Join us

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. ultra|violence
        +1    
     
    .

    User deleted


    Un'infima creatura, uno scarafaggio, scarto della società.
    Sono tutti appellativi che si addicono magnificamente, che nella loro semplicità sono in grado di descrivere in maniera diretta e cruda la vera essenza del ragazzo. Un avvoltoio, che si nutre dell'orrore che lo circonda, che attende paziente il proprio turno a quel banchetto di corpi ed anime condannate. L'ennesimo grido infrange il silenzio, rischiara la notte eterna che li avvolge tutti, imprigionandoli lì, in quella trappola per topi. Cosa sono, se non dei ratti? Il loro cervello lavora allo stesso modo, nessuno di loro è capace di liberarsi, di scappare, la loro sorte è già scritta, non resta che attendere. Tutto attorno a sé profuma di profonda paura.
    ebe4b0539c280e03198e3ffb51f2637e
    Il volto del serpeverde si distende in un macabro sorriso, i denti perlacei illuminati dalle fiamme dell'enorme torcia che tiene in una mano, mentre l'altra impugna saldamente la bacchetta, sua fidata compagna, tende l'orecchio alla sua sinistra mentre l'eco dei passi si dissipa lentamente. E' strano come le persone reagiscano in maniera del tutto differenze a situazioni del genere. Qualcuno finisce per soccombere, annientato più dalla paura che dall'evento stesso, scavato dal rimorso, sbranato dall'angoscia che qualcosa di terribile sta accadendo e che nessuno è in grado di fermare la sua avanzata.
    Ma Kurtis Marshall non è uno dei tali, lui si bea di quella situazione paradossale, i suoi occhi scattano, vispi, alla ricerca del momento adatto. Come un camaleonte, il ragazzo si adatta e ne approfitta. Fra le decine di vittime chi sarà mai in grado di capire chi o cosa ne ha mietuta una in più? Si serve del clima di assoluto terrore per nascondere le sue innocenti marachelle, per liberare la propria furia, oltrepassare l'impercettibile soglia del buongusto, celarsi agli occhi dei perbenisti che fingono scandalo davanti ai suoi atti di potenza.
    Segue il ritmo incalzante di quei passi che l'hanno condotto in cortile, come l'armoniosa sinfonia che si ripete nella sua testa quando la molla scatta e il suo cuore accelera, e quell'irrefrenabile urgenza lo pervade, rendendolo cieco alle verità che lo circondano. Sordo all'orrore da lui prodotto. Quando gli capita, quando il suo istinto primitivo prende il sopravvento, nella sua testa una musica inonda ogni cosa. Dapprima adagio, arriva in maniera calma e gli annebbia i sensi, offuscando la sua capacità di agire secondo ragione. Poi un cambio di ritmo, tenuto, moderato. Il suono degli archi fibrilla nelle sue orecchie, i corni suonano, solenni. E un cambio ancora, rapido, come i suoi piedi che divorano il gran velocità lo spazio che lo separa dalla fonte del rumore. Rasch. Avanza ancora, nel cuore dell'oscurità, le ombre danzanti disegnano figure astratte fra gli archi di pietra dell'antico cortile. E stop. Il silenzio piomba, davanti a lui i capelli corvini della preda vengono scossi dal vento freddo. « Non dovresti girare per il castello da solo.» dice, salendo sul piccolo muretto dell'ultimo grande arco. Lo vede trasalire, nel voltarsi d'improvviso e fissare i suoi slavati occhi cerulei in quelli scuri come la pece del serpeverde. « Porcatroia che spavento...» La sua voce è irritante, stridente, non combacia con l'immagine che si è fatto dell'individuo quando l'ha visto, qualche ora prima. Gli sorride, in alto la torcia per guardarlo meglio in viso. Lo sente già, lo squittire della sua voce, fra pochi minuti riecheggerà fra le volte di pietra, ma le sue urla non saranno né più né meno di quelle che circondano il castello. Un grido che rimarrà muto, che non mobiliterà nessuno. « Non era mia intenzione» si scusa, Kurtis, fingendosi dispiaciuto dell'accaduto «Ma è pericoloso, qui fuori.» I suoi occhi scrutano attentamente il viso appuntito del ragazzo, un ghigno si dispiega sul suo volto rilassato, mentre negli occhi dell'altro si insinua il dubbio. « A me sembra tutto tranquillo» dice, saccente l'altro accendendosi una sigaretta e lasciando uscire il fumo dalle proprie labbra sottili « ma amico, se tu hai paura tornatene dentro» commenta, mentre una risatina squillante fuoriesce dalla sua gola magra. Sospira, il serpeverde, lasciandosi sfuggire a sua volta una mezza risata, gutturale, irritata. La torcia cade dalle sue mani, scrolla le spalle spioventi mentre mette a posto la bacchetta nella tasca posteriori dei pantaloni. La musica torna ad avanzare, in un rush che non frena, ma che accelera e accelera, fino a schiantarsi. « HO DETTO CHE E' PERICOLOSO!» questa volta le parole gli escono fuori in maniera violenta, urlate in faccia al ragazzino la cui espressione tramuta. La sua arroganza diventa stupore, e quando le mani robuste del serpeverde gli agguantano le braccia, un'espressione di terrore gli si dipinge sul volto. « Che cazzo fai...» le parole gli muoio in gola, mentre la fronte di Kurtis, alto dieci centimetri buoni più di lui, si scaglia contro la sua, come l'incudine sul martello. Lo scontro è forte, tanto che il serpeverde sente rigarsi la fronte di sangue. Lo tiene ancora per le spalle quando lo colpisce con un'altra testata, e poi un'altra ancora, fino a quando la sua fronte brucia e quella del ragazzo è ridotta ad un quadro davvero disgustoso. Lo lascia andare, mettendolo in piedi giusto il tempo per vederlo crollare, scivolare sul pavimento di fredda pietra nuda come una foglia secca.
    Mentre un rivolo di sangue fresco scorre verso l'angolo delle sue labbra, infilandosi in quell'insenatura e andando a macchiargli la bocca, il serpeverde gli si accovaccia di fianco, rimanendo in equilibrio sulle gambe piegate. « Perché cazzo non ascoltate mai?» domanda, mentre con entrambe le mani prende leggermente a schiaffi le guance insanguinate del ragazzo. Gli sfila dalla tasca della giacca il pacchetto di sigarette e, una volta alzato, gli calpesta la mano serrata attorno all'accendino con il piede destro. « Avanti, non fare lo stronzo...» dice, parlando ormai da solo, dal momento che la figura che giace ormai per terra non sembra più propensa a parlare. La sua personale sinfonia si è conclusa, ma attorno a lui qualcosa si muove. Si accende una sigaretta, aspirando profondamente, fino a riempirsi i polmoni di quella merda. E poi butta tutto fuori, contro il freddo di quella notte perpetua. Si cala per riprendere la sua torcia, ormai spenta, avvicina la fiamma dell'accendino all'estremo ormai bruciato, per poi puntarla verso la figura che rimane in silenzio nell'ombra.
    « Vuoi una botta anche tu?» domanda, con un sorrisetto beffardo ad incurvargli le labbra.
     
    .
  2.      
     
    .
    Avatar

    - Ho un nuovo amico
    - Vero o immaginario?
    - Immaginario


    ★★★

    Group
    Member
    Posts
    194
    Reputation
    0

    Status
    Anonymes!
    Sbarrò gli occhi, Edric, svegliandosi di soprassalto. Le ombre lo avvolgevano, proprio come quando aveva deciso di sedersi contro la dura pietra del pavimento della Sala Grande e si era lasciato vincere dal sonno, necessità imprescindibile perfino per un insonne. Proprio come facevano sempre: una cappa di nero e oscurità era scesa a Hogwarts dalla notte del ballo di Halloween, da quando il cuore di Kingsley aveva smesso di battere. Era stato proprio là, a pochi passi dal punto in cui si trovava, che il preside aveva perso la vita per mano di Beatrice Morgenstern e del suo branco di ibridi maledetti. Covavano demoni dentro i loro corpi umani, ma di una natura assai diversa da quello che si teneva aggrappato con artigli affilati al limtare della coscienza del serpeverde. Lo sentiva scalpitare, in linea con l'umore con cui Edric Sanders si era risvegliato, dopo sole tre ore di sonno.
    (saziami)
    Svegliarsi con la luna storta era capitato a tutti ma a uno come Edric succedeva assai raramente: il suo animo era un laghetto placido lontano dai malumori del vento. Dice la fisica che un corpo resta nel suo stato di quiete finché una forza esterna non agisce mutandone lo stato e così era Edric, così il suo cuore che batteva solo per pura necessità fisiologica. Non avrebbe provato nulla se non si fosse circondato di persone capaci di provare qualcosa, la rosa di emozioni di cui il ragazzo da sempre era stato patologicamente carente: proprio come in un laghetto placido, ci si può specchiare e Edric avrebbe donato agli altri un riflesso. Non era che uno specchio e così il suo Passeggero, la variabile, l'incognita. Capitava di tanto in tanto che quella presenza effimera che gli abbracciava lo spirito riuscisse a plasmare una sorta di abbozzo emotivo, un aborto che dava al giovane schizofrenico una parvenza di sensazione. Era stato così la notte del ballo, quando per convergenza degli astri e chissà quale altra diavoleria mistica il Passeggero - qualunque fosse veramente la sua natura - si era ritrovato ad essere più forte, più presente, più influente; così era quel giorno, quando Edric si svegliò con un pesante malumore all'altezza dello stomaco, una frustrazione che gli faceva contorcere le viscere lentamente. Una parte di sé sapeva cosa fosse: era la botta dopo la botta, il senso di vuoto che ti coglie quando hai raggiunto la vetta. Per giorni Edric era stato irriconoscibile, l'ombra maniacale di sé stesso, dal momento in cui si era cibato della verginità di Léo Weasley mandando il suo Passeggero in overdose. Da quando non metteva le mani su un vergine? Merce sempre più rara, proprio come gli approvvigionamenti che la scuola forniva ai suoi figli dimenticati ogni sera, al centro della Sala che il serpeverde presidiava.
    (qualunque cosa)
    Il corpo fresco del tassorosso sotto la sua presa, i suoi lamenti di dolore e i muscoli contratti in risposta ad esso erano stati più di quanto il suo influente amico avesse mai assaporato nei mesi precedenti, riportandolo ad un passato in cui lo stesso effetto glielo sapevano dare solo le anime degli infanti. Ma la magra era tornata e, ancor di più, il rebound di un appetito che era stato saziato più del dovuto. Droga, null'altro che droga: proprio come di emozioni Edric era assetato. Sentiva il Passeggero gracchiare famelico, si sarebbe accontentato di qualunque cosa, un briciolo di violenza ingiustificata, del sesso toccata e fuga. Una morte, magari. Quella stava cercando Edric, camminando silenzioso tra i corridoi del castello, evitando ora scale capricciose e i loro scivoli, ora le armature con alabarde in mano. Ondeggiava col viso rivolto al soffitto di pietra, il cuore batteva tachicardico per reazioni sconnesse e fisiche, null'altro che fisiche. Pallido, freddo, spento come tutto intorno a sé. Avrebbe voluto Artie accanto a sé, ma il suo pestifero compagno di merende era chissà dove ad irretirsi i sensi; avrebbe voluto Maze sotto le sue mani, anche lei avrebbe capito, ma era sparita portandosi via la calma. qualunquecosaqualunquecosa. Una cantilena che gli rimbombava in testa, un'eco che il Passeggero ingigantiva facendolo tremare. Infine, dal nulla, si sentì meglio; il cuore che aveva fino ad allora ruggito divenne il solito tamburellare in sottofondo, i pensieri divennero più chiari e definiti.
    (oh sì sì sì sì)
    E'..
    (violenza)
    Di più..
    (morte)
    Morte.
    L'aveva sentiva su di sé come un presagio, quando le dita salde di Kurtis Marshall avevano afferrato le braccia dello sventurato compagno. Ci si era sentito cullato, in attesa dell'inevitabile epilogo, e ogni colpo inferto dal serpeverde fu una carezza sullo spirito inaridito di Edric, gocce d'acqua su un'ustione. Sassi sul laghetto placido del suo animo, che vibrò di onde concentriche, facendogli di nuovo sentire finalmente l'aria nei polmoni. Quando il corpo esanime dello studente cadde pesante contro la fredda pietra del porticato, tutto tornò tranquillo. Il peggio è passato. Edric rimase fermo, parte integrante dell'ombra che lo avvolgeva in cui solo i grandi e spettrali occhi di ghiaccio risaltavano. Le uniche fonti di luce intorno a loro erano il punto rovente della sigaretta che Kurtis accese, razziata dal corpo ai suoi piedi, e la torcia che investì il cortile di luce e così Edric, pallido come i fantasmi che infestavano i corridoi da giorni. « Vuoi una botta anche tu? » Un mezzo sorriso abbellì il viso emaciato di Kurtis Marshall, malevolo come tutto ciò che li circondava. Avrebbe potuto percepirla anche senza legarsi alla sua mente, la violenza che lo permeava come acqua in una spugna zuppa. Di violenza si cibava perché di violenza era fatto: anime affini. Con un movimento lento e impercettibile, Edric sfilò dalla tasca del pantaloni la bacchetta d'ebano, nera come il suo abbigliamento, e con essa appellò una delle sigarette che afferrò con la mano libera. « Non tentarmi. »
    tumblr_inline_ntgoqj7gqN1qlt39u_250
    Atono, freddo, troppo tranquillo per uno spettacolo che avrebbe fatto inorridire chiunque. Chiunque altro sarebbe scappato: Edric iniziò ad avvicinarsi lentamente al compagno di casata, la sigaretta stretta tra le labbra pallide. Gli si parò davanti e allungò il braccio per affondare le dita tra i capelli della nuca di Kurt, tirandoselo contro il tanto necessario perché la sigaretta che aveva in bocca toccasse quella accesa di lui. La accese, inspirò la prima boccata e lo lasciò andare, sedendosi sul ciglio del muretto che divideva il porticato dal cortile interno. Edric Sanders e Kurtis Marshall non avevano mai avuto eccessive contingenze, quando la vita trascorreva beata e protetta: Edric aveva il suo trio delle demoniche meraviglie e i fratelli del Clavis Aurea e Kurtis.. qualunque diavolo di cosa avesse Kurtis. Eppure, col viso sporco del suo e dell'altrui sangue, fu inevitabile vederlo sotto una luce nuova. « Ti sta bene il sangue addosso. » mormorò allontanando una nube di fumo, senza togliergli gli occhi di dosso. Kurtis aveva la classica faccia da bravo ragazzo a cui Edric avrebbe aggiunto con una certa eccitazione uno o due lividi, ma in lui erano palesi fantasmi che portavano il biondo a chiedersi come sarebbe stato farsene dare da lui, lividi: aveva mani grandi, occhi profondi e tutto il tempo del mondo. Un mutuo scambio. « Lo seppelliamo? » una nota nuova levigo la voce bassa di Sanders, un retrogusto che contrastava con le sue parole. Malizia, la stessa con cui gli avrebbe potuto proporre una sveltina in un bagno o un tiro di cocaina. Un passatempo eccitante con un ragazzo eccitante, per un pervertito come lui.
     
    .
1 replies since 30/11/2017, 19:25   62 views
  Share  
.