{CHAPTER SIX} Happy f*cking Christmas

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    Il castello si è svuotato in fretta; almeno metà della popolazione è lentamente crollata sotto gli effetti delle trappole attentamente studiate dal fautore di tutto quella macchinazione. Dolcetto scherzetto, sembrava urlare ogni angolo di Hogwarts. Ma ormai, avvertiti i colpi di assestamento, i più temerari avevano iniziato ad organizzarsi. Le scorte fatte durante quello che ormai definiscono il Banchetto serale, vengono attentamente raccolte e razionalizzate, affinché tutti abbiano modo di potersi nutrire. C'è un vero e proprio spaccio attentamente allestito in Sala Grande in cui tutti possono scambiarsi oggetti di prima necessità. Un gruppo di persone è perennemente alla ricerca di vestiti e scorte di prima necessità rimasti incustoditi in giro per il castello. I migliori studenti raccolgono piante, preparano pozioni e si occupano di tenere il più possibilmente in salute tutti. Le ronde sono ormai attentamente studiate e impartite tra i grandi, divisi tra gli interni e gli esterni, tra terra e aria. E il fautore di tutto ciò si aspettava anche ciò. Si aspettava che chiunque fosse arrivato alla Vigilia, sarebbe stato un sopravvissuto che si meritava un premio non indifferente. Ma prima che quel premio ambito venisse loro consegnato, dovevano affrontare una prova ultima. La prova di fuoco. Non a caso negli ultimi giorni prima del Natale, le trappole si erano fatte più crudeli, più cattive, scattavano prima e concludevano i loro effetti dopo. Le trappole permanenti sono rimaste quasi esclusivamente permanenti, nel vero senso della parola, dando davvero pochi attimi di respiro a chi ancora era riuscito a restare in piedi dentro il castello. Tutti sapevano fosse la Vigilia, quel giorno. Ormai la conta dei giorni, era un'abitudine diffusa; un giorno iniziava alla sveglia del mattino e si concludeva con il Banchetto serale. E quella sera, quando l'orologio scattò per ricordare loro del Banchetto serale, erano arrivati al cinquantaquattresimo giorno di sopravvivenza. La Vigilia appunto. Quella sera il Banchetto serale non offrì loro niente. Nemmeno l'ombra di un pacchetto di biscotti, non una bottiglia d'acqua, non garze e vestiti puliti. Niente, assolutamente niente. Di scatto arrivarono i primi segnali dai piani alti. Chi è stato incaricato di presiedere l'entrata della Sala Comune Corvonero, avvisa che ad aprirsi quella sera è appunto, la sala dei corvi. Ed è lì che i fiumi di gente si dirigono in massa. Lo scenario che viene loro posto davanti è tuttavia diverso da come se lo aspetterebbero. La Sala Comune Corvonero ormai la conoscono a memoria. L'hanno frequentata decine di volte durante gli ultimi mesi; la più fredda e spaziosa, questa notte, appare completamente diversa. Calda e accogliente, addobbata con centinaia di luci scintillanti. Calze natalizie con il nome di ciascun sopravvissuto scorrono lungo i corrimano delle ampie scale che portano ai dormitori di sopra. Un enorme albero presiede il centro dell'aerata sala, mentre lungo i bordi vi sono tavoli colmi zeppi delle migliori prelibatezze possibili. Non manca la musica natalizia, il fuoco nel caminetto e l'alcol. Per ciascuno di loro c'è un pacchetto sotto l'albero. Non appena tutti sono all'interno, le porte della Sala Comune si chiudono alle loro spalle, la musica si ferma, e nel brusio generale di felicità e ringraziamenti, abbracci e baci, gioia allo stato puro, si sente una voce: « Quando meno ve lo aspettavate. Se siete arrivati fino a qui, significa che vi meritate un premio di prima scelta. Questo è il mio regalo, per questo vostro primo Natale a casa mia. E che non si dica che non sono un sovrano magnanime. So di esservi molto mancato. Nel caso in cui abbiate domande sul come e perché, domani è un altro giorno, e prevedo sarà uno memorabile. Per ora, godetevi il vostro regalo. Buon Natale e felice Anno Nuovo. »

    Cito da wikipedia: descrizione torre corvonero, giusto per avere delle coordinate comune su come è fatto l'ambiente. Allego delle foto, giusto per dare l'idea: uno | due | tre. Ovviamente colma zeppa di addobbi, stramega natalizia, e cibbbbbbo.

    Nei pacchetti troverete vestiti puliti, caldissimi, e bellissimi. Perché qualcuno è magnanime. Le calze per adesso sono vuote, ma chissà.




    Edited by {LAST HORCRUX} - 21/2/2021, 12:01
     
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    Era stato più complicato del solito, navigare tra le decine di trappole che scattavano ormai senza sosta. Ad ogni angolo del castello un nuovo pericolo la obbligava a correre senza sosta; non riusciva a comprendere con precisione quanto tempo passasse tra un momento di respiro e l'altro. Certamente era sempre troppo poco e così, Jamie era arrivata semplicemente a pregare che il tempo prima che le sale comuni si aprissero trascorresse più velocemente. I suoi ultimi pasti li aveva quasi tutti offerti ai più piccoli, di cui spesso e volentieri si occupava in mancanza d'altro. Non era certo il soggetto più adatto a fare le ronde, e a dirla tutta, se qualcosa riusciva a raccattarla in giro, di certo non la metteva in comune con gli altri. Era diventata un animaletto spaventato, Jamie, estremamente egoista, gelosa dei suoi pochi averi, al punto da sbraitare come pochi se qualcuno avesse prova a toccare la sua roba senza il suo permesso. Parlava veramente con poca gente, sorrideva ormai poco, e il più delle volte cercava un suo modo per fregare il prossimo. Non i più deboli; i piccini cercava se poteva di difenderli dalle violenze che alcuni compivano tutti i giorni. No, Jamie era una vera e propria Robin Hood dei giochi della fame. Rubava a chi poteva procurarsi qualunque cosa gli servisse per dare.. a se stessa.. o se proprio era magnanime, a qualcuno che ancora meno di lei riusciva a prendersi quel poco che c'era in circolazione. Il Banchetto era il momento migliore per accaparrarsi qualcosa; e Jamie prendeva tutto ciò che riusciva. Anche le cose che non le servivano. Prendeva qualunque cosa su cui potesse mettere mano solo per poi scambiarla con cibo o qualche pozione o pianta in particolare che le serviva. I suoi vestiti rasentavano ormai il ridicolo. Se prima all'estetica non ci pensava, ora era decisamente peggiorata. Gli ultimi indumenti che aveva trovato appartenevano a un ragazzo che poteva essere il doppio sia in lungo che in marco rispetto a lei; ma non si era lasciata scoraggiare. Aveva indossato quei pantaloni, piegandone gli orli, li aveva ben ancorati con una cinta, la maglietta l'aveva legava in vita con un nodo ben salto; la camicia di flanella invece le era così lunga e larga in tutte le direzioni che era persino arrivata a farle da coperta. La notizia dell'apertura della sala l'aveva messa tuttavia di buon umore. Come ogni sera, significava che quanto meno per un paio d'ore avrebbe potuto crogiolarsi in un angolo, solitamente vicino al caminetto. Certo la notizia che si trattasse della Sala Comune Corvonero l'aveva resa un po' più restia. Quella si era dimostrata l'ala più fredda del castello, come i suoi abitanti. « Forza Jenkins! Stasera voglio la suite! » E dicendo ciò gli salta sulle spalle senza fare troppi complimenti. Nessuno dei due è messo particolarmente bene, ma lui sembra aver accusato piuttosto bene il trauma di tutta quella questione. Aveva sempre stampato in volto quel suo sorrisone a trentadue denti che Jamie avrebbe ben volentieri cancellato con l'ausilio della mazza chiodata di lui. Ma ciò che si profilò ai suoi occhi non appena entrata nella Sala Comune in compagnia di tutto gli altri, la obbligò a sgranare gli occhi piuttosto confusa. Picchetta contro il braccio dell'amico, senza riuscire a staccare gli occhi dagli addobbi. Non ne ha visti così tanti e di così belli nemmeno durante i normali festeggiamenti di Hogwarts. E poi.. il cibo. Le viene di scatto l'aquilina in bocca, mentre deglutisce pesantemente. « Porca troia, di che acidi mi sono fatta? » Chiede rimanendo impallata in un angolo senza sapere effettivamente cosa fare.
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    « NO VA BEH, non me ne frega un cazzo. Mangiamo. » Se sia una trappola chiaramente a Jamie non interessa. Si fionda sul primo tavolo, iniziando a ingurgitare piccoli panini ripieni di questo ben di dio e quell'altro, prendendosi istintivamente un bicchiere di cioccolata calda da lì vicino, mentre si piega appena sulle ginocchia presa come di una forma di estasi. E ci sono anche i gemiti rituali, perché questa roba è.. « ..meglio di una scopata, cristo santo Dorian, siamo crepati e siamo in Paradiso! » Sempre delicata. E di classe. Ma è a quel punto che sente propagarsi nell'aria la voce maledetta. Quella che ha sognato per settimane dopo la conclusione del ballo. Quella voce che ha perseguitato tutti dalla notte di Halloween. Jamie si ferma a metà boccone mentre quelle parole si diffondono nel caloroso ambiente della sala comune. « Buon Natale e felice Anno Nuovo. » Butta quindi giù un nuovo sorso di cioccolata e si guarda attorno. « Buon Natale un cazzo! » Percepisce lo sguardo di Fawn non molto lontana; la fissa di conseguenza piuttosto preoccupata e con un chiaro moto di apprensione. Ma a quel punto, torna a mangiare, perché non sia mai che il cibo svanisca per effetto Eddy King. « Mi dai una mano a mettere sotto sopra la stanza di Trambley? Scommetto che ha ancora qualche sorpresina lì dentro.. » Uno sguardo allusivo mentre mima il gesto di fumare. If you know what I mean.

    - Interagito con Dorian.
    - Nominati Fawn e Zip.





    Edited by #DeathNote - 19/12/2017, 21:17
     
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    Nella Sala Comune di Corvonero ci entra zoppicando. Questo pomeriggio il Barone Landgrave dell'arazzo del terzo piano, colto improvvisamente da una furia inspiegabile, dopo essere venuto fuori da quel pezzo di stoffa abitato da secoli, ha deciso arbitrariamente di sfidarlo a duello. Cadel non è mai stato bravo in questo tipo di cose: a essere precisi, non è bravo con la magia, in generale, e i suoi riflessi sono talmente tanto lenti che non è stato nemmeno in grado di schivare la lama antica del Barone, la quale gli ha provocato un taglio profondo all'altezza del ginocchio, che l'ha costretto per tutto il resto della giornata ad avanzare per i corridoi in modo un po' claudicante. Inutile dire che, con quest'altro elemento a suo svantaggio, la giornata non è stata esattamente delle migliori per lui, sia per il dolore continuo che la ferita gli ha provocato, sia per le altre botte che ha finito per beccarsi, tra una trappola e l'altra. Gli ultimi giorni sono stati i più devastanti di tutti, con grande probabilità, sia fisicamente che emotivamente. Non l'avrebbe mai detto, Cadel, lui che si è sempre dimostrato indifferente a qualsiasi cosa, perfino alla morte stessa, eppure in questi mesi è stato capace di aggrapparsi alla vita con una tenacia ed una determinazione che in sé non sarebbe mai stato in grado di riconoscere, e che nessuno a lui noto gli avrebbe attribuito. Era convinto che in lui sarebbe rimasto tutto uguale e invece gli si è smosso qualcosa dentro, di assolutamente impercettibile, ma che ha fatto scattare quel desiderio di continuare a esistere, così determinato e irremovibile. Non è andato oltre, non si è sforzato, come alcuni dei suoi compagni, di cercare l'ultimo piacere prima della fine, di rivelare ai propri cari tutte le cose che vorrebbe sappiano nel caso qualcosa dovesse andare storto: non è mai stato tanto sentimentale e, morte imminente o meno, crede che mai riuscirà ad esserlo. Ha vissuto semplicemente giorno dopo giorno, nel modo più pratico e utile possibile, evitando i pericoli, dando una mano ai più grandi e racimolando quante più risorse possibile nei momenti in cui il castello gliel'ha permesso. Ha saputo adattarsi con grande facilità ai cambiamenti che hanno stravolto le loro vite, e senza lamentarsi troppo. Ha sofferto la fame, la sete, il sonno e la stanchezza in assoluto silenzio, perché detesta le lamentele e non vi trova alcuna utilità.
    Quella sera è tra gli ultimi ad entrare nella stanza, già arreso alla prospettiva di dover dormire per terra. E quando varca la soglia, perfino i suoi occhi perennemente spenti e annoiati sembrano illuminarsi per un istante nel cogliere la visione che ha di fronte: un enorme albero di Natale addobbato a festa al centro della stanza, luci natalizie in giro e... tavoli pieni di ogni ben di Dio. Dolce, salato, di tutto. Resta per un istante fermo sul posto, ancora visibilmente incredulo per quella sorpresa, ma poi scatta: ignora il dolore alla gamba, perché i morsi della fame sono decisamente più insopportabili, ora che ha di fronte tante leccornie alla portata di mano, e sfreccia come un fulmine (reazione che non sembra riuscire a riservare nemmeno alle più pericolose tra le trappole) verso il tavolo più vicino, e prende a intascare tutto quello che trova sotto mano. Conosce ormai benissimo questo tipo di dinamica e sa che, nella situazione in cui si trovano, nessuno indugerà più di tanto su certi cibi, né sprecherà tempo per assaggiare o fare poco alla volta. Sgraffigna tutto quello che riesce il prima possibile, senza remore né sensi di colpa, e quando capisce di essere abbastanza soddisfatto si fa da parte, lasciando così spazio anche agli altri presenti.
    Se ne sta per sgusciare in un angolo, in solitaria, pronto a consumare quel pasto luculliano offerto gentilmente dal castello, quando i movimenti di tutti, compresi i suoi, si arrestano nell'udire quella voce. Edmund Kingsley, con quel suo tono gentile ed educato, riuscirebbe a far rabbrividire chiunque, e per un attimo perfino il giovane Moriarty pensa di percepire la pelle d'oca sulla nuca. Dura tutto un secondo, però: non appena sente la voce del preside ormai defunto della scuola, si limita a stringersi nelle spalle e proseguire verso l'angolino che da un po' ha già adocchiato, in cui adesso riesce ad intravedere Fawn.
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    Trattiene uno sbuffo. Una parte di lui vorrebbe starsene un po' in santa pace, perché quella compagnia di gente troppo prolungata, dopo un po', pare dargli alla testa; ma al contempo sembra non dispiacergli troppo condividere il suo bottino con la Grifondoro, e infatti si dirige nella sua direzione senza pensarci troppo a lungo.
    « Buon Natale » dice, visibilmente sarcastico, accomodandosi per terra accanto al camino spento. Ci sono diverse poltrone vuote poco più in là, ma lui ha ormai deciso che trascorrà la Vigilia proprio in quel punto. Lancia uno sguardo veloce alla mora, prima di addentare con fare famelico un panino. Ne mangia un altro, e un altro ancora, fino allo sfinimento, senza proferir parola. Fino a quando non gli sembra di stare per scoppiare. Con lo sguardo vaga per qualche istante per la sala, alla ricerca di Azura o di Zip, che però non riesce ad intercettare. Non è particolarmente preoccupato, tuttavia, perché li ha intravisti poco prima in Sala Grande, quindi è certo che siano al sicuro. Lo sguardo si posa poi su Fawn, per qualche istante di troppo. A lui starebbe benissimo restarsene così, in silenzio a mangiare in compagnia: e per un po' così effettivamente succede, ma a un certo punto comincia a sentire il peso di quel suo mutismo, così tenta di improvvisare. « Scritta la letterina? Io ho chiesto la pace nel mondo e un paio di calze, visto che quelle che ho hanno almeno tre buchi l'una. » Inclina leggermente la testa di lato, senza sorridere. È il classico tipo di persona, lui, che fa le battute con quell'espressione estremamente seria e annoiata, che mette un po' a disagio. « Credo che Babbo Natale mi approverà solo la prima. »
     
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    Un infarto. Sì, più o meno fu quella la sensazione quando, al rintocco dell'ora x, nulla apparve in Sala Grande. In che senso? Che significa? Ma perché? Ma è Natale. E non c'è nulla, nulla, che al Tassorosso stia più a cuore del Natale. Forse il Quidditch, ma è una contesa piuttosto difficile da risolvere quella che prende atto nel suo cuore tra le due cose. Ovviamente tra le priorità di Dorian c'è sempre stato il cibo: c'era quando non mancava, ma c'era soprattutto quando era talmente poco da lasciare interdetti. Figuriamoci quando non ce ne stava affatto! E infatti il ragazzo, già pregno di spirito natalizio dall'inizio della giornata, si sentì morire il sorriso sulle labbra quando l'abitudine del banchetto serale venne a morire sotto i suoi occhi. Abbattuto e spaesato come un Bambi di fronte alla morte della madre, i suoi occhi vagarono alla ricerca di conferme in quelli dei compagni - i quali sembravano altrettanto interdetti. Un sospiro. "Moriremo tutti." disse, angosciato dalla convinzione che i morsi della fame lo avrebbero fatto fuori nel giro di una notte a farla grassa. Dorian che si perde d'animo, ammettiamolo, è la fine del mondo: perché nessuno sembra dotato di un ottimismo più spiccato del suo, e vederglielo morire negli occhi è di certo segno di un declino inarrestabile.
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    A risollevarlo da quel momento di depressione, tuttavia, arrivò la notizia dell'apertura della sala comune Corvonero, lì dove magari avrebbe potuto raccattare qualcosa da mangiare da qualche anima magnanima - cosa di cui comunque dubitava fortemente. "Forza Jenkins! Stasera voglio la suite!" Forzò una mezza risata nel prendere in spalla la Monroe, correndo come un levriero da corsa lungo le scale che portavano alla torre più alta del castello..ed erano tante..veramente veramente tante. Così tante che alla meta ci arrivò praticamente morto, con giusto il fiato necessario a esalare un rantolo di morte prima che i suoi occhi incrociassero quello che per un momento catalogò come un delirio indotto proprio dal fatto di essere sul punto di spirare. "Jamie..vedi anche tu quello che vedo io? Sto per morire e sono i cancelli del Paradiso?" E' il Valhalla, me lo sento. "Porca troia, di che acidi mi sono fatta?" Sì, evidentemente anche lei vedeva la sala comune addobbata a festa, piena di qualsiasi leccornia potesse loro venire in mente e anche di più. In un moto di contentezza, un singhiozzo felice fuoriuscì dalle labbra del giovane Jenkins, portandolo ad asciugarsi una lacrima dal viso, simbolo di quel gaudio inaspettato. "E' proprio Natale." disse con la voce spezzata, portandosi una mano al cuore nell'avvertirne i battiti frenetici, mentre le pupille si dilatavano alla vista di quel gradito spettacolo. "NO VA BEH, non me ne frega un cazzo. Mangiamo." E lui, dal canto suo, non se lo fece ripetere due volte, avventandosi sul buffet per mettersi in bocca tutto ciò che poteva, dolce o salato che fosse. Diamine, con la fame che aveva si sarebbe mangiato pure una gamba del tavolo! "..meglio di una scopata, cristo santo Dorian, siamo crepati e siamo in Paradiso!" Era esaltato come mai prima di quel momento, tanto da non riuscire a contenere i tremori che gli facevano muovere le mani in ampi gesti sconnessi. "Guarda, fosse anche roba avvelenata, sono disposto a dare la vita. Non me ne frega niente. Ci metto la firma. Due firme. Mille firme. Col sangue." bofonchiò a bocca piena, ritrovandosi a stringere la compagna in un abbraccio capace di soffocare persino un drago. Ma la musica natalizia in sottofondo sembrò lasciar spazio a una voce a loro fin troppo nota, gelando per un istante sul posto. Kingsley. "Per ora, godetevi il vostro regalo. Buon Natale e felice Anno Nuovo." rimase per un attimo interdetto, con la mano a mezz'aria stretta attorno a una ciambella glassata e un'aria perplessa sul volto. Si voltò verso la Monroe, spaesato. "..ma non lo avevano accoppato?" Bo, io non ci capisco più un cazzo qui dentro. Gente che muore, resuscita, parla dalla tomba, scatena un castello assassino. C'aveva ragione mamma quando diceva che bisogna stare attenti ai malintenzionati che ci stanno in giro. "Buon Natale un cazzo! Mi dai una mano a mettere sotto sopra la stanza di Trambley? Scommetto che ha ancora qualche sorpresina lì dentro.." Nel dubbio annuì veementemente, abbastanza distratto da non notare il cenno allusivo al fumo di lei. Si guardò quindi intorno con fare circospetto prima di sgusciare tra la folla in stile ninja per raggiungere la stanza di Zip. Una volta dentro, tutto esaltato come un bambino che sta per ricevere il trenino che ha chiesto a Babbo Natale, si voltò verso la concasata con aria concitata. "Dici che ci aveva già preso i regali di Natale prima del ballo?" Che cosa carina da parte di Zip. Però che brutta figura, io non gli ho preso nulla..pensavo di avere tempo di comprarlo, diamine. E ora come faccio? "Dai dai, se dici che ha qualche sorpresa, facciamo veloce che poi se rientra e ci vede a cercare i regali si offende. Mia mamma si offendeva una cifra quando mi beccava." rise isterico, ubriaco di adrenalina, mentre cominciava a rovistare nel cassetto. "Oh, però poi dobbiamo rimetterli a posto come li abbiamo trovati, sennò se ne accorge."
    Interagito con Jamie e citato Zip

     
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    Quando al rintocco dell'orologio la Sala Grande era rimasta deserta delle solite scorte a cui erano abituati, una scintilla di panico era comparsa negli occhi del giovane Watson. Non tanto perché gli facesse la differenza digiunare - era abbastanza metodico per saper organizzare le proprie razioni in maniera da prevenire eventuali imprevisti - ma piuttosto perché ciò poteva portare alla situazione che più aveva cercato di arginare dalla sera del ballo: l'anarchia. La situazione aveva cominciato ad assestarsi solo da poco, e pure così si erano verificati casi spiacevoli come quello alla rimessa della barche, figuriamoci se di punto in bianco il castello avesse deciso di tagliare loro anche gli unici mezzi di sostentamento che voleva offrirgli. Per non parlare dell'incertezza, quella derivata dal non sapere se si trattasse di una tantum o del nuovo regime di marcia. Sarebbe saltato solo quel giorno o anche quelli a venire? Non lo sapeva, e nel non saperlo non poteva dare alcuna rassicurazione a quelli che avevano già cominciato a scivolare in attacchi di panico. Nel delirio generale, i suoi occhi andarono a cercare quelli di Tris tra il tumulto della folla. Se da oggi in avanti sarà così, finiranno per uccidersi tutti a vicenda. E l'abbrutimento sarebbe arrivato, ne era certo. Già se ne erano viste le prime avvisaglie. "Manteniamo la calma. Le razioni giornaliere esistono proprio per arginare questo tipo di problemi. Ognuno avrà la parte che gli spetta e domani ci organizzeremo in battute di caccia e raccolta nel caso in cui questa si riveli essere la nuova realtà da affrontare." disse a voce alta, per essere udito da tutti, mantenendo tuttavia un tono calmo. Ma le prime rimostranze non tardarono a farsi sentire, e ad esse l'ex Serpeverde non poteva rispondere con altro se non ciò che aveva già detto, cercando di prendere tempo quanto meno fino all'indomani. A interrompere il tutto, però, fu l'avviso dell'apertura anticipata della sala comune Corvonero. Avviso che vide una fiumana di gente correre una sopra l'altra come tori in corrida, nella speranza di riuscirsi quanto meno ad accaparrare un posto letto in cui consolare i morsi della fame. Lui, dal canto suo, lasciò che la via si sgombrasse prima di incamminarsi a sua volta accanto a Tris, sospirando con aria sconsolata nello scuotere il capo. "La vedo davvero brutta. Si mette sempre peggio qui dentro." asserì mesto, tenendo un passo sostenuto senza tuttavia sperticarsi in una corsa che non lo avrebbe comunque portato a nulla. Il posto letto lo avrebbe tranquillamente lasciato a qualcun altro, dato che ormai sembrava essere rimasto uno dei pochi capaci a tenere i nervi saldi per affrontare quella tempesta che si abbatteva quotidianamente su di loro. "Si erano quasi riusciti a distrarre con questa cosa del Natale. Ho visto un sacco di gente mettere le proprie speranze su questa sera per staccare un po' la testa da tutto lo schifo." Non io, ovviamente. Perché c'era davvero un momento in cui Percy Watson si concedesse il lusso di una tregua? Non lo aveva mai fatto, sembrava proprio non riuscirci, impegnato com'era a tinteggiare nella propria mente gli scenari peggiori. Scosse il capo un'altra volta, passandosi stancamente una mano sul viso mentre l'attesa della scalinata in arrivo gli imponeva di arrestare il passo. Volse lo sguardo a Tris, stirando un mezzo sorriso. "Ce ne inventeremo un'altra, come al solito." disse dunque, lasciando che quell'istante di solitudine (cosa che capitava davvero poco a loro due) gli permettesse di poggiare una mano sulla spalla della mora, chinandosi a stamparle un bacio sulle labbra. Non che si vergognasse di farlo in pubblico, sia chiaro, ma semplicemente sentiva più spontaneo il gesto quando non ci stava gente attorno a sollevare la sopracciglia o guardarli come se avesse appena visto uno pterodattilo atterrare in Sala Grande.
    Una volta giunti alla meta fu difficile persino per un fantasioso come Watson credere ai propri occhi nel vedere lo scenario che gli si parava davanti: addobbi natalizi, musica natalizia e cibo a volontà per tutti quanti. Stupore che ovviamente venne spezzato nel notare la reazione dei presenti, i quali si erano già avventati come cavallette su tutto quel ben di Dio senza farsi mezza domanda. Un sospiro sconsolato emerse spontaneo dalle sue labbra. "Suppongo che stasera vedrò tante cose che non voglio vedere, vero?" chiese retorico a Tris, mentre si addentrava circospetto nell'ambiente prima di essere gelato da una voce fuoricampo che lo portò di riflesso a sguainare la bacchetta. "Quando meno ve lo aspettavate. Se siete arrivati fino a qui, significa che vi meritate un premio di prima scelta. Questo è il mio regalo, per questo vostro primo Natale a casa mia. E che non si dica che non sono un sovrano magnanime. So di esservi molto mancato. Nel caso in cui abbiate domande sul come e perché, domani è un altro giorno, e prevedo sarà uno memorabile. Per ora, godetevi il vostro regalo. Buon Natale e felice Anno Nuovo." A casa mia. Nel sentire quelle parole rivolse nuovamente lo sguardo a Tris, accigliandosi, senza tuttavia lasciare la presa sulla bacchetta fino alla fine del discorso, quando la ripose per farsi più vicino ai presenti a passo di marcia. "Vi siete almeno assicurati che non sia una trappola?" Passò lo sguardo su di loro, alzando un sopracciglio nel vederne gli sguardi sbigottiti e la bocca piena di roba. "Come facciate ad essere ancora in vita mi è oscuro." Detto ciò, li liquidò con un cenno della mano, volgendosi verso il resto della sala per cercare di farsi udire il più possibile, pur cosciente che ad ascoltarlo probabilmente c'era solo Beatrice. "Vediamo di non metterci troppo comodi, ok? Ricordiamoci sempre con chi abbiamo a che fare. E, per favore, razionalizziamo il cibo: potrebbe fare la differenza nei giorni a venire. Con l'alcool, idem, non c'è bisogno di sottolineare quanto sia irresponsabile attaccarsi alla bottiglia nella situazione in cui ci troviamo." Ma tanto queste sono tutte parole al vento, vero? Sì. Frega un cazzo a loro. Nel capire di non essere ascoltato scosse il capo, rifacendosi vicino all'ex Grifondoro. "Tanto qualsiasi cosa dico, ora come ora, passerei per il Grinch in ogni caso." disse, alzando gli occhi al cielo prima di mettersi a frugare nella propria tracolla per estrarre la mela della propria razione. "Io prima di vedere se qualcuno muore avvelenato, quel cibo nemmeno lo tocco." Molto Watson come ragionamento, non c'è che dire.
    Interagito con Tris nello specifico e in generale un po' con tutti i presenti, quindi chi vuol citare citi pure.
    Ci ho messo un gruppetto di ignoti con le bocche già piene a cui Percy ha chiesto se hanno almeno controllato che non sia una trappola. Chi vuole, you know..

     
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    Era quasi divertente come le priorità delle persone potessero mutare nell'arco di niente. Fawn a volte nemmeno se la ricordava più quella ragazzina che andava canticchiando le canzoni di Natale al punto da farsi odiare da chiunque avesse la sfortuna di trovarsi nelle sue immediate vicinanze. Quell'anno non c'era stato spazio per la ricerca frenetica dei regali, per gli addobbi, per le lettere di auguri e le lamentele. L'unica frenesia esistente era quella della lotta per la vita. A volte, quando non era occupata a cercare di non farsi ammazzare da qualcosa, si distaccava per un attimo e ci pensava; pensava a come tutti, inesorabilmente, avessero perso l'innocenza, in un modo o nell'altro. A come, a volte, sembrassero tanti animali in gabbia. Poi però arrivava una nuova priorità, come per esempio controllare che nessuno dei tuoi cari avesse accidentalmente tirato le cuoia, ed il tempo di pensare non c'era più. Bisognava tornare ad agire ed essere rapidi ed il più efficienti possibile, non tanto per scelta quanto per necessità. Aveva raggiunto la sala comune di Corvonero assieme al fiume di altri quando questa si era aperta, seppure le sembrasse insolitamente presto, ed era già pronta all'eccitante prospettiva di una notte insonne accompagnata da altrettanto eccitanti crampi da fame allo stomaco quando il Castello decise di riservare loro l'ennesima meravigliosa sorpresa: la Sala Comune era addobbata a festa. No, seriamente: c'erano luci, c'era calore e, soprattutto, c'era cibo. Cibo sul quale la maggior parte dei presenti si tuffò - il che era anche comprensibile, considerato che non vedevano una razione decente da secoli -, ma che alla Byrne fece saltare la mosca al naso. Per la verità, il suo stomaco non era troppo entusiasta della scelta che il cervello gli aveva imposto ed espresse tale disappunto brontolando alla vista delle montagne di leccornie, ma Fawn non si mosse subito. Non si fidava. Se c'era una cosa che la bolgia che Hogwarts e dintorni era diventata le stava insegnando, quella era la cautela. Solo qualche mese prima si sarebbe risa in faccia da sola ad una reazione del genere di fronte ad un simile regalo del destino, certo, ma questo non cambiava lo stato delle cose: non si mosse subito. E quando lo fece, quando infine decise di avvicinarsi ai tavoli, prese con sé molto meno di quanto non avrebbe fatto in condizioni diverse. Giusto un paio di panini, qualcosa di dolce e una bottiglia di un qualche alcolico non meglio identificato, che avrebbe poi scoperto essere Incendiario. La voce di Kingsley - ma non era morto, quello stronzo? - la raggiunse mentre individuava il posto dove si sarebbe seduta. Si immobilizzò dov'era, col bottino ancora tra le mani, e ricambiò l'occhiata di Jamie. Se prima era dubbiosa riguardo il cibo, adesso la voglia di mangiarne era nulla. Emise una specie di sbuffo contrariato ed andò a sedersi a terra, vicino al camino.
    «Vediamo di non metterci troppo comodi, ok? Ricordiamoci sempre con chi abbiamo a che fare. E, per favore, razionalizziamo il cibo: potrebbe fare la differenza nei giorni a venire. Con l'alcool, idem, non c'è bisogno di sottolineare quanto sia irresponsabile attaccarsi alla bottiglia nella situazione in cui ci troviamo.» Si trovò a voltare la testa verso Watson, osservandolo durante il suo discorso, e ad annuire mentalmente: aveva la sua logica. Ma l'alcol non gliel'avrebbe tolto nessuno, non in quella situazione e non quando non ne vedeva da mesi. Era quasi pronta ad iniziare il suo pasto, quando Cadel entrò nel suo campo visivo. « E felice anno nuovo » Si trovò a rispondergli a tono, abbozzando appena un sorriso sarcastico. Con grande gioia del suo stomaco, mangiò due panini e alzò lo sguardo su Caddy solo quando questo le rivolse nuovamente la parola. Gli regalò una risata che di allegro aveva ben poco - non sapeva cosa ne pensasse lui, ma a lei quella storia del cibo e dei regali puzzava di bruciato - prima di uscirsene con: « Io ho chiesto un drago, al solito. Saranno dieci anni che gli chiedo 'sto maledetto drago: comincio a pensare di essere sulla lista dei bambini cattivi. » Aprì poi la bottiglia di Incendiario che aveva rubato poco prima, ne prese un sorso e la passò al Tassorosso. « Favorisci, io intanto ti sistemo la gamba. » Sì, aveva notato che si fosse fatto male e no, non l'avrebbe lasciato a sé stesso. Quello era un problema risolvibile e lei l'avrebbe risolto, punto e basta. C'erano già un sacco di casini in giro per ignorare - ad esempio il fatto che di Albus non ci fosse traccia da giorni - per ignorare una questione alla quale poteva, per una volta, porre rimedio. « È più o meno qui, no?» Picchiettò con la bacchetta all'altezza del ginocchio di lui, prima di castare un Emendo. Rimase in silenzio per qualche secondo prima di uscirsene con: « Non so, ma non mi fido. Di quello che sta succedendo voglio dire. Non mi fido per niente. » Spostò lo sguardo dal ragazzo alla gente che si stava dando alla pazza gioia mentre una vocina nella sua testa le diceva che se qualcosa sembrava troppo bello per essere vero, doveva essere necessariamente una fregatura. Poteva anche essere paranoica, ma più di tutte le altre cose l'aveva insospettita la voce di Kingsley. E quindi no, non era tranquilla. Affatto. Sapeva lei dove glieli avrebbe ficcati quegli auguri. Avrebbe voluto non toccare una sola briciola di quel cibo, sarebbe stata la cosa più saggia da fare. Purtroppo però era anche affamata, e la fame l'aveva resa automaticamente incoerente, perché prese il dolcetto al limone che aveva fregato e lo mangiò. Poi, forse per sdrammatizzare e non rovinare l'atmosfera aggiunse un: « Ma non farci caso. Magari mi sbaglio su tutta la linea. » In fondo sono stanca e nervosa, per non dire preoccupata. Magari è davvero una specie di tregua ed io mi ammazzo di pensieri inutili rovinando l'atmosfera.
     
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    Il trambusto generale la mette sugli attenti. Man mano che le giornate scorrono, mantenere la situazione sotto controllo è sempre più difficile. Stanno perdendo la pazienza. Tutti. Non c'è nemmeno bisogno che il piano ultimo di Edmund Kingsley sia ucciderli, quando può portarli a trincerarsi in loro stessi in quel modo. Ogni giorno è uguale, una copia di una copia di una copia, e persino Tris che pare sia pronta a tutto, sta iniziando ad avvertire quel senso di panico e smarrimento che solo la mancanza della luce solare può portare con sé. Può vedere il sole attraverso qualcuno che si trova al di là dei cancelli, ma non è la stessa cosa, e se all'inizio era facile aggrapparsi alla scansione oraria protrattasi dall'altra parte del velo, lentamente stava iniziando a perdere fede. Figuriamoci come stanno gli altri. Effettivamente i volti dei sopravvissuti erano sempre più prosciugati, gente che perdeva peso di settimana in settimana. Si stavano lentamente consumando uno di fronte all'altro. E la ciliegina sulla torta di quella sera, è l'assenza di un Banchetto. La cerimonia serale è un rito di passaggio. Ogni giorno ripone un po' di speranza nei loro volti. Tutti lo aspettano con trepidazione. Tris ha toccato ben poco di quelle cose; si è premurata piuttosto di raccogliere oggetti di prima necessità per tenerli al sicuro dagli artigli dei singoli. Garze e medicine dovevano essere di tutti, non certo oggetto di spaccio illegale venduto al miglior offerente. Che quelle pratiche si svolgessero nel castello era ovvio, e a dirla tutta, non c'era nemmeno modo di fermarli. Finché nessuno correva rischi e finché l'economia generale non veniva minacciata da quegli intrattenimenti spiccioli, a lei andava bene. Di certo scambiarsi un pacco di cioccolatini per poche sigarette oppure una confezione di assorbenti per il burrocacao, erano affari loro. Durante i Banchetti si appoggiava a una delle pareti della Sala Grande e li scrutava da lontano. Ogni tanto si aggirava tra i tavoli, raccogliendo appunto ciò che molti mettevano in secondo piano; perché ovviamente, non appena il Banchetto iniziava, tutti si fiondavano sul cibo. E quando quella sera al rintocco dell'orologio nulla comparve sui tavoli, Beatrice si sentì leggermente smarrita, perché smarriti erano tutti. Niente cibo alla Vigilia di Natale. Si erano persino organizzati; si erano detti: raccogliamo tutto e lo mettiamo in comune. Una piccola festicciola serviva a tutti. Avevano bisogno di svago e di una serata passata diversamente dal solito picchiarsi per i letti e per una bottiglia d'acqua o un pacco di biscotti in più. Mentre Percy cercava di tenere a bada la situazione, Beatrice raggiunse un gruppetto del primo. Sono rimasti davvero in pochi. Offre loro la sua ultima razione di cibo e sorride a ciascuno di loro con dolcezza. Non se la passa bene in mezzo ai ragazzini, non ci sa trattare, ma vederli così disperati non ci riesce. Deglutisce pesantemente, prima di intimarli a correre su per le scale verso la Sala Comune. « Restate attaccati ai più grandi, mi raccomando. » Dice loro prima di scompigliare i capelli di un biondino, intimandoli a muoversi. E così mentre tutti defluiscono dalla Sala Grande, l'ex Grifondoro, ha finalmente modo di avvicinarsi a Percy. E così senza avere poi troppa fretta s'incamminano verso i piani alti. « La vedo davvero brutta. Si mette sempre peggio qui dentro. » Affonda le mani nelle tasche mentre sospira pesantemente. « Già. Quello che è successo l'altro giorno.. » E dicendo ciò gli occhi scuri cercano i suoi. « ..è inaccettabile. Non era quello il modo. Ma detto tra noi.. » Quei quattro disagiati avevano sbagliato tutto. « ..non posso dar loro torto del tutto, visto l'andazzo. » Ed è raro che Beatrice non biasimi completamente comportamenti come quelli che ha visto dispiegarsi di fronte ai suoi stessi occhi non più lontano di qualche giorno fa. La verità è che la gente stava perdendo speranza, pazienza, voglia di continuare incessantemente a fare sempre le stesse cose senza che siano almeno un passo più vicino alla risoluzione delle cose. Prendersela con dei ragazzini era da veri vigliacchi, ma la disperazione può portare il genere umano ad azioni impensabili. E quel castello li rendeva ogni giorno un po' più selvaggi e un po' meno civili. « Si erano quasi riusciti a distrarre con questa cosa del Natale. Ho visto un sacco di gente mettere le proprie speranze su questa sera per staccare un po' la testa da tutto lo schifo. » Figurati. Mi ci ero quasi distratta persino io. Il Natale è sempre bello; ha quella forza di istigare pensieri positivi a prescindere. E' simbolo di speranza, una pausa spirituale da qualunque forma di avversità. A Natale siamo tutti più buoni. Frase fatta estremamente stupida, ma a ben vedere gli animi del castello, l'avvicinarsi della Vigilia aveva seriamente rinvigorito tutti. « Ce ne inventeremo un'altra, come al solito. » Annuisce rassegnata a quelle parole, concedendosi quell'unico momento di pace in sua compagnia. Prima che lui possa imboccare la scalinata che dal salone d'ingresso porta verso i piani superiori, gli afferra il polso con uno scatto sorridendo appena mentre lo sguardo vaga insolitamente basso. Silenziosa e ben poco certa dei suoi gesti, si controlla le tasche alla ricerca della sciocchezza che ha messo su tra una ronda e un'altra. E quindi, senza troppi rituali gli aggancia quel bracciale tutto improvvisato attorno al polso. Una sciocchezza appunto, che ha tuttavia il suo significato. L'ancora è tante cose e nessuna in particolare. L'ha trovata agganciata a un maglione che ha raccattato qualche tempo fa in una delle sale comuni. Uno spirito marinaresco evidentemente, oppure un semplice capo di qualche signorotto un po' sopra le righe. Lo spago l'aveva intrecciato da sé, e alla fine ne era venuto qualcosa di decisamente discreto ma in un certo qual modo significativo. Sul retro dell'ancora vi aveva pazientemente inciso seppur in maniera approssimativa, visti i pochi mezzi, pochi numeri. 8.08.17 a buon intenditor poche parole. Il nostro giorno del giudizio. Hai piazzato il culo su quel divano e chi ti ha più scollato. « Aveva distratto un po' anche me. » Questa cosa del Natale. Si stringe nelle spalle con noncuranza. « Buon Natale! » C'è quella parte di sé estremamente lucida e restia a qualunque forma di dimostrazione, come se si trattasse di una perdita inesorabile di terreno che prova a frenarla, ma.. sticazzi ce li mettiamo per principio. « E prima che tu sfotta, sì Watson.. siamo sentimentali. » Scoppia a ridere leggermente dandogli una gomitata, mentre insieme si avviano verso la Sala Comune Corvonero.

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    « Suppongo che stasera vedrò tante cose che non voglio vedere, vero? » Non è vero. Ciò che sta vedendo la confonde non poco. Si aspettava di vedere gente in subbuglio, rivolte, richiami alla lotta e chi ne ha più ne metta, e invece si trova di fronte a uno scenario completamente differente. Cibo, luci, musica, persino regali. E poi quella voce arriva a mietere ogni forma di stupore. Stringe i denti, mentre un ringhio silenzioso le monta in petto. Le lame pronte a scattare in qualunque momento, lo sguardo vigile, la rabbia che incalza. « Per ora, godetevi il vostro regalo. Buon Natale e felice Anno Nuovo. » C'è smarrimento in quegli occhi. Com'è possibile? L'ha ucciso con le sue stesse mani. Per un istante è paralizzata, completamente bloccata. Non riesce a muoversi dal punto in cui si trova. Le sagge direttive di Percy la distraggono da quell'improvvisa linea piatta che è diventato il suo cervello. Cerca nell'ambiente Pervinca, ma non la trova, e a dirla tutta di aprire canali comunicativi alternativi con chiunque in quel momento, le sembra controproducente, semplicemente perché sclererebbe con facilità. Decide quindi di ribollire internamente, tenendosi quel miscuglio di negatività tutta per sé. « Tanto qualsiasi cosa dico, ora come ora, passerei per il Grinch in ogni caso. Io prima di vedere se qualcuno muore avvelenato, quel cibo nemmeno lo tocco. » Dopo quello che aveva sentito, seppur quel cibo fosse così invitante, si sentì di scatto lo stomaco chiudo. « Questo perché parli con degli animali, usando toni e strumenti umani. » Commenta freddamente, guardando quasi tutti gironzolare attorno ai tavoli. A quel punto decise di avvicinarsi, aprendo la propria tracolla e iniziando a inserirci dentro qualche bottiglia di superalcolico e qualche scorta di cibo, avvolto in un paio di fazzoletti. Se era cibo buono, prima o poi avrebbe potuto fare comodo. Ed è in quel momento che lo vede. Pollo fritto. Chiude gli occhi, e ispira affondo quell'odore, ma non si scompone. In silenzio religioso, dopo aver finito la sua personale ricognizione, senza toccare nulla, afferra il braccio di Percy, dirigendosi verso uno dei comodi divani ai margini della sala, su cui si butta con poca delicatezza, portandosi le ginocchia al petto. Sembra essere in una specie di dilemma mistico. « C'è il pollo fritto. » Fanculo al pollo fritto non è questo il punto. « Non capisco come faccia ancora a.. parlare. Voglio dire, eri lì: è crollato al suolo dissanguato. Com'è possibile! » Scuote la testa ispirando affondo, cercando di non perdere la poca pazienza che gli è rimasta. Vorrebbe aprire la mente, crogiolarsi nell'autocontrollo di lui, ma teme che i suoi nervi siano poco saldi tanto quanto i suoi, e a quel punto è meglio mantenere un contatto prettamente superficiale. « Ad ogni modo.. non credo sia avvelenato. L'hai sentito: domani è un altro giorno.. » ..e prevedo sarà uno memorabile. « Ho come l'impressione che domani non sarà uguale ad oggi.. o a ieri, o a qualunque altro giorno. » La sua voce gli provoca brividi lungo la schiena. Come fai a combattere qualcosa che non vedi? Come combatti un morto? Che cosa ha in mente? Che cosa li aspetta? Non può essere casuale. « Non possiamo restare ancora qui dentro. Sta diventando insopportabile. Quindi, dobbiamo cambiare rotta. Basta resistere. Domani ricominciamo da capo; cercare di mantenere le cose sotto controllo ci ha distolti dalla priorità numero uno: uscire. Sfruttiamo stasera per capire come dividerci da domani per cercare risposte. Aspettarle da fuori non funziona. Non hanno la più pallida idea di come aiutarci, e io mi sono rotta il cazzo di aspettare che qualche cervellotico là fuori trovi una soluzione, quando chiaramente le risposte sono qui dentro. » Scuote la testa. « Ogni maledizione ha la sua crepa vero? » Crepa. Quella parola rimbomba nella sua testa. Dov'è la crepa di questo meccanismo? « Cerchiamo di capire con chi, senza lasciare troppo scoperti i turni e i più piccoli.. e da domani.. corriamo più rischi. »



    Edited by ´horror vacui` - 23/12/2017, 00:30
     
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    « Cazzo. » Questo il fine commento di una Stone palesemente sconvolta per la visione che ha di fronte, non appena varcata la soglia della Sala Comune di Corvonero, la sera della vigilia di Natale. Lei, come altri, a quella ricorrenza quasi non ci aveva fatto caso, troppo presa a occuparsi di come schivare quelle trappole infami, che negli ultimi giorni sembrano essere diventate più crudeli del solito. Ora, le labbra dischiuse e gli occhi strabuzzati in un misto di stupore e confusione, se ne ricorda improvvisamente: è Natale. L'albero posto al centro della stanza e le numerose lucine che decorano l'ambiente ricordano fastidiosamente gli addobbi che gli altri anni avevano adornato la Sala Grande e l'intero castello, e quella musica natalizia è così disgustosamente familiare. Sono dettagli su cui si concentra poco, però, perché presto la sua attenzione viene catturata dal banchetto. Non vede tanto cibo messo insieme dalla sera del ballo, e presto qualsiasi pensiero negativo o vagamente sospettoso viene spazzato dall'istinto più puro, e dal richiamo dei morsi della fame che adesso, con la vista di tutto quel ben di Dio che li circonda, si fanno sentire decisamente di più.
    E così, senza pensarci troppo, fa esattamente quello che farebbe una Malia affamata in qualunque altra situazione, sebbene con molta più foga del normale: si avventa sul banchetto, decisa a mettere fra i denti tutto quello che le capita sotto tiro. Sta masticando voracemente un panino a fianco ad un altro paio di ragazzi, quando la voce di Percy Watson arriva alle sue spalle, lapidaria. « Vi siete almeno assicurati che non sia una trappola? » Aggrotta le sopracciglia, mentre si volta quasi di scatto nella sua direzione, le guance gonfie dal mezzo panino che ha ficcato in bocca in un colpo solo, e gli occhi spalancati per quella possibilità alla quale non aveva pensato. Oh, accidenti. Come ha fatto a non pensarci prima? Che morte stupida che sarebbe, questa. Il suo momento di panico interiore si quieta quando realizza, guardandosi intorno, che tutti stanno mangiando già da qualche minuto e a nessuno è ancora successo niente. Certo, avrebbero tutta la notte per subire gli effetti di un eventuale veleno a lenta azione, ma a questo punto, dopo due panini interi ed un croissant salato, non può davvero farci più niente. « Come facciate ad essere ancora in vita mi è oscuro. »
    Allora si limita ad ingoiare quello che ha in bocca, per poi prendere un sorso d'acqua in modo da schiarirsi la gola, e si stringe nelle spalle, guardando l'ex Serpeverde dal basso. « Senti, se a questo punto devo morire che sia almeno felice e con la pancia piena. E se tu proprio non vuoi favorire, Watson, nessun problema: di più per noi. » Gli sorride, quasi scherzosamente, per poi tornare a porre le proprie attenzioni sul tavolo alle sue spalle, perché ha appena sentito qualcuno dire che in giro c'è del pollo fritto, e questo non può davvero perderselo.
    Finisce per fare il giro di tutti i tavoli, assaggiando ogni cosa e conservando qualcos'altro nell'inseparabile borsetta, anche perché è certa che un evento simile non si ripeterà presto. Non è certa di come interpretare quella trovata stramba di Kingsley, né di cosa abbia voluto dire quel criptico quanto impressionante "Domani è un altro giorno, e prevedo sarà uno memorabile" con cui ha voluto concludere il proprio discorso. Non riesce nemmeno a capire come diavolo abbia fatto a parlare, ma in fin dei conti ci sono così tante cose che non conosce, della magia, che quest'ultimo trucchetto del loro ex preside non la stupisce più di tanto. È alla ricerca di Sam, quando si ritrova a passare accanto a Percy e Tris, alla quale rivolge un sorriso a labbra strette. Quella situazione è così paradossale. Sembrano nel bel mezzo di una vera e propria festa di Natale, quando, effettivamente, non hanno proprio nulla di cui gioire, se non per il fatto che per una sera sono riusciti a placare i morsi della fame. « Watson, ancora digiuno oppure hai superato la paura di crepare con una ciambella? » scherza, guardando prima lui e poi Tris, alla quale rivolge un rapido occhiolino. E il suo scopo non è prenderlo in giro, quanto più ironizzare, offrire alla coppia un po' di leggerezza, anche per un istante solo. « Comunque Morgenstern, sempre speciali i Natali passati insieme noi due, non c'è che dire » commenta sarcastica guardandola, mentre quasi istintivamente si porta una mano a sistemare il bracciale che porta al polso, ricordo perenne di quella nottata infernale di un paio d'anni prima. Se non altro, adesso non rischiano di essere sbranati da un momento all'altro.

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    « Ti ho portato dell'Idromele. » Gli accarezza la spalla, spuntando da dietro di lui, per poi porgergli il bicchiere che ha per le mani. Si siede accanto a lui, sul divanetto blu cobalto, l'unico libero della stanza. Porta entrambe le ginocchia al petto e se le abbraccia, per poi rivolgergli un'occhiata di traverso, visibilmente apprensiva. « Come ti senti? » Vedere Fred così sofferente le dispiace da morire, e le fa davvero male; per non parlare del fatto che la sua situazione lo preoccupa alquanto per i giorni a venire. Non è stato facile prendersi cura di lui e tenerlo lontano dalle trappole, costretto su quella sedia a rotelle, ma al contempo non hanno abbastanza ingredienti per creare qualcosa che lo tenga in piedi. E immagina, oltre tutto, che i dolori che deve sopportare non facilitino la situazione. Ma nessuno tra loro, fino ad ora, è riuscito a farsi venire in mente una trovata alternativa.
    « Hai visto il regalo di Kingsley? » dice sarcastica, mentre si stiracchia un po' per fargli notare la felpa che non ha esitato ad indossare, dopo averla trovata all'interno di un pacchetto che recava il suo nome sull'etichetta. Conosce perfino i suoi gusti. Se non altro, questo slancio di magnanimità del loro defunto preside le sarà utile a qualcosa. Inspira, prima di prendere un sorso dal proprio bicchiere. « Ci sono anche le calze con i nostri nomi sopra » osserva ad un tratto, l'aria quasi assorta, lo sguardo che si sposta per un istante sull'oggetto della conversazione. « Ce ne sono due anche per Albus e Hugo. » Torna a guardare Fred, incontrando i suoi occhi color nocciola. Le sue labbra si distendono leggermente, fino a formare un sorriso un po' incerto. Non è una cosa di cui si sente necessariamente di gioire, ma le sembra che, in qualche modo, quello possa essere un indizio importante. Magari da questo possono dedurre che i loro amici, dovunque si trovino, sono ancora vivi. Accarezza leggermente il braccio del ragazzo, come a volergli infondere un po' di sicurezza. « Sono sicura che stanno bene. Magari si sono trovati e tra qualche giorno li rivedremo fra noi. Non è il caso di disperare. Se ne sei venuto fuori tu, ce la faranno anche loro, no? » Una logica un po' debole la tua, Stone, ma sempre meglio di niente.
    Interagito con Tris e Percy nella prima parte, con Fred nella seconda
     
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    "GRAZIE SCUSATE PERMESSO PREGO" La voce di Kiwi preannuncia il suo ingresso in ogni corridoio, angolo e anfratto in cui riesce ad infilarsi. Nei brevi istanti di silenzio è però possibile sentire anche lo sferragliare delle rotelle della carrozzina che spinge correndo come se avesse un leone affamato alle calcagna che di quando in quando gli mozzica il culo, ma è un rumore che solo in circostanze normali (vedi: dove non è presente il Grifondoro) potrebbe risultare davvero rilevante e/o fastidioso. "Scusi non lo vede che qui c'è un infermo? ci faccia passare per carità cristiana, non sia avida con il proprio spazio vitale che ce n'è per tutti" La sala comune negli orari del coprifuoco è sempre troppo piena, ma a Kiwi è forse l'unica cosa della nuova situazione in atto al castello a non dispiacergli. Lui in spazi sovraffollati come quello c'è nato e cresciuto: il suo posto è sempre stato insieme ai tanti. Si rende conto però, nella sua spiccata sensibilità altruistica, che il suo amico Freddie potrebbe non essere dello stesso avviso. La seggiola a cui è relegato è un bell'ingombro che fa dello spazio una necessità prioritaria. "si guarda se ti infili tra quel tassorosso e quell'orologio a pendolo.. no quello è l'orologio, il tassorosso è l'altro... si ecco, lì, vai lì così noi passiamo grazie" E' proprio per questo che, privato da quasi un anno delle sue lotte preferite estive dove si dedica alla prevenzione, l'aiuto o l'assistenza di chiunque abbia una faccia da cerbiatto e un cerotto in bella vista, ha fatto del Weasley il suo personalissimo protetto (vedi: caso umano).
    Non ammetterà mai che ama scarrozzarlo per calpestare i piedi della gente con le rotelle fingendosi dispiaciuto perchè costretto dalle circostanze, ma se vi chiede 'scusa' dopo averlo fatto sappiate che non è sincero. Essere moralmente corretto non significa per forza non amare i dispetti a fin di bene, d'altronde. Il bene, ovviamente, è l'autocompiacimento che prova nel sentirsi incredibilmente divertente quando compie screzi di questo genere.
    "Freddie tutto ok? hai bisogno di acqua, vuoi che faccia una pausa? c'è una tizia che mastica una gomma, una gomma è assai rara di questi tempi, la vuoi? se me la sputa con un bel po' di saliva forse riuscirai a sentirne ancora il gusto" Prossimi al punto di ritrovo dove la folla tuonava che si sarebbe svolta quella notte, Kiwi rallentò per infilarsi nella coda creatasi per varcare l'ingresso che contrassegnava la sala comune dei Corrvonero. "è la mia sala preferita quella corvonero, fa freddino ma in compenso hanno un panorama spettacolare non trovi?" ottimista fino all'ultimo.
    Il suo stomaco brontolava e la sua giacca troppo piccola - aveva ceduto la propria ad un primino che minacciava l'ipotermia e aveva perso metà della propria divisa in una trappola cui era sopravvissuto - aveva permesso che gli si congelassero i polsi e buona parte della schiena, ma Kiwi sorrideva come se ogni giorno da ormai una cinquantina di lune a quella parte, non vi fosse un funerale da ricordare o un dramma da ingoiare come boccone amaro di un pasto indigesto.
    "Ma hai fatto pipì oggi? Hai bisogno d'aiuto? La pipì è importante, lo sai" (cit. aury) Era chino dinanzi a sé per esser certo che Freddie sentisse tutte le sue preoccupazioni in merito al suo stato psicofisico precario e così bisognoso delle sue premure e attenzioni, affacciato per questo alla sua spalla e fin troppo vicino al pelo rosso che contraddistingueva quasi tutta la famiglia Weasley. I suoi capelli profumavano d'autunno, ma non era ancora mai stato capace di chiedergli come. "se vuoi posso tenertelo" bisbiglia, sillabando, infine, mentre entrano nella sala nell'esatto momento in cui la voce del preside irrompe l'aria e fa sobbalzare tutti i presenti. Kiwi di primo acchito nemmeno ci fa caso, ma Berry - ancorato come sempre sulla sua spalla destra - inizia a stringersi a lui graffiandogli la faccia terrorizzato. "Sta calmo, è morto!" Lo era davvero? "guarda berry c'è un albero tutto per te!!" sdrammatizza poi. Bhè no, forse nessuno aveva davvero pensato ai bisogni della sua scimmia (tranne quelli che avevano proposto di accarezzarla a rotazione per intenerirne la carne così da risultare più gustosa quando e se fossero riusciti a rapirla per mangiarla) piazzando un albero al centro della sala, ma tanto era una scimmia e gli si poteva raccontare la qualunque. "e guarda freddie! c'è dell'alcool in cui affogare i tuoi dispiaceri come tipo il fatto che sei paralitico e in un contesto come quello attuale è davvero una sfiga del cazzo!!!" e tornò a spingerlo, sgusciando come una serpe tra i presenti per giungere al tavolo dove solerti si ergevano bottiglie e... "OH SANTA VLADIMIR, MONTAGNE DI CIBO" Freddie Weasley e l'apprensione a lui correlata furono spazzati via dal suo cervello in un solo fulmineo istante: riverso sulla tavola Kiwi si piazzò in bocca due panini più grandi delle sue stesse mani e se la voce del saccente previdente di turno non lo avesse fermato sul tempo era sicuro che sarebbe riuscito ad infilarsi in bocca anche il terzo.
    Nell'alzare lo sguardo verso quello che ora, per necessità, verrà riconosciuto come lo sceriffo del tavolo delle meraviglie, il grifondoro incrociò lo sguardo della sua amica Fawn poco oltre la sagoma del giovane, e la salutò eccitato a distanza con una mano perché riusciva a stento a masticare, figurarsi parlare.
    Non avrei mai creduto di poter ammettere una cosa simile, ma: la sua bocca non era preparata per ospitare corpi estranei così gustosi e fuori misura.

    scarrozza freddie come un autista modello - sentitevi liberi di auto flagellarvi i piedi attribuendo a lui il merito per sentirvi meno masochisti - rinomina mentalmente watson come sceriffo del tavolo del cibo e saluta fawn.
     
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    « ..lo sai come funziona. » Ovviamente no. Altrimenti non avresti avuto bisogno di ripetizioni. « Quando ti senti strano ne butti giù un altro sorso; non c'è un altro modo per capire quanto tempo passa. E fai che ne valga la pena. Mi è costata cara. » Carissima a dirla tutta. Lo spaccio tendeva a essere un posto decisamente crudele. Gli oggetti più rari si vendevano a caro prezzo, e Mun era stata costretta a scambiare quanto gli stava ponendo di fronte a un prezzo altissimo. Lo faceva perché il contrario sarebbe stato ingiusto. E già si stava comportando come un'emerita testa di cazzo un po' con chiunque. La sua collana di perle preferita era il giusto prezzo; ciò che era stato decisamente un po' troppo erano state le loro razioni di cibo per tre giorni. Ma d'altronde, Potter se lo meritava. Nell'ultima settimana non si erano dati pace. Chini sulla stessa mappa sempre speranzosi di non veder scomparire quei nomi dal retro della pergamena. Sempre a cercarli, tornando sempre sulla stessa casetta sull'albero un po' più malconci del giorno precedente. Oltre il velo che separava quel luogo oscuro dal castello, Mun ci stava davvero poco. A volte si perdeva alla ricerca di una via d'uscita. La prima volta era stato complicato capire come funzionasse, ma poi alla fine dopo un paio di tentativi maldestri era riuscita a capire che, esistevano delle crepe nel sistema che regolava quell'ambiente, ed era possibile uscire tanto quanto entrare a proprio piacimento. Ryuk non era sembrato poi molto sospettoso di fronte al suo comportamento, e come solleva fare ultimamente, si teneva ben lontano dal commentare le sue azioni. La mappa la controllava praticamente sempre. Erano più le volte che la teneva dispiegata che quelle in cui tentava di tenerla nascosta. A dirla tutta a un certo punto aveva pure smesso di fregarsene di cosa la gente pensasse di fronte al suo strano comportamento. Una sfiga dietro all'altra. Nel castello ci restava solo quando Watson le impediva di tornare dall'altra parte, affidandole qualche compito dei suoi. Per il resto, nelle Sale Comuni non si era fatta vedere, il Banchetto lo aveva disertato, e si era affidata solo a quelle poche scorte che poteva fare grazie alle razioni giornaliere, o grazie ai cadaveri che ogni tanto privava delle loro scorte quando nessuno era lì per guardare. Era stupido, ma tra quegli alberi, spesso si dividevano. Ognuno a percorrere un sentiero diverso, con le bacchette ben salde in mano, pronte a schiantare qualunque cosa si parasse loro davanti. "Avuto fortuna?" "No." Questo lo scambio che più spesso si rivolgevano. Di Maze e Fred nemmeno l'ombra. Finché alla fine, stesi sul pavimento freddo della casa sull'albero, ognuno intento a fare macchinazioni su quale altra strategia adottare per la ricerca, i nomi non scomparvero dal retro della mappa. Prima quello di lei, poi quello di lui. No, no, no, no, no. In quel momento il panico dilagò in quei suoi occhi azzurri mentre picchettava con le dita sul pavimento richiamando l'attenzione del suo insolito compagno di ricerche. Dispiega la mappa sul pavimento, e con la bacchetta accesa, inizia a cercarne i nomi nel castello. E alla fine sospira sollevata. Sono salvi. Ne sono usciti. Non era mai stata così felice nel fissare una fottuta mappa. Finito il peso di quel grosso macigno, erano iniziate le domande più complesse. Quanto grosso era quel posto, e fino a dove si estendeva? Quali regole facevano da padrone? In tutto quel tempo non erano riusciti a capirlo, nonostante lui ne avesse passato ogni istante e lei gran parte del suo tempo da quanto il rosso era scomparso. Di giorni ne erano passati da allora, e anche di acqua sotto i ponti. Mun aveva continuato con le sue incursioni, destando più sospetti, ma forte del fatto che restare nel castello era ormai diventato insopportabile, passare del tempo in silenzio sulla casa sull'albero era quasi meglio. Il momento in cui semplicemente non era più tornata, era stato quando lo aveva visto in quelle condizioni. Ci sono persone che si fanno avanti di fronte alle avversità. Mun scappa, quasi come se, la mancanza di fortuna del prossimo sia colpa sua, e isolarsi possa aiutare gli altri a superare i propri problemi. Era rimasta a fissare il soffitto di quella casa sul albero per un tempo infinito e si era abbandonata a quelle confessioni del cazzo tipicamente sentimentali e a racconti su come tutti avessero preso questa e quell'altra cosa per colpa sua. « Fred non cammina più. Betty sta male. La gente ti cerca. E io sto raccontando più cazzate del solito. E cristo se normalmente ne racconto di cazzate. » I soliti aggiornamenti, apatici, privi di inflessioni o di una qualche forma di empatia. Ormai è tutta prassi. Sarebbe meglio che sparissi. E' tutta colpa mia. « Mio fratello mi odia. » Aggiungiamoci anche questa. « E le trappole si sono fatte più crudeli del solito. » E noi siamo due merde. Trova il lato positivo. Cercalo con il lanternino se serve, tanto non lo troverai comunque. Ma è allora che sente un latrato nel cuore della notte. Assottiglia lo sguardo cercando la fonte di quei rumori oltre i rami della vecchia quercia, mentre si stringe nel pesante maglione rosso. Ne indossa lo stesso da non sa nemmeno quanto tempo. « Ghost? »

    « Signor Scott! Che piacere rivederla ancora intero. » Ironia portami via. Uno scozzese che si chiama Scott. Certo che la pagliacciata della vita non ha mai fine. « Ha sentito? E' stata aperta la Sala Comune Corvonero. » Ghost la sta tirando lungo i corridoi con un po' troppo entusiasmo. Per impedirgli di fuggire di nuovo da questa e quell'altra parte e per impedirgli che si perda di nuovo è riuscita a confezionargli una specie di guinzaglio con i pochi materiali presenti sulla casetta sull'albero dall'altra parte. I corridoi sono ormai deserti, segno che, la sala si è aperta già da un po'. Ad avvisarla era stato uno degli ultimi rimasti in Sala Grande, con tanto di è bello rivederti Carrow, poi mi racconti dove cazzo ti sei cacciata. E ora stanno salendo le scale; lei, per la prima volta dopo un paio di giorni. Prima di arrivare verso il quinto piano, si ferma all'imbocco di uno dei vari corridoi e si piega sulle ginocchia, accarezzando il cagnone, che cerca disperatamente di leccarle la faccia. Tale padrone, tale cane. Lei scoppia leggermente a ridere, accarezzandole dolcemente la testa. E' passato più di un giorno da quando l'ha ritrovato. La gioia nel rivederlo, l'aveva quasi messa di buon umore, tant'è che aveva ritrovato la voglia di uscire dalla foresta per fare rifornimenti e risolvere un paio di questioni in sospeso, in primis come perdere una collana che costa più di dieci anni di reddito di uno stipendiato medio nonché le scorte per tre giorni. Aveva provato ad essere il più furtiva possibile, senza farsi vedere da nessuno. Se solo dopo tutti quei giorni, Watson l'avesse beccata a fare finta di niente in giro per il castello, a bazzicare attorno alle razioni di cibo oppure allo spaccio, come minimo avrebbe iniziato con uno dei suoi infiniti discorsi, piazzandole l'ennesimo compito che in quel momento non avrebbe avuto né voglia né tempo di compiere. « Senta! Le devo chiedere un favore. » Quanto suona strano rivolgersi così. Sorride al cagnone continuando a grattarlo dietro le orecchie con fare energico. Hai mangiato bene eh furbone? Ci hai praticamente spolpati tu e le necessità non richieste ma concesse dell'amicone del tuo padrone. « Lo può restituire lei al padrone? Gli dica che l'ha trovato lei.. per caso.. ovunque vuole. Insomma.. » Si stringe nelle spalle. Non ha nemmeno idea del perché non vuole che lo sappia. Forse perché è più facile restare una persona orribile. Ricompare dal nulla dopo giorni di assenza, e bum, sorpresa! Non c'ero quando avevi bisogno di me, perché ero troppo occupata a piangermi addosso e non fare un cazzo nella foresta, ma ehi, tirati su, ti ho ritrovato il cane! E' una tale paraculata. Una che Mun non riesce a fare. Che poi, quando è passata precisamente lei nel torto? Forse nel momento in cui gli sbattuto la porta in faccia per poi vederlo sparire per giorni. Grande Mun, continua a essere una merda. Sii fiera del tuo orgoglio. Sempre. « E poi credo che gli farebbe piacere avere il suo sostegno. Intendo.. il sostegno di una persona più grande che lo conosce... insomma, che conosce come può reagire un ragazzo della sua età. » Questa cosa sta diventando una grande idiozia. « Insomma, faccia lei.. » Perché ognuno di noi convive con le proprio ferite. Muri che spesso che spesso appaiono insormontabili. Ed è per questo che a volte serve qualcuno che ci ricordi che abbiamo bisogno di essere amati. Come Ghost. « Ciao bello! Ci vediamo dopo. » Un ultimo sguardo eloquente al Custode e un bacio sulla testa del cane. « Ah! Ovviamente le sono debitrice. Se le serve qualcosa, sa dove trovarmi. » E a quel punto corre su per le scale fino all'entrata nella Sala Comune.
    Non ha mai avuto un grande amore verso il Natale. A casa sua lo si è sempre festeggiato in modo risoluto. Tanti addobbi, feste sfarzose, un mucchio di ipocrisia e nemmeno il lontano sentore di un po' di vero affetto. Quando entra, molti sono già attorno ai vari tavoli colmi zeppi di cibo. C'è persino un grosso albero di Natale con tanto di regali che portano il nome di ciascuno di loro. Ben accorta a non incrociare lo sguardo di nessuno in particolare, Mun prende a guardarsi intorno. Questa per lei è paradossalmente una delle più solitarie delle feste, perché l'illusione disattesa, solo ed esclusivamente per colpe del tutto personali, di non essere sola, per poi effettivamente ritrovarcisi, è peggiore del convincersi di non avere niente e nessuno. Uno sguardo eloquente va a poggiarsi su Watson, seduto in compagnia della ragazza su uno dei vari divanetti ai margini. Cerca con lo sguardo Maze, senza vederla; perdersi in chiacchiere assieme a lei sarebbe in quel momento la cosa migliore. In un modo o nell'altro, l'amica riesce sempre a metterla di buon umore. Inoltre, Maze non fa domande, non gliene ha mai fatte, non per metterla a disagio o per metterla in difficoltà, e sa che se liquidasse il discorso, farebbe altrettanto anche adesso. Da qualche parte riesce a scorgere tra la miriade di studenti Malia in compagnia di Freddie e allora quasi d'istinto sposta lo sguardo altrove. I sensi di colpa ci sono e c'è anche la consapevolezza di non poterlo vedere così. E quindi, sospirando alla fine, prende a fare il giro dell'albero, rubando dai rami qualche bastoncino di zucchero mettendosene uno tra le labbra. Non ha poi molta fame, e nemmeno voglia di festeggiare. E non si chiede nemmeno lontanamente a cosa si deve tutta quella festa. Aveva sentito nelle sue sporadiche incursioni dentro il castello che stessero preparando qualcosa, ma di certo tacchini e pollo fritto, patate al forno e fiumi di alcol non potevano essere sul menu. Era già tanto se riuscivano a raccattare qualche biscotto alla vaniglia e una bottiglia d'acqua, ultimamente. Se tutto andava bene, i più grandi tornavano dal limitare della foresta con un qualche animale cacciato per pura fortuna e che comunque dovevano dividersi a tal punto che nessuno si saziava nemmeno lontanamente. Alla fine incontra lo sguardo di Nate, appoggiato a una delle librerie della Sala Comune, in disparte.
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    « Ehi! Ma guarda chi c'è! » Ipocrita Mun, sei tu a essere letteralmente sparita. Tanto per cambiare. « Hai un'aspetto orribile. » Gli dice infine, offrendogli un bastoncino che si era infilato in tasca, per poi appoggiarsi alla libreria accanto a lui, sistemandosi il larghissimo quanto ridicolo maglione che ha ancora indosso da chissà quanto. Lo ha sempre ripulito, ma i danni nella maglia sono ormai evidenti. « Che cosa mi sono persa di preciso? » Chiede con aria scettica indicando un po'.. tutto. Con lo sguardo cerca nell'ambiente Ares. Lo trova, ed ecco un'altra direzione in cui non guardare. Sono più i terreni minati che quelli prettamente sgombri, Carrow. « A cosa dobbiamo questa.. magnifica festa.. che chiaramente non possiamo aver realizzato da soli, perché stiamo diventando degli straccioni di primo ordine? » Altra ironia. Tanta ironia e ossa secche. Ecco cosa è diventata la Carrow. Alla fine annuisce senza una ragione precisa, incrocia le braccia al petto e sospira. Una Carrow senza parole. Questa cosa del castello deve finire il prima possibile. « Ho come l'impressione che mi sono persa un po' di cose.. aggiornami. »

    - Interagito con Nate;
    - Nominati Fred, Malia, Percy, Maze e Ares


     
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    Quando ti trovi a vivere isolato cominci a rivedere le tue convinzioni, i tuoi comportamenti, tutte le cose che hai detto e fatto in quei pochi ma fin troppo lunghi anni di vita che ti sono toccati. Analizzi tutto, e ti rendi conto di aver sbagliato la maggior parte delle cose. L'unica consolazione che hai è quel freddo che ti tiene sveglio, ricordandoti che sei ancora vivo per vedere un altro giorno e, magari, raddrizzare qualcosa. Albus non dormiva da giorni, e questa mancanza lo portava a reggersi in piedi per miracolo, tanto che a un certo punto aveva smesso di capire cosa fosse reale e cosa fosse solo frutto della sua mente. Riusciva a dormire solo quando Mun veniva a fargli visita per portargli qualche scorta: era l'unica maniera in cui riusciva a chiudere occhio, quella di sapere che qualcun altro era presente nel caso che uno di quegli affari avesse avuto la malaugurata intenzione di tendergli un agguato. Per il resto era tutto una copia di una copia. Vagava ramingo, senza meta ne' scopo, alla ricerca di cose che non sapeva cosa fossero. Ogni tanto un varco si apriva, e lui si ritrovava a osservare la vita dall'altra parte come uno spettacolo a cui non poteva prendere parte. Altre volte succedevano cose strane. Vedeva cose, persone, spettri, sentiva voci. Annotava tutto su un diario, ma era così sconclusionato da rendere difficile cavarci un qualsiasi ragno dal buco. "..lo sai come funziona." sollevò un sopracciglio con aria scettica. Pure i bambini sanno come funziona una polisucco. "Quando ti senti strano ne butti giù un altro sorso; non c'è un altro modo per capire quanto tempo passa. E fai che ne valga la pena. Mi è costata cara." annuì, cominciando a disporre i primi preparativi per quel piano che già sentiva essere fallimentare. Quando Mun glielo aveva proposto, inizialmente aveva rifiutato, dicendo che i rischi erano davvero troppi e che in ogni caso non avrebbe avuto senso. Quel Natale, con o senza polisucco, lo avrebbe passato da solo in ogni caso. Pure in mezzo a tutte le persone che amava, sempre solo sarebbe stato, non potendo rivelare loro la sua identità. Tuttavia alla fine aveva accettato, forse perché era semplicemente esausto di quel luogo, di quell'aria tossica, di quel ghiaccio nelle vene, di quel continuo pericolo imminente. Era stanco persino di se stesso, quello di cui ormai era diventato niente più che l'ombra. Il mutismo aveva reso le sue labbra secche, e strano il suono della propria stessa voce alle orecchie. Pure quando c'era Mun parlava poco, molto meno del solito. Quel posto aveva risucchiato ogni sua energia, lasciandolo pallido ed emaciato, con le labbra cianotiche e pesanti occhiaie violacee a contornargli lo sguardo ormai perennemente tinto di un grigio tanto pesante da sembrare nero. Stava assorbendo, nel più letterale dei termini. Stava risucchiando tutta quella merda come una spugna, e lo sapeva, sebbene non conoscesse quanto letterale fosse la cosa ne' i motivi per cui lo fosse. "Fred non cammina più. Betty sta male. La gente ti cerca. E io sto raccontando più cazzate del solito. E cristo se normalmente ne racconto di cazzate. Mio fratello mi odia. E le trappole si sono fatte più crudeli del solito." stirò un mezzo sorriso, poggiandole di sfuggita una mano sulla spalla nell'esercitare una piccola pressione che aveva l'intenzione di essere rassicurante. In realtà non sapeva come proprio lui potesse rassicurare chicchessia. "Stasera ci concederemo una tregua, per quanto poco possa valere." Ci credi davvero, Albus? No, non ci credeva. Piuttosto era convinto che quella serata non avrebbe fatto altro che rigirare il dito nella piaga. Ma quanto meno intendeva provarci, il che da lui era già tanto.

    "Signor Scott! Che piacere rivederla ancora intero." scosse il capo, reprimendo una risata circostanziale. "Signorina Carrow, il piacere è tutto mio di esserlo." Si sentiva strano, troppo strano. Non sapeva come comportarsi in quel continuo ricalcare i movimenti di un custode che conosceva poco o nulla. "Ha sentito? E' stata aperta la Sala Comune Corvonero." sollevò le sopracciglia in un'aria vagamente sorpresa, seguendo Mun e Ghost nell'ascesa verso la sala comune designata. Già da lì il cuore cominciò a martellargli nel petto, facendo partire uno stormo di farfalle nello stomaco. Me lo sento, manderò tutto a puttane. Sicuro mi dimenticherò di mantenere l'accento scozzese, o verrà fuori male. Vedrò le loro facce e uscirò dal personaggio nel giro di cinque secondi, sfanculando tutto ciò per cui io e Mun abbiamo lavorato. Cristo, non potevo nascere - che so? - in Burundi? Avrei avuto il problema della fame, è vero. Sono una persona orribile. "Senta! Le devo chiedere un favore." si voltò, guardandola in viso con aria interrogativa. "Lo può restituire lei al padrone? Gli dica che l'ha trovato lei.. per caso.. ovunque vuole. Insomma..E poi credo che gli farebbe piacere avere il suo sostegno. Intendo.. il sostegno di una persona più grande che lo conosce... insomma, che conosce come può reagire un ragazzo della sua età. Insomma, faccia lei.." Scosse il capo con rassegnazione, prendendo un profondo respiro prima di guardarsi intorno con fare circospetto e puntare poi gli occhi in quelli di Mun, stando attento a tenere il tono della voce incredibilmente basso. "Ho un brutto presentimento a riguardo. Per tutto." Albus e l'ottimismo: due rette parallele. "Ah! Ovviamente le sono debitrice. Se le serve qualcosa, sa dove trovarmi." Annuì con un certo sconforto, lasciandola entrare prima di rivolgere lo sguardo a Ghost. "Fai finta di non conoscermi."
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    Ma il vero problema non era Ghost, e forse nemmeno le persone presenti, dato che almeno inizialmente nessuno parve guardarlo in maniera strana o anche solo notarlo in alcun modo. No, il vero problema arrivò circa cinque secondi dopo aver messo piede in sala comune, quando un ululato fin troppo noto lo portò a sgranare gli occhi con aria terrorizzata, inquadrando un Arthas fin troppo felice che correva dritto verso di lui, tutto scodinzolante e intento a saltellargli intorno. Zitto, cazzo, stai zitto. Come ca-? E stai giù, cristo Dio, che salta tutto se continui così. Più strana ancora fu la nochalance con cui si fece uscire dalle labbra una risata isterica, voltandosi verso un tizio a caso. "Cani, eh? Creature meravigliose. A cuccia bello, dai." A cuccia, Arthas, porca puttana. "Di chi è questo cane lupo? Se lo riprenda per favore." chiese ad alta voce, rivolto a tutti e a nessuno, falso come una banconota da tre euro, ma con un accento scozzese stranamente ben riuscito. Fu difficile scavalcare quell'Arthas festante, e necessitò qualche carezza circostanziale e il lancio di un pezzo di pane preso a opportunità dal banchetto. Una volta distratto lui, individuò immediatamente la figura di Fred in carrozzina, e Cristo se fu difficile reprimere l'istinto di corrergli incontro e abbracciarlo. Si schiarì invece la voce, avvicinandosi a lui con un sorriso gentile ma un po' tirato, allungandogli il guinzaglio al quale era attaccato Ghost. "Ehm...ragazzo..credo che questo sia tuo. L'ho trovato in giro a vagare da solo e mi hanno detto di riportarlo a Fred Weasley." disse, lasciando un ultima carezza sul muso del labrador prima di mollare il guinzaglio a Fred e affondare le mani nelle tasche dei pantaloni. "Cosa ti è capitato?" chiese, cercando di attenuare la preoccupazione nel suo tono di voce, indicando al contempo la carrozzina con un cenno del capo. "Non ti ci avevo mai visto con questa." Come di colpo, tuttavia, si riscosse nel notare che lì con loro non c'era solo Fred, e veloce come il vento estrasse una mano dalla tasca per porgerla a Kit e a Malia. "Oh, che maleducato. Sono Alexander Scott, il custode. Felici feste!" Felici feste? Vabbè, lasciamo stare. Nell'imbarazzo prese la prima cosa che gli capitò sotto mano dal buffet - che si rivelò essere un panino al salame - e se la mise in bocca più per tapparsela che per altro, cominciando a guardarsi intorno con aria di simulata curiosità. "Che bell'atmosfera." Sì. Bellissima. Ci sta Betty. Ci sta Olympia. Ci sta Fawn. Ci sta il mio cuore per terra spappolato sul pavimento. Un'atmosfera meravigliosa. Nella repressione di tutti quei gesti spontanei che non poteva compiere, un velo di lacrime cominciò ad appannargli la visuale, costringendolo a tirare su col naso e passarsi la manica della camicia di flanella a tamponarsi gli occhi. "Scusate..è solo che questo è il mio primo Natale senza..mia moglie. Sì, senza Lucy. Mi fa uno strano effetto. Ma niente niente, scusate, vi sto solo ammorbando." Scosse il capo, scacciando quei pensieri con un cenno della mano. "E' una vita solitaria quella del custode."
    Interagito con Mun, Fred, Kit e Malia
    Citate Betty, Olympia e Fawn

     
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    « Credimi, è peggio del solito » mormora piano a Zeppelin, prima di addentare il proprio pezzo di pizza, attento a portare, con l'altra mano, il fazzoletto sotto la bocca per non sporcarsi. Non crede di aver mai mangiato tanto in vita sua - di certo non l'hai mai fatto con tanta urgenza. Tutti i pasti a casa Douglas sono sempre stati lenti, dalle quantità moderate, volti più a stimolare il palato che a riempire lo stomaco; ora le necessità del giovane Serpeverde sono ben diverse, adesso ha bisogno di riacquisire le proprie forze e rifocillarsi. E anche in tutto il caos provocato dalla sorpresa fatta loro da Kingsley, riesce comunque a mantenere un certo contegno, senza mai prendere più di una cosa per volta dai tavoli, e muovendosi con una certa naturalezza. Come se quella situazione fosse del tutto normale. E in parte lo è, nel contesto in cui si trovano, perché c'è ben poco da meravigliarsi di fronte all'ennesima trovata del castello, che serve a giocare con le loro menti, prima di tutto. A un certo punto, qualche minuto fa, ha perfino sentito una ragazza affermare, convinta, che questa sorpresa non è che un segnale che domani il castello li lascerà liberi, e che le loro sofferenze avranno una fine. Lui, dal canto suo, ha scelto di non farsi colpire troppo dagli avvenimenti della serata, e continua a chiacchierare amabilmente coi propri compagni come se nulla fosse cambiato. « Per carità, lo sappiamo che è sempre stato particolarmente taciturno. Ma ora a stento ti saluta. E poi, boh, sta in giro tutto il giorno a fare il buon samaritano della situazione e a cacciarsi in tutte le trappole in cui riesce... È allucinante. E non ha alcun senso. » Gesticola con la mano, mentre il suo sguardo si posa quasi automaticamente su Ares, dall'altra parte della sala, per poi ricadere su Zip accanto a sé. Anche il Corvonero gli è parso stare un po' più per le sue, negli ultimi tempi, ma tutto nei limiti della normalità. E al di là delle differenze evidenti che possono esservi fra i due, Nate prova una certa stima per il Caposcuola dei Corvi. Ha imparato a conoscerlo meglio, in questi mesi, e per quanto quel contatto sia stato difficile e forse un po' forzato, non è mai arrivato a pentirsi della scelta fatta; e proprio perché lo reputa tra le persone più sveglie all'interno del castello, si ritrova a porre alla sua attenzione la questione dell'improvviso cambiamento del loro compagno, nella speranza che a lui possa venire in mente una qualche spiegazione sensata.
    Sta per aggiungere qualcosa, quando vede il Serpeverde avvicinarsi ed entrare nel loro raggio d'azione, e a quel punto ammutolisce. Lo blocca, circondandogli le spalle con un braccio, e rivolgendogli un sorriso caloroso. « Amico Carrow! Tutto a posto? » dice, in un tono quasi raggiante, per poi scambiare una veloce occhiata con Trambley. Vedi quanto è strano? Si guarda poi intorno un istante, alla ricerca degli altri, Fitzwilliam e Rocket in particolare. Quei due non li incrocia da un po', e non può fare a meno di chiedersi, con una punta di preoccupazione, se siano riusciti a sopravvivere alle trappole infernali che oggi hanno dato a loro tutti del filo da torcere, molto più del solito. « Ti vedo un po' sciupatello. Hai mangiato qualcosa? » chiede infine al moro, inclinando leggermente la testa di lato.

    « Ehi! Ma guarda chi c'è! » Chi non muore si rivede. E mai un detto del genere potrebbe essere tanto azzeccato, si ritrova a pensare. Resta in silenzio, le spalle appoggiate ad uno scaffale di libri e lo sguardo ancora perso tra la folla di fronte a sé. « Hai un'aspetto orribile. » Finisce per voltarsi, e lanciarle dall'alto uno sguardo rapido, per poi prendere dalle sue mani il bastoncino di zucchero che le porge.
    « Ho saltato il mio massaggio di bellezza anche questa settimana. » Scuote leggermente la testa, fingendo un'espressione dispiaciuta, per poi restituirle il bastoncino. Non gli sono mai piaciuti, quei cosi. « Tu invece sei incantevole come sempre, Carrow. » L'espressione indecifrabile, i suoi occhi chiari esaminano attentamente il profilo della ragazza, da capo a piedi. Torna a guardarla in viso, con calcolata lentezza, e le rivolge un sorriso a labbra strette. Difficile dire se abbia voluto farle un complimento o piuttosto rivolgerle una presa in giro velata: quella lusinga viene fuori con una certa naturalezza, come se tali parole fossero state cucite apposta sulle sue labbra - e in un certo senso è così.
    « Che cosa mi sono persa di preciso? » La guarda ancora per un istante, prima di tornare a concentrarsi sulla sala, e prendere un sorso della bevanda che tiene in mano. Incendiario. Dal bicchiere di plastica. Kingsley è andato proprio sull'essenziale, con loro, anche volendo organizzare un cenone di Natale con cibo non vedono da secoli. Ma in questo momento perfino quel Whiskey dal sapore un po' troppo aspro e sicuramente di scarsa qualità gli pare in un certo qual modo gradevole. Se solo Charles sapesse...
    « Il nostro amato Preside ha voluto premiarci per essere riusciti a sopravvivere fino ad ora. Non è fantastico? » Parla con una certa ironia nella voce, un sorriso sprezzante che colora la sua espressione. È rimasto quasi sorpreso da se stesso quando, non più di una ventina di minuti fa, si è ritrovato ad ascoltare la voce di Edmund Kingsley, viva come non mai, e non ha più provato quelle sensazioni di stima e riconoscenza che avvertiva una volta, nel sentirlo parlare. No: questa volta si è sentito impossessato da un potente moto d'odio puro, e di vero sdegno.
    « Ho come l'impressione che mi sono persa un po' di cose.. aggiornami. » La guarda di sbieco, per un istante. Crede di non averla intravista per giorni, nemmeno stavolta. Non ha l'impertinenza di chiedere dove è stata, né cosa ha fatto, sebbene il suo evidente reiterarsi di omissioni e menzogne cominci a infastidirlo in qualche modo.
    Si stringe nelle spalle, incrociando le braccia al petto, per poi far vagare di nuovo il proprio sguardo sui presenti. « Cosa ti sei persa, dici? » chiede, inarcando un sopracciglio. A parte il nostro amico Percy che mi dà del poveraccio? Sta per dirlo, ma non lo fa. L’orgoglio riesce a prevalere perfino sul pungente risentimento che avverte ogni qualvolta il suo pensiero cada su quella questione, alla quale si è ripromesso di non pensare. E non tanto perché reputi gli avvenimenti alla rimessa delle barche come qualcosa di importante o rilevante nelle dinamiche in cui si trovano, al contrario: ha deciso di eliminare completamente dalla sua testa ogni traccia di quella persona e di quell’amicizia, che l'ha così deluso, per quanto difficile possa essere per lui. Un atteggiamento che da fuori potrebbe essere considerato quasi infantile, ma che per lui è unicamente dettato da quella forte intransigenza tipica dei Douglas, con cui è cresciuto e secondo cui ha intenzione di portare avanti le proprie relazioni. Nessuno può tradirlo in questo modo senza pagarne le conseguenze. « Tuo fratello ha cominciato a fare la crocerossina. Questo pomeriggio è morto Phineas Belby, poveraccio. Suo padre sarà distrutto quando lo verrà a sapere. » Si stringe nelle spalle, rendendosi conto che non c'è molto altro da raccontare. La guarda, mordendosi il labbro inferiore. « Sei sparita, di nuovo. » Inclina leggermente la testa di lato, le braccia conserte al petto, per poi stringersi nelle spalle. « Pensavo avessimo un patto, io e te. Ero convinto fosse ancora valido. » Ti avevo fatto solo una richiesta. "Voglio sapere tutto quello che sai tu, niente mezze verità o indizi velati. Chiarezza, prima di tutto", le aveva detto quella sera a Hogsmeade, sul terrazzo dei Cavendish. « Ma fa lo stesso. Se questo è il momento in cui devo scoprire la slealtà di chi mi circonda, preferisco che succeda tutto in una volta. »
    Interagito con Zip e Ares, e poi con Amunet


    Edited by everybody lies. - 24/12/2017, 13:07
     
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    Le cose stavano così: poteva anche esserle dispiaciuto il breve siparietto con la partecipazione della voce di Kingsley, poteva anche pensare che tutta quella storia fosse pericolosa e che la cosa più logica da fare fosse quella di cibarsi il meno possibile ed essere prudenti, ma non vedeva del cibo da mesi. E si sa: la carne è debole. E quel cibo chiamava - diamine se chiamava - che lei fosse razionalmente d'accordo o meno. In fondo era solo una povera adolescente sulla strada della denutrizione a quel punto: era soltanto ovvio che avrebbe prima o poi ceduto al richiamo dei tavoli zeppi di bontà di ogni genere. Sospirò ancora una volta. Certo, non ogni Natale della sua vita era stato l'equivalente della gioia, ma quello era senza dubbio il peggiore di tutti. Ricapitolando: era chiusa a scuola, un edificio che sembrava volerli sterminare tutti; si esaltava per del cibo che non sapeva se fosse o meno sicuro mangiare; uno dei suoi migliori amici era stato dato per disperso e le si stringeva il cuore soltanto a pensarci; non sapeva bene se e quando sarebbe uscita da Hogwarts. Tutta quella situazione non era normale. E se questo non fosse bastato, c'era pure il suo stomaco brontolante ad impedirle di pensare lucidamente perché, nonostante il tenore ben poco allegro dei suoi pensieri, il fisico l'aveva comunque vinta su tutto il resto ed aveva ancora fame. Fu proprio l'urgenza di mettere qualcosa sotto i denti che la riportò per un attimo alla realtà e le permise di cogliere non soltanto un Fred in carrozzina, ma pure il saluto di Kiwi poco dopo, che ricambiò agitando la mano. A quel punto lo sguardo cadde sull'Arthas festante che stava letteralmente assalendo, nel senso buono del termine, un povero uomo di mezza età la cui faccia non le diceva assolutamente niente. Riportò istintivamente lo sguardo su Caddy: « Vado a prendere qualcos'altro, ho ancora fame. Mi tieni il posto?» Era ordinaria amministrazione quella di assicurarsi che nessuno te lo fregasse, ormai. Anche se quel giorno tutti sembravano meno iene del solito, le venne comunque naturale chiedere il favore al Tassorosso.
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    Si stava facendo spazio tra la gente ed era sempre più vicina al suo obiettivo finale - in quel momento le bevande calde - quando all'orecchio le giunse una voce strozzata da un'emozione non meglio definita. Tristezza, probabilmente. E la Byrne era sempre stata una persona particolarmente reattiva a questo genere di cose. Le venne spontaneo voltarsi a guardare - ancora a qualche passo dal buffet - e mettere a fuoco la figura di un uomo, quello che il cane di Al aveva "assalito" prima, che si tamponava gli occhi con la manica. Le si strinse il cuore. « Scusate..è solo che questo è il mio primo Natale senza..mia moglie. Sì, senza Lucy. Mi fa uno strano effetto. Ma niente niente, scusate, vi sto solo ammorbando. E' una vita solitaria quella del custode. » Le si strinse il cuore. Forse non poteva empatizzare con la perdita di un coniuge - e considerato l'andazzo generale probabilmente mai avrebbe potuto - ma poteva sicuramente provare empatia per il senso di perdita e solitudine. Era anzi piuttosto convinta che quello potesse farlo ognuno di loro, chi più e chi meno. Avrebbe potuto, a questo punto, deviare e dirigersi verso di lui per dirgli qualcosa, ma decise di non farlo. Invece, prese una tazza di cioccolata calda dal tavolo, un paio di dolci e un bicchierino di alcolico a caso - a quello non fece troppa attenzione - depositò il tutto su un piccolo vassoio che qualcuno aveva già svuotato e si diresse verso quello che aveva appreso essere il custode (che l'avesse scoperto origliando i suoi discorsi erano dettagli trascurabili, ovviamente), gli si avvicinò e si palesò direttamente con un: « Buon Natale, e non si faccia troppi problemi » seguito da un sorriso appena accennato. Che altro avrebbe dovuto dire? Era piuttosto palese a quel punto che avesse accidentalmente origliato quanto aveva detto e probabilmente avrebbe dovuto provare un minimo di imbarazzo a palesarsi così, non richiesta, ma era una ferma sostenitrice del non farsi i cazzi propri della filosofia secondo la quale nessuno dovesse sentirsi solo e triste a Natale. Certo, del cibo non avrebbe riportato indietro quel che aveva perso ma, si sperava, l'avrebbe fatto sentire meno solo e gli avrebbe fatto capire che in quel frangente erano un po' tutti una famiglia e che il ricevere un minimo di supporto morale non fosse un'esclusiva dei piccoletti.
    Il suo sguardo cadde poi su Kiwi che venne prontamente picchiettato sulla spalla: « Quando hai finito di mangiare per dieci, se vuoi sono laggiù con Caddy. Per terra, ma meglio che in piedi. » Gli indicò il punto, lo sguardo si spostò quindi su Fred e Malia, indugiando qualche attimo di più sul rosso: « Buon Natale anche a voi. Come va? » Poteva sembrare una domanda banale e di circostanza, ma in quel preciso frangente non lo era per nulla. Dovevano farsi forza a vicenda e perché fosse possibile dovevano riuscire a prendersi cura gli uni degli altri, in qualche modo. In fondo, Hogwarts lo stava dimostrando, non si era mai troppo lontani da qualcosa di potenzialmente mortale o dal non rivedersi più. Così, da un giorno all'altro. Ma non doveva pensarci, non in quel momento di apparente tregua. Si trovò a osservare di nuovo il custode: « Un po' meglio?» Sì, doveva ammetterlo: in parte tutta quella premura era dovuta anche al fatto che le avesse dato l'impressione di essere un po' troppo pallido, ma questo non era necessario lo sapesse: da un lato sarebbe stato pessimo farglielo notare, dall'altro non era nemmeno sicura di quanto meglio fosse messa lei in primis. In ogni caso, un po' di zuccheri in più gli avrebbero fatto sicuramente bene.
     
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  14. AresCarrow
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    Quando siamo entrati ho osservato a lungo la Sala Comune, con il suo cibo e le sue bevande e le calze appese in giro, senza però gettarmi sul tavolo come un cane tenuto in cattività. Il mio stomaco brontola di fame come quello di tutti nel vedere tutto quel ben di Dio a disposizione ma, come un animale braccato, il mio primo istinto non è quello di mangiare ma quello di fiutare l'aria alla ricerca della trappola. Non mi interessa la musichetta, non mi interessano le parole dell'ormai "fu Preside" e non mi interessa nemmeno vedere i primi compagni che, dapprima timidamente e poi con sempre più convinzione, si gettano a mangiare come se non ci fosse un domani. Loro mangiano e io resto bloccato, a metà fra il sospettoso e il timoroso, ad aspettare qualcosa che non arriva. Niente urla, niente svenimenti, niente morti da veleno. Forse è vero che ciascuno interpreta quello che si trova di fronte in base a ciò che ha dentro, e ho il sospetto che ormai io non sia più in grado di vedere altro che trappole, tranelli o aggressioni.
    Ogni tanto ho il sospetto che sarà quella la vera vittoria di Kingsley. L'averci segnati tutti a vita.
    Mi avvicino al tavolo solo quando vedo Tallulah mangiare a sua volta, con relativa tranquillità. La rossa pare avere la capacità sovrumana di evitare qualsiasi tipo di pericolo, quasi potesse fiutarlo, e questo mi basta a varcare il segno fra farlo e non farlo, come con lei accade fin troppo spesso. Mi va bene anche quello, come molto. Afferro un salatino da uno dei vassoi e me lo metto in bocca, masticandolo con lentezza per gustarlo. Dopo due mesi di cibo razionato e di "mangia quello che si trova" mi appare semplicemente squisito. E questo è niente, rispetto alla vorace che mi si apre in mezzo allo stomaco.
    Porca Morgana, ho un fame che mi sembra di non aver mangiato mai.
    Butto in bocca un altro paio di pezzi, afferrando poi uno dei bicchieri pieni di...cosa? Vino. C'è perfino del vino - Probabilmente è l'ultima cena e domani ci farà saltare tutti in aria - borbotto dopo aver deglutito, mentre il sospetto che quello non sia un premio ma un ultimo desiderio si fa largo in me - Hai presente, tipo le vacche messe all'ingrasso e...dai Rocky! Hai del sugo perfino sul collo - scuoto la testa e storco la bocca, nel vedere l'amico con la bocca piena d cibo e l'aria felice di un bambino. E' uno dei pochi con cui abbia ancora un rapporto normale, per quanto normale sia mai stato il nostro rapporto. Sospiro, lasciandolo solo con la propria fame e il proprio piccolo seguito.


    Scorgo Mun dall'altro lato della Sala Comune, e alzo appena il bicchiere che ho in mano in segno di saluto.
    Non so bene se andarle a parlare o meno, ma mentre esito incerto qualcun altro decide per me e mi piazza un braccio intorno alle spalle « Amico Carrow! Tutto a posto? » Nate. Il Douglas è un'altra di quelle persone che ho decisamente trascurato da quando quella storia è iniziata, e nell'osservarlo da così poca distanza non posso che chiedermi da quant'è che non mi fermo a parlare da solo con lui, come facevamo una volta. E' strano perché è sempre stato facile parlare con Nate. Mi sforzo di rivolgergli un mezzo sorriso, che non mi viene bene nemmeno la metà di quanto vorrei, mentre alzo una mano per indicare il tavolo alle mie spalle - Se non ci vado con calma, finirò per vomitare tutto. Già così probabilmente domani sarà la giornata di Santa Indigestione - borbotto, e tanti saluti a tutta l'allegria del Natale. Guardo Nate, guardo Zip, guardo di nuovo Nate - Ok, nella mia testa suonava meglio - sono costretto ad ammettere. Ma andiamo, non sono di sicuro mai stato quello allegro della compagnia.
    - Tom? - domando a Nate, non vedendolo in giro. Ho passato la giornata a correre come un matto su e giù per il castello, e non vorrei fra tutti essermi perso proprio lui, da qualche parte. Alzo il bicchiere, ancora pieno per metà - Comunque auguri. Buon Natale -


    - Tieni. Vuoi anche qualcosa da bere? -
    Probabilmente non se lo aspetterebbe, se potesse leggermi dentro.
    Probabilmente si chiederà che cosa io stia facendo, e perché lo faccia, o se il piatto che gli porgo sia in qualche modo avvelenato. Magari sta pensando che i salatini e i salumi che ci ho messo dentro io li abbia recuperati dalla spazzatura, ripuliti alla bell'e meglio, o che nel migliore dei casi io abbia solo intenzione di gongolare nel vederlo così. Non mi offenderei di saperlo: io al suo posto la penserei uguale, probabilmente.
    Solo che non è così, e per quando Freddie non abbia di sicuro la mia simpatia ha avuto modo in quei mesi, quanto meno, di guadagnarsi parte della mia stima. Non che questo tolga una sola stilla dal desiderio che provo di piantargli un pugno dritto sul naso, ne che non mi sarebbe comunque di sollievo spingerlo fino alla finestra e gettarlo di sotto, a levarmi una volta per tutte un problema dalla testa, ma se è vero che è il valore del proprio nemico a dimostrare il nostro, la situazione attuale di Fred è motivo più che valido per una tregua.
    Non per pietà, ovviamente, ma per rispetto.
    - Malia. Kit - saluto poi anche loro, lì vicini. Nella mano libera ho ancora il bicchiere di poco prima, ormai vuoto. Esito per un attimo con lo sguardo sul volto della Grifondoro, a cercare il modo di dirle qualcosa. Che cosa, non lo so bene nemmeno io. Mi scuoto, comunque, mentre porgo la mano al Custode - Ares - dico solo, più serio e più composto di quanto non vorrei essere. Mi è sempre stato difficile sciogliermi di fronte alla gente che non conosco, e adesso perfino di più. A mia discolpa non ho mai detto di avere un carattere facile.

    Interagito con:
    - Rocky
    - Zip & Nate
    - Freddie, Malia, Kit e IL CUSTODE

    Citati:
    - Tallulah
    - Amunet

     
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    « Credimi, è peggio del solito » Ascolta e non ascolta le parole che Nate gli sussurra, mentre il suo sguardo continua a vagare per la Sala Comune di Corvonero, mai vista tanto ricca e affollata di vita nell'ultimo periodo. Il suo umore, quel giorno, è passato da essere nero funesto, una volta accortosi che la Sala Grande era completamente spoglia durante l'ora serale del Banchetto ad un umore ancora più irritabile, una volta entrato nella sua Sala Comune. A Zip il Natale non è mai piaciuto. Troppi brutti ricordi, tra sua madre talmente ubriaca da cadere addosso all'albero di Natale ogni tre per due, e suo padre che tentava di fare quello sano e lucido, tanto da risultare il peggiore coglione di turno. Seppur intorno a lui vi sia un'aria di festa piuttosto febbricitante, lui non accenna al minimo sentimentalismo. Si è avvicinato al tavolo del cibo, pronto a riempirsi la tracolla con la peggio roba, per poi desistere da quella idea una volta sentita la voce del "fottuttissimo genio pezzo di merda number 1." Per uno sciacallo della vita come lui che ne ha viste di ogni per strada, il morire avvelenato non è di certo la peggiore fine plausibile, ma non è nemmeno quella che si augura di avere. Perciò è rimasto in disparte, con le braccia conserte, cercando di captare i movimenti altrui, attento ad ogni minimo movimento, così da poter capire se veramente Edmund Kingsley ha deciso di mettere qualcosa nel cibo. « Per carità, lo sappiamo che è sempre stato particolarmente taciturno. Ma ora a stento ti saluta. E poi, boh, sta in giro tutto il giorno a fare il buon samaritano della situazione e a cacciarsi in tutte le trappole in cui riesce... È allucinante. E non ha alcun senso. » Alza un sopracciglio, mentre incontra lo sguardo di Ares, fermo al tavolo dei salatini. Ne osserva i gesti, come se fosse il suo personale esperimento da laboratorio. Stramazzerà a terra con la bava alla bocca oppure si ingozzerà tranquillamente? «Deve essergli successo qualcosa.» Asserisce, alla fine, dopo un prolungato silenzio. «Magari vuole farsi una e deve dimostrarle di averlo più grosso di tutti gli altri. Sai quelle tecniche molto da animale della savana o maschio alfa del gruppo?» Si stringe nelle spalle, con noncuranza, prima di rivolgere al ragazzo che ha al suo fianco un mezzo sorriso. Douglas era quello che probabilmente gli stava più sulle palle, all'inizio. Lui e i suoi modi da fighetto ripulito. Ma poi, sono riusciti ad entrare in sintonia, non si sa nemmeno come. Forse semplicemente per questione di abitudine e a lui va più che bene così. Avere amicizie potenti è quello che gli serve, anche se non ha gradito particolarmente il modo di imporsi del Clavis giù alla rimessa. Non era presente Zip, ma Rocky gli ha raccontato tutto. E Zip ha storto il naso per tutta la durata del racconto. "Rubare a i più disgraziati, che cosa da poracci nell'animo." Questo il suo commento a caldo, ma a lungo andare aveva capito che per ricconi come loro, la vita da mendicante, che il castello propone loro ogni giorno, non è di certo facile. E il bullismo è la prima azione alla quale si aggrappano gli avvoltoi quando non hanno più carne da mangiare e non sanno come fare altrimenti per non morire di stenti. Quindi non si sente di giudicarli, né lui né gli altri, e per questo decide di non dire nulla, accogliendo l'arrivo di Ares con un mezzo sorriso.
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    « Amico Carrow! Tutto a posto? » Coglie l'occhiata di Nate e riesce a camuffare la risata che sta per uscire con un leggero colpo di tosse. - Se non ci vado con calma, finirò per vomitare tutto. Già così probabilmente domani sarà la giornata di Santa Indigestione - Il suo sguardo ceruleo si ferma sul gemello di Mun. Lo osserva per qualche secondo. «Bene, il vederti vivo e vegeto mi conferma che il cibo non è avvelenato quindi. Sempre utile, Carrow!» Gli assesta una sonora pacca sulla spalla, prima di captare con la coda dell'occhio il spostamento fulmineo verso le camere di una Monroe a caso e di un Jenkins. «Signori, mi assento per qualche minuto. Non divertitevi troppo senza di me, mi raccomando.» E così dicendo, si avvia verso il tavolo del cibo. Apre la borsa e vi ficca dentro tutto quello che riesce, fin quando essa non sembra strabordare, così come succede alla sua bocca che si riempie magicamente di qualsiasi cosa si ritrova sotto mano. Come il vero accattone che è nell'animo. Si pulisce la bocca con qualche bicchiere di acqua, prima di prendere anche tre bottiglie di birra. Soddisfatto, si incammina verso le scale, non prima però di fare tappa dal suo amico aka sempre l'anima della festa. «Beh, Caddy, in forma come sempre, eh?» Gli sorride, prima di lanciare un'occhiata ambigua alla sua dolce compagnia. «Byrne.» La saluta, alzando un angolo delle labbra, prima di riprendere a parlare con l'amico. Continuando a guardare lei. «Non fuggire. Dopo ci becchiamo per il mio speciale regalino di Natale.» Una veloce occhiata allusiva a lui, prima di tornare a lei. «Se ti vuoi unire anche tu, sei la benvenuta.» Sorriso tattico, prima di imboccare le scale che portano alla sua camera. Perché se conosce almeno un po' Dorian e in millesima parte quella spina nel fianco di Jamie, si sono intrufolati nella sua stanza. E infatti lì li trova. Attende sulla porta, appoggiato con la spalla allo stipite, attento a non fare alcun rumore. "Dici che ci aveva già preso i regali di Natale prima del ballo?" Affoga una risata, tentando di non strozzarsi. "Dai dai, se dici che ha qualche sorpresa, facciamo veloce che poi se rientra e ci vede a cercare i regali si offende. Mia mamma si offendeva una cifra quando mi beccava. Oh, però poi dobbiamo rimetterli a posto come li abbiamo trovati, sennò se ne accorge." Oh my sweet summer child. «Mi dispiace deludervi, cuccioli, ma non troverete niente qui dentro.» Ho ripulito da cima a fondo questo posto da un pezzo. Giornata sfortunata. «Ma visto che mi sento decisamente in linea con il mood natalizio..» seh, come no. «Mi sento buono e ho comunque qualcosa per voi.» Lancia un mazzo di carte da briscola, uno dei pezzi da novanta dell'inventario del suo spaccio personale, a Dorian. «Fanne buon uso amico. Dice che si è alzato il tasso di quelle disposte a rischiarsela con una mano di strip briscola.» Un occhiolino d'intesa, prima di girarsi a guardare Jamie. La stessa sfuggente Jamie che non ha più beccato dopo il ballo. Forse perché entrambi con l'espresso desiderio nel cuore di non volersi incontrare. A lei lancia una bustina trasparente che emana un odore inconfondibile. «Se sei venuta fin qui, credo tu l'abbia fatto per questa.» E non credo di sbagliarmi. «Non c'è di che.» Sorriso angelico, prima di tirare su anche le tre bottiglie di birra, posizionandole sopra la sua scrivania. «A questa festività di merda?»

    Interagito con Nate, Ares, Cadel, Fawn, Jamie e Dorian.

     
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34 replies since 19/12/2017, 19:24   1504 views
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