Inside a killer thriller tonight

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    Era la prima volta che si guardava allo specchio dopo svariati giorni. L'allarme del risveglio non era ancora suonato, ma Percy si era alzato dal letto con circa mezz'ora di anticipo, dirigendosi a passi silenziosi verso il bagno. Aveva aperto il rubinetto, schizzandosi in faccia l'acqua gelida prima di passarsi un asciugamano sul viso e drizzarsi in piedi, incontrando i propri stessi occhi sulla superficie riflettente. Era diverso. Era sempre lo stesso, ma profondamente diverso. Tra i lineamenti del suo viso si leggeva la stanchezza di quella pesante situazione, connotata da profonde occhiaie violacee e dalla leggera sporgenza delle ossa dovuta all'alimentazione parca che stava conducendo. La barba aveva iniziato a crescere più folta sul suo viso, così come anche i capelli sembravano non vedere l'ombra di un pettine da sin troppo tempo, mentre alcuni graffi solcavano la carnagione pallida del suo volto e di alcune parti del suo corpo. Sembrava così lontano quel Percival Watson che aveva sempre visto riflesso: quello che studiava ogni millimetro del proprio aspetto fisico con precisione maniacale, rivolgendo allo specchio uno sguardo di fredda sicurezza che pareva essere tatuato nei suoi occhi senza alcuna intenzione di lasciare il proprio posto. Non sapeva quanto effettivamente gli mancasse quella persona: forse, sotto una certa luce, quella parte di lui sarebbe sempre rimasta nella sua mente come un porto sicuro dalle intemperie, pronto a riabbracciarlo nel caso in cui qualcosa dovesse andare storto. Perché per lui, per deformazione personale, qualcosa doveva sempre andare storto. Era abituato a prevedere scenari e ad agire in base alla peggiore delle ipotesi che potesse verificarsi. Era dunque territorio nuovo e inesplorato quello di lasciarsi almeno un po' guidare dal caso e dagli avvenimenti, allentando di poco la presa sulle redini del suo carro. Si scrollò tuttavia quei pensieri di dosso, conscio di quanto quello fosse davvero il momento peggiore per abbandonarsi a una crisi di identità, soprattutto dato che tutti sembravano averne ultimamente. Entrò dunque in doccia, lasciando che l'acqua fredda scorresse sul suo corpo a lavar via lo sporco di quei giorni, i pensieri, le troppe morti sulla coscienza e le vane speranze. A un certo punto aveva semplicemente cominciato ad accettare il fatto che la sua vita fosse diventata un continuo tirare avanti, e nonostante tutto, aveva stretto i denti e chiuso l'amarezza in un luogo del suo animo abbastanza recondito da essere appena udibile. Sapeva che un giorno o l'altro avrebbe dovuto farci i conti, come sapeva di doverli fare con tante altre cose del suo passato che ancora non avevano trovato una vera risoluzione, ma quello non era ne' il luogo ne' il momento. Scansò dunque tutto quanto, concentrandosi sui problemi immediati: le scorte di cibo, l'appello in sala comune, la ricerca degli scomparsi. Si soffermò principalmente su quest'ultima, riportando alla propria memoria le parole che Tris gli aveva riferito in seguito all'incontro con Albus Potter: la gente spariva nella foresta, alcuni tornavano sotto shock, altri non erano ancora stati rinvenuti sebbene in teoria venissero segnalati come ancora in vita. Ripercorse mentalmente l'ordine del giorno che lo aspettava, trovando tra i suoi doveri niente più che l'inventario dei vari materiali utili - un compito che avrebbe potuto passare a qualcun altro senza problemi, anzi, anche volentieri. Per questa ragione quando uscì dalla doccia, trovando Beatrice già sveglia, le espose velocemente la sua idea. "Stavo pensando alla cosa che mi hai detto l'altro giorno." iniziò, rivestendosi degli abiti puliti che la sera prima era riuscito a reperire in Sala Grande. Nessuno al castello sembrava portare la sua stessa taglia, alto com'era, e gli indumenti che aveva alternato sino a quel giorno si erano rivelati inadatti oppure troppo striminziti. Fortuna volle che quelli apparsi in Sala Grande fossero rimasti lì indisturbati, probabilmente per lo stesso problema di taglia sopracitato. "Quella degli scomparsi, intendo. Se non hai grandi progetti per la giornata, potremmo andare a dare un'occhiata nella foresta per vedere quanto di vero ci sia nelle storie riportate." Le rivolse uno sguardo eloquente. Perché sappiamo entrambi che, qualsiasi cosa ci sia lì dentro, a noi farebbe decisamente meno paura che a chiunque altro.

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    Avevano fatto in modo di sbrogliare più faccende possibili nelle prime ore delle giornata, relegando quelle meno importanti a chi non aveva nulla da fare o poteva occuparsene. Così, in breve tempo, erano riusciti a raccattare un paio di bottiglie d'acqua, la propria razione giornaliera di cibo e alcune ampolle contenenti pozioni utili ad arginare i problemi più plausibili che potessero saltargli in mente. Una volta riempite le rispettive tracolle si erano diretti verso il limitare della foresta, rivolgendosi uno sguardo di incoraggiamento prima di oltrepassarne la linea per addentrarsi tra gli alberi. Ad ogni passo, Percy calcava l'impronta dei propri scarponi con più decisione, intento a lasciarsi dietro una scia di orme che sarebbe potuta tornargli utile nel caso in cui si fossero davvero perduti lì dentro. Man mano che procedevano, persino la luce lunare si faceva più fioca, rendendo indispensabile castare un lumos per illuminarsi la via. "Sinceramente questa storia del perdersi nella foresta mi pare un po' tirata. Perdere l'orientamento lo capisco, ma davvero basta avere delle nozioni basilare e castare un Guidami per tornare indietro." Scosse il capo a quell'affermazione, stendendo le labbra in una linea sottile di disappunto mentre assottigliava lo sguardo alla ricerca di qualsiasi cosa potesse sembrargli insolito. Appena svoltato il grosso tronco di una quercia secolare, l'ex Serpeverde tirò un paio di colpi di tosse, percependo improvvisamente l'aria farsi più piatta e pesante. Tuttavia non ci fu alcun rumore in risposta al suo riflesso fisico, cosa che lo mise immediatamente sull'allerta. La foresta era infatti piena zeppa di animali notturni, sensibili a qualsiasi colpo insolito risuonasse tra quelle fronde. Ora, invece, regnava il silenzio più tombale. Di istinto si voltò, illuminando con la bacchetta il terreno che si era lasciato alle spalle, solo per notare che tutte le orme da lui calcate erano improvvisamente svanite. La luce della stecca sfarfallò incerta, affievolendosi sempre di più sino a diventare appena visibile. "Ok, forse comincio a capire perché non tornano." Sollevò lo sguardo ceruleo su Tris, lasciandole leggere il lieve senso di allarme che cominciava a strisciarvi all'interno. "Qualche idea, donna dei boschi?"
     
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    « Stavo pensando alla cosa che mi hai detto l'altro giorno. Quella degli scomparsi, intendo. Se non hai grandi progetti per la giornata, potremmo andare a dare un'occhiata nella foresta per vedere quanto di vero ci sia nelle storie riportate. » S'irrigidisce appena nel sentire quella richiesta, Beatrice. Sa che se dovesse dissentire, Percy troverebbe alla fine qualcun altro con cui addentrarsi nella foresta, o peggio ancora ci andrebbe da solo, il che riesce a rassicurarla ben poco. Quindi annuisce a sguardo basso mentre si spazzola i lunghi capelli con ben poca energia, guardandosi allo specchio con un che di decisamente melanconico. Non è mai stata una grande sostenitrice dell'arte di mettersi in tiro, eppure, persino lei si accorge di essere decisamente fuori forma. Il volto più spigoloso, profonde occhiaie su un viso decisamente più pallido del solito, i capelli secchi e un leggero inizio di acne che la tormenta da un po' di tempo a questa parte. Braccia e gambe hanno perso il conto del numero di graffi che si è procurata nell'ultimo periodo; una leggera striscia violacea colora il collo esile nel punto in cui una statua ha tentato in tutti i modi di strangolarla incollandola contro una delle colonne del portico nel cortile, non più lontano di un paio di giorni fa. Si sente la stanchezza nelle ossa, la colonna vertebrale che a tratti le fa talmente male da non riuscire nemmeno a stare più in piedi. Hanno rinunciato a un letto comodo per diverse notti, sin troppe perché possa contarle sulle dita di una mano, e alla fine, la mancanza di un buon riposo combinato a un continuo muoversi durante il giorno, l'assenza di acqua a sufficienza e cibo in abbondanza, gettava ormai il suo organismo in uno stato deplorevole. Tutte questioni arginabili in fin dei conti con un po' di accortezze; incantesimi rigeneranti e pozioni rivitalizzanti - quando erano in grado di trovare gli ingredienti giusti - erano la loro salvezza. « Se siamo fortunati, stasera cena a lume di candele a base di selvaggina. » Asserisce infine, cercando di prendere per il verso giusto quella scampagnata, sdrammatizzando pesantemente sull'ansia che chiaramente si sta insinuando nel suo animo. La foresta sembra essere diventata quasi una specie di posto altro nel suo immaginario. Ma non demorde, perché è cosciente, Beatrice, del fatto che quel problema non può essere rimandato all'infinito. E così, dopo aver compiuto il solito rituale mattutino aggiungendo un nuova linea sulla parete del Salone d'Ingresso, si affianca a Percy, facendo scorta di quel poco che possono permettersi di portare appresso. « E' quasi dicembre. » Annuncia di scatto poco prima che si trovino al limitare della foresta. Sono lì da quasi un mese, sempre se persino il suo conteggio non ha iniziato a giocarle brutti scherzi. « Un mese.. » Continua con un che di riflessivo e pensieroso mentre cerca di scrollarsi di dosso tutta quella tensione. A volte è difficile persino riuscire a intrattenere una conversazione normale. Non c'è più nulla di normale. Il tutto sembra essersi ridotto a una generale spersonalizzazione, frasi di circostanza e un perenne malessere che grava sugli animi di tutti. Non è così che dovrebbe essere un'inizio. Agli occhi di Tris, a tratti, sembra stiano navigando verso la fine definitiva.

    Nel mezzo del cammin di nostra vita.. C'è un velo di insicurezza negli occhi dell'ex Grifondoro mentre stanno per varcare i confini della foresta proibita. E' ormai da tempo che si sente come in un periodo intermedio tra ciò che è stato e ciò che sarà, un'incertezza quella che sembra influire pesantemente anche sulle sue azioni, sul suo agire. Avrebbe bisogno di fermarsi, di prendere un respiro e fare un bilancio su quanto è successo. Troppe cose si sono scagliate nella vita di ciascuno di loro nell'ultimo periodo, cose che nessuno è ancora riuscito a mettere a sistema. Si presupponeva che dopo il ballo avrebbero avuto il tempo necessario per capire, avrebbero fatto pace con quanto il destino aveva consegnato loro tra le mani. Ma così non era stato e man mano che il tempo passava, quella pesantezza corrodeva sempre di più ciascuno di loro, a volte influenzandosi, suggestionandosi l'un l'altro. Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita. « Sinceramente questa storia del perdersi nella foresta mi pare un po' tirata. Perdere l'orientamento lo capisco, ma davvero basta avere delle nozioni basilare e castare un Guidami per tornare indietro. » Trova la forza per rivolgergli un sorriso, mentre si addentrano sempre di più nella foresta. L'aria si fa più pesante, meno respirabile. E' solo ansia, si dice. E' troppo paranoica. « Non posso fargliene una colpa, a dirla tutta. Questo posto è.. diverso. » Sembrava mettere in soggezione come mai prima di allora. Beatrice ci aveva perso molto tempo tra quegli alberi quando era ancora studentessa; qualunque momento riuscisse a sottrarsi per se stessa, lo dedicava a quelle scampagnate, anche a discapito della sua casata che avrebbe potuto perdere molti punti se qualcuno si fosse accorto di quelle sue strane abitudini. Molti dipingevano ai tempi la foresta come un posto colmo di insidie in cui addentrarsi era sconsigliato, ma a dirla tutta, Beatrice lo trovava, seppur colmo zeppo di pericoli, un luogo di ritiro e riflessione. Si lascia condurre dal ragazzo sempre più nel cuore della foresta, mentre gli occhi vigili si concentrano nel cercare di individuare una qualche preda da riportare indietro al castello. Il cinguettio degli uccellacci appostati sugli alberi, sembra inquietarla per la prima volta. Così si guarda intorno, sempre pronta a scattare se solo ce ne fosse bisogno. Man mano che camminano il silenzio sembra incombere sempre di più, finché lei non aggrotta la fronte, insospettita dall'improvviso fermarsi del ragazzo al suo fianco. Lo sguardo si rigetta d'istinto verso lo sbiadire della luce proveniente dalla bacchetta di lui, mentre il freddo inizia a insinuarsi nelle sue ossa con sempre maggiore decisione. Il terreno sotto i loro piedi sembra essersi improvvisamente gelato, velato da una leggera pattina di bianco. Nell'aria, piccole particelle di acqua allo stato solido, danzano delicatamente attorno al bagliore azzurrognolo della bacchetta, sempre meno persistente. « Ok, forse comincio a capire perché non tornano. » E infatti, la ragazza capisce cosa intende non appena illumina la strada alle loro spalle. Nessuna traccia. Quasi come se Percy e Tris di lì non fosse mai passati. Così l’animo mio, ch’ancor fuggiva, si volse a retro a rimirar lo passo che non lasciò già mai persona viva. « Qualche idea, donna dei boschi? » Prese a guardarsi intorno Tris, piuttosto confusa, prima di tirare un lungo respiro. Afferrò un legno abbastanza lungo spaccandolo in due, pronta a confezionare due torce, per supplire al problema della luce. Mentre avvolge il materiale di una vecchia camicia che ha appresso nella borsa, inumidendola appena di alcol, con non poca cautela a non sprecarne troppo, lo sguardo si erge sulla figura di Percy.
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    « A me non è successo niente. » Inizia quindi, mentre lega la stoffa su una delle estremità di ciascun legno con un nodo ben saldo. « E se ti ricordi, i primi giorni qui dentro ci sono stata parecchio. » Perché il cibo scarseggiava e la foresta sembrava un ottimo modo per sfamare la popolazione di Hogwarts. « Credo stia succedendo sempre più spesso. All'inizio la gente ci entrava per raccogliere legna o piante varie e non succedeva niente. Adesso, pare risucchi chiunque ci metta piede. Succede sempre più spesso. » Gli lancia una delle due torce, accendendo la propria con l'ausilio della bacchetta. Ed è allora che, illuminato l'ambiente circostante si rende conto di quanto effettivamente diversa è la foresta. Avvolta in una fitta nebbia, che chiaramente rende più difficile respirare. E' tutto freddo, grigio, spaventosamente privo di vita. Gli alberi sono privi di foglie e il cielo si dipinge a tratti di colori del tutto innaturali, quasi come se tra quelle pesanti nuvole che improvvisamente hanno celato la luna dalla loro vista, si svolgesse una qualche forma di tempesta silenziosa. E c'è qualcos'altro di strano. Per quanto si concentri, non sembra in grado di raggiungere nessun altro. Cerca di visualizzare i loro volti, i posti in cui è certa si debbano trovare più o meno in quel momento, ma è come se ci fosse un muro. Il panico divampa nel suo animo, mentre lo sguardo si precipita sul volto del ragazzo. « Percy.. » Gli si rivolge di scatto mentre si guarda attorno con un che di sospetto. « ..come mi sento? » Lo sguardo eloquente, cerca di spiegargli che il suo non è uno strano giochetto psicologico. « Adesso. Come sto io adesso? » Perché lei era quasi certa di essere sola. Non in maniera letterale. Sembra fosse sola lì sopra, nella sua testa, a meno che le loro emozioni non si fossero completamente sovrapposte. Fu allora che, alle spalle del ragazzo percepì una serie di ombre avvolte nella nebbia. Deglutì appena, indicandogli un punto preciso, portandolo a girarsi. Ed ecco, quasi al cominciar de l'erta, una lonza leggera e presta molto, che di pel macolato era coverta. Lo sguardo che la ricambia è famelico e impaziente. Riesce a mettere a fuoco le sue sembianze dopo poco; ed è come guardarsi allo specchio. Analogamente un'altra ombra compare al suo fianco. ..ma non sì che paura non mi desse la vista che m'apparve d'un leone. Questi parea che contra me venisse con la test’alta e con rabbiosa fame, sì che parea che l’aere ne tremesse. Fiero, dal sorriso terrificantemente bello eppure tutto fuorché vicino alla natura del volto che Beatrice ha imparato a conoscere in quei pochi mesi di convivenza. Indietreggia di scatto mentre voci provenienti dal passato sembrano scagliarsi tutte insieme nella sua testa. Voci di persone, luoghi, situazioni; di scatto stringe i denti, dando le spalle ai due loschi figuri che dominano il paesaggio a pochi metri più in là. Sembra aver perso persino quell'istinto naturale di attaccare e poi fare domande. Sa che lì ci sia una qualche forma di nemico da cui deve proteggersi, ma è come se non sapesse di preciso come fare. « Qualunque cosa succeda, non ascoltarli. Non prestare attenzione a ciò che dicono. » Inizia quindi camminando istintivamente nella direzione opposta a passo felpato. Il respiro si fa sempre più affannato. « Credo di sapere dove siamo. » Chi è tornato ha parlato di passaggi che riportano a casa. Ma nessuno ha saputo spiegare come si aprissero e dove si trovassero. « E noi qui non ci possiamo stare. » Continua mentre il panico si fa sempre più morboso nella sua testa. Ad aumentarlo quelle risate maligne, le voci che sembrano a tratti sussurrarle cose che comprende, altre volte quelle parole non riesce proprio ad afferrarle. « Credo sia il posto di cui mi ha parlato Byron. E loro ci aspettavano.. » Perché sono già riusciti a raggiungere il Branco. Percy e Tris erano entrati nella gabbia del leone. Io ti ho vista lì. O meglio, non te, ma una parte di te, il tuo doppio. E adesso loro erano lì. Fisicamente. Sempre se c'era davvero qualcosa di fisico in tutto quel groviglio di cose che vedeva e sentiva attorno a sé.

     
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