seven devils

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +5    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Maghi Adulti
    Posts
    162
    Reputation
    +433

    Status
    Anonymes!
    Il punto è che la minaccia incombente della rivoluzione era nell’aria già da qualche giorno.
    Ce l’avete presente, no? Quella sensazione che le cose stanno inevitabilmente per prendere una piega diversa, quella che in fondo avrebbero dovuto prendere da subito, o che forse non andava proprio provocata. Il punto, Thomas lo vedeva chiaramente, era che non puoi chiudere dei leoni, i re di tutta la cazzo di foresta, in una gabbia buia, fredda, umidiccia, e lasciarli lì, bava alla bocca, insieme a scimmie saltellanti che, isteriche, strillano e si lamentano. Rimarranno immobili, assottiglieranno gli occhi, e forse sbadiglieranno, di tanto in tanto, curiosi, pazienti, in attesa che finalmente ci si renda conto del madornale errore di giudizio commesso. E così rimasero, in attesa che qualcosa si smuovesse, che tutto tornasse alla normalità. Non si scompose, Thomas, per quanto infastidito da quel cambiamento, che non riuscì a provocare in lui qualcosa di diverso da un’alzata di sopracciglia. Muoveva lentamente la coda, le zampe distese davanti a sé l’una sull’alta, l’espressione vagamente annoiata, la pazienza di un essere centenario – ma era un ragazzo di 19 anni. E del leone, Thomas Montgomery, aveva soltanto l’arroganza.
    Era trascorsa una mese da quando erano richiusi in cella, privati di tutto ciò che li rendesse speciali, se non il loro sangue freddo, se non le loro origini, le loro nature, la loro stirpe di provenienza. Non aveva abbassato la testa neanche una volta, e non aveva corso neanche una volta per arrivare primo al tavolo con le poche provviste a disposizione. Non aveva accelerato il passo cadenzato allo scattare delle porte delle Sale Comuni dove passare la notte, e aveva appreso soltanto adesso che cosa fosse necessario fare per poter sopravvivere. Non era un sopravvissuto, Thomas Montgomery. Non sopravviveva, mai l’aveva fatto prima, mai l’avrebbe fatto. La nostra mente ha la capacità straordinaria di piegare la realtà in modo da renderla più affine alle nostre credenze e necessità, quando questa appare troppo assurda. Non si sarebbe messo a correre come un morto di fame del cazzo. Non avrebbe allungato gomitate, fatto sgambetti, lottato per un pezzo di pane che gli spettava di diritto. Un diritto innegabile, un diritto alla nascita ad avere la vita facile, garantitogli dal primo giorno e che non avrebbe mai accettato di vedersi portare via.
    tumblr_lperr26yWS1qbz75wo3_250
    Non poteva conoscerla, questa espressione, lui, ma se l’avesse fatto, forse gli si sarebbero aperti gli occhi davanti all’ipocrisia nella quale viveva: nell’oscurità siamo svelati. La natura egoista, infida, codarda, arrogante e patetica di Tom Montgomery si stava manifestando in tutta la sua tragica bruttezza, e il ragazzo neanche se ne rendeva conto. Gli si avvelenava il sangue, goccia dopo goccia, giorno dopo giorno. Si rifiutava di mangiare gli scarti degli altri. Si rifiutava di lottare per far sì che non gli rimanessero solo quelli. Il risultato era digiuno, insonnia, spossatezza, fiacchezza, e pericolo vero. Ma era testardo, colmo di quella cocciutaggine che solo chi non ha mai dovuto accettare compromessi nella propria vita, chi non ha mai dovuto abbassare la testa, chinarsi e mettere da parte l’orgoglio, solo un leone stupido ed ottuso può capire. E com’era patetico, in quel suo starsene impettito, a morire di fame, le occhiaie a solcargli il viso e le labbra secche dalla disidratazione. Com’era ridicolo, vestito ancora degli abiti del ballo, un damerino in rovina, un principe caduto, lui che si vantava di non essere come tutti gli altri principi. Incapace di adattarsi al cambiamento, in attesa di un miracolo che non sarebbe arrivato, convinto che gli spettasse di diritto, che come al solito la soluzione gli sarebbe arrivata in prestito da qualcuno che finalmente si sarebbe ricordato di chi lui fosse, di chi tutti loro fossero, e di che cosa meritassero.
    La biglia argentea gli faceva lo slalom tra le dita. Poi, col pollice, la guidò verso le nocche, e le attraversò, mentre ruotava la mano, in tempo per coglierla nel palmo, prima che cadesse. E ripeteva quello stesso gioco. Era nervoso, teso, stanco, affamato, e incazzato nero. Serrava la mascella, di tanto in tanto, con lo sguardo perso, pensieroso, rancoroso. Era rabbia covata, quiescente, di quelle più pericolose e spaventose. Qualcuno commise l’errore di passagli accanto ridacchiando. La testa di Thomas scattò immediatamente, un leone che avvista la preda, una coppia di studenti più piccoli, metterli spalle al muro sarebbe facile, pensò. Chissà che cazzo hanno da ridere. Tremolii lo scossero. Tornò a fissare un punto indistinto, al di là dell’orizzonte, la testa appoggiata alla colonna dietro di lui, una gamba piegata, l’altra ciondolava pigramente. Aveva fame. Ed era incazzato.
    Era saltato in piedi con uno scatto brusco come quello di poco prima. Li aveva seguiti, per poi raggiungerli, si erano fermati. Aveva abbassato la testa, Thomas, mentre estraeva la bacchetta e bisbigliava «Expulso». La scossa elettrica non ci impiegò troppo a farli svenire. La ragazza cadde sulle ginocchia. Il ragazzo invece sul fianco. Si accovacciò su di loro, guardandosi attorno, e prese ciò che avevano nelle tasche.

    «Al volo.» La mano di Nate colse il lancio di Thomas senza che il ragazzo dovesse alzare la testa dal libro che stava leggendo. Edric e Ares lo guardarono incuriositi, acchiappando anche loro al volo le mele che Thomas gli lanciò. Fu solo nel constatare che si trattasse di un alimento che l’amico lo guardò, con un’espressione interrogativa. «Vado a mangiare. Vieni? Venite?» Addentò la mela che aveva tenuto per sé. Non un bottino particolarmente ricco, ma aveva in mente qualcosa che avrebbe potuto garantire a tutti loro il primo pasto decedente da qualche giorno. Non era stato di molte parole Thomas, in quei giorni, per cui l’espressione sorpresa di Nate ora che sembrava aver avuto un’idea non lo stupì, ma non ci badò troppo. Quando gli amici si alzarono per seguirlo, lui dava loro già le spalle, mordendo nuovamente il frutto.

    tumblr_mcds9wnzDy1r59b0d
    Cominciarono dalla tenuta. Un altro morso alla mela, la mascella si muoveva lentamente, lui avvistò un gruppetto di ragazzi. Non parlò, si avvicinò a passo svelto, uno di loro stava mangiando. Lo prese per il colletto della camicia, fino a farlo alzare in piedi, gli occhi fissi nei suoi quel tanto che bastava a farlo cagare sotto. Lo spinse via bruscamente, fino a farlo ricadere per terra. Protestò, gli altri non cercarono di farsi avanti. Si presero tutto. Nel gruppo c’era una ragazza, sembrava portare una tracolla. Tom fece segno ad Edric di prendergliela. La incantò in modo che potesse espandersi ed essere riempita a volontà, e solo quando ebbero finito il ragazzino che aveva spinto via aveva risposto. «Stronzi. Chi cazzo vi credete di essere?». Tom si era già voltato per andarsene via; si fermò, tornò a guardarlo in faccia, e gli fece quasi schifo, vederlo così per terra, indifeso, incapace di proteggere ciò che era suo. Avrebbe voluto che il ragazzo mostrasse un po’ di palle, che opponesse resistenza, magari sarebbe persino riuscito ad assestargli un bel colpo nello stomaco, in modo da piegarlo in due. Invece li aveva lasciati fare. E adesso dava a loro degli stronzi, quando non stavano facendo altro che ciò che gli veniva meglio per poter sopravvivere. E se era stato così facile la colpa non era di certo la loro. Sembrò dirgli tutto questo, quando si girò, guardandolo dall’alto. Teneva la mela ancora in mano. La lanciò in alto un paio di volte, riprendendola col palmo della mano. Poi si accovacciò, senza staccargli gli occhi di dosso, e gliela mise accanto, con due o tre morsi rimastigli. Erano i leoni, e tutti gli altri solo stupide prede.

    Passarono in rassegna ogni punto del castello che credevano fosse saggio perlustrare in base al momento della giornata: stettero lontani dai posti in cui non avrebbero trovato nessuno, a quell’ora del giorno.
    Con un calcio, spalancò le porte della rimessa delle barche. «Buonasera!», urlò. Era fuori di sé. Individuò una ragazza sobbalzare, al sentirlo gridare. L’accenno di un sorriso sadico gli comparve sul viso. Chiunque l’avesse visto adesso per la prima volta avrebbe giurato che fosse un sadico, un mostro senza cuore che godeva nel procurare danni agli altri. Thomas era soltanto un ragazzo arrogante, abituato ad avere tutto ciò che desiderava dal padre da piccolo, e dagli altri crescendo. Credeva che fosse semplicemente il modo in cui il mondo girasse: c’è chi per avere un po’ di pane da mangiare lavora e fatica onestamente, e poi c’è chi gode dei frutti del lavoro altrui, semplicemente perché gli spettano. È il capitalismo, baby, l’ordine naturale delle cose, la selezione darwiniana. I deboli periscono, i forti sopravvivono. E non voleva che le cose dovessero andare così, ma più cresceva, più si rendeva conto che per quanto l’odio bruciante nei confronti del padre non si attenuasse, questi avesse ragione su alcuni punti, e questo era uno di quelli. La vita è una stronza, che ci vuoi fare, ognuno deve fare ciò che deve per poter portare a casa una pagnotta di pane. E lui conosceva soltanto questo modo, per farlo. Dov’è adesso l’uguaglianza che tanto predichi? Dov’è la giustizia, l’onestà, la correttezza? Dove sta, adesso, la differenza tra te e il paparino, Thomas?
    C'erano altre persone, nella rimessa. Non troppe, loro erano in numero sufficiente per potersi difendere bene, se fosse stato necessario. Fece una pausa, abbozzò un sorriso tanto falso quanto effimero, e si fece avanti. La ragazza di fronte a lui affilava un coltello che doveva aver trafugato dalle cucine. Era armata, e questo poteva essere un problema. «Cos’hai lì?» Si piegò leggermente di lato, inclinandosi in avanti, nel notare che una coperta celava una massa indistinta. Col piede ne sollevò un lembo. «Ti spiacerebbe condividere?» Non era necessario combatterli tutti. Potevano ottenere quello che desideravano senza dover ricorrere alle maniere forti. Almeno, così sperava.

    Zalve! Sentitevi liberi di intervenire come e quando desiderate, e chiunque voglia può essere la ragazza minacciosa col coltello, insomma feel free u.u
    - Interagito con: Nate, Edric, Ares, (e se c'è qualche altro chiavino che vuole unirsi al Riot me lo dica e modifico!) + ragazza col coltello la cui identità è da definire u.u
    - Nominata la presenza di altre persone nella rimessa.


    Edited by sing to me - 4/12/2017, 16:44
     
    .
  2.     +5    
     
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Ricercati
    Posts
    1,984
    Reputation
    +1,337
    Location
    highway to hell;

    Status
    Anonymes!
    « Cosa hanno fatto? » Molti dentro il castello non serbavano una grande simpatia per Beatrice Morgenstern. Era stato così ai tempi della scuola, ed era così a maggior ragione dopo gli avvenimenti del ballo. Ma alla fine quando le cose non andavano per il verso giusto, da chi vai, se non da mamma Satana in persona? Tutto sommato si è guadagnata il suo posto. Organizzare turni, fare più ronde di quanto fosse necessario, immolarsi per i compiti più ingrati, le ha fatto conquistare una dose non indifferente di fiducia da parte della popolazione di Hogwarts. Tutti gli ex e i pochi docenti rimasti tra le mura del castello erano sulla stessa barca ed era loro responsabilità mantenere tutto sotto controllo. « Stanno saccheggiando chiunque trovino sotto tiro. Sta andando avanti da un po'. » E nessuno ha pensato di metterli a conoscenza di quella situazione prima. Questo gruppetto deve essere decisamente convincete, se riesce a mettere ansia persino al ragazzo che ha di fronte. E' un giovane Corvonero; probabilmente addirittura sedici anni, il fuoco e la temerarietà della sopravvivenza negli occhi, eppure, questi ragazzi sembrano averlo messo sugli attenti, a tal punto da portarlo ad andare a spifferare tutto a chi di gestione del panico ne capisce leggermente di più. « In quanti sono? » Gli chiede quindi, cercando di prendere nota di tutto quanto con più attenzione possibile, per sapere come gestire la situazione al meglio. Non vuole certo creare il panico, non vuole che questi quattro zucconi si facciano del male, ma non può nemmeno permettere che distruggano il precario equilibrio che stanno cercando di costruire con la loro ferrea organizzazione che tenta di arginare i danni il più possibile. « Non so di preciso. Non tantissimi, ma si muovo in gruppo compatto e sanno precisamente dove e quando colpire. Ci hanno rubato tutte le scorte, e non siamo gli unici. Io mi sono beccato Montgomery, Douglas, Carrow e Sanders alle spalle. Ma c'è chi dice che ce ne sono altri.. non saprei. » Avrebbe potuto gestire quella situazione una volta beccati tutti in Sala Comune, ma non era certa come i riottosi avrebbero reagito. La presenza di troppe persone, avrebbe potuto rendere il tutto difficoltoso. Non potevano certo accettare quel tipo di comportamenti. In fin dei conti si stavano spaccando in quattro pur di fare in modo che il più vasto numero di persone si trovasse al sicuro e che nessuno venisse lasciato indietro. Certo, molto stava anche all'iniziativa del singolo, al sapersi adattare. Erano troppo pochi perché riuscissero a fare da babysitter a ciascuno di loro. « Vi faremo riavere tutto. » Una promessa; quelle le ultime parole della Morgenstern prima di rivolgergli le spalle. Stringe i denti e inizia a scendere le scale verso il salone d'ingresso in fretta e furia. E' costretta ad avere a che fare con un'armatura impazzita all'imbocco verso il terzo piano. Un piccolo intoppo che non fa altro che caricarla ulteriormente. « Ragazzi, abbiamo un'emergenza. Chiunque li trovi per primo, attacchi da parte mia al muro Douglas, Montgomery, Sanders e Carrow.. con poca gentilezza anche. » Asserisce palesandosi nella mente di chiunque sia in ascolto in giro per il castello. « Stesso trattamento va a chiunque li stia aiutando. Con ancora meno gentilezza. » Perché bisogna essere ancora più cretini per arrivare a seguirli. Inizia un'epopea di ricerca, tempo in cui la Morgenstern chiede a chiunque in giro per il castello e fuori sulla tenuta, se abbiano visto uno dei soggetti direttamente interessati. « I tuoi cuccioli sono stati davvero cattivi, questa volta. » Asserisce infine, ritrovandosi a fianco di Percy, da qualche parte nell'area opposta alla sua della tenuta. Solleva le sopracciglia mentre lo squadra dalla testa ai piedi con un sorriso alquanto suggestivo. Le antiche diatribe tra Caposcuola non finiranno mai, solo che ora, come dire, si sono tinte di toni leggermente diversi. Un leggero sorriso sfiora le sue labbra prima di imbattersi in un altro gruppo di ragazzi a cui chiede loro informazioni. Non è difficile chiedere di quei quattro. Tutti li conoscono. Scapoli di Hogwarts, sempre al centro dell'attenzione per un motivo o un altro. Persino la Morgenstern che poco gradiva la mondanità, sapeva precisamente chi fossero e come fossero fatti. Con alcuni di loro poi sarebbe dovuta ritrovarsi a condividere l'ultimo anno a Hogwarts. Se qualcosa di buono ne era uscito dal diploma anticipato, era proprio il non dover più vedere certe facce. Se li ricorda bene; sempre quell'espressione di perenne altezzosità stampata in faccia. Per alcuni di loro oltretutto anche immotivata, poiché l'unica cosa che li elevava rispetto ad altri, era il loro fondo fiduciario e il conto alla Gringott dei genitori. Niente di più, niente di meno. Doveva essere davvero complicato per loro vivere una situazione in cui volenti o nolenti, non c'era alcun privilegio che potesse tenerli al sicuro. Cosa ve ne fate ora dei vostri soldi? Della vostra fama. Del vostro prestigio. Niente. Qui non vale niente. Qui, ciascuno di noi vale in base a quanto si adoperi, a quanto lavori per se stesso e per gli altri. Si sopravvive insieme. E' da soli che si muore. E a quanto pare, quei quattro e chiunque altri avesse deciso di mettere su quello spezzone rivoluzionario stava cercando di fare di tutto pur di ostracizzarsi. Era estremamente stupidi e impulsivi. Prendersela con i più piccoli e i più deboli? Questa sì che era una mossa stupida di fronte a quella situazione. Perdere la fiducia del resto del gruppo era tutto fuorché auspicabile. E lo avrebbero fatto se avessero continuato su quella scia. A quel punto lei e gli altri, potevano solo arginare i danni, o quanto meno provarci.

    « Ti spiacerebbe condividere? » E alla fine li trova e fa sapere agli altri dove si trovano. La Rimessa delle Barche. Alza gli occhi al cielo sospirando prima di entrare. Dovrei attaccarvi al muro anche solo per la scelta poco ispirata del posto. Sentimentale, la Morgenstern? Decisamente si. Percepisce la tensione crescente nell'ampio ambiente, prima di mettervi piede dentro, guardandosi intorno. Alcuni ragazzi radunati lì, contro i quattro cavalieri dell'Apocalisse.
    tumblr_inline_muxd7btVSa1rd20jj
    « Sì, le dispiace. » Asserisce infine, uscendo dalla penombra per dirigersi verso il centro della stanza, posando lo sguardo su ciascuno di loro, per poi soffermarsi infine su Montgomery. « Vedi Montogmery, credo che tu e i tuoi amici abbiate un'idea piuttosto confusa della condivisione. » Sospira stringendosi nelle spalle. Calma, pacata, calcolata in ciascun movimento. « Ma sono una signora, quindi vi darò il beneficio del dubbio.. » Alza l'indice come se si fosse scordata qualcosa. « ..e anche la possibilità di mantenere quel briciolo di dignità che vi è rimasto. » Si stringe nelle spalle mostrando loro un sorriso sarcastico. « Due al prezzo di uno. Che cosa ne pensate? Se e solo se, non vi dispiace vuotare le tasche e le borse, restituendo quanto avete sottratto. » La stessa gentilezza e lentezza nel parlare che si usa con dei bambini particolarmente capricciosi. Perché cosa potevano essere non dei bambini capricciosi? Ci hanno rubato i giocattolini quindi iniziamo a scalciare per protesta. Sospira abbassando lo sguardo. « Fate la cosa giusta prima che sia troppo tardi. » Il tono sembra addolcirsi, o quanto meno risultare più rassicurante. Non può certo stupirsi che ci sia chi reagisce male a situazioni del genere. In quei casi la cosa migliore è mantenere il controllo e la calma. « Qualunque cosa non vada, possiamo risolverla insieme. Da soli, siete solo un facile target. E mettervi contro mezzo castello di certo non vi aiuterà a sopravvivere. » Lo sguardo si erge in quello di Montgomery, frapponendosi tra lui e la ragazza, rimasta per tutto quel tempo in posizione di difesa. Vorrebbe tenere tutt'altro atteggiamento nei suoi confronti. La Morgenstern non è una a cui piace discutere molto, ma in quel caso, per quanto possa rendersi conto che il loro atteggiamento è tutto fuorché in linea con gli obiettivi di chi effettivamente si sta dando da fare, è cosciente del fatto che attaccarli letteralmente al muro e riempirli di botte è un atteggiamento alquanto controproducente. Stanno cercando di costruire qualcosa lì dentro, in attesa che una soluzione al loro problema principale si trovi e Beatrice non vuole certo rompere quell'equilibrio precario dimostrandosi se possibile più violenta di quanto non lo sono già i ragazzi. Rispondere alla violenza con altra violenza, significa fare il gioco del castello, dargli ragione, ammettere che Hogwarts li sta rendendo più bestie che umani. E Beatrice, il gioco di Edmund Kingsley non lo farà mai, anche se dovrà utilizzare metodi diversi da quelli che normalmente attengono alla sua confort zone. « Siete abbastanza svegli da capire che la vostra è solo una soluzione temporanea. A lungo andare non può funzionare. » Pausa. « Restituite quanto avete preso e dateci piuttosto una mano a mantenere il castello sotto controllo. Siete tra i più grandi. Il vostro contributo può fare la differenza e può salvarvi la vita un domani. » Perché nessuno si spende per salvare la vita di qualcuno che mette in difficoltà chi già è in parte spacciato per evidenti limiti dovuti all'età e i pochi mezzi a disposizione. E' stupido sparare sulla croce rossa in questi casi.

    - Interagito con il Branco;
    - Comparsata veloce a Percy;
    - Interagito coi quattro cavalieri dell'Apocalisse e in particolar modo con Tom.


     
    .
  3.     +6    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Ministero della Magia
    Posts
    482
    Reputation
    +776

    Status
    Waiting!
    Immobili. Sono rimasti così per giorni, settimane, alla fine dovevano perfino essere passati un paio di mesi dalla notte di Halloween. Nessuno sa dirlo con certezza, tutti ipotizzano e suppongono il conto di quelle giornate tutte uguali, in base al numero di volte in cui le porte delle varie Sale Comuni e della Sala Grande si sono aperte, ma chi può avere la sicurezza che il ritmo cadenzato con cui il castello li premia con del cibo e con i loro letti scandisca effettivamente il tempo reale? Non c'è nulla, intorno a loro, che possa dar loro una qualche indicazione oggettiva al riguardo: fuori il sole è scomparso, sostituito da una coltre perenne di nebbia che avvolge completamente il castello. Non c'è più notte, non c'è più giorno: per loro esistono ormai solo il sonno e la veglia, e questi due sembrano rassomigliarsi sempre di più fra loro. Le notti - o il modo in cui hanno scelto di definire quel lasso di tempo in cui è loro concesso il riposo - sono sempre rapide, talvolta insonni, e comunque in uno stato di dormiveglia perenne, interrotta da sussulti improvvisi o da incubi terribili. I giorni trascorrono uguali, in un tedio infinito ravvivato da quegli attimi di panico in cui si ritrovano a un passo dalla morte, o dall'orrore di vedere qualcuno perire nel modo più cruento proprio di fronte a sé. E loro restano immobili, di fronte a tutto, forse per incapacità di elaborare ciò che sta accadendo intorno a loro, oppure, più probabilmente, per semplice apatia.
    Nathan è fermo, come mai lo è stato nella sua vita prima, le braccia sempre incrociate al petto e le spalle appoggiate ad un muro libero del castello, l'espressione apparentemente vuota; incastrato in quella staticità improvvisa e imposta dall'alto. Messo in carcere dal proprio avvocato, in mezzo a trappole, trucchetti, e a cuori che affondano, uno dopo l'altro. E anche in quella galera infernale, il suo continua a rimanere fermo, nonostante tutto. Batte, sì, ma a quella velocità classica, e con la cadenza abituale di sempre, interrotta solo dal pericolo della morte. Ma quando tutto scorre, e quando le trappole lo schivano, il giovane Douglas ritorna a essere quello di sempre: freddo, distaccato e disinteressato di fronte a qualunque cosa. E come la punizione di Kingsley non ha mutato il battito del suo cuore, così non è stata in grado di mutare lui - considera tutto un accidente, alla stregua di un qualunque imprevisto, qualcosa che deve superare necessariamente, senza lamentarsi o cercare scuse. In fin dei conti, tra i tanti insegnamenti ricevuti da suo padre, c'è la resilienza. Nate resta fermo non per incapacità né per vigliaccheria, ma semplicemente attende. Come una volpe ben nascosta dietro il proprio cespuglio, in attesa di attaccare la preda, il giovane Serpeverde se ne sta per lo più zitto, incassa i colpi, assorbe tutto dentro senza spezzarsi, aspettando il momento perfetto per scagliare il proprio attacco.
    Quest'ultimo pare coglierlo in pieno, un pomeriggio, nella forma di una mela rossa e lucente che gli viene scagliata contro, e che è in grado di intercettare con la mano appena in tempo. Non appena solleva lo sguardo, curioso, incontra quello fiero e determinato di Thomas, al quale rivolge prontamente un'espressione interrogativa. « Ti sei svegliato dal letargo, noto con piacere. » Una mezza risata lascia le sue labbra e prova a coinvolgere gli altri presenti, ma viene presto interrotta dalla voce decisa del compagno.
    « Vado a mangiare. Vieni? Venite? » Aggrotta le sopracciglia, mentre si rigira quel frutto tra le mani, per poi scambiare un'occhiata rapida con gli altri. Si stringe nelle spalle, in modo da palesare anche a loro la propria sorpresa. Tom è fatto così. Non è raro che si chiuda in sé stesso, per tempi indefiniti, per poi sbucare fuori dal proprio bozzolo nel momento più inaspettato. Ma d'altronde lo sanno ormai tutti, questo. Quello che non hanno ben chiaro è cosa abbia in mente di fare adesso, ma lo seguono lo stesso. Perché il Clavis Aurea è fiducia, prima di tutto.

    Per quanto non sia mai stato in grado di ammetterlo ad alta voce, Thomas Montgomery è sempre stato un elemento fondamentale della sua vita: una vera e propria costante. Come i colori diversi di una scacchiera, i due sono in grado di essere perfettamente complementari: farsi forza a vicenda, nei momenti di abbattimento, essere l'uno il lume della ragione dell'altro, in quelli torpore mentale. Spingersi oltre le barriere, dare all'altro lo slancio necessario a superare ogni impasse. È proprio questo che il giovane Serpeverde riesce a fare, con lui, Ares ed Edric: li sprona ad agire, dona loro quell'energia e quel vigore di spirito che mancava. Li riporta sulla retta via. Sente questo, Nate, mentre addenta con voracità quel toast che ha trovato nella tracolla sottratta a quel ragazzo, poco lontano dalle serre. Mangia avidamente, e ogni boccone lo rinvigorisce in misura maggiore. È mio. Più prendono, e più si sentono legittimati a farlo. È mio e ho intenzione di prendermelo, con le buone o con le cattive. Non riesce più a restare immobile.
    yzSgMKO
    Ogni piccola estorsione è un respiro di libertà, un modo che hanno per sentirsi ancora vivi. Ancora importanti e temibili. Ancora superiori. Ogni attacco è una piccola vittoria personale. Mi spetta? Probabilmente no. Ma non è questo il punto.
    « Buonasera! » Alla rimessa delle barche riservano un'entrata di stile delle loro. Ci sono loro davanti, quei giovani principi senza regno, che avanzano con il loro passo elegante e distinto, mentre alle loro spalle si ammucchia un gruppetto di studenti che ha ritenuto opportuno, oppure semplicemente divertente, seguirli e dar loro una mano in quella piccola impresa, per un motivo o per un altro. La differenza fra loro si può cogliere in modo quasi istantaneo, e per quanto Ares, Edric, Nate e Tom non amino particolarmente mescolarsi con chiunque, quella cricca improvvisata di seguaci è senza dubbio utile alla loro causa. Probabilmente, per ringraziarli, daranno loro una delle tante coperte raccolte.
    Nate concentra la propria attenzione sulla ragazza che hanno di fronte, che sembra nascondere un bottino alquanto interessante, e che stringe fra le dita un coltello affilato. « Ti spiacerebbe condividere? » Sorride leggermente, spostando lo sguardo dal proprio compagno alla ragazza, in attesa di una risposta. Condivide in tutto e per tutto l'approccio: per quanto possa essere soddisfacente far cadere a terra chi si ha di fronte con un solo colpo di bacchetta (rimane sempre più sorpreso di come quasi nessuno in quella scuola sia in grado di effettuare anche un incantesimo di difesa di livello base) lo è ancor di più vedere gli altri piegarsi con un semplice sguardo. Conferisce loro un senso di potere maggiore, più immediato. E anche più nobile, in un certo senso: forse perché questo è il modo di prevaricare l'altro a loro più familiare, perché ci sono cresciuti per anni, fra le parole taglienti e le minacce velate, e perché resta una parte di loro che non vuole arrendersi alla bestialità che quelle circostanze hanno tirato fuori.
    Con un sorriso vago, Nate si avvicina di un passo alla ragazza. Crede di riconoscerla, per un attimo, ma non ne è certo. In ogni caso non è importante. Non ha intenzione di sforzarsi ancora per fare una bella figura. Se sia meglio essere amati piuttosto che temuti. Loro hanno scelto il timore. Con tutte le conseguenze e i benefici del caso. Hanno scelto di abbandonare la benevolenza, i sorrisi gentili, l'affabilità e la buona educazione perché nell'universo in cui sono stati catapultati non servono a niente. Sono tornati allo stato di natura, del tutti contro tutti, lì dove la cavalleria non ha più effetti. L’amore è, infatti, sorretto da un vincolo di riconoscenza che gli uomini, essendo malvagi, possono spezzare ogniqualvolta faccia loro comodo. Il timore, invece, è sorretto dalla paura di essere punito, che non ti abbandona mai.
    « Sì, le dispiace. »
    Inarca le sopracciglia, Nathan, mentre un sorriso beffardo si dipinge sulle sue labbra, nel vedere la figura di Beatrice Morgenstern avvicinarsi, per poi frapporsi tra loro e la ragazza. « Oh, è arrivata la giustiziera delle cause perse. » Ride, di gusto, il tono sprezzante palpabile nella sua voce. Non ha mai provato nessun tipo di simpatia nei confronti della Grifondoro, e ha sempre fatto in modo di renderlo palese.
    « Vedi Montogmery, credo che tu e i tuoi amici abbiate un'idea piuttosto confusa della condivisione. Ma sono una signora, quindi vi darò il beneficio del dubbio.. » Una risata forte, di scherno, lo scuote, non appena la sente definirsi una signora. Scuote leggermente la testa, quasi incredulo. « ..e anche la possibilità di mantenere quel briciolo di dignità che vi è rimasto. Due al prezzo di uno. Che cosa ne pensate? Se e solo se, non vi dispiace vuotare le tasche e le borse, restituendo quanto avete sottratto. »
    La guarda, dall'alto verso il basso, intensamente. Non ha mai amato quel suo atteggiamento da maestrina, sempre così puntigliosa e pronta a bacchettare tutti. Ma adesso nei suoi occhi chiari c'è qualcosa di più del solito fastidio. C'è rancore, più di tutto. Inclina leggermente la testa di lato, assottigliando lo sguardo. « E tu, Morgenstern? Quand'è che ci restituisci quello che ci hai sottratto? » Se siamo bloccati qui dentro è colpa tua, lo sai. Questo il messaggio chiaro che sta veicolando, e che fa attenzione a pronunciare a parole chiare, perché tutti intorno a lui sentano. Sa bene che il rapporto di causa-effetto in realtà è molto più labile, che la giovane ha ben poco a che fare con quello che sono costretti a vivere; e le sue non sono parole dettate dalla rabbia, ma ben calcolate. Sarebbe comodo se qualcuno cominciasse a pensarla in quel modo, lì dentro.
    « Siete abbastanza svegli da capire che la vostra è solo una soluzione temporanea. A lungo andare non può funzionare. Restituite quanto avete preso e dateci piuttosto una mano a mantenere il castello sotto controllo. Siete tra i più grandi. Il vostro contributo può fare la differenza e può salvarvi la vita un domani. »
    Sbuffa, mentre scambia un veloce sguardo con Edric, visibilmente irritato. Fa un passo in avanti, verso l'ex Caposcuola, senza smettere di sostenere il suo sguardo. Intorno a loro comincia a crearsi un capannello di persone, i cui volti rimangono indefiniti nella mente del ragazzo, perché preferisce non porvi troppa attenzione. Si concentra sulla ragazza che ha di fronte, piuttosto, le labbra che si distendono rapide in un sorriso affabile. « Vedi, Morgenstern » comincia, imitando le parole di lei, il tono sereno. « Credo che tu abbia un'idea piuttosto confusa del concetto di proprietà. » Si rigira la propria bacchetta fra le mani, mentre scuote leggermente la testa. I suoi occhi per un istante sembrano tingersi di compassione. Come se davvero la ragazza fosse incapace di comprendere un concetto tanto semplice. Indica se stesso, poi gli altri. « Noi non abbiamo rubato un bel niente. Io e i miei amici, quando ieri si è aperta la Sala Grande, eravamo un po' stanchi. Sai com'è, non ci piacciono troppo la folla e il caos che si creano solitamente. E quindi stiamo vedendo di rimediare ora. Dimmi, qual è, esattamente, la differenza? » Il suo sguardo si sposta sugli altri. Li guarda uno per uno, stavolta, indugiando per un tempo ben definito sui volti di ciascuno di loro. « Qualcuno di voi per caso paga per quello che prende ogni giorno in Sala Grande? Mettete determinate cose nelle vostre borse perché hanno il vostro nome scritto sopra? » Scuote piano la testa, sorridendo. Non fanno che rubarsi a vicenda, tutti quanti, l'uno con l'altro; e indifferente, a quel punto, è il momento in cui quel furto avviene. Perché è da lì, dalla lotta che nasce la proprietà. A quel punto stringe la propria bacchetta fra le dita, e gli basta un rapido movimento di essa perché il coltello affilato scivoli dalle mani della ragazza seduta per terra e finisca nelle sue. Se lo rigira per le mani, ne studia attentamente il profilo della lama, quasi affascinato. Poi torna a guardare Beatrice. « Ecco, ad esempio: questo adesso è mio. » Perché l'ho preso. Perché la ragazza non ha opposto resistenza. Perché ho vinto. « Qualcosa è vostro nel momento in cui lo prendete. Qui funziona così. Non ci sono altre regole. A meno che... » Lo sguardo si assottiglia di più, mentre incrocia le braccia al petto. « Dimmi Morgenstern, hai ricevuto un libretto di istruzioni su come funziona questo gioco quando hai pensato di imbucarti al castello e mettere a repentaglio le vite di tutti noi? » Ridacchia, lo sguardo che saetta prima sugli altri presenti, poi sui propri compagni. E, infine, di nuovo su Beatrice. E le sorride ancora, con quella garbatezza palesemente finta. « Non mi pare. Ti sei presa un comando che nessuno ha mai voluto darti, di una nave che non esiste. Non sei tu a decidere come vanno le cose, né a controllarle. Non dopo che le hai distrutte. »
     
    .
  4.     +5    
     
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Creature Magiche
    Posts
    1,304
    Reputation
    +1,296

    Status
    Anonymes!
    Le regole che muovevano il mondo davano vita ad un meccanismo strano, bastardo e ben oliato: la fortuna era cieca, la sfiga ci vedeva benissimo, il tempismo della Byrne era quello che era e, proprio come aveva detto un saggio un giorno, « Se ci sono due o più modi di fare una cosa,e uno di questi modi può condurre a una catastrofe, allora qualcuno la farà in quel modo. » Tutto questo per riassumere che no, non bastava che fossero tutti rinchiusi in una trappola mortale e che la nostra cara, amatissima Grifondoro avesse scoperto di avere la spiccata tendenza a trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato, no; non era sufficiente che le scorte scarseggiassero: doveva anche dilagare il virus dell'isteria di massa. Una malattia pericolosissima, che aveva trasformato un paio di antipatici quanto viziati Serpeverde e non in... beh: una banda di rompicoglioni dalle tendenze banditesche. Ne aveva sentito parlare per la prima volta da una ragazzina Tassorosso che aveva beccato in lacrime dopo che i suddetti l'avevano invitata, pacati come i francesi durante la Rivoluzione e soavi come Trump in campagna elettorale, a cedere loro le sue scorte. Inizialmente non ci aveva fatto troppo caso: poi le vittime erano aumentate esponenzialmente ed un solo quesito aveva cominciato a farsi strada nella testa della giovane: volevano morire? No, seriamente: erano usciti di testa e quella non era che la manifestazione esteriore dei manie suicide latenti? Perché una cosa era certa: avrebbero anche potuto accaparrarsi tutti i bottini di questo mondo per un po', ma prima o poi l'avrebbero beccata la persona sbagliata. Si sarebbero ritrovati a dover fare i conti con qualcuno che non era un undicenne solo ed indifeso, o che semplicemente non si lasciava intimidire da un branco di scimmioni in serie, e le avrebbero prese di santa ragione. Senza contare che, a logica, prima o poi qualcuno avrebbe potuto pensare di restituire loro il favore. Oppure, ancora, si sarebbero trovati nel posto sbagliato, al momento sbagliato e con la persona sbagliata, magari qualcuno a cui avevano pestato i piedi e non sarebbe finita bene. Aveva continuato a pensare tutte queste cose mentre un senso di indignazione prepotente si faceva strada e si prometteva di fare il culo ad almeno uno di loro alla prima occasione, che fosse in senso metaforico o meno. Fawn Byrne non era una persona particolarmente fine o, per meglio dire, quella parte della sua persona la riservava con gelosia alle persone che credeva meritarsela. In più aveva la tendenza ad infervorarsi piuttosto velocemente di fronte agli abusi di potere ed aveva un suo codice morale. Rubare ai ragazzini rientrava tra le molte cose che etichettava come disgustose e che non le facevano saltare la mosca al naso, no. Era una di quelle cose che risvegliavano il suo dittatore interiore e le facevano salire tutti i sistemi totalitari che il mondo avesse mai concepito. Ma tornando al suo tempismo: si era ritrovata alla rimessa delle barche giusto in tempo per l'inizio dello show. Una delle primedonne imputate aveva fatto il suo ingresso - e no, non importava che fosse un uomo: una primadonna è una primadonna sempre e comunque -, dando al mondo quel che voleva: una riprova del fatto che lui ed amichetti annessi con la testa non andassero tanto d'accordo. Lei lì ci era finita perché aveva scortato qualcuno, giusto in tempo per lo spettacolo. Non ebbe il tempo di interrompere, però, nonostante le pizzicasse la lingua e le prudessero le mani, perché qualcuno ebbe il buonsenso di farlo prima di lei. Beatrice Morgenstern aveva fatto il suo ingresso in tutta la sua magnificenza. La lasciò parlare annuendo mentalmente a quel che diceva, felice che al mondo almeno una sicurezza ci fosse e che la ragazza non fosse uscita di testa anche lei. Ovviamente, però, la cosa non poteva chiudersi lì - si sa: le primedonne devono farla lunga - per cui si sentì in dovere di alzarsi in piedi, scrostandosi momentaneamente dal muro al quale si era poggiata. « E tu, Morgenstern? Quand'è che ci restituisci quello che ci hai sottratto? » Aveva fatto un passo in avanti in modo da non trovarsi più in penombra e non era proprio riuscita a trattenere un sospiro teatrale e un'alzata di occhi al cielo. « Non posso fare a meno di chiedermi cosa abbia sottratto a te personalmente » Lanciò uno sguardo esageratamente preoccupato a Douglas, che divenne interrogativo nello spostarsi su Tris: « se i rimasugli di decenza, di morale o di materia grigia. O magari il tuo giochino preferito?» Si era pure sporta leggermente in avanti per guardarlo meglio, quasi potesse avere scritta in faccia la risposta a quel suo quesito. No, in faccia non aveva niente, a parte una discreta mancanza di ceffoni. Se mai ne avesse voluti, comunque, un giorno glielo avrebbe detto, la sua porta era sempre aperta. In fondo era magnanima e un po' le piaceva recuperare questi casi persi.
    « Credo che tu abbia un'idea piuttosto confusa del concetto di proprietà. Noi non abbiamo rubato un bel niente. Io e i miei amici, quando ieri si è aperta la Sala Grande, eravamo un po' stanchi. Sai com'è, non ci piacciono troppo la folla e il caos che si creano solitamente. E quindi stiamo vedendo di rimediare ora. Dimmi, qual è, esattamente, la differenza? Qualcuno di voi per caso paga per quello che prende ogni giorno in Sala Grande? Mettete determinate cose nelle vostre borse perché hanno il vostro nome scritto sopra? » Ecco, qui per poco non gli fece il verso. E non tanto perché lo fosse lei, un persona infantile, ma cosa si poteva rispondere ad una cosa del genere se non gni gni gni, considerata la piega che stava prendendo ed il suo tenore generale? Cioè: aveva praticamente detto che, siccome non aveva voglia di farsi il culo preferiva fare il culo a chi si faceva il culo. Un applauso ad Isotta dalle Bianche Mani e all'Orlando Furioso, eroi nazionali, uomini fatti e finiti che scaricavano il loro stress sui ragazzini perché volevano e potevano farlo. Bello. Poi le chiedevano perché a volte le prendessero quei momenti di misantropia.
    « Sottrarre qualcosa con la forza - sorprendente! - rientra ancora nella definizione di rubare. Perché non so, magari nella foga vi era sfuggito, ma nessuna delle persone alle quali avete rubato era felice della cosa. » Non si degnò nemmeno di rispondere alla domanda. Se pagavano quello che prendevano in Sala Grande? Sì, con la fatica, questa sconosciuta.
    « Dimmi Morgenstern, hai ricevuto un libretto di istruzioni su come funziona questo gioco quando hai pensato di imbucarti al castello e mettere a repentaglio le vite di tutti noi? Non mi pare. Ti sei presa un comando che nessuno ha mai voluto darti, di una nave che non esiste. Non sei tu a decidere come vanno le cose, né a controllarle. Non dopo che le hai distrutte. » Fawn si trattenne dallo sbuffare di nuovo, ma non riuscì a impedirsi di alzare gli occhi al cielo. Ecco: l'aveva detto ed aveva avuto ragione su tutti i fronti. Primedonne. Primedonne fatte e finite. « Bella filippica, molto sentita, tanto che quasi mi dispiace farti notare che però hai torto marcio. Il tuo animo sensibile è ferito, va benissimo, fantastico. Siamo tutti ugualmente nella merda e questo significa che quello che avete fatto è controproducente e che ha ragione lei. » Riportò nuovamente lo sguardo su Beatrice, facendo un cenno, come a indicarla. Poi riportò lo sguardo sul Serpeverde: « In più esiste una cosa che si chiama karma e non penso sia il caso di metterlo alla prova ora che si può morire davvero in qualsiasi momento. O no? » Sottintendeva, chiaramente, il fatto che prima o poi avrebbero avuto bisogno di una mano. Ma, magari, si sarebbero trovati a dover per forza cercare quella alla fine del proprio braccio. E basta. Perché l'erba cattiva poteva anche non morire mai, ma non era detto che non potesse essere estirpata. E poi: karma's a bitch if you are.

    Edited by ocean eyes - 17/12/2017, 20:11
     
    .
  5. AresCarrow
        +6    
     
    .

    User deleted


    - Dimmi Byrne, accoltellare qualcuno in che definizione rientra? -
    Un giorno di questi, temo, dovrò mettermi seduto in un angolo a compilare un elenco delle cose che non mi piacciono affatto.
    Il cavolfiore sarebbe sicuramente fra queste, il profumo alla vaniglia anche, e le ragazze con i pantaloni a vita alta subito dietro. Stacco un morso alla mela che mi ha passato Thomas poco prima, la mastico e getto un'occhiata a Edric. Le mele mi piacciono, che le persone che amo siano affamate no. Nemmeno rubare ai ragazzini le loro scorte mi entusiasma - non che me ne senta particolarmente toccato, ma tendo a trovarlo svilente - ma ne Amunet ne Lulah ne Maze mi hanno mai chiesto dove prendo quei pezzetti di cibo che di tanto in tanto tiro fuori, per loro, quando meno se lo aspettano. Danno per scontato che mi stia privando di parte della mia porzione? Probabilmente sì, ed in parte è vero, ma che qualcuno provi a chiedermi se mi sentirei in colpa a gettare uno di quei ragazzini da una torre se ciò mi servisse ad avere le forze per salvare uno qualsiasi di loro.
    Siamo seri...
    Non mi piacciono le bugie.
    Non mi piace l'ipocrisia.
    tumblr_mei31b8zvC1qee7fro2_250
    Per quello mi faccio avanti, lentamente, passando alla destra di Nate. In linea di principio non avrei nemmeno dei problemi a tirarmi indietro, cedere quello che abbiamo preso e tornarmene da dove siamo venuti in attesa di ricominciare in una maniera diversa - probabilmente lo farei se solo Nate facesse un cenno per fermarmi - ma suppongo che se c'è un momento per mettere un paio di punti in chiaro quello sia adesso. Avanzo ancora di un passo, gli occhi fissi in quelli di Fawn, e mi fermo. C'è qualcosa in quello sguardo, qualcosa che mi strappa un mezzo sorriso ma che non trovo tanto interessante da sostenerlo a lungo, per quello volto il capo, lentamente, ad inquadrare la figura di Beatrice Morgenstern. Lei è decisamente più interessante, e non sono il solo a pensarlo. Quando questa storia sarà finita dovrò chiedere a Edric come la pensa lui, ma le Ombre che mi porto dietro sembrano molto più attratte da lei che da qualsiasi altra cosa nei dintorni. Posso sentire il loro desiderio di violenza, e forse questo mi rende un pochino meno controllato di quel che è mia abitudine - Nessuna delle persone chiuse qui dentro è felice della cosa - perché alla fine è da quello che nascono tutti i nostri problemi. Nessuno patirebbe la fame, se non fossimo chiusi qui dentro, e indovinate chi ha mosso il primo gesto perché ciò accadesse? - E com'è il karma di chi ha il sangue di tutti quelli che sono morti qui dentro sulle mani Fawn? Il primo sangue, e anche tutto quello che è seguito - causa ed effetto, e Tallulah era stata tanto vicina a quella prima coltellata da aver avuto paura, per un momento, che il sangue di Kingsley che l'aveva ricoperta fosse stato il suo, che fosse stata colpita.
    Tutto quello che ci circonda ha, ai miei occhi, due colpevoli.
    Il primo ho paura che sia ormai oltre la nostra portata, ma la seconda...
    Stacco un morso dalla mela che tengo in mano e mastico ancora, lentamente - Mi perdonerete se non accetto lezioni di moralità da chi ci ha messo in questa situazione -
     
    .
  6.     +6    
     
    .
    Avatar

    - Ho un nuovo amico
    - Vero o immaginario?
    - Immaginario


    ★★★

    Group
    Member
    Posts
    194
    Reputation
    0

    Status
    Anonymes!
    Il mondo era cambiato. Qualunque diavoleria fosse riuscito a pescare Edmund Kingsley dal suo cappello magico, consisteva certamente ben più di un castello chiuso ermeticamente e riempito di variegati strumenti di morte. Erano cambiate le priorità e con esse erano cambiati i valori e le lealtà. Il mondo era cambiato e aveva gli occhi di Edric Sanders. Lentamente intorno a sé aveva osservato da impassibile spettatore i compagni decimati, fisicamente e moralmente, spenti in ogni senso possibile: chi vinto dall'abbattimento, chi dalla morte stessa. Perfino i suoi compagni del Clavis Aurea per settimane erano sembrati tutt'altro che loro stessi. Thomas aveva chiuso con i suoi maledetti sermoni contro il sistema, Nate sempre più di rado si lasciava andare ad una qualunque reazione nei confronti dell'orrore che li circondava. Rocket era sparito chissà dove e Ares, oh se era cambiato lui! Ma il cambiamento più palese lo aveva avuto proprio Edric: in un mondo in cui tutto era destinato alla lenta decadenza, il serpeverde sembrava rinato. Nuova vita riluceva nei suoi grandi occhi opachi, pieno di quelle energie che mai negli anni passati al castello aveva dimostrato di avere, incanalate nel nobile obiettivo di saziare una fame che non si placava mai. Lui aveva sempre più fame e di cibo era letteralmente circondato. Laddove il sesso non fosse disponibile - e men che meno le vergini, merce ormai di sempre più difficile reperibilità, capaci di saziare la sua fame per giorni interi e lasciarlo, come un drogato in overdose, per giorni in un perenne stato di euforia - il suo Passeggero aveva imparato a deliziarsi di quelle piccole leccornie che Hogwarts offriva. Camminando per i corridoi ad occhi chiusi, con lo spauracchio di una morte infame ad ogni passo, gustava con godimento ora la violenza di una morte prematura, ora il tradimento di un amico affamato contro l'altro. Il sangue richiama sangue, il caos genera caos e così la scarsità dei sostentamenti fisici veniva compensata da un'abbondanza di nutrimento spirituale. Edric Sanders non si era mai sentito così vivo.

    Non ebbe bisogno di pensarci su, quando Thomas chiese loro di unirsi alla sua piccola battuta di caccia. I morsi allo stomaco iniziavano a farsi sentire, perfino per uno come Edric talmente tanto inappetente da mangiare sì e no una volta al giorno: era altro, tuttavia, che andava cercando. Si sentiva al suo posto, immerso in un gigante formicaio pronto a divorarli, accanto alle persone che più contavano nel suo mondo distorto. I fratelli del Clavis non si erano sorpresi più di tanto nel vederlo mutare, da bozzolo apatico a falena, perché tutti loro avevano intrapreso la strada dell'adattamento, nessuno escluso. Lo conoscevano, nel bene e nel male: conoscevano il disordine nella sua testa e immaginavano, come già in passato di tanto in tanto avevano potuto vedere, l'assoluta imprevedibilità delle sue azioni. A frenarlo, nella vita di tutti i giorni, era lo stesso motore che lo muoveva, quella devianza della mente che gli distorceva il pensiero e le sensazioni e che gli faceva vedere il mondo con occhi diversi. Eppure, per chissà quale malato motivo, erano riusciti ad accettarlo così com'era, non solo perché protetti da un Voto grazie al cuore la follia di Edric non avrebbe potuto sfiorarli, no: un'affinità più profonda li vincolava, la stessa che li faceva marciare spalla contro spalla nei terreni di Hogwarts, razziando come un branco di iene chiunque non fosse abbastanza forte da resistere. I Cavalieri dell'Apocalisse. Arrivarono alla rimessa delle barche immersa nella penombra, pronti ad affondare le zanne su qualunque cosa avessero desiderato: Tom apriva le danze e Edric, nella retrovia del quartetto degli orrori, la chiudeva. Per tutto il tempo rimase dietro i tre amici, immobile e fermo come sempre ma con un lugubre scintillio nei grandi occhi di ghiaccio e un sorriso tirato sulle labbra pallide. Perfino quando le carte in tavola vennero mischiate e, per la prima volta da quando erano scesi in campo per sfruttare i diritti della loro mai contrastata superiorità, ritrovarono nella figura snella e austera di Beatrice Morgenstern il primo, vero ostacolo da superare. « Vedi Montogmery, credo che tu e i tuoi amici abbiate un'idea piuttosto confusa della condivisione. »
    (lei)
    La voce di Beatrice fece vibrare qualcosa nella testa di Edric, lasciandolo ritto a contrastare i brividi che avevano iniziato a corrergli lungo la schiena. Non era paura, a stento conosceva quel sentimento tanto profondo, né soggezione. Beatrice Morgenstern in sé e per sé lo lasciava piacevolmente indifferente, come indifferente l'avevano lasciato le sue azioni e le sue parole la sera del ballo di Halloween. Scoprire che dietro l'apparenza esile di una sua coetanea si nascondesse un mostro omicida non lo impensieriva, perché al massimo sarebbe stato solo un punto in comune tra due pianeti che orbitavano ai poli opposti dell'universo. Eppure qualcosa in lei, qualcosa, lo infastidì nel momento stesso in cui con le toccò la mente coi tentacoli invisibili del suo dono, come se unghie affilate gli avessero grattato direttamente i nervi. Qualunque cosa fosse, chiunque ella fosse, Beatrice Morgenstern non piaceva al suo Passeggero, né gli sarebbero piaciuti i suoi amichetti di merende. Lo sentì scalciare e dimenarsi, lassù, come un animale in gabbia capace di trasmettergli aggressività e tanta altra carpì dagli attori che lo circondavano: l'aggressività velata di ironia di Nate, quella più infiammata di Fawn, quella oscura e tremenda che nascondeva la stessa Beatrice dietro la maschera della sorella maggiore. Gliela sentiva addosso, nascosta da aromi di benevolenza e desiderio di giustizia, una brama di violenza che la arricchiva e che lentamente riempiva, goccia dopo goccia, l'animo già turbato e in tempesta di Edric, lo stesso che in disparte e fuori dagli sguardi impegnati di tutti gli altri, mosse lentamente le dita dietro la schiena per estrarre con calcolata lentezza la bacchetta dalla cintura. Tutti quei discorsi non facevano altro che rmbombargli in testa e dargli fastidio, lo stesso che il Passeggero gli stava trasmettendo, battendo con forza contro la sua coscienza.
    (rovinerà tutto)
    V6UxEBq
    Puntò gli occhi verso l'ex grifondoro, squadrandola intensamente. Rovinerà tutto. Così come aveva inconsapevolmente creato quel mondo perfetto, Beatrice l'avrebbe distrutto. Si stava impegnando con tutte le sue forze per farlo, mossa da un bene superiore che il Passeggero aberrava, e così Edric. Niente più cibo. Niente più violenze, niente più morte.
    (affamati)
    Hai fame?
    (fame)

    Intorno a lui amici e nemici parlavano, parlavano, parlavano troppo di retorica, di chi avesse colpa, di karma e fatalità. Ma Edric Sanders aveva in testa la prova che non è il karma a muovere i fili del mondo ma divina provvidenza. E tanto più grandi sono le ombre, dove risplende una grande luce. Incrociò gli occhi di Ares, un fugace secondo, l'unico che avrebbe potuto capirlo veramente.
    (fame. fame. fame.)
    Una fame che Edric aveva intenzione di saziare. « Il vostro contributo può fare la differenza e può salvarvi la vita un domani. » Ecco finalmente Beatrice centrare il punto. Il punto era che il cibo, i coltelli, i mezzi di sussistenza non erano altro che premi minori, rapportati a ciò che realmente aveva importanza dentro le mura della nuova Hogwarts, del nuovo mondo. Vita. Vita e Morte. Con un lento e impercettibile movimento di bacchetta, una delle spesse corde impiegata per tenere le barche al molo si animò e silenziosamente prese a strisciare. Che ne sai di come si salva una vita, Beatrice? Tu conosci solo la morte. La stessa che apparve negli occhi della ragazzina ancora inerme e ormai privata del suo prezioso coltello, quando la corda, come un serpente all'attacco, scattò e si strinse con forza attorno alla sua caviglia.
    (presa)
    Presa.

    L'urlo acuto della ragazza fece vibrare la rimessa delle barche e così i nervi tesi delle persone affollate là dentro, quando la corda animata iniziò a tirare con violenza la sua vittima che venne trascinata violentemente indietro, fino a cadere oltre il bordo di pietra giù, sott'acqua. Un urlo ormai soffocato, che tuttavia continuò a vibrare nella risata gutturale di Edric, verso il quale molte persone si voltarono. Lui, alto spaventapasseri di cui in molti non avevano neppure fatto caso, rise sempre più forte fissando allucinato la Morgenstern. « Salvale la vita, Beatrice! »
    (muori. muori. muori.)
    Il viso divertito del serpeverde fece presto tuttavia a digrignarsi in una smorfia rabbiosa. Aggressiva della stessa aggressività che aveva percepito negli animi di tutti, là intorno, e dai quali aveva carpito qualcosa, collegandosi ad ognuno di loro. Una violenza amplificata, che risuonava in lei, vuoto ricettacolo ormai pieno di sentimenti altri. « SALVALE LA VITA! SALVALA! SALVACI TUTTI!! » le urlò contro, come mai aveva fatto prima e come raramente i suoi fratelli gli avevano visto fare. Senza paura delle conseguenze. Pazzo, finalmente, agli occhi di tutti, come il loro nuovo mondo.
     
    .
  7.     +6    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Creature Magiche
    Posts
    535
    Reputation
    +735

    Status
    Anonymes!

    Fiducia nel genere umano, Percy Watson non ne aveva mai avuta. Era spesso stato additato come cinico, ma dal canto suo, lui si sarebbe piuttosto definito come realista. E il punto era che ciò che diceva l'ex Serpeverde con così tanta freddezza da lasciare disarmati, non era poi così lontano dalla realtà. A cambiare, negli ultimi tempi, non era stata la sua visione del mondo, ma piuttosto il modo di rapportarvisi. Lui nella vita, nelle persone, nella società, in tutto aveva sempre visto il marcio, perché quello gli era stato offerto fin da bambino. Lo aveva accettato quando non era niente più che un bambino in fase prepuberale, e aveva imparato a conviverci, utilizzando quella consapevolezza per farsi strada nella via prescelta. Poi la strada era cambiata, la macchina aveva sbandato e lo aveva fatto perdere in mulattiere di cui poco conosceva la fattura. Il suo approccio aveva necessariamente dovuto cambiare, adattandosi alle circostanze, perché in fin dei conti quello era ciò che il giovane faceva: adattarsi e sopravvivere, sempre. Era evoluzione, pura e semplice. Chi rimaneva indietro era destinato a perire. Ma ognuno ha la propria idea di cosa comporti l'evolversi, e come è umano che sia, è convinto che sia non solo la migliore, ma addirittura l'unica. Alcuni credono che l'evoluzione sia la capacità di mutamento, altri che si tratti di ergersi come una roccia contro il mare in tempesta.
    "Ci hanno rubato tutte le scorte, e non siamo gli unici. Io mi sono beccato Montgomery, Douglas, Carrow e Sanders alle spalle. Ma c'è chi dice che ce ne sono altri.. non saprei." Un colpo dietro all'altro. Montgomery, Douglas, Carrow e Sanders. I suoi amici. Quelli con cui aveva condiviso tutto per anni, persino un segreto a cui erano legati da un voto infrangibile. Non si fidava di loro, no, non era abbastanza stupido per pensare che la loro amicizia comportasse la fiducia. Ma in qualche maniera ne aveva stima. Per Nate in primis: colui a cui aveva messo le chiavi del Clavis in mano. In quel momento, l'immagine ritornò alla sua mente sotto forma dello sguardo che si erano lanciati quando era avvenuto il passaggio di onori. Sto lasciando questa cosa a te e al tuo giudizio perché ho stima di te. Non lo aveva detto, ma i suoi occhi avevano parlato per lui. Alle parole sentite tramite la mente di Tris, però, qualcos'altro si era fatto spazio in lui al posto di quella stima. L'insinuazione di un dubbio: quello di essersi, forse, sbagliato per la prima volta a giudicare qualcuno. Non che avesse mai avuto dubbi sulla tempra morale di Nate. Su quello erano affini: a entrambi fregava davvero poco del prossimo, e anche questo non era cambiato nell'ex Serpeverde. Ma non era il cuore ciò che aveva preteso di vedere nell'amico, quanto piuttosto la testa. La capacità di discernere, di adattarsi. Perché la furbizia può averla anche l'ultimo dei poveracci, ma la saggezza è tutt'altra materia, e il solo pensiero di essersi sbagliato nel vedere in Nate quel requisito andava a far crollare in lui tutto il senso di ciò che effettivamente aveva creduto di costruire. "I tuoi cuccioli sono stati davvero cattivi, questa volta." sorrise distrattamente a quel punzecchiamento tipico del loro rapporto. Lo avevano sempre fatto, Percy e Tris, ai tempi in cui le spille rilucevano sui loro petti. Quella volta però era diverso, perché non si trattava di uno stupido ragazzino che violava il coprifuoco per infrascarsi con la squinzia di turno. "Finisco di sistemare le cose qui e arrivo." fu la sua maniera piuttosto laconica di rispondere, riservando comunque uno spazio della propria mente a seguire gli spostamenti di Tris per rimanere in contatto con la situazione.

    ITFWcjK
    Stanno tutti facendo vedere di che pasta sono realmente fatti. Le parole, quelle, che aveva sentito dire di sfuggita a un ragazzo qualche giorno prima. Così vere da far male. Forse l'obiettivo di Kingsley non era stato quello, ma vi era una certa genialità nello smascherare la profonda bruttura che giace sedimentata nel fondo dell'animo umano, mascherata da una coltre di comportamenti civili che vengono a cadere nel momento stesso in cui le norme sociali subiscono il minimo urto. Ecco, Edmund Kingsley aveva aperto il sipario sul palcoscenico dell'orrore umano, sulla loro sostanza animale, e sul fatto che in fin dei conti tutti quei teatrini, tutti quei discorsi sulla nobiltà e il sangue puro, altro non erano se non un modo di lavarsi la coscienza da quell'agghiacciante consapevolezza: l'essere tutti, nessuno escluso, poco più di bestie. E forse Percy Watson aveva avuto bisogno di vederlo con i propri stessi occhi per capire quanto eclatante fosse la stronzata in cui era vissuto. Una cosa che aveva intuito, di certo, ma che non aveva mai visto tanto chiara e vivida come ora che se la vedeva dispiegare sotto gli occhi.
    Le conversazioni dei presenti lo accompagnarono per tutto il suo tragitto a passo marcato verso la rimessa, portandolo ad accelerare l'andatura solo quando sentì la situazione sterzare bruscamente nella violenza, imponendogli di correre quanto più poteva per mettere le pezze a un qualcosa che si era inesorabilmente spaccato dentro ad Hogwarts. Quando spalancò la porta dell'abitacolo, la bacchetta era già puntata di fronte a sé, pronta a castare un preciso "Diffindo." sulla corda che Edric aveva aizzato a stringere la caviglia di una ragazza, trascinandola nelle acque scure del lago. Velocemente colmò gli ultimi passi che lo distanziavano dal bordo, porgendo una mano alla vittima dell'incantesimo per aiutarla a ritornare in superficie, sbrigandosi poi a togliersi la giacca per prestargliela. Fatto ciò, non sentì immediatamente il bisogno di colmare il silenzio. Non subito. Non era da Percy lasciarsi andare a scoppi d'ira. Non era mai stato ne' impulsivo ne' rabbioso, e sicuramente non era rabbia quella a impregnare il suo cuore in quel momento, quanto piuttosto una profonda delusione. La stessa delusione che affiorò nei suoi occhi nel passare lo sguardo laconico uno a uno sui suoi compagni. Disprezzo? Forse, ma solo in minima parte. No, in quelle iridi cerulee c'era solo posto per l'amarezza disincantata di chi ormai aveva avuto modo di saggiare la tempra di chi aveva di fronte. "Tante cose ho sempre pensato di voi meno che foste stupidi." disse laconicamente, dopo un lungo silenzio, senza alcuna inflessione particolare nel tono di voce. Si ritrovò tuttavia a sollevare le sopracciglia, scrollando le spalle come a voler dire: evidentemente mi sono sbagliato. "Rubare un tozzo di pane in più..a dei ragazzini..come accattoni." le labbra dell'ex Serpeverde si incurvarono in una piega di disgusto a quelle parole. Per giunta quando avreste tutte le capacità per fare la differenza, e non dico per gli altri, ma per voi stessi. Perché che vi piaccia, o no, qui dentro tutti dipendiamo da tutti ormai. E chi non lo accetta è il primo a marcire sotto terra. Lasciò che il suo sguardo squadrasse esplicitamente Thomas, vestito ancora dell'abito di alta fattura indossato al ballo, per poi posarsi nei suoi occhi, indecifrabile. Ma lo scostò presto, passandolo su tutti gli altri per soffermarsi più a lungo negli occhi di Nate. Tu eri quello da cui mi aspettavo di più. Tanta nobiltà ostentata. Belle frasi in latino. Abiti di alta sartoria. Ed ecco qui tutta la sostanza che c'era sotto. "Siete solo dei poveracci. E non c'è cognome o vestito che possa cambiare ciò." aggiunse secco, senza alcuna remora o vergogna nello sciorinare quelle parole dritte in faccia agli interessati. "Siete familiari col concetto di darwinismo sociale, suppongo. Chi non si adatta soccombe. E voi a questo sistema siete profondamente inadatti - è evidente - perché non c'è briciola che vi siate mai dovuti guadagnare in vita vostra. In questo momento, siete solo un elemento di disturbo. Continuate così, e troverete che la vostra lotta contro la morte è la contesa meno eccitante che ci sia, con un finale che tra l'altro sappiamo tutti essere scontato. Potete dedurre da soli la scelta inevitabile che si staglia da ciò. Spero che almeno questa la prendiate con la testa." ..invece che col culo.
     
    .
  8.     +6    
     
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Ricercati
    Posts
    1,984
    Reputation
    +1,337
    Location
    highway to hell;

    Status
    Anonymes!
    « Vedi, Morgenstern. Credo che tu abbia un'idea piuttosto confusa del concetto di proprietà. » E così comincia l'orazione ciceroniana di Nathan Douglas. Un degno discorso da avvocato del diavolo, che ben sa come difendersi. In un aula di tribunale farebbe un figurone, ma ciò che facilmente dimentica Douglas, è che loro sì, stanno cercando di restare civili, umani; tutti quanti tentano nelle maniere più disparate di restare loro stessi, di non cadere preda agli istinti più animaleschi, ma non per questo sono pronti a tollerare qualunque forma di comportamento. Ciò che i quattro stanno facendo è una degna violazione di qualunque forma di soliedarietà tutti quanti tentano di portare avanti in tutti i modi possibili e immaginabili. Quasi tutti tentano di dare una mano, di rendersi utili, di restare integri e decorosi, seppur non sempre sia possibile. Si addentra in una lunga epopea sul significato di proprietà, che fa alquanto sorridere la giovane ex Caposcuola, che tenta in tutti i modi di non alterarsi. Non te la darò questa soddisfazione. Sei troppo piccolo e irrilevante. La verità, caro Douglas, è che tu avverti il peso di essere una nullità. « Dimmi Morgenstern, hai ricevuto un libretto di istruzioni su come funziona questo gioco quando hai pensato di imbucarti al castello e mettere a repentaglio le vite di tutti noi? Non mi pare. Ti sei presa un comando che nessuno ha mai voluto darti, di una nave che non esiste. Non sei tu a decidere come vanno le cose, né a controllarle. Non dopo che le hai distrutte. » « Bella filippica, molto sentita, tanto che quasi mi dispiace farti notare che però hai torto marcio. Il tuo animo sensibile è ferito, va benissimo, fantastico. Siamo tutti ugualmente nella merda e questo significa che quello che avete fatto è controproducente e che ha ragione lei. » E' lieta che Fawn sia lì. Quanto meno, quei quattro non potranno andare in giro e dire che la Morgenstern è brutta e cattiva e li ha maltrattati inutilmente. Perché è chiaro che ad ogni parola e con ogni gesto, Douglas e gli altri se le stiano cercando. Sempre di più. Eppure Tris non reagisce. Si scrocchia le dita delle mani, incrociandole tra loro. Non è un bel segnale. E' solo questione di tempo prima che dal chiedere gentilmente si passi alle mani. Perché in fin dei conti, la diplomazia non è mai stato un punto forte di Beatrice. « Dimmi Byrne, accoltellare qualcuno in che definizione rientra? » La mora getta uno sguardo complice alla Grifondoro, prima di scuote la testa, fissando Ares Carrow con uno sguardo colmo di sfida. « Perché non lo chiedi direttamente a me, Carrow? » Odio quando le persone parlano di me come se non ci fossi. « Sono proprio qui. » Un sorriso sarcastico si dipinge sulle sue labbra mentre incrocia le braccia al petto. Movimenti lenti che tutto possono predire tranne il fatto che la Morgenstern stia seriamente perdendo la pazienza. « Nessuna delle persone chiuse qui dentro è felice della cosa. E com'è il karma di chi ha il sangue di tutti quelli che sono morti qui dentro sulle mani Fawn? Il primo sangue, e anche tutto quello che è seguito. Mi perdonerete se non accetto lezioni di moralità da chi ci ha messo in questa situazione. » « Il karma di chi ha versato il primo sangue si sta limando le zanne e gli artigli. Evidentemente non ne ha avuto abbastanza. Vuoi fare gli onori, Carrow? » No, non avrebbe senso. Tu come il tuo capetto sei altrettanto insignificante. Anzi, se possibile lo sei ancora di più. Pensa tra se e se prima di sospirare affondo. La belva le sta montando in petto, perché vorrebbe gestire la cosa in maniera completamente diversa. Ma poi, proprio mentre sta per avanzare i termini di resa dei quattro e di chiunque altri li stia appoggiando, qualcosa accade. Ed è un istante. Percepisce il ticchettare sempre più vertiginoso dei cuori di chiunque si trovi nella stanza mentre una voce malefica, infida, infinitamente odiosa, graffia contro i suoi timpani. « Salvale la vita, Beatrice! » Le manca il respiro per un istante, mentre si rende conto che la ragazza alle sue spalle sta affogando sotto i suoi stessi occhi. « SALVALE LA VITA! SALVALA! SALVACI TUTTI!! » E per un istante Beatrice si blocca. E' paralizzata di fronte a quegli influssi disumani che quella voce le manda, che s'insinuano nelle sue vene fino a farle gelare il sangue. Quell'odio e quell'oscurità la sfida come non potrebbe mai fare un Nathan Douglas e chi per lui. Non l'ha provato nemmeno quando la sua gente è stata imprigionata sotto il peso di un patto che da lei non dipendeva, non l'ha provato nemmeno quando i suoi stessi simili hanno provato a ucciderla. Quello è altro. E' un'altro nemico. E' un'altra cosa. « Diffindo. » Lo sguardo dilaniato incontra per un istante quello di Percy dall'altra parte della stanza. E per fortuna il suo stato d'animo leggermente più calmo, riesce a calmarla appena. Ma non ne è certa. Perché lei il proprio cuore lo sente battere all'impazzata. Non sa chi influenzerà chi alla fine. « Siete solo dei poveracci. E non c'è cognome o vestito che possa cambiare ciò. » Lo sguardo continua a ergersi su Edric Sanders nel mentre, come se in quegli occhi riconoscesse qualcosa. Qualcosa che ha intensamente odiato. Qualcosa che conosce e che dimenticherebbe ben volentieri. « Siete familiari col concetto di darwinismo sociale, suppongo. Chi non si adatta soccombe. E voi a questo sistema siete profondamente inadatti - è evidente - perché non c'è briciola che vi siate mai dovuti guadagnare in vita vostra. In questo momento, siete solo un elemento di disturbo. Continuate così, e troverete che la vostra lotta contro la morte è la contesa meno eccitante che ci sia, con un finale che tra l'altro sappiamo tutti essere scontato. Potete dedurre da soli la scelta inevitabile che si staglia da ciò. Spero che almeno questa la prendiate con la testa. » Ma l'emergenza più grande diventa un'altra. Douglas non ha la più pallida idea di cosa ha attorno. Di cosa si sta circondando. E così gli occhi oscillano incessantemente da Sanders a Carrow e di nuovo a Sanders. Tu non sai a chi stai affidando la tua vita, Douglas. Tu e quest'altro morto di fame. Due poveracci in tutto e per tutto. Lo sguardo di Tris oscilla di scatto in quello di Percy, per poi scivolare sulla figura di Carrow. Un modo come un altro per cercare di fargli intendere che andava tenuto d'occhio. E questo, a dirla tutta, lo aveva percepito in un certo qual modo sin dal ballo di Natale. Lo avevano avvertito tutti che c'erano soggetti che per una certa ragione, ispiravano meno fiducia di altri.
    tumblr_omuxiahweB1regz06o2_250
    Di scatto Tris gli è addosso. Afferra Sanders per il collo incollandolo contro il primo muro utile alle sue spalle, mentre lo solleva appena da terra. Non dice niente. Si riduce solo a un ringhio rabbioso; istinto. La lupa reagisce prima ancora che lei possa pensare e così, mentre la mano destra si stringe attorno al suo collo, la sinistra si stringe attorno al polso di lui per obbligarlo ad abbandonare la bacchetta prima che possa fare qualche passo falso. « Ve l'avevo detto che avete finito. » Furono le uniche parole sussurrate tra i denti prima di abbandonare il suo polso, lasciando che la bacchetta le scivolasse lungo l'avambraccio puntandogliela contro. « Incarceramus! » Profonde funi si liberarono dalla bacchetta di lei pronte a incatenargli il busto. « Visto che è l'unica lingua che parli, Douglas e visto che posso prendermelo, lo psicopatico adesso è mio. » E farò in modo che ti stia alla larga. Perché oggi potrà pure essere dalla tua parte, ma domani, non puoi saperlo. « Forse non siamo stati abbastanza chiari, perciò ci riprovo: questa non è più una democrazia. Ricevi in base a quanto dai. Do ut des. A meno che non sei un bambino o non sei in qualche modo impossibilitato; ipotesi che mi pare non si applichi su nessuno di voi quattro. » Pausa. « Se non collaborate, siete inutili, sprecate solo aria vitale la sera nelle sale comuni. Quindi visto che posso, faremo così: non metterete piede in nessuna sala comune finché non renderete quanto avete preso. Vi terrete solo il giusto: la vostra razione. Niente di più. » Si posiziona alle spalle di Sanders, obbligandolo a inginocchiarsi con un colpo ben assestato sul ginocchio destro, per poi alzare lo sguardo in quello di Douglas. « Ah, e Douglas, se Watson ti dice di fare una cosa la fai. Se Scamander, Black o la Branwell, ti invitano gentilmente a far loro un favore lo fai. Se qualcuno ha bisogno di aiuto, lo aiuti, perché questo non è il tuo palazzo e tu non sei il principe di nessuno. E se ti aiuta a dormire la notte convincerti che io mi sia in qualche modo presa il comando, spodestandoti di qualche diritto divino di cui mi sono stranamente scordata, ti invito a farlo tranquillamente. Ma non pestarmi i piedi, Douglas o inizierò a ricordarmi un sacco di cose. » Una leggera pausa, prima che si ricordi di conversazioni avvenute non molto tempo prima tra lui e Percy, « Com'era? Ah si. Accuse su persone che amano il popolo e sono disposte a fare squadra con chiunque capiti. Beh lascia che ti metta le cose in chiaro, Douglas. Nel tuo castello brillantinato sarai anche il cocco di mamma, ma qui dentro, fino alla prova contraria sei un verme e da tale verrai trattato, finché non dimostrerai il contrario. » Perché mi hai rotto le palle e perché posso. E perché mentre altri nullafacenti hanno quanto meno la dignità di starsi zitti, tu devi alzare grandi polveroni quando non hai fatto niente. Lo sguardo si abbassa infine sul prigioniero. « Quanto a te, resterai in custodia finché non darai segni di lucidità. » Altra pausa. « Se non ci sono domande, la seduta è tolta. »

     
    .
  9.     +7    
     
    .
    Avatar

    😈
    ★★★

    Group
    Member
    Posts
    344
    Reputation
    0

    Status
    Anonymes!
    Sarebbe molto più teatrale ed enfatico, se dicessimo che si trovava a passare di lì per caso, ma la verità è che li ha sentiti, sin dall'inizio. Si stava divertendo in uno dei suoi soliti sproloqui a dir poco imbarazzanti -non da solo, questa volta, e questi son progressi!- quando aveva avvertito qualcosa. Qualcosa di oltremodo divertente. Ma facciamo qualche passo indietro. Ed eccolo lì, Lucien Kai unaParker, seduto con le gambe a cavallo sulla testa di un gargoyle in pietra, a parlare del più e del meno con il fantasma di Nick Quasi Senza Testa. Un gran vero simpaticone, e chi se lo ricordava! Più lo spirito aveva tentato di colpirlo, e più Lucien si era fatto molesto. Perchè in fondo si sa, se ti picchiano, allora è amore. Alla fine dei conti dunque, il povero Nick si era arreso, e allora eccoli lì, con un Lux intento a chiedergli cavolo, come fa a restarti attaccata la testa? Ed un povero Nick completamente imbarazzato. E con imbarazzato intendiamo altamente incazzato. Ma dettagli. Insomma, la questione è semplice: Lucien Kai Parker, per gli amici Drac, che è un soprannome alquanto trasformista e sicuramente poco riconoscibile, era probabilmente più vecchio di gran parte dei fantasmi che infestavano il castello di Hogwarts. Poteva vantarne persino alcuni tra le sue conoscenze! (Ah, quante fantastiche avventure con Helena Corvonero, lui l'aveva conosciuta quando ancora di Dama Grigia -soprannome davvero inaspettato, come le aveva già fatto notare!- aveva ben poco, sotto le lenzuola) Seppure molti loro -vale a dire tutti- non nutrissero una grande simpatia per lui già in vita, figuriamoci da morti. Cosa che, diciamocelo, non poteva che spezzargli quel piccolo cuoricino che nemmeno possedeva. Ma insomma, tornando a noi, fantasmine zozze e amicizie paranormali a parte..Lucien li aveva sentiti sin dall'inizio. Aveva percepito il caos, uno dei suoi migliori nutrimenti a parte il sangue (e il Mcdonald, diavolo che invenzione fantastica quella!) e l'aveva seguito infine, nonostante la discussione sulla testa semi mozzata di Nicky avesse preso una piega piuttosto interessante. Quindi li aveva spiati per tutto il tempo, in un angolo oscuro della radura, quasi un tutt'uno con il buio. Kingsley, dopotutto, non poteva fargli un regalo migliore, costringendo Hogwarts a quella notte perenne. Oh se gli mancava, quel bocconcino. La questione comunque era piuttosto semplice: alcuni ragazzetti -che Lux non ci aveva impiegato poi molto a proclamare come suoi studenti modello (seppure lui di professore, al momento, avesse solo la nomina)- avevano deciso di impegnare quelle tristi ed oltremodo noiose giornate in quel castello rubando delle provviste a piccoli topolini indifesi. Un atto a dir poco lodevole, se non fosse stato per tutto ciò che ne era conseguito. Insinuatine sottili, insulti volanti, e oh guarda quella è la Morgenstern? Tutta suo fratello: tanto potenziale sprecato per uno schieramento sbagliato. « Quanto a te, resterai in custodia finché non darai segni di lucidità. Se non ci sono domande, la seduta è tolta. » Intendiamoci, fosse stato per lui, non l'avrebbe mai fatto. Probabilmente sarebbe rimasto lì, appollaiato su quell'albero, a godersi lo spettacolo ed il sangue che sperava avrebbe zampillato di lì a breve. Ma infine, uno dei suoi era stato minacciato da uno dei loro. Edric Sanders era lì, stretto sotto la morsa della lupa, sottomesso alla sua forza. Non aveva la minima idea del perchè le stesse permettendo di riservargli un simile trattamento, ma insomma, ognuno ha il suo modo di agire. Da quando siamo così liberali, Lux? Tuttavia, quando Beatrice l'aveva costretto ad inginocchiarsi, e la questione stava per giungere ad un termine che proprio non riusciva ad andargli a genio, aveva deciso di intervenire.
    GiCrSl6
    E quindi eccolo, a fare la sua entrata in scena. Si materializza in mezzo a loro, non si sa bene come, nel silenzio più totale, come se fosse sempre stato lì. Inquietante a dir poco. « Io, io! Io avrei qualche domanda! » Squittisce all'improvviso, alzando il braccio come il migliore degli scolaretti. Avrebbe preferito senza ombra di dubbio un'entrata delle sue, molto più teatrale, ma sprovvisto di microfono, ci si deve accontentare. Quindi smuove qualche passo in avanti, ad accompagnarlo solo il tintinnio delle catene dei suoi jeans oltremodo aderenti e senza ombra di dubbio strappati. E le tenebre, ovviamente, perchè quando Dracula è nei paraggi, sembra sempre ancora più buio del normale. Scuote la testa, in quel silenzio carico di tensione. « Ad esempio, non lo sai Edric che di fronte ad una donna ci si inginocchia solo in ben altri contesti? » Gli occhi bicolore si posano allora sulla figura della mora. La squadra dalla testa ai piedi, mordendosi il labbro inferiore. Buon sangue non mente. « E non intendo il matrimonio, ovviamente. Troppo poco originale. » Le fa l'occhiolino, prima di abbassarsi di fronte al ragazzo. Lo scruta attentamente con quel suo sguardo inquietante, l'espressione seria. « Ciao. » La voce è roca, bassa, il tono ambiguo. Allora, dov'è che ti nascondi? Piega la testa di lato, l'espressione oltremodo severa e a dir poco raccapricciante, prima che un sorriso di dubbia provenienza gli illumini il viso scarno. Gli porge la mano gelida a quel punto, tirandolo via dalla morsa della lupa sulle sue spalle, rialzandosi. « Forza, va' dai tuoi compagni. » A te ci penso dopo. A quel punto si volta di nuovo verso i buoni. Li scruta uno ad uno. I due lupetti, e la bella mora della quale ahimè gli sfugge il nome. Si passa la lingua sulle labbra, battendo una mano contro l'altra in un clap piuttosto rumoroso. « Allora! Facciamo che tu » Indica l'ultima dei tre « Non puoi ribattere perchè sono un tuo professore. » Manie di onnipotenza parte uno. « Tu » è il turno di Watson « Non puoi perchè sei fedele a quanto decide il tuo capo. » E non solo capo. Che gran pettegola, questo Lucien! « E tu » Ciao Morgenstern, ti sono mancato? « Non puoi uccidere un altro degno componente del personale scolastico che si appresta soltanto a svolgere il suo umile lavoro. Fidati, stonerebbe, davvero. I massmedia penserebbero che a questo punto trattasi solo di un modo per farsi notare. Fanculo effetto sorpresa, fanculo prima pagina sul Daily Prophet..E poi viene la depressione, il successo in decadenza, l'amnesia del pubblico..Tutte cose orribili. » Scuote la testa con fare teatrale, indietreggiando di qualche passo per avvicinarsi ai suoi protetti. Li scruta uno ad uno con quei suoi occhi inquietanti, e sorride. Ha deciso, da oggi in poi saranno i suoi piccoli figlioletti. In assenza di 6, 6 e 6, deve pur sfogare il suo incommensurabile istinto paterno su qualcuno! Dunque si passa una mano fra i capelli, sistemandosi meglio la lunga giacca. « Quindi, da bravo professore quale sono, questi ragazzi sono sotto la mia custodia da ora in poi. Qualsiasi cosa abbiano fatto e faranno nei giorni a venire, risponderò io delle loro azioni. Qualsiasi astio o rappresaglia nei loro confronti, verrà fatto a me. » Pausa. « E dato che non restituiranno nulla di ciò che si sono giustamente guadagnati » Perchè se lo restituite, sarò io a pestarvi, figlioli. « A non entrare in sala comune fin quando..Beh, per sempre -tanto di tempo ne ho da vendere!- sarò io. » (Come molesterai tusaichi?) (Un modo lo troviamo) (E' umana, ricordi?) (Niente sesso nelle serre possedute quindi?) (Direi di no.) (D'oh.) Ah, il prezzo dell'eroismo... « Un vero peccato non vedervi dormire, siete così carini » Appetitosi « Mentre lo fate. Ma ahimè, è il mio lavoro. » Allarga dunque le braccia, mentre una risata agghiacciante scuote l'atmosfera. « Quindi..Prendetevela con me. E' equo » ci pensa su un attimo, mentre si poggia l'indice sulle labbra, per poi scuoterlo in segno di negazione. « No..No..E' più divertente. »
     
    .
  10.     +6    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Maghi Adulti
    Posts
    162
    Reputation
    +433

    Status
    Anonymes!
    Quel tipo di rabbia era una novità. Ce ne erano state molte, moltissime ultimamente, nella vita di Thomas Montgomery, e quella era tra le più spiacevoli. Non gli piaceva essere così vicino a perdere il controllo, ma non era certo che mantenerlo lo avrebbe mai portato da qualche parte, in quella circostanza. Fremeva, i pugni chiusi, la mascella serrata, e della placida tranquillità che il Sepreverde sembrava solitamente capace di infondere negli altri in momenti tesi come quelli sembrava non esserci più neanche l’ombra. Si disse che non avrebbe fatto da paciere come al solito, non avrebbe cercato di placare gli animi, essere ragionevole, invitare tutti a fare un bel respiro. Era stranamente euforico, sicuramente spazientito. Non c’era un modo per provare ad andare incontro all’altro, non quando la causa di tutto, tutto il dramma di quei mesi era davanti a lui, e se ne stava tutta impettita, paladina della giustizia, protettrice degli indifesi, che quasi assomigliava alla cazzo di Statua della Libertà. Mimò un inchino, Tom, quando, da dietro di lui, Beatrice Morgenstern fece la sua entrata, di quelle avvolte da un’aura di vaga solennità, come a dire ‘eccola, finalmente è arrivata a proteggerci tutti’. Come facessero gli altri a guardarla ancora in faccia per Thomas rimaneva un mistero. Come facessero a seguirla, ascoltarla, rispettarla quando la lama che aveva trafitto il Preside di Hogwarts era la sua, e di nessun altro, sfiorava l’assurdo. Finalmente! Grazie per averci graziato con la tua presenza! Quale onore per noi trovarci in compagnia della mitica Tris Morgenstern! Doveva essere la loro giornata fortunata, quella. Dopo aver eseguito la sua patetica riverenza, con una lentezza e solennità snervante, spalancò le braccia, come a darle il benvenuto tra di loro. Aspettavamo solo te.
    Thomas faticava, tendenzialmente, a provare nei confronti della maggior parte delle persone sentimenti che superassero la mera tolleranza della loro presenza. Non si scaldava, né perdeva tempo in battibecchi, frecciatine, stupidi giochi da marmocchi che non hanno un cazzo da fare e danno troppa importanza agli altri. Alcune tra le uniche persone a cui lui prestava veramente attenzione gli stavano accanto in quel momento, e il resto poteva essere contato sulla punta delle dita. L’astio vero non sapeva cosa fosse, non ne comprendeva l’utilità, gli scontri erano una perdita di tempo. Quello che tuttavia stava imparando, proprio in quel momento, era che neanche lui aveva una soglia di tolleranza inarrivabile, e che quella Beatrice Morgenstern gli stava proprio sul cazzo. Lo innervosiva, per cui continuava a muoversi, a far schioccare le nocche delle dita, a giocherellare frenetico con la sua biglia, interrompendosi ogni tanto per ridacchiare alle assurdità che la ragazza aveva l’audacia di ordinare loro di fare, scuotendo la testa, come a dire ‘proprio non capisci’. Si mantenne silenzioso, tuttavia, e in questo non abbandonò del tutto il suo copione, in situazioni come quelle. Ascoltò, chi più chi meno, continuando a chiedersi quando sarebbe arrivato il momento in cui finalmente avrebbe potuto sfogare un po’ di quella rabbia che continuava a montargli dentro. Nate, Ares, Edric. Fu contento nel saperli esattamente sulla sua stessa lunghezza d’onda, ma non poté fare a meno di sentirsi sorpreso, sebbene vagamente compiaciuto, davanti al gesto estremo di Sanders. Gli fu subito vicino, Thomas, per quanto fuori di sé, stratega anche nella buia cecità dell’ira che condivideva col compagno. La sua mano si serrò attorno alla spalla dell’amico, teso, rigido, sconvolto dalla rabbia, che riconosceva, sì, ma non del tutto. C’era qualcosa di diverso nella smorfia che gli segnava il volto. «Calma, Sanders. Arriverà il momento, ma non è ora.» Gli sussurrò all’orecchio, per poi indietreggiare, e guardarlo negli occhi, cercando di ritrovarvi la stabilità che l’amico sembrava aver perso, preda di un eccesso d’ira improvvisa. Con una pacca serrata sulla spalla con la stessa mano che la stringeva, Thomas si assicurò che l’amico riuscisse a tornare in sé. «Arriverà il momento», ripetè. E assieme a lui anche Tom si ricompose, cosicché ad un certo punto fu difficile capire chi stesse beneficiando di più, tra loro due, del pensiero che un giorno, finalmente, tutto quell’astio avrebbe trovato un modo produttivo per essere utilizzato, ma che quello non fosse il momento adatto. Avrebbero avuto giustizia, ma cercare di ottenerla adesso sarebbe stato stupido. Si erano posti in maniera troppo avversa alla maggioranza, e il piano che andava formarsi nella mente del Serpeverde richiedeva qualche consenso in più, che forse non sarebbero riusciti ad ottenere, così.
    Poi, arrivò la pugnalata.
    «Tante cose ho sempre pensato di voi meno che foste stupidi. Rubare un tozzo di pane in più… a dei ragazzini… come accattoni. Siete solo dei poveracci. E non c’è cognome o vestito che possa cambiare ciò.» Thomas non si mosse. Rimase di fronte ad Edric, lo sguardo fisso oltre la sua spalla. Non trovava le parole per esprimere la profonda delusione. «Siete familiari col concetto di darwinismo sociale, suppongo. Chi non si adatta soccombe. E voi a questo sistema siete profondamente inadatti - è evidente - perché non c'è briciola che vi siate mai dovuti guadagnare in vita vostra. In questo momento, siete solo un elemento di disturbo. Continuate così, e troverete che la vostra lotta contro la morte è la contesa meno eccitante che ci sia, con un finale che tra l'altro sappiamo tutti essere scontato. Potete dedurre da soli la scelta inevitabile che si staglia da ciò. Spero che almeno questa la prendiate con la testa.»
    tumblr_mgw1oqmYr31qmswi4o3_250
    Chiuse gli occhi, onestamente rammaricato che le cose avessero preso questa piega. Avrebbe voluto dire qualcosa, ma, di scatto, Edric fu improvvisamente incollato al muro dalla presa possente di Beatrice. Procedette con un patetico quanto futile discorso su quanto avessero torno, quanto fossero stupidi a non capire che il modo in cui lei aveva deciso di fare le cose fosse l’unico giusto. Si grattò la fronte, infastidito ma non più furioso, e quasi divertito da quanto assurdamente parlasse la ragazza. «Ma non ti stanchi proprio mai di blaterare? E di dire futilità la maggior parte del tempo?!» Sbottò esasperato, roteando gli occhi al cielo, neanche troppo preoccupato del fatto che avesse messo il compagno al muro – che tra l’altro sembrava starsi godendo il momento. Non gli avrebbe mai fatto niente di grave, altrimenti la maschera da paladina della giustizia le sarebbe scivolata via dalla faccia, rivelando l’assassina che si celava al di sotto. «Potrei stare qui a spiegarti perché la tua logica è assolutamente insensata, così come la tua convinzione che per un solo istante ci preoccuperemo di dare retta a quello che tu ci ordini, ma non ne vale la pena e non ne ho voglia. Onestamente, sei quasi esilarante: passi tre quarti d’ora a spiegare come nessuno sia più potente dell’altro, qui, accompagnata nel coro dal tuo fidanzatino al quale, per la cronaca, hai insegnato proprio bene l’arte del pugnalare alle spalle, per poi procedere a spiegarci come, se ci rifiutiamo di ubbidire, allora ci metti in punizione e togli i giocattoli.» Scosse la testa. Ma davvero non se ne accorgeva? «E chi è esattamente qui che ha deciso che ‘puoi’ dire agli altri cosa fare?» Si guardò attorno, le sopracciglia incarnate. «C’è forse stata una votazione di cui non so niente? Una campagna elettorale? Eppure tu stessa l’hai detto: non è una democrazia.» Le si avvicinò, gli occhi puntati nei suoi. «Per cui, di grazia, mi diresti cosa, nel tuo cervellino, ti fa pensare che noi potremmo mai dare ascolto a…» Indietreggiò, guardandola con le sopracciglia ancora inarcate. «…te?»
    Quanto a Percy, gli rivolse un unico sguardo il cui significato sarebbe stato noto soltanto ad alcune delle persone in quella rimessa. Nel farlo, Thomas vide spegnersi in lui completamente l’impeto bruciante della rabbia che lo aveva acceso fino a quel momento. Al suo posto, brace ardente di delusione. Non si aspettava una pacca sulla spalla, sapeva che quello che avevano fatto era comportarsi in maniera deviante, sapeva non avrebbero raccolto consensi, e non gliene importava. Si aspettava i biasimi di tutti, e il fastidio che gli avrebbe provocato Tris; era stato consapevole che ciò che avevano fatto avrebbe avuto conseguenze. Ma le parole di Watson avevano aggiunto una nota diversa al concerto. Una freccia mirata, dritta nelle costole, e Tom poteva solo battere in ritirata, medicarsi la ferita, imparare da chi era stata causata, e tornare più consapevole. Con una smorfia disgustata, tenne a mente le sue parole, e si fece ancora più forte dell’idea che avesse avuto ragione, poco prima, e che il momento propizio non fosse quello, sebbene si fosse rivelato un incontro tremendamente utile.
    L’arrivo del nuovo professore di Storia della Magia lo sorprese, e scoprire di avere non solo il suo appoggio ma anche la sua protezione lo compiacque, ma non riuscì a sentirsi sollevato. Mentre parlava, Thomas era assorto nei suoi pensieri, elaborava l’accaduto, leccava le ferite. Per questo, senza lasciarsi l’opportunità di ascoltare tutto ciò che il professore stava dicendo, lasciò la rimessa, ancora affamato, ancora arrabbiato, e rancoroso, e con addosso la spiacevole sensazione di aver preso a pugni l’acqua. Se non altro, però, da quella situazione avevano guadagnato qualcosa: la consapevolezza di chi fossero gli alleati e chi i nemici. Mentre attraversava la tenuta, nella mente di Thomas prendeva forma un desiderio di battaglia.


    Edited by sing to me - 8/1/2018, 12:01
     
    .
9 replies since 4/12/2017, 16:24   392 views
  Share  
.