I will always find my way back to you

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +1    
     
    .
    Avatar

    Member
    ★★★★

    Group
    Member
    Posts
    752
    Reputation
    +1,013

    Status
    Anonymes!
    Morte, un concetto che non aveva quasi mai sfiorata la giovane tassorosso, rinchiusa nella sua dorata gabbia d'innocenza non aveva mai avuto modo di scontrarsi con una realtà così crudele. L'isolamento di Hogwarts però aveva cambiato tutto, mettendola di fronte ad uno scenario duro fatto di sofferenza e perdita. Nessuno di loro aveva ancora trovato una risposta a tutto ciò, ma molti degli studenti avevano notato che tutto ciò era iniziato nell'esatto momento in cui il preside Kingsley aveva esalato il suo ultimo respiro; imponendo il suo controllo sulla scuola anche da morto. I primi giorni erano stati frenetici, i professori e gli adulti intrappolati avevano cercato in tutti modi una via d'uscita, tentativi che si erano rivelati del tutto inutili. Betty si dedicava agli studenti più piccoli, nonostante fosse terrorizzata, sapeva che loro avevano bisogno di qualcuno che li rassicurasse; che promettesse loro di farli tornare a casa dalle proprie famiglie. Tra tutti i bambini c'era una piccola tassorosso di undici anni, dai folti capelli rossi e vispi occhi color miele, che non abbandonava mai il suo fianco; di notte si raggomitolava contro di lei e Betty non poteva fare a meno di stringerla a sé, proteggendola dagli incubi che sembravano sconvolgere il sonno di tutti. La tassorosso era particolarmente attenta al passare delle ore, ogni sera infatti la sala grande sembrava aprirsi alla stessa, anche se visto il buio perpetuo avrebbe potuto essere anche mattina per quanto ne sapeva lei. In quei dieci minuti che avevano a disposizione per fare provviste aveva avuto modo di assistere a scene degradanti e deludenti. Alcuni studenti infatti non erano restii ad attaccare i propri compagni per aggiudicarsi un tozzo di pane in più, fortunatamente i professori cercavano, la maggior parte delle volte, di far valere la propria autorità; scoraggiando così i più prepotenti. Betty cercava di accumulare alimenti e scorte mediche in egual misura, i feriti erano tanti e spesso gli incantesimi curativi non sembravano essere abbastanza. Il momento della raccolta di viveri era l'unico in cui si allontanava dalla sua piccola protetta Claire, non voleva rischiare che finisse nella ressa che si creava attorno alle provviste. La nascondeva vicino all'ingresso ed entrava veloce nella sala grande, cercando di raccogliere tutto ciò che fosse possibile. Anche quella sera avevano ripetuto la loro abituale scenetta. Betty si precipitò all'interno, il suo obbiettivo quella sera erano delle preziose fiale di essenza di dittamo; indispensabili per la cura di alcune ferite. Molti studenti si erano lanciati sui tozzi di pane, arraffando tutto ciò che potevano e ficcandosi in bocca tutto quello che non riuscivano a trasportare a mano. Betty scivolò a carponi sotto il tavolo, raccogliendo velocemente tutto ciò che cadeva al di sotto di esso, fino a raggiungere il punto più estremo della tavola dedicato alle medicine. Si fece spazio dimenando i gomiti, cercando così di crearsi un passaggio tra la calca; mentre con gli occhi continuava a cercare il suo obiettivo per quella sera. Allungò le mani lungo la tavola, fino a quando strinse un paio di ampolle tra le mani; se le portò vicino al volto e lesse velocemente le etichette: la prima conteneva bacche di vischio, un ingrediente utile per la preparazione di un antidoto, mentre la seconda conteneva la preziosa essenza di dittamo. Strinse entrambe nella mano e corse fuori dalla sala, decisa a recuperare Claire e capire quale sala comune si sarebbe aperta per consentire loro di riposare. La piccola tassorosso, con suo grande sgomento, non era nello stesso punto in cui l'aveva lasciata e il panico iniziò a scorrerle nelle vene. «CLAIRE! DOVE SEI?!» Si guardò intorno agitata, alla ricerca di quella morbida zazzera rossa che aveva consolato spesso negli ultimi giorni. Betty era furiosa e spaventata, sapeva di non doversi allontanare, sopratutto in un momento frenetico come quello; rischiava di dover trascorrere la notte fuori dalla sala comune designata; alla mercé di tutti i pericoli che si nascondevano all'interno della castello. «Sono qui Betty! Sono qui!» La tenera voce attirò il suo sguardo all'interno della sala grande, Claire stava infatti litigando con un altro studente per quella che sembrava una barretta di cioccolato. Sapeva che la piccola aveva una passione sfrenata per i dolci, ma in tutte le sue incursioni non era mai stata capace di aggiudicarsene una. Si affrettò in suo soccorso quando vide l'altro studente spingerla a terra per appropriarsi definitivamente del dolce, incurante di aver appena scaraventato a terra una bambina di soli undici anni. «Ti ho detto che non devi mai allontanarti....non capisci che pericoloso?» Stava per rimproverarla più duramente quando uno degli studenti gridò che le porte stavano iniziando a chiudersi. Terrorizzata dall'idea di rimanere chiusa lì dentro corse tirandosi dietro la bambina, dovevano assolutamente uscire e mettersi in salvo, la strigliata avrebbe potuto benissimo aspettare. Vennero spintonate, prese a spallate, tutto perchè la paura e il terrore dilagavano tra gli studenti inarrestabili. Finirono entrambe rovinosamente sul pavimento, Betty cercava di raggiungere la ragazzina per stringerla a sé, ma un urlo disperato le fece ghiacciare il sangue nelle vene. Un imponente creatura si
    NRNae5a
    ergeva verso il fondo della sala, una creatura pericolosa che guardava tutti gli studenti in fuga come una pietanza prelibata. L'urlo che aveva sentito veniva proprio da Claire, paralizzata dalla paura che la Manticora avrebbe trasmesso anche al mago più esperto. Era una creatura mostruosa con la testa d'uomo, il corpo di leone e la coda di scorpione; nei libri era classificata come XXXXX: un'ammazzamaghi. Alle loro spalle la via di fuga continuava a chiudersi inesorabilmente, ma Betty non poteva scappare senza di lei; non poteva abbandonarla ad una morte certa. Strisciò verso di lei, mentre alle spalle della bambina la creatura continuava ad avanzare; lo sguardo fisso proprio sull'indifesa Claire. Quando raggiunse la sua mano la strinse per tirarla a sé, ma di fronte ai suoi occhi il pungiglione della coda la trapassò da parte a parte. All'improvviso il mondo perse ogni suono e colore, l'unica sfumatura che era ancora in grado di vedere era il rosso del sangue di Claire sul pavimento e sul suo maglione, mentre gli occhi della bambina avevano smesso di brillare per sempre. Betty si sentì tirare indietro con forza, cercò di fare resistenza perchè doveva tornare da Claire, nonostante sapesse che non ci fosse più niente da fare non voleva abbandonarla. «NO! LASCIAMI! Devo andare da lei, non posso lasciarla....io non...» Due braccia la strinsero con forza prendendola in braccio. «Non puoi fare più niente Betty, dobbiamo andare!» Cercò di divincolarsi, di far sì che il suo compagno di casa la lasciasse andare, ma la presa era troppo forte e lei ancora sconvolta da ciò che era appena successo. Tra le mani stringeva il braccialetto con il nome che Claire portava sempre al polso, mentre la trascinava glielo aveva involontariamente strappato. Quando le grosse porte si chiusero alle loro spalle Betty lanciò un grido di dolore, scagliandosi contro di esse con tutta la forza che aveva in corpo. Le tempestò di pugni, incurante di quanto ogni colpo le facesse male. Era scossa dai singhiozzi e di fronte all'ineluttabilità dei fatti non poté fare altro che scivolare a terra sconfitta, schiacciata dal senso di colpa e di impotenza. Attorno a lei non c'erano più rumori, come se il mondo avesse cessato di esistere; non sentiva neanche la voce dei suoi compagni che cercavano di risvegliarla dallo stato catatonico in cui era caduta. Il giovane corvonero la prese nuovamente in braccio, Betty vedeva la sua bocca muoversi, ma le sue orecchie non percepivano alcun rumore; nella sua testa non faceva altro che sentire il grido strozzato e il doloroso rantolio che Claire aveva messo quando quel pungiglione l'aveva trapassata da parte a parte. Sentiva il passo accelerato del ragazzo, ma nonostante ciò non riusciva a risvegliarsi, a riscuotersi dalla trans in cui sembrava esser caduta. «Hanno aperto la sala dei serpeverde...muoviamoci prima che bestie come quella inizino a girare per i corridoi.» Parole che il suo cervello non era in grado di classificare tanto che, prima ancora che raggiungessero la sala comune aperta per la notte, Betty si lasciò andare nell'oblio; un sonno forzato per scappare al senso di perdita che aveva iniziato a scuoterla dall'interno. Riusciva a sentire le voci, ma qualsiasi cosa sembrava aver perso interesse; spingendola a dormire per metabolizzare tutto. «Io non sapevo dove altro portarla...sono sicuro che se fosse stata in grado di farlo sarebbe corsa
    GOhnty2
    qui lei stessa.»
    Voleva aprire gli occhi per capire con chi stesse parlando il corvonero, ma le sembravano troppo pesanti; quasi come se avesse perso il controllo del suo stesso corpo. Si sentì adagiare su un morbido letto, una comodità che non provava da diverse notti, mentre poco lontano da lei sentiva i due ragazzi bisbigliare; senza essere in grado di capire cosa si stessero dicendo. Troppo esausta si lasciò scivolare in un sonno tormentato dagli incubi, incubi in cui non faceva altro che rivivere la morte di Claire. Solamente quando un dolce peso e un rassicurante calore si adagiarono al suo fianco riuscì dormire quasi serenamente; un sonno anonimo senza incubi o sogni. Tutto merito dell'abbraccio rassicurante della persona al suo fianco, un abbraccio che il suo corpo sembrava conoscere alla perfezione. Furono dei forti colpi in lontananza a svegliarla all'improvviso, spaventata cercò di tirarsi su di colpo, ma la salda presa di due braccia maschili la tennero ancorata al letto. Si girò di spalle, incontrando lo sguardo verde di Albus fisso su di lei, come se non si fosse neanche un suo movimento. «Ehi...i-io come sono finita qui?» Prima ancora che il serpeverde potesse rispondere alla sua domanda, ricordi della sera prima iniziarono a bombardarle violentemente la testa, riportando a galla ancora una volta la morte di Claire. Chiuse gli occhi sconfitta, troppo stanca per piangere, ormai certa di aver versato tutte le lacrime possibili e inimmaginabili. Betty sapeva che dovevano alzarsi, controllare quanto tempo fosse passato per essere certi di non rimanere chiusi lì dentro, ma in quel momento non voleva abbandonare la stretta di Albus; sapendo che se solo si fosse allontanata da lui sarebbe completamente andata in pezzi.
     
    .
  2.     +1    
     
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Ricercati
    Posts
    1,867
    Reputation
    +2,294

    Status
    Anonymes!

    Non importava chi fosse, non importava quanto tempo ci avessi trascorso insieme o l'opinione che ne avevi: ogni persona che veniva a mancare, inevitabilmente, si depositava nella tua coscienza come un sassolino che affonda in uno stagno. « Finché siamo in guerra, le giornate del fronte, a mano a mano che passano, precipitano, a una a una come pietre, nel fondo della nostra coscienza, troppo grevi perché per il momento ci si possa riflettere sopra. Se lo facessimo, esse ci ucciderebbero; infatti ho sempre osservato che l'orrore si può sopportare finché si cerca semplicemente di scansarlo: ma esso uccide, quando ci si ripensa. » Aveva ripreso quel libro, Albus, quando ne aveva avuta l'occasione. Si ricordava di averlo letto, qualche anno prima, al riformatorio. All'epoca aveva ricondotto quel sentimento alla propria situazione di prigioniero, ma ora, beh..ora capiva con molta più lucidità le parole di Remarque. Magari la loro non si poteva definire come una guerra di trincea, ma sicuramente ne aveva tutta l'apparenza. Nel giro di pochi giorni, i più erano morti, e tutti gli altri si reggevano in piedi per miracolo: chi sull'orlo della disperazione, e chi attuando su se stesso una spersonalizzazione tale da renderlo di poco dissimile a una belva. Albus ancora non aveva capito a quale categoria appartenesse, e in fondo al cuore aveva una terrificante paura di scoprirlo. Sapeva solo che a un certo punto l'aveva semplicemente accettato, quell'orrore. Non era diventato spietato, questo no', ma sicuramente la situazione stava iniziando a indurirlo. D'altronde, quella era l'unica maniera per sopravvivere, o quanto meno per mantenere una scintilla di lucidità. Ogni volta che una morte veniva annunciata, il cuore del Serpeverde batteva all'impazzata, timoroso di sentire il nome di una delle persone a lui care; e puntualmente, quando ciò non avveniva, si trovava a tirare un sospiro di sollievo, lo stesso che poi lo tormentava la notte tra i sensi di colpa. E' quello il punto: puoi anche restare in vita, ma il prezzo che paghi per farlo è tra i più alti al mondo. Ti senti in colpa per non aver fatto abbastanza, ti ci senti perché ti ci puoi sentire mentre altri non possono più sentire alcunché, ti ci senti perché in cuor tuo sei felice che non sia toccato a te o a qualcuno a te caro, ti ci senti perché in fin dei conti tu quelle persone non le conoscevi poi così tanto e dunque anche il tuo lutto è davvero relativo, e infine ti ci senti perché non riesci a sentire più nient'altro. Vivi in anestesia, continuamente. E ogni giorno è solo un altro che ne avrà uno successivo e un altro ancora in un loop infinito per tirare semplicemente avanti. Non sai quando uscirai, non sai nemmeno se uscirai. La tua ora potrebbe arrivare nel giro di cinque minuti, di tre giorni o di trent'anni. Diventi improvvisamente consapevole di quanto tutto attorno a te (te stesso compreso) sia effimero ed estremamente fugace. Alle volte ti scambi un sorriso, o una mezza parola, ingannandoti per un secondo che tutto sia completamente normale e che nulla sia cambiato, ma la verità è che non c'è più niente di certo, niente uguale a prima. Le persone in primis.
    Quella situazione sembrava aver svelato in ciascuno di loro la natura più recondita, risvegliando nei loro animi dei tratti più o meno dormienti. In Albus, di sicuro, aveva fatto emergere una forza d'animo che mai avrebbe creduto di possedere proprio lui, quello che emotivamente pareva sempre essere stato il più instabile. Il Serpeverde aveva perso quasi tutto, ma in ciò si era reso conto di aver ormai davvero più poco da perdere, e con questa consapevolezza aveva imparato a tirare avanti, capendo che l'unica maniera per restare in sé fosse quella di tenersi occupato. Aveva la Mappa, un grande strumento che aveva sin da subito usato per aiutare gli altri, in particolar modo quei ragazzini più piccoli nel cui viso rivedeva puntualmente Jay. Era forse proprio quell'associazione, quel rifiuto a vederli strappati alle proprie famiglie, che lo faceva andare avanti, come se in questa maniera stesse in realtà tenendo al sicuro suo figlio. Strana cosa la psicologia; quanto l'atto apparente di più completo altruismo sia in realtà un feroce attaccamento al proprio ultimo brandello di sanità mentale. Ce la stava facendo, e anche in maniera egregia, sebbene ogni sera andasse a dormire più distrutto di prima, mangiando quel poco che poteva e ritrovandosi la maggior parte delle volte ad usare la dura e fredda pietra del pavimento come giaciglio. Quella volta, però, era riuscito ad azzeccare il dormitorio al primo colpo, rintanandosi nella propria stanza a consumare il parco rancio costituito da una mela. Presto la camera si era affollata, riempita di sacchi a pelo e gente disposta a dormire pure per terra pur di avere un lembo del suo piumone. « La vita qui sul crinale della morte ha una linea straordinariamente semplice, si limita all'indispensabile; tutto il resto è addormentato e sordo: in ciò sta la nostra primitività, e in pari tempo la nostra salvezza. Se fossimo più evoluti, da un pezzo saremmo pazzi, o disertori, o caduti in battaglia. » Fece per voltare pagina quando la porta della stanza si spalancò, mettendolo sul punto di dire a chi di turno che ormai non c'era più posto nemmeno per una puffola pigmea. La scena che si trovò di fronte, però, non era quella che si aspettava, e lo costrinse a chiudere di scatto il libro, alzandosi dal letto per andare incontro al Corvonero che teneva una Betty priva di sensi tra le sue braccia. "Io non sapevo dove altro portarla...sono sicuro che se fosse stata in grado di farlo sarebbe corsa qui lei stessa." Con il cuore a mille dalla preoccupazione annuì velocemente, facendo cenno al ragazzo di entrare e adagiare la Tassorosso sul suo letto. "Fuori. Tutti quanti." ordinò seccamente ai presenti, stringendo le dita attorno al braccio del Corvonero per fargli capire che lui, invece, doveva rimanere. "E dove cazzo dovremmo andare, di grazia?" "Non lo so, non mi importa. Fuori. Se tanto dovete dormire per terra, potete farlo anche nel corridoio." Decisamente poco altruista da parte sua, se ne rendeva conto, ma d'altro canto quante altre volte era stato lui quello che avevano fatto sloggiare? Una volta soli, riportò lo sguardo al compagno, conducendolo in un angolo della stanza dove si accese una sigaretta con le dita tremanti dal nervosismo. "Cosa è successo?" Il racconto che seguì, tanto sconnesso quanto tremendamente avvilente, lasciò una fredda morsa sul cuore di Albus, che immediatamente rivolse lo sguardo a Betty, sul cui volto leggeva i segni di un sonno irrequieto frutto dello shock. Si passò una mano sul volto stanco, cercando di allontanare il pensiero di Claire. La conosceva. Più di una volta l'aveva accompagnata in quei giorni per il castello, portandola in luoghi dove sapeva potesse essere al sicuro. Chiuse le palpebre, lasciando affondare il ricordo del volto della ragazzina come un'altra pietra con cui avrebbe dovuto fare i conti una volta finito quel massacro. "Va bene, Connor, ci penso io. Non voglio tenerti in piedi. Ci vediamo domani mattina." Annuì, il Corvonero, lasciandolo solo in stanza a finire la cicca prima di infilarsi cautamente sotto al piumone, stringendo le braccia attorno a Betty. Una parte di lui, forse, sperava che quel calore potesse in qualche maniera rassicurarla, cullandola tanto nel sonno quanto nel risveglio. L'altra, invece, scaturiva da uno spirito di protezione, quella che voleva darle a prescindere.
    wYL2hCr
    Non avrebbe saputo dire quanto tempo passò, forse perché ormai tutto ciò che riguardava lo scorrere del tempo risultava piuttosto relativo e spesso erroneo. Rimase semplicemente in silenzio, a contare i propri respiri senza riuscire a chiudere occhio. Nemmeno avvertiva la stanchezza, preso com'era da quella marea di pensieri che si accavallavano l'uno sull'altro. Due colpi in lontananza lo fecero appena sussultare, distraendolo dalle proprie considerazioni, pur consapevole della loro provenienza: il castello, durante la notte, sembrava scatenare la propria piena potenza, e nei sotterranei quell'eco sembrava raggiungerli sempre con più chiarezza rispetto che nelle altre sale comuni. Rimase tuttavia piuttosto stupito dal percepire i movimenti di una Betty ormai sveglia, la quale aprì gli occhi ad incontrare il suo sguardo. "Ehi...i-io come sono finita qui?" Non fece in tempo a rispondere. Prima che qualsiasi parola uscisse dalle sue labbra secche, le nuvole dei ricordi strazianti di qualche ora prima andarono a reclamare il proprio posto negli occhi cristallini della Tassorosso, facendola piombare in quello sconforto che colpì Albus in pieno petto come una lama tagliente. Sospirò, istintivamente, stringendo l'abbraccio in un moto di conforto, per quanto inutile potesse risultare. "Ti ha portata Connor, eri praticamente svenuta." fu la sua unica spiegazione a fior di labbra. Avrebbe voluto chiederle come stesse, ma capì da solo quanto fosse stupida come domanda. O più nello specifico, quanto fosse stupida qualsiasi cosa le avrebbe detto. L'impotenza che connotava quella situazione, la stessa che lo aveva tenuto sveglio per tutte quelle ore, fu probabilmente quanto di peggiore riuscisse a concepire in quel contesto. "Non è colpa tua, Betty." si ritrovò a dire, quasi involontariamente, avanzando le dita a scostarle una ciocca di capelli dietro all'orecchio, lasciando il palmo caldo della mano sulla sua guancia. Era stato forse negli ultimi giorni che aveva iniziato a rivalutare il contatto umano e le sue proprietà; un tempo aveva creduto che si trattasse di una sciocchezza inventata per vendere cioccolatini a San Valentino, ma si era reso conto infine di quanta verità ci fosse in quel semplice ragionamento. Per natura il calore ci infonde sicurezza, perché è sintomo di vita, del fatto che ci siamo ancora e che la persona accanto a noi ha un cuore pulsante tanto quanto il nostro. Solo quando ogni traccia di umanità pare scomparire, solo a quel punto rivalutiamo quelle piccole cose che in fin dei conti ci rendono tali: umani. "Non è colpa di nessuno se non della persona che ha architettato questo meccanismo." Quella che sta facendo morire decine di persone innocenti, e che sta torturando psicologicamente le rimanenti. Un velo di tristezza andò ad appannare i suoi occhi a quella consapevolezza, facendogli esalare un ulteriore sospiro prima di attirare a sé la bionda, poggiandole la testa sul proprio petto e cullandola lentamente. "Questo fatto.." riprese, interrompendosi a metà per deglutire, cercando le parole migliori "..deve servirti a tirare fuori la Betty che ho sempre visto in te: quella che non si dà mai per vinta, che sarebbe disposta a tutto pur di fare anche solo una piccola differenza. Non deve demolirti. Ti deve rafforzare." Fece una breve pausa, abbassando lo sguardo a incontrare quello di lei. "Non ti lascerò cadere in quel gorgo. Non te lo permetterò." Fosse l'ultima cosa che faccio, non lascerò che questo dolore abbia la meglio su di te.
     
    .
  3.     +1    
     
    .
    Avatar

    Member
    ★★★★

    Group
    Member
    Posts
    752
    Reputation
    +1,013

    Status
    Anonymes!

    Cause I wanna touch you, baby. And I wanna feel you, too.
    I wanna see the sunrise and your sins just me and you.
    Light it up, on the run. Let's make love, tonight
    Make it up, fall in love, try



    «Ti ha portata Connor, eri praticamente svenuta.» I ricordi iniziarono a bombardarla e con essi arrivarono anche il rimpianto, il senso di perdita e quello di impotenza. Da quando l'isolamento forzato di Hogwarts era iniziato Betty non aveva fatto altro che sentirsi debole e del tutto priva di qualsiasi potere. Le sembrava di essere un fantasma, spogliata di qualsiasi sentimento. Il suo era un meccanismo di difesa, un modo per impedire che la morte facesse scempio della sua anima pura e incontaminata. La morte di Claire era quanto di più orribile avesse mai visto, nella sua testa non faceva altro che rivivere il sordo rantolio, l'ultimo respiro che la ragazzina aveva emesso. Betty si chiese se la giovane studentessa avesse capito che la sua fine era giunta, lei stessa si era quasi rassegnata quando aveva intravisto la bestia alle loro spalle, ma quel mostro si era accontentato di prendere solamente la vita di Claire. «Ho provato a salvarla, sono tornata indietro per lei, ma la calca ci ha divise e io non ho fatto in tempo...» Se solo le fosse stato possibile avrebbe strigliato Claire severamente per aver abbandonato il piccolo rifugio in cui avrebbe dovuto aspettarla, se solo non si fosse allontanata non sarebbe successo niente di ciò. Ricordava distrattamente ciò che era accaduto dopo, sapeva di esser stata soccorsa e presa in braccio, ma ogni ricordo era semplicemente annebbiato; come se il suo cervello si fosse sovraccaricato a causa dello shock e avesse deciso di staccare la spina per un po'. «Non è colpa tua, Betty. Non è colpa di nessuno se non della persona che ha architettato questo meccanismo.» Il tocco del ragazzo era corroborante, quasi un toccasana per il suo animo ferito; tra le braccia di Albus riusciva a sentirsi finalmente al sicuro, al caldo e protetta. Il serpeverde aveva sempre avuto nei suoi confronti questo istinto cavalleresco, fatto di piccole attenzioni che avevano sempre e solo lo scopo di proteggerla. Si lasciò semplicemente cullare dalle sue braccia, certa che avrebbero allontanato ogni incubo; aiutandola ad accettare l'idea che la morte era diventata parte integrante della loro prigionia. «So che non è colpa mia però avrei voluto semplicemente fare di più...Ora non riesco a pensare ad altro che alla vita che avrebbe potuto vivere. Non si innamorerà mai, nessuno le spezzerà mai il cuore...» Un'affermazione alquanto strana, ma di vitale importanza per Betty, secondo la tassorosso infatti un cuore infranto non era decisamente un male; semplicemente dimostrava che quell'amore era vero, per quanto doloroso esso possa essere. «Non posso pensare ai suoi genitori...loro pensano di averla mandata nel posto più sicuro al mondo, ma presto si renderanno contro che Hogwarts
    oSCbYQi
    non è altro che una grande tomba.»
    I cadaveri non facevano altro che accumularsi, per non parlare di quelli conciati talmente male da non essere riconoscibili, o ancora di quelli che erano semplicemente scomparsi nel nulla senza più essere ritrovati. «Questo fatto...deve servirti a tirare fuori la Betty che ho sempre visto in te: quella che non si dà mai per vinta, che sarebbe disposta a tutto pur di fare anche solo una piccola differenza. Non deve demolirti. Ti deve rafforzare. Non ti lascerò cadere in quel gorgo. Non te lo permetterò.» Parole che ebbero modo di rincuorarla perchè lei non si era mai sentita coraggiosa, accondiscendente forse, ma mai coraggiosa. L'ardimento era una caratteristica che non faceva parte di lei; al massimo poteva definirsi ostinata, il suo attaccamento ad Albus ne era la prova. Nonostante lui l'avesse respinta per anni lei non aveva fatto altro che cercare di riavvicinarsi a lui, spingendo sé stessa all'autodistruzione pur di avere una piccola parte del ragazzo. Aveva accettato di essere sua amica perchè concordava con lui sul fatto che entrambi erano cambiati, troppo per tornare ad essere quei ragazzini spensierati. «Ho semplicemente paura che anche una piccola differenza non sia abbastanza...» Aveva preso la piccola Claire sotto la sua ala, convinta che aiutando i più piccoli avrebbe trovato un modo per sentirsi utili, ma il risultato di quel suo tentativo erano impressi nella sua mente e anche sul suo morbido maglione grigio. Osservò con affanno le macchie vermiglie secche che avevano indurito il tessuto del maglioncino, riportando alla mente il sangue e il terrore. Stanca di sentirsi impotente si sfilò il maglioncino, gettandolo oltre il bordo del letto e stringendosi le braccia intorno alla vita. Non si vergognava della sua semi-nudità di fronte ad Albus, insieme avevano condiviso momenti che mai l'avrebbero spinta a coprirsi davanti a lui. Nella sua monte non facevano altro che vorticare una serie di se e ma, decisi a mettere in dubbio tutto ciò che provava e pensava in quell'esatto momento. Voleva essere la ragazza coraggiosa che Albus descriveva, una ragazza che non aveva paura di vivere le proprie emozioni e che allo stesso tempo fosse in grado di accettare quella situazione, cosciente del fatto che la morte era sempre in agguato; pronta a reclamarla. Si voltò verso Albus, fissando quegli occhi verdi di cui conosceva ogni sfumatura; il serpeverde poteva essere un ragazzo di poche parole, ma i suoi occhi avevano
    QYZ1pkC
    sempre parlato per lui a gran voce, dando sfogo ai suoi sentimenti. «Non voglio vivere continuando a chiedermi cosa sarebbe potuto essere...» Perchè per una volta nella mia vita voglio poter dire di non avere rimpianti, di aver finalmente vissuto. Si allungò verso il ragazzo senza staccare gli occhi dai suoi, sapendo che per la prima volta i suoi dolci occhi azzurri, spesso definiti ingenui, stavano brillando di una nuova luce; una luce fatta di speranza, in grado di allontanare le tenebre per un po'. Posò ancora una volta le labbra su quelle del ragazzo, senza vergognarsi di premere per cercare un contatto più profondo. Avevano perso così tanto tempo entrambi, allontanandosi e riavvicinandosi a vicenda; consapevoli di scavare ferite profonde, che forse avrebbero compresso per sempre la loro capacità di amare. «Ci sei sempre stato solo tu Albus e per ora non voglio nessun altro...» Parole sussurrate, quasi pronunciate in silenzio sulle labbra del serpeverde. Betty non si vergognava di ammettere quanto ancora amasse Albus, per il semplice motivo che il cuore vuole ciò che vuole e lei non poteva costringersi a provare altrimenti. Quella notte voleva dedicarla a sé, a loro, avrebbe avuto tempo poi per pensare alle conseguenze. Strinse con forza le mani del serpeverde, sfruttandole come appiglio per fare leva e sedersi sulle gambe del ragazzo, incollando nuovamente le proprie labbra a quelle di Albus; mentre le sue mani andavano alla ricerca di calore. Betty sfiorò il collo del ragazzo, percependo chiaramente la tensione che gli irrigidiva i muscoli. «Siamo io e te....» E non c'è niente di sbagliato.Gli strinse le spalle facendo aderire i loro corpi, aggrappandosi al corpo solido del ragazzo; un corpo che nei due anni che avevano passato separati era diventato più adulto, più uomo e meno fanciullo. Non gli avrebbe permesso di allontanarsi perchè entrambi avevano bisogno di qualcosa per cui lottare, qualcosa da tenere stretto e custodire gelosamente nei giorni duri che avrebbero dovuto affrontare, senza sapere quanto sarebbe durato quell'isolamento o se mai sarebbe finito.
     
    .
  4.     +1    
     
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Ricercati
    Posts
    1,867
    Reputation
    +2,294

    Status
    Anonymes!

    Lost but now I am found. I can see but once I was blind
    I was so confused as a little child, tried to take what I could get
    Scared that I couldn't find all the answers


    "Ho semplicemente paura che anche una piccola differenza non sia abbastanza..." le labbra di Albus si incurvarono in una linea amara a quelle parole. Probabilmente quello era il timore più diffuso tra coloro che stavano cercando di dare una mano lì dentro: non essere mai abbastanza, non riuscire a fare la differenza. Eppure il Serpeverde era convinto che fosse comunque necessario tentare, e che ciascuno di loro potesse metterci quel poco che poteva solo per poi sommare le varie parti e lì, davvero, cambiare tutto quanto. Si spezzava un anello, e inesorabilmente tutta la catena ne risentiva. Ora più che mai, ad Hogwarts era necessario rimanere compatti, anche a costo di accumulare dentro di sé tutto quel dolore che prima o poi era destinato ad esplodere. E lo avrebbe fatto. Tutti loro sarebbero esplosi, un giorno, ma il gioco stava nel rimandare quel momento il più a lungo possibile, trovando la maniera per sopravvivere. Per funzionare. Per dimenticarsi anche solo per un istante di essere dei topi in gabbia, e ricordarsi ciò che più sembrava sfuggire: che erano ancora vivi. « Esistere è un dovere, durasse un secondo. » "Una piccola differenza è sempre qualcosa, ed è il massimo che possiamo fare tutti quanti..ora come ora." disse, cercando di risollevare la curva delle sue labbra in un piccolo sorriso dai tratti più rassicuranti. Sorriso che tuttavia mutò presto, trasformandosi in un'espressione confusa nel momento in cui Betty si sfilò il maglione, gettandolo oltre il bordo del letto. Lo sguardo di Albus cadde inevitabilmente sul suo reggiseno, fermandovisi per qualche istante prima di forzarsi a ritornare sul viso di lei, come a volerla interrogare su quella mossa. Non disse nulla, non spiccicò parola ne' si mosse di un millimetro, preso com'era dall'insicurezza che connotava l'interpretazione di quel gesto. Se l'è tolto perché era sporco, chiaro. Dovrei darle qualcosa di mio, qualcosa di caldo magari. Albus non era mai stato un ragazzo ingenuo, tutt'altro. Albus Potter aveva una mente maliziosa come poche. Ma Betty, da quel punto di vista, era sempre stata in qualche modo inaccessibile. Per un anno intero erano stati insieme, e sì, avevano anche condiviso momenti classificabili come intimi, ma mai si erano spinti oltre una certa soglia. Checché se ne dicesse, Elizabeth Branwell era quella che poteva essere descritta come una ragazza casta, una che ben poco condivideva la malizia intrinseca alla mente di Albus. Quell'idea di lei era dunque rimasta intatta nell'immaginario del moro, che in quel momento non riusciva a concepire quel suo gesto come altro se non un atto di tenera ingenuità da parte di lei. La stessa ingenuità che lo aveva fatto penare per molti mesi, quando lei non si rendeva conto di quanto il più piccolo dei suoi movimenti o il più candido contatto nei punti sbagliati lo facesse uscire completamente di testa. E la storia sembrava volersi ripetere, perché di colpo il ragazzo percepì la bocca farsi secca e i pensieri sempre più sconnessi. Ma evidentemente, quella volta, i suoi calcoli erano inesatti. "Non voglio vivere continuando a chiedermi cosa sarebbe potuto essere..." E prima ancora che riuscisse a formulare una qualsiasi frase di senso compiuto, le labbra di Betty andarono a posarsi sulle sue. Prima piano, poi approfondendo sempre di più quel bacio che andò a sfondare ogni briciola di controllo avesse cercato di mantenere in quella situazione. Fu come se quella diga che aveva costruito pezzo dopo pezzo fosse stata improvvisamente demolita dall'eccessiva pressione dell'acqua che conteneva, facendola fuoriuscire come una marea incontrollabile che andò a travolgerlo completamente. Una marea dalla quale si fece trascinare senza opporre resistenza, stringendo le mani attorno alla vita di lei, attuando una pressione tale sulla sua pelle che ne trasmetteva tutta quella
    NpF5rPb
    passione e quei sentimenti che aveva in ogni maniera cercato di reprimere in quei due anni. "Ci sei sempre stato solo tu Albus e per ora non voglio nessun altro..." Quella breve pausa dalle sue labbra lo portò a riaprire gli occhi, ora diventati di un azzurro tanto intenso da ustionare. Il suo sguardo faceva freneticamente avanti e indietro tra quello di lei e le sue labbra, cercandone il calore con aspettativa febbricitante, mentre il respiro si faceva man mano più corto e pesante. Forse fu in quel momento più che in qualsiasi altro che si rese conto di quanto bruciante fosse il desiderio che lo spingeva verso di lei. Per Albus, d'altronde, era sempre stato così. Il mezzano dei Potter aveva un'indole passionale, e in lui animo e carne si sposavano così armoniosamente da rendere le due cose indistinguibili tra loro. La necessità del contatto fisico sembrava in lui tanto forte da dominarlo quasi completamente, il che potrebbe sembrare un controsenso per qualcuno che viveva così tanto nel mondo delle idee e dell'astrazione, ma un tale ragionamento lui stesso lo avrebbe etichettato come superficiale. Perché, a suo parere, non c'era forma d'arte più alta di quella, e non vi era connessione più profonda. La razza umana è stata praticamente messa al mondo con quello scopo, e tutto all'interno delle sue dinamiche sembra orbitare in gran parte attorno a ciò. Il sangue nelle loro vene pulsava con potenza esponenzialmente maggiore, riscaldandone i corpi e caricandoli di elettricità: era vita allo stato puro, e non c'era nulla di più bello. Non era malizia, non era piacere fine a sé stesso, non era istinto animalesco: era lo strato più profondo dell'esistenza, era l'essere lì, vivi, da ogni punto di vista..e diamine, se non era arte quella, non sapeva davvero cos'altro lo fosse. Poeti, pittori, musicisti..tutti avevano cercato di racchiudere quella profonda quanto sfuggente sensazione in qualcosa che potesse durare in eterno come testimonianza di un senso comune, ma la realtà era che nessuno sarebbe mai stato in grado di riuscirci: perché le parole sono impalpabili, le note fuggevoli e i colori artificiali. Non si può riprodurre in serie: si può solo viverlo, e per farlo non si può essere soli. Strinse dunque le dita attorno al polso di Betty, facendole scivolare la mano sotto la sua camicia e risalire pian piano sul suo petto, lasciando saltare tutti i bottoni dell'indumento a quel passaggio che faceva surriscaldare la sua pelle centimetro dopo centimetro. Respirando piano sulle sue labbra, strinse le dita di lei, accompagnandola nel movimento di mettersi a sedere sulle sue gambe. E quando lo fece, inspirando a fondo il suo sapore, lasciò scivolare le mani sui suoi fianchi, stringendoli forte nell'attirare il bacino di Betty al suo con più decisione. Un lieve gemito sfuggì dalle sue labbra a quel contatto, infrangendosi contro la pelle di Betty man mano che spostava quei baci sulla linea della sua mandibola, l'incavo del suo collo, le sue scapole, e infine il suo petto, stringendola a sé con forza per sentire quel contatto incandescente tra le loro rispettive pelli. "Siamo io e te...." sorrise a quelle parole, facendo una pausa per riprendere fiato e accarezzarle il viso, strofinando il naso contro il suo. "Lo siamo sempre stati." E probabilmente, qualsiasi cosa accada, lo saremo sempre. Perché per me rimarrai sempre la prima. Magari non la prima con cui ho condiviso questo, ma la prima che ho amato. E l'ultima. Non ebbe bisogno di dire quelle parole: erano già sufficientemente scritte nel suo sguardo quando con lentezza andò ad accarezzarle la schiena, facendo schioccare aperto il gancio del suo reggiseno, per poi sfilarglielo del tutto e fargli fare la stessa fine del maglioncino. Rimase qualche istante a guardarla, accarezzando le linee del suo corpo quasi stesse contemplando un'opera d'arte. E lo era. Ai suoi occhi era la cosa più bella che potesse immaginare, anzi, andava anche oltre l'immaginazione. Sospirò, scuotendo appena il capo con un sorrisino all'apice della gioia disegnato sul volto. "Elizabeth Branwell, un giorno o l'altro mi farai diventare completamente pazzo." Ridacchiò spontaneamente a quelle parole, rendendosi conto di quanto davvero, per lui, lei sarebbe sempre rimasta un enigma indecifrabile. Poteva cercare di prevederla, e ad un occhio superficiale poteva sembrare persino semplice farlo, ma la verità era che lei era il suo personale clinamen: il principio di totale imprevedibilità. Le bastava uno schiocco di dita per scuotere le sue fondamenta come il più devastante dei terremoti. Riportò dunque lo sguardo in quello di lei, guizzandovi con tutta l'elettricità che percorreva il suo corpo in quel momento, e in un colpo solo le avvolse un braccio attorno alla vita, ribaltandola di lato per lasciarle poggiare la schiena sul materasso. Inutile dirlo: in quel momento, la testa di Albus era più vuota dell'aula di Pozioni dopo il suono della campanella. Vi era solo spazio per quella sensazione di completo trasporto, di desiderio, di felicità allo stato pure. Diamine, se qualcuno lo avesse visto, avrebbe detto che fosse strafatto di Felix Felicis da rischiare di esplodere. Ecco, questo era l'effetto che gli faceva Betty: lo faceva uscire fuori dai gangheri, rintronandolo completamente. Non si chiese il perché, non si pose il problema di cosa ciò avrebbe comportato per loro, si limitò semplicemente a lasciarsi andare, che per la prima volta sembrava essere la cosa migliore che entrambi potessero fare. Le regole non esistevano, così come non esisteva la preoccupazione dell'indomani, quel futuro incerto che avrebbero scritto pian piano, prendendosi i propri tempi senza sentirsi costretti a correre una corsa a ostacoli. Sarebbe cambiato qualcosa? Sicuramente. Cosa? Non lo sapevano, ma per il momento bastava sapere che erano lì. E magari un'etichetta l'avrebbero messa in un secondo momento, quando le nebbie di quella confusione si sarebbero dissolte e loro sarebbero stati liberi di pensare a quesiti più complessi. Avevano creato un porto sicuro, e un lato di lui stava già probabilmente pensando a quanto non volesse più abbandonare quella stanza. Tuttavia non gli riuscì difficile escludere tutto ciò che si trovava al di fuori di loro, anzi, in quel momento sembrava essere l'unica cosa di cui fosse capace. L'unica certezza insieme ai baci che lasciava uno dietro l'altro sulla sua pelle, in una scia infinita che scendeva sempre più giù fino a fermarsi alla linea dei suoi pantaloni, arrestandosi un istante per sollevare lo sguardo nel suo, le dita tremanti di eccitazione già strette sui suoi fianchi. "Betty, voglio che tu ne sia sicura al cento percento." disse di colpo, in un filo di voce stretto dal respiro affannoso. "Dimmi che non è un momento di debolezza." fece una seconda pausa, deglutendo prima di sussurrare le seguenti parole come un soffio sulla pelle della sua pancia. "Dimmi che lo vuoi sul serio." Perché non voglio svegliarmi domani e leggere il pentimento nei tuoi occhi. Non voglio approfittarmi di te all'apice della tua vulnerabilità. Voglio sapere che se lo facciamo, lo facciamo insieme, perché lo vogliamo..non per altro. E io lo voglio.
     
    .
  5.     +1    
     
    .
    Avatar

    Member
    ★★★★

    Group
    Member
    Posts
    752
    Reputation
    +1,013

    Status
    Anonymes!

    I talk about him, not because I'm stuck or because I haven't moved on,
    but I talk about him because I am his, and he is mine,
    and no passage of time will ever change that.



    Albus era in assoluto il suo punto debole, il suo tallone d'Achille; l'unico in grado di sconvolgere completamente il suo modo. Qualcosa in lui le aveva fatto dimenticare, anche solo per un momento, la solitudine che l'aveva sempre accompagnata; quella gabbia dorata in cui era stata rinchiusa e di cui poche persone erano a conoscenza. Ogni bacio del ragazzo la rendeva libera, libera di sentire, di provare, di lasciarsi guidare da quelle emozioni a cui si era sempre sottratta. Le sue labbra si intrecciarono a quelle del ragazzo restituendo il bacio, facendo viaggiare le mani sul suo petto e sui suoi addominali. Era cambiato così tanto in quei due anni, forgiato nel corpo e anche nello spirito, trasformandosi in un giovane uomo. Si staccò dalle sue labbra mordicchiandogli il lobo, il corpo percorso da brividi che sembravano in grado di scaldarla dall'interno. Le sue mani si spostavano lungo il suo corpo, come per imprimersi nella mente ogni dettaglio. «Lo siamo sempre stati.» Una conferma di quanto importante e profondo fosse il sentimento che li legava, una connessione che non si era mai dissolta e che molto probabilmente li avrebbe legati per sempre. Un filo invisibile che aveva intrecciato le loro anime a doppio filo. Non si vergognò quando il ragazzo la spogliò del reggiseno e non si nascose di fronte al suo sguardo, voleva tutto specchiarsi nei suoi occhi e riconoscere gli stessi sentimenti che anche lei stava provando in quel momento. Quando le sue labbra si aprirono in un sorriso vero Betty sentì chiaramente il cuore fermarsi, per poi riprendere a battere più velocemente, accelerando talmente tanto da farle esplodere il petto. Accarezzò con mano tremante quel sorriso, beandosi del calore che traeva dal corpo del ragazzo; saggiò la morbidezza del suo volto e quella leggera ruvidità data da una barba appena accennata. «Elizabeth Branwell, un giorno o l'altro mi farai diventare completamente pazzo.» Una pazzia che lei stessa avrebbe accolto a braccia aperte, perchè la follia rendeva la realtà ancora più concreta; quasi tangibile. «Chi vive senza follie non è così saggio come crede...sei stato tu a dirmelo» Era uno dei numerosi aforismi di cui Albus l'aveva messa a conoscenza, quasi come se ne avesse uno per ogni situazione. Sapere di essere in grado di scaturire una così forte reazione in lui la faceva sentire potente e forse in qualche modo amata. Un potere che lui stesso poteva vantare su di lui, nonostante la separazione forzata a cui lui li aveva costretti non era stata capace di stargli lontana, aveva preferito farsi ferire ad
    2Fbgjlc
    oltranza pur di provare qualcosa; sofferenze che in quel momento aveva del tutto dimenticato. Si lasciò guidare dal suo tocco, perdendosi nelle sensazioni che le sue mani e i suoi baci gli donavano. Si sdraiò sotto di lui, specchiandosi nei suo occhi per poi stringerlo e fondere ancora una volta le loro labbra. Era così vicina da avere il petto schiacciato contro il suo, avvertendo che quella vicinanza aveva un effetto sui di lui. Tutto quello che aveva sempre voluto era colpirlo, di fargli provare qualcosa, qualcosa di intenso in grado di scuotere le sue fondamenta; esattamente come lui aveva fatto con lei. Betty avrebbe voluto avere un'aria sexy e sensuale, ma in realtà non le importava, sapeva solo di desiderarlo disperatamente, di averlo sempre fatto. Ormai non c'era più modo di nascondere quel desiderio, lei stessa non aveva alcuna intenzione di metterlo a tacere. Sfruttò la presa che aveva su di lui per baciarlo, per sfiorare ancora una volta le sue labbra. Sentiva le sue labbra spostarsi verso il basso, tratteggiando un percorso immaginario che le causò brividi di piacere lungo tutto il corpo; spingendola a chiedersi perchè avesse aspettato così tanto, privandosi di questa connessione così profonda che si stava instaurando fra entrambi. Sentiva le mani del ragazzo sul bordo dei suoi pantaloni e i loro sguardi si intrecciarono, alla ricerca di risposte che avrebbero potuto cambiare per sempre il fragile rapporto che stavano cercando di ricostruire. Ma a Betty non interessava perchè voleva qualcosa di suo, qualcosa a cui aggrapparsi e da custodire gelosamente nel proprio cuore. «Dimmi che non è un momento di debolezza. Dimmi che lo vuoi sul serio.» Parole sussurrate che sembravano pesare come un macigno al ragazzo, come se quel piccolo stop stesse mettendo a dura prova le sue capacità di resistenza. Betty dal canto suo sapeva che non c'era nient'altro che avesse desiderato con la stessa intensità. Nulla quella sera l'avrebbe spinta a fermarsi, nemmeno l'eventualità o il pericolo di rimanere chiusa lì dentro per i prossimi tre gironi; voleva semplicemente continuare a vivere in quella bolla di felicità che stavano creando. «Smettila di pensare così tanto...» sussurrò Betty con voce roca e carica di desiderio, lui era l'unica persona sulla faccia della terra con cui avrebbe voluto condividere un momento così importante. «Ti voglio perchè sei tu Albus. Voglio fare l'amore con te indipendentemente da ciò che accadrà domani...» E perchè nonostante tutto sei tu l'amore della mia vita. Poggiò le mani su quelle del serpeverde e con la sua presa lo guidò, aiutandolo a sfilare il bottone dall'asola, per poi spingere da sé i pantaloni lungo le gambe. Libera dall'impiccio dei jeans si accoccolò contro il petto del ragazzo, usando le gambe per aggrapparsi a lui e alla sua schiena. Avrebbe voluto dar voce ai propri sentimenti, ribadire ancora una volta il suo amore per lui, ma in quel momento passava tutto in secondo piano; persino il folle amore che la legava al ragazzo. Prima Betty gli aveva donato il cuore, durante la loro separazione gli aveva donato l'anima e presto gli avrebbe donato anche il suo corpo; una parte di lei che solo a lui avrebbe potuto donare. «Non voglio che ti fermi....insegnami...guidami tu Quasi una supplica nei suoi confronti, supplica che accentuò strusciandosi contro di lui. Non avrebbe mai accettato una risposta negativa perchè per la prima volta nella sua vita sapeva esattamente cosa voleva e non si sarebbe accontentata, ma avrebbe lottato con le unghie per impedire che quel momento le venisse strappato via. «Sei l'unica cosa di cui non mi potrò mai pentire....ci siamo feriti a vicenda eppure non posso fare altro che tornare da te. In mezzo a tutta l'oscurità che ci circonda tu sei il mio porto sicuro.» Un'ancora di salvezza nel bel mezzo di un mare in tempesta. Si aggrappò alla sua schiena, premendo le dita contro la sua pelle con forza; quasi come se volesse fondersi con lui. E ancora una volta lo tirò verso di sé, imprimendo una nuova forza nel bacio. Stuzzicando le sue labbra, senza vergognarsi di chiedere di più. Betty non voleva più aspettare, non voleva sprecare altro tempo. Lo voleva. Lo voleva tutto. Voleva che sapesse che non aveva paura, che amava semplicemente ogni parte di lui. Aveva sempre il respiro più pesante e gemette quando il suo petto sfiorò quello del ragazzo, ogni sfioramento non faceva altro che aumentare la velocità con cui il sangue le scorreva nelle vene. «Ho bisogno di te...» Perchè senza mi sembra di non respirare, di non essere completa; di essere un semplice guscio vuotato di ogni sentimento. Ogni tocco era un'agonia, lei sapeva di cosa aveva bisogno, ma allo stesso tempo non poteva fare a meno della sua guida.
     
    .
  6.     +1    
     
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Ricercati
    Posts
    1,867
    Reputation
    +2,294

    Status
    Anonymes!

    Freud diceva: « l’uomo civile ha barattato una parte della sua possibilità di felicità per un po’ di sicurezza ». Il retaggio culturale della società in cui persone come Albus e Betty vivevano, imponeva la limitazione delle pulsioni, il blocco di ciò che venivano percepito come selvaggio e dunque come incivile. Erano figli di una terra che aveva vissuto l'epoca vittoriana, e di una classe sociale, quella borghese, che aveva fatto proprio l'ideale di decoro. L'avanzamento della civilizzazione aveva oscurato la sessualità: se le pulsioni venissero completamente assecondate, infatti, non si potrebbe vivere in società. E dunque ci si rifugia in ciò che è razionale, ciò che dà sicurezza, talmente spaventati da noi stessi da accettare ad occhi chiusi la castrazione della nostra parte più umana. La paura dell'altro, in realtà, è solo una proiezione esterna di ciò che noi per primi possediamo e di cui siamo spaventati dall'alba dei tempi. "Guardiamo la colonizzazione, guardiamo la guerra. E' un atto sessuale. E' la canalizzazione della pulsione più forte: quella del possesso. E' una maniera socialmente accettata di esprimere questo bisogno." aveva detto Albus a Betty, tempo addietro, in uno dei suoi tanti comizi privati in cui parlava per ore e ore di cose che davvero non sarebbero interessate a nessuno se non a quell'unica persona che aveva abbastanza pazienza per sopportarlo. "Perché le bombe in Afghanistan le puoi portare e nessuno batte ciglio, ma il sesso invece è una cosa oscena di cui non devi parlare e che deve essere nascosta nemmeno fossi un ladro. Ti rendi conto di quanto sia malata questa concezione?" Diamine, Albus Potter sarebbe stato capace di andare avanti per ore con quelle cose, scivolando da Conrad a Rousseau, da Freud a Cioran, passando per la guerra in Medio Oriente e la conquista dell'America. Il punto, però, stava nel fatto che per quanto pesante o polemico, Albus tutti i torti non li aveva, e ora, a distanza di qualche anno, ne aveva le prove schiaccianti. Prendiamo la chiusura di Hogwarts. Quell'evento si era presto configurato come una sorta di anno zero nelle loro vite sconvolte dal giorno alla notte: un improvviso ritorno allo stato di natura che poneva al centro della quotidianità i bisogni primari dell'essere umano. La morte dello Shame ne era il simbolo pari a come era un simbolo la caduta del muro di Berlino - rispettando le proporzioni, chiaramente. La bacheca della vergogna era caduta nell'abisso del dimenticatoio non tanto perché non ci fosse il tempo di gestirla o gli ignoti proprietari fossero morti, ma quanto perché rappresentava un tipo di società che nel giro di una notte era andato a perire all'interno del castello. Tutti erano tornati sullo stesso piano, le differenze di ceto si erano annullate, le leggi avevano praticamente smesso di sussistere in gran parte, e sebbene lo stato in cui vivevano fosse quanto di più vicino al pericolo potesse essere concepito, in quella bolla surreale erano tutti più liberi di quanto non lo fossero mai stati. Era la vita allo stato puro che fuoriusciva dagli schemi in cui la forma l'aveva intrappolata per secoli, e si scatenava ogni giorno con crescente potenza, riportandoli alla condizione originaria: l'umanità. Un'umanità che a tratti può sembrare crudele e spietata, ma che racchiude in sé la forza della natura. Avevano smesso di essere parte di un ingranaggio e cominciato ad essere uomini, con tutti i dolori e le gioie che ciò comportava. Quello era il vero motivo per cui si erano scatenati i primi attacchi di isteria collettiva, di panico: perché sin da piccoli erano stati ammaestrati a farsi piacere la propria gabbia, e una volta sottratta quella sicurezza, non tutti riuscivano a sopportare la pressante consapevolezza di quanto artificiale fosse la vita da loro conosciuta fino a quel momento.
    l8eLGlH

    Fino a qualche settimana fa sarebbe stato impensabile per Albus e Betty ciò che stava accadendo tra loro in quel momento. Non tanto perché non lo desiderassero, ma quanto perché la situazione in cui vivevano gli imponeva di arrovellarcisi sopra il cervello fino a perdere il vero senso dell'atto stesso e la sua intrinseca bellezza: l'istintualità. Loro non lo avevano programmato, non lo avevano deciso, non avevano creato attorno a sé le condizioni affinché accadesse: era successo e basta, e non se ne vergognavano, ne' si chiedevano cosa l'indomani avrebbe portato loro. Quel modo di viverla avrebbe tolto tutto ciò che rendeva quell'attimo effettivamente loro e di nessun altro. E per quanto cinico e scostante, Albus custodiva nel profondo del suo cuore un dilaniante amore per la fragile condizione umana, per la sua istintività, per quegli stralci di verità che balzavano all'occhio in mezzo a un mare di convenzioni artificiali. E questo, lui, amava di Betty: il suo essere vera all'interno di un mondo che cercava di soffocarla proprio per questa ragione. Betty non aveva paura di esprimere i propri sentimenti, di esporsi alle ferite, di mettersi a nudo. Era sempre stata la sua personale musa, perché in sé possedeva la bellezza più sconvolgente che ci fosse: quella della natura e della sua complessa semplicità a tratti paradossale. Certo, non possiamo pretendere che in quel preciso istante tutti questi pensieri fossero dispiegati nella mente di Albus con la stessa lucidità con cui vengono descritti: ma erano lì, scritti nei suoi occhi sotto forma di un chaos primordiale a cui non c'era bisogno di dare parole. Quelle, probabilmente, le avrebbe trovate in un secondo momento, seduto allo scrittoio. Ma ora, ora l'importante era semplicemente sentirle, e trasmetterle a Betty sotto forma di quelle scariche di elettricità che sprizzavano dalle sue iridi e dal contatto tra i loro corpi. "Smettila di pensare così tanto..." parole della cui pregnanza la Tassorosso, probabilmente, non si rendeva conto. Albus inevitabilmente pensava troppo, ed era capace di produrre milioni di considerazioni nel giro di un millesimo di secondo. Sorrise, dunque, nel comprenderle internamente mentre si spogliava anche di quella sua vena sin troppo riflessiva, concedendosi la possibilità di mostrarsi in tutta la sua umanità di fronte alla ragazza. "Ti voglio perchè sei tu Albus. Voglio fare l'amore con te indipendentemente da ciò che accadrà domani..." Sentì il cuore battergli all'impazzata nel momento in cui le gambe di lei si intrecciarono al suo torace, attirandoli più vicini al punto da fargli girare la testa per i brividi che lo percorrevano in ustionanti ondate di calore. "Non voglio che ti fermi....insegnami...guidami tu. Sei l'unica cosa di cui non mi potrò mai pentire....ci siamo feriti a vicenda eppure non posso fare altro che tornare da te. In mezzo a tutta l'oscurità che ci circonda tu sei il mio porto sicuro." Rispose al suo bacio con passione crescente, spingendosi sempre di più contro di lei quasi desiderasse diventare una cosa sola. La desiderava in una maniera che andava oltre la ragionevolezza, con talmente tanta forza da non riuscire a controllare quelle sensazioni che si susseguivano l'una dietro all'altra in un turbinio tale da renderle inscindibili e completamente indistinguibili tra loro. Sì, si sentiva sull'orlo della pazzia, e non si sarebbe stupito se in quel preciso istante fosse stato stroncato da un infarto fulmineo. Ma quella dolce agonia era quanto di più reale avesse mai provato, e non lottò in alcuna maniera per arrestarla, intrecciando piuttosto le dita tra i capelli dorati di lei, attirandola maggiormente in quel bacio fino a spostare le proprie carezze per tutta la lunghezza del suo corpo. Tocchi leggeri intervallati a momenti in cui le sue dita si premevano di più sulla sua pelle, saggiandone il calore e la consistenza in un'aspettativa febbricitante. "Ho bisogno di te..." Quella linea sottile tra eros e thanatos di cui tanto si era discusso e si aveva ancora da discutere, lì, sotto i loro occhi. La sensazione di non essere mai stati più in vita di così e allo stesso tempo l'idea di essere sulla cima di un'altissima montagna dalla quale cadere sarebbe risultato fatale. Era vertigine allo stato puro, e faceva paura per quanto sottile fosse la linea che ne divideva l'aspetto doloroso da quello di intenso piacere. Si ritrovò a poggiare la fronte su quella della ragazza, stringendosi a lei con il respiro affannoso che si infrangeva irregolare sulle sue labbra. "No." disse inizialmente, ex abrupto, puntando poi gli occhi colmi di desiderio nei suoi, scuotendo appena il capo sul fiore di un piccolo sorriso. "Non hai bisogno di me. Mi vuoi, e questo è ciò che conta. Perché io voglio te. Troppo." Brevi frasi intervallate da quei respiri pesanti, ma significative. Frasi che si conclusero con un altro bacio lasciato sulle sue labbra prima di scostarsene di nuovo per darle un'ultima istruzione, espressa con un filo di voce assieme a una tenera carezza sulla sua guancia. "Fermami se ti faccio male, ok?" le chiese, serio in volto, prima di proseguire con la scia di quei baci lungo il suo corpo, accompagnando una carezza in punta di dita ad ognuno di essi. Non aveva alcuna fretta, si prese tutto il tempo del mondo, indugiando ampiamente in un continuo rimandare che aveva un che di crudele. Ma ad Albus, si sa, le cose fatte tanto per fare, frettolose, non erano mai piaciute. Era ambizioso il ragazzo, e forse era proprio per questo suo tratto caratteriale che era finito in Serpeverde: puntava sempre al massimo. E sì, anche il tenerla un po' sulle spine era compreso nel gioco. Infatti anche quando le sfilò la biancheria lo fece con estrema lentezza, senza cedere alla tentazione di annullare lì ogni aspettativa. Le rivolse uno sguardo in cui scintillavano tutti i mille pensieri che gli vorticavano per la testa, tutta la bellezza che vedeva impressa ad ogni curva del suo corpo. « Like she's the ocean and he's desperate to drown. » Tuttavia, ancora una volta, rigirò il dito nella piaga di quell'aspettativa, limitandosi a perpetuare quella lenta scia di baci lungo le sue gambe e poi a risalire con lo stesso passo, fermandosi poi sul suo interno coscia, lì dove lasciò dei piccoli morsi, chiudendo le labbra attorno alla sua pelle fino a creare una chiazza rossa sull'area interessata. Il suo cuore perse un battito prima di ricominciare a pulsare a mille come un treno, minacciando di esplodere da un momento all'altro. In altre circostanze, probabilmente, avrebbe fatto meno complimenti, pensando esclusivamente a sé stesso e al proprio piacere - sebbene di natura Albus fosse il tipo di persona a cui piacesse molto di più tirare il gioco per le lunghe. Con Betty, tuttavia, era diverso. Da una parte lo era perché si trattava della prima persona con cui condivideva più di un atto prettamente meccanico. Dall'altra perché sapeva che per lei fosse la prima esperienza, e dunque voleva renderla quanto più indimenticabile gli fosse possibile. E da una terza parte sembrava più interessato al piacere di lei che al proprio, beandosi in quei preliminari completamente dedicati a lei. Forse sì, da qualche parte vi era anche una vena di egoismo in quelle azioni, come un bisogno di sentir crescere in Betty il desiderio di lui, ma non era un minuscolo addendo all'interno di una somma di tante altre parti decisamente più forti nel suo animo. A quel punto, quindi, quando ritenne di aver alzato la posta in gioco al massimo delle sue possibilità, solo a quel punto spostò le sue labbra e le sue carezze sulla zona più sensibile di lei, stringendo il braccio attorno a una delle sue gambe. Man mano che andava avanti la attirava sempre più stretta a sé, dedicandosi completamente a lei come se non esistesse altro al mondo se non loro due. Dubitava di aver mai desiderato qualcosa o qualcuno in maniera così profonda e a tratti morbosa. Voleva percepire ogni brivido nel suo corpo, ogni scarica nervosa, la tensione di ogni muscolo. Perché i sentimenti che provavano l'uno per l'altra non se li erano mai davvero nascosti, ne' a parole ne' a sguardi, ma fino a quel momento non avevano avuto la possibilità di viverli nella loro maggiore intensità. Le avrebbe voluto dire mille parole in quel momento. Quanto la amasse, quanto fosse la cosa più bella che avesse mai visto, quanto la desiderasse in ogni maniera e in ogni momento..tutto questo e molto altro. Ma non lo fece, un po' per mancanza di parole sufficienti a rendere giustizia a quelle sensazioni, un po' per non spezzare il momento, e un po' perché era certo di non aver bisogno di dire nulla per farle capire ciò che sentiva. Gli bastò guardarla, con tutta l'intensità di cui era capace, interrompendo il contatto fisico solo quando lo ritenne opportuno, scivolando poi verso l'alto a lasciarle un bacio sul collo. E lì, stringendola a sé, si decise a parlare, in un filo di voce, per sussurrarle all'orecchio due sole parole dette col cuore in gola. "Ti amo." After all this time? Always.
     
    .
  7.     +1    
     
    .
    Avatar

    Member
    ★★★★

    Group
    Member
    Posts
    752
    Reputation
    +1,013

    Status
    Anonymes!
    Un piccolo angolo di paradiso, ecco come poteva descrivere Betty quel momento. In mezzo a tutta quella sofferenza si sentiva finalmente al sicuro, protetta tra le braccia del ragazzo che amava ancora con tutta sé stessa. Per lei l'intimità era sempre stata qualcosa di estranea ed imbarazzante, la campana di vetro sotto cui era cresciuta non le aveva permesso di esplorare la propria sessualità; i suoi genitori erano oltremodo protettivi e allo stesso tempo bigotti. Dopo la fuga di sua sorella avevano fatto di tutto per riguadagnare punti di fronte alla cerchia di amici altolocati, aristocratici di cui Betty detestava la compagnia. Ai suoi occhi si comportavano tutti come automi, si muovevano all'unisono, senza mostrare emozioni o sentimenti; persino i suoi genitori, nonostante fossero sposati da moltissimi anni, le sembravano due estranei costretti a convivere sotto lo stesso tetto. Una convivenza civile che lei non sarebbe mai stata in grado di accettare. Betty desiderava un amore fatto di passione, un amore di cui aveva letto nei libri; certa che non fosse solamente una favola inventata per le ragazze. In passato si era sempre tirata indietro perchè non si era mai sentita pronta e nonostante la sua ritrosia lui non aveva mai insistito troppo, aveva accettato di stare ai suoi tempi; senza metterle alcuna fretta, senza farla sentire sbagliata. Non c'era da stupirsi dell'attaccamento la tassorosso aveva sviluppato nei confronti del serpeverde. Lui la spronava ad essere sé stessa, a non vergognarsi dei propri desideri, le permetteva di essere libera, tutto ciò restando sempre al suo fianco; pronto a soccorrerla se lei ne avesse mai avuto bisogno. Una connessione talmente profonda da essere quasi palpabile. «Non hai bisogno di me. Mi vuoi, e questo è ciò che conta. Perché io voglio te. Troppo.» Avrebbe voluto correggerlo, dirgli che lei aveva bisogno di lui perchè senza si sentiva incompleta, perchè erano stati creati per completarsi, ma tutto ciò sui cui riuscì a concentrarsi furono le sue labbra. «Fermami se ti faccio male, ok?» Si limitò ad annuire di fronte a quella sua richiesta, accarezzando i lineamenti del suo volto prima di perdere la presa su di essi. Betty adorava questo suo desiderio di proteggerla e dopo il piccolo chiarimento che avevano avuto qualche giorno prima aveva capito che tutto ciò che lui aveva fatto era per tenerla al sicuro, ferirla e allontanarla era stato il modo in cui aveva scelto di proteggerla. Molti avrebbero potuto biasimare una scelta del genere, ma lei era in grado di capire quanto difficile e doloroso fosse stato per lui in primis. Sofferenze che in quel momento vennero spazzati via dalla dolcezza dei suoi baci. Non c'era spazio che per le sensazioni e i sapori. Betty piegò la testa di lato per non perdersi un solo momento, sempre alla ricerca del suo sguardo. Osservava le sue grandi mani tracciare disegni astratti sulla sua pelle e ben presto di ritrovò con la gola secca, sconvolta dai fremiti che le attraversavano il corpo. Non c'era modo di nascondersi di fronte al suo sguardo, ma allo stesso tempo lei non ne sentiva il bisogno perchè si fidava completamente di lui. Le sue mani le percorsero la pelle delle gambe, fino a posarsi sulla morbida pelle del suo interno coscia. Era una situazione assurda, surreale e del tutto nuova per lei. Era come un sogno in cui la pelle le formicolava e tutti i sensi si erano acuiti. Il cuore le batteva così forte che temeva di avere un infarto. Lui era delicato, del tutto concentrato su di lei, come se il suo unico desiderio fosse quello di farla sentire bene. Quando le sue labbra di spostarono in un punto ben più sensibile e intimo non poté fare a meno di sussultare. Un bacio dolce, da far fermare il cuore. Gettò la testa
    EUSPmuJ
    all'indietro, scossa da quelle nuove sensazioni che le pervadevano il corpo senza sosta. Si aggrappò ai capelli del ragazzo, stringendo la fitta chioma corvina tra le sue mani; sopraffatta da quella crescente tensione che le tendeva ogni muscolo del corpo. Betty sentiva di non essere più padrona di sé stessa, come se tutto il suo controllo si fosse andato a far benedire; lasciando che il suo corpo precipitasse. Le tremavano le gambe e le sue mani non facevano che aprirsi e chiudersi stringendo i suoi capelli. Soffocò un piccolo gemito mordendosi il labbro inferiori con i denti, alla disperata ricerca di un briciolo di controllo. Tutta la tensione accumulata si sciolse all'improvviso, propagandosi come un colpo di frusta lungo tutto il suo corpo; risucchiata all'interno di un vortice di cui non riusciva a vedere la fine. Lentamente la nebbia si diradò, lasciando il posto ad un piacevole indolenzimento, quasi come se tutte le sue articolazioni fossero fatte di burro. Quando i loro sguardi si incontrarono non poté fare a meno di emettere un piccolo lamento, sconquassata dall'intensità che emanavano in quel momento. Quando scivolò verso l'alto non poté fare a meno di aggrapparsi a lui con tutte le sue forze, annullando qualsiasi distanza tra di loro. Furono le parole che il ragazzo sussurrò al suo orecchio a stroncare definitivamente il suo cuore. «Ti amo.» Due parole che Albus Potter non avrebbe mai pronunciato alla leggera, per lui le parole erano importanti e non avrebbe mai permesso a stesso di pronunciarle se solo non le avesse sentite veramente. Una grande sorriso si aprì sulle labbra della ragazza, gli occhi velati ad un impercettibile velo di lacrime, lacrime di assoluta gioia. «Ti amo anche io...» Una conferma di cui il serpeverde non aveva bisogno, ma che lei sentiva di dover dire; urlare a gran voce che i suoi sentimenti non erano cambiati e che forse non lo avrebbero mai fatto. Si strinse al ragazzo, unendo nuovamente la propria bocca alla sua, in uno scontro di labbra che aveva un non so ché di famelico. Betty lasciò scivolare le mani tra i loro corpi, tastando ogni muscolo, saggiando la morbidezza della sua pelle. Fissò lo sguardo in quello del serpeverde quando si scontrò con la barriera rappresentata dai suoi pantaloni, le tremavano leggermente le mani, insicura sulla prossima mossa da fare, ma fu proprio in quegli occhi cristallini che trovò la forza di andare oltre; di essere intraprendente. Con entrambe le mani sfilò il bottone dalla sua asola e con entrambe le mani li spinse verso il basso, portandosi dietro anche la biancheria. Niente li divideva in quel momento e per un momento non poté fare a meno di farsi prendere dal panico; panico che scomparve nell'esatto momento in cui incontrò i suoi occhi. Tutto ciò che aveva sempre voluto era essere sua, donargli una parte di sé che lui non avrebbe mai potuto restituirle. Albus era sopra di lei e ogni più piccolo movimento non poteva fare altro che accentuare quel bisogno che Betty sentiva dentro di sé. Quando lui si mosse contro di lei sentì chiaramente il suo cuore fermarsi per un istante, per poi riprendere a battere all'impazzata. Non seppe dire se il corpo del ragazzo fu scosso da un tremito o se fosse le a tremare per l'eccitazione. Le mani si appoggiarono sul suo petto e poi posò la fronte contro quella del ragazzo, ispirando il suo profumo; ora più che mai convinta di voler tagliare quell'ultimo traguardo. Si guardarono negli occhi, dimenticandosi di ciò che li circondava, chiudendo il mondo fuori da quella stanza. Quando il ragazzo calò su di lei non poté fare a meno di andargli incontro e baciarlo, lasciando che tutta l'aria che aveva nei polmoni defluisse fuori. Lo sentiva procedere con calma, come se fosse fatta di vetro e avesse paura di mandarla in frantumi. Si aggrappò alle sue spalle e con vece roca non poté fare a meno di rassicurarlo. «Non sono fatta di vetro...non mi spezzerò.» Ti prego aiutami a colmare questa sensazione di vuoto. Era pronta e non voleva assolutamente aspettare ancora. Quando si spinse contro di lei non poté fare a meno di cingerlo con un braccio, sentendo le anche del ragazzo spingere contro le sue. Provò una fitta di dolore, che soffocò contro la spalla del ragazzo, mordicchiando la sua pelle chiara. Fu travolta da una piacevole pressione, accompagnata da quel dolore sordo che andava via via diminuendo. «Albus...» Sussurrò il suo nome con voce strozzata, sconvolta dalla profondità della loro unione. Gli avvolse le gambe intorno alla vita per permetterli di muoversi con più libertà, affinché la potesse guidare. Le girava la testa dalla felicità e il cuore sembrava sul punto di scoppiare talmente era felice. Betty sentiva la pelle incandescente, come se stesse andando a fuoco e non poté fare a meno di tremare mentre cercava ancora una volta le sue labbra, sussurrandogli ancora una volta quanto lo amasse.
     
    .
  8.     +1    
     
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Ricercati
    Posts
    1,867
    Reputation
    +2,294

    Status
    Anonymes!

    Il peccato originale. Nasce tutto da lì. Dalla disobbedienza. Dall'incapacità umana di resistere alle tentazioni, anche se ciò comporta l'allontanamento da una condizione di grazia come quella in cui si è stati originariamente creati. Una disobbedienza che ha portato alla cacciata dal paradiso e, secondo alcune teorie, al vero e proprio vincolo di mortalità che ci lega alla Terra per un tempo determinato. Siamo per natura portati ad allungare maggiormente la mano verso ciò che ci è proibito, e in qualche maniera, per Albus, Betty aveva sempre costituito ciò. Era sempre stata quella scintillante mela rossa che qualcuno gli aveva detto di non cogliere. Ma più gli veniva proibito, e più se la negava da solo, più quel desiderio cresceva nel suo cuore fino a raggiungere proporzioni cosmiche. Tuttavia, si sa, ogni processo consiste in due fasi nettamente distinte: una pars destruens e una pars costruens. Desiderio di distruzione e desiderio di edificazione convivono in pari misura nell'animo umano, capace di radere al suolo tutto ciò che incontra solo per poi costruirvi un impero che rispecchi la grandezza delle sue ambizioni. Albus e Betty si erano distrutti per tanto tempo, arrivando a spargere il sale sulle ceneri dei rispettivi cuori in un sadico piacere guerrafondaio che mirava a non lasciarsi dietro alcuna traccia di vita. Per rinascere bisogna prima morire, e come un'araba fenice, da quelle ceneri loro avevano iniziato pian piano a risalire. Siamo tutti, chi più e chi meno, creature atte alla conquista, mirate a ridisegnare le linee del mondo per soddisfare la nostra personale idea di come dovrebbe essere. In Albus, questo spirito, era più forte che in tanti altri. A prima vista nessuno avrebbe detto che il giovane Potter possedesse in sé un'indole a tratti napoleonica, ma a prima vista, si sa, ci si sbaglia quasi sempre. L'animo di Albus cantava a gran voce una lunga lista di bisogni profondi che probabilmente nemmeno lui realizzava completamente. Nonostante il caratteraccio scostante, cinico e a tratti misantropo, il ragazzo aveva una schiacciante necessità di sentirsi desiderato, coniugata al quasi ossimorico bisogno di proteggere chi aveva intorno. Betty, senza saperlo, gli forniva tutto ciò, dandogli la possibilità di essere l'uomo che voleva essere. Lo spronava ad essere una persona migliore, a crescere e prendere una posizione più forte, spogliandolo dell'insicurezza che lo aveva sempre accompagnato all'interno di quella vita in cui tutti lo trattavano come se fosse un fragile oggetto capace di rompersi al tocco più gentile. Per anni era stato fatto seguire da fior fior di psicologi, costretto a vedere riflessa allo specchio l'immagine di una persona debole. Era forse stato proprio quel piccolo e involontario tassello a martoriarlo di più nell'anima, instillando in lui il bisogno di vedersi come qualcuno capace di essere forte, di essere anche lasciato a sé stesso senza il timore di spezzarsi. La mossa di chiuderlo in un riformatorio era stata il colpo di grazia, quella che veramente lo aveva fatto sentire fragile, minando ulteriormente quella poca sicurezza che aveva rimasta in sé stesso. Ma Betty, no, lei questo non gliel'aveva mai fatto. Non lo aveva mai fatto sentire debole, ne' tanto meno fragile, anzi, i suoi erano gli unici occhi tramite i quali lui riusciva a vedersi sotto una luce diversa, come qualcuno su cui ci si poteva appoggiare. Spesso e volentieri la sua insicurezza lo aveva portato a rigettare quel modo in cui lei lo vedeva, credendo che l'amore della ragazza stesse distorcendo la sua percezione di lui. Eppure ora iniziava a capire quanto fosse stato stupido nel pensarlo, perché in fin dei conti è anche in ciò che consiste la profondità di un rapporto sentimentale: nel vedere all'interno dell'altro parti che a lui sono ancora ignote, spronandolo a tirarle fuori e farle brillare. Loro lo avevano sempre fatto senza rendersene conto, e solo adesso il Serpeverde capiva davvero l'importanza e la forza di ciò che li legava. Tante canzoni le aveva dedicato nella speranza di comunicarle quel concetto che viveva nel suo inconscio, e ogni volta sentiva di non aver detto nemmeno un decimo di quello che sentiva. Forse aveva solo avuto bisogno di tempo per capirlo lui in primis.


    "Ti amo anche io..." sorrise, prima di riunire le labbra alle sue in un bacio che si faceva mano a mano più impreciso, segno della montante eccitazione che non gli permetteva il ferreo controllo sui propri movimenti. Si scontravano come se fossero alla ricerca di un modo che gli permettesse di convivere l'uno nel corpo dell'altro in maniera totale, annullandosi, distruggendosi e riedificandosi al contempo. Pars destruens e pars costruens. Quando le mani della ragazza si fermarono sull'orlo dei suoi pantaloni, i due si scambiarono uno sguardo, e in quello di Albus comparve una vena rassicurante, come se le volesse dare l'input necessario a continuare. Perché diamine, non voleva nient'altro con maggiore intensità. E quando fu libero anche degli ultimi indumenti rimasti, la strinse più forte a sé, lasciandosi ottenebrare da quella sensazione di calore che si scambiavano reciprocamente, dalle reazioni che lei provocava in lui e lui in lei. Ogni contatto, ogni carezza in punta di dita, ogni sfregamento dei loro corpi, tutto in lui produceva tremiti di pura elettricità. Lo voleva e al contempo ne aveva paura, quasi temesse che un tocco anche solo lievemente più deciso potesse farla sgretolare tra le sue mani come argilla. Voleva sentire la sua sicurezza, quella di cui in realtà conosceva già la portata, ma che voleva comunque rispettare per non essere il tipo di ragazzo che prendeva semplicemente ciò che voleva senza curarsi dei tempi altrui. Tuttavia fu proprio lei a dargli la certezza di cui aveva bisogno, leggendo probabilmente nei suoi movimenti quella straziante dicotomia che lo stava facendo impazzire. "Non sono fatta di vetro...non mi spezzerò." Una scintilla di malizia andò a illuminare i suoi occhi e a dipingere un sorrisino astuto sulle sue labbra, lasciandovi sfuggire una breve risata roca nell'atto di spingersi maggiormente contro di lei, mordicchiandole il lobo dell'orecchio per poi sussurrarvi piano. "Lo sai che così non fai altro che provocarmi, vero?" Uomo avvisato, mezzo salvato. Stai giocando con il fuoco, Branwell. E infatti si sporse veloce verso il comodino, aprendone di scatto un cassetto per rovistarvi all'interno distrattamente, estraendone ciò di cui aveva bisogno per poi richiudere lo scomparto altrettanto velocemente. Fu un vero fulmine nel calarsi la protezione addosso, ma decisamente meno irruento fu nello stringere le mani sui fianchi della ragazza, sollevandone il bacino per attirarla meglio a sé. Per un istante l'unico rumore che avvertì fu il potente battito della sua pressione sanguigna, quella che gli stava letteralmente facendo esplodere il petto nel rivolgere a Betty un altro sguardo colmo di intensità prima di superare anche quell'ultima barriera rimasta tra loro. Chiuse gli occhi per un istante a quel contatto, affondando il viso nell'incavo del suo collo mentre la pressione delle dita sulle gambe di lei si faceva più forte. A chiederglielo ora, davvero non saprebbe dire come riuscì a controllare i propri movimenti per far sì che non fossero troppo bruschi, ma sicuramente direbbe che non fu affatto facile. Costrinse le proprie anche a muoversi lente, approfondendo quel contatto man mano che Betty si abituava alla sensazione, curandosi di sostenerla in quei tremiti muscolari che li stavano attraversando. "Albus..." nel sentire il proprio nome lasciare le labbra della ragazza in quella maniera, parte del suo controllo andò completamente a farsi benedire, portandolo ad attaccarsi con una mano alla testiera del letto mentre dal suo corpo si propagava un movimento decisamente più spinto dei precedenti. Una cosa semplice come il proprio nome, per qualche ragione, ebbe il potere di sconvolgere ogni cellula del suo corpo, provocandogli emozioni tanto forti da sfuggire alla sua gestione. Fosse stato per lui, avrebbe voluto sentirglielo dire a oltranza, tanto da sovrastare il lieve cigolio delle molle del materasso e il ritmo dei colpi sordi che la testiera produceva nel cozzare contro il muro a cui si poggiava. Nemmeno si rese conto delle parole che stavano uscendo dalle sue labbra, quelle che le chiedevano con voce smorzata dall'affanno di continuare a ripetere il suo nome. Niente, ormai era partito di testa e solo un miracolo avrebbe potuto riportarlo alla sanità e al contegno. Questo è il problema e allo stesso tempo il gran beneficio dell'aver aspettato così tanto tempo: se da una parte si finiva per uscire fuori dai gangheri nella maniera più completa, dall'altra non si poteva dire che non fosse vero che l'attesa aumentasse il piacere. Albus percepiva in maniera così bruciante il bisogno del tocco di lei da non riuscire a produrre nessun altro pensiero, il che è veramente straordinario per un cervellotico come lui. E man mano che andava avanti si spingeva sempre di più contro il suo corpo fino a sentirsi mancare il respiro. Senza pensarci troppo spinse le gambe di lei a sollevarsi ulteriormente, ponendosele entrambe sulle spalle mentre si chinava a lasciarle un altro profondo bacio sulle labbra, spinto da un gemito che sembrava risalirgli dal petto senza possibilità di essere controllato. Il mondo, per lui, sembrava ormai essere ridotto a quella stanza, o più nello specifico a quel letto, tanto che sarebbe cascato dal pero all'affermazione più ovvia se gli fosse stata rivolta in quel momento. 'Oggi piove' 'Che? Siamo già nel duemiladiciassette? Come passa veloce il tempo.' Un esempio spicciolo della conversazione che sarebbe saltata fuori se si fosse trovato a doverne imbastire una con la testa che si trovava in quel momento. Farfugliava cose sconnesse contro il collo di Betty, mordicchiando la sua pelle candida e ritrovandosi a incollarvi le labbra e aspirare al punto da lasciarvi delle chiazze rossastre che l'indomani si sarebbero manifestate in segni violacei. Se avesse avuto capacità di raziocinio, probabilmente non lo avrebbe fatto, timoroso che qualche personaggio un po' troppo ficcanaso si prendesse la libertà di tormentarli a riguardo. Ma siccome non c'era nessun neurone a fargli da consulente in quel momento, si lasciò andare all'impeto, ritrovandosi a farfugliare parole di dubbia comprensibilità, ma che a occhio e croce dovevano essere un misto di confessioni d'amore e preghiere (no, non di stampo religioso, ovviamente). Qualsiasi cosa dicesse o facesse gli rimbombava nel petto con una forza sconvolgente, ripercuotendosi su quel ritmo sincronizzato che ormai avevano acquisito. Albus e Betty erano probabilmente il tipo di persone da cui meno ci si sarebbe aspettati un simile pathos, ma che dire? E' proprio vero che le virtù si trovano nei luoghi più insospettabili.
     
    .
  9.     +1    
     
    .
    Avatar

    Member
    ★★★★

    Group
    Member
    Posts
    752
    Reputation
    +1,013

    Status
    Anonymes!
    «Lo sai che così non fai altro che provocarmi, vero?» Sorrise di fronte a quella piccola battuta, forse un modo per il serpeverde di smorzare un po' la tensione. Betty era chiaramente inesperta, ma nonostante ciò non si sentiva a disagio, tutto ciò che faceva era seguirlo; rispondendo alle sue carezze, lasciando il suo corpo libero di muoversi. La prima spinta le fece stringere i denti, la seconda la costrinse ad aggrapparsi alle spalle del ragazzo e la terza le rubò un piccolo gemito; come se il nome del ragazzo fosse l'unica parola che si ricordasse. Sentirlo dentro di sé in quel modo era una sensazione indescrivibile, come se avesse finalmente trovato il suo posto nel mondo. Tutto ciò che stavano condividendo non era altro che la conferma di ciò che entrambi avevano sempre saputo: da tempo avevano infatti rinunciato ad una parte di essi, parte che l'altro avrebbe custodito gelosamente per sempre. Nessuno dei due aveva idea di cosa sarebbe successo nel futuro, ma Betty era certa che non ci sarebbe mai stato un altro Albus; il ragazzo si era piazzato prepotentemente nel suo cuore e molto probabilmente mai ne sarebbe uscito. Tennyson diceva che: "E' meglio aver amato e perso, che non aver mai amato." Lei aveva amato Albus e l'aveva anche perso, ma tutta quella sofferenza li aveva esattamente portati a quel momento, ma indifferentemente da ciò la tassorosso non sarebbe mai tornata indietro; nemmeno se avesse avuto la possibilità di cancellare il dolore. Tutte le lacrime che aveva versato erano la prova che i suoi sentimenti erano veri, reali e talmente forti da essere quasi tangibili. Sentimenti che non facevano altro che intensificare tutto ciò che stava provando ora tra le sue braccia. Quando le spinte del ragazzo si fecero più forti e la sua presa più salda non poté fare a meno di stringersi a lui, quasi come se temesse di non essere in grado di gestire quel fiume di emozioni. «A-albus...» Balbettò la ragazza, incapace di trattenere quei piccoli gemiti che le scappavano dalle labbra. Ciò che stavano facendo era talmente intenso da mandarle completamente in tilt il cervello. Le spinte timide e accorte dell'inizio avevano lasciato il posto a qualcosa di diverso, ad un bisogno primordiale che chiedeva di essere soddisfatto. Lui la stava amando con fervore e lei non poteva fare altro che aggrapparsi, come se lui fosse la sua ancora di salvezza. Quando sentì le labbra sul suo collo non poté fare a meno di portare le mani tra i suoi capelli per stringerlo a sé con più forza. Sentiva chiaramente la pressione della sua lingua sulla tenere pelle del collo e l'umida scia lasciata dalle sue labbra fameliche. Betty non
    iPVD9mf
    pQTDn7o
    poté fare a meno di chiedersi se sarebbero rimasti i segni, quelle piccole chiazze rossastre che molte ragazze ostentavano con orgoglio. Lei avrebbe voluto nasconderle, non per vergogna, ma perchè quei momenti erano solamente suoi e di Albus; non voleva che degli sconosciuti li sporcassero con le loro insinuazioni, voleva proteggerli e custodirli per sempre. I loro corpi scivolavano l'uno sull'altro come se stessero danzando, un ballo antico che risaliva alla creazione del creato; fatto di passi che non potevano essere insegnati. Si incastravano perfettamente, come se fossero stati creati per stare insieme; l'uno la metà dell'altro. Più Albus si spingeva dentro di lei e più per Betty diventava difficile controllare le proprie reazioni, come se il suo corpo stesse prendendo il sopravvento. Allungò le braccia lungo la sua schiena e lo accarezzò, saggiando quei muscoli che si contraevano ad ogni spinta, saggiando con mano la sua forza. Lo strinse ricambiando quella forza, lasciando che le unghie si conficcassero lungo la sua schiena, quasi come se cercasse un modo per fargli capire quanto incontrollabili fossero le sue emozioni. Era un crescendo di sensazioni. Spostò leggermente il viso per poterlo guardare negli occhi, le guance arrossate e il respiro accelerato per la foga della loro passione. «tua...» Sussurrò affannata al suo orecchio perchè Betty sapeva che non sarebbe mai appartenuta a nessun altro, così come a nessun altro si sarebbe potuta donare totalmente; rinunciando a una parte del suo cuore, perchè tutto ciò sarebbe per sempre rimasto del giovane Potter. Più tempo passava e più Betty sentiva il bisogno impellente di andargli incontro; di rispondere alle sue spinte. Mosse il bacino e non riuscì a trattenere il sospiro di piacere che si infranse contro l'orecchio del ragazzo. Piccole scariche elettriche continuavano a trapassarle il corpo, facendola rabbrividire, spingendola a muoversi con più urgenza. Percepiva il peso del corpo del ragazzo sopra il suo, una pressione di cui non avrebbe mai voluto fare meno. Accaldata e scarmigliata non poté fare meno di stringersi a lui, alla ricerca di un appoggio, spaventata dall'intensità di ciò che stava provando. L'avrebbero ancora giudicata perfetta e intoccabile? Un sorriso nacque spontaneo sulle sue labbra, perchè lei non era perfetta; lei era semplicemente una ragazza innamorata, decisa a non lasciare che la morte consumasse la sua vita. Lei voleva tutto questo, forse dentro di sé l'aveva sempre voluto, ma aveva avuto bisogno della spinta necessaria per elaborare e comprendere quel desiderio. Un desiderio che non faceva altro che crescere e stordirla. C'erano solo loro ora, i loro corpi, i loro sospiri, i loro cuori e quel tremendo bisogno di appartenersi. Lei era in balia della sua forza e non poté fare a meno di baciarlo con foga, sentendo la tensione crescere dentro di sé. Gli prese il volto tra le mani, lasciando che i suoi sospiri si infrangessero sulle labbra del ragazzo, mentre tremante rincorreva quel piacere che lui le stava donando. Ripeté ancora il suo nome mentre le sue spinte si facevano più veloci, stringendo con forza i suoi lunghi capelli scuri. Betty sapeva di essere vicina a qualcosa che non aveva mai provato prima, ad una libertà che fino ad ora non aveva nemmeno saggiato. Strinse le cosce contro i suoi fianchi e risponde con foga ai suoi movimenti, fino a quando sentì il sospiro profondo del ragazzo. In quel momento fu come se il mondo avesse smesso di girare, riempiendosi dei colori dell'arcobaleno. Un'esplosione che la spinse a stringersi a lui con tutta la sua forza, come se desiderasse diventare un'unica entità. Il cuore le batteva furioso, mentre profondi sospiri si infrangevano contro la pelle del ragazzo. Sorrise la tassorosso, gettando la testa all'indietro mentre il suo corpo continuava a formicolare. Riportò lo sguardo in quello del ragazzo e gli sorrise con gli occhi lucidi, ancora sconvolta dalla portata delle emozioni che l'avevano scossa. Lo attirò a sé e lo baciò ancora una volta, rifiutandosi di lasciarlo andare. Lo sentì scivolare via e tutto ciò che riuscì a fare fu intrecciare le gambe dietro alla sua schiena per impedirgli di allontanarsi. Scosse la testa verso di lui mentre lo riportava contro di sé, voleva ancora bearsi di quel calore; spaventata da ciò che sarebbe potuto succedere se l'avesse lasciato andare. «N-non ancora...» La sua voce era sottile, ancora scossa dai piccoli tremiti. Lasciò che Albus poggiasse la testa vicino al suo collo e portò le mani tra i suoi capelli, accarezzando quella chioma selvaggia che aveva un po' bistrattato. Non sapeva cosa dire la tassorosso, avrebbe potuto dirgli ancora una volta ti amo, ma con ciò che era appena successo era come se lo avesse gridato a gran voce. Non voleva fare altro che stringersi a lui e ascoltare il ritmo del suo respiro, cercando di cogliere i battiti del suo cuore per capire se anche quello del ragazzo batteva incontrollato come il suo. Voleva rimanere tra le sue braccia e dimenticare la realtà che li aspettava all'esterno di quella camera.
     
    .
  10.     +1    
     
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Ricercati
    Posts
    1,867
    Reputation
    +2,294

    Status
    Anonymes!

    Inizia tutto col Big Bang e l'energia. Come il più casuale e improbabile dei contatti sia riuscito a dar vita a un intero universo in continua espansione. La percentuale di probabilità che ciò accadesse era inferiore allo 0%, eppure eccoci qua. Qualche atomo si è scontrato e miliardi di anni dopo ha reso possibile che sul più casuale dei pianeti si sviluppassero le altrettanto improbabili condizioni affinché nascesse la vita umana. Se ci pensi troppo a lungo finisci per impazzire, è matematico. O nella migliore delle ipotesi finisci per inventarti qualcuno che questa cosa la deve aver progettata per forza, altrimenti davvero non ha senso. Può essere completamente frutto del caso? E se uno di quegli atomi si fosse trovato da un'altra parte? E se le piogge di meteoriti non ci fossero mai state e l'acqua non si fosse mai creata? A rifletterci fa paura quanto esiguo sia il controllo che si può avere su qualsiasi cosa. Passi la maggior parte della tua vita a cercare di indirizzare tutto verso una meta prestabilita, e poi arriva un ammasso di atomi a caso e spazza via tutto. Completa illogicità. Poi però quegli atomi si scontrano, e BEM! Eccoti servito un bell'universo. Buona fortuna a controllarlo! La relazione di Albus e Betty era un universo a sé stante, con le proprie leggi in continua mutazione ed espansione. Stargli dietro era quasi impossibile persino per i diretti interessi. Facevi un passo pensando di ottenere una cosa, e alla fine ti trovavi con tutt'altro tra le mani. Era energia, era continuo mutamento, distruzione, rifacimento. Le tattiche non funzionavano, perché nel mentre di farle ti erano già cambiate le carte in tavola e finivi puntualmente per ritrovarti tanto spaesato quanto lo eri prima. Betty e Albus erano un microcosmo straniante che si consumava in sé stesso con una ferocia a dir poco famelica, escludendo qualsiasi cosa fosse al suo esterno. A tratti il loro, forse, poteva apparire come un amore tanto morboso da risultare tossico, perché erano gli unici in grado di resistere a una presa così stretta. Chiunque altro, con ogni probabilità, sarebbe stato soffocato da loro. Perché sì, Albus poteva davvero essere soffocante nel suo privato. Veniva risucchiato da ciò che sentiva suo come un buco nero, e al tempo stesso risucchiava alla medesima maniera l'oggetto delle sue passioni. « Le gioie violente hanno violenta fine, e muoiono nel loro trionfo, come il fuoco e la polvere da sparo, che si consumano al primo bacio. » Albus non era mai riuscito a intravedere i confini del loro piccolo universo, non sapeva quali fossero le sue linee di demarcazione, ne' dove finisse per far vivere altro. Sapeva solo che non gli sarebbe mai stato davvero possibile uscirne totalmente, non senza un'esplosione altrettanto violenta come quella che l'aveva messo in essere. Ma è la paura della morte che ci spinge a vivere, e solo la consapevolezza del limite estremo dà al paragone la gioia di ciò che lo precede. Senza limiti, senza morte, non avrebbe senso tutto il resto, poiché ciò che è, è in virtù del suo contrario. E se non c'è il rischio di farsi del male, non è nemmeno possibile la felicità. L'amore è probabilmente la cosa più dolorosa del mondo persino nella sua massima fioritura, perché ogni vaccino contiene in sé la malattia di cui è curatore.
    Quando le unghie di lei scavarono nella sua pelle, dolore e piacere si fusero nel corpo incandescente di Albus sotto forma di scariche elettriche, portandolo a gemere con una certa forza contro la pelle candida del suo collo. Non saprebbe dire quale in lui fosse l'appagamento più forte tra le reazioni che provocava nel corpo di Betty, quelle che lei instillava in lui o il semplice fatto di rendersi a vicenda palese quanto profondo fosse il desiderio l'uno dell'altra. Forse era un misto di tutte queste cose e molte altre. Ciò che sapeva è che non voleva trattenersi. Desiderava ardentemente farle sentire il proprio piacere al suo tocco, tanto quanto desiderava sentire il piacere di lei. Sì, forse era quella l'eccitazione maggiore del gioco: le reazioni di Betty ai suoi movimenti. Da quanto Hogwarts si era chiusa in sé stessa, calando in una notte perenne, le temperature erano vertiginosamente scese sotto lo zero, portando nel castello un gelo a tratti insopportabile; eppure in quel momento Albus stava letteralmente avvampando di calore, con la fronte imperlata di sudore tanto quanto gran parte del suo corpo, tutto in risposta a quell'emozionante esercizio fisico. "Tua..." gli occhi di Albus si puntarono in quelli della ragazza con una passione quasi famelica mentre un'altra spinta più forte si propagava da lui, portandolo ad avanzare una mano tremante sul viso della ragazza ad accarezzarle una guancia, fermandosi poi col pollice sulle sue labbra a schiuderle appena prima di avventarvisi nell'ennesimo bacio. "Mia.." calcò con voce roca, ormai troppo preso dalla situazione per ponderare logicamente ciò che diceva o faceva. Albus era sempre stato un ragazzo geloso, con una certa propensione al possesso, ma mai quanto in quella situazione aveva messo a nudo quella parte di sé. Di norma cercava puntualmente di nasconderla, timoroso di spaventare il prossimo con il suo eccessivo attaccamento. Eppure c'era, era lì, palese per la prima volta come non mai. Il problema è che Albus le mezze misure non le ha mai conosciute: passa da un estremo all'altro con troppa facilità, e dunque vuole tutto o niente, senza compromessi. Fin da bambino era stato così: non prestava a nessuno i propri giocattoli, ed era capace di dare in escandescenze nel giro di mezzo secondo se qualcuno provava a prenderglieli. Con Betty era lo stesso: se ne era tenuto a distanza perché sapeva che altrimenti avrebbe ceduto. E infatti ecco dov'era finito il loro 'restiamo amici': per terra, insieme agli indumenti che si erano tolti. Gli era bastato il minimo riavvicinamento a lei per crollare preda di quei sentimenti che aveva in ogni maniera cercato di reprimere. E sì, magari nell'atto pratico non sapeva cosa ciò avrebbe comportato l'indomani, ma per il momento gli bastava sapere quello: che lei era sua, così come suo lo era anche lui.
    HaoqjZo
    Non giocare col cibo nel piatto, gli avevano sempre detto i suoi genitori e insegnanti ogni qualvolta Albus mostrasse quel suo brutto vizio. Checché se ne dicesse, a lui giocare piaceva, in ogni circostanza. Era eccitante. Era adrenalinico. E in camera da letto lo era nella sua massima espressione. Per questo, quando sentì che Betty cominciava a muoversi a sua volta verso di lui, un sorrisino comparve sulle sue labbra nel rendersi conto di ciò che stava accadendo. Quasi impercettibilmente attenuò i suoi movimenti fino a fermarsi, per il solo gusto di vedere come la ragazza reagiva all'essere lasciata un po' sulla corda. Ricordiamocelo sempre: l'attesa aumenta il piacere. E infatti il sorriso sulle labbra di Albus si fece pian piano più carico di eccitazione nel sentire che era lei stessa ad andargli incontro, a desiderarlo. Si nutrì di quella sensazione come se fosse l'ultimo goccio d'acqua nel deserto, assimilandolo talmente in profondità da chiuderlo in sé a doppia mandata. Chiedetelo a lui e vi dirà che è stata la cosa più eccitante della sua vita. Quando la vide sorridere non poté trattenersi ancora dal riprendere quel movimento con crescente passione, premendo il proprio corpo contro quello della bionda man mano che approfondiva il loro contatto. Nel sentire il proprio nome lasciare nuovamente le sue labbra, un incontrollato ringhio di esaltazione risalì dal suo petto, aprendo la pista al rumore sordo della testiera del letto che cozzava con forza crescente contro il muro, direttamente proporzionale alle spinte di lui. Povere anime che si erano ritrovate ad occupare la stanza accanto alla loro! Se anche fossero riuscite a prendere sonno, di certo loro glielo avevano tolto. E infatti a un certo punto si sentì persino battere due grossi colpi dall'altro lato della parete, accompagnati da un furioso "C'è gente che sta provando a dormire, cazzo! Regolatevi!" a cui ovviamente Albus non rispose, e che con altrettanta probabilità nemmeno sentì sul serio. Di certo, poi, non sarebbe stata una lamentela a convincerlo ad abbassare i toni. Non a caso gli sfortunati della stanza accanto ottennero solo il risultato contrario. Con una mano saldamente poggiata al muro e l'altra occupata a stringere la coscia di Betty, i movimenti di Albus andarono solo in crescendo, intensificandosi al massimo quando sentì le gambe di lei stringersi attorno ai suoi fianchi. I gemiti di lei lo travolsero completamente, trovando immediatamente eco nei propri mentre ogni cellula del suo corpo esplodeva all'unisono nel massimo piacere che avesse mai provato. Sincronia completa. Una cosa più unica che rara. Non gli era mai capitato di raggiungere l'apice del rapporto insieme alla persona con cui lo condivideva. Fino a questo momento almeno. E davvero non c'era nulla di più bello di condividere quell'intensità con qualcuno, guardandolo negli occhi e leggendovi tutto ciò che si ha bisogno di sentire. Esausto e col cuore che gli scoppiava nel petto, si abbandonò pian piano su di lei, sciogliendo la tensione di tutti quei muscoli contratti all'unisono. Un sorriso di pura felicità affiorò sulle sue labbra, lasciandovi sfuggire una risata liberatoria a bassa voce prima di lasciare un bacio tanto dolce quanto profondo sulle labbra di Betty. Quando scivolò un po' più in là, semplicemente per lasciarsi agio nel togliere il preservativo e allungarsi a buttarlo nel cestino, la Tassorosso si avvinghiò con più decisione a lui, quasi avesse paura di lasciarlo andare. "N-non ancora..." rise, Albus. Rise ancora una volta. Probabilmente avrebbe riso per altri cent'anni da quanto era su di giri. "Tranquilla, non vado da nessuna parte." sussurrò, rivolgendole uno sguardo dolce e una carezza prima di riportare il viso accanto al suo, avvolgendola in un abbraccio. Sospirò, lasciandosi cullare dal tocco delle dita di lei tra i suoi capelli. Non saprebbe dire per quanto tempo rimase in silenzio, probabilmente non poi così tanto, ma oramai davvero la concezione temporale in lui era del tutto saltata. "Pensavo di farmi una doccia tra.." alzò lo sguardo verso l'angolo sinistro della sua visuale, in un fare pensoso che andava a cozzare col sorrisino divertito stampato sulla sua faccia. "..circa dieci minuti." Tempo di ricarica, prassi. Le sue iridi azzurre saettarono vivacemente in quelle di lei. "Ti ho mai parlato di quanto detesti in maniera profonda lo spreco d'acqua? In tempo di guerra, fare una doccia per uno è da criminali." Sollevò un sopracciglio con aria allusiva, ritrovandosi tuttavia a ridacchiare alle proprie stesse parole prima di drizzarsi a sedere con la schiena contro la testiera, accarezzando con una mano i capelli di Betty mentre con l'altra si allungava a prendere il pacchetto di sigarette e il posacenere dal comodino. Velocemente ne estrasse un paio, porgendone una alla ragazza. "Su, tanto che hai fatto trenta, fai pure trentuno. Una sigaretta non ti farà nulla." E la sigaretta post sesso, si sa, è la migliore. Praticamente d'obbligo. Aspirò un profondo tiro dalla propria, assaporandola completamente in quella bolla di completa tranquillità che si era andata a creare. Praticamente atarassia. Aveva dimenticato tutto ciò che esisteva al di fuori di loro, e a quanto pareva non aveva alcuna intenzione di ricordarselo fino a quando non sarebbe suonato quel dannato allarme. Gli bastava stare lì, a cullarsi in quella situazione e accarezzare con le dita la spalla di Betty. "A che pensi?" le chiese, quasi senza rifletterci, rivolgendole un sorriso spensierato.

    A cake's no good if you don't mix the butter and bake it
    And love's just a bubble if you don't take the trouble to make it
    So if you're free to go with me, I'll take you quicker than one, two, three
    Let's go. Times a wastin'


     
    .
  11.     +1    
     
    .
    Avatar

    Member
    ★★★★

    Group
    Member
    Posts
    752
    Reputation
    +1,013

    Status
    Anonymes!


    Oh, you're in my veins
    And I cannot get you out
    Oh, you're all I taste
    At night inside of my mouth



    Betty fissava il soffitto ad occhi aperti, il respiro che piano piano rallentava, mentre il suo cuore sembrava non volerne sapere; continuava a battere velocemente nel suo petto. Sentiva il corpo del ragazzo contro il suo, entrambi ancora sudati e ansanti, alla ricerca della quiete dopo la tempesta. La sua mente era un groviglio di emozioni, un susseguirsi di pensieri confusi che non riusciva a riordinare. Abbassò il volto verso Albus e non poté fare a meno di arrossire, li depose un bacio sulla fronte, senza sciogliere l'abbraccio che li univa. Betty non voleva rinunciare a quella sensazione di pace, a quella gioia che non faceva che fremerle sotto la pelle; rendendola luminosa e deliziosamente arrossata. Sapeva che al di fuori li aspettava la cruda realtà, ma per ora voleva ignorarla, fingere che non esistesse niente all'infuori di loro. «Pensavo di farmi una doccia tra....circa dieci minuti.» La tassorosso era completamente assorbita dal suo sorriso, un sorriso che troppo tempo non vedeva sulle labbra del ragazzo. Avrebbe voluto fermare il tempo e congelare quell'istante per tenerlo con sé per sempre. Entrambi erano pervasi da una leggerezza che sembravano aver dimenticato, lei stessa si sentiva felice come mai le era capitato in vita sua. «Ti ho mai parlato di quanto detesti in maniera profonda lo spreco d'acqua? In tempo di guerra, fare una doccia per uno è da criminali.» Sorrise di fronte a quell'audace invito e istintivamente si portò una mano sul volto per assicurarsi di non essere arrossita. Sbuffando nascose il volto nel cuscino, ridendo di quanto le sue emozioni e i suoi pensieri potessero visibili. «Beh allora suppongo che non possiamo permetterci di sprecare le scorte d'acqua...» In cuor suo sperava di aver ancora abbastanza tempo prima che l'allarme iniziasse a suonare, costringendoli a raccogliere le proprie cose per abbandonare la sala comune. Osservò
    AnGgXrU
    ogni suo movimento, senza vergognarsi di fissare con interesse il suo corpo; come se volesse memorizzare ogni minimo dettaglio. Quando le allungò una sigaretta non si fece nessun problema a rifiutarla, l'odore di fumo era qualcosa che le piaceva solamente addosso ad Albus. Nei sui ricordi era sempre persistente quel profumo di muschio mischiato al tabacco, un connubio potente in grado di stordirla. Sentiva le sue dita sul suo corpo e mai sensazione le era stata più dolce. Quanto aveva bramato il suo tocco senza neanche rendersene conto? Fin troppo si rispose. Non avevano fatto altro che respingersi, eppure venivano sempre tirati indietro; come se non potessero fare a meno di stare l'uno vicino all'altra. Attratti da una forza che non potevano contrastare, tanto che preferivano ferirsi piuttosto che ignorarsi del tutto. In punta di dita carezzò le braccia del serpeverde, tracciando linee astratte di cui neanche lei conosceva la forma. Quei momenti erano così perfetti da mozzarle il fiato, aveva seguito i propri desideri e in cambio aveva ricevuto qualcosa di prezioso che avrebbe conservato per sempre; indipendente da ciò che sarebbe successo in futuro. «A che pensi?» La voce del ragazzo la riportò alla realtà e tutto ciò che riuscì a fare fu un sospiro estasiato, cercando di mettere ordine tra i vari pensieri che affollavano la sua mente. Non c'era una risposta semplice a quella domanda, perchè Betty in quel momento stava pensando a tutto e niente nello stesso momento. Avrebbe voluto essere in grado di esporre tutto in maniera chiara e coincisa, ma ciò che era appena successo le aveva tolto qualsiasi capacità di raziocinio. Si issò su un gomito, senza staccarsi dal ragazzo perchè aveva bisogno del suo calore, del contatto tra i loro corpi e dell'elettricità che continuava a scorrere. Intrecciò le gambe alle sue e poggiò la testa sul suo petto, ascoltando il suo cuore, quasi come se stessa cercando di sincronizzarsi con esso. «Sto pensando a così tante cose, vorticano tutte nella mia testa e faccio quasi fatica ad afferrare un pensiero concreto...» L'ennesima prova di come il ragazzo avesse il potere di scuotere il suo mondo, di destabilizzare le fondamenta della sua persona. «Mi sento così libera...così felice...» Come non mi capitava da mesi. Nemmeno si ricordava dell'ultima volta che era stata così serena, l'ultimo anno era stato un'altalena di emozioni che l'avevano lasciata senza fiato, sradicando ogni sua sicurezza e gettandola in pasto alla tristezza. Posò un bacio sopra il cuore del ragazzo e istintivamente andò alla ricerca della sua mano libera per stringerla. Sollevò il volto per fissare il suo sguardo in quello di Albus. «I-io penso ogni cosa che ho detto...» Ti amo e sarò tua per sempre. Quasi come se il nome del ragazzo fosse stato impresso a fuoco nel suo cuore, sul suo corpo e nella sua anima. Nessuna delle parole che avevano lasciato le sue labbra erano state dettate dal momento, erano tutte vere, dalla prima all'ultima e fosse stato per lei avrebbe continuato a ripeterle all'infinito. E non poteva fare a meno di sentirsi spaventate dall'intensità di quei sentimenti, perchè sapeva di aver rinunciato ad una parte di sé che non avrebbe mai ricevuto indietro, donando al ragazzo assoluto potere su di lei. Aveva paura perchè il futuro era incerto e quella felicità poteva scivolarle tra le dita come la sabbia, per lasciarla senza niente; a mani vuote. Era stata cresciuta per esaudire i desideri degli altri, i suoi genitori non l'avevano voluta per amarla, ma per poterla sfoggiare come un prezioso soprammobile. Era la bambina perfetta e più cresceva più le risultava difficile scrollarsi quell'etichetta di dosso. Lei non voleva essere perfetta, voleva essere sbagliata, voleva vivere e commettere i propri errori. Era stufa di dover rendere conto delle sue azioni ai suoi genitori, cercando sempre di compiacerli; troppo intimorita dalla loro forza per opporsi al loro volere. Avrebbe combattuto con le unghie e con i denti per non farsi portare via quell'angolo di paradiso che aveva tanto agognato, non lo avrebbe sacrificato solo per rendere gli altri felici. «Non voglio rinunciare a tutto ciò, in vita mia non mi sono mai sentita così.....così completa.» Voleva stringere a sé tutte quelle sensazioni per non lasciarle più andare, come se Albus e il suo corpo fossero diventati una droga per lei. Le aveva mostrato un mondo fatto di colori e sensazioni che non aveva mai provato, nemmeno i racconti di Roxie erano stati in grado di prepararla alla profondità di quel momento e all'assoluta connessione che si era instaurata tra loro due. Betty era fermamente convinta che la sconvolgente intensità nascesse dal fatto che erano lei e Albus, entrambi in grado di dare finalmente sfogo a quel desiderio ancestrale che avevano a lungo soffocato. Desiderio che lei non intendeva più ignorare, ma piuttosto nutrire e saziare. Si sporse ancora una volta verso di lui, tirando sé le labbra del ragazzo per poggiarvi sopra le proprie, dimenticando la timidezza e il pudore. Approfondì il bacio, scontrandosi con il forte sapore di tabacco, un'aroma che la spinse a chiedere di più.

    Everything is dark
    It's more than you can take
    But you catch a glimpse of sun light
    Shining, shining down on your face.

     
    .
  12.     +1    
     
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Ricercati
    Posts
    1,867
    Reputation
    +2,294

    Status
    Anonymes!

    « One day I will find the right words, and they will be simple »


    75MeJWA
    Qualcuno avrebbe potuto dire ad Albus e Betty, in quel momento, che fossero tornati sui propri passi, che avessero attuato una sorta di Restaurazione riportando indietro le lancette dell'orologio nella speranza di ottenere quell'innocenza che un tempo aveva connotato il loro rapporto. Albus, dal canto suo, non sarebbe stato d'accordo con quella visione. Qualsiasi cosa si fosse instaurata tra loro quella notte, sì, era frutto di sentimenti che nutrivano l'uno per l'altra già da tempo, ma era anche a tutti gli effetti una cosa nuova, completamente sconosciuta. Un territorio inesplorato che aspettava solo di essere plasmato dal loro tocco. Con ogni probabilità nessuno dei due aveva la più pallida idea di cosa sarebbe accaduto una volta usciti da quella stanza, quando il mondo gli sarebbe nuovamente piombato addosso con tutta la propria forza, ma Albus aveva tutta l'intenzione di ignorarlo il più a lungo possibile. Voleva conservare quei momenti come una sacra reliquia, onorandoli per ciò che erano e non per quello che gli altri avrebbero potuto dire o pensare a riguardo. Non che ci fosse più tempo per pensare ai gossip, chiaramente, ma si sa come è fatta la gente: tende a prendere qualsiasi cosa e ridurla in cenere. Così decise di escludere dalla sua testa tutti quei pensieri, lasciandosi trascinare dalla dolce sensazione di avere finalmente qualcosa di bello per cui sorridere. Sospirò appena quando Betty poggiò la testa sul suo petto, accarezzandole con dolcezza i capelli nel guardarla con quegli occhi che a lei sembravano sempre rivolgersi diversamente rispetto al resto del mondo. Ne aveva passate tante, il Serpeverde, negli ultimi anni: così tante che spesso aveva pensato che quei macigni avrebbero finito per spezzarlo completamento. Eppure gli era bastato poco per riportare a sé anche solo l'eco di quella spensieratezza perduta, di quella capacità di vedere una luce in fondo al tunnel in cui viveva. Che Albus soffrisse di crisi depressive non era un mistero per quelli che lo conoscevano bene, e ciò si manifestava in umori altalenanti dalla profondità a dir poco sconcertante. Non era mai tranquillo, il giovane Potter. C'era sempre qualcosa, c'era sempre una crepa nel muro, una stortura che sembrava apparire solo ai suoi occhi e che gli impediva di vivere con la spensieratezza che avrebbe dovuto connotare un ragazzo della sua età. Troppo vecchio nel proprio cuore, e al contempo troppo immaturo. Una dicotomia di cui era difficile capacitarsi e che lo rendeva un paradosso vivente. Betty, tuttavia, era in grado di estrarre da lui quel fulcro luminoso che spesso veniva offuscato dalle nubi della sua cupa malinconia, di portarlo alla luce e farlo brillare come fuochi d'artificio alla mezzanotte del nuovo anno. Non sapeva nemmeno come ci riuscisse, ma lo faceva, sempre, senza che lui potesse farci nulla. "Sto pensando a così tante cose, vorticano tutte nella mia testa e faccio quasi fatica ad afferrare un pensiero concreto...Mi sento così libera...così felice..." Sorrise, incontrando lo sguardo di lei nello stringere le dita della sua mano. Avrebbe voluto far durare quel momento per sempre, ma forse, da qualche parte dentro di sé, si rendeva conto di quanto quella bellezza risiedesse anche in parte nella sua intrinseca caducità. E' fuggevole, la felicità, come fumo che scivola tra le dita quando cerchi di afferrarlo. E' un lampo di luce all'interno di un cielo altrimenti oscuro. Ma è proprio in virtù di quell'oscurità a fargli da contrasto che possiamo davvero apprezzarla. Aveva scritto una volta, Albus, da qualche parte che non si ricordava, che 'se l'uomo fosse a vivere in condizione di perpetua felicità, non la proverebbe mai realmente'. E sì, magari il moro era davvero troppo cervellotico e teso a immergersi così profondamente nelle cose da assaporarvi il retrogusto di morte che le connotava tutte, ma non aveva nemmeno questo gran torto. "I-io penso ogni cosa che ho detto... Non voglio rinunciare a tutto ciò, in vita mia non mi sono mai sentita così.....così completa." Allontanò la sigaretta dalle labbra, stendendo ulteriormente il proprio sorriso nello stringere il braccio attorno ai fianchi di lei, attirandola meglio a sé. Inspirò profondamente il profumo della ragazza, ormai misto all'odore di aria consumata in cui le loro endorfine erano state rilasciate. "Anche io." fece una pausa "Anche io penso tutto ciò che ho detto. L'ho sempre fatto." Anche quando ti dicevo tutt'altro. Ogni poeta che si rispetti ha la sua musa a cui invocare i propri versi. Betty era la sua. Betty era ciò che ricordava ad Albus la radice della vita stessa. Come Afrodite, che in ogni creatura vivente, se vuole, sa accendere il desiderio; al di là delle regole, al di là della giustizia, una forza possente al punto di spingere a osare ciò che non si avrebbe mai osato in condizioni assennate. Poiché quando ama, ognuno sembra perdere la ragione, e si lascia trascinare dalla passione. Platone diceva: « i più grandi doni vengono agli uomini da parte degli dèi attraverso la follia, quella che viene data per grazia divina ». "Però so anche quanto convenzionali siano tutte le cose che ti ho detto." aggrottò la fronte, inspirando un altro tiro di sigaretta mentre cercava di dar voce a quel groviglio di pensieri. "Il problema è che le possono dire tutti. Prendi due persone dall'altro capo del mondo, completamente diverse da noi, con una storia che non potrebbe essere più diametralmente opposta, gli metti in bocca quelle frasi e funzionano lo stesso. Hanno uguale peso e significato." Scosse il capo, storcendo il naso a quel pensiero. Io vorrei dirti cose che nessun altro può dire, parole che non esistono, perché so che sarebbe l'unico modo per rendere giustizia a ciò che cerco di esprimere, a ciò che sento. Ed è frustrante non poterlo fare: rendersi conto di quanto sia limitato ogni strumento a mia disposizione. Sembra quasi che l'unica scelta possibile sia cavarmi il cuore dal petto e aprirtelo sotto gli occhi, indicandoti le parti incriminate e dicendoti 'ecco, lo vedi, è così'. C'era sempre stata una certa profonda sofferenza, in Albus, nella ricerca della parola giusta che desse un senso a tutto. Si tormentava infinitamente senza mai avere soddisfazione, e alla fine non gli piaceva mai nulla di quello che diceva o scriveva perché, secondo lui, non era vero..non del tutto. Era mettere la sua anima su un colino a maglie strette e propinare agli altri ciò che ne veniva trasfuso, il che rendeva il risultato di per sé corrotto. Appoggiò dunque la nuca contro il muro, chiudendo gli occhi nell'aspirare la piacevole sensazione calmante della nicotina nei suoi polmoni. "Mi mancano solo quelle parole. Solo quelle." ..e poi potrò dire di avere tutto. Di sapere come ci si sente a non aver più nulla che sfugga. Rimase qualche istante in silenzio, per poi ritrovarsi a ridacchiare tra sé e sé, scuotendo il capo nel consumare il finale della sigaretta riaprendo il proprio sguardo sulla stanza. "Lascia stare. Passano gli anni, ma il brutto vizio di essere quello pesante della comitiva non lo perderò mai."
     
    .
  13.     +1    
     
    .
    Avatar

    Member
    ★★★★

    Group
    Member
    Posts
    752
    Reputation
    +1,013

    Status
    Anonymes!
    Betty non aveva mai sperimentato quel tipo di intimità, si muoveva in un territorio inesplorato e non si vergognava di ammettere di avere paura. Lei e Albus avevano un passato non indifferente, fatto di alti e bassi, con più bassi che alti. Quella notte aveva letteralmente mandato al diavolo tutti i buoni propositi che si erano prefissati l'ultima volta, anche se, quasi sicuramente, nessuno dei due aveva creduto per un solo attimo di poter essere semplicemente amici. Quella notte cambiava tutto e allo stesso tempo niente perchè non potevano far finta di niente, non potevano tornare ad essere quei due ragazzi spensierati ed innamorati; per il semplice motivo che non erano più loro, erano cambiati troppo in quei due anni. La vita li aveva messi di fronte alla dura realtà, facendogli capire che spesso bisognava prendere decisioni spiacevoli. Decisioni che nel bene o nel male li avevano condotti a quella notte, a quella condivisione profonda che nessuno dei due avrebbe potuto dimenticare. «Anche io penso tutto ciò che ho detto. L'ho sempre fatto.» Betty sorrise di quella conferma, anche se in realtà non ne aveva bisogno. Con il tempo aveva imparato a conoscere Albus e tutte le sfaccettature della sua personalità, stargli dietro era spesso difficile a causa dei suoi repentini sbalzi d'umore, ma nonostante ciò era uno che non usava le parole a sproposito; dava un peso a tutto ciò che uscisse dalla sua bocca. Persino le cattiverie che le aveva rigettate addosso avevano avuto uno scopo. Si accoccolò contro il suo petto, beandosi del calore che emanava; un tepore che nell'ultimo periodo aveva solamente immaginato. «Però so anche quanto convenzionali siano tutte le cose che ti ho detto. Il problema è che le possono dire tutti. Prendi due persone dall'altro capo del mondo, completamente diverse da noi, con una storia che non potrebbe essere più diametralmente opposta, gli metti in bocca quelle frasi e funzionano lo stesso. Hanno uguale peso e significato.» Si issò a sedere al suo fianco, sbuffando leggermente. Riusciva a sentire il senso d'impotenza del
    C9O6Zrk
    ragazzo, per un animo poetico come il suo non trovare le parole era una specie di punizione. Betty dal canto suo preferiva dimostrare il suo affetto attraverso i gesti, non era brava come lui con le parole, ma era in grado di donare tutta sé stessa alle persone che amava. Forse proprio per questo motivo non aveva mai smesso di riavvicinarsi a lui, incurante di quante volte ancora l'avrebbe respinta o di quali parole avrebbe usato per allontanarla. Una piccola parte di lei aveva sempre saputo che Albus era uno per cui valeva la pena combattere, non poteva rassegnarsi all'idea di perderlo; di vederlo uscire dalla sua vita come se niente fosse. «Mi mancano solo quelle parole. Solo quelle. Lascia stare. Passano gli anni, ma il brutto vizio di essere quello pesante della comitiva non lo perderò mai.» Scosse anche lei il capo ridendo e per smorzare un po' la tensione si sedette sulle gambe del ragazzo, prendendo dalle sue mani la sigaretta ormai esaurita per poggiarla sul comodino. Posò una mano sulle labbra del ragazzo come per zittirlo e si limitò a guardarlo negli occhi. «Albus Potter sto per darti una lezione di vita che farai bene a ricordare...» Spostò la mano dalle sue labbra solamente per depositarvi un soffice bacio, ma prima ancora che potesse risponderle lo zittì nuovamente. «La vita non è fatta solamente di parole, non ho bisogno di una dichiarazione per capire quanto veri fossero i tuoi sentimenti. L'ho capito attraverso le tue carezze e i tuoi baci. Un gesto vale più di mille parole non ti dice niente?» Allontanò le mani dalle sue labbra, certa che in qualche modo avesse recepito il suo messaggio. Le parole erano sì importanti, ma in alcune occasioni anche superflue, quasi inutili. Lei stessa se avesse dovuto parlare di quella notte avrebbe faticato a trovare le parole. Aveva provato emozioni che non potevano essere descritte, che una persona avrebbe potuto comprendere solo nel caso in cui anche lei le avesse provate. Era qualcosa di talmente profondo che non poteva essere in alcun modo etichettato. Betty avrebbe ricordato la pelle d'oca, i brividi e quella sensazione di essere completa per la prima volta in vita sua. Accarezzò il volto del ragazzo, studiando quei tratti non più fanciulleschi, quasi come se volesse imprimersi quel ricordo nella mente: un Albus Potter scarmigliato e sorridente. Era un ricordo a cui avrebbe potuto aggrapparsi, che avrebbe stretto a sé nei momenti di paura; un ricordo da cui non si sarebbe mai separata. Il mondo non faceva che diventare più crudele di giorno in giorno, avrebbe cercato di separarli, di allontanarli e per quanto la ferisse sapeva che non esistevano certezze ora come ora. Proprio per questo motivo voleva stringere a sé quegli istanti, riassaporare la felicità che aveva provato tra le sue braccia. «Non abbiamo bisogno di etichette e ora come ora non possiamo avere tutte le risposte. Prendiamo questa cosa come viene, tutto il resto verrà da sé.» Betty non aveva bisogno di essere la sua ragazza, ma soprattutto non voleva gettarsi in una relazione in un momento come quello. Il suo era un modo di rimandare quella decisione, ora l'unica cosa a cui dovevano pensare era restare vivi; se mai fossero sopravvissuti a quella trappola mortale avrebbero avuto l'occasione di mettere in chiaro ciò che c'era tra di loro. «Ora smettiamola di arrovellarci il cervello....sbaglio o qualcuno mi aveva promesso una doccia calda?» Si appoggiò contro di lui, posando le labbra su quelle del ragazzo senza ritrarsi, ma assaporandole; quasi come se volesse gustarsi l'acre aroma di nicotina che sentiva sulle sue labbra. Voleva poter prolungare quei momenti per sempre, ma su di loro incombeva l'allarme che li avrebbe costretti a lasciare la sala comune in tutta fretta; forzandoli a separarsi e ad affrontare il mondo. Una realtà da cui Betty voleva scappare ancora per un po', rifugiandosi tra le braccia del ragazzo tormentato che amava con tutta sé stessa. Illudersi ancora per un po' che la loro vita non fosse diventata uno scenario di morte, una continua sfida il cui unico obiettivo era quello di rimanere vivi. Tutti si trascinavano per il castello nella speranza di sopravvivere fino al momento in cui una delle sali comuni si apriva, un ciclo continuo che si ripeteva ogni giorno. A fine giornata, al sicuro nella sala comune di turno, tutti non potevano fare a meno di chiedersi se tutto ciò sarebbe mai finito, permettendo loro di tornare a vivere come prima; tormentati dal ricordo delle morti a cui avevano assistito. Nessuno sarebbe uscito indenne da quell'esperienza, avevano visto troppo, perdendo quella spensieratezza tipica dell'adolescenza.
     
    .
  14.     +1    
     
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Ricercati
    Posts
    1,867
    Reputation
    +2,294

    Status
    Anonymes!

    Tu non sarai mai davvero felice perché sei il primo a non permetterti di esserlo. Una delle tante, innumerevoli, frasi che suo padre gli aveva rivolto nel corso degli ultimi anni. Harry e Albus avevano un rapporto fallimentare, pieno di contrasti, sempre pronto a scendere sul piede di guerra, ma erano anche le uniche due persone al mondo che riuscissero a smascherare i difetti dell'altro. Si rispecchiavano nei vicendevoli occhi, guardandosi dritti nelle iridi senza alcuna paura, ed estraendone tutta la verità più recondita solo per poi sbatterla sul tavolo senza remora alcuna. Si erano detti le peggiori cose, padre e figlio, ma erano anche tutte vere: una dietro l'altra erano la summa dell'imperfezione che permeava i due maschi Potter, incredibilmente distanti tra loro e al contempo troppo simili. Harry aveva ragione da vendere quando diceva che Albus era l'unico ostacolo che si frapponeva tra lui stesso e la felicità: perché il moro era semplicemente troppo trincerato nella propria interiorità, troppo maniacale nello sviscerare qualsiasi cosa. Albus era una sorta di chirurgo delle emozioni: non appena ne avvertiva una, sentiva immediatamente il bisogno di prendere il bisturi e dissezionarla per capirne ogni sfaccettatura, solo per poi rendersi conto che così facendo ne andava a scarnificare tutta l'essenza. Un'essenza che era fatta per rimanere tale: misteriosa e irraggiungibile. Eppure no, lui si ostinava sempre ad affacciarsi oltre l'orlo di quell'abisso che altro non gli aveva mai portato se non malinconia. E' forse quella la vera condanna degli spiriti un po' troppo sensibili: a lungo andare, l'eccessivo sentire, o la percezione così profonda che dir si voglia, finisce puntualmente per ucciderti. Poiché ogni volta che cerchi di andare all'osso delle cose, di scostare la cortina del mistero, sono solo due i finali che puoi ottenere: o rimani ingarbugliato nei tendaggi, oppure riesci a vedere dall'altra parte, e ciò che trovi è solo il più completo nulla. Vuoto. Una pagina bianca senza risposte. La consapevolezza del vuoto che si annida dietro a tutto, quella era ciò che Albus non riusciva a spiegare e che lo rendeva di per sé una persona così indecifrabilmente malinconica.
    OYY8uaZ
    "Albus Potter sto per darti una lezione di vita che farai bene a ricordare..." sorrise alla pressione delle dita di Betty sulle sue labbra, avvolgendole un braccio attorno alle gambe per attirarla meglio a sedere sulle proprie. "La vita non è fatta solamente di parole, non ho bisogno di una dichiarazione per capire quanto veri fossero i tuoi sentimenti. L'ho capito attraverso le tue carezze e i tuoi baci. Un gesto vale più di mille parole non ti dice niente?" il suo sorriso si fece più sincero e al contempo più incerto, fissandola negli occhi in silenzio come se fosse una poesia di cui non riusciva totalmente a carpire il significato, ma che risuonava comunque in lui come una verità ricca di contenuti. A chiedergli quali, non avrebbe saputo elencarli, ma sapeva che c'erano perché li sentiva tutti pulsare nelle sue vene dal primo all'ultimo. "Non abbiamo bisogno di etichette e ora come ora non possiamo avere tutte le risposte. Prendiamo questa cosa come viene, tutto il resto verrà da sé." annuì, concordando con sicurezza su quelle parole. Era la cosa migliore da fare, probabilmente anche l'unica. Se avessero ripreso la vecchia strada, probabilmente sarebbero stati risucchiati in un gorgo dal quale uscirne illesi sarebbe stato mille volte più difficile della prima volta. Ciò di cui avevano bisogno era semplicemente tempo, un modo per capirsi senza separarsi. Poiché stare insieme e stare lontani erano entrambe cose che li avrebbero solo danneggiati, e dunque dovevano trovare un punto di incontro tra le due. "Ora smettiamola di arrovellarci il cervello....sbaglio o qualcuno mi aveva promesso una doccia calda?" Una risata argentina affiorò immediatamente sulle sue labbra a quelle parole, andandosi a scontrare contro il bacio di Betty, che ricambiò con la stessa serenità di un bambino, poggiandole le mani sulle guance ancora accaldate per approfondire quel contatto. "Calda?" chiese dunque, una volta staccatosi, sollevando un sopracciglio con aria allusiva "No, signorina Branwell, su questo la parola giusta ce l'ho. Azzarderei un: bollente." La piega del suo sorriso prese una sfumatura di pura malizia nel lasciar trapelare una seconda risata prima di partire alla carica e sollevarla con entrambe le braccia. Non sapeva quanto tempo avessero, non sapeva quando sarebbe sopraggiunto l'allarme del risveglio per avvisarli che l'ennesima giornata piena di pericoli stava per dispiegarsi di fronte a loro. Ma sapeva che, almeno per il momento, erano loro due: Betty e Albus, a ridere come due cretini mentre lui la conduceva in braccio verso il bagno e dentro la doccia. La consapevolezza del dopo c'era, e pendeva sulle loro teste come la spada di Damocle, ma il Serpeverde vi si sarebbe impuntato contro fino a quando gli sarebbe stato ancora possibile. « That's how we're gonna win. Not fighting what we hate, saving what we love. »
     
    .
13 replies since 2/12/2017, 12:50   309 views
  Share  
.