fuego che si sente ardere dentro in questo momento. Perchè ogni sguardo di quel dannato prete, ogni respiro di lui sulla sua pelle, non può fare altro se non accenderlo. Occhi selvaggi, voce roca, distanza ravvicinata. Gli ci è sempre voluto molto meno per eccitarsi, quindi, cari ragazzi, figuratevi in quale situazione può trovarsi al momento il caro Joaquìn! Immaginate la gravità. « ..."Il frutto proibito". E' il film che mi è piaciuto di più. » Situazione che si fa ancora più grave a quelle parole. Perchè se c'è una cosa in cui non ha mai sbagliato -e ne andrebbe della sua affermata carriera, se mai dovesse sbagliare-, Jo, è nella capacità di leggere la malizia più chiara ed evidente attraverso i gesti altrui. E quella malizia che scorge nello sguardo e nelle parole del prete, ha un che di animalesco. Selvaggio, senza ombra di dubbio, e proibito. Istintivamente, si morde il labbro inferiore, lo sguardo che vaga attraverso il viso dell'altro. E' bello, come aveva già potuto notare, ma da così vicino è ancora più bello. Occhi scuri, labbra carnose, messe in risalto da quello strato di barbetta curata. Riccioli di mogano, e, cosa più importante di tutte, un fascino ed un magnetismo che non si sarebbe mai aspettato di scorgere in un prete.
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    Chi è il cacciatore e chi la preda adesso, Jo? Si sente rabbrividire, di nuovo, mentre lo sguardo proprio non vuole lasciar andare la bocca di lui. Lo bacerebbe lì, seduta stante. Si spingerebbe in avanti, gettandosi contro le sue labbra ed appropriandosene con tutta quella foga e quella passione che si sente rimontare dentro. Incontrerebbe la sua lingua in una danza umida ed intrecciata, scaverebbe dentro di lui finchè possibile, fino a quando il suo gusto non si rivelerebbe l'unica su cui concentrarsi al momento. E sta ancora pensando su come, dopo quel bacio, spingerebbe il bel prete proprio su quel tavolo, quando le sue parole lo distraggono, riportandolo alla realtà. « Ti vedrò più spesso in chiesa, ora che padre Domingo non è più un problema? » Non sa esattamente in quale punto di quella frase sia riuscita a sbucare, ma il suo pensiero svolazza immediatamente sulle parole di Juanita. Se vuole farsi desiderare, tu fatti desiderare ancora di più. « Ma cierto padre. » Sibila allora, con un sorriso palesemente ambiguo. A quel punto si sposta in avanti, la mano che scivola lungo il braccio dell'uomo. Lo percorre con le dita, lentamente, sino a raggiungere la sua mano stretta contro il bancone. Lo sguardo si immerge nel suo, carico di quella scintilla che solo come uno come Jo Diàz può avere. E dimostrare. Quindi si fa vicino, sempre più vicino alle sue labbra, prossimo quasi a sfiorarle, proprio quando quei due universi stanno per collidere, che le dita si stringono contro la mano del ragazzo. Gli alza il braccio, gli sguscia dietro velocemente, ed in pochi istanti l'ha immobilizzato tra il frigo e quella tonnellata di muscoli che è il suo corpo. Una mossa da vero maestro, quella. Potrebbe fargli male, se solo lo volesse, ma la verità è che in quel momento, vorrebbe fargli tutt'altro che male. Quindi s'insinua tra l'incavo della sua spalla ed il collo, sussurrandogli all'orecchio. « La ricordi l'ultima escena del film, Mario? » Si prende quella libertà, l'ennesima, dandogli del tu e chiamandolo per nome. Ma non basta, perchè con Jo non basta mai. Ed infatti eccolo lì che si stringe contro la schiena del prete, pressando con l'ormai evidente e ben sveglio cavallo dei pantaloni contro di lui. Gli soffia sul collo, sfiorandolo appena con le labbra, mentre la mano libera si fa spazio lungo di lui. Gli percorre il petto ben sviluppato sotto quei vestiti, i muscoli guizzanti sotto il suo tocco di fuoco, che altro non fanno se non eccitarlo ulteriormente, ed infine giunge proprio lì, sulla cintura dei pantaloni, pericolosamente prossimo a insinuarsi attraverso la stoffa spessa. E infatti le dita giocherellano un po' sul bordo, e si addentrano per qualche istante là dove non dovrebbero. La dove il proibito, il sacrilego, il buon senso gli intimerebbe di fermarsi immediatamente. « Alla fine el frutto proibito è stato colto, e conquistato. » E lo fa davvero, si ferma. Si ferma quando le dita sfiorano l'orlo della sua biancheria al di sotto dei pantaloni, e ritrae la mano, scostandosi anche lui per liberarlo dalla sua presa ferrea. Si allontana di qualche passo, sorridendo innocente, come niente fosse. « Ci vediamo en Chiesa, padre. » E con quelle ultime parole, la voce ridotta ad un sibilo roco e graffiante, quella sera Joaquìn scomparve. Se vuole farsi desiderare, battilo sul tempo.

    Sono passati diversi giorni, dal loro primo incontro. Giorni in cui Joaquìn Diàz, nella parrocchia del bel don Mario, non ci ha messo completamente piede. Juanita era stata fierissima della sua ultima azione, nonostante il povero Jo, quella notte, non fosse riuscito a chiudere occhio. Pensare a quel corpo bello tanto quanto proibito stretto contro il proprio, aveva continuato a farlo rabbrividire per i restanti giorni a seguire. Che stregoneria poteva mai essere quella che il prete gli aveva sicuramente lanciato contro? Lui, Joaquìn Diègo Hernàndo Angèl Diàz, il Toro di L'Avana, completamente fottuto di cervello per un uomo -un uomo di Chiesa!!- che conosceva da neanche due giorni. Strano, davvero strano. « Perdoname padre porque ho mucho peccato. » Ed eccolo quì ad oggi. Seduto su quella piccola panca in legno che, rispetto alla sua mole da gigante, sembra ancora più microscopica. Le dita intrecciate e le braccia ben composte sulle gambe, mentre lo sguardo è basso, e la tendina in velluto bordeaux del confessionale gli solletica appena la fronte. Sembra quasi innocente e convinto, a vederlo così. Dopo giorni di completa sparizione, Jo aveva deciso di farsi di nuovo vivo. Impacchettato in una delle sue solite camice sgargianti ed un pantalone aderente, si era fatto spazio tra le navate della Chiesa semivuota visto l'orario ed era giunto proprio lì. Laddove era più che sicuro l'avrebbe ritrovato, al di là di quella tendina che li separava. « Faccio pensieri sporchi su di un hombre che non potrò mai avere. » Sospira « Continuo a pensarlo, ogni giorno. Ai suoi occhi scuri come la noche, a quella barbetta, al suo cuerpo perfetto. Me lo soy imaginado in ogni modo, quel corpo. In ogni posizione » Fa una piccola pausa, con fare decisamente teatrale. In fondo, un attore è pur sempre un attore. Il fatto che poi Joaquìn sia un attore di merda, son dettagli. « Me soy anche toccato, su quel cuerpo. Ah, che pecador! » Mano sulla fronte tattica. « Ed el problema sa qual'è, padre? Che continuo a pensarci anche ora, anche in Chiesa. Specialmente in Chiesa. Pienso a quante cose gli farebbero mis manos sotto i suoi pantaloni. O mi lingua sul suo cuerpo. » Il tono si abbassa notevolmente, la voce che si fa sempre più roca e profonda. « Mi aiuti, padre, como puedo far? »


    Edited by joaqueen - 5/2/2018, 20:01
     
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  6. @mariopellegrino
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    Due paia di occhiaie da far invidia ad una controfigura di qualche film di Dario Argento e un mal di testa da capogiro erano i regali che il cielo gli aveva fatto trovare sul comodino quella mattina, in cui avrebbe pregato perfino in aramaico antico pur di stare ancora un po' a letto. Erano solo le sei e mezza del mattino, aveva dormito sì e no quattro ore scarse e già gli sembrava di sentire in lontananza il ticchettio dei tacchi delle perpetue, pronte ad aiutarlo prima della messa del mattino. Fare il prete, si sa, è un po' come fare il medico: il lavoro ti chiama agli orari più insoliti e non ti puoi tirare indietro. Non si tirò indietro neanche don Mario, forzandosi a scendere dal letto sudato per la calura notturna dell'estate cubana, e a trascinarsi verso il bagno per una doccia veloce prima della funzione mattutina. Sotto l'acqua gelida, scrosciante sopra la pelle rovente e capace di lenire almeno in parte il cerchio alla testa che gli bloccava i pensieri, ripensò alla serata che aveva passato solo qualche ora prima a casa di El Caido. Ripensò a Conchita e al suo gruppetto di amiche, starnazzanti come oche troppo cresciute, e ai bicchieri che aveva mandato giù per sopportarle. Troppi, perfino per un ragazzone del sud grande e grosso come lui. C'erano stati i sette drink, c'era stata la birra.. e c'era stato lui. Neanche con tutto l'alcol del mondo in circolo avrebbe potuto dimenticare la sensazione che aveva provato nella cucina del boss cubano, rendendosi conto di quanta adrenalina gli avesse sparato in circolo lasciarsi andare. Libero come non mai si era sentito nell'invadere lo spazio vitale del bell'attore e giocare con lui come il gatto col topo, com'era sua natura: no, Mariano Pellegrino non aveva mai sentito la vocazione né la chiamata da Dio seguita da cori angelici. Quella vita, tutto quello svolazzare di tonache e belle parole, erano state e continuavano ad essere una fuga dalla realtà. Una bugia che, di tanto in tanto, vacillava. Così aveva fatto, quando aveva sbarrato il passo a Joaquìn con una malizia che di sacro non aveva nulla. Era profano Mario, troppo audaci i suoi sguardi, troppo peccaminosi i pensieri. Arrivò perfino a non scandalizzarsi affatto, quando il cubano prese i sopravvento e lo bloccò contro il freddo metallo del frigorifero. Ricordava sul proprio corpo i suoi muscoli e la sua eccitazione, che divenne quella di Mario, ancora una volta. Le sue mani grandi scesero lentamente sul corpo bagnato, immaginando ancora una volta la presa di Joaquìn Diaz su di sé, e continuarono a scendere ancora. La doccia durò più del previsto.

    Si rese conto ben presto, quasi fosse una valvola di sfogo o un pensiero capace di dargli dipendenza, che la mente tornava sempre a lui. Ci aveva pensato durante la messa, quando tra le panche e i volti delle anziane donne intente a sgranare il rosario ricercava lui e i suoi grandi occhi da conquistatore; ci pensò durante l'eucarestia, ricordando l'umido delle sue labbra contro le proprie dita; ci pensò quando, dopo la messa, si svestì della tunica nello stanzino degli ornamenti e ripensò al corpo statuario dell'attore con la camicia sporca e sbottonata, proprio lì, non più tardi di ventiquattr'ore prima. Era un pensiero continuo, costante e molesto. Perché molestato si sentiva, dal momento che stava trovando difficoltà a gestire le più semplici attività quotidiane, eppure gli sembrava quasi difficile trovare il lato negativo della faccenda. Almeno, uno che non fosse il lato negativo per eccellenza: non poter cedere. Se da un lato gravavano su di lui gli impegni e gli obblighi del voto sacerdotale, dall'altro avrebbe dovuto fare i conti con la propria personalità: Mariano Pellegrino non era mai stato bravo a fare o non fare qualcosa solo perché gli veniva imposto. E dopotutto, nella mentalità della sua famiglia era ben radicato il concetto che volere è potere e un Pellegrino può tutto. Aveva accumulato per anni il peso della mancanza di libertà, poco a poco, a piccole dosi: ora per un ragazzo che aveva dovuto far finta di ignorare per strada, ora per quello scout che gli aveva chiaramente lanciato un'occhiata maliziosa dall'altro lato della navata e di cui avrebbe dovuto far finta di niente. Ma nessuno di loro, neanche uno, né nell'isola di Cuba né in Messico né tanto meno in Italia gli aveva mai dato lo stesso bruciante desiderio che gli aveva instillato stare a stretto contatto con Joaquìn Diaz. Si buttò sulla comoda poltrona girevole dello studio in sacrestia, una volta espletati tutti i propri doveri, e rimase un attimo in silenzio prima di buttare giù l'aspirina che si era preparato. Acceso il computer, cliccò rapidamente l'icona di Skype. Aveva bisogno di alleviare la propria coscienza dal peso che lo schiacciava e la lista di persone disponibili non erano poi molte. Franko? No, decisamente no: lui non sapeva dell'omosessualità del suo migliore amico. I tempi non erano maturi. Benito? Oh sì, parliamo al fratellino di come ce lo fa venire duro il nostro attore porno preferito, perché no? Ne rideremo di nuovo a Natale, tutti insieme! No, decisamente no. Se c'era qualcuno a cui poteva raccontare una storia del genere era Karen o.. certo, Esmeralda! La sua bellissima cugina rispose alla videochiamata dopo neanche quattro squilli, accogliendolo con quel suo sorriso immenso che sapeva d'Italia, sapeva di casa. « A Marie', ma se ti dico che te stavo a pensà ce credi? Che me racconti? » Niente, tesoro: ho conosciuto quest'uomo. E' un attore, sai, un attore porno.. uno di quelli veramente bravi! E sai cos'ho scoperto? Che gli piacciono gli uomini! E sì.. che gli piaccio anch'io! Ci credi? Ah ma non è mica finita qui sai.. no, perché quello stesso attore porno, che per inciso è bellissimo, è alto, è muscoloso e pure davvero ben dotato!, ci sta provando spudoratamente con me. Ma neanche tanto velatamente, no, spudorato proprio! Roba che m'ha leccato le dita, si è spogliato davanti a me, m'ha messo le mani addosso. E io ora sono qui, a cercare di trovare non dico tanto ma almeno una buona sola ragione per non cedere alle sue avances! Lo so, li conosco gli uomini come lui, quello è un toro da monta, uno che conquista e se ne va.. e allora? Maron, Esme: ho una voglia che non ti immagini! Una notte con lui, davvero, una sola notte e morirei felice! « Mah, tutto normale, tranquillo! Il solito. Oggi ho sto cerchio ngopp a cap..! » Sorrise serafico alla cugina, con una scrollata di spalle. Non ce la fece. Ancora una volta, si tenne tutto dentro.

    [...]
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    « Perdoname padre porque ho mucho peccato. » Qualcosa in Mario aveva capito cosa stava succedendo, quando quel filo di voce gli giunse attraverso la grata d'ottone coperta dalla tendina scura, per preservare in tutto e per tutto il segreto confessionale. Il corpo l'aveva capito, prima ancora del cervello: un brivido lungo la schiena, a testimonianza di ciò, scosse completamente il corpo del giovane parroco. Ogni giorno, decine di confessori si facevano avanti per conquistarsi la salvezza dell'anima. Ad occhi chiusi e con mente aperta, don Mario si ritrovava ad ascoltare ora il racconto di un teppistello di strada che stava lentamente scivolando nel giro della droga locale, ora una delle donne di chiesa che riscopriva, nel sacramento della confessione, un modo ingegnoso per poter spettegolare ed essere assolta allo stesso tempo. Per tutti, l'italiano riservava parole di conforto, di ammonimento, un incitamento a fare meglio e la formula di rito rigorosamente in latino - ego te absolvo - per dare al proprio tono di voce un'aria ancora più austera e importante. Ma quali parole di conforto, quali ammonimenti o incitamenti a fare meglio avrebbe potuto riservare alla persona che si era fatta avanti, l'ultima della giornata? Anche bendato e in mezzo a Piazza del Plebiscito durante il carnevale avrebbe riconosciuto la voce roca e seducente di Joaquìn Diaz. « Confessa i tuoi peccati, figliolo. » ...almeno tu che puoi. A chi avrebbe confessato i suoi? Non di certo al vescovo Ramirez, il quale era noto a tutti nell'ambiente per l'intransigenza di pensiero e nutriva per il giovane prete una fiducia e una stima - a suo dire - senza pari. Non sarebbe stato facile né producente andare dal suo superiore a confessargli che "sa, Sua Eccellenza, mi piacciono gli uomini e uno in particolare ultimamente mi sta facendo sfrigolare un po' troppo! Ricorda il comandamento sugli atti impuri? Due o tre potrei averli fatti!" No, decisamente controproducente. Unì le mani di fronte al viso soffocando un sospiro, quasi stesse pregando al Signore di dargli la forza. « Faccio pensieri sporchi su di un hombre che non potrò mai avere. » Sì, mi suona familiare. « Continuo a pensarlo, ogni giorno. Ai suoi occhi scuri come la noche, a quella barbetta, al suo cuerpo perfetto. Me lo soy imaginado in ogni modo, quel corpo. In ogni posizione. » Si vide descritto alla perfezione nella descrizione di Joaquìn - perfino per il corpo perfetto! Ah, era sempre stato particolarmente sensibile ai complimenti Mariano - ma ancor di più si vide descritto nel peccato commesso. Potrei aver sognato di farlo sull'altare, una volta o due.. « Me soy anche toccato, su quel cuerpo. Ah, che pecador! » Strinse con forza entrambe le mani sulle ginocchia, per non cedere. Il solo pensiero di Joaquìn Diaz, quel Joaquìn Diaz, il toro dell'Avana, che si toccava pensando a lui? Avrebbe fatto uscire di testa tre quarti di comunità gay latinoamericana e fatto incazzare ben più di qualche casalinga, sua affezionatissima fan. « Ed el problema sa qual'è, padre? Che continuo a pensarci anche ora, anche in Chiesa. Specialmente in Chiesa. Pienso a quante cose gli farebbero mis manos sotto i suoi pantaloni. O mi lingua sul suo cuerpo. » E cosa gli farebbero? I denti affondarono dolorosamente nel labbro inferiore. Se avesse voluto, se solo avesse ceduto, sarebbe stato così facile appagare i più reconditi desideri di entrambi. Un solo sì, due semplici lettere per far esplodere e rischiare tutto: la moralità di un prete, la reputazione di un attore. Vale la pena rischiare tutto solo per un desiderio della carne? « Mi aiuti, padre, como puedo far? » Gran bella domanda, la stessa che il parroco continuava a farsi da quando, poco più di una settimana prima, l'aveva conosciuto.. e ancora il pensiero lo tormentava, quasi fosse una tortura fisica più che mentale. Chi ha detto che l'unico modo per resistere ad una tentazione è cedervi evidentemente non indossava un collare bianco. « Il Signore ci ha fornito di occhi per vedere e di un cuore per provare gioia. Talvolta, questi doni si focalizzano su qualcosa che ci induce in tentazione: è normale.. è umano. » E' umana anche la voglia che ho ora, quindi? Grazie tante Maria', bella frase del cazzo. « Dio non ci chiede di essere santi o perfetti. Perfino le tentazioni, in una qualche misteriosa maniera, fanno parte del suo disegno. Ma noi abbiamo il libero arbitrio, il dono più grande che Egli ci ha fatto. Con esso, potremo decidere se resistere o abbandonarci ad esse. » Si stropicciò gli occhi, stanco. In una certa misura, Mario credeva davvero a ciò che aveva detto al penitente, eppure.. pur predicando bene, stava razzolando davvero, davvero male. « Recita tre "Ave Maria" e cinque "Atti di dolore". In nomine patris et filii et spiritus sancti, ego te absolvo. » E andiamo in pace entrambi. Perfino lui, che in pace non ci si sentiva affatto. Si alzò dalla seggiola in legno e uscì dal confessionale. Avrebbe avuto tutto il tempo di svanire, in fretta e furia, nella penombra della navata laterale e poi giù, fino alla porta che l'avrebbe condotto in sacrestia. Ma qualcosa, una forza irrefrenabile, lo fece voltare verso il lato del confessionale dove un attore era ancora raccolto nella sua finta preghiera. Gli si avvicinò, pervaso dal profumo di acqua di colonia che non aveva smesso un solo secondo di eccitarlo perfino dentro il confessionale, e senza mezze misure lo prese con forza per un braccio. Una forza totalmente inaspettata, per un ragazzo così giovane e vestito con una sottana ecclesiastica. Per la prima volta, Joaquìn ebbe modo di trovarsi davanti al vero Mariano Pellegrino, un ragazzo forte e senza peli sulla lingua. « Quando i nostro Progenitori hanno assaggiato il frutto proibito, hanno perso tutto. Il gioco che stai facendo è molto pericoloso, Joaquìn. » Che stiamo facendo. Puntò i grandi occhi scuri dritti sui suoi, serio in viso ma così vacillante nelle emozioni. « Sono un uomo di chiesa. » Ma prima di quello, era un uomo. Soltanto un uomo, ben lontano dalla santità. E quello che aveva davanti era appena diventato il suo punto debole. « Non metterò in gioco tutto ciò che ho costruito e che sto continuando a costruire solo per una fantasia.. per quanto bella sia. » Se il vescovo Ramirez avesse anche solo avvertito il sentore di uno scandalo di quel genere, avrebbe cacciato Mario non solo dalla parrocchia, ma direttamente dall'isola. Avrebbe significato essere sbattuto in qualche angolo remoto del pianeta a predicare il Vangelo agli aborigeni o.. peggio ancora, tornare a Napoli, da doppiamente infame. Perché, in quel momento della sua vita, la Chiesa era tutto ciò che conosceva, tutto quel che gli era rimasto. Non aveva neppure pensato ad una seconda opzione, una nuova vita lontano dall'abito talare. Stava per aprire bocca, quando un « Don Mario? Ha el tiempo por un'altra confessiòn? » alle sue spalle lo costrinse a lasciare velocemente la presa dal braccio del cubano. Si voltò velocemente, il parroco, col miglior sorriso che aveva. « Laurita! Ma certo, el senor Diaz stava giusto andando via. » Gli scoccò un'occhiata penetrante e particolarmente eloquente. Pensa bene a ciò che ti ho detto.

    [...] Quand'è che una fantasia diventa realtà? Quando si concretizza o paradossalmente prima ancora, quando diventa un chiodo fisso? Se così fosse, pur non avendo osato valicare un confine da cui non avrebbe potuto far ritorno, la fantasia aveva pian piano lasciato spazio alla realtà. Joaquìn Diaz alla fine doveva aver pensato davvero a ciò che il prete gli aveva detto.. focalizzandosi però sulle parole sbagliate. O su quelle giuste? Solo una fantasia, per quanto bella. Il sacerdote era stato fermo nella voce e duro dei modi, vero, ma quelle tre parole, tre semplici e apparentemente insignificanti parole, avevano aperto un universo di possibilità. Era stato questo, forse, a convincere l'attore a continuare a frequentare la chiesa ancora e ancora e ancora, facendo sì che la fantasia divenisse una realtà ancora irrealizzata. Le settimane passavano e Mario si ritrovava Diaz nei momenti più impensabili, costringendolo talvolta perfino ad evitarlo. Era diventato bravo, ma non bravo abbastanza da dirgli di smetterla con le provocazioni, dirette o indirette che fossero. Che fosse infatti solo uno sguardo o qualche scambio di parola, Joaquìn riusciva a continuare la sua marcia e Mario, per contro, non riusciva a fermarlo. Non voleva fermarlo. E non lo fermò. L'estate finì e iniziò l'autunno, il caldo soffocante lasciò il posto ad un clima più mite ma che sapeva diventare rovente ad ogni comparsa del bel cubano oltre le porte della chiesa. Eppure, incredibilmente, Mario non cedette di un solo passo. Passò Settembre, finì Ottobre e Novembre si chiuse, senza che vi fossero feriti nella loro corsa al peccato. Arrivò Dicembre e, con esso, l'inizio ufficiale dell'anno liturgico. « Non avrà esagerato un po', Padre? » Marisèl, cara donna, se ne stava in piedi davanti all'altare, accanto ad un Mario visibilmente euforico nel vedere davanti a sé decine di ragazzi intenti a preparare quella che era diventata una colossale tavolata, che proprio dall'altare partiva e percorreva tutta la navata, fino alle porte dell'edificio. Quegli stessi ragazzi al suo arrivo a Cuba non erano che sbandati delinquentelli ma, piano piano, tirando loro le orecchie - e qualche altra più o meno velata minaccia - avevano iniziato a rigare dritto e perfino a pregare! « E' il mio primo inizio di anno liturgico qui e voglio festeggiare! E poi, vamos, dov'è il tuo spirito di comunità?! » Il parroco aveva organizzato una cena ufficiale, con tanto di invito al vescovo Ramirez, agli altri parroci e naturalmente alla comunità, El Caido e sorella compresi. E Joaquìn Diaz. Anche lui, ormai, faceva parte della comunità e non invitarlo sarebbe stato un gesto non proprio elegante. Ma ancor di più, aveva una voglia malsana di rivederlo.
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    Averlo a due panche di distanza la domenica a volte sembrava non bastargli più. Come una danza, i due uomini si avvicinavano e si allontanavano di nuovo, per poi riavvicinarsi nuovamente. Questa volta, però, sotto l'occhio di tutti, perché alla cena di don Mario non mancava nessuno: il vescovo aveva accettato l'invito e così i suoi galoppini, lo stesso aveva fatto El Caido con la sorella, idem tutto l'esercito delle pettegole della parrocchia. Per ognuno di loro c'era un posto a tavola, dei bellissimi piatti da portata in porcellava e del vino. Tanto vino, talmente tanto da rabbonire perfino il vescovo per quella trovata decisamente sopra le righe, per un prete. Utilizzare una chiesa, un luogo sacro, per un cenone?! Mai visto! Eppure quella comunità di periferia non era mai stata così unita e in pace come allora. I posti a sedere erano stati appositamente scelti a caso, per far sì che il ricco potesse sedere accanto al povero, il famoso accanto all'umile.. il prete accanto all'attore. O per meglio dire, davanti: il caso volle infatti che Joaquìn Diaz avesse preso posto proprio davanti a Mariano, condividendo con lui durante la cena una serie di sguardi che il prete non faceva che affogare nel proprio calice di vino. Era veramente un caso? Arrivò perfino a sfiorargli la gamba con la propria, accidentalmente s'intende, per poi ritrarla subito dopo. I battiti del cuore più accelerati del solito, nel ritrovarsi in una situazione simile proprio sotto gli occhi del vescovo a capotavola, si facevano sentire e rendevano il tutto ancora più eccitante. Forse un po' troppo eccitante. « Senor Fernando, con permesso. » Quando iniziò a sentire le proprie gote farsi un po' troppo rosse - per il vino, chiaro - e l'aria improvvisamente soffocante, si congedò così dal sarto del quartiere con cui aveva conversato fino a quel momento. Dopo un ultimo sorso di vino per svuotare il bicchiere, si alzò e si allontanò nei meandri della chiesa fino al bagno. Aveva bisogno di sciacquarsi il viso, sgranchirsi le gambe, sgomberare i pensieri. O forse.. forse quell'ultimo sguardo lanciato a Joaquìn prima di alzarsi aveva significato qualcosa? Non per lui, non volontariamente almeno. Si guardava allo specchio, la mattina, riconoscendosi ma non totalmente. Era la propria bugia che iniziava a creparsi, le venature crescevano ogni giorno di più, ormai sul punto di rompersi. Che la fantasia stesse diventando realtà?
     
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  7. joaqueen
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    Erano giorni duri quelli. Davvero molto duri. Non mangiava, non dormiva, addirittura non scopava! Perchè madre de Dios era successo davvero. Ancora ricordava alla perfezione quella notte in cui, di fronte al trio delle Britney (tre formosissime inglesine regalategli per il compleanno dalla premurosissima Juanita) aveva detto..No. Cristo aveva detto no ad una cosa a quattro. Stava male, stava veramente male. Quell'hombre era entrato nella sua vita e l'aveva sconvolta per sempre. Non sapeva nemmeno come potesse esser possibile. Insomma, lui, il Toro di L'Avana, l'uomo più desiderato da tutte le casalinghe di Cuba...cottissimo di un prete. Eppure era successo, e lui, Joaquìn Diègo Hernàndo Angèl Diàz c'era caduto con tutte le scarpe di coccodrillo. E le mutande fuxia. Ricordava ancora quel giorno in cui don Mario l'aveva avvertito. Sono un uomo di Chiesa. Non metterò in gioco tutto ciò che ho costruito e che sto continuando a costruire solo per una fantasia.. per quanto bella sia. Aveva incassato il colpo, Joaquìn. L'aveva incassato in silenzio, il braccio stretto dalla morsa ferrea dell'uomo. Mani piuttosto forti, per l'ideale di prete che Jo aveva posseduto sino ad ora. Quel giorno era tornato a casa. Ed era stato tutto piuttosto regolare, se non fosse per... « JOAQUIN DIAZ METTI GIU' QUEL BOA DI PIUME! » La voce di Juanita era giunta così acuta ai suoi timpani, da fallo rimbalzare. Letteralmente, contro il muro retrostante alle sue spalle. Con ancora il boa di piume verde lime tra le mani, Jo aveva alzato lo sguardo d'ambra sulla bella casalinga. « Que c'è? Non stoy faciendo nada. » Aveva mormorato, sforzandosi per sembrare il più deciso e serio possibile. Ma Juanita era più furba, e...Insomma, Jo aveva chiesto su twitter come si facesse un cappio per l'impiccagione. Intendiamoci non voleva davvero uccidersi. Era troppo cagasotto per farlo! E' solo che in uno dei suoi capolavori, una scena così l'aveva fatta. Aveva finto il suicidio, la sua bella era tornata da lui, e via alle porcate sul letto di ospedale. Madre de Dios avrebbe funzionato anche col bel prete, ne era certo! « Damme quel boa, Jo, non mi far incazar. » Juanita, però, sembrava non aver capito il suo estro diabolico. Lo fissava seria, con un mestolo sporco di cioccolata tra le mani. Lo terrorizzava quando faceva così. Eppure, col meraviglioso sguardo di tenebra di Mario ad animare i suoi pensieri, Jo aveva trovato il coraggio per rispondere... « ...No. » Nulla avrebbe potuto fargli del mare di fronte al suo coraggio ed il suo cuore puro. [...] Al pronto soccorso, alla fine, c'era arrivato sul serio. Il fatto è che c'era arrivato con le unghie finte di Juanita conficcate sulla faccia. Tutto regolare. Era stato lì, proprio in ospedale, sommerso dai palloncini a forma di pene regalatogli dalle sue fan, che Jo aveva avuto l'illuminazione divina. ...No, non Gesù, quello è clichè! L'aveva capito. Aveva capito che se era riuscito a rischiare l'armageddon (=Juanita incazzata) con così tanta facilità, per lui, allora era destino: doveva conquistarlo. E sarebbe riuscito a farlo.

    Il tempo era passato, prima di quanto non si aspettasse. E Jo, impossibile da credere!, era diventato un uomo casa e chiesa. Beh il tragitto lo fotteva sempre, ma dettagli. Non aveva smesso di frequentare la piccola e modesta parrocchia, neanche se la situazione si faceva sempre più strana, e don Mario sempre più irraggiungibile. E bonito. Vi si era recato con nonno Yanira, qualche volta, che lui in fondo di chierichetti se ne intendeva, e anche in quel caso, aveva capito che il bel prete era l'uomo giusto per lui. « Amor de mi vida, por quale santa ragione non gli hai ancora entrato los manos ne li pantalones? » Aveva chiesto quella volta, scostandosi le lunghe extension bionde da un lato del collo all'altro, ed aveva continuato a chiederlo per tutte le volte a venire. « Es un hombre de Chiesa, dice. » « Los hombres de Chiesa sono i più maiali a letto. Cosa ti ho insegnado amor? Non farme incazar quanto QUELLA VOLGAROTTA CON UN VESTITO GIALLO EN UNA CHIESA VERDE! ES MODO ESTO DE VESTIR? » Normale amministrazione. Eppure nonno Yanira aveva ragione. Ci aveva pensato su quella volta in cui aveva preso a colpi di tette rifatte la povera signora Fernandez, e ci aveva pensato per i giorni seguenti. Agli uomini di chiesa è proibito tutto ciò che c' è di più bello a questo mondo. Ed il proibito eccita. Quindi contava soltanto questo, non arrendersi. Continuare ad essere quell'eccitante proibito che avrebbe reso gli incubi del ben don Mario decisamente molto più caldi. E l'aveva fatto, Jo. Aveva continuato a farlo nonostante per i primi tempi, dall'altra parte, avesse ricevuto solo negazioni. Per i primi tempi, appunto. Qualcosa stava cambiando, come le stagioni che scorrevano. Il tempo cambiava, e loro cambiavano. Strano a dirsi, ancora più difficile da credere!, ma più i mesi passavano, più il sentiero invalicabile che lo separava dal bel prete sembrava sempre più spianato. Che la sua tattica di conquistadores stesse giungendo ad una svolta? Non lo sapeva, ma sicuramente ci sperava. E continuava a sperarci ogni giorno passato ad inventarsi sempre più scuse per insidiare i pensieri puri del prete. Ormai era diventato un mantra così radicato, il suo, da trascurare persino il lavoro. Ti sta cambiando, aveva detto un pomeriggio d'estate Juanita, scopi mucho di meno. Ti sta cambiando sul serio. E forse aveva ragione. Era strano, non gli era mai successo di desiderare così ardentemente qualcuno. Succedeva così e basta. Di uomini, seppur in maniera oltremodo segreta, ne erano passati tanti dal suo letto. Non era di certo una già avvenuta scoperta della sua bisessualità, il problema. La verità è che non c'era decisamente alcun problema. Non era un problema il modo in cui lo sguardo indiscreto del cubano setacciava ogni angolo della tunica del prete. Non era un problema come la notte non riuscisse a dormire, intento per com'era a pensarlo. Non era un problema quel desiderio sempre più forte, sempre più radicato, che gli bloccava l'appetito. E non solo quello culinario. La svolta, infine, era arrivata. Un invito, proprio da parte di don Mario, proprio in Chiesa. Juanita aveva urlato per ore, quando le sue dita perfettamente smaltate avevano aperto la bustina. Chiaramente, lo sapeva già da prima, perchè lei non era mica una pettegola. Ma ricevere l'invito ufficiale, diciamocelo, era tutta un'altra storia! Così quella sera, perfettamente impacchettata nell'abito giusto per l'occasione ("el reggicalze è adatto por la parrocchia dici, amor?") aveva preparato ogni cosa. Comprese mutande pulite e ben stirate per Jo e preservativi perchè non si sa mai. E quindi infine, eccoli. O meglio, eccolo, Joaquìn. Seduto a quella tavolata, in mezzo a Carmencita e Dolores, e di fronte...Lui. L'ha osservato per tutta la sera, senza staccargli gli occhi di dosso neanche di fronte ad un piatto di tortillas ancora fumanti. C'è qualcosa di diverso, lo sa, lo percepisce. E non è certo il modo in cui Jo lo spolpa con quel suo sguardo magnetico e senza ombra di dubbio indiscreto. Non è nemmeno il modo in cui si morde il labbro inferiore tutte le volte in cui gli va di farlo, per attirarne l'attenzione. ..No. Ciò che c'è di diverso sta nel fatto che don Mario, quelle attenzioni, gliele sta dando. Risponde ai suoi sguardi, ricambia talvolta i suoi sorrisi, gli ha persino sfiorato la gamba. Alza lo sguardo verso Juanita, alle spalle di tutti intenta a dettar legge per portare in tavola le più disparate pietanze. La donna lo ricambia, sussurrando informazioni che, da quella distanza, gli è impossibile ascoltare. Ma non si dà per vinta, Juanita, lasciandosi andare in gesti decisamente poco puliti per poi far finta di niente, aggiustandosi il seno non appena lo sguardo del vescovo è su di lei. « Senor Fernando, con permesso. » E' a quel punto, che l'attenzione del cubano ritorna dove deve tornare. Segue con lo sguardo l'uomo, che sguscia attraverso la tavolata, probabilmente diretto ai bagni. Ma non è questo il punto. Il punto è quella occhiata, quell'ultima benedetta occhiata. Lo penetra nel profondo, tanto da risvegliarlo completamente. Si sente il sangue ribollire nelle vene, ed improvvisamente ha caldo come in un pomeriggio d'Agosto. E allora, senza nemmeno rendersene conto, si alza. Si alza così improvvisamente, strisciando la sedia per terra, che in pochi attimi lo sguardo di tutti i commensali è su di lui. Si sente giudicato, si sente osservato, ma sa già che non gli importa. « ....E' ARRIVATO EL DOLCEEEEEEEE! » La voce squillante di Juanita è la sua ancora di salvezza. In pochi istanti, la bella cubana è già pronta a distrarre i presenti con il suo senso traballante e la sua teglia di majarete tra le mani. Non indugia oltre, Jo. Le sue gambe si stanno già dirigendo spedite verso l'androne della chiesa. Si guarda attorno, percorrendo quei corridoi come un toro che ha appena visto il colore rosso. E l'ha visto davvero, il toro di l'Avana, l'ha visto nella meravigliosa ed apollinea figura di Don Mario. Si guarda attorno, cercandolo con lo sguardo ed è allora che lo scrosciare dell'acqua attira la sua attenzione. Sei quì. Si dirige a passo svelto verso il bagno ed una volta entrato, si richiude la porta alle spalle. « Padre. » La sua voce è simile ad un ringhio graffiante. Dentro di lui, un tripudio di emozioni. Passione, desiderio, eccitazione. « No puedo più aspettar. » Sibila, avvicinandosi a lui.
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    « Non voglio più aspettar. » Ed a quel punto si getta in avanti. Il toro si avventa sull'oggetto della sua passione. Non gli dà tempo per scappare, dire o fare null'altro. Lo spinge contro il lavandino, incastrandolo con la propria mole. Ogni muscolo del suo corpo guizza, in tensione, mentre l'adrenalina sale. Gli scorre attraverso le vene e irrora ogni suo tessuto, in un'esplosione di..tutto. Percepisce ogni emozione, una ad una, in un tripudio sensazioni. E allora alza le mani, che vanno a poggiarsi sulle guance barbute dell'uomo. Gli immobilizza così il video, e vi si avvicina. Si impossessa delle sue labbra con foga, senza chiedere alcun permesso. E' sbagliato, potrebbero scoprirli da un momento all'altro ed entrambe le loro vite sarebbero rovinate per sempre. Ne vale davvero la pena? Sì, sì e ancora sì. Quindi ingloba la sua bocca con la propria, assaporandone il gusto proibito ed umido. Le sue labbra sanno di tutto ciò che di buono conosce. Il peccato possiede un proprio sapore, a quanto pare, ed è un sapore afrodisiaco. E ne vuole di più, Jo, ne vuole sempre di più ed è per questo che scava dentro di lui con la lingua, in quel bacio sempre meno casto. Sempre più peccaminoso. Invasivo. E mentre lo bacia, le mani vagano lungo il suo corpo, setacciandone i muscoli delle braccia e del petto. Li sente reagire sotto il suo tocco, guizzare al suo richiamo. Il richiamo del suo desiderio, del loro desiderio. Ed è proprio quel desiderio che lo conduce ad osare di più, sempre di più, sino a scendere al suo basso ventre. Perchè Joaquìn Diàz non si è guadagnato il titolo di uomo più focoso di L'Avana per corruzione o fortuna. Se l'è guadagnato a buon motivo. Ed a buon motivo lo vuole, lo vuole da fin troppo tempo, e non può più aspettare. Quindi, mentre continua ancora ad insinuarsi attraverso la sua bocca, con dita frenetiche gli slaccia la cintura dei pantaloni, sfilandola per lasciarla cadere a terra. Sbottona i pantaloni alla meno peggio e una mano si insinua lì, proprio lì. « Heilà. » Un sorriso che ha del malizioso si profila sul suo volto, mentre sospira sulle labbra di lui. Riprende respiro, i grandi occhi scuri fissi sul suo bel volto. « Sei uno spreco per la chiesa. » Sibila, soffiandogli sulla pelle. Lo bacia sul viso, sulla mascella, sul collo, per poi risalire all'orecchio e pizzicarlo coi denti. La mano nel frattempo vaga in quei territori inesplorati, analizzandoli con una certa foga, ma maniacale minuzia. Lo percorre interamente, prima di accennare un movimento. E poi un altro ed un altro ancora. « Un grande e grosso spreco. »
     
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  8. @mariopellegrino
         
     
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    Cosa sto facendo? Tre semplici parole che si ripetevano come una cantilena nel tragitto che portò il parroco lontano dalla festa che lui stesso aveva organizzato e lontano dagli occhi degli astanti che sentiva sulla propria pelle, riflesso di una coscienza macchiata: come se tutti loro sapessero ciò che neanche Mario era riuscito a metabolizzare completamente. Lontano dai suoi occhi che più di tutti sentiva, come carezze sul proprio viso e tutt'altro che dolci. Per tutto il tempo della cena, gli era parso di sentire più la lussuria negli occhi di Joaquìn Diaz che lo stesso sapore del cibo che aveva mangiato, gentilmente preparato e servito da uno sciame indaffarato e instancabile di perpetue e comari di quartiere. Era talmente sfacciato, l'atteggiamento dell'attore, che probabilmente chiunque se ne sarebbe potuto accorgere se avesse prestato la giusta dose di attenzione o se anche solo gli fosse stata messa la pulce nell'orecchio. Non che ci fosse chissà che da sospettare: il più etero degli attori e il più casto dei servi di Dio, messi l'uno di fronte all'altro, cos'avrebbero potuto fare di così sconveniente se non guardarsi? Guardarsi e riguardarsi ancora. Ironico, dal momento che non c'era stato nulla di etero nello sguardo da predatore di Joaquìn e niente di casto in quello di Mario. Neppure si era accorto, il giovane italiano, di aver ricambiato gli sguardi del cubano quasi con la stessa insistenza, badando poco alle chiacchiere del signor Fernando e ai suoi mille aneddoti sui tempi che furono. Aveva annuito per tutto il tempo, aveva sorriso quando gli sembrava ci fosse da sorridere e riso quando credeva che il vecchio avesse detto qualcosa di più divertente del solito, senza però veramente ascoltarlo. Sorrideva e guardava lui, rideva e guardava lui, con più sicurezza e più sfacciataggine ad ogni sorso del buon vino che aveva scelto per l'occasione. Cosa sto facendo? Stava rischiando. Era stata proprio la sua famiglia ad insegnarglielo: è il rischio il prezzo da pagare per ottenere qualcosa che sia di valore, siano essi soldi, prestigio o potere. Certo, don Rocco Pellegrino non avrebbe mai pensato che il suo primo nipote avrebbe preso i suoi insegnamenti per utilizzarli nel più strano dei modi. Non soldi, non prestigio o potere ma un uomo, tutto ciò che non posso avere, sotto gli occhi di chi non mi permetterà mai di averlo. C'era qualcosa di estremamente eccitante nell'avere così vicino l'oggetto del proprio desiderio e, pochi posti più avanti, il proprio superiore. Quell'eccitazione la sentiva ancora, palpabile e rovente nel petto, mentre camminava trafelato nel corridoio verso il bagno. Cosa sto facendo? Virò velocemente a destra, superò l'anticamera e si gettò dentro il bagno, parandosi di fronte al lavandino e guardandosi attentamente allo specchio. L'uomo che ricambiò il suo sguardo non era il don Mario che la parrocchia aveva imparato a conoscere e a voler bene: occhi neri come carboni ardenti bruciavano di fuoco vivo, un desiderio ardente come il sole del sud Italia. Don Mario era pacato, gentile, a tratti ironico, con idee sempre grandiose ma finalizzate al bene. Don Mario era il prete che aveva aperto un account su Instagram e lo riempiva pian piano di foto - belle foto - della propria chiesa, del quartiere, della comunità, di bambini sorridenti che giocano sul ciglio della strada di donne anziane che prendono il fresco all'ombra del campanile, di propri autoscatti sorridenti. Don Mario, lo dicevano tutti, era un prete rispettabile, un brav'uomo, una vera anima pia. L'uomo davanti allo specchio non era don Mario. Mariano Pellegrino si destò da un sonno in cui era rimasto per anni, non veramente addormentato quanto più sopito, probabilmente per la noia che la piatta vita ecclesiastica gli aveva suscitato. Mariano Pellegrino era nato nel lusso, cresciuto tra la violenza per guidare un clan camorrista: aveva buttato al vento il proprio futuro, il proprio avvenire, le proprie certezze.. ma rimanendo comunque lo stesso ragazzo fatto di fuoco e terra. Era solido, Mariano Pellegrino, come il Vesuvio tanto amato e alla stessa maniera nascondeva in sé una profonda potenza distruttrice per sé e per gli altri. Don Mario, forse, si sarebbe potuto accontentare di una vita umile votata al servizio degli ultimi e dei più deboli ma Mariano era un ragazzo che sognava in grande e voleva tutto. E allora cosa sto facendo? Cosa sto facendo della mia vita? Non sentì neppure il bisogno di voltarsi, inizialmente, quando la porta del bagno si aprì rivelando la presenza di Joaquìn.
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    Neppure se ne stupì, non l'aveva invitato a seguirlo eppure l'aveva fatto lo stesso. Con uno sguardo che aveva voluto dire tutto e niente, si era fatto seguire come una sirena che canta e attira a sé i marinai, affamata di loro. Così si sentiva Mariano, così poco prete e così tanto uomo, con una vita che per una sera gli sembrava più stretta del collare bianco che gli circondava il collo. Cosa sto facendo? Lo scoprirò domani.

    « Padre. » La voce roca del cubano gli fa vibrare corde sensibili e intime, come solo la mano esperta di un musicista saprebbe fare. Percepisce l'aspettativa nella sua voce e il desiderio e l'impazienza. Non sei qui per caso, non sei mai stato qui per caso. No, Joaquìn era lo stesso di sempre, onesto e coerente fino alla fine, un predatore a caccia. Diverso era la sua preda, così poco mite rispetto al solito, così poco restia a scappare. « Senor Diaz. » Lo guardò ancora attraverso il riflesso dello specchio, prima di voltarsi verso di lui, una montagna di muscoli e testosterone avvolti da indumenti troppo stretti. Si mosse di un passo e Mario fece altrettanto, verso di lui. « No puedo più aspettar. » No, neanch'io. « Non voglio più aspettar. » No, neanch'io. Ricordava come si era sentito nei tre mesi che avevano seguito la conoscenza con uno degli attori più affermati della pornografia cubana: come un soldato che, in campo di battaglia, calpesta una mina. Ne aveva sentito la consistenza sotto la suola della scarpa e una serie di brividi freddi gli avevano urlato, per settimane, che se solo avesse osato fare un passo, uno qualunque - fosse avanti o indietro - sarebbe finita nello stesso identico modo: in aria. Era successo, infine. La mina era esplosa. Il fragore della detonazione gli rimbombò nelle orecchie e, come innumerevoli onde d'urto, si propagò nel resto del corpo quando Joaquìn gli si avventò contro: petto contro petto, bocca contro bocca. A malapena ricordava l'ultima volta che aveva baciato qualcuno, tanto aveva preso sul serio i voti di un percorso che neppure aveva mai desiderato. Ci si era immerso, immedesimatosi come un attore sul palcoscenico e spronato dalle belle parole dei fedeli, che lo rinvigorivano come applausi dal pubblico. Solo con le labbra di Joaquìn sulle proprie, però, sentì nettamente il peso della mancanza. Gli era mancato, tutto quello, come ossigeno dopo un'apnea interminabile: gli era mancato sentire il calore di un corpo che non fosse il proprio contro di sé, le labbra umide contro le proprie, sapori sconosciuti, odori e profumi che col passare dei secondi divengono familiari, la consistenza della lingua di qualcuno che suscita in te tante, troppe emozioni. Nessuno si sarebbe stupito nel constatare la foga del cubano nell'approcciarsi a quello che nei mesi era diventato un sogno proibito, ma di gran lunga più sbalorditivo sarebbe stato il notare come il prete non si tirò indietro, neanche per un secondo. Afferrando il colletto della camicia del moro, anzi, lo attirava a sé per farsi baciare più profondamente, farsi toccare più a lungo. Chiuse gli occhi mentre le grandi mani di Joaquìn, calde e forti come le aveva immaginate, abbandonavano il suo viso per scendere al petto, accarezzargli le braccia e varcare quindi dei confini ai quali prima d'allora non l'avrebbe neppure fatto avvicinare. Ma la cintura cadde a terra, i pantaloni vennero aperti e ancora nessun blocco arrivò da parte del prete. Non ti fermerò stasera. Non ci riesco. Aveva bisogno di lasciarsi andare, di farsi toccare e di sentirlo insinuarsi, proprio lì. « Heilà. » Ancora ad occhi chiusi, sorrise compiaciuto sfiorando appena le labbra dell'altro. Toccami. « Sei uno spreco per la chiesa. Un grande e grosso spreco. » Si arpionò con entrambe le mani sul lavandino mentre Joaquìn, forte della propria esperienza, come un pianista toccava i tasti giusti per far vibrare il corpo di Mario sotto i suoi baci, uno alla volta. Proprio mentre la mano, più in basso, iniziava a regalargli un piacere che quasi aveva dimenticato: il proibito ha tutto un altro sapore. Lo attirò a sé con una mano sulla sua nuca per baciarlo ancora, divorandogli le labbra insaziabili, e sprofondando così nei suoi occhi grandi. C'era così tanto, in quegli occhi, che ancora non riusciva a leggere e che col tempo avrebbe imparato ad amare: in quel momento, tutto ciò che vi trovò fu fame, desiderio e complicità. « Ricordamelo allora. » sussurrò, con la malizia propria del serpente tentatore e non del progenitore a cui l'Eden era stato donato. Il frutto del peccato ormai era stato mangiato, poteva quasi sentirlo il peccato originale scorrergli nelle vene. Dal petto, risalendo sulle braccia, bloccò entrambe le mani sulle sue spalle per invitarlo ad abbassarsi. Inginocchiati, figliolo. Prega con me. « Fammi vedere cosa mi sto perdendo. Fammelo sentire. » Si strappò senza esitazione il collarino bianco, per farlo cadere sul pavimento lucido del bagno. Fammi peccare.
     
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  9. joaqueen
         
     
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    La carriera, per Joaquìn Diàz, significava tutto. Nato in una famiglia con degli ideali ben precisi -seppur piuttosto..discutibili- era cresciuto con un solo, unico obiettivo: spiccare. Spiccare tra la folla, spiccare tra le mille chiacchiere di quartiere. Farsi un nome, farsi notare, crearsi una vera e propria nomina, da tramandare ai posteri dei posteri. Certo, una nomina nel porno, ma pur sempre una nomina. A dirla tutta, il sogno di Jo non era mai stato quello. Non era mai stato farsi conoscere per le sue grosse doti innate. Voleva fare l'attore, uno di quelli rinomatissimi, da Hollywood in canna! Voleva vedere la sua faccia sulle scatole dei cereali, ed il suo nome in tutte le liste dei vips più sexy del pianeta. La carriera nel porno, era venuta da sè. Letteralmente. Aveva iniziato in quell'ambito con la prospettiva che chissà, forse un giorno sarebbe riuscito davvero a spiccare, per come aveva sempre desiderato. E diciamocelo, quella dura scalata per raggiungere il successo, non era poi così dura. Di duro c'era ben altro, ma questi son dettagli! Quindi Jo si era limitato in tutti quegli anni a..vivere. Prendere la vita così come veniva (di nuovo, letteralmente) e sfruttarla al meglio per riuscire ad avvicinarsi sempre di più al proprio obiettivo. Ma una cosa era certa, senza ombra di dubbio alcuno: in quella salita, Joaquìn Diàz non poteva permettersi alcuno sbaglio. Quello era un mondo complesso, che era riuscito a comprendere solo dopo svariato tempo. Il successo, la fama, erano cose che andavano guadagnate, e per guadagnarle, bisognava stare attenti. Fare dei sacrifici, talvolta, limitarsi a ciò che il pubblico voleva vedere. E questo aveva fatto, Jo, era diventato ciò che il pubblico voleva vedere. Che fosse il toro di L'Avana, su questo non v'erano dubbi. Passionale lo era sempre stato di suo, dopotutto. Ma che fosse il toro di L'Avana più etero che esistesse, ecco su quello c'era qualche piccolo dubbio. Non era omosessuale, Joaquìn, era semplicemente..Innamorato della vita. Amava ogni sua sfaccettatura ed odiava, odiava davvero con tutto sè stesso vivere secondo dei concetti prefissati. Era costretto a farlo, è vero, ma non è detto che in fondo, lontano da occhi indiscreti e voci pettegole, non fosse ben diverso dall'idea di sè che aveva sempre donato a chiunque lo conoscesse. Ciò nonostante, quel suo mondo, mai avrebbe dovuto interferire. Quel suo mondo era sempre rimasto nascosto, seppur Jo di segreti non ne fosse mai stato capace a mantenere. Quel suo mondo era pericoloso. Era bello, madre de Dios era fantastico!, ma dannatamente insidioso. Pronto a porre un ostacolo invalicabile di fronte a quel cammino che ormai da anni ed anni Joaquìn Diàz aveva iniziato. Eppure...Beh, eccolo quì. Mario rappresentava quell'ostacolo. Il bel prete della piccola parrocchia era il pericolo che avrebbe potuto buttare giù tutte quelle fondamenta che sino ad allora si era costruito da sè. Joaquìn Diàz, il toro più scatenat di L'Avana, gay. Beccato con un prete, in atteggiamenti ben poco religiosi. Già riusciva a vederli i titoli sui giornali. Già riusciva a vederle le facce di tutti i suoi conoscenti, di tutti i suoi fans, persino di Carmelita! Cosa avrebbero pensato di lui? Cosa ne sarebbe stato della sua carriera? Della sua reputazione? E Mario, che sarebbe successo a Mario? La scomunica, la dannazione eterna, la lapidazione in piazza? Non lo sapeva. Non sapeva come funzionavano queste cose e, cosa peggiore di tutto, al momento poco gli importa. Poco gli importa mentre la sua mano continua a muoversi attraverso la biancheria intima di lui, percorrendolo in quei movimenti più che sapienti. Avvolgenti, fluidi, attui a donargli un piacere intrinseco. Lo vuole, si vogliono come due uomini come loro non dovrebbero fare. Eppure lo fanno comunque. Eppure continua a cercare le labbra di lui, insaziabile, accompagnato dalle mani dell'altro, forti e bollenti, a stringergli il colletto come per non lasciarselo scappare. E no, non scapperà Joaquìn, non scapperà affatto. Non scapperà perchè quell'uomo è ciò che vuole più di ogni altra cosa in questo momento. E' ciò che gli piace. Ed è bello infatti Mario, è dannatamente bello. Con quei suoi riccioli di mogano, quei suoi occhi scuri e magnetici, e quella barbetta curata ad incorniciargli il viso. E' bello in quel suo corpo statuario, che proprio non riesce a toccare e tastare con la mano libera, ed è bello nel modo in cui sorride, godendo del suo tocco proprio . Sa dove andare a parare, Jo, lo sa eccome. Lo sa per via del suo lavoro, lo sa grazie alla sua esperienza, ma più di ogni altra cosa lo sa perchè è piacere, ciò che vuole dargli. E' tutto quel piacere che in tutti quei mesi ha dovuto tenere nascosto, bloccato dai rifiuti dell'altro. E' tutto quel piacere che il prete, nel buon nome della sua posizione, è stato costretto a negarsi fino a quel momento. E' ciò che avrebbe voluto fare sin dal primo giorno in cui l'ha visto. E' ciò che avrebbe voluto fargli, ma che non ha potuto. Ciò che si è limitato ad immaginare, da solo nel suo bagno, nella sua doccia, nella vasca o in camera da letto. Ma adesso è lì, adesso sono lì entrambi, e Jo ha bisogno, Jo vuole dimostrargli tutto questo.Hai visto cosa ti sei perso sino ad ora? Vedi cosa ti sei negato? « Ricordamelo allora. » La voce di lui è ridotta ad un sussurro roco, carico di una malizia ed un desiderio al cubano ben noti, ma che ciò nonostante, lo portano comunque a rabbrividire violentemente.
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    Perchè lo sente, lo sente quel desiderio. Gli sguscia sotto la pelle, gli scorre nelle vene, irrora ogni suo tessuto ed aumenta ulteriormente quell'eccitazione di fondo che ormai è più che ben visibile. E' eccitato, Jo, e lo è in senso fisico e metaforico. Tutto quel desiderio che gli rimonta dentro spinge contro le pareti del suo autocontrollo, prossimo all'esplosione. Vuole di più, e lo vuole adesso. Le mani del prete vagano lungo il suo corpo, prima di poggiarsi sulle sue spalle. Esercita una leggera pressione e Jo lo lascia fare, inginocchiandosi per terra, proprio di fronte a lui. « Fammi vedere cosa mi sto perdendo. Fammelo sentire. » Lo vede strapparsi via il collarino bianco, per farlo ricadere a terra. Lo osserva per qualche istante, poi torna a guardarlo, dal basso verso l'alto. Un sorriso che ha del malizioso gli dipinge il viso barbuto a quel punto, mentre l mani vagano già su di lui, a sbottonargli ulteriormente i pantaloni. Gli abbassa i pantaloni quel tanto che basta, e poi i boxer, fino a scoprire completamente il centro del suo desiderio. Di nuovo sorride, mentre si passa la lingua sulle labbra, in un gesto ambiguo e ben poco casto. « Se avrò ragione, cosa me darai en cambio? » Asserisce dunque, lanciandogli un'ultima occhiata prima di avvicinarsi. L'ha sempre trovata un'esperienza mistica, quella. Una modalità dell'arte amatoria forse superiore a qualsiasi altra cosa. Si gode nel farla e nel farsela fare. Si gode nel sentire i gemiti dell'altro, mentre lo si possiede in quella maniera tanto particolare, tanto diretta, tanto intima. Si può percepire ogni cambiamento, ogni sussulto, ogni brivido. E Jo sente ogni cosa, in quel momento. Sa che potrebbero scoprirli da un momento all'altro, sa che ogni cosa potrebbe andare a puttane da un momento all'altro, ma ciò non lo ferma. No, non lo ferma affatto. Inizia lentamente, stuzzicandolo con la lingua, per poi andare avanti sempre più coscientemente, sempre più deciso. Sono movimenti fluidi, coadiuvati, che accompagna con l'ausilio della mano destra, per provocare qualsiasi suo punto più debole. Lo percorre sinuosamente, lo accoglie interamente, lo avvolge con le dita e con le labbra. Ogni movimento è attuo a far esplodere tutto quel piacere, tutto quel desiderio che per mesi e mesi si sono negati. Vuole la sua dimostrazione di quanto ciò che gli sta facendo è stata desiderata, in tutto questo tempo. Vuole la sua dimostrazione di quanto lo voglia, di quanto lo brami, col corpo e con la mente. La parte più sadica di sè vuole che li sentano. Potrebbe silenziare la porta da un momento all'altro, Mario non se ne accorgerebbe, distratto per com'è. Ma non gli va. L'eccitazione dell'esser scoperti, la costrizione nel trattenersi per non farsi sentire.. E' tutta un'altra storia. E diciamocelo, c'è una leggera punta di sadismo in quello che fa. C'è una leggera punta di sadismo nel modo in cui non si trattiene, seppur dovrebbe, per evitare che riescano a scorgerli, dall'altro lato della porta. No, Jo non è fatto per questo. Jo vuole sentire ogni cosa. Ogni minimo sospiro, ogni gemito, ogni parola sussurrata. Vuole tutto questo e lo vuole subito, adesso, e allora ogni cosa si intensifica, con un solo ed unico intento. Farlo impazzire.
     
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