L'erba del diavolo

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  1. The Lee Factor
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    Hogwarts in assetto di guerra stava tirando fuori il peggio delle persone. Si vedeva in giro di tutto: pazzi scatenati che gettavano compagni di casata nelle fauci delle trappole della scuola solo per un tozzo di pane in più - o peggio ancora, per il solo gusto di farlo -, bulletti un tempo pieni di sé che scappavano per i corridoi urlando come femminucce e gente che, semplicemente, spariva come la carriera di Nelly Furtado dopo il 2007. E chi l'ha più sentita, Nelly? Proprio come decine e decine di ragazzini, poco più piccoli di Brando, avventuratisi chi nella Foresta Proibita, chi giù nei sotterranei, chi su per le torri del castello, in cerca di chissà cosa e andati incontro alla morte. E Brando? Si sentiva diviso, come non si era sentito da quella volta in cui Madonna aveva promesso rapporti orali a chiunque votasse Hillary Clinton. Cosa che per inciso, nel non completamente pieno possesso delle sue facoltà mentali, Brando aveva fatto: un po' perché, andiamo, va bene essere scemi ma per votare Trump bisogna essere davvero scemi! e un po' perché la sua parte più pervertita e curiosa era davvero curioso di vedere fin dove Madonna si fosse spinta. Ecco, era arrivata là la dicotomia, là il bivio esistenziale. Perché ricevere un lavoretto di bocca era dono del cielo, protetto dai Sacramenti di Dio.. ma riceverlo da una mummia bicentenaria qual era l'ormai immortale Veronica Ciccone? Probabilmente era già bisnonna ai tempi di Like a virgin! Si sarebbe tolta la dentiera per darci dentro? Erano questi e mille altri gli interrogativi che Brando si era posto, e così faceva immerso in una realtà a metà tra il Grande Fratello bulgaro, Jersey Shore e la cabina suicidio di Futurama. Si sentiva diviso perché se da un lato questo continuo rischiare la vita stava iniziando a dargli parecchio sui nervi, c'era comunque una parte di sé che di tutta quell'adrenalina proprio non sapeva fare a meno. Anche andare al gabinetto era diventata una missione impossibile e avere costantemente quello che in Francia chiamano "pepe in culo" lo faceva vibrare di energie, sentire.. vivo, seppur ad un passo dalla morte. Emozioni simili, prima della morte di Kingsley, gliele davano solo le sventine nei bagni tra una lezione e l'altra e organizzare pic nic all'ombra del Platano Picchiatore! Era proprio in bagno che Brando Lee si trovava quella mattina, relativamente presto. Non che avesse alcuna concezione dell'orario, ormai viveva allo stato brado dormendo e mangiando quando gli capitava.
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    A quell'ora quasi tutti si tenevano alla larga dai bagni, da quando si era diffusa la notizia che gas velenosi e getti d'acqua rischiavano di far passare loro un non troppo carino risveglio. Quanto a Brando, quel vago languorino di waffles con sciroppo d'acero lo confondeva su che ora fosse - colazione o merenda?! - e il bisogno di staccare un po' fece il resto. O forse è altro brivido che cerchi? Per questo motivo decise che in quel breve lasso di tempo, quel particolare bagno in cui aveva piantato radici sarebbe stato suo. Se ne stava appollaiato sopra uno dei lavandini, con una gamba al petto e l'altra che oscillava nel vuoto, vestito unicamente dei boxer color prugna mentre il resto dell'abbigliamento era buttato alla rinfusa sopra il pavimento di pietra. Di tanto in tanto si portava alle labbra una cartina accesa: niente a che fare con il traffico illegale di Zip Trambley, non gli avrebbe comprato niente per principio! Brando aveva sempre odiato il monopolio in tempi di crisi, motivo per cui aveva fatto una capatina alle serre - non senza rischiare la rottura del collo a causa di un simpatico Tranello del Diavolo - e aveva fatto scorte di erbe. Si stava fumando un mix di elleboro e stramonio - dubbioso se stesse rischiando più gli effetti allucinatori di uno o le proprietà velenose dell'altro, ma tant'è.. - quando la porta del bagno si aprì cigolando, costringendolo a voltare lo sguardo in quella direzione. Già una volta, aveva letteralmente fatto volare fuori dal bagno un ragazzino e silenziosamente la mano aveva iniziato ad avvicinarsi alla bacchetta magica, abbandonata sul lavandino accanto. Le dita tuttavia si bloccarono, quando lo sguardo vispo ma pensieroso di Lee incrociò occhi che conosceva molto bene. « Ah, sei tu.. » mormorò a Micha Murphy, con un tono che solitamente non gli rivolgeva, tranquillo e stranamente.. dolce? La dolcezza non faceva parte dei pregi di Brando N. Lee e, se anche ne avesse mai fatto parte, lui non l'aveva mai dato a vedere con nessuno. Eppure là, chiuso nella sua bolla di relax in solitaria, aveva per qualche minuto messo giù la maschera del coglione americano, rimanendo solo con sé stesso: un ragazzino pensieroso. Gli fece cenno di avvicinarsi, tenendogli lo spinello che reggeva tra l'indice e il medio. In quale compagnia migliore avrebbe potuto sperare, se non in quella di Micha? Aveva passato più tempo con lui in posti chiusi che non chiunque altro, tanto da averne reso i suoi lineamenti familiari ai suoi occhi. Familiare era la sua pelle e così il suo profumo. Micha era l'immancabile ristorante italiano che trovi in qualunque città americana tu ti trovi e che diventa parte della tua routine: forse lì per lì non lo noti, troppo preso a mangiare hamburger di merda e kebab, finché un bel giorno ci passi davanti e ti senti stupido a non aver notato prima il tricolore nella vetrina o quella ridicola insegna a forma di pizza. Anche per quello non ci aveva pensato minimamente a sbatterlo fuori, malgrado si trovasse nel bel mezzo della propria fumata zen, perché chi mai butterebbe via una pizza? Certe cose, solo in Breaking Bad. Si voltò appena per rivolgergli la propria completa attenzione, approfittandone per curiosare il suo corpo con gli occhi come sempre faceva, un corpo che dopo così tante volte non aveva mai finito per annoiarlo, mai, neppure una volta. Record! « Ieri notte ho visto la morte in faccia.. » esordì, facendo cadere la frase con un silenzio ricco di quella suspence che per un americano è oro colato. La teatralità, gli stronzi come loro ce l'hanno nel sangue. « ...letteralmente, quella merda di arazzo del tristo mietitore al quinto piano ha iniziato a seguirmi con la falce, sembrava un cazzo di comunista. Fottuti rossi. » Non che avesse realmente qualcosa contro il comunismo, Brando: la si può chiamare semplicemente deformazione culturale. Inoltre, malgrado tutto, continuava a trovare davvero spassosissimo fingersi di estrema destra davanti al suo amichetto ebreo! Erano ormai settimane che Micha aveva scoperto la verità, ovvero che quel tanto decantato tatuaggio a forma di svastica nell'interno coscia in realtà non era mai esistito, ma Brando persisteva a lanciargli frecciatine naziste solo per il gusto di fargli storcere il naso e renderlo ancora più sexy del normale. « E allora me ne stavo qua, riflettendo sul fatto che siamo chiusi in questo lager e.. » improvvisamente la lampadina si accese, evidenziata da una luce diversa negli occhioni chiari. La luce del male. « ..l'hai sentito cosa dicono su questo bagno? Dicono che di tanto in tanto diventi una camera a gas! » lo fissò con un sorriso sornione sul viso e quello sguardo da "l'hai capita? eh? camera a gas! perché sei ebreo!" « E' come se, cazzo ne so, domani esco nel parco e mi ritrovo a filare il cotone! Sai, sono per un quindicesimo negro da parte di mamma. » Ti piacerebbe, Brando! Venderesti un rene per essere un negro del ghetto! Sghignazzò, riprendendo lo spinello dalle labbra di Micha e facendo un generoso tiro, buttandogli contro senza ritegno una nube di fumo. Per restare in tema di intossicazioni. Fu in quel frangente, con il rollino ancora in bocca, che allungò la mano per sfiorargli le labbra che per tutti quei minuti aveva solo guardato, e non senza pensieri. Di quelli volgari, i più belli. « Hai da fare? » gli domandò con un filo di voce, abbandonando le sue labbra per sfiorargli la guancia e scendere al collo, fino al bordo dei suoi vestiti. Fu a contatto con quelle, invadenti sulla sua pelle, che il grifondoro gli accennò con la testa la vasca da bagno poco distante. Malgrado le sue innate doti nudiste, per una volta nella sua vita l'essere senza vestiti era stato motivato proprio da quello: la volontà di un bagno caldo e rilassante, magari con quel pizzico di brio in più dato dai gas nervini gentilmente concessi da Edmund Kingsley. Vuoi soffocare con me?
     
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  2. irreversible
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    In tutto questo caos c’è una legge che ordina ogni singola particella, una struttura nascosta, un substrato invisibile. In questo disordine, dove tutto sembra prossimo alla sua fine ultima, alla sua morte, qualcosa sembra essere nato, non dal nulla, ma dalla paura. E’ in situazioni come queste che la natura umana si manifesta nella sua essenza più sincera, è in circostanze simili che l’uomo diventa l’animale che è sempre stato e si lascia guidare da quell’unica legge di natura, che da anni ormai guida lo spirito e il corpo di Micha. Si sta diffondendo all’interno delle mura di Hogwarts come un’epidemia, trasportata forse dalla gelida nebbia che durante le ore più fredde di quella notte sempiterna invade ogni luogo di quel conclave di disperati. La paura che ogni respiro possa essere l’ultimo ha rapito i cuori di quasi tutti e li ha aperti a nuove possibilità, liberandoli dalle loro costruzioni mentali, rendendoli, finalmente, liberi di esplorare, prima che il fato li chiami a sé intonando il suo bel canto.
    «Vergine, hai detto?» domanda, ancora leggermente affannato, mentre si poggia su un lato e si tira su le mutande che penzolano ancora ad altezza ginocchia. Forse, se credi all’oroscopo gli viene da pensare mentre la figura della tassorosso – il cui culo, lasciateglielo dire, sembra essere stato finemente scolpito nel marmo più duro e che prima che il mondo si rivoltasse sotto sopra, aveva avuto il piacere di ammirare solo sotto un non troppo doppio strato di vestiti ma che aveva sempre immaginato nudo – si appresta a rivestirsi, in tutta fretta, per lasciare lo sgabuzzino libero a qualcun altro. Una scopata nella media, vi direbbe se dovesse valutare l’amplesso che si è appena conclusosi, uno dei tanti, molteplici, che per la gioia di Micha si stanno consumando in sua presenza. E poi vergine, che bisogno c’è di mentire. Ma tutto fa brodo. Certo, magari qualcuno, se quell’enorme scatola di pietra deciderà mai di risputarli vivi, fra nove mesi si ritroverà con un poppante fra le braccia e la voglia di esserci rimasti secchi sotto chissà quale delle tante statue che si aggirano per il castello pronte a prenderti a mazzate in testa. Sembra che tutti, a turno, prima o poi, per via dell’imminente fine del mondo, perché non è altro che quello, abbiano deciso che sia giusto condividere, per una volta almeno, il frutto proibito. Gli è capitato di sentirne e di vederne in questi giorni, di cose strane. E’ dura, per Micha – sotto tanti punti di vista – avere così tante possibilità e così poco tempo a disposizione. Sembra quasi il coronamento di ogni suo più malato sogno, di ogni sua perversa fantasia, benché l’unica che dovrebbe volersi concedere, sembra invece immune, probabilmente dotata di chissà che anticorpi. Si stringe nelle spalle, mentre sguscia fuori da quell’anfratto, senza staccare gli occhi dall’ipnotico ondeggiare dei fianchi della dolce, dolcissima Havery. «Ci vediamo?» la voce della ragazza è leggermente tremula, così come lo sono stati i suoi versi, sottili e sconnessi. « Quando vuoi, sai dove trovarmi.»

    Si ritrova a vagare per quei corridoi infernali, con quel senso di vuoto che lo perseguita da sempre. Per quanto faccia, cerchi, e soddisfi la sua ossessione, lei non smette mai di tacere. E’ sempre lì, presente, e l’aria che respira attorno a sé non fa altro che finire di aggravare la sua già precaria situazione. Lo intossica, come la peggiore delle droghe, privandolo del sonno e talvolta del raziocinio. Gli stringe la gola, sapere che una volta assecondata ogni sua voglia, questa tornerà, più forte di prima. Poteva andargli peggio, rammenta. Poteva essere ossessionato dal sangue e uccidere per il puro gusto di farlo, macchiandosi le mani di un peccato ben più grande di quello di voler assecondare un bisogno del tutto naturale. Ma il suo status mentale sembra essere profondamente legato, per quanto egli lo neghi, alla cultura che l’ha cresciuto, plasmandolo. Questa sofferenza lo inebria, lo ha sempre fatto. Un’infelicità che sembra essergli stata impartita come la più sacra delle scritture, una condanna silente che muove ogni suo gesto.
    Spinge leggermente la porta del bagno studentesco, luogo di mille una disavventure, consapevole che quel posto, come ogni singolo angolo di quella tomba di pietra, potrebbe essere in grado di divorarlo vivo e risputarlo, come una cicca. « Ah, sei tu.. » una voce familiare gli da il benvenuto mentre fa timidamente il suo ingresso all’interno della grossa stanza. Una pisciata in quel luogo prima poteva trasformarsi in un piacevole scambio di interessi. Rimaneva ancora qualcosa di molto simile, con l’aggravante di poter rimanere ammazzati. Ma insomma, Jahve dà, Jahve toglie. « Aspettavi qualcun altro?» domanda, mimando il gesto di tornare indietro e levare le tende. Davanti ai suoi occhi la figura di Bando N. Lee, simpatico accostamento di nomi, deve ammetterlo, si fa strada arrogantemente, mentre se ne sta seduto sul bordo di un lavandino, con niente addosso se non un paio di boxer. E’ un’immagine così assurdamente normale che sembra quasi riportarlo per un momento al prima. Prima che bastasse uno sguardo torvo al dipinto di qualche bella donzella per ritrovarsi a correre per il castello alla ricerca di un porto sicuro. « Ieri notte ho visto la morte in faccia.. » il grifondoro riprendere a parlare, con quel tono teatrale che ha sempre contraddistinto ogni suo discorso, come se stesse per raccontarti chissà quale straordinaria avventura. Solitamente qualche enorme americanata. « ...letteralmente, quella merda di arazzo del tristo mietitore al quinto piano ha iniziato a seguirmi con la falce, sembrava un cazzo di comunista. Fottuti rossi. » Una risata leggermente rauca sfugge dalle labbra del serpeverde che nel frattempo si è avvicinato a quello che all’inizio, quando si erano per la prima volta conosciuti, non gli era sembrato altro che un coglione totale. Incapace di dare giudizi imparziali a primo acchito, Micha si era trovato costretto a ricredersi, per quanto Brando si sforzasse di percularlo ogni qualvolta ce ne fosse stata l’occasione. « E il martello ce l’aveva?» domanda, riservandogli uno sguardo tutt’altro che innocente.
    « E allora me ne stavo qua, riflettendo sul fatto che siamo chiusi in questo lager e.. » Sottile, pungente. Si morde il labbro inferiore, per trattenere una risata. Che gesto irrispettoso, ridere di queste cose lo avrebbe bacchettato sua madre, prima di assestargli un bel ceffone in pieno volto, così che il dolore fisico rievocasse quella lezione. « ..l'hai sentito cosa dicono su questo bagno? Dicono che di tanto in tanto diventi una camera a gas! » Alza un sopracciglio, il viso dipinto di cinica ironia. « Non vedevi l'ora di fare questa battuta, mh?» Sempre meglio di quelle sul tuo cazzo circonciso. Prende lo spinello dalle mani di Brando e fa un tiro, il cui odore gli suggerisce che il suo interno non è la
    DefiniteTerribleBoto-max-1mb
    classica erba che sembra ormai essere diventata più rara e ricerata del Sacro Graal. Lascia che i polmoni si permeino di quella mistura che non conosce e che non vuole conoscere, socchiude gli occhi un istante, facendo uscire fuori il fumo dalle labbra leggermente aperte. « Nuovo mix? » domanda, facendo un paio di tiri ancora, prima di farsela togliere dalle labbra dalle dita, ormai vagamente ruvide, del grifondoro. « E' come se, cazzo ne so, domani esco nel parco e mi ritrovo a filare il cotone! Sai, sono per un quindicesimo negro da parte di mamma. » Lo vede aspirare il fumo e poi rilasciarlo, dritto contro il suo viso. Fumo che inala, volontariamente, lasciandosi inebetire dall'effetto che gli fa. « Ora si spiegano tante cose, tipo la tua straordinaria abbronzatura » gli dice per sfotterlo, poco di prima di accogliere le sue mani, nuovamente poggiate alle labbra del serpeverde. Ci sono sensazioni che non sembrano mai solo semplici ricordi di cose già provate. Il tocco delle mani del grifondoro che si insinuano sulla sua pelle, è uno di questi. Lo sguardo di Micha lo esprime perfettamente. Mentre queste si muovono lungo il suo collo, fin giù, ai bordi della sua maglietta malconcia, il suo sguardo si concentra sui lineamenti ormai familiari dell'altro, che non sono più sconosciute insenature. « Hai da fare? » domanda Brando, i cui occhi sembrano parlare, e non stanno certo dicendo un Rosario. La sua testa fa cenno alla grossa vasca da bagno, che ha visto davvero di tutto, in quegli anni. Un sorrisetto lascivo lascia che il volto di Micha si illumini, come se quella proposta sia l'unica cosa che stesse aspettando da giorni interi. « Pregherò più tardi» risponde lui, allontanandosi dal compagno e avvicinandosi alla vasca. Nel breve tragitto si cimenta in un, tutt'altro che erotico, striptease. Si toglie una scarpa dopo l'altra lasciandole cadere ai suoi piedi, accanto alla giacca che lascia scoperte le braccia, una tela macchiata dall'inchiostro e da qualche cicatrice che rimarrà impressa sulla sua pelle in eterno. Tentenna un istante, voltandosi verso il grifondoro che nonostante l'aria gelida che li circonda, è vestito ancora dei suoi soli boxer. « Vi aspergerò di acqua pura e sarete purificati! » cita, sfilandosi la maglietta ormai costellata da piccole imperfezioni. « La chiamiamo miqwéh, l'immersione rituale » gli spiega « nel caso tu abbia qualche peccato da espiare » gli dice, passandosi il pollice sulle labbra e incalzando con il proprio sguardo quello del grifondoro. Più peccati di quanti se ne possano dire.
     
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  3. The Lee Factor
         
     
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    Non è mai stato facile per nessuno avere a che fare con gente come loro. Brando? Ingestibile. Serviva la pazienza di un santo per avere a che fare con lui e la sua lingua lunga, capace di sparare a mitraglietta qualcosa come duecento parole al minuto, neanche fosse una di quelle rap battles a cui non avrebbe potuto partecipare degnamente in quanto bianco - Eminem ci era riuscito solo in un film autoprodotto sulla sua vita, quindi vagamente di parte! Per non parlare delle mani ancora più lunghe, sempre impegnate a toccare qualcosa che non avrebbe dovuto toccare o a prendere qualcosa che non avrebbe dovuto prendere. In prestito, chiaro! E Micha? Se ne sentivano tante su di lui, quando i tempi erano più calmi e gli abitanti del castello potevano liberamente guardarlo storto senza preoccuparsi di questa o quella trappola. Murphy il porco. Murphy il pervertito. Murphy quello con la gonorrea. Quelle stesse menti benpensanti che, ne era certo, ora facevano la fila solo perché vedevano in lui una certezza, quella di un briciolo di calore umano autentico prima di una sempre più probabile fine dei giochi. Era la stessa certezza che Brando aveva sempre visto in Micha con una straordinaria lungimiranza, senza tuttavia considerarlo come l'ultima spiaggia, no. Che fosse per un suo proposito o per inevitabile necessità, Micha Murphy era devoto all'amore nel più ampio e sfaccettato dei termini, un suo incrollabile paladino. E Brando dell'amore era innamorato, in una maniera tutta sua con l'animo nostalgico di chi avrebbe tanto voluto tornare indietro nel tempo alla Woodstock degli anni sessanta. Musica, droghe leggere e amore libero, tutto in quantità esagerate. Era quello che cercava sul corpo del serpeverde da mesi, quello che a suo modo provava ad offrirgli: amore libero, sensazioni simili alla droga sulla pelle e tanta, tanta musica. « Pregherò più tardi » Musica come quella che intonarono le parole di Micha, che non l'aveva deluso mai in passato e non lo deluse neppure ora. Visto? Una certezza. Il grifondoro bloccò tra le labbra umide lo spinello di scarsa qualità, inspirando rumorosamente, mentre si godeva il breve spettacolo che senza neanche farlo a posta Micha gli regalò. Dischiuse appena le gambe, comodo sul suo giaciglio in marmo, lasciando che un certo e piacevole calore al basso ventre lo accompagnasse. Le temperature polari che avevano fatto compagnia a tutti loro? Ricordi lontani. Le sue mutande erano entrate in modalità Mordor. E allora via le scarpe, una alla volta; via la giacca, via quella stupida maglietta fuori luogo. Già gli piaceva di più, Micha Murphy, vestito solo dei pantaloni e di una già leggibile lussuria nei suoi occhi. Gli sorrise sornione, ricambiando lo sguardo: se avesse aggiunto dei numeri in sovrimpressione, avrebbe potuto scambiare quel quadretto attraente per una chat erotica, di quelle che puoi beccare solo nelle emittenti locali a tarda notte. Le preferite di Brando, per intenderci. « Vi aspergerò di acqua pura e sarete purificati! La chiamiamo miqwéh, l'immersione rituale, nel caso tu abbia qualche peccato da espiare. »
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    Senza pudore alcuno, l'americano piantò i denti nel labbro inferiore, godendosi il brivido della cultura che quello spaccato di tradizioni ebraiche gli aveva suscitato. Si era sempre definito in modo volutamente vago un pansessuale, quel genio di Brando, perché la banale dicotomia uomo-donna sembrava non bastargli più. Erano le sfumature ad attrarlo, in una maniera talmente fisica da far male, e non era il corpo dell'ebreo che aveva davanti a piacergli. Non solo. « Spero ci sia abbastanza acqua per lavarli tutti, questi peccati. Ho intenzione di aggiungerne un po' alla lista. » mormorò, roco e dannatamente serio pur con l'espressione divertita di chi sa di stare per fare qualcosa di molto, molto sconveniente. Si trovavano pur sempre in una scuola, in un bagno pubblico, con la porta ancora aperta a chiunque fosse tanto passo da avventurarsi nell'ignoto. Fece cadere distrattamente lo spinello nel lavandino dietro di sé e puntò la bacchetta che aveva accanto verso la vasca, lasciando che l'acqua iniziasse a scorrere. Bollente. Balzò allora giù dal lavandino, vestito solo dei boxer che visibilmente erano diventati più stretti - e Brando molto più euforico - e gli si avvicinò, lento come il predatore che era. Cacciava emozioni che fossero più forti della paura di rimanere stecchiti in un lurido cesso per studenti. Gli si parò davanti, troppo vicino, piantandogli i grandi occhi cerulei contro e insieme ad essi il suo sorriso più affabile. « Cazzo, quanto mi ecciti con le tue puttanate ebraiche.. » sibilò, la sua voce era bassa e vibrante, calda come l'acqua che stava lentamente riempendo la vasca alle loro spalle, mentre nubi di vapore iniziavano a sollevarsi nell'ambiente. Le mani leste scesero alla cintura dei pantaloni di Micha, che aprirono con una manualità da far invidia ai migliori bordelli thailandesi. « ..ti immagino con uno dei quei ridicoli berretti da rabbino del cazzo su e non faccio che chiedermi se siano ben attaccati alla testa o rischino di cadere, ad ogni spinta che ti darei. » Diretto, volgare, così tremendamente spontaneo. Si passò la lingua sulle labbra, al solo pensiero, sbottonandogli senza vergogna i pantaloni come decine di volte aveva fatto in passato. Lo lasciò quindi a completare il lavoro e nel contempo a riflettere sulla fantasia che gli aveva lanciato, un piccolo hobby che aveva coltivato nel corso del tempo. Lo adorava: prendere Micha nei momenti meno opportuni e sussurrargli all'orecchio le più sfrenate stranezze. Lo faceva quando lo aveva accanto a lezione, lo faceva passandogli accanto in Sala Grande, giusto il tempo di chinarsi e donargli le proprie idee moleste. E sempre, come arrivava così se ne andava, lasciando il tedesco a rimuginarci su; perché solitamente, quando poi si rincontravano, Micha sembrava sempre più ispirato di prima. Lo oltrepassò e si levò con un movimento fluido anche l'ultimo brandello di indumenti, rimanendo completamente nudo accanto alla vasca, nella quale si immerse dopo averne controllato l'acqua e la temperatura. « Aaaah, cazzo se ci voleva! » sospirò, completamente disteso, con l'acqua che gli accarezzava la pelle nuda. Non fece alcuno spazio all'amico, volontariamente. Prenditelo da solo, lo spazio.
     
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2 replies since 8/12/2017, 23:49   78 views
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