{CHAPTER SIX} Happy f*cking Christmas

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    Slytherin pride

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    « Ho saltato il mio massaggio di bellezza anche questa settimana. Tu invece sei incantevole come sempre, Carrow. » Non può fare a meno di sorridere. Un tipico sorriso d'altri tempi, uno di quelli che celano migliaia di significati, come quelli che Nate e Mun si sono sempre rivolti. Gesti che significavano tutto e niente. Ciò che sapevano fare meglio. Non poté fare a meno di vederlo più spento del solito. Nate era sempre risoluto, sempre controllato, sempre sulle sue, ma mai veramente fragile. Dava a tutti l'impressione di trovarsi in netta superiorità rispetto agli altri, di essere sempre un passo avanti a tutti. Quel lustro lo stava perdendo anche lui. Mun dal canto suo non ci provava nemmeno più. Faceva semplicemente ciò che aveva voglia di fare, quando voleva farlo, come voleva farlo, senza remore. Se domani muoio, voglio quanto meno non pentirmi del mio ultimo giorno sulla faccia della terra. Un atteggiamento che certo non poteva dirsi giusto nei confronti di molti, e che, volente o nolente, le aveva attirato addosso anche non poche antipatie oppure sospetti. Era strana, semplicemente troppo strana. Nelle ultime settimane poi, quel suo atteggiamento si era maggiormente intensificato. Sempre furtiva, sempre pronta a dare quelle risposte non risposte, lasciando frasi a metà, o al contrario vuotando il sacco con una prepotenza inaudibile. « E tu resti un bugiardo patologico. » Risponde quindi stringendosi nelle spalle con noncuranza. Se all'inizio aveva provato a mantenere una parvenza di signorilità, col passare del tempo dei trucchi non aveva più avuto tempo. Teneva sempre i capelli legati in quella coda di cavallo alta, oppure li intrecciava affinché le dessero meno fastidio - terribile scelta quella di farseli allungare da Maze, in quella situazione di vita e di morte. « Il nostro amato Preside ha voluto premiarci per essere riusciti a sopravvivere fino ad ora. Non è fantastico? » Torna a scrutare a sua volta la sala. Tutti sembrano contenti di quel banchetto. Lei dal canto suo è prosciugata e a dirla tutta pur avendo fame, si sente addosso una sensazione di oppressione e di colpevolezza che fa sì che lo stomaco le si chiuda. Si concede solo quel bastoncino, che tutto fa tranne che placare i morsi della fama. Le mani le tremano, si sente piuttosto debilitata e non è certo solo la fame, ma anche le condizioni in cui è vissuta dall'altra parte. Quel posto, la foresta, ti prosciuga, volente o nolente. « Percepisco dell'astio forse? Membro dell'Astra come i nostri genitori, decorato con le più alte cariche e onorificenze dello stato di diritto. Difensore della patria nonché intimo amico della Ministra della Magia in persona. » E' pensierosa mentre proferisce quelle parole. Non gliele dice come una forma di rimprovero; Mun per prima faceva parte della stessa società di Nate. Loro due assieme a pochi altri eletti, erano la crème de la crème, eppure all'interno di quel labirinto per topi, non era diversi dal figlio di un operaio che vota il Partito Comunista.
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    « Non c'è niente di male nel voler cambiare idea ogni tanto, Nate. » Gli dice istintivamente, pur sapendo che quel consiglio non le è stato chiesto. Eppure, Mun immagina come deve sentirsi. Lui è sempre stato un grande sostenitore di tutto ciò che quel governo ha fatto e sta facendo. Vedersi tradito da colui che il governo ha messo a capo dell'istituzione che avrebbe dovuto proteggerlo e istruirlo non doveva essere una pillola facile da indorare per lui. Perché non lo era nemmeno per Mun. « Ci si può sbagliare.. sulle persone.. E si può cambiare idea, in negativo o in positivo. Te lo dice una che si sta ricredendo su un sacco di cose. » A quel punto si stringe nelle spalle iniziando a giocherellare con la propria treccia passandosi le dita tra le punte dei capelli. Accidenti.. ho le doppie punte. « Cosa ti sei persa, dici? Tuo fratello ha cominciato a fare la crocerossina. Questo pomeriggio è morto Phineas Belby, poveraccio. Suo padre sarà distrutto quando lo verrà a sapere. » « Io e Ares siamo in un posto piuttosto insolito, negli ultimi tempi. » Pausa. « Quanto a Belby.. mi dispiace. » Dice istintivamente, senza nemmeno pensarci. Ha visto scomparire il nome di Phineas dalla mappa di punto in bianco, e allora aveva capito. D'altronde i puntini sulla mappa sparivano spesso e volentieri di punto in bianco, a maggior ragione negli ultimi giorni in cui le trappole si erano fatte più crudeli. « Sei sparita, di nuovo. Pensavo avessimo un patto, io e te. Ero convinto fosse ancora valido. Ma fa lo stesso. Se questo è il momento in cui devo scoprire la slealtà di chi mi circonda, preferisco che succeda tutto in una volta. » Immaginava che prima o poi quel discorso sarebbe uscito fuori con Nate. Odiava tenerlo fuori dalla sua vita. Sì, era arrivata al punto in cui odiava doverlo fare, ma era necessario farlo. « Slealtà? » Per Mun le parole sono importanti, l'uso di ciascun termine è significativo, e quella parola riuscì a ferirla. « E' così che la pensi quindi. Patti, giuramenti, vincoli. » La lingua di Nate era fatta di quei campi semantici. « No. Non ci sto. » Asserisce di scatto. E non c'è rabbia nel suo tono di voce. E' profondamente ferita, perché sa quanto ciò significhi per Nate, ma non per questo è arrabbiata con lui. « Ciò che noi abbiamo, Nate, non è mai stato un patto. Tu sei mio amico, uno dei migliori che abbia a dirla tutta; probabilmente non puoi vederlo, ma proprio perché non rispetto il tuo patto, sono tutto fuorché sleale. » Perché voglio proteggerti. Lo sguardo si perde nel vuoto mentre un sorriso amaro si dipinge sulle sue labbra. « Consiglio spassionato: smettila! A forza di vivere nel tuo vecchio mondo, morirai. Inizia a vivere nel nuovo, perché questo è ciò che abbiamo e al momento non possiamo cambiarlo. » Lo sguardo di ghiaccio scruta con compassione e affetto il volto di lui. « Quando sarai pronto, mi troverai dall'altra parte. Troverai la tua confidente. La tua roccia. » Esattamente ciò che tu mi hai promesso nel nostro vecchio mondo. « Fino ad allora, mi terrò la slealtà. » E dicendo ciò gli sorride con un che di incoraggiante, mentre gli poggia un bacio sulla guancia. Lo sguardo si erge di scatto verso uno dei tavoli attorno al quale la maggior parte del sesto e settimo anno sono riuniti, custode fasullo compreso.

    « Tieni. Vuoi anche qualcosa da bere? » Solleva un sopracciglio nell'assistere a quello scambio tra Fred e Ares. E chi l'avrebbe detto. « Ecco una cosa a cui non pensavo di assistere. Fred Weasley e Ares Carrow riuniti dallo spirito del Natale. » Ironica e piena di spirito come al solito, la Carrow, tenta di darsi un tono, di sembrare il più possibilmente la solita se stessa, seppur ancora una volta è costretta a cambiare pelle. Ma d'altronde, cos'altro può fare? Prova a essere naturale anche se le cose con entrambi sono tutto fuorché al loro solito posto. Con il fratello i rapporti sono decisamente più freddi, con Fred ieri era amore, domani sarà odio, oggi nel dubbio si beve. E infatti, dal tavolo raccoglie un immancabile mimosa, sollevandolo in direzione di entrambi. « Nate dice che ti sei dato agli atti eroici. » Dice rivolgendosi al fratello. Cerca di ammorbidire il suo tono, prima di portarsi alle labbra il proprio bicchiere. Un altro punto che avete in comune. Mi chiedo, Weasley, se in realtà non hai sbagliato Carrow. Non lo pensa davvero; cerca solo di sdrammatizzare un po' il suo stesso stato d'animo, imperniato da un'oppressiva tensione dovuta a una spada di Damocle che le pende sopra la testa in ogni istante. Anche adesso, mentre stiamo parlando, lui ci sta guardando. Attende nell'ombra un solo errore. Lascia che Ares si allontani, prima di sentire l'umido muso di Ghost premere contro il suo palmo. Sorride istintivamente mentre abbassa lo sguardo verso il cagnone. Quanto tempo eh? Se solo il tuo padrone sapesse dove stavi vagando, ti legherebbe con un catenaccio al proprio piede per il resto della tua esistenza. « Ma guarda chi c'è. » Dice, piegandosi appena sulle ginocchia mentre accarezzare il cane. E a quel punto solleva lo sguardo verso il rosso, accennando un sorriso. « Te l'ho detto che sarebbe tornato. Ghost torna sempre. » Per un istante si ritrova a squadrare la sedia su cui Fred è seduto. Non c'è niente da fare. Non riesce proprio a vederlo così. Ricordi degli ultimi giorni in cui lo ha scorto sia da vicino che da lontano, perennemente imbronciato, le tornano alla mente. I sensi di colpa si propagano nel suo cuore, nel rendersi conto quante gliene sta facendo passare. Sin da quando è ricomparso è stata quasi completamente assente, e ora, per colpa sua, il suo migliore amico, di cui avrebbe bisogno più di quanto ha bisogno dei suoi sorrisi sufficienti e a malapena stirati, è a pochi metri da lui, ed è solo colpa sua se non può parlarci, anche solo scambiarsi poche battute. Come un tempo, quando, volenti o nolenti, tutti e tre facevano parte della stessa comitiva, assieme a Betty. Un tempo era tutto più semplicemente, per tutti noi. Ma abbiamo incasinato tutto. Perché siamo stupidi ed estremamente piccoli, rispetto a questo terrificante disegno che è la vita. Per un attimo lo sguardo corre sulla bionda da qualche parte nella sala e istintivamente deglutisce. Siamo dei mostri, ed è solo colpa mia. « Su con la vita. Prima o poi finirà. » In un modo o nell'altro finirà per tutti. Gli poggia una mano sulla spalla accarezzandogliela appena, a mo di supporto morale, sorridendogli con fare incoraggiante. Il massimo che si sente di fare, di fronte ai suoi rifiuti seriali e di fronte alla consapevolezza che tutto può essere tranne che di supporto per qualcun altro. « Concediti una pausa. E' pur sempre Natale. E lì ci sono tutti i tuoi amici. E Ghost ti ha anche fatto un bel regalo tornando da te. » Tutti. Sono tutti qui. O quasi. Per un istante, seppur la Carrow non provi parecchia simpatia per lui, la mente corre verso la figura di Hugo Weasley. Il suo nome è rimasto impresso sul retro della mappa del malandrino praticamente da quando essa era passata in suo possesso. In fila, sotto quello di Hugo si sono susseguiti molti altri, tra cui quello di Fred, quello di Maze, quello di Albus e persino il suo. Solo i nomi di coloro che sono stati ritrovati morti sono scomparsi dalla mappa, ma quello del fratellino di Tallulah, era ancora lì e non era mai scomparso. Quel ficcanaso si trovava ancora da qualche parte nella foresta e prima o poi, avrebbero trovato anche lui. Prima che sia troppo tardi. Prima che tu perda altro. « Anche quelli che non sono tra noi, sono certa stiano bene. Anzi, - no - ne ho la certezza. Uno ad uno torneranno e avranno tante cose da raccontarti. E tu farai meglio a metterti in condizione di ascoltarli, come hai sempre fatto con tutti. »

    « Scusate..è solo che questo è il mio primo Natale senza..mia moglie. Sì, senza Lucy. Mi fa uno strano effetto. Ma niente niente, scusate, vi sto solo ammorbando. E' una vita solitaria quella del custode. » Si costringe a non strozzarsi con il panino che alla fine si è concessa un po' in disparte, pur rimanendo più o meno nei paraggi del grosso gruppo che si era formato attorno a uno dei tavoli. Butta giù l'ultimo sorso del bicchiere di plastica che ha tra le mani, prima che quelle ultime parole giungano alle sue orecchie. Il problema di quando si ha le mani sporche è che tutto risulta sospetto, soprattutto agli occhi dei colpevoli, anche quando probabilmente nessuno se ne accorge. Ma andiamo, sul serio? E quindi, alla fine decide di intervenire, nell'unico momento in cui è più o meno privo di compagnie che potrebbero insospettirsi ulteriormente. « Signor Scott, avrei promesso delle storie ai piccoli. Perché non mi fa compagnia? Lei ha due figli non è così? Saprà un sacco di storie. » Peggioriamo la situazione. Già. Gli avvolge il braccio col proprio, trascinandolo via, prima che lui si metta in condizione di fare il mammolo ulteriormente davanti a tutti. Anche perché, prima di tutto non sa, Mun, nemmeno se Alexander Scott abbia effettivamente una famiglia. Ma poi si chiama davvero Alexander oppure se lo è inventato lì per lì sul momento? Cristo santo, non siamo pronti per questa storia. Era meglio restare nella foresta a morire da fame. Quando si trovano più o meno lontani dagli altri, si stacca, avvicinandosi al grande albero, passando in rassegna tutti i vari nomi dei pacchetti. Trova il proprio e se lo mette sotto il braccio, prima di scorgere quello di Albus. « Lei è un uomo davvero sorprendente, lo sa? Molto sensibile. Chi l'avrebbe detto. » Me nel mentre con una certa noncuranza, picchetta sul pacchetto una sequenza ben precisa, che esprime uno stato d'animo ben diverso. Sei strano. Smettila. « E io che pensavo i custodi fossero tutti uomini burberi. » Ti prego non bere stasera. Sei già sgamabilissimo senza fare niente. L'aveva scelto apposta d'altronde, questo custode. Sotto le sue spoglie, Albus poteva starsene in un angolo, mangiare, dormire lontano dalla foresta anche solo per una notte, rivedere i suoi cari, e tirare un lungo respiro di sollievo. Ok, forse Mun non l'aveva prettamente scelto; se lo era semplicemente ritrovato sotto il naso, ma questi sono dettagli. Un corpo talmente martoriato da non riuscire nemmeno a capirne i tratti distintivi era la strategia migliore per non dare nell'occhio né con gli altri, né con Ryuk. Una copertura perfetta. Non aveva nemmeno idea di quale sembianze precisamente avrebbe preso, finché non se lo era vista parare di fronte agli occhi. Afferra velocemente il pacchetto predisposto per il giovane Serpeverde e con entrambi sotto braccio, si dirige verso il piccolo gruppo di elfi domestici radunati in un angolo della Sala Comune. Il suo personale esercito fatto a immagine e somiglianza di Albus Potter, che la Carrow si era dovuta sorbire volente o nolente. Ce ne era parecchie di squadrette di elfi, ciascuna assegnata più o meno a qualcuno. Quando lui era dovuto sparire, Mun si era presa carico di loro. Getta di scatto il pacchetto di Albus tra le mani di Miles, uno dei più svegli lì in mezzo, e anche uno di quelli che le aveva dato più filo da torcere e gli rivolge uno sguardo di sfida. « Guarda cosa ho trovato. » Miles la fissa con uno sguardo interrogativo, prima di rivolgerne uno decisamente più diffidente al custode. « Forza! Aprilo. La giusta vendetta per avervi lasciato andando a combattere i minipony nel regno di Cenerentola. » « Ma se hai detto che era impegnato nel duello con Ettore a Troia. » « E il viaggio di Ulisse? » Forse mi sono fatta un po' prendere la mano. « Eh infatti troppo Omero vi ha dato alla testa, come questa Grande Abbuffata darà alla testa a tutti noi. Se solo Ferreri fosse vivo. » Pausa, tempo in cui si rende conto che probabilmente nessuno ha la più pallida idea di cosa stia dicendo. E quindi scuote la testa, sorridendo loro con una certa difficoltà. Ancora non ha capito come si tratta coi marmocchi. Per l'amor del cielo, ha letto loro Omero! Chiaramente non ha la più pallida idea di come rapportarvisi. « Beh comunque, ho trovato qualcuno che di storie ci capisce un po' di più di me. Potremmo sempre scambiare il regalo di Potter per un paio di storie. Che ne dice Signor Scott? » « Ma il regalo di Al è suo. » « Magari dentro c'è qualcosa per sconfiggere Ettore. » « O il Minotauro. » « O i minipony. » Risponde di scatto con un certo scetticismo.

    Prima parte:
    - Interagito con Nate;

    Seconda parte:
    - Interagito con Ares and mostly Freddie;
    - Nominati Betty e Hugo;

    Terza parte:
    - Interagito con Albus;



     
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    Ci ha impiegato più del previsto a finire il suo travestimento strampalato. In fin dei conti è pur sempre la Vigilia di Natale e Trixie ci teneva tanto, essendo il Natale la sua festa preferita, dopo l'inizio della settimana della moda, così Maze ha deciso di reinventarsi sarta, così come le ha insegnato a fare Mun. E il riflesso che ha di sé, grazie ad una delle tante vetrate di Hogwarts, è talmente bello e fantasioso da farla rimanere a bocca aperta. «Guarda che figurino. Andare avanti a forza di scoiattoli nella Foresta ha dato i suoi frutti.» Ridacchia, insieme a Trixie, mentre salta l'ultimo scalino per affacciarsi alla Sala Grande. Che è completamente vuota. «Okay, dove sono tutti? Dovrebbe essere l'ora giusta.» Non c'è nemmeno la parvenza di qualche rimasuglio di cibo o di provvista varia. E' talmente deserta da far sì che il ticchettio dei suoi stivali alti rimbombi per l'intera stanza. Un broncio desolato sta quasi cominciando a nascere sulle sue labbra, quando sente la voce di un ragazzino. «E' aperta la Sala di Corvonero.» Dice ad un suo amichetto, mentre prende a correre su per le scale. «Oh beh, vorrà dire che ci toccherà patire la fame anche questa sera.» Commenta, nemmeno troppo dispiaciuta, cominciando a risalire, in direzione della torre di Corvonero. Ma avremo comunque qualcosa di cui gioire. Perché Maze ha deciso che avrà la sua entrata trionfale, che gli eventi glielo vogliano permettere o meno. E così fa, entra nella sala, cinta com'è da quel suo vestitino rosso, a maniche lunghe, bordato di soffice velluto bianco. La cinturina nera che le mette in evidenza il giro vita esile, risaltando così anche i fianchi. Le manca il cappellino da Babbo Natale, ma ha deciso che sarebbe stato troppo persino per lei, che generalmente è sempre così sobria e poco appariscente negli outfit che propone al mondo. «Buon Natale a tutti voi, tesorini Dice, allargando le braccia, completamente calata nella parte, accennando un mezzo balletto con i fianchi, e il tutto senza nemmeno ancora aver toccato un goccio d'alcol. Tutta farina del suo sacco. Sorride a tutti, con i capelli scuri e ondulati che le ondeggiano sulle spalle, quando prende a salutare gente a caso, accorgendosi soltanto in un secondo momento di ciò che ha davanti agli occhi. E' tutto addobbato e tirato a lucido, c'è da mangiare, c'è da bere, c'è l'Albero di Natale, ci sono le calze appese al camino e i regali. C'è anche la voce del preside, presumibilmente morto, che sembra minacciarli e congratularsi con loro allo stesso tempo. Ma Maze non sembra nemmeno sentirlo, presa com'è a guardarsi intorno. Ha
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    visto questa festività solo attraverso i ricordi di Trixie e quello è il suo primo Natale umano, per questo ha gli occhi sognanti, che sembrano catturare ogni dettaglio le vortichi intorno. Una cosa scema? Sicuramente, ma lei sembra non dare troppa importanza al giudizio altrui. Si guarda intorno, cercando di incrociare visi familiari. E' in quel momento che incrocia lo sguardo di Freddie e rimane interdetta nel vederlo sulla sedia a rotelle. Gli si avvicina da dietro, con un sorriso sincero per il suo accompagnatore e uno decisamente più falso per la Stone che gli sta sempre appiccicata. «Freddie, ma che fai? Mi allontano due secondi e ti ritrovo così?» Si abbassa a dargli due baci sulle guance, perché "a Natale si è tutti più buoni." «Certo che se avessi saputo che il mio abbandono ti avrebbe fatto questo effetto devastante..- quello di stroncarti le gambe -..non ti avrei lasciato da solo a girovagare come uno scemo.» Ma per fortuna l'ho fatto, eri una palla al piede. Il sorriso, improvvisamente, si incurva all'ingiù per qualche secondo, prima di illuminarsi nuovamente. «Vedila così: dice che niente smuove più il cuore umano che la sofferenza altrui.» Gli fa un occhiolino, mentre non si sa se quella che gli ha appena rivolto sia una rassicurazione amichevole su quello che verrà o una palese presa per il culo. Saluta lui e quelli che ha intorno, prima di intercettare Mun e Nate che confabulano da una parte. Assottiglia lo sguardo, quasi a voler leggero il loro labiale, prima di avvicinarsi a loro, ma Trixie sembra vederlo, ancor prima che esso entri nel suo campo visivo. «Una parola, voglio scambiarci solo una parola.» Rotea gli occhi, Maze, evidentemente scocciata e trattenendo a fatica uno sbuffo. Se mi fa incazzare come l'ultima volta, gli do fuoco. E sai che brucerebbe nel giro di pochi secondi. Sei avvisata. «Carrow, ma allora sei ancora vivo.» Se ne esce così, mentre si avvicina al tavolo del da mangiare. Gli lancia un'occhiata di traverso, mentre un mezzo sorriso si palesa sulle sue labbra tirate a lucido con un generoso strato di rossetto rosso scuro. «Credo proprio di aver sottovalutato il tuo istinto alla sopravvivenza. Sei una piacevole sorpresa.» Che sia un complimento o una velata presa in giro, non c'è dato saperlo. «Beh, buon Natale!» Si stringe nelle spalle, mentre prende a mangiare un panino ripieno di un qualcosa di non ben definito, ma che è sicuramente più buono della carne di scoiattolo. «Chiedigli qualcosa!» Okaaaaay. Ma questa cosa ti costerà cara. E' un bel grosso debito. «Insomma, com'è questa storia che hai preso a fare il buon samaritano?» Le voci corrono, specialmente tra le anime di coloro che non sono più vive da un pezzo. «Stai forse intraprendendo il cammino della redenzione?» Gli scocca un'occhiata divertita, prima di riprendere a mangiare.

    «Oh tesoro, cos'è questo faccino triste?» Si affianca a Nate, mettendosi in punta di piedi per allungarsi a stampargli un bacio sulla guancia. Avendo avuto l'intermezzo Ares, non ha potuto seguire il discorso tra lui e Mun ma, se il suo sesto senso non la inganna, è successo qualcosa. Maze, in quanto regina del non farsi mai i cazzi propri, ha sempre visto un'intesa particolare tra i due. Chimica che però non hanno mai lasciato sfogare, senza un vero e proprio motivo apparente. Così la mora si sente quasi in dovere di dire qualcosa per cercare di distrarre il suo amichetto. Così gli fa una giravolta davanti, per farsi ammirare. «Non riesco a strapparti nemmeno un sorrisino, con questo addosso?» Gli sorride, prima di finire di bere il suo bicchiere di vino. Rigorosamente bianco, perché il nero, si sa, macchia i denti e lascia delle tracce orripilanti sulle labbra. «Ci è stata concessa la grazia divina di vivere una serata come l'avremmo vissuta a casa, piena di cibo e di regali. Okay, questi qua non possono essere paragonati neanche lontanamente a quelli che tirerebbero fuori dal cilindro Chuck, Julie e Basil, solo per vederci felici. Ma questo è un'altra storia. Non ti senti un po' più fortunato ora?» Gli domanda, con una vena sfacciatamente ironica a trapelare tra le sfumature della sua voce. «Tu perlomeno lo sei. Hai questo splendore al tuo fianco e non contraddirmi o sarà peggio per te. Sentiti fortunato Ridacchia, guardandosi intorno, solo per dargli il vantaggio di non essere guardato in volto, mentre sta per fargli la domanda. Per lasciargli un po' di privacy, comportamento eccezionale per una come Maze. «Allora? Devo cominciare a preoccuparmi anche per te? Come stai Che succede? Come stai reagendo?

    Entrata vestita da Santa Klaus (molto poco santa) e fatto il saperietto da attention whore qual è.
    Interagito con Freddie ed Ares, salutati Kit e Malia.
    Nominati Mun e Nate.

    Interagito con Nate.

     
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    « Kiwi se vai così veloce mi fai volare, e non in senso positivo. E se mi rompi anche le costole giuro che ti ammazzo. Non so come non potendomi muovere MA UN MODO LO TROVO CRISTO KIWI VAI PIANOOOOOOOOOOOOOOO » Ordinaria amministrazione. Eccoli lì, un Fred Weasley ed un Kiwi Juice intenti a scorrazzare -per modo di dire- attraverso i corridoi della Sala Comune. "Scusi non lo vede che qui c'è un infermo? ci faccia passare per carità cristiana, non sia avida con il proprio spazio vitale che ce n'è per tutti" Ed ecco pure un Fred Weasley che si sforza per essere depresso -e fidatevi, lasciatelo un attimo da solo senza la presenza leggermente molesta di Kiwi Juice, e depresso lo sarà eccome!- ma non ci riesce, di fronte alle uscite oltremodo impensabili dell'amico. L'aveva prelevato dal suo angolo di oscurità pura, qualche minuto fa, non appena l'annuncio dell'apertura della sala comune Corvonero era sopraggiunto ai loro timpani. Era la vigilia, quel giorno, e molti di loro questo lo sapevano già. C'era chi contava i giorni, chi addirittura le ore, e aveva conosciuto dei pazzi che riuscivano a tener conto persino dei minuti. Quindi, infine, Natale era arrivato. Una festa che il nostro piccolo rosho del diavolo aveva sempre adorato. Diventava più iperattivo ed insopportabile -se possibile- sotto le feste. Natale dopotutto significava famiglia. Significava cibo, maglioni orribili con la tua iniziale cucita sopra, doppia razione di pasticcio di carne perchè mangia anonna che ti vedo sciupato!, dispetti ai tuoi cugini più piccoli e sfigati, selfie compromettenti con Albus da postare l'indomani sulle storie di Instagram e pentirti di essere nato. Insomma, tutte cose belle. Ma lì, tra quelle quattro mura, vi è rimasto ben poco di tutto ciò. C'è lui, ad esempio, e non c'è neanche per intero. Cosa che a quanto pare, quell'esserino delicato di Kiwi, non perde tempo a fargli notare. « Io comunque ti sento, eh. » "Freddie tutto ok? hai bisogno di acqua, vuoi che faccia una pausa? c'è una tizia che mastica una gomma, una gomma è assai rara di questi tempi, la vuoi? se me la sputa con un bel po' di saliva forse riuscirai a sentirne ancora il gusto" « Mi correggo, purtroppo ti sento. » Mormora, sforzandosi per mantenere l'espressione più imbronciata che abbia in repertorio, ma con scarsi risultati. Dopotutto, con due amici come Brando e Kiwi, anche se sei paralizzato e con due cugini dispersi in un covo di demoni, senza poi contare i morti che ti circondano e la ragazza che ti piace con la quale non riesci a beccare un equilibrio, beh..nonostante tutto questo, è davvero difficile mantenere il broncio. Difficile e persino pericoloso! E sì, ci riferiamo proprio all'iniziativa poco recente di entrambi i compari di sollevarlo uno dalle braccia e l'altro dalle gambe per trascinarselo in Sala Grande. Tutto regolare, anche abbastanza gentile come gesto, se non fosse che il primo aveva deciso una direzione, ed il secondo un'altra completamente opposta. Morale della favola: Weasley non solo era paralizzato, ma aveva rischiato di spaccarsi letteralmente in due. Questo succede quando hai due amici come Kiwi e Brando. (E tu sei Fred Weasley, quindi tutto un programma). « Comunque, sto ben- » "è la mia sala preferita quella corvonero, fa freddino ma in compenso hanno un panorama spettacolare non trovi?" Si stringe nelle spalle, guardandosi attorno mentre l'amico continua a spingerlo, aprendosi entrambi un varco attraverso la folla. « Almeno stavolta il corvo rompicoglioni all'entrata non ha aperto bocca. E il panorama della nostra torre è meglio. L'hai mai notato, tra una sbirciata quando sto in doccia e l'altra? » Non sarebbe una gran bella idea provocare colui che al momento tiene letteralmente tra le mani la tua vita, ma insomma, Fred è fatto così. Chissà forse si ricaverà un setto nasale sfracellato contro il pavimento ed un conseguente ops, ma rispetto a tutto il resto, non gli sembra chissà quale tragedia. Ottimista, Weasley. "Ma hai fatto pipì oggi? Hai bisogno d'aiuto? La pipì è importante, lo sai. " Sospira, annuendo. « Giuro, sei più inquietante di mia nonna. Sì, l'ho fatta pipì, e no, non puoi... » "se vuoi posso tenertelo" « ..Ecco appunto. » Sospira, affranto, ma nonostante tutto, una risata non può fare a meno di scuotergli il petto. « Già sta messo male di suo al momento, non traumatizzarmelo ancora di più » Umorismo nero, signori e signore. [...] Si addentrano in sala comune giusto in tempo per sentire la voce di Kingsley augurare loro buon Natale. Si gira per quanto gli sia possibile verso l'amico, il rosso, notando quanto la sua scimmietta stia in quel momento dimostrando alla grande tutta la confusione che aleggia persino nella sua, di testa. « Ma non era morto? » Non riesce tuttavia a stupirsene più di tanto. In tempi come quelli, ormai, non c'è da fidarsi più nemmeno della morte. "e guarda freddie! c'è dell'alcool in cui affogare i tuoi dispiaceri come tipo il fatto che sei paralitico e in un contesto come quello attuale è davvero una sfiga del cazzo!!!" Lo fissa per qualche istante, prima di sospirare: ormai ha imparato a non offendersi nemmeno più. Ma gli vuole bene così. Persino con due panini enormi in bocca. Ridacchia allora il rosso, lanciando uno sguardo generale alla tavola ricolma di cibo e bevande. In tempi normali sarebbe stato il primo a gettarsi proprio lì, direttamente sul tavolo, ma al momento non ha nemmeno fame. E se Weasley non ha fame, allora sì che c'è da preoccuparsi. Rimane dunque fermo lì dove il compagno l'ha lasciato, sommerso dalla folla di studenti intenti a riempirsi le tasche e le bocche di cibo. C'è gente che ride, che scherza, chi ha già i bicchieri pieni di whiskey incendiario..E poi c'è lui, in silenzio, stipato sulla sua sedia a rotelle. Si sente un pesce fuor d'acqua, al momento. Freddie Weasley, l'anima della festa, si sente completamente a disagio in mezzo a quell'atmosfera festiva. Prova anche a non farlo, sorridendo a chi gli passa accanto donandogli qualche pacca d'incoraggiamento sulle spalle, ma non riesce granchè nell'intento. La verità è che odia tutto questo. Odia gli sguardi rammaricati di chi lo conosce, nel vederlo in quelle condizioni. Odia i trattamenti di favore e le parole di conforto. Un atteggiamento oltremodo chiuso il suo, ma Freddie è fatto così. Lui che è sempre stato il leone rampante, di rivelarsi così vulnerabile ad occhio esterno, tanto da accaparrarsi dispiaceri ed attenzioni, proprio non ne vuole sapere. Più lo si coccola, più si rende conto di quanto la sua situazione attuale faccia cagare. E più se ne rende conto, più capisce di aver perso. Sì, stavolta ha perso sul serio. E allora sospira, con un sorriso più che tirato sul volto sofferente, cercando con lo sguardo l'amico in mezzo al marasma generale di gente. « Io..hem..Io mi allontano un po' okay? » Borbotta « No tranquillo eh faccio da solo! Cioè mica sono bloccato in mezzo alla gente e praticamente paralitico! » Ride appena delle sue parole, prima di portare le braccia verso dietro per darsi da solo la giusta spinta alle ruote e riprendere a farsi spazio. Kiwi ha già fatto tanto per lui, non vuole ammorbarlo ulteriormente con il peso dell'avere un amico incapace di muoversi. In fondo è Natale, e per quanto sia sicuro che il compagno continuerebbe ad aiutarlo ad ogni costo, lui è comunque un peso che si sente. « Non ti affogare che io il tuo fantasma che mi perseguita in bagno non lo voglio. »

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    « Ti ho portato dell'Idromele. » Malia gli sguscia accanto, e -suo malgrado- il rosso sorride, allungando un braccio per agguantare il bicchiere. Osserva il liquido al suo interno, senza però accennare a bere. « Come ti senti? » Visto il suo umore degli ultimi tempi, ed il suo atteggiamento oltremodo scontroso, di fronte ad una domanda di tal genere questo Freddie risponderebbe in maniera ben poco simpatica. Ma è Malia, colei che gli sta accanto, la sua migliore amica. Colei che in quei giorni si è sforzata per aiutarlo forse più di chiunque altro. Si stringe dunque nelle spalle, sospirando e sforzandosi di sorridere. « C'è chi sta peggio. » E cioè chi è morto direttamente. Ah no, forse loro stanno meglio. « Tu? » Non è il solito Fred di sempre, questo guscio dal sorriso tirato e lo sguardo spento, ma seppur sappia che Malia sarà più che capace di comprendere all'istante che qualcosa non va, si sforza comunque per ostentare una serenità di fondo che, al momento, è ben lungi dall'appartenergli. Non vuole farle pena, e sicuramente non vuole rattristarla coi suoi bronci del cazzo. « Hai visto il regalo di Kingsley? Ci sono anche le calze con i nostri nomi sopra » Annuisce, sorridendo nel vederla indossare già uno dei suoi regali, mentre si volta per rivolgere lo sguardo verso la calza che porta il suo nome. Non l'ha ancora nemmeno sfiorata. Un Weasley che ignora i regali di Natale, di nuovo, la situazione è grave. « Un cucciolo, davvero. Però la felpa è carina, ti sta bene. Io..ho avuto poco tempo per farti un regalo » Hugo e Albus scomparsi, la prigionia, la paralisi, i demoni « E sì insomma, ti posso far fare un giro sulla sedia se vuoi. Funziona un po' di merda ultimamente, ma quando le piglia a bene è incantata e si muove sola a seconda di dove vuoi andare. ...Quando l'è presa a male l'ultima volta mi stava portando dritto al lago nero dal kraken ma sì insomma, dettagli. » Ridacchia appena, lanciandole un'occhiata di sottecchi. Quello non è il loro Natale. Il loro Natale è fatto di regali, dolci, maglioni orripilanti, alcool, erballegra..E chi più ne ha più ne metta. Kingsley è riuscito a rubargli anche quello. « Ce ne sono due anche per Albus e Hugo. Sono sicura che stanno bene. Magari si sono trovati e tra qualche giorno li rivedremo fra noi. Non è il caso di disperare. Se ne sei venuto fuori tu, ce la faranno anche loro, no? » O magari è solo un modo per farci sperare inutilmente, l'ennesima tortura di Kingsley, non mi stupirebbe. Questo però a Malia non lo dice. Ha perso gran parte del suo ottimismo, Fred. E si odia con tutto sè stesso per quest'ombra uscita male di sè stesso che sembra esser diventato. « Magari hai ragione. » Odia mentirle, quindi decide di cambiare subito discorso « Il tuo principe azzurro dove sta? » E' con una leggera nota di scetticismo (o è forse gelosia?) che si riferisce a Scamander. Non hanno avuto più modo di aggiornarsi sulla situazione, ma è più che sicuro che le cose tra loro si siano sistemate. E nonostante ne sia felice, ciò non toglie un leggero -ma neanche poi tanto- astio nei confronti dell'ex compagno di scuola, ora neo professore. « Vi siete fatti qualche regalino speciale per Natale? » La punzecchia, sporgendosi verso di lei per ornare il tutto con una gomitata tattica. Si ricompone quasi subito « Sono contento, comunque, se vi siete ritrovati. » Dice improvvisamente, serio « Continuo a volerglielo mollare, un pugno sul naso, ma sono contento. » Perchè in fondo, nonostante tutto, la felicità di Malia verrà sempre prima di qualsiasi altra cosa. E' in quel momento che, voltandosi verso la folla, la vede. Maze, perfettamente impacchettata in un abitino succinto a tema natalizio che lascia ben poco spazio all'immaginazione. Non si sono lasciati granchè bene loro due, nella foresta -e con ciò intendiamo che la Serpeverde l'abbia completamente abbandonato- quindi non appena la vede avvicinarsi, inarca un sopracciglio, scettico. «Freddie, ma che fai? Mi allontano due secondi e ti ritrovo così?» Lei si abbassa a dargli due baci sulle guance, che il rosso non ricambia « Certo che se avessi saputo che il mio abbandono ti avrebbe fatto questo effetto devastante..- « Mi avresti mollato comunque. » -..non ti avrei lasciato da solo a girovagare come uno scemo.» Annuisce, con evidente scetticismo. «Vedila così: dice che niente smuove più il cuore umano che la sofferenza altrui.» « Oh beh allora ti devo ringraziare. Ad ogni modo, sono contento di vedere che sei ancora viva, e in salute. O quanto meno salute fisica, s'intende » Frecciatina? « Almeno il tuo abbandono ne è valso la pena. »

    "Ehm...ragazzo..credo che questo sia tuo. L'ho trovato in giro a vagare da solo e mi hanno detto di riportarlo a Fred Weasley." E' in quel momento che avviene l'inaspettato. Alza il capo verso l'uomo, Fred, ma non ha nemmeno il tempo di individuarlo, che un fulmine rosso lo assale, e per poco non lo scaraventa per terra assieme a tutta la sedia a rotelle. Ghost è lì, saltellante, festoso, impegnato a leccargli tutta la faccia e, specialmente, vivo. Ride allora, una risata cristallina e sincera, come ormai sono giorni che non se ne sentono più, da questo Weasley irrimediabilmente spezzato. « Fermo, fe-Andiamo Ghost! » Ride ancora sotto le feste del cane, accarezzandolo e stringendolo tra le braccia « Dove cavolo eri? Come l'ha trovato? » "Cosa ti è capitato? Non ti ci avevo mai visto con questa." « Ho finito le medicine per poter camminare » Mormora allora, con Ghost ormai appollaiato per metà sulle sue gambe. « Storia lunga, la annoierei, ed è Natale. Comunque grazie, davvero » Sorride, sincero, piegandosi per affondare il viso sul pelo soffice della bestiola. Si estranea per qualche istante dal resto del gruppo che ormai lo circonda, e con lo sguardo cerca lei. Non sa nemmeno perchè la stia cercando. Ma Ghost è tornato, e la prima persona con la quale si sente di condividere quell'entusiasmo è proprio lei. In quei giorni non hanno passato un gran bel periodo, loro due. Più del solito. Tutte le volte che Amunet gli si è avvicinata, Fred ha finito per cacciarla. E quando alla fine non l'ha fatto più, ha capito che era forse l'unica persona che avrebbe voluto vicino, in quel momento. « Tieni. Vuoi anche qualcosa da bere? » Quasi come se gli avesse letto nel pensiero, Carrow gli si materializza accanto. Ma è il Carrow sbagliato. Alza il capo tuttavia, il rosso, piantando i suoi occhi d'ambra nel viso scarno di Ares. Lo guarda confuso, prima di calare lo sguardo verso il piatto che gli ha portato. Normalmente, gli darebbe le spalle restituendogli il piatto, per una questione di cieco orgoglio. Ma questo Weasley non ha granchè voglia di combattere, quindi si limita a scuotere la testa per rispondere alla sua domanda « Spero non sia avvelenato. » Scherza, senza alcuna nota di quel classico veleno con il quale gli si è sempre rivolto « ..Beh, grazie, Ares » Lo chiama per nome per quella che è forse la prima volta, e si sforza per trovare qualcos'altro di gentile da dire, ma la presenza di Fawn, materializzatasi tra di loro dal nulla, lo distrae. « Buon Natale anche a voi. Come va? » Si concede qualche istante per squadrarla. Fawn gli somiglia più di quanto non sappiano. Entrambi spezzati, ma intenti a sforzarsi con tutte le proprie energie per non sembrarlo. Si sforza allora per sorriderle, stringendosi nelle spalle. « C'è il cibo, quindi non può andare poi così male. E tu? » E c'è più di una nota d'apprensione, in quella domanda apparentemente impersonale.

    Si è allontanato dalla gran parte della gente, Weasley. In silenzio, tentando di non attirare troppo l'attenzione, si è semplicemente defilato non appena ha potuto. La verità è che Fred diventa un tipo strano, quando sta male. Più lo si coccola, più si chiude in sè stesso. E più si chiude, più risulta impossibile recuperarlo. E quindi eccolo lì, in un angolo piuttosto solitario della fredda sala comune, con Ghost seduto compostamente accanto. Gli ha allungato il piattino di cibo, perchè lui di mangiarne non ne vuole proprio sapere. Non mangia da giorni, dopotutto, e qualsiasi cosa metta sotto i denti, gli provoca la nausea. « Ma guarda chi c'è. » Riconosce quella voce, ed alza il capo. Lei. La squadra in silenzio, Freddie, al contrario di Ghost, che ha già preso a farle le feste. « Già, guarda chi c'è » Il tono di voce è appena tagliente. Da quando è tornato da quell'inferno, Amunet è completamente scomparsa. La persona che più avrebbe voluto vicino, in un momento come quello. Certo è che la loro situazione era estremamente complicata. Si erano riavvicinati, poi lui era scomparso, e lei si era allontanata di nuovo. Un circolo che ormai sembrava caratterizzarli, quello, riempendo ogni loro giornata. Eppure quell'ennesimo allontanamento era stato quello che forse più di tutti aveva fatto male. Aveva pensato a lei, nella foresta proibita. Aveva sentito la sua voce, quando quelle strane creature avevano deciso di giocare con la sua mente. Poi però lui era tornato, la sua schiena non aveva più funzionato, e le aveva chiesto implicitamente di lasciarlo in pace. Come aveva fatto con tutti, dopotutto. Lei però in pace l'aveva lasciato sul serio, e lui aveva finito per soffrirne come un cane. Ha senso, no? « Te l'ho detto che sarebbe tornato. Ghost torna sempre. » Decisamente no. Come non ha senso quel sorriso sincero che piano piano va a dipingersi sul suo viso. E' inutile, può passarne di mille colori, questo Weasley, ma Mun resterà sempre Mun, la sua Mun. Quindi si stringe nelle spalle, lasciando precipitare qualsiasi forma di astio nei confronti di lei, ed annuisce. « Il giorno di Natale, poi, sembra avermi fatto un regalo. » Mormora, allungandosi quel poco che gli è possibile per accarezzare la schiena dell'animaletto. « Su con la vita. Prima o poi finirà. » Il contatto fisico, in un momento del genere, non è ciò che più predilige. Sono giorni ormai che tende a sfuggire a qualsiasi forma di contatto, ritraendosi come una bestia ferita. Ma quando Amunet gli poggia una mano sulla spalla, Fred non si muove. Rimane fermo lì, ad alzare appena il capo per poterla guardare. « Concediti una pausa. E' pur sempre Natale. E lì ci sono tutti i tuoi amici. E Ghost ti ha anche fatto un bel regalo tornando da te. Anche quelli che non sono tra noi, sono certa stiano bene. Anzi, - no - ne ho la certezza. Uno ad uno torneranno e avranno tante cose da raccontarti. E tu farai meglio a metterti in condizione di ascoltarli, come hai sempre fatto con tutti. » Sospira, distogliendo lo sguardo. Amunet ha ragione, dopotutto. Per quanto possa far male, per quanto tutta quella situazione del cazzo faccia schifo, piangersi addosso non servirà a nulla. Bisogna esser forti, per quando quella merda finirà. Bisogna esser pronti. E lui, se rimarrà stipato per altro tempo ancora su quella dannata sedia a rotelle con quel broncio depresso sul viso, pronto non lo sarà mai. « Io spero solo che sappiano che non li abbiamo dimenticati. Quel posto fa schifo, ti manipola mentalmente. Più tempo ci passi, più credi di non avere più nulla per cui ritornare. » Io ho avuto paura di esser dimenticato. Ho avuto paura che tu mi avresti dimenticato. « E quando riesci a tornare, è lì che arriva il peggio. » Riabituarsi. « Convincerti che coloro che pensi ti abbiano abbandonato, non ti hanno lasciato sul serio » Il suo tono di voce nasconde una marea di sottintesi. Vorrebbe chiederle scusa per il modo in cui si è comportato da quando è tornato. Vorrebbe chiederle come sta. Vorrebbe fare e dire tante, troppe cose. Ma ciò nonostante, si limita a sorridere, ed il suo sguardo si perde in quello di lei per qualche minuto. « Grazie, Mun »

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    « Ma secondo te questo come diavolo si apre? » Ed ecco a voi un Freddie Weasley che sembra aver preso fin troppo alla lettera il consiglio di stare su con la vita. Stipato a qualche metro dall'ingresso della Sala Comune, nella parte più esterna della torre Corvonero, quel diavoletto rosso tiene la valigia, quella valigia, aperta sulle gambe, ed il naso all'insù per osservare i tre ragazzi. Kiwi, Brando e Malia, non poteva scegliere di meglio. Si rivolge in quel frangente all'ultima dei tre, mentre stringe tra le mani un oggetto di forma cilindrica (inutile specificarvi le battute di Brando a riguardo) e dalla carta rossa e dorata. « Quì ci sono delle istruzioni. Non agitare, non guardare troppo, non leccare. Oh guarda Kiwi, si parla di te! Comunque... Tirare la miccia blah blah blah non stare troppo vicini blah blah...Alto rischio di disabilità. » Fa una pausa, alzando lo sguardo verso i tre ragazzi, in un silenzio enfatico. « E allora okay, io disabile lo sono già! AHAHAH coglioni!! » Un genio questo Weasley. « Vabene, dai, iniziamo. Pronti? » Posiziona entrambe le dita sul piccolo pezzettino di corda che avanza dall'intera confezione. Cosa ha intenzione di fare? Beh, avete presente i fuochi d'artificio infernali della Tiri vispi Weasley? Ebbene, proprio quelli. La sua valigetta magica, Fred l'ha sempre portata con sè, ridotta grazie ad un incantesimo restringente delle dimensioni di un portachiavi tascabile. Lì dentro, c'è sempre stato il mondo. Scherzi magici di ogni tipo, cioccorane, persino alcune puffole pigmee pronte a balzare fuori ogni volta che la valigia viene aperta. E poi, ultimi ma non meno importanti, loro: i fuochi d'artificio. Non sa se il suo piano avrà successo. Non sa se finiranno davvero tutti e quattro in sedia a rotelle dopo questa trovata -beh, lui partirebbe di sicuro avvantaggiato!-, ma poco gli importa. Sa il perchè lo stia facendo, e questo è l'importante. Lo sta facendo per loro, per tutti loro. Per i morti e per i vivi. Per gli amici ed i nemici. Per dire che ci sono ancora. Che sono lì, capaci di mandare letteralmente a fuoco il castello nonostante tutto. Che la loro energia non verrà mai sopraffatta. Che se sono arrivati lì lo hanno fatto per un motivo: vivere. Lo fa per Kingsley, per urlargli un bel vaffanculo. Lo fa per Hugo e Albus, per aiutarli a ritrovare la strada di casa. Lo fa poi per Amunet, per prendersi una pausa. Per Malia, per Kiwi, per Brando, Beatrice, Betty, Fawn, persino Ares. Lo fa per tutti. Per farsi notare, per accendere quel buio che ormai sembra aver sopraffatto le loro vite. Per ricordare a tutti che una luce c'è e ci sarà sempre, anche nelle tenebre più oscure. Basta solo trovare il giusto interruttore. E allora compie la pazzia, tirando quella prima miccia. Il cilindro si innalza, svolazza in aria, sopraffatto da piccole scintille rosse e dorate. « Beh, tutto qua? Mi sembra abbastanza innocuo » Ma non ha il tempo di completare la frase, che quell'aggeggio del diavolo esplode, letteralmente. Ghost prende ad abbaiare, e scintille infuocate ricadono loro addosso, come pioggia. Ha giusto il tempo di alzare il capo per notare che quelle scintille appartengono a qualcosa di ben più grande: un drago. Un fottuto drago di fuoco che aleggia sulle loro teste, scoppiettando e scintillando. « Cristo non me lo ricordavo così grosso » E beh, da questo punto in poi inutile specificarvi i tentativi di tutti e quattro i compari di salvarsi dalla furia del bestione. Cane annesso. Si trova sulle spalle di Brando, quando finalmente ritrovano un minimo di tranquillità. Il viso sporco di cenere, qualche lembo dei vestiti bruciacchiato e l'espressione sconvolta. « ........HA FUNZIONATO! RIFACCIAMOLO! » Alza entrambe le braccia per esordire, e per poco non cade rovinosamente per terra. Si stringe allora all'amico -seppur sappia quanto sia controproducente farlo- per non precipitare. « Okay allora, il piano è questo: Kiwi, Malia, voi mi aiutate ad azionarli. Tutti assieme, contemporaneamente. Hodor -per gli amici Brando- tu vai dentro ed attiri tutti qua fuori. Non so, inventati che mi sono suicidato lanciandomi dalla torre o che Kingsley ha deciso di regalarci per Natale un esercito di ballerine cubane zombie. Non so quello che ti pare, che sia convincente. E... » Si guarda attorno, individuando la sedia a rotelle « E sì, giusto, adesso puoi lasciarmi. ..Davvero lasciami. Inizia ad essere inquietante. Non ti sento ma so che lo stai facendo BRANDO NON PALPARMI IL CULO LASCIAMI » Scampato lo stupro, ha inizio il loro piano malefico, ed in pochi minuti, l'intera torre Corvonero e tutto ciò che la circonda, dà spazio ad uno spettacolo pirotecnico senza eguali. « Ad Albus ed Hugo sarebbe piaciuto un sacco. » Mormora ad un certo punto, rivolto verso Malia, tra la folla di studenti che pian piano accorre incuriosita sul posto. « Spero che, in qualche modo, possa aiutarli a ritrovarci. » [...] Rientra in sala, guardandosi attorno. Molti studenti si trovano fuori, al momento, ma poco gli importa. La cerca con lo sguardo, e riesce ad individuarla, in disparte. Prende un lungo respiro e le si avvicina, Ghost che gli trotterella accanto, piuttosto eccitato. « Credo di aver preso un po' troppo alla lettera il tuo consiglio di star su con la vita. » Ridacchia, con espressione colpevole. « Forse, col senno di poi, ero molto più comodo depresso. » Si stringe nelle spalle. C'è una leggera nota d'imbarazzo, nel suo tono di voce. Ne hanno passate tante, forse persino troppe. E lui non ha la più pallida idea di cosa siano diventati, adesso. Ma decide di non rimuginarci troppo su, perchè vicino a lei, gran parte dei suoi problemi perdono d'importanza. « Il mio regalo di Natale è darti l'impressione di essere finalmente più alta di me. Ammettilo, lo desideravi da tanto vero? » Il suo solito sorriso dispettoso, prima di mordicchiarsi il labbro inferiore. « Allora, vuoi farti un giro? » Si indica « Sono piuttosto comodo. E ti porto a vedere il motivo per il quale tu e la Morgenstern probabilmente mi pesterete. » Ridacchia, stringendosi nelle spalle. La verità è che vuole solo averla vicina, dopo tutto quel tempo. Una piccola stellina scintillante aleggia sulle loro teste, così come tanti altri piccoli fuochi, simili a lucciole, che sono ormai penetrati attraverso la sala comune, illuminandola ulteriromente e riscaldandola. La prima volta che l'ha portata a vedere quei fuochi, Fred, l'ha fatto il giorno del suo compleanno. L'aveva letteralmente rapita, bendandole gli occhi per poi scoprirli solo una volta giunti di fronte a quello spettacolo. La sua risata cristallina, è forse ciò che più gli manca. « Concediti una pausa. E' pur sempre Natale. » Prendiamoci una pausa. Concediamoci di essere felici, per una volta. Anche solo per un momento. Un momento che valga una vita intera.

    Bene, se il post è enorme, è colpa vostra, QUINDI NON VI LAMENTATE. (VI AMO KMQ)
    Ho fatto la brava bimba e l'ho diviso in varie parti, ma vi riassumo comunque:

    Prima parte:
    -Interagito con KiwiJuice,
    -citato Brando
    Seconda parte:
    -Interagito con Malia e Maze ( <3)
    -citati Hugo e Albus e Scamander unico amore
    Terza parte:
    -Interagito con IL CUSTODE ANTISGAMO, Fawn, Ares
    -citata Mun
    Quarta parte:
    -Fatto il grumpy asociale allontanandosi da tutti & interagito con Mun
    -citati Hugo e Albus dive
    Quinta parte:
    -SIETE TUTTI COINVOLTI. NON VI SALVATE! Fuochi d'artificio in questo stile ovunque, Brandi molesti che entrano in sala urlando, draghi che manco Daenerys AAAAAAAA DRACARYS! insomma sfruttate la situescion come volete (dai che è romantiko sotto i fuochi e si limona, aaaaaaaaaaaah Fred is the new Babbo Natale!)
    -Interagito anyway con Kiwi, Malia, Brando e Mun.
    -Citato IL MONDO.
    CIA' VVB (ovviamente non ho riletto) (troppo lungo per rileggere) (leggete voi per me) (hihi k simpy)
     
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    « Deve essergli successo qualcosa. » Lo guarda curioso, Nathan, per poi dare un'altra occhiata alla persona oggetto della loro conversazione. In fin dei conti quell'improvviso cambiamento potrebbe essere qualcosa di non troppo difficile da spiegare - potrebbe semplicemente essere sopravvissuto, negli ultimi giorni, ad una trappola particolarmente traumatica o aver visto qualcuno di caro morire. Basta così poco per essere completamente stravolti, lì dentro. « Magari vuole farsi una e deve dimostrarle di averlo più grosso di tutti gli altri. Sai quelle tecniche molto da animale della savana o maschio alfa del gruppo? » Sembra pensarci su qualche istante, per poi scoppiare a ridere. Lo diverte parecchio, l'idea che il giovane Carrow possa essere capace di mettere in piedi un ambaradan del genere solo per portarsi a letto una ragazza - e al contempo, per qualche motivo, riesce a inquadrarlo con fin troppa facilità nel ruolo.
    « Dieci galeoni che vuole provare a tornare con la Potter, che dici? » Inarca le sopracciglia e rivolge un rapido sorriso al compagno, appena prima che vengano raggiunti dal diretto interessato, al quale riserva un sorriso ancora più grande, e decisamente meno autentico.
    « Se non ci vado con calma, finirò per vomitare tutto. Già così probabilmente domani sarà la giornata di Santa Indigestione. » Aggrotta le sopracciglia, prima di bere un altro sorso dal proprio bicchiere, continuando a guardarlo curioso. Doveva essere una battuta, la sua? « Ok, nella mia testa suonava meglio. » Si sforza di sorridergli di nuovo, e di far partire una risata secca e un po' costretta, mentre gli assesta un paio di vigorose pacche sulla spalla sinistra.
    « Ah Carrow, l'umorismo non è proprio il tuo forte. » commenta, gli angoli delle labbra ancora sollevati, mentre pare distratto a guardarsi intorno, come se stesse cercando qualcuno in particolare tra la folla. Non ha ancora visto Azura, questa sera, e la cosa comincia a renderlo leggermente più nervoso. È lì dentro per lo meno, vero?
    « Tom? » Ares lo distrae con la sua richiesta, alla quale risponde stringendosi semplicemente nelle spalle. Hanno varcato la soglia della Sala Comune insieme ma, tra quel banchetto inaspettato, il piccolo messaggino vocale lasciato loro da Kingsley e tutta la confusione generale, si sono persi di vista. Si guarda intorno appena un istante, ma senza un vivo interesse negli occhi, per poi tornare a guardare il compagno, scuotendo piano la testa.
    « Non lo so. Prova a vedere tu di là... Magari è ancora a mangiare. » Ipotizza, indicando un punto poco lontano da loro, in cui un gruppo di persone sono riunite intorno ad un tavolo circolare per cercare di accaparrarsi le ultime pizzette. E se conosce Tom abbastanza bene, sarà sicuramente lì pronto a scannarsi con qualcuno.

    « Percepisco dell'astio forse? Membro dell'Astra come i nostri genitori, decorato con le più alte cariche e onorificenze dello stato di diritto. Difensore della patria nonché intimo amico della Ministra della Magia in persona. » Le parole di Amunet sono come delle punture fastidiose. Tanti aghi insopportabili che si insinuano sotto la pelle e lo colpiscono dentro, nell'orgoglio. Lui, in Edmund Kingsley, ci aveva creduto davvero. Così come aveva fatto suo padre, come avevano fatto tutti i membri dell'Astra Society, offrendogli tutto il loro appoggio, come doveva aver fatto il Ministro in persona. Il suo giudizio era stato rapido e decisivo, ma d'altronde sarebbe stato impossibile fare altrimenti.
    « Nonché assassino » aggiunge alla sfilza di titoli da lei elencati, con tono incolore. Guarda in un punto imprecisato distante da loro, prima di prendere un altro sorso dal proprio bicchiere. Questo era sempre stato il loro amato preside, paladino della giustizia e dei loro diritti, uomo rivoluzionario e dalle ampie vedute: un vero e proprio killer, crudele e senza pietà. Probabilmente era stato perfino divertente, per lui, progettare quella prigione ineludibile per i suoi studenti, immaginarseli soffrire di fame e di stenti in quella che avrebbe dovuto essere una seconda casa, per loro. Per questo motivo, quando ne parla, la voce di Nate s'inasprisce, rendendo così palese l'improvvisa avversione nei suoi confronti.
    « Non c'è niente di male nel voler cambiare idea ogni tanto, Nate. » Guarda Mun, mentre si lascia andare ad un leggero sospiro. È perfettamente consapevole di quello che gli sta dicendo, al momento, ma ritornare sui propri passi e ammettere di aver commesso un errore ha sempre rappresentato la parte più difficile per lui. « Ci si può sbagliare.. sulle persone.. E si può cambiare idea, in negativo o in positivo. Te lo dice una che si sta ricredendo su un sacco di cose. »
    Si stringe nelle spalle, mentre distoglie lo sguardo dal suo. Si concentra piuttosto sul contenuto esiguo all'interno del proprio bicchiere di plastica, che fa roteare un paio di volte, distrattamente. « Lo so. » Per quanto possa non amare ammetterlo, il giovane Douglas è abbastanza intelligente da riconoscere i propri errori di giudizio. E negli ultimi tempi ha scoperto di essersi sbagliato su tante, troppe cose. L'ha fatto a sue spese, ovviamente, perché così funziona sempre. Lo sguardo si posa ancora una volta, in modo quasi involontario, su Percy, poi sui suoi compagni, e infine nuovamente su Amunet. Probabilmente ha ragione lei, si dice: quella condizione singolare dà loro modo di ricredersi su più di una cosa, guardare le persone sotto una prospettiva diversa e scoprirne un lato nascosto. Ed è forse questa sua improvvisa insoddisfazione per i comportamenti delle persone più vicine a lui che lo spinge a parlare, alla fine: è l'esasperazione di ricevere di continuo scuse palesemente inventate e giustificazioni che non stanno né in cielo né in terra; è il disappunto per un compagno che gli ha voltato le spalle e ha deciso di opporsi a lui, piuttosto che sostenerlo; è la stanchezza, alla fine, di un ragazzo di diciannove anni che ha perso il proprio mondo all'improvviso, e che non sa da dove cominciare per ricostruirlo.
    E per questo motivo si stringe nelle spalle, molto candidamente, quando Amunet ripete quella parola con una certa amarezza nella bocca. Slealtà. Incrocia le braccia al petto, serrando la mandibola. Forse Mun non c'entra molto con quell'accusa, proclamata con un certo risentimento nella voce e qualcun altro nella mente: non potrebbe davvero accusarla di slealtà, non ne ha i mezzi. E al contempo non può rimangiarsi quello che ha detto: lui, estremamente riflessivo, grande calcolatore, sempre attento alle parole che pronuncia, ha lasciato stavolta che fosse il suo astio a guidarlo. « E' così che la pensi quindi. Patti, giuramenti, vincoli. No. Non ci sto. » Continua a guardarla lui, attento, ma senza dimostrare una qualche particolare curiosità nello sguardo. Se ne sta fermo, appoggiato alla libreria alle sue spalle, apparentemente distante da tutto. Dalla festa, dai presenti e da lei. « Ciò che noi abbiamo, Nate, non è mai stato un patto. Tu sei mio amico, uno dei migliori che abbia a dirla tutta; probabilmente non puoi vederlo, ma proprio perché non rispetto il tuo patto, sono tutto fuorché sleale. »
    Inarca un sopracciglio, quasi divertito da quella sua definizione del loro rapporto. « L'amicizia, Amunet, è uno scambio. Per sua definizione. Tu non mi stai dando niente. » Un tacito contratto che vede le due parti impegnate in un continuo do ut des. O almeno è in questo modo che la vede lui. E il problema, forse, sta nel fatto che difficilmente i suoi rapporti sono stati governati dall'equilibrio. È fatto così, Nathan: pretende senza dare in cambio. Sarebbe pronto a tradirti da un momento all'altro, ma ti ripudierebbe se avesse anche il solo sospetto di non avere la tua più cieca fedeltà. E così avviene con la giovane Carrow, il cui sguardo ferito sostiene con un certo distacco, come se d'improvviso non gli importasse più. Come se non riuscisse a notare il profondo dispiacere negli occhi di lei.
    « Consiglio spassionato: smettila! A forza di vivere nel tuo vecchio mondo, morirai. Inizia a vivere nel nuovo, perché questo è ciò che abbiamo e al momento non possiamo cambiarlo. »
    Ride sommessamente, distogliendo lo sguardo per qualche istante. « È una profezia la tua, Carrow? » All'improvviso non gli piace la piega presa dalla conversazione. Non gli piace quel tono quasi compassionevole con cui la Serpeverde si rivolge a lui, non gli piacciono le congetture che tira fuori con quella finta saggezza da donna vissuta.
    « Quando sarai pronto, mi troverai dall'altra parte. Troverai la tua confidente. La tua roccia. Fino ad allora, mi terrò la slealtà. » Scuote la testa, l'ennesimo sorriso di scherno che nasce sulle sue labbra in modo quasi automatico. E adesso non è più semplicemente infastidito. È arrabbiato, con se stesso per essersi permesso di preoccuparsi per qualcuno e di averlo dato a vedere, e con Amunet, per essersi avvicinata troppo. E di nuovo con se stesso, allora, per averglielo lasciato fare senza arretrare nemmeno una volta, per aver ceduto stupidamente all’illusione di poter capire senza farsi capire. E per essersi aperto, troppo, decisamente troppo, senza prima valutare a dovere i rischi. Perché, sì, per Nathan la vita è una partita a carte, fatta di compagni e di avversari, di valutazioni ponderate e di assi nella manica da sfoderare nel momento più inaspettato. Per lui la parola slealtà vuol dire voltare le spalle, rinnegare qualcosa a cui prima si era devoti, o qualcuno con cui si condivideva fiducia reciproca.
    È per questo che anche adesso si ritrova a voler lottare fino alla fine, a non voler cedere e a prendersi l'ultima parola. Anche quando parlare sarebbe superfluo. La blocca per un polso allora, prima che si allontani da lui. Non può lasciare che lo faccia senza per lo meno aver scagliato la propria freccia. « Non so come funzioni con i tuoi amichetti - Potter, Weasley e compagnia bella; ma non t'illudere, Amunet... Tu non sei una roccia. Non lo sei mai stata. » Non la mia, per lo meno. Io non ho bisogno di nessuno. Non ho bisogno di te. « Tu sei edera. Hai bisogno di un sostegno a cui aggrapparti costantemente, perché da sola non sei in grado di crescere. Non puoi essere una roccia per nessuno, perché hai fin troppe crepe, dentro, che ti rendono instabile. » Scuote piano la testa, come a volersi dimostrare dispiaciuto da quella situazione. E forse in parte è quasi sincero, da questo punto di vista. Torna a guardarla, assottigliando lo sguardo, mentre inclina la testa di lato. « E chissà, magari, proprio come l'edera, anche tu sei velenosa. » E con queste parole la lascia andare.

    « Oh tesoro, cos'è questo faccino triste? » Sta perdendosi con lo sguardo tra la folla, sovrappensiero, quando avverte quelle labbra morbide premere sulla sua guancia, e subito la figura della giovane Serpeverde lo distoglie dai suoi arrovellamenti mentali, che questa sera sembrano essersi impossessati di lui già da troppo tempo. Le sorride istintivamente, quasi sollevato di avere qualcuno a distrarlo dalle sue paturnie.
    « Maze. » La saluta così, senza perdersi in troppi convenevoli, rivolgendole però la più sincera espressione di serenità. La giovane Greengrass è sempre stata una di quelle persone capaci di portare sempre buonumore nella sua vita, e con cui si era trovato in sintonia sin da bambino; avevano più che un paio di tratti in comune, oltre che interessi molto simili. Il fatto che, poi, fosse incredibilmente bella non era di certo un elemento a suo sfavore. Si ritrova ad ammirare con un certo interesse le curve sinuose del suo corpo, ben messe in mostra dal completino natalizio che ha deciso di indossare per la serata, e che non esita a sfoggiare anche con lui, esibendosi in una leggiadra piroetta, come a voler catturare la sua attenzione. « Ti sta d'incanto » commenta, gettando un ultimo sguardo eloquente alla scollatura pronunciata dell'abito, un sorrisino sghembo che nasce quasi automaticamente sulle sue labbra. Ma un gentiluomo non può mai sbilanciarsi troppo, né scadere in commenti volgari o poco appropriati di fronte ad una bella signorina. E così continua a osservarla, con quei suoi occhi chiari sempre irriverenti che sono in contrasto con le sue parole gentili e pacate, che lascerebbero intendere molto meno. Ma lui e Maze si conoscono fin troppo bene, e talvolta è perfino inutile parlarsi, perché i loro gesti sono abbastanza eloquenti di per sé.
    « Ci è stata concessa la grazia divina di vivere una serata come l'avremmo vissuta a casa, piena di cibo e di regali. Okay, questi qua non possono essere paragonati neanche lontanamente a quelli che tirerebbero fuori dal cilindro Chuck, Julie e Basil, solo per vederci felici. Ma questo è un'altra storia. Non ti senti un po' più fortunato ora? » Ridacchia, alzando gli occhi al cielo. Sì, che grande fortuna la loro. « Tu perlomeno lo sei. Hai questo splendore al tuo fianco e non contraddirmi o sarà peggio per te. Sentiti fortunato. » Continua a ridere, guardandola dall'alto, per poi annuire deciso.
    « Credimi cara, adesso mi sento decisamente più fortunato. Era una serata un po' noiosa, e avevo giusto bisogno di un po' di pepe per rianimarla. » E di certo non esiste modo migliore per descrivere Maze Greengrass, se non come una ragazza tutta pepe. Nate l'ha sempre considerata energia pura, perché possiede quello slancio vitale in grado di risollevare il morale a chiunque, anche nei momenti peggiori. Probabilmente questa visione di lei nasce per lo più da ricordi d'infanzia, quando erano i pomeriggi di gioco con lei e con Thomas a distrarlo, anche se per poco, dalla recente perdita della madre. La giovane Greengrass è tante cose per Nate: un'amica fidata, una confidente, la sua prima volta, ma, prima di tutto, un ricordo felice.
    « Allora? Devo cominciare a preoccuparmi anche per te? Come stai? » La guarda dall'alto, curioso, per un momento sorpreso da quella sua accortezza, alla quale non è particolarmente abituato. Non sono cose che si chiedono tra ragazzi, e per un momento non sa effettivamente come rispondere. Come sta? Sinceramente, non ne ha la più pallida idea. Si sente annoiato, confuso, stremato, incazzato, offeso, tradito, stufo, tutto insieme. E non crede, onestamente, di aver mai provato tante sensazioni in un'unica volta, con tanta intensità. Dentro di lui la tristezza pare mischiarsi alla speranza, l'attesa e l'impazienza si fondono per creare qualcosa di nuovo. Non c'è niente di familiare, in quello che prova. E questo lo spaventa da morire.
    Si stringe nelle spalle, però, e si sforza di trovare una risposta che, per quanto sincera, non riveli troppo. Semplicemente perché con lui va così. « Meglio di come potrei stare » confessa candidamente, accompagnando però le sue parole con un sorriso rassicurante. « Tu invece? Come vanno le cose? Anche se la tua mise di stasera mi fa pensare che te la stia cavando parecchio bene... » Ridacchia, circondandole le spalle con un braccio, cominciando a condurla verso l'esterno della torre, dove tutti sembrano dirigersi al momento, per qualche motivo. Ha sentito qualcuno, poco distante, mormorare che si tratta di una sorpresa.
    Una volta raggiunto il punto indicato, ecco che partono. Una serie di fuochi d'artificio colorati riempiono l'aria, vorticano intorno a loro e illuminano i volti di tutti i presenti, assumendo forme fantastiche e scoppiettando poi davanti ai loro occhi, dopo aver seguito danze improvvisate. Nate pare non vederli. Non si stupisce sul momento, resta impassibile, in silenzio, mentre intorno a lui chiunque spalanca la bocca e si meraviglia per questa sorpresa. Per qualche motivo, lui, pare annoiato da tutto. Per lo meno fino a quando non cinge la vita di Maze per stringerla di più al suo fianco, e scambia con lei un breve sorriso. Si avvicina di più col viso per sussurrare al suo orecchio, la punta del naso che le sfiora i capelli scuri. « Questa confusione sta cominciando ad infastidirmi » sussurra piano, il tono abbastanza eloquente. « Ti va di farmi compagnia al piano di sopra? » Si allontana leggermente con il viso per guardarla, così da rivolgerle un'occhiata ammiccante. Una mano le scosta con delicatezza i capelli scuri dietro la spalla, così da concedersi, questa volta, di farle avvertire il proprio respiro caldo sul collo, quando riprende a sussurrarle all'orecchio. « Mi sento sempre il più fortunato, lo sai, quando ci sei tu. » Aiutami a staccare il cervello, anche solo per un po'.
    Interagito con:
    - Zip e Ares
    - Mun
    - Maze
     
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    Non aveva abbastanza mani per poter ricambiare il saluto di tutti coloro che pian piano avevano fatto la loro comparsa al tavolo dov'erano lui e Freddie, ma ne ebbe abbastanza per poter abbracciare l'uomo vedovo piangente. Per delle imbarazzanti dimostrazioni d'affetto Kiwi aveva sempre mani e piedi a sufficienza, sì.
    Strinse l'uomo per un lungo ed infinito minuto, poi lo liberò continuando a dargli lieve pacche di incoraggiamento sulla spalla, nel mentre che masticava a fauci sguainate.
    Situazioni come quella erano il suo habitat per una svariata miriade di ragioni, ma una su di ogni altra capitanava solerte: Kiwi era davvero un asso con i rapporti umani. Vedi, ad esempio, il tatto così accorto che utilizzava con Freddie, o che ne so.. "quando ha finito di sentirsi etero può provare con gli uomini, magari una volta morti le mancheranno di meno" ..nel trovare soluzioni davvero geniali a problemi sentimentali tristemente radicati.
    Sorrise, compiaciuto, poi con un tovagliolo fece per tamponarsi elegantemente le labbra, come se fino a poco prima avesse seguito le regole del galateo con altrettanta dovizia.
    « Io..hem..Io mi allontano un po' okay? » Oh no, allerta evaso. « No tranquillo eh faccio da solo! Cioè mica sono bloccato in mezzo alla gente e praticamente paralitico! » "No Freddie, invece lo sei!!!" Non sia mai se lo dimentichi, eh. Non bisogna fare ironia su certe cose: meglio una cruda verità che una verità stracotta. Tipo. « Non ti affogare che io il tuo fantasma che mi perseguita in bagno non lo voglio. » Non ebbe il tempo di rispondergli nuovamente perchè nel tanto che rimuginava sul perchè il proprio ipotetico fantasma dovesse infestare proprio i bagni, l'amico su quattro ruote era già sparito. Kit alzò le spalle, prese il terzo panino (attento che lo sceriffo non lo vedesse) e raggiunse infine Fawn, che si era sciaguratamente premurata di localizzarsi per bene quando lo ebbe salutato. Possibile che nessuno aveva ancora imparato la regola numero uno della pacifica convivenza con il Grifondoro? Eppure era semplice: evitarlo.
    "Hey!!" una volta raggiunta la compagna Grifondoro dai capelli corvini, Kiwi la salutò nuovamente con un colpetto sulla testa prima di sedersi. Ve l'ho detto, è bravissimo a rapportarsi agli altri. Così umano, spontaneo e affettuoso. "e ciao a te carissimo Caddy" salutò anche il tassorosso uggioso sgranando il suo miglior-peggior sorriso da 'sono imbarazzato perchè non penso che abbiamo mai parlato prima, ma hey! potremmo tutti morire domani quindi ciao amico di vecchissima data!' senza però accomodarsi accanto a loro. No, non poté: qualcosa aveva catturato la sua sdrucciolevole attenzione.
    "Senti, sai per caso dove posso rimediare uno di quelli?" si rivolse nuovamente a Fawn (picchiettandole nuovamente la testa con il garbo e la cortesia che accomunano tutti i Lord come lui) indicandole una ragazza appena giunta con un gran fracasso e vestita di tutto punto da Babbo Natale. Cielo quanto le invidiava l'entrata ad effetto. "mi serve per motivi di trama" si giustificò poi senza logica, come se ne avesse avuto bisogno o come se aggiunger quel dettaglio privo di senso avesse potuto agevolare in qualche modo la sua richiesta. Come suo solito, ad ogni modo, non attese neppure una risposta. Rapito dalla sua nuova imminente necessità s'infilò la coda di Berry tra le labbra (stile rambo con il pugnale, ebbene sì; lo faceva spesso quand'era pensieroso e/o in fase di belligerante processo intellettivo) e iniziò a seguire imperterrito con lo sguardo la tizia Babba che attraversava la sala.
    "Vabbè me lo cerco da solo sei sempre un grande aiuto Fawn grazie mille a dopo ciao" e poi sparì, veloce com'era apparso.

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    Non saprei dirvi con esattezza in che buco si era infilato nei seguenti trenta minuti aver che seguirono lo scambio di concitate chiacchiere di commiato e utilissime informazioni con l'amica accanto al caminetto, ma quando tornò in scena aveva indosso finalmente il suo costume. Lo aveva rubato alla tizia? Probabile. Nel qual caso la nudità della suddetta sarebbe stato il suo più sentito e sincero regalo per ogni presente. Un vero Babbo Natale, no?
    « Ma secondo te questo come diavolo si apre? » "Prova a chiederglielo gentilmente, di solito funziona" Ricordate quando accennavo alla sua invidia riguardo le entrate ad effetto? Avuto il costume non poteva di certo mancare quella, ora. « Quì ci sono delle istruzioni. Non agitare, non guardare troppo, non leccare. Oh guarda Kiwi, si parla di te! Comunque... Tirare la miccia blah blah blah non stare troppo vicini blah blah...Alto rischio di disabilità. E allora okay, io disabile lo sono già! AHAHAH coglioni!! » "Freddie!!!" lo ammonì, serioso "non devi essere così duro con te stesso, specie se nulla di te può più esserlo davvero!!" e sì, continuava ad esser serio. E sì, ancora, per lui quelle erano tutte premure gentili. Premure gentili completamente gratuite e non richieste, chiaro.
    Era lì, comunque, perchè aveva risposto all'appello del Weasley nonostante la presenza di colui-che-non-nominerò-nemmeno, bene attento ad ignorar quest'ultimo per concentrarsi su ciò che andava fatto perchè potesse infine trionfare nello spettacolo che lo avrebbe re-introdotto alla festa a dovere. Chino su quelle che Freddie si ostinava a chiamare istruzioni, quindi, evitava con cura con lo sguardo degli altri men che del rosso, a cui di quanto in quando rivolgeva un'espressione attenta e accondiscendente, perchè questi si sentisse ascoltato, compreso e ben voluto come leader di quell'idea che tutto avrebbe richiesto fuorché tacito o esplicito assenso.
    "Oh ma c'è un cane" Quando Freddie è prossimo ad accendere la miccia del giro di prova di quella diavoleria con cui aveva deciso di omaggiare il già di per sé delirio collettivo, Kiwi si distrasse perchè Berry aveva iniziato a tirar le orecchie a quel cane lupo che solo allora, chissà come, aveva notato. "non tirarlo così, non sta bene tirare le cose lunghe e sporgenti altrui" E c'era chi asseriva che non sarebbe stato un padre modello, sentite che saggi consigli sapeva dispensare invece.
    Le due bestie però, incuranti dei suoi ragguagli e delle sue riprese, avevano iniziato a bisticciare. Kiwi era intento a separarli quando i fuochi vennero azionati, ed era già a culo a terra quando il drago di fuoco minacciò di incenerirli tutti. "NON HO FATTO LE MIE ULTIME SVELTINE NON VOGLIO MORIRE" Si ritrasse dietro il proprio braccio/scudo che aveva innalzato dinanzi a sé per ripararsi (l'altro braccio stringeva, ovviamente, la scimmia) e chiuse gli occhi, mettendosi in posizione fetale. Attese un sacco, ma continuava a respirare. Bene. Imbarazzante, ma non più del solito.
    « ........HA FUNZIONATO! RIFACCIAMOLO! » Non aveva idea che un paraplegico potesse sprizzare tanta euforia, ma Feddie lo stava facendo! Se quella non era magia allora cosa? E poi era riuscito a sopravvivere alla prova generale, ora non gli mancava che tentare la sorte anche per l'ingresso (parte due) tanto agognato cercando di non uccidere anche gli altri nel mentre. Facile.
    Sì, Brando continuava ad evitarlo. Gli bastava non guardarlo. Facile, ma stavolta solo a dirsi.
    Avuto il suo ingresso tra le fiamme, si liquidò anche da quel gruppo (ovviamente non prima di aver riformulato tutte le domande standard da crocerossina improvvisata per Freddie).
    Bello giocare con il fuoco, non troppo con l'Americano. A lungo andare l'occhio gli sarebbe cascato, perchè con Brando, ormai lo sapeva, l'occhio cascava sempre.
    Cercò nuovamente di riacciuffare Fawn, ma nel trambusto generale creato dai fuochi non vi riuscì. Fece un po' il pavone a destra e manca atteggiandosi come colui che aveva messo in scena lo show e poi, infine, prese meritatamente posto su una poltrona accanto al caminetto.
    Ecco, ora sì che sembrava Babbo Natale.
    "Se quest'anno hai fatto il brav* ho per te un bel pacco" e ammicca. Benevolo e rassicurante come solo quel vecchio signore con le palle gelate che cavalca le renne saprebbe fare.

    SE MI SOFFERMAVO SU TUTTI NEL DETTAGLIO FACEVO NOTTE (l'ho già fatta) quindi salutone generale di ricambio agli amabili citatori del caso <3
    Abbraccia il custode perchè sì
    Interagisce con Fawn e Caddy
    poi SEMPRE FREDDIE PERCHE' E' INGOMBRANTE
    evita brando (era importante sottolinearlo anche qui)
    e la battuta finale è rivolta a chiunque voglia coglierla <33333
     
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    Ne era uscita cambiata, Nirvana, da quella recente esperienza nella Stanza delle Necessità. Nuove consapevolezze avevano, aggressive, schiacciato innumerevoli credenze ed ingenuità proprie dell'adolescenza: se prima se ne andava in giro ammettendo affascinata la possibile presenza di mostri e spiriti maligni, aveva ormai constatato la loro esistenza e la presa salda che la loro influenza poteva avere su di lei. Ne era uscita stremata e rivoltata, sconvolta nella parte più profonda del suo animo, animo che, sin da quand'era stata una bambina con la tendenza a guardare oltre la banale terra su cui poggiava i piedi, aveva già iniziato a collezionare le crepe. D'altronde sempre stata debole al fascino delle faccende segrete ed oscure, la Serpeverde: era disposta a scavare a fondo sin dove nemmeno il più flebile spiraglio di luce arrivava, senza mai limitarsi a lasciare che la sua mente venisse stuzzicata esclusivamente dalla superficie delle cose e delle persone. Si era sempre spinta oltre, perché c'era sempre qualcosa da chiedere, da sapere, da indagare: la lente d'ingrandimento non riposava mai e, vorace, si spostava leggera su qualunque questione irrisolta o neo accuratamente occultato che suscitasse in qualche modo il suo interesse. Tuttavia, ad allora, quella smania si era rivelata quasi sempre lontana dall'essere indirizzata ad un bene comune, risultando sprecata, egoistica, vana. « Non riesco a capire perché il Cappello Parlante volesse assegnarmi a questa casata. Voglio dire, le uniche materie che mi prenderei la briga di continuare a studiare sono Divinazione ed Astronomia, che quasi voi tutti corvo-scettici nemmeno considerate utili » fece alla Vanderbilt con tono polemico intriso dell'ironia degli arresi, ben attenta ad utilizzare il condizionale date le attuali condizioni all'interno del castello, mentre con una mano reggeva lo stemma dei Corvonero che contrassegnava l'entrata della Sala Comune e con l'altra vi ripassava i contorni della figura del corvo in rilievo. Non era suo solito fare di tutta l'erba un fascio, ma evidentemente sino ad allora era stata sfortunata: Fawn Vanderbilt era l'unica Corvonero ad avere conosciuto dalla mente brillante ed estrosa che tanto celebravano di avere, mentre degli altri quindicenni Corvonero sarebbe stata un'impresa ardua persino tesserne le lodi, per quel che la riguardava. Non si sentiva nemmeno un po’ magnanima da ricordarne la memoria con belle parole ora che alcuni tra quei topi di biblioteca - proprio come era stato ovvio prevedere - erano periti a seguito dell’incattivirsi delle trappole mortali, troppo occupati a ricordarsi le formule a memoria per sviluppare l’ingegno e la fantasia. Il suo problema con la buona riuscita degli incantesimi era ben lontano dall’assomigliare alla deficienza generale dei Corvonero adolscenti (voleva pensare che magari fossero morti ancor prima di sbocciare): era come se la sua potenzialità magica fosse stata legata a doppio filo alla sua abitudine a comprimere e nascondere le sue vere emozioni, volendo presentarsi al mondo come la versione perfetta e stirata di se stessa. Mancanza che però lei aveva ben pensato di compensare con l’astuzia, l’inganno e la scaltrezza, a differenza dei suoi coetanei, che non erano durati tanto a lungo da arrivare a contemplare lo scenario che si materializzò davanti alle due ragazze una volta superato l’ingresso della Torre Corvonero. Non aveva nemmeno fatto in tempo a stroppicciarsi gli occhi per l’abbondanza di cibo che risplendeva dai tavoli, Nirvana, che ecco Percy Watson prendere ad intimare tutti di non toccare nulla, nemmeno l’alcool; tuttavia, l’idea che il fantasma, l’horcrux o quel che diavolo fosse rimasto di Edmund Kingsley intedesse far fuori tutti in un colpo solo avvelenando le pietanze, dopo aver ideato un meccanismo complesso e volutamente caotico come quello delle trappole, le sembrò veramente troppo facile e decisamente poco adatto per l’essere masochista, strategico e meschino che tutti ricordavano fosse stato. Seguì l’ex Serpeverde con la coda dell’occhio col senno delle proprie intenzioni, poi scambiò un’occhiata interrogativa alla Vanderbilt: che farebbe un Corvonero degno di chiamarsi tale in questa situazione? Sicuramente condivideva una buona parte dello scetticismo di Watson, ma le gambe deperite, le scapole ossute e le guance scavate chiamavano a gran voce quelle razioni che negli ultimi tempi si erano fatte a dir poco desiderare. Chiuse gli occhi per un secondo, inspirando nel tentativo di ritrovare la calma di non tuffarsi con foga sul tavolo ammaliatore: quando li riaprì ed i suoi occhi delinearono una figura femminile, esile e dalla pelle olivastra seduta su un divanetto in disparte, giunse rapidamente alla conclusione che il dilemma sul tanto agognato nutrimento avrebbe comunque dovuto aspettare. « Poi ti spiego tutto » disse sottovoce all'amica, allontanandosi poi dalla posizione centrale in cui si trovavano e riflettendo su quanto effettivamente sarebbe stato difficile anche solo iniziare a raccontare dell’entrata in scena di Kurtis Marshall nella sua già abbastanza problematica esistenza, per non parlare del resto. L'illuminazione di voler mettere a servizio le proprie consolidatissime doti da Sherlock Holmes le era venuta invece in sonno, quella notte, forse l’unica in cui era riuscita davvero a concedersi del riposo ristoratore; assurdo ed incongruo, proprio dopo che aveva avuto a che fare con incubi in carne ed ossa nella dimensione reale. In ogni caso, si era risvegliata di colpo, si era rizzata all’impiedi e aveva spalancato gli occhi blu: quel giorno avrebbe sostituito la bandiera bianca con quella rosso fuoco dei dissidenti, che pareva veramente risplendere più viva che mai nei cuori dei ribelli. « Ciao. Perdonatemi, non volevo interrompervi proprio mentre... - » asserì senza avere uno straccio d’idea sul come completare la frase, ormai troppo tardi certa di essere apparsa nello spazio vitale di Beatrice Morgersten, Malia Stone e Percy Watson nel momento in cui si stava discutendo di qualcosa d’importante. Incrociò più volte lo sguardo adiamantino con quello di tutti e tre alla ricerca di suggerimenti, con un risultato quasi comico dati i secondi che stavano passando senza che aggiungesse altro. Accorgendosi che Percy Watson stava già per perdere la pazienza, come se volesse strappargli fuori le parole con le tenaglie, un’ultima volta indugiò prima sulla figura bella e slanciata della Stone, passò per gli occhi cerulei dell’ex Serpeverde - che invero le ricordava qualcuno, ma non avrebbe proprio saputo dire chi - e finalemente concluse il giro intersecando lo sguardo nocciola ed espressivo della Morgersten. « - mi chiamo Nirvana, sono del quinto. » ci tenne a specificarlo dal basso della sua posizione - in tutti i sensi -, come per giustificarsi qualora sarebbe apparsa troppo naive agli occhi di chi la trama della Ribellione la stava tessendo ogni giorno, preoccupandosi di salvare la vita di tutti, anche agli ingrati come lei. « Questa è per te. Non so quanto potrà essere utile, ma comunque - » disse allugando lentamente le dita affusolate nella direzione dell’ex Grifondoro, titubante nel consegnare nelle mani di Beatrice una missiva sigillata appena estratta dalla felpa. Minacciare due o tre studenti per procurarsi carta bianca, inchiostro e penna d’oca era stato un gioco da ragazzi in confronto alla sensazione pungente di non voler far più quello che ormai in fin dei conti aveva già fatto: prendere una posizione, impegnarsi, mettersi ufficialmente a servizio di una causa maggiore. Senza contare che quella Beatrice là la metteva anche un po’ in soggezione: era stato veloce ed era strano, ma era come se in sua presenza si sentisse in dovere di diventare una persona un po’ più decente.

    Ricordavo i mollicci della lezione di DCAO di due anni fa ed ho sentito, per caso o per volere del destino a questo punto?, dei racconti sulla Stanza delle Necessità che mi hanno portata a partorire un'intuizione: e se dietro le trappole vi fosse una logica? Quale, non ne ho idea. Ma a mie spese ho potuto constatare che avevo ragione. La Stanza Necessità ti costringe ad affrontare la tua peggiore paura, ridicola o universalmente spaventosa che sia e, se non sei abbastanza forte o preparato per affrontarla, ne potresti uscire veramente distrutto. E privato delle tue facoltà mentali, in stato quasi vegetale, tornare alla vita di prima non avrebbe poi tanto senso. Saresti un peso per te stesso e per gli altri. Fortunatamente io non ero sola...
    Comunque immagino che siate arrivati già un po' tutti a questa consapevolezza e che non si tratta di chissà quale grande rivelazione del secolo, ma posso aiutarvi a capire il criterio dietro ad ognuna delle altre sparse per il castello per stilare una mappa precisa. Potremmo anche pensare di distruggerne una alla volta, tutti insieme. Pensi che potrebbe funzionare? Sono solo congetture, ma sono esausta e mi piacerebbe avere indietro l'Hogwarts di una volta.

    P.S. Barnaba il Babbeo bastonato dai Troll, l'arazzo del Settimo Piano, si sbaraglia a passi di danza.

    - Nirvana del V Anno.


    Guardò un’ultima volta la lettera prima di consegnarla definitivamente nelle mani di Beatrice, che in un modo indefinito e travagliato riusciva comunque a trasmetterle fiducia. Immaginò rapidamente la sua reazione, pensando subito al peggio: avrebbe riso di lei a crepapelle, oh sì! Ormai tutti sapevano tutto di tutto, si sarebbe potuta benissimo fare i fatti suoi e la sua proposta si sarebbe rivelata pressoché inutile e grazie tante. « - se posso aiutare in qualche modo, lo faccio. Soprattutto se l'aiutare comprende lo smettere di fare a gara con mio fratello a chi si preoccupa di più » Mi aiuterà a stare meglio con me stessa? Sì, non ne poteva proprio più di Dorian comunque: era stato giorni a seguirla come un segugio e le aveva strappato via il sonno con tutto il bene che mannaggia a Merlino non gli diceva mai di volergli. Assunse uno sguardo di rimprovero facendo no con la testa, mentre i suoi occhi perlustrarono la Sala alla ricerca del fratello, che entrando poteva giurare di aver visto ingurgitare di tutto e di più. « Scusate ancora l’interruzione. A presto » concluse infine garbatamente rivolgendo uno dei suoi mezzi sorrisi furbastri che intendeva tutto a Beatrice, seguendo poi la forza del proprio sguardo che poco prima aveva già catturato un’energia interessante altrove, lontano dalla folla, aldilà dei fuochi.

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    Per poco un bengala non le fece esplodere la testa, a Nirvana, mentre correva dall'altra parte della Sala approfittando del trambusto generale per passare inosservata. Aveva notato una figura che se ne stava nella penombra, avvolta nell'oscurità dell'angolo dove terminavano le scale a chiocciola che conducevano alla parte più alta della Torre, dov'erano situati i dormitori. Senza sforzo ne aveva delineato l'identità, mettendone a fuoco i lineamenti duri e incavati e lo sguardo agghiacciante; d'altronde, sin da piccola aveva desiderato che dalle sue lentiggini spuntassero delle vibrisse che andassero a completare quell'aspetto felino, data la sua vista che si muoveva anche meglio in condizione di luce scarsa. Se ne raccontavano talmente tante sul conto di quel ragazzo che per Nirvana sarebbe stato comprensibile se egli avesse deciso di non venire allo scoperto; storie lugubri da fare il giro del castello anche quando quello si ribellava contro i suoi abitanti. Quando poi anche le fiamme di un drago di fuoco volteggiarono sulla sua testa e dovette abbassarsi per evitare di incendiarsi i capelli, capì che quello sarebbe stato il momento più propizio per scoprire se quelle storie fossero vere. Si avvicinò, e col passo leggero e muto gli si stagliò davanti; captò l’aurea di un tetro che le fece correre un brivido su per la schiena, pensando che ormai era troppo tardi, ammantandosi di un coraggio che non era il suo. « Ciao » gli disse, abbracciando lei stessa l'oscurità ormai familiare mancatale, senza mai distogliere lo sguardo da quello del Serpeverde, come farebbe una preda per sostenere gli occhi di una bestia assetata di sangue. « Tu sei il tizio che svalvola, quello che vogliono rinchiudere in manicomio e poi buttare la chiave, vero? » Sarebbe potuta sembrare un'indiscreta, disturbante ed indelicata domanda, buttata lì con l'intenzione di fare conversazione o magari, perché no? trovare il modo più semplice e veloce per farsi ammazzare. Ma invece era ben studiata, calibrata: pronunciata con la suadente voce roca della Jenkins, lei sperava veramente sarebbe stato captato come un "tutti hanno paura di te, ma io no, guarda! Ci sono, ti parlo e sono pronta ad ascoltarti." Una mossa per capire quanto devastante fosse la tempesta che stava prendendo luogo nella mente di Sanders e provare, con l’arma dell’empatia, ad allegerirne il peso. Illusa. « Anche a me capita » Gli rivolse il suo sorriso enigmatico, cercando di decifrare i pensieri dietro l’espressione annoiata e l’inquietante brillio negli occhi « Di svalvolare, intendo » Non era un modo per trovare un simile che potesse fungere da psicologo a cui raccontare la propria storia ed i propri drammi e poi abbracciarsi tutti in nome di una comprensione ritrovata, urrà! né l'avrebbe fatto, per carità. Ma se quelle storie si fossero rivelate vere e lei sarebbe stata ancora viva per raccontarlo, gli avrebbe voluto parlare e dire - da chi la morte nel corso della sua vita l’aveva vista da un’altra prospettiva - che per qualche motivo disurbato e folle per lui era stato più facile ammazzare gli altri, che il mostro che ti divora da dentro portandoti ad impazzire.

    first part: interagito con Fawn V., Tris, Percy & Malia, citato Kurt + rivolti pensieri di morte a quel disgraziato di Dorian
    second part: interagito con Edric eheh ♥


    Edited by baby blue - 28/12/2017, 10:31
     
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    Forse un abbraccio era proprio ciò di cui aveva bisogno..sebbene quello che ricevette arrivò dalla persona più inaspettata: Kit. Per un istante rimase impietrito, preso alla sprovvista da quel contatto che parve prolungarsi per un minuto bello intenso, tanto che a un certo punto si sentì in dovere di assestargli qualche leggera pacca sulla schiena a mo' di ringraziamento. "Ehmm..grazie, ragazzo. Apprezzo moltissimo." "Quando ha finito di sentirsi etero può provare con gli uomini, magari una volta morti le mancheranno di meno." Trattenne a stento una risata a quelle parole, tappandosi quasi subito la bocca con un altro panino prima di annuire solennemente, rivolgendogli un sorrisino divertito. "Avevo pensato di prendere direttamente i voti, ma sì, anche il tuo ragionamento non fa una piega." E Dio solo sa quante volte Albus Potter, ateo convinto, non avesse davvero considerato l'ipotesi dell'abito in maniera seria. In fin dei conti vieni mantenuto, non devi preoccuparti pressoché di nulla e puoi nasconderti dal resto del mondo come uno struzzo che mette la testa sotto la sabbia. Tuttavia, dal montante disagio che cresceva in lui ogni secondo di troppo che rimaneva lì impalato, fu Fawn a salvarlo. Come sempre. Sembrava intrinseco nell'animo della Grifondoro quello di essere così genuinamente un'ancora di salvezza. "Buon Natale, e non si faccia troppi problemi." ricambiò il sorriso della mora con una certa vena di tristezza a tracciare quella linea sulle sue labbra, prendendo il vassoio che lei le aveva portato per mandare subito giù il bicchierino di alcolico. Uh, rum. "Grazie." mormorò piano "Buon Natale anche a te." Venire qui è stata davvero un'idea del cazzo. Grande idea del cazzo. Si portò subito dopo alla bocca la tazzina di cioccolata calda, sorseggiandola piano per gustarsi quel caldo sapore dolciastro che ormai aveva deciso sarebbe stato il rimpiazzo a tutti gli abbracci mancati che non poteva dare. "Un po' meglio?" Attento a non oltrepassare troppo la linea tra il gentile e il creepy, poggiò una mano sulla spalla di Fawn, dando a quel gesto un tono quasi paterno che decisamente non gli si addiceva. Però ne aveva bisogno. Aveva bisogno di un contatto qualsiasi, e per quanto quello di Kit fosse stato una bella ventata d'aria rispetto agli ultimi giorni di isolamento, di sicuro non aveva lo stesso effetto di altri. Aveva bisogno di Fawn, di Fred, di Olympia, di Betty. Aveva bisogno delle persone che gli erano sempre state accanto e per cui si era buttato in quella missione suicida. Ma quelle persone non potevano riconoscerlo, e ora a pagarne lo scotto c'era solo lui: impossibilitato a fare qualsiasi cosa e cagato a malapena da tutta quella gente che per lui significava il mondo. "Sì. Un po' meglio." Mentì. Probabilmente anche Alexander Scott avrebbe mentito al posto suo. Lo avrebbe fatto chiunque. Stava per aprire bocca e aggiungere qualche altra parola veloce quando venne intercettato da un Ares apparso lì accanto di cui non si era minimamente accorto, preso com'era dal breve scambio con Fawn. "Ares." Stirò un sorriso quanto più genuino gli potesse venir fuori, allungando una mano a stringere quella del ragazzo. "Alexander. Buone feste." Tuttavia non rimase lì a lungo, convinto com'era che un custode vedovo saltato fuori dal nulla non fosse esattamente il tipo di festa che i suoi amici si meritavano. Aveva appena finito di spazzolarsi il vassoio di Fawn ed era in procinto di congedarsi quando una Mun tutta agitata lo fece sobbalzare sul posto. "Signor Scott, avrei promesso delle storie ai piccoli. Perché non mi fa compagnia? Lei ha due figli non è così? Saprà un sacco di storie." rivolse dunque un sorriso dai tratti un po' amari a tutti quanti "Vi lascio al vostro divertimento. E' stato un piacere conoscervi. Passate una bella serata." Detto ciò, lasciò che la compagna lo portasse via per un braccio, sospirando a metà tra il sollievo e l'amareggiato. "Lei è un uomo davvero sorprendente, lo sa? Molto sensibile. Chi l'avrebbe detto. E io che pensavo i custodi fossero tutti uomini burberi." sollevò un sopracciglio con aria scettica, incurvando tuttavia le labbra in una piega stranamente divertita. "Si vede che non ha conosciuto abbastanza custodi. Oppure che non conosceva questo nello specifico poi così bene." Non quanto credevi, almeno. La Serpeverde lo condusse quasi immediatamente dal capannello di ragazzini che Albus sembrava aver praticamente adottato come suoi da quando il castello si era chiuso, e per un istante, una vena di allegria si intrufolò nel suo sguardo un po' spento, scrutandoli curioso nello scambio veloce del pacchetto che in teoria doveva essere a lui destinato. "Forza! Aprilo. La giusta vendetta per avervi lasciato andando a combattere i minipony nel regno di Cenerentola." I minipony? Davvero? "Ma se hai detto che era impegnato nel duello con Ettore a Troia." "E il viaggio di Ulisse?" I suoi occhi guizzarono divertiti dai ragazzini a Mun, interrogandola con un sorriso fintamente spaesato. "Wow. Questo Albus Potter deve essere un tipo davvero strabiliante se vive così tante avventure!" Però io ho sempre tenuto per Ettore. Achille mi sta sul cazzo. Così, tanto per dovere di cronaca. Ma ti perdono lo scivolone solo perché ha stile. "Eh infatti troppo Omero vi ha dato alla testa, come questa Grande Abbuffata darà alla testa a tutti noi. Se solo Ferreri fosse vivo." Rise. E fu l'unico, ovviamente, dato che i ragazzini erano decisamente troppo piccoli per cogliere la citazione. "Beh comunque, ho trovato qualcuno che di storie ci capisce un po' di più di me. Potremmo sempre scambiare il regalo di Potter per un paio di storie. Che ne dice Signor Scott?" Alle proteste dei bambini si ritrovò piacevolmente spaesato, boccheggiando in silenzio per un istante prima di intervenire. "Facciamo così. Io vi racconto qualche storia, poi, se voi credete che me lo sia meritato, allora il mio premio sarà il pacchetto del ragazzo. Altrimenti lo affideremo alla signorina Carrow qui presente, incaricandola di farlo arrivare solo ed esclusivamente nelle mani del suo ufficiale destinatario. Ci state?" Sulle prime li vide tutti titubanti, ma alla fine non ci volle troppo per convincerli e farli mettere tutti a sedere in cerchio. Presa ormai in pugno la situazione, Albus si accoccolò a gambe incrociate accanto a loro, cominciando a raccontare la prima storia che gli veniva in mente, e dunque inventata di sana pianta. "Tanto tempo fa, in un regno lontano lontano, viveva una principessa con i capelli scuri come la notte più buia. Ma la principessa non poteva mai uscire dalla sua torre, la quale era sorvegliata da un tremendo drago sputafiamme che aveva la capacità di celarsi agli occhi dei propri nemici, ma non a quelli della principessa.." Rivolse uno sguardo di intesa a Mun, intimandola con un cenno del capo ad andare a divertirsi. Aveva già fatto abbastanza per lui: ci mancava solo che le rovinasse la festa.

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    "..e così, sconfitto assieme il drago, il cavaliere solitario riportò la principessa dal suo bel principe dalla chioma arancione. Il matrimonio fu grande e sfarzoso, e tutti i sudditi vennero invitati a festeggiare la felice unione, vivendo per sempre felici e contenti." Sorrise, volgendo lo sguardo da uno all'altro per carpirne le espressioni. "E il cavaliere solitario?" chiese Jenny, dopo qualche istante di silenzio. "Beh, lui per definizione è solitario. Dunque, una volta ottenuto il riconoscimento dal principe e dalla principessa, tornò al proprio regno sul suo fedele destriero dal manto scuro." "Ma questa non è una conclusione." "Sì che lo è, se sei un cavaliere solitario. E comunque la storia non è propriamente la sua. Lui è solo un aiutante. E sono certo che pur tornando nel suo regno solitario, qualche altra avventura troverà comunque il modo di raggiungerlo." Perché il modo lo trova sempre, alla faccia del voler essere solitario. "A me non piace il finale del cavaliere. Albus era più bravo a raccontare le storie." Stava per ribattere, dicendo che purtroppo il cavaliere quel finale aveva e quel finale si teneva, anzi, che era già tanto se da quell'avventura ne era uscito vivo. Tuttavia un'improvvisa sensazione di nausea lo colse alla sprovvista, portandolo a frenarsi dall'aprire bocca e cercare invece la fiaschetta di polisucco che Mun gli aveva procurato. Ne bevve un sorso, convinto che solo di quello potesse trattarsi, ma non ci volle molto per capire che era tutt'altro il motivo di quel malessere. "Scusate.." mormorò, alzandosi di scatto dalla propria postazione accovacciata per tirare dritto verso le scale, con il sangue che gli martellava nelle tempie, gli occhi appannati da lucine grigiastre e la netta sensazione di perdere l'equilibrio. Nella foga diede una sonora spallata a Mun, giusto il tempo di rivolgerle uno sguardo di urgente allarme prima di risalire a lunghe falcate le scale del dormitorio, tenendosi una mano ben salda contro la bocca per evitare il rigurgito. Ma era troppo tardi, e dal primo conato cominciò a vedere il liquido nero come il petrolio colare tra le sue dita. In pieno attacco di panico spalancò con un calcio la porta della prima stanza che si trovò a tiro, dirigendosi di corsa verso il bagno per dare sfogo al secondo e più potente conato di vomito nella tazza del water. Questa volta bruciava più di tutte le altre messe insieme. Era diverso. Era tanto. Troppo. Così eccessivo che ogni vena del suo corpo sembrava spiccare in superficie colorandosi di un nero intenso, mentre quel liquido immondo gli colava dalla bocca, dal naso, dalle orecchie e persino dagli occhi. Per costringersi a non urlare di dolore, si morse con forza il labbro inferiore fino a farlo sanguinare, singhiozzando come un bambino nel rigettare quei conati continui. Non ci vedeva più. Era tutto semplicemente nero, e ustionava. Gli bruciava gli occhi con una tale intensità che non si sarebbe stupito se alla fine di quell'ennesima crisi fosse rimasto realmente cieco. Tutto ciò che riusciva a vedere erano immagini nella sua testa che si susseguivano veloci come diapositive. Immagini di quel luogo oscuro in cui era vissuto negli ultimi tempi, flash veloci di alcuni varchi tra il e il qui, creature, visi, una foglia verde, una piuma, una luce accecante, altre creature, lupi, quel ribollente liquido scuro, fuoco, acqua. E poi l'ennesimo conato, un altro, e un altro ancora, fino a quando semplicemente non ce la fece più, e crollò con la fronte imperlata di sudore contro il bordo del water.
    I PARTE: interagito con Kit, Fawn, Ares e Mun. Citati i soliti (ormai le turbe di Al le conoscete, quindi è inutile che elenco)
    II PARTE: "interagito" con Mun

     
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    Impegnata poteva definirsi Betty in quel periodo, occupava le sue giornate correndo da una parte all'altra del castello, lo faceva per non pensare; per non permettere al suo cervello di soffermarsi sulla mancanza di Albus. La notte era il momento in cui le mancava di più, ma per sopperire a quel vuoto si comportava come una mamma chioccia: radunava i più piccoli e vegliava sul loro sonno, concedendosi brevi momenti di riposo. Non si perdeva mi d'animo la tassorosso, sperava sempre di vederlo spuntare all'improvviso perchè non poteva e non voleva credere di averlo perso per sempre. Quando quella sera si ritrovarono tutti nella sala comune di corvonero non poté fare a meno di sospirare, esausta e rincuorata da quell'atmosfera natalizia, sembrava una specie di premio per spronarli a non arrendersi o forse uno scherzo crudele dell'uomo che li aveva rinchiusi. Golose leccornie erano alla loro portata, senza limiti di tempo e in assoluta abbondanza, così da garantire un pasto sostanzioso per tutti. Lungo le scale le calze con i loro nomi decoravano il corrimano, affianco alla sua c'era quella di Albus, leggere il suo nome fu come ricevere un pungo nello stomaco e allo stesso tempo una carezza sulla schiena; dopo giorni aveva sotto li occhi un indizio concreto: Albus era ancora vivo. Si riempì un bicchiere con del caldo zabaione, una crema al liquore che in casa sua era sempre stata vietata; troppo calorica secondo sua madre. Per i suoi genitori il Natale non era altro che una festività che permetteva loro di mettersi in mostra, di riempire la casa di persone altolocate e fredde esattamente come loro. Betty si nascondeva sempre dopo l'arrivo degli ultimi invitati, si rifugiava nel sottoscala nella speranza di passare inosservata per non essere sfoggiata come una bambolina vestita a festa. Prese il suo pacchetto da sotto l'albero e si sedette di fronte al camino a gambe incrociate, sorseggiando la calda crema che stringeva tra le mani. Scartò il regalo con controllato entusiasmo, del tutto ignara di ciò che avrebbe trovato al suo interno. Fu grata di trovare al suo interno un caldo cambio d'abiti perchè lavare i propri vestiti non era esattamente in cima alle sue priorità ora come ora, ma ciò che la face rimanere senza parole fu il piccolo pacchettino sul fondo. Al suo interno c'era la catenina con il delfino che le aveva regalato Albus, catenina di cui lei si era disfatta durante una delle loro ultime liti. Ricordava ancora il momento in cui l'aveva strappata e lanciata contro il ragazzo, nei giorni successivi aveva provato a cercarla, ma era come se fosse scomparsa nel nulla. Ritrovarsela tra le mani fu come riprendere possesso di un pezzo del suo cuore, se la mise subito al collo, alla ricerca di quel peso famigliare che l'aveva confortata a lungo. Promise a sé stessa di non perdere la speranza, di continuare a lottare e di non arrendersi di fronte alle avversità che si sarebbero presentate. I più piccoli mangiavano con voracità i burrosi biscotti, talmente dolci da far venire l'acquolina a chiunque, in lontananza scorse Freddie, un Freddie sorridente che stringeva a sé un Ghost tutto scodinzolante, mentre ringraziava di cuore l'adulto in piedi di fronte a lui. Poco distante da lui c'era Mun che per quanto cercasse di non darlo a vedere non perdeva mai di vista il grifondoro, quasi come se esistessero solamente loro all'interno della stanza. «Wow. Questo Albus Potter deve essere un tipo davvero strabiliante se vive così tante avventure!» Non hai idea quanto. Albus era nato con il gene dell'avventuriero, non si tirava mai indietro e forse proprio per questo motivo non faceva altro che mettersi nei guai. Durante i primi anni non passava una settimana senza che guadagnasse qualche ora di punizione per aver permesso alla propria curiosità di prendere il sopravvento. «Beh comunque, ho trovato qualcuno che di storie ci capisce un po' di più di me. Potremmo sempre scambiare il regalo di Potter per un paio di storie. Che ne dice Signor Scott?» Sorrise di fronte a quell'idea balzana, perchè Albus era una persona possessiva e mai avrebbe permesso a qualcuno di andarsene via indisturbato con il suo regalo, ma era anche vero che Albus in quel momento non era lì per opporsi. «Facciamo così. Io vi racconto qualche storia, poi, se voi credete che me lo sia meritato, allora il mio premio sarà il pacchetto del ragazzo.» Spinse i ragazzi verso il custode e si sedette in cerchio con loro, tenendo tra le sue gambe la piccola Jenny; impaziente di ascoltare la storia. Ad ogni parola i bambini strabuzzavano gli occhi, mentre quando venivano nominati il cavaliere solitario e il principe dalla chioma arancione le bambine si mettevano a sospirare sognanti. Sospiri che non avevano traccia
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    del dolore e della paura che avevano permeato il castello negli ultimi mesi. Per quanto fosse solamente una storia tirò su il morale ai più giovani, dando loro il modo di tornare ad essere bambini anche solo per poco. Jenny tra le sue gambe protestava animatamente, contrariata dalla fine che il Signor Scott aveva deciso per il cavaliere solitario. «A me non piace il finale del cavaliere. Albus era più bravo a raccontare le storie.» Povera piccola. Pensò sorridente Betty, aveva ascoltato centinaia delle storie di Albus ed era certa che anche lui avrebbe scelto lo stesso identico finale, perchè non tutti gli eroi possono avere un lieto fine. «Jenny credo che il signor Scott sia stato più che generoso con il cavaliere solitario e poi non è detto che non possa vivere altre avventure e trovare anche lui il suo lieto fine.» Quello che lei stessa sperava per il serpeverde e per tutti loro. Quando il custode si alzò le parve pallido, come colto da un senso di nausea e dovette trattenere la piccola studentessa tra le sue gambe per impedirle di corrergli dietro. Forse tutto quel goloso cibo gli aveva dato il voltastomaco dopo settimane e settimane passate alla stregua del digiuno. «Che ne dite di cantare una canzone di Natale?» Doveva trovare il modo di distrarli e permettere loro di perdersi nella magia del natale ancora per un po'. «It's beginning to look a lot like Christmas, everywhere you go.» Ondeggiò a tempo facendo il solletico alla piccola Jenny di fronte a sé. «Take a look in the five and ten glistening once again, with candy canes and silver lanes aglow...» Sorrise nel sentire le loro piccole vocine unirsi alla sua.

    Citati Freddie, Mun, MR SCOTT AKA ALBUS (INFAME)
    eeee intonata una canzoncina natalizia
     
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    Dopo la delusione nel vedere la Sala Grande completamente spoglia, durante la Vigilia di Natale, Sam ha sentito la notizia dell'apertura della Sala Comune di Corvonero, ma ha deciso di fare una deviazione, prima di arrivarci. «Vai avanti. Arrivo subito.» Ha sussurrato all'orecchio di Malia, prima di sgattaiolare via, verso il corridoio del secondo piano. Lì dove, dietro la statua della Vecchia Gobba, ha ricavato un buco nel muro, divenuto, nel tempo il suo scrigno dei tesori. L'ha trasfigurato - l'ha fatto fare a Beatrice, ndr. - affinché chiunque scovasse il buco, non vedesse altro che una semplice crepa nel buco, completamente vuota. Recupera le poche cose di cui ha bisogno, ficcandosele nello zaino che ormai è solito portarsi sempre dietro, per ogni evenienza. Fa appena in tempo a sistemare tutto che le trappole scattano, tutte insieme. La statua della vecchia prende ad inseguirlo brandendo il bastone, per l'occasione divenuto una baionetta, i soggetti dei quadri prendono ad ostacolargli il cammino, costringendolo a ballare un imbarazzante limbo, per evitare di rimetterci un occhio o ancora peggio e le armature, quelle simpatiche dolcezze, cominciano a rincorrerlo. E lui corre, corre più veloce che può, scagliando qualche schiantesimo a casaccio dietro di sé, senza sapere bene nemmeno dove stia puntando. Le scale impazziscono perché chiaramente non gliene va bene mai una, e alla fine, dopo tanto dire e tanto fare, arriva alla Torre di Corvonero con un fiatone degno del peggio fumatore incallito e quindi si vede costretto a riprendere fiato. Si accorge di un taglio che ha sul maglione e dovrebbe accertarsi che non vi siano ferite aperte, al di sotto, ma appena entra, non ci capisce più niente. Completamente imbambolato. «Okay, sono in Paradiso.» Commenta, mettendo un piede dentro la stanza, gremita di persone. Ma non gli sfugge l'albero di Natale addobbato, come le calze appese al camino e il cibo. Il cibo ovunque. «Riesco a sentire le schiere angeliche che mi accolgono con un Alleluia intonato. Se mi sentite, prendetemi ora, sono tutto vostro.» Non ci pensa due volte e si fionda sulla tavolata più vicino di cibo. Prende una coscia di pollo fritta e se la porta al naso, annusandola, come il vero animale che è, giusto per constatare che non vi sia nulla di losco sotto. Insomma, già non è normale quel trattamento di favore, figuriamoci come è in allerta il suo sesto senso dopo aver sentito le parole del "bello che defunto, sotterrato sotto metri di terra" preside. Il suo olfatto non percepisce nulla di strano e allora comincia a mangiare, senza ritegno. C'è talmente tanto cibo in giro, da fargli decidere di mangiarne fino a quando non sentirà di stare per scoppiare. Solo allora si fermerà, quando avrà fatto abbastanza rifornimento per i giorni a venire, perché chiaramente non potranno avere tutta questa fortuna per sempre. Rimugina sul fatto che quel suo metodo di sopravvivenza sia dannatamente simile a quello di un dromedario e da lì partono le disquisizioni filosofiche - mentali- riguardo quante gobbe abbia un cammello e quante un dromedario. Cose serie, insomma. Con la coda dell'occhio vede Malia, a fianco del suo amico. C'è troppa gente a dividerli e lui, da quel punto, può osservarli. Sarebbe un'ipocrita se non ammettesse a se stesso che gli dispiace per Fred, la mora gli ha spiegato, a sommi capi, cosa gli è successo e l'ex Serpeverde capisce benissimo il problema di fondo che comporta essere costretto su una sedia a rotelle. Sia per se stesso che per gli altri. Ma non può comunque fare a meno di guardarli con sguardo torvo, mentre ha la bocca piena di cibo e mastica rumorosamente, senza nemmeno pensare a chi gli sta intorno. Proprio con quel pensiero in testa, si guarda intorno e incontra gli occhi di Karma. Chiude la bocca, per decenza e manda giù tutto, prima di sorriderle. L'ha vista di sfuggita, in quei giorni, e non è mai riuscito a prendersi un momento con lei per parlargli veramente. Non dopo tutto il casino successo con Dean. E forse, inconsciamente, il tempo per parlarci non l'ha trovato appositamente, vista e considerata la strana situazione nella quale si ritrova. «Beh, buonasera.» La saluta, pulendosi la bocca con un fazzoletto trovato a caso sul tavolo. «E Buon Natale, si direbbe.» E' un po' a disagio, ma cerca di dissimularlo con un sorriso tipico dei suoi. «Favorisci?» Le chiede, alzando la bottiglia del vino rosso. Riempie due bicchieri, porgendogliene uno. «Cazzo, quanto mi era mancato un po' di vino in circolo nel sangue.» Commenta, lasciando che la lingua scocchi contro il palato, dopo un'abbondante sorsata mandata giù. «Probabile che finirò la serata cercando di lanciarmi da quella finestra.» Accenna con una risata alla vetrata più vicina a loro, quella illuminata, ad intermittenza, dalle luci che adornano l'Albero di Natale. «Trovato qualcosa di speciale lì sotto?» Domanda che ricade su un terreno neutro, non troppo personale, non male. Bravo Sam. «Sicuro meglio dei regali che ti faceva Dean, dì la verità.» Eh no, niente, non ce la può proprio fare. Terreno neutro un par di palle.

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    «Buon Natale, piccioncini belli» si ritrova a dire, mentre si imbatte nei Trercy. Due baci sulle guance calde di Tris e no, non due baci pure a Percy, ma una stretta di mano decisamente molto più in linea con il loro rapporto strano, accompagnata però da un sorriso sincero. Sta incominciando a digerirlo, pian piano. «Che per caso avete visto Dean, da qualche parte? Credo di avergli appena fatto fare una clamorosa figura di merda con Karma. Spero non si incazzi troppo perché su, insomma, è pur sempre Natale!» Ridacchia, mentre la scintilla di un fuoco d'artificio gli schizza davanti agli occhi, per poi salire verso l'alto, lì dove dà spettacolo di sé, aprendosi in un disegno meraviglioso. Guarda Tris e Percy con aria interrogativa, prima di seguire la fiumana di gente al di là della porta della Sala Comune. E lì c'è il vero spettacolo pirotecnico. Sam rimane a bocca aperta per qualche secondo, prima di individuare Malia nella folla. Si fa strada a fatica verso di lei, sbracciando un po' ovunque. Passa di fianco a Weasley, a cui riserva un sorriso, che non si sa quanto abbia di autentico, ma che comunque si sente di fargli. Sguscia poi dietro la mora, mentre un braccio si fa strada ad abbracciarle la vita e l'altra mano le scosta i capelli dalla spalla, per lasciargli campo aperto. «Pensavi forse ti avrei lasciata da sola? Proprio questa notte?» Le sussurra, lasciandole un veloce bacio proprio dietro l'orecchio, prima di prenderle la mano per farsi seguire, poco più in là, in un punto meno affollato di gente. Lascia scivolare la tracolla dello zaino lungo il braccio, per poi tuffarci una mano dentro, per tirar fuori un pacchetto decisamente messo male. La carta, di giornale, è tutta raggrinzita, e in più punti è pure strappata, tanto da lasciare intravedere un po' del suo contenuto. Il tutto tenuto fermo da uno spago sfilacciato. «Boh, io non sono tanto capace in queste cose, lo sai..» comincia a giustificarsi, mentre le porge il regalo. E' imbarazzato. E imbarazzato è decisamente un eufemismo. «Ma Babbo Natale mi ha lasciato questo in camera, stanotte. Dice che è per te.» Scoppia a ridere, mentre la guarda negli occhi e attende che lei scarti quella schiocchezza. Perché non ha potuto farle un vero e proprio regalo e quindi le ha impacchettato, alla bell'e meglio, una sua felpa. Quella che Malia continua a rubargli sempre e lui si riprende tutte le volte, un po' perché gli piace vedere la faccia che la mora fa tutte le volte. «Dice anche che ha supposto sia la tua preferita, dato che continui a fregarmela senza ritegno, ogni volta che mi distraggo due secondi.» L'ombra di un sorriso appare sulle sue labbra, mentre si avvicina a sfiorarle il naso con il proprio, prima di darle un bacio. «Buon Natale, Stone

    Interagito con Karma.
    Nominati Malia e compare roscio malpelo.

    Interagito con Tris, Percy, Malia.
    Salutato il compare Weasley e nominato l'amore nostro Dean.


     
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    Nathan Douglas non era mai stata una personalità facile da domare, e forse per questo l'aveva sempre intrigata. Nate non ha mai dato alcun tipo di contentino a Mun, non l'ha mai trattato con riguardo solo perché ragazza o perché in un certo qual modo sembrava avere sempre la risposta pronta a tutto. Nate era una delle persone che non temeva una reazione di Mun, per quanto imprevedibile. « Non so come funzioni con i tuoi amichetti - Potter, Weasley e compagnia bella; ma non t'illudere, Amunet... Tu non sei una roccia. Non lo sei mai stata. » Ma quelle parole sono più di quanto lei possa reggere. In un momento qualunque, probabilmente non le avrebbero fatto né caldo, né freddo. Ma in quel momento? Provate a passare una settimana di seguito al buio, nel freddo più totale, tra voci del passato e presagi del futuro, sempre a guardarsi le spalle per paura che una creatura vi attacchi nella notte. Ci si perde facilmente d'animo di fronte a una simile prospettiva. E quindi, Mun incassa quelle parole senza avere il minimo strumento per reagire. « Tu sei edera. Hai bisogno di un sostegno a cui aggrapparti costantemente, perché da sola non sei in grado di crescere. Non puoi essere una roccia per nessuno, perché hai fin troppe crepe, dentro, che ti rendono instabile. E chissà, magari, proprio come l'edera, anche tu sei velenosa. » Deglutisce e abbassa lo sguardo Nate. Non hai neanche lontanamente idea di quanto tu abbia ragione. Le parole di lui pesano come un macigno sul cuore di lei, mentre gli gettano un ultimo sguardo lucido, pronta ad allontanarsi. Forse non se lo aspettava. Così spesso abituata a essere compiaciuta. Le persone le danno semplicemente ragione. A prescindere. Sempre. Anche lui le ha dato l'illusione di darle sempre ragione, nonostante il suo continuo combattere contro quella convinzione che volente o nolente le ha istigato. Spero che ora tu sia contento. Hai avuto l'ultima parola. Improvvisamente si sentì nauseata da tutta quella situazione, dalle persone, dalla gente, da se stessa. Avrebbe solo voluto scomparire, se possibile tornare nella foresta proibita. Quanto meno lì non c'era nessuno che la giudicasse, se non le voci. Lì, per lo più, sola con se stessa, non aveva dovuto preoccuparsi del giudizio della gente, di cosa loro pensassero, di come si aspettavano che parlasse, si vestisse o si comportasse. Lì, tutto ciò che contava, era cosa pensava, cosa desiderava, cosa voleva, e seppur quelle fossero lame a doppio taglio contro se stessa, era pur sempre meglio che quel mondo fatto di apparenze e ipocrisie in cui Nate avrebbe voluto che entrambi vivessero. Rivolgendogli le spalle, una lacrima solitaria le scivolò sul viso, prima di scacciarla velocemente e sospirare, pronta a tornare alla convivialità di cui già non aveva più voglia. L'amicizia, Amunet, è uno scambio. Per sua definizione. Tu non mi stai dando niente. No. Non l'avrebbe mai digerito.

    Questa sera le parole sono piombo. O forse è Mun che a forza di nascondersi, di celarsi nell'ombra, le ha rese tale. E' Fred a rincarare la dose. Non può certo dargli la colpa. Lui non sa, non può sapere che lì dentro ci è stata anche lei, non può sapere che l'ha cercato, che ha urlato disperata per giorni e giorni il suo nome e quello di Maze nella speranza di ricevere una risposta. « Io spero solo che sappiano che non li abbiamo dimenticati. Quel posto fa schifo, ti manipola mentalmente. Più tempo ci passi, più credi di non avere più nulla per cui ritornare. » Ti prosciuga, ti svuota. Annuisce a quelle parole, chiudendo per un istante gli occhi, cercando di scacciare la visione di quegli alberi inquietanti. Le ombre che per giorni ha osservato volare attorno alla casetta sull'albero.
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    « E quando riesci a tornare, è lì che arriva il peggio. Convincerti che coloro che pensi ti abbiano abbandonato, non ti hanno lasciato sul serio. » Davvero Freddie? Davvero non ci hanno lasciati? Lo sguardo scorre nuovamente per un istante sulla figura di Nate, ancora lontano, e si morde istintivamente l'interno del labbro inferiore. Mun non ha molti amici, ma quando si affezione, è difficile che li lasci davvero andare. Magari può dare la parvenza di farlo, come ha fato con Fred, con il loro inimitabile quartetto, ma nel suo cuore, i graffi, le ferite del loro abbandono resteranno sempre. E ora, assieme al loro grava anche quello di Nate. Una persona apparentemente fredda e calcolata, a tratti apparentemente frivolo. Eppure Mun ci ha visto qualcosa. Come vede qualcosa in Fred, a prescindere da tutti i sbagli che fa, a prescindere dal fatto che da quando i loro destini si sono intrecciati nuovamente, ha provato più di una volta l'amaro della delusione in bocca per colpa sua. Fred sarà sempre la sua ancora. Il sostegno. Dell'edera. Un leggero respiro prima di scuotere la testa e amplificare la presa sulla spalla di lui. « Non pensarci ok? E' tutto finito. Lì dentro non ci tornerai più. E ora, andrà tutto bene. » Le dita gli scostano appena i capelli dalla fronte come sua abitudine fare sempre. « Troveremo una soluzione anche a questo. Capito? Solo.. non mollare. » Non mollare anche tu. Stanno cadendo in troppi. Alla fine, concentrarsi sul cercare di non mandare tutto a puttane per quella sera, resta l'unica positiva. Che poi, visto l'andazzo della serata, era quasi meglio non andarci affatto. In ogni caso, sia Mun che Albus, assistono a un fuoco incrociato di disagio e penitenza per tutte le fottute bugie che stanno consapevolmente raccontando. « Wow. Questo Albus Potter deve essere un tipo davvero strabiliante se vive così tante avventure! » Decide di non commentare in alcun modo quell'affermazione. Era risaputo che Potter e la Carrow andavano d'accordo quanto un cane rabbioso e un gatto assatanato. Gettò solo un timido sguardo a Betty, la quale prese tra le braccia una delle bambine, poco prima che il racconto iniziasse. Le sorride appena; non si scambiavano seriamente se non sporadicamente per questioni prettamente pragmatica sin dalla sera del ballo. Il macigno tornò a pesarle gravemente sul cuore, nel rendersi conto di quanto patetica fosse quella situazione. Non sapeva esattamente come andassero le cose tra Betty e Albus, ma qualunque piega avesse preso il loro rapporto, l'aveva sentita più di una volta chiedere di lui negli ultimi giorni. E lei aveva dovuto mordersi la lingua. « Tanto tempo fa, in un regno lontano lontano, viveva una principessa con i capelli scuri come la notte più buia. Ma la principessa non poteva mai uscire dalla sua torre, la quale era sorvegliata da un tremendo drago sputafiamme che aveva la capacità di celarsi agli occhi dei propri nemici, ma non a quelli della principessa.. » L'unico motivo per cui non alza gli occhi al cielo e non se ne resta piantata lì a sentire quell'immensa stronzata, è perché prima di tutto in cuor suo sa di essere il terzo incomodo indesiderato, seppur la Branwell non ne abbia la più pallida idea, e poi perché risulterebbe sospetto se trattasse il signor custode con troppo scetticismo. La Carrow, che per le gerarchie ha un certo rispetto, un comportamento del genere non lo avrebbe mai annoverato. E allora cosa fare? Si congeda semplicemente con un veloce sorriso di circostanza, incrociando le braccia al petto. Edera velenosa. Questo quanto pensa mentre va a sbattere nella completa disattenzione contro un figurino tutto pepe che la obbliga volente o nolente a sorridere allontanandosi appena per guardarla meglio. Mun dal canto suo, porta gli stessi insulsi vestiti da non sa quanto tempo. Non è che la foresta proibita offri poi molte alternative. Prende a tormentare la sua treccia, mentre alza lo sguardo in quello di Maze. « Ecco una donna che non passa mai inosservata. » Sospira nervosamente mentre si massaggia la nuca, ben consapevole di quanta tensione sta accumulando nel giro di poche ore. Non sa quanto tempo sia passato da quando quella pagliacciata è iniziata, ma per lei è già troppo. « Senti uno di questi giorni quando non hai troppo da fare.. » S'interrompe di scatto rendendosi conto di quanto patetica possa sembrare. Lo è. Mun che chiede aiuto. Mun che cerca una mano tesa. Puoi contare sugli amici, ma al di fuori di quelli, se vuoi una mano, la troverai in fondo al tuo braccio. Quelle parole riecheggiarono nella sua testa con una nota di melanconia. « ..non parliamo da un sacco io e te. Mi farebbe comodo un'amica. » E una botta in testa per riprendermi da tutte le cazzate che sto facendo e raccontando. Cerca di mettere su il più radioso dei sorrisi, mentre le poggia le mani sulle spalle sospirando profondamente. Tu stai bene, Mun. Tu stai da dio. « Ora.. credo che andrò a ubriacarmi. Con il succo di frutta. » Perché si sa, Mun è quasi completamente astemia. E nulla cambierà la sua avversione verso gli alcolici.

    « Credo di aver preso un po' troppo alla lettera il tuo consiglio di star su con la vita. Forse, col senno di poi, ero molto più comodo depresso. » Ha osservato da lontano tutto quello spettacolo. A ben guardarsi intorno, non c'era un solo luogo in cui avrebbe potuto non essere di troppo. Watson insieme alla sua bella. Albus insieme alla propria di bella. Con Nate non aveva la minima intenzione di provare a sistemare le cose; non avrebbe certo rattristato troppo la serata a Maze, e allora, si era semplicemente sistemata in un angolo, iniziando a passare in rassegna le librerie della sala comune Corvonero, notando con grande piacere che celavano una grande raccolta letteraria non indifferente. Sorride nel sentire nuovamente quella voce e si volta di scatto portandosi il bicchiere di succo di mela alle labbra. « Il mio regalo di Natale è darti l'impressione di essere finalmente più alta di me. Ammettilo, lo desideravi da tanto vero? » Lo sguardo corre istintivamente su Ghost, ben consapevole che lei un regalo gliel'ha davvero fatto. Solo che non può dirglielo. Avrebbe troppe cose da spiegargli. Troppe cose che non può spiegargli, perché da qualche parte nell'ombra sente Ryuk. Seppur le parli poco ultimamente, è sempre lì, pronto ad osservarla. Sempre più strano, una presenza sempre più funesta. Un tempo tutto ciò andava diversamente tra loro due. Riusciva persino a farla ridere. Le era di supporto e compagnia. Invece, da quando Mun si era nuovamente concessa alle gioie di una vera vita sociale, di amici e anche più di quello, loro due si erano allontananti sempre di più. « In realtà mi piace essere bassa. E ho un debole per gli stangoni. » Abbassa lo sguardo, abbozzando un sorriso appena stirato. Non ha poi molto per cui sorridere ma lì per lì non può farne a meno. « Allora, vuoi farti un giro? Sono piuttosto comodo. E ti porto a vedere il motivo per il quale tu e la Morgenstern probabilmente mi pesterete. Concediti una pausa. E' pur sempre Natale. » Sospira profondamente, ben consapevole che le non ci sono davvero pause; getta per un istante uno sguardo su Albus e Betty sorridendo tra se e se, scuotendo la testa. Una pausa. Tregua. Ce la meritiamo. Io e te, Fred, ce la meritiamo. E quindi, ripone sullo scaffale il libro che stava sfogliando e prende a camminargli accanto. « Non ci pensare neanche. A parte che porta sfiga, ma poi.. » Scuote nuovamente la testa. Mun non riesce proprio a sdrammatizzare quella cosa come lui. Forse è troppo pesante, ma d'altronde, tra i due, quello troppo leggero è sempre stato lui, e quella troppo pesante era lei. Nel tragitto verso l'esterno della Sala Comune, si ferma di fronte all'albero, e raccatta il pacchetto di Fred porgendoglielo sulle gambe. «Forza! Aprilo. » Lo intima quindi, prima di prendere il proprio iniziando a sua volta a strappare la carta con cui è avvolto il pacchetto. « Oh tu guarda.. una felpa.. e un paio di jeans non della mia taglia. » Continua a tirar fuori, calzini e guanti nuovi di zecca il tutto con ben poco entusiasmo. Non solo perché semplicemente l'entusiasmo è poco in generale, ma anche perché.. « Qui continuiamo a non capire cos'è il haute couture. » Persino del suo colore preferito. L'azzurro ghiaccio. E poi infine.. resta di sasso. Un libro. Rappresentazioni della morte nelle culture orientali e occidentali. Un saggio di confronto. Si appresta a nasconderlo tra la felpa e i jeans infilando tutto all'interno della propria borsetta, rivolgendogli infine un sorriso chiaramente colmo di nervosismo. « Ok.. andiamo. Vediamo se ha senso che provi a salvarti dalle grinfie della Morgenstern.. e di Watson. Perché sappiamo entrambi, che il mio ex caposcuola è migliore del vostro. » E lo spettacolo che le si propone di fronte è magnifico; qualcosa che non può fare a meno di distoglierla da qualunque problema abbia in quel momento. Ride di gusto di fronte alla miriade di colori che ballano leggiadramente di fronte ai suoi occhi. Quelle danze pirotecniche Mun le ha già viste, le riportano alla mente tanti bei ricordi, e per un istante, mentre è lì, mani poggiate sulla sua schiena, Mun non può fare a meno di aumentare la presa avvicinando la labbra per porgergli un bacio tra i capelli. E' Natale per tutti, e per un istante un solo istante, mentre ride di gusto assieme al rosso, è Natale persino per lei. Va tutto bene. Andrà tutto bene. Quasi tutti siamo al sicuro, e seppur non siamo nella migliore delle situazioni e non siamo nel luogo e nella posizione in cui dovremmo essere, seppur le cose siano distorte e non abbiamo i mezzi per raddrizzarle, in questo momento va tutto bene. Le cose si sistemeranno. Noi ci sistemeremmo. Non so ancora come, ma ho la speranza che succederà. Usciremo, tutti vivi. Questa non è una speranza. E' una promessa.

    Rientra molto dopo, presa improvvisamente da una leggera frenesia. E' la magia del Natale si vede; stranamente pare sia pronta ad ammettere che questo potrebbe essere alla fine uno dei più belli che stia passando. Le è anche tornata la fame. Tutto sommato, qualunque problema abbia quanto meno con Fred, sta passando in secondo piano. Domani è un altro giorno per tirarsi i piatti. In un angolo scorge Betty intenta a cantare una canzone di Natale in compagnia degli elfi e per un istante è quasi pronta a raggiungerli, ma è quasi certa che il suo nuovo compagno di avventure sarebbe ben più lieto di continuare qualunque storia stia raccontando ora, in compagnia della sua bella principessa dai capelli d'oro. Lei è brava con i piccoli; è dolce, affidabile, ispira loro fiducia. Mun in compenso, legge loro Omero; ed è già tanto se non si è data a Proust. Si avvicina di scatto ad Ares, ben consapevole che forse, quella sera non ha avuto modo di parlarci poi tanto. Ed è allora che le viene la geniale idea di lasciarsi alle spalle parte dell'astio, convogliando verso una riappacificazione in un modo non poi molto da Mun. Tira fuori dalla borsa il paio di calzini che tra le tante cose ha ricevuto nel proprio pacco e glieli lancia, per poi iniziare a raccattare diversi tipi di cibo dal tavolo. Prima un panino, poi una crocchetta di patate e infine un pasticcino alla crema. « Così non dici che non ti ho regalato niente. » Afferma in tono scherzoso mentre è ancora intenta a divorare qualunque cosa possa divorare. Lo sguardo si erge per un istante su Fred. E' merito suo. « Allora? Che cosa avevi da spartirti con Weasley prima? » Lo guarda con un'espressione colma di meraviglia mentre gli mostra un sorriso a trentadue denti. Un sincero, uno di quelli che per anni gli ha rivolto e che non sapeva neanche da quanto tempo non ricomparivano sul suo volto. « Non dirmi che state diventando amici. Ares, non ti starai mica rammollendo. » E dicendo ciò gli getta appresso un paio di pop corn da una ciotola lì vicina ancora una volta a mo di scherzo. Lo sguardo si erge di scatto su Nate, non molto lontano in compagnia di Maze e di scatto, il sorriso si fa leggermente più amaro. « Mi manca il Natale a casa nostra. Tutta questa atmosfera festosa potrebbe far rammollire persino una.. roccia.. » Si stringe nelle spalle. « Sai com'è. Qui siamo in mezzo a serpi in seno - non letteralmente parlando - ma stasera guardaci. Siamo tutti carini e coccolosi. Cristo santo, un cliché degno delle migliori commedie romantiche. La parte migliore è che domani torneremmo tutti a starci sul cazzo. » E nel mentre continua a gettargli pop corn addosso, così, per il puro bisogno di dargli fastidio, perché se tutti fanno i figlioli per una sera, non capisce perché lei non può farlo. Forse perché non puoi, Mun. Ecco perché.
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    Ed è allora, mentre sta per dare sfogo ancora alla sua parlantina e dispiegare tutto il suo sarcasmo con il fratello, l'urto arriva in piena. E ha giusto il tempo per vedere Albus salire le scale verso il piano superiore prima di vederlo scomparire. Fantastico. Alla faccia della tregua, qui abbiamo un emergenza ogni due per tre. Non può fare a meno di provare una leggera nota di preoccupazione. Perché qualunque cosa stia succedendo, è un imprevisto. E gli imprevisti di quel tipo non li hanno calcolati. Non si scompone tuttavia. Sorride al fratello e continua a mangiare per una manciata di secondi ancora, prima di stringersi nelle spalle facendo finta di osservare il proprio riflesso nello specchio di una posata lì lasciata sul tavolo. « Ma buongiorno anche a te, Amunet Haelena Carrow. Hai un aspetto terrificante. Perché nessuno mi dice che sembro Samara Morgan? » Metafora perfetta. La bambina che causa sciagure a chi le sta attorno. « Farei meglio a rimediare. E' pur sempre Natale. » E dicendo ciò si congeda, salendo le scale a due a due per inoltrasi lungo il corridoio al piano di sopra.

    Prima parte:
    - Nate cacca;

    Seconda parte:
    - Interagito con Freddie e Maze;
    - Nominati Albus e Betty;

    Terza parte:
    - Roscio diavolo, tutta tua.

    Quarta parte:
    - Interagito con Ares;
    - Nominati Fred, Betty, Albus;

    Lasciata momentaneamente la sala comune. Andate in pace. Amen.



     
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  11. AresCarrow
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    Già, l'umorismo non è decisamente il mio forte.
    Mai stato.
    Ho sempre pensato che ci voglia molta più empatia di quella che ho io per godere del senso dell'umorismo, proprio e altrui, per quello sono sempre stato il più silenzioso fra di noi. Mai avuta la risposta pronta di Nate o il cinico sarcasmo di Zip. Troppo letterale - Se è avvelenato, ci toccherà di morire tutti insieme - rispondo al Corvonero, indicando il pezzo di pizza che il nostro bene amato presidente tiene in mano. L'autoironia, probabilmente, fa parte di quella parte di senso dell'umorismo di cui devono avermi privato da bambino. Lascio comunque che se ne vada, ricambiando la sua pacca con un'altra e voltandomi, spalle al muro, ad osservare la sala. Non posso esimermi dal controllarla con lo stesso atteggiamento di un cane pastore nei confronti del proprio gregge, e pazienza se nessuno mi ha nominato e se perfino in meno paiono apprezzare: uno non può andare contro alla propria natura, e alla fine è proprio quel lato di me che è stato notato, attraverso Lulah, e per cui sono stato arruolato.
    - Mh? - mi passo la lingua sui denti, fra le labbra e gli incisivi, voltandomi di nuovo verso Nate. Mi appoggio con tutta la schiena al muro e mi porto il bicchiere alle labbra. Nemmeno lui ha un bell'aspetto, a dire il vero, ma nessuno sembra averlo per quella sera. Ripenso a tutto il cibo e all'alcool che stanno scorrendo, là in mezzo. Probabilmente domani mattina staremo perfino peggio - E' perché io sono quello bello, del gruppo - aggiungo con una stretta di spalle, lasciando poi cadere il discorso. Non sono serio, ma con Nate mi è più facile godere di un po' di leggerezza. Sono gli anni, che mi servono, e con lui li ho avuti. Anni per essere davvero amico con qualcuno. Arrivo perfino a sorridere, mentre ne seguo lo sguardo alla ricerca di Tom. Uno schiocco delle labbra, e poi altro silenzio. - Sai, ripensavo ad una cosa che mi ha detto Mun... - mi ci vuole qualche momento, per arrivarci, per decidermi. Ma sì, tanto non cambierà nulla comunque - Tu ti getteresti in una delle trappole per tirarci fuori uno di noi? - Che io ne sia disposto è cosa risaputa, e non credo che nessuno lo metta in dubbio.
    Ma al diavolo, io inizio anche a divertirmici.


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    Inizio a pensare che ce la stiano gufando, quando sulle labbra di Fred ritrovo gli stessi sospetti di Zip. E' una cosa cui abbiamo pensato tutti, o quasi, ma che all'apparenza non ha alcun riscontro nella realtà. Intorno a noi la gente mangia e beve con sempre maggiore convinzione, e perfino il mio di stomaco, seppur provato, sta chiedendo altro cibo.
    L'abbondanza, ragazzi, è una trappola in cui è fin troppo facile cadere.
    - Se lo è, io non ne so niente - rispondo tuttavia a Fred con una stretta di spalle e un'espressione, sul viso, che sta un po' a significare "e poi chissenefrega?" - Ormai stiamo mangiando tutti: non vorrai essere l'unico vivo, nel caso, domani mattina? - scherzo un pochino, prima di rispondere con un cenno della mano al suo ringraziamento. Non fa nulla, e anche se probabilmente è un altro per cui non vale il "faresti lo stesso per me", è un'altra di quelle cose di cui non mi importa. Non posso vivere, così, e comportarsi naturalmente è più facile - Aspetterò che tu stia meglio prima di ricominciare - aggiungo però, giusto un attimo prima che Mun arrivi, dovutamente sorpresa. Ricominciare ad odiarci, forse, o a riflettere su come farci fuori a vicenda. Mi sa che, in fondo, questa rivalità abbia anche dei lati positivi.
    Mi volto verso Amunet e le sorrido, senza però dirle nulla. Posso immaginare quali siano le domande che si sta facendo, e c'è una punta di caustico divertimento nel lasciarla sobbollire nella sua curiosità. Alzo il bicchiere - Nate parla troppo, da sempre - decido di liquidare la cosa, prima di lasciarli soli.
    Perché nonostante il buon umore dato dallo stomaco pieno c'è un limite a quello che posso stare a guardare.


    Se mai sono arrivato a chiedermi perché fossi tanto legato a Maze, a suo tempo, la risposta me la ritrovo sotto gli occhi, in pieno spirito natalizio.
    Non è solo la bellezza, o l'attrattiva del vestitino, ma è il modo in cui riesce ad essere naturale, frivola e provocante al tempo stesso, perfino in una circostanza del genere. Come se fosse normale, come se fosse a suo agio - E' quella cosa dell'erba grama. Dicono che non muoia mai, no? - le rispondo, e al diavolo tutto. Dalle parole di Lulah so che c'entra anche lei, in quello che sta succedendo, ma non sono riuscito a capire come ne faccia parte. So che è diversa, ma non so in che modo, ed è una risposta che non sembra intenzionata ad arrivare da nessuna parte. Va bene uguale. Ormai ho imparato a non insistere troppo sulle domande che è meglio che non mi faccia - Ma forse dovrei essere io quello sorpreso di vedere te. Degli uccellini mi hanno detto che eri "altrove", non pensavo di rivederti - aggiungo, e suppongo che, anche se non abbiamo mai discusso dei dettagli, non le ci voglia molto per capire a cosa mi sto riferendo. L'avevo cercata, subito dopo la sua sparizione, lo avrei fatto anche se Lulah non mi avesse detto che era una delle persone da proteggere, ma le ombre mi avevano consigliato di desistere. E' altrove, ora. Non preoccupartene. Difficile, la seconda parte - Beh, mi fa piacere che tu sia ancora intera. Buon Natale - le auguro, facendo per lasciarla andare.
    Non riesco ad esserle indifferente, è inutile, e adesso che Maze ha bruciato il giardino segreto che era il nostro luogo di incontro non rimane molto su cui confrontarsi. Sono geloso, ovvio, di una gelosia che scava dentro come un dito incandescente, ma che senso avrebbe mostrarle qualcosa che evidentemente non le interessa? Era divertente quella gelosia, un tempo, faceva parte del modo di torturarsi a vicenda, ma ora...
    Mi volto, richiamato dalla sua domanda. La osservo per un attimo, chiedendomi che cosa sappia, per poi scuotere lentamente la testa e tornare indietro. Afferro una bottiglia, riempio due bicchieri e gliene porgo uno - Mi è stato chiesto di farlo. Pare serva come addestramento, per quello che ci aspetta - così, come se niente fosse. Come se non avesse importanza. Non ne ha molta, in fondo: la strada che mi è stata indicata è comunque la più naturale, per me - Affrontare e sconfiggere le trappole, non il salvare la gente che ci è finita in mezzo. Quello è solo un... - ruoto un dito in aria, cercando le parole giuste - ...benefit collaterale. Una scusa che spinga a non fare troppe domande. E poi devo ammettere che è divertente, a suo modo: molto più che stare in un angolo a piangere o di vivere con la paura di dove si mettono i piedi - allungo il bicchiere, a farlo tintinnare contro quello di lei. Ammicco, mentre indico con un cenno del capo la gente che ci circonda - E' stato strano scoprire di non avere paura di qualcosa di cui sono tutti così assurdamente terrorizzati - le trappole, il pericolo, la morte. L'adrenalina - Tu ti sei divertita, in gita? -


    - Parlavamo di donne: mi stava dando qualche consiglio per la festa di Capodanno - le rispondo così, d'acchito, come riesco a fare solo con lei. Se è vero che mi ci vogliono anni e che Nate ne ha avuti molti, immaginatevi cos'è con Amunet. Alzo i calzini e me li faccio dondolare di fronte al naso, prima di piegare appena la testa di lato e ridacchiare divertito. Se è vero che quel che conta è il pensiero, quello ha molto più valore di qualsiasi regalo mi abbiano mai fatto. Li ripiego con cura e me li infilo in tasca - Adesso però mi tocca trovare qualcosa con cui ricambiare... - commento guardandomi intorno. Non ho ancora frugato nella mia calza, non so nemmeno dove sia. La prima cosa gustosa su cui mi capita l'occhio è un panettone ancora intonso poggiato in un angolo del tavolo, con la glassa di cioccolato che lo ricopre ancora sana come quando è stato sfornato. Mi allungo a prenderlo, lo sistemo bene su un piatto, ci aggiungo due pasticcini come fiocchetto e glielo porgo - Alta pasticceria, giuro - faccio in tempo a dirle prima di scoppiare a ridere, punito da una prima manciata di pop corn. Lo poggio sul tavolo, afferro un piatto e mi sistemo accanto a lei - No, dai. Amici mai - sarebbe decisamente esagerato - Ma a un buon nemico va dato l'onore delle armi, no? Posso aspettare che si sia ripreso prima di tornare a disprezzarlo per bene -
    Seguo il suo sguardo, e come il suo anche il mio, di sorriso, vacilla nel vedere Maze e Nate insieme. Di nuovo, un'altra cosa da mandare al diavolo - Sai, mi piaceva davvero. Maze intendo - e anche se non credo che Mun ne fosse del tutto all'oscuro, quella è la prima volta che le dico qualcosa a riguardo. Mi riscuoto e mi volto, piazzandomi fra lei e la nuova coppia d'oro della serata - Comunque via, Mun, ce la meritiamo un po' di debolezza. E poi vuoi mettere un Natale senza mamma che ti rimprovera perché sbagli posate? Non ha prezzo. Preferisco gli incubi, giuro. E i Grifoni incazzati - aggiungo bloccandole la mano nel mezzo dell'ennesimo lancio. E sti cazzo di Pop Corn...immergo un dito in una vaschetta di crema, andando poi a sporcarle il naso. Uno scherzo veloce, come il bacio che le stampo poi sulla guancia. Veloce. E pazienza se domani torneremo anche noi a starci un po' sul cazzo - Perché in confronto alle altre sei comunque la più bella delle principesse, no? - le dico allontanandomi e facendole spazio, perché possa andare - E buon Natale -


    Mi appoggio accanto ad una delle vetrate, mezzo seduto sul davanzale.
    Ho lo stomaco pieno e tirato, e un mezzo sorriso stampato sulle labbra. E' strano, dopo due mesi, trovarsi così. Ci sono le risate, ci sono i fuochi d'artificio, ci sono le canzoni di Natale. C'è di tutto e il contrario di tutto ma, soprattutto, c'è spensieratezza. La gente parla e ride, libera la tensione e si distrae. Qualcuno pensa che sia la serata prima delle liberazione, questa, altri che sia la serata prima della fine, ma tutti festeggiano nella stessa maniera.
    Probabilmente è l'alcool.
    Mi allungo verso il tavolo e afferro un bicchiere, riempiendolo di nuovo. Temo di aver bevuto più di quanto non abbia mangiato, ma chissà: anche il mio, di umore, è un po' migliore e questo va bene. Direi che può andare tutto bene, per un'ora o due, no? - In fin dei conti è una bella serata -


    Interagito con:
    1 - Zip, Nate
    2 - Fred, Mun
    3 - Maze
    4 - Mun
    5 - Fermo da parte nella sala, a disposizione di chiunque

     
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    Holden Morgenstern, lo si capirebbe anche solo guardandolo, non è mai stato un tipo da feste, di qualunque tipo esse fossero. Al Ballo di Halloween, quando si era unito ai suoi compagni, sebbene non fosse neanche lì si era sentito un pesce completamente fuor d'acqua, con una leggera nota di disagio a punzecchiargli le viscere. Infine, Natale era arrivato e con esso, un Holden molto diverso da quello che solo due mesi prima aveva calcato, spiritualmente, i pavimenti di Hogwarts. Era un Holden più sereno, forse, per la ritrovata libertà ma che aveva comportato altre ansie, altri crucci. Ripensava ad Alek, continuamente, e alla calma ferocia delle sue parole nel momento in cui l'aveva liberato.. o cacciato dalla Corte dei Miracoli. Cos'avrebbe fatto a Natale? Ma se Aleksandr Marchand, il re dei gitani, poteva essere considerato un pensiero costante, le vicende che ruotavano intorno a Hogwarts e ai suoi prigionieri erano un chiodo fisso. Giorno dopo giorno cercava di carpire informazioni da Daniel su eventuali nuovi sviluppi, sempre troppo blandi per placare il suo animo da cacciatore: inseguivano una preda invisibile. Senza novità, Natale era arrivato e tutti loro erano ancora rinchiusi dentro la fortezza invisibile; Holden, ancora una volta, si era ritrovato inerme a dover fronteggiare un muro invalicabile, stavolta al di là di esso. Non aveva armi per poter rompere le barriere che tenevano ancorati i suoi amici e sua sorella a quel posto maledetto, la sua famiglia, ma avrebbe potuto star loro vicino, ancora una volta. Come loro avevano fatto con lui quando sconsolato si era ritrovato a girovagare senza meta per le strade della Corte, senza via di fuga. Fu seguendo il richiamo dei canti di natale, invaso da essi, che Holden si ritrovò a Hogwarts quel 25 Dicembre, accanto ad una delle figure più importanti da quando il misterioso vincolo li aveva uniti tutti. « Ciao Pervy. » le sussurrò bonario, come una vecchia amica. Non si conoscevano che da pochi mesi, in fondo, e quel musone chiuso, diffidente e paranoico di Holden avrebbe continuato a farle muro - proprio come in una certa misura aveva fatto con sua sorella i primi tempi - ma proprio a causa del legame che univa tutti loro le diffidenze del cacciatore erano state accantonate, una ad una. Dal canto suo, Pervinca sembrò basita nel vederlo e il giovane lì per lì non riuscì a cogliere il motivo, ma gli occhi della strega si alzarono ancora un poco di più e Holden realizzò: indossava ancora le corna da renna e il boa a tema natalizio. « Joaquìn. Zitta, non dire nulla. » Lo spirito natalizio del cubano l'aveva investito in pieno come un carro armato ed era stato lo stesso mago a conciarlo in quel modo, como un divino spirito de navidad! Aveva provato a ringhiargli contro, perché a quei livelli di bassezza non era finito mai neppure nei propri mesi di prigionia!, ma il cuore di Joaquìn era stato talmente tanto potente da invaderlo di quello strano sentimento natalizio. Era caldo e con quello stupido boa sentiva ancora più caldo. Sospirò, rannicchiandosi un poco più vicino a lei. « E' dura, lo so.. non so neppure come si festeggia il Natale.. » lo scorso Natale in fondo l'aveva passato a dare la caccia ad un branco di lupi mannari. Comico, a ripensarci. « ..mi servirebbe proprio la tua guida, anche oggi. » Un modo come un altro per dirle che mi manchi e non sai che darei per farti uscire da quell'inferno. « Però questa tradizione dei doni la conosco! e.. ho una sorpresa per te! » Con il cuore ricolmo di gioia infantile, si alzò e le prese la mano per tirarla a sé, ritrovandosi un secondo dopo in un salone del grande maniero di Inverness, la dimora dei Morgenstern da generazioni. Un alberello mal decorato ed effettivamente molto triste era stato piazzato al centro del salone, decorato con dubbio gusto di palline e ghirlande dai colori che facevano uno a pugni con l'altro. Holden si era impegnato davvero tanto per entrare in quello spirito che, da ogni parte del mondo, centinaia di lupi a contatto con le loro famiglie gli stavano trasmettendo: l'aveva fatto per loro, sentendosi anche un po' stupido, ma perché avessero un luogo in cui tornare. Una persona che pensasse a loro. Il cuore di ghiaccio si è sciolto, oggi? L'alto cacciatore attraversò ad ampie falcate il salone e recuperò da sotto l'alberello una confezione di grandi dimensioni, lunga e stretta. che posò senza tanti complimenti su uno dei tavoli della stanza. « Questo è per te! » Era un baule in legno, al cui interno era stato adagiato un bell'arco con una faretra già piena di frecce. Il viso di Holden si illuminò quando Pervinca aprì il regalo. Il classico regalo per una ragazza, ci sai fare Holden! « Sei davvero migliorata e non ho potuto pensare ad un regalo migliore. E' incantato perché sia più difficile romperlo, proprio come il mio.. » ma c'era qualcos'altro che faceva fremere il cacciatore, che si allungò un po' verso la strega come se dovesse confessarle un segreto che proprio non riusciva più a tenersi dentro. « ..e poi è di frassino! Se ci metti abbastanza forza, con una delle punte puoi ucciderci i vampiri!! » Bello, eh??! Perché non sembri eccitata quanto dovresti? « Te lo terrò al sicuro finché non potrai venire a prenderlo di persona. Ma.. è tuo. Buon natale Pervy. »

    Lasciò Pervinca a festeggiare il Natale nel miglior modo possible e, da bravo Santa Claus improvvisato, iniziò a camminare per la sala comune dei corvonero circondato da persone che non avrebbero mai neppure potuto vederlo. I suoi occhi di falco avevano già individuato gli obiettivi designati, nei volti di sua sorella Beatrice e del ragazzo che decisamente molto spesso aveva visto al suo fianco. E proprio davanti ai due si parò: altissimo, col viso serio e accigliato com'erano abituati a conoscerlo, e con lo stesso paio di corna di renna e boa variopinto al collo. Continuò a rimanere serio, ma i due ragazzi come avrebbero fatto di fronte a Sant'Holden agghindato a festa dalla mano non proprio sobria di uno stilista cubano mancato? « Non è come sembra. » bofonchiò imbarazzato a Percy e Tris, alzando gli occhi al cielo per cercare un altro punto di contatto visivo, uno qualunque. E come sembra allora? Si lasciò sfuggire un sorriso rassegnato, consapevole che qualcuno sotto l'albero avrebbe dovuto fargli trovare quantomeno un briciolo di dignità, ormai perduta. In quel nuovo, bizzarro trio l'incomodo sembra proprio Percy, che fece per sgattaiolare via, quando la mano del cacciatore lo fermò per una spalla. Ma se era proprio te che cercavo! « Scusa sorella, te lo rubo un attimo. » E un attimo dopo, anche Percy venne trascinato a Inverness. Lo stesso salone visitato da Pervinca, lo stesso albero di natale di una tristezza infinita. Il baule di Pervinca giaceva ancora sul tavolo, accuratamente richiuso. Holden fece qualche passo nella stanza, il viso serio e fermo, il corpo ritto e austero. Non si sarebbe mai detto che in realtà fosse parecchio nervoso, ma i due ragazzi avevano la loro magica intesa e Percy era un tipo assai sveglio. « Percival. » Fece qualche altro passo, prima di lanciargli un'occhiata seria. Proprio quell'occhiata. Io so che tu sai che io so. « Volevo ringraziarti, per essere stato vicino a Tris. Non ne ha bisogno e te lo dimostrerà ogni giorno, ma in realtà ne ha un estremo bisogno. » Si portò le braccia al petto, sulla difensiva. Non desiderava assolutamente entrare in affari che non lo riguardavano, specie affari di quel tipo, così intimi e così imbarazzanti. La sfera affettiva di Beatrice, con tutto ciò che ne avrebbe comportato, era un mondo di cui Holden desiderava restare quanto più all'oscuro possibile. Ma Percy esisteva, accanto a loro come compagno e accanto a Tris come qualunque cosa fosse. Impossibile da ignorare ulteriormente. Senza aggiungere altro, si avvicinò all'alberello così esteticamente sgradevole e recuperò un pacchettino, che offrì a Watson. Conteneva un libro apparentemente malandato, ma che in realtà era solo una copia magicamente ottenuta da un vero libro, veramente malandato. "Diari di Jonathan Morgenstern, il primo Cacciatore" era, nella biblioteca del Patriarca, la sua lettura preferita e conteneva moltissime informazioni sul mondo in cui Tris e Holden erano cresciuti, precetti e tradizioni rimasti immutati per secoli. Il Patriarcato, la Gilda, il periodo di formazione lontano da casa, le armi, un compito ottenuto da Dio. Il loro antenato - o più probabilmente il frate guardiano al suo servizio - aveva trascritto tutto questo e molto altro in quegli appunti manoscritti. « Quello che lei ti dirà sarà solo una minima parte di ciò che ti servirà per capirla.. » Perché siamo fatti così. Difficili. « ..ma se vorrai farlo, quello ti servirà. Se non vorrai, avrai dell'ottima carta per accendere un fuoco. » Nessuno al di fuori della famiglia avrebbe mai potuto leggere qualcosa del genere, gelosamente custodito negli archivi di Inverness. Ciò che stava condividendo con Percival era più di un semplice libercolo di appunti. « Mi è sembrato che tu riesca a renderla felice. Impegnati a farlo. » e con questo, ermetico come sempre, non ebbe più altro da dirgli. Per i suoi gusti, si era impicciato fin troppo. Solo un pensiero, che non riuscì a controllare, balzò fuori dalle sue labbra, come se stesse parlando più a sé stesso che non al compagno: « A volte, mi ricordi Richard. » Mio padre. La persona che Holden aveva ammirato di più al mondo, per la sua fermezza e la sua forza, e allo stesso tempo quella che per i suoi comportamenti aveva odiato di più. Era un complimento? Difficile dirlo. Prima ancora di essere un formidabile e potente cacciatore, Richard Morgenstern era stato un grande uomo, un fedele compagno, un amico fidato e un ottimo padre.. finché Elizabeth Matthews era stato al suo fianco. Pregi che di tanto in tanto credeva di vedere in Percival, germogli pronti a sbocciare e ancora così pericolosamente fragili.

    E in un batter d'occhio, Tris fu nuovamente accanto a loro, riscaldati dal bel camino acceso della sala comune di Corvonero. Ignorò con tutta la nonchalance che poté l'occhiata che la cacciatrice rivolse loro, al contrario ne scoccò una piuttosto eloquente a Percy, prima di lasciarlo andare. Così come quello di Pervinca, anche il suo regalo era stato messo al sicuro per quando sarebbe uscito. Si voltò allora verso la sorella, abbandonando la severità che si era tenuto addosso, stimolata e amplificata dall'imbarazzo di una conversazione che proprio non avrebbe voluto affrontare, ma che sentiva di dover fare. Prese la mano di Tris e indietreggiò di un passo, risentendo sotto la scuola delle scarpe il soffice tappeto del salone di Inverness. L'albero di Natale fu la prima cosa che saltava all'occhio entrando nella sala, per via della sua bruttezza, ma all'occhio attento di Beatrice non sarebbero di certo sfuggiti gli altri addobbi che decoravano la sala, non più belli di quelli che adornavano l'albero stesso. « Non mi è uscito tanto bene.. » commentò, con un'alzata di spalle. Eppure, si vedeva lontano un miglio, in quell'albero era nascosta tutta la buona volontà di cui il cacciatore fosse stato capace, tutto l'impegno e tutto il cuore che aveva erano lì. « E comunque tranquilla, non l'ho minacciato di morte.. Percy, intendo. » So che l'hai pensato. Non che Holden Morgenstern fosse avvezzo a minacce di morte, così come a qualunque altra minaccia che non fosse poi seguita dal reale fatto, perché minacciare a vuoto proprio non era da lui. Ma sapevano entrambi quanto, da lupo, sapesse trasformarsi in cane da guardia se una anche solo lontana e possibile minaccia a sua sorella si parasse all'orizzonte. Nessuna minaccia stavolta. Si portò le mani in tasca, vagamente imbarazzato nel ritrovarsi insieme a Tris intorno a quell'aria festiva mal realizzata e non a caso. « Ho ripensato tanto a quello che mi hai detto.. sai, che la nuova generazione non avrebbe dovuto vivere come noi. » Loro che così tante feste le avevano passate semplicemente chiusi nei reciproci monasteri, in Armenia e in Siberia, a continuare a fare ciò ce facevano tutto il resto dell'anno. Il natale a Romansburg consisteva in una messa incredibilmente più lunga del normale e una veglia notturna che Holden aveva odiato con tutto sé stesso il primo anno, ma a cui si era abituato nei tempi a venire. Nessuna forma di calore, nessun superficiale albero né tanto meno doni. La tipica usanza dei regali fu una tradizione con cui Holden dovette scontrarsi una volta tornato alla "civiltà", prendendo atto del fatto che lui di regali non ne sapesse proprio niente. Come si fa un regalo? Mistero della fede. E cos'avrebbe dovuto regalare a Tris? Lei in fondo aveva tutto ciò che di materiale le servisse e quel poco che non aveva le sarebbe stato inutile, chiusa dentro una gigantesca trappola che attendeva ogni giorno un passo falso. Fu allora che, riflettendo a lungo, iniziò quasi spontaneamente ad addobbare quella sala del maniero, aiutato dai più piccoli della Gilda. Allargò le braccia, mostrando a Tris ciò che si era persa durante le festività, ciò che la attendeva una volta uscita. « Questo è il mio regalo per te. Oggi staremo insieme, io e i piccoli con le loro famiglie. Ci scambieremo dei doni.. credo.. si fa così vero? E domani faremo un pranzo insieme. »
    Un regalo per cui stava faticando da giorni, andando contro il proprio io schivo e chiuso per fare proprio come avrebbe fatto Tris, se fosse stata là: tenere uniti tutti. Ci sto provando, a tenerli uniti finché non tornerai. Ringraziava il cielo ogni giorno della presenza di Daniel e perfino di nonno Matthews, senza i quali non avrebbe realizzato un millesimo di quello. Era la normalità quella che desiderava donare a Tris, la felicità di una vita tranquilla da giovane donna che la sorella desiderava così tanto. Non aveva idea di come fare, lui che una vita del genere faticava perfino a concepirla, ma forse un pranzo di Natale sarebbe potuto essere un buon punto di partenza. « Qui ti aspettiamo tutti. Anche quelli che brontolano quando dai loro ordini. » Sorrise con una tenerezza frammista a nostalgia, nel vedere quanto Inverness fosse vuota senza Beatrice, pur con tutta la vita che vi pullulasse. Avanzò verso la sorella, avvolgendola con le braccia in un abbraccio stretto. « Ho visto come ti stai comportando. Stai facendo bene, Tris: ti stai comportando bene. Sono davvero fiero di te. » Affondò il viso tra i suoi capelli, il profumo della sua pelle lo invase malgrado i kilometri di distanza e le decine di barriere magiche frapposte tra i due fratelli. Di nuovo furono tra i rumori e i frastuoni di Hogwarts, quando Holden lasciò andare la sorella. « E' soltanto un giorno, da domani si torna a caccia. » Non creature, ma risposte. La guardò un'ultima volta negli occhi, intensamente, lasciandola andare infine. « Buon Natale, sorella. Io sono con te. » Ti voglio bene Beatrice, anche se non so bene come dirtelo.


    OH-OH-OOOH BUON NATALE! NON BEVETE MOLTO, MANGIATE MODERATI E PREGATE TANTO CHE GESU' BAMBINO SE NO PIANGE

    Prima parte: tutta per Pervinca <3
    Seconda parte: tutta per Percy #brotp
    Terza parte: tutta per Tris
    Nominato qua e là Joaquìn artefice del sobrissimo outfit di Holly.
     
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    « Dici che ci aveva già preso i regali di Natale prima del ballo? » Sta rovistando un po' ovunque, nei tipici posti in cui potrebbe nascondere la roba seria. Sotto il materasso, tra gli assi del pavimento; e poi si da a ricerche anche più approfondite in bagno. Lo scarico è sempre un ottimo posto. Ma quando sente quelle parole, di scatto Jamie si ferma e lo guarda con un chiaro sguardo di disapprovazione. « Dai dai, se dici che ha qualche sorpresa, facciamo veloce che poi se rientra e ci vede a cercare i regali si offende. Mia mamma si offendeva una cifra quando mi beccava. Oh, però poi dobbiamo rimetterli a posto come li abbiamo trovati, sennò se ne accorge. »
    tumblr_p0vmuf6tM61rbxaj6o1_250
    No. Non è vero. Non lo sta dicendo davvero. E' tutto un complotto cosmico e io ne sono la principale vittima. « Dorian, ma che cazzo dici! » Sempre signorile la Monroe, Una vera dama di alta classe. Non c'era da stupirsi se i signorotti la adoravano. Un esemplare del genere di certo negli alti salotti non lo trovavi neanche a cercarlo col lanternino. « Prima di tutto, Zip piuttosto che comprarmi un regalo si taglierebbe il cazzo a fette. » Cristo santo, ma allora il tatto è morto. « E poi, ovviamente non stiamo cercando nessun regalo, Dorian. Stiamo cercando la droga. Erba. Pasticche. Cose serie. Roba che ti fa sballare. Roba che ti fa dimenticare che siamo chiusi in questo posto di merda con una manica di stronzi. » Si guarda attorno, con fare circospetto. Dove potrebbe nascondere Trambley la roba buona? Per quanto è stronzo probabile che se la sia ficcata nel.. Si ok, Jamie, abbiamo capito. Continua a cercare, cerca eventuali mattoni traballanti nei muri a vista della torre, ma niente. Trambley ha evidentemente ripulito tutto, e a dirla tutta, a cose fatte, se lo aspettava. Tutto poteva dire a quel demente, tranne che fosse stupido. Sapeva il fatto suo. Non poteva certo diventare uno straccione ripulito se quanto meno non avesse avuto un minimo di sale in zucca. « Forse dovevano provare con Gauthier o la Weasley. Quelli per stare come stanno, minimo si sniffano qualcosa di veramente buono. » Ed effettivamente li odiava entrambi. Il primo era sempre calmo, come se stesse nulla potesse scalfirlo, la seconda, a parte qualche momento da Madonna Addolorata in cui ricordava le terribili sorti di quello stronzo di Edmund Kingsley, sembrata tutto fuorché impressionata dalla situazione che si andava creando. E questo voleva anche Jamie. Essere fatta come una pigna per dimenticarsi anche solo per un istante tutto il sangue che ha visto negli ultimi tempi, tutte le morti inutili e per lo più stupide a cui aveva dovuto assistere e forse soprattutto dimenticarsi le cose orribili che a volte si è ritrovata a fare per restare a galla. Tipo ripulire i cadaveri, oppure mettere il sovrapprezzo di scambio per cose di prima necessità. Lei non era così. Lei non era quello, ma quel posto ce la faceva diventare. Una fottuta iena del cazzo. « Mi dispiace deludervi, cuccioli, ma non troverete niente qui dentro. Ma visto che mi sento decisamente in linea con il mood natalizio.. Mi sento buono e ho comunque qualcosa per voi. » Ecco che adesso fa lo stronzo. Guarda come se le prende. Ti mancavano le botte eh Zip? Ti mancavano. Ora te le prendi. « Se sei venuta fin qui, credo tu l'abbia fatto per questa. » Ecco, mettiamola in quest'ottica. Jamie odia sbagliarsi. Odia non avere ragione. Odia sapere internamente una testa di cazzo e non avere alcuna scusa. Solitamente è brava a trovarsele. Mi sono comportata così, perché sono stata costretta. Perché purtroppo il mondo è brutto e cattivo con me e quindi io reagisco di conseguenza. Ma nel vedersi quella fetta di Paradiso tra le mani, abbassa lo sguardo piuttosto confusa. Beh ora non ti aspetterai anche un grazie. « Non c'è di che. » Tira su col naso con fare vaga prima di sedersi in un angolo da vera tossica iniziando a preparare l'occorrente per rollare tre sigarette. Le cartine ce l'ha, per i filtri usa la copertina cartonata di una rivista di dubbi argomenti trovata durante le ricerche sotto il materasso del suo compagno di stanza, e alla fine, in poco tempo, Jamie torna da due con tre sigarette perfettamente impacchettate. « Tiè, guarda che capolavoro. » Salta sul tavolo mettendosi a sedere di fronte ai due e afferra la propria bottiglia di birra sorridendo finalmente allo stronzo e poi a Dorian. « A questa festività di merda? » « E ai giorni che ci restano da vivere, signori. Se sono pochi, che siano almeno.. memorabili. » Colpisce le bottiglie di entrambi prima di concedersi un lungo sorso di birra, susseguito dal rituale accendere della propria canna. Scocca la lingua contro il palato, buttando fuori il primo tiro. « E tu com'è che sei così gentile? Lo spirito del Natale ti ha contagiato tutto insieme? » Guarda Dorian con fare eloquente, prima di rivolgerglisi direttamente. « No serio è tuo amico, ti prego spiegami che cosa gli è preso. » Pausa. « Vuoi sentirgli la temperatura? Per me ha la febbre. O ha scoperto di essere sul punto di morire e sta rimediando a tutti gli errori del passato. Tipo l'avermi reso la vita un infero - grazie tante Zip. » Un altro tiro prima di saltare da Dorian a Zip. « In ogni caso.. » In ogni caso cosa Jamie? Sempre qualcosa da ridire. « ..la roba è passabile. »

    Non sa quanto tempo sia passato. Sa solo che si sente coinvolta da quel leggero torpore tipico della roba buona. Adagia la schiena contro la parete alle sue spalle e allunga le gambe sulla scrivania, noncurante di cosa potrebbe colpire. Ed è allora che vede una figura molto famigliare passare di fronte all'uscio della porta. « BYRNE! Vieni qua! » E dicendo ciò scoppia a ridere allungandole la canna. I pochi tiri che sono rimasti dovrebbero bastarle per rilassarsi a sua volta. « Vieni a fare festa con noi. » E che festa ragazzi. Tre rincoglioniti, ognuno sommerso dai propri pensieri, a sentire le canzoncine di Natale che riempiono l'ambiente al piano di sotto, il trambusto di gente affamata e zero voglia di vivere. L'effetto collaterale dell'erba è che pensi troppo. E la Monroe si ritrova istintivamente a pensare a quanto diverso sia stato lo scorso Natale a casa sua. Se ne è lamentata non poco, ma a ben guardare, poteva davvero andare molto peggio. Suo padre era appena uscito di prigione e fino al momento del ritorno a scuola non ricorda di averlo mai visto non lercio. Poi c'erano Jay, Laurel e Albus: la famigliola felice, con sua sorella intenta a fare la piattola con un ragazzo che chiaramente preferiva giocare con le macchinine e i trenini piuttosto che lasciarsi dare anche solo un bacio sulla guancia. E poi c'era lei a cercare di tenere un po' tutto insieme. Ripulire lo sbratto del padre, sorbirsi le crisi esistenziali di Laurel e tentare di dare una parvenza di normalità alla casa in cui quel nanetto viveva. A ben guardare però, appunto, poteva sempre andare peggio. Quest'anno suo padre il Natale lo passava di nuovo in prigione, di Laurel e Jay ormai non aveva più notizie e persino Potter era introvabile ormai da settimane. « Mio dio, che festa del cazzo. » Sbuffa infastidita guardandosi intorno finché alla fine non guarda l'amica con uno sguardo leggermente più malizioso, prima di rivolgersi a Dorian. « Sai che ti dico? Mettiamo su un pokerino. Uno speciale. » E dicendo ciò solleva le sopracciglia con fare allusivo prima di saltare giù dalla scrivania sedendosi per terra, facendo cenno al compagno tasso di fare altrettanto. Uno sguardo di invito va sia a Zip che a Fawn. « Sempre se non siete dei cagasotto, ovviamente. » Dubita fortemente che qualcuno lì in mezzo abbia poi questi grandi problemi. Da una pacca sulla spalla di Dorian, invitandolo a preparare le carte, dando per scontato che non dirà detto di no, perché andiamo Dorian, nemmeno tu puoi dire di no all'idea di rifarti un po' gli occhi, suvvia.

    - Interagito con Dorian, Zip e Fawn.



     
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    « C'è chi sta peggio. Tu? » Quasi non fa caso al contenuto delle parole che le vengono rivolte; è più concentrata, piuttosto, sul volto del Grifondoro, e già la sua espressione accigliata e vagamente abbattuta può rispondere in modo esaustivo alla sua domanda: no, non sta bene per niente. Stringe le labbra in una linea retta, gli occhi scuri che paiono intristirsi un po' di più. Malia, al contrario di Fred, difficilmente riesce a individuare tra i presenti qualcuno che abbia subito una sorte peggiore della sua: perso per giorni nella Foresta, una volta fuori non è più capace di camminare per conto proprio, costretto ad essere scarrozzato in giro dai propri compagni, e divenuto all'improvviso facile vittima delle ignobili trappole del castello.
    Ma la mora preferisce evitare di rincarare la dose: e per quanto siano ben chiari ai suoi occhi il disagio e la stanchezza del rosso, si decide per una volta a far finta di nulla e sorvolare il problema - almeno per ora. In fin dei conti c'è ben poco che possa fare o dire che sia in grado di risollevargli il morale. Così si stringe nelle spalle e gli rivolge un sorriso sincero, sebbene un po' impacciato. E come stai tu, Malia? Altra domanda da un milione di galeoni. « Diciamo che... sono ancora viva, ecco. E direi che questo è l'importante » scherza, incontrando il suo sguardo. Realizza in quell'istante che è diventato inutile stare a parlare di quello che provano, in un contesto simile. Talvolta, quando si pone questi interrogativi, si accorge di non sapere più rispondere. Ci sono momenti in cui Malia, al di là del dolore fisico, della stanchezza, della fame o del sonno, non prova assolutamente niente. Momenti in cui la sua essenza pare più vicina a quella di un guscio vuoto che a quella di un essere dotato d'anima. E pensa che ci hanno provato in tutti i modi, a ribellarsi, eppure alla fine Kingsley è riuscito a prendersi anche questo.
    « Io..ho avuto poco tempo per farti un regalo. » Aggrotta la fronte, guardandolo confusa. Regalo? « E sì insomma, ti posso far fare un giro sulla sedia se vuoi.
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    Funziona un po' di merda ultimamente, ma quando le piglia a bene è incantata e si muove sola a seconda di dove vuoi andare. ...Quando l'è presa a male l'ultima volta mi stava portando dritto al lago nero dal kraken ma sì insomma, dettagli. »
    Sorride. Lei, dal suo canto, presa dalle mille cose da fare al castello, quasi aveva dimenticato che quella fosse la notte di Natale. Di certo non si è soffermata a pensare ai regali, in un momento del genere.
    « Posto che credo che quest'anno siamo tutti un po' dispensati dal preoccuparci dei regali, credo che accetterò il giro sulla tua sedia magica. Sempre che io le faccia simpatia... Non ho alcuna intenzione di finire in pasto al Kraken in questo modo. » Ridacchia, appoggiando il gomito alla spalliera del divano, mentre rimugina su che morte orribile sarebbe. È sopravvissuta al Campo di Quidditch, alle armature assassine nel bel mezzo dei corridoi, alla furia del Platano Picchiatore... verrebbe proprio da ridere se ci rimettesse la pelle perché una sedia antipatica ha deciso di farla finire in qualche trappola così, per divertirsi.
    « Il tuo principe azzurro dove sta? » Le parole di Fred la distraggono dai suoi dialoghi mentali con sé stessa, lasciandola per qualche istante con le labbra leggermente schiuse, l'aria confusa. Quando finalmente nella sua testa capisce a chi si sta riferendo il giovane Weasley, non può fare a meno di scoppiare a ridere.
    « Principe azzurro? » ripete dunque, ridendo ancora, quasi sconcertata da quel termine che nella sua testa così poco si addice alla figura di Sam. E non tanto perché lui non si adatti all'immagine dorata e da favola del principe perfetto sul proprio cavallo bianco; quanto più perché è proprio quest'immagine a non averla mai affascinata più di tanto, nemmeno nella sua infanzia. Comincia, istintivamente, a guardarsi intorno, per cercarlo: si sono salutati prima di raggiungere la Sala Comune e il fatto di non averlo ancora incrociato con lo sguardo inizia a preoccuparla. Lo intercetta qualche istante dopo, accanto ad un tavolo, mentre mastica qualcosa ed è intento a parlare con una ragazza che non può identificare, perché di spalle. Sospira impercettibilmente, un po' più sollevata nel vederlo. Cerca di cogliere il suo sguardo, ma Fred parla di nuovo, attirando la sua attenzione con una gomitata.
    « Vi siete fatti qualche regalino speciale per Natale? » Ride insieme a lui, scuotendo leggermente la testa. In un certo senso si domandava quando le battutine sarebbero cominciate ad arrivare.
    Scuote la testa, un sorriso inevitabilmente stampato sulle labbra, mentre ricambia la sua gomitata. « No, nessun regalino... E smettila di prendere per il culo. » Sta ridendo, tuttavia, e probabilmente per questo il suo ammonimento pare avere poco di serio.
    « Sono contento, comunque, se vi siete ritrovati. » Le sue labbra s'incurvano naturalmente in un sorriso, a queste parole. Non sa bene ancora come definire quello che sta succedendo con l'ex Serpeverde, forse ritrovarsi è il termine migliore che fin'ora le è venuto in mente. Di certo trovare una definizione è l'ultima cosa di cui ha da preoccuparsi di questi tempi. Annuisce piano, mostrandosi grata per la gentilezza di Fred, che viene subito smorzata dalla sua ultima battuta: « Continuo a volerglielo mollare, un pugno sul naso, ma sono contento. » E a quel punto rotea gli occhi al cielo, emettendo uno sbuffo esasperato.

    Il caos puro. Una miriade di luci scintillanti che schizzano da tutte le parti proprio di fronte a loro, vorticano e ruotano all'infinito tra le risate e lo stupore generale. Anche Malia ride, soddisfatta, mentre con il palmo della mano si pulisce un po' di cenere dalle guance. Un gruppo di loro, probabilmente colto dall'atmosfera gioiosa che quei fuochi inevitabilmente emanano, ha perfino cominciato ad intonare canzoni natalizie. La rende incredibilmente felice notare quanta gente si sta divertendo, grazie alla trovata di Fred. E lei spera, in cuor suo, che questo possa far stare un po' meglio il giovane Grifondoro. « Ad Albus ed Hugo sarebbe piaciuto un sacco. Spero che, in qualche modo, possa aiutarli a ritrovarci. » Abbassa lo sguardo, per incrociare quello del proprio amico, una mano che istintivamente va a stringere la sua, con l'intento di infondergli un po' di sicurezza.
    « Ne sono sicura. » Gli sorride, decisa, per poi tornare ad ammirare quei fuochi ancora per qualche istante. Nemmeno le sue parole, però, sembrano essere in grado di tranquillizzare il ragazzo, che presto sceglie di rientrare, nonostante la maggioranza di loro resti ancora fuori. Sospira, guardandolo allontanarsi, mentre si stringe nelle spalle. C'è ben poco che possa fare per sollevargli il morale, e capisce d'altronde che in questo caso è giusto lasciare che si prenda i suoi spazi in solitudine, senza assillarlo troppo o costringerlo a parlare. È stata contenta, per lo meno, di aver visto il sorriso sul suo volto, anche solo per qualche minuto, mentre architettavano quella sorpresa per tutti.
    Si è avvicinata a Betty Branwell e al gruppo di persone che le sta intorno, cominciando ad intonare insieme a loro uno di quei canti di Natale che mettono allegria, quando si ritrova a sussultare, presa alla sprovvista, nell'avvertire un braccio cingerle la vita all'improvviso. « Pensavi forse ti avrei lasciata da sola? Proprio questa notte? » Udire quella voce al suo orecchio le concede di rilassare i muscoli, e di sciogliersi in un sorriso un po' stupido.
    « In realtà cominciavo a preoccuparmi di trovarti moribondo da qualche parte per overdose da pollo fritto. » Ridacchia, ruotando leggermente il capo per incontrare gli occhi di lui. Lascia che la prenda per mano, e lo segue poco più in là, non lontano dall'entrata della Sala Comune, dove il chiacchiericcio dei presenti è meno concitato ed è più facile parlare. Rimane a guardarlo, curiosa, quando fruga dentro al suo zaino e ne tira fuori un pacchetto incartato con della carta da giornale, che le porge. Se lo rigira fra le mani, un po' sorpresa, per poi guardarlo, inarcando le sopracciglia.
    « Boh, io non sono tanto capace in queste cose, lo sai.. Ma Babbo Natale mi ha lasciato questo in camera, stanotte. Dice che è per te. » Le pare strano, eppure le sembra per qualche istante di riuscire a percepire quanto meno una punta di imbarazzo nella voce di lui. Allora gli sorride, quasi a volerlo rassicurare. Ma le sue mosse sono tutto fuorché calme, perché, presa dalla curiosità e dall'impazienza, scarta quel pacchetto con una certa rapidità; e non può che sorridere ancora, inevitabilmente, quando ne scopre il contenuto. Lascia cadere a terra la carta di giornale, mentre si rigira fra le mani la felpa grigia del ragazzo, quella per il cui possesso hanno litigato fino a qualche giorno prima. Solleva lo sguardo per incrociare il suo, e scoppia a ridere, inevitabilmente. « Dice anche che ha supposto sia la tua preferita, dato che continui a fregarmela senza ritegno, ogni volta che mi distraggo due secondi. »
    Scuote leggermente la testa, mentre stringe al petto il nuovo indumento del suo guardaroba. « Adesso non avrò più modo di fregartela, perché è mia » rimbecca allora, dondolando sul posto, con fare trionfante. Si avvicina a lui e ricambia il suo leggero bacio sulle labbra, rivolgendogli poi un sorriso sereno, quando se ne distacca. « Buon Natale a te, Scamander. E grazie. » Per la felpa, e per esserci. Si stringe nelle spalle, mentre solleva leggermente il proprio regalo e si ritrova a sorridere fra sé e sé, un po' come un'ebete. Si affretta allora a sfilarsi di dosso la giacca che indossa, quella trovata nel pacchetto di Kingsley, per poi infilare al posto di quest'ultima la felpa di Sam, che ovviamente è almeno due taglie più grande della sua misura, e le cui maniche deve tirar su per bene per poter fare uscire le proprie mani. Abbassa lo sguardo, come per rimirarsi, e riprende a sorridere, tornando a guardare lui. « È perfetta. Visto come mi calza a pennello? La adoro. » Si avvicina, per unire nuovamente le labbra a quelle di lui, concedendosi questa volta qualche istante in più, mentre una mano gli accarezza delicatamente la guancia. Ci sono momenti, come questo, in cui sa di non essere un guscio vuoto. Sa di essere ancora viva, nonostante Kingsley e le sue crudeltà. È facile dimenticarsene, di tanto in tanto, ma basta poco - dei fuochi d'artificio, un canto di Natale, un bacio, un regalo inaspettato - per ricordarsi che loro sono molto più che semplici carne, ossa e sangue messi insieme. Che c'è altro.
    « Ti va uno scambio equo? » si ritrova a chiedergli, qualche minuto più tardi, puntando gli occhi in quelli chiari di lui. Non che si senta in difetto, o in qualche modo in dovere di ricambiare, ma semplicemente ha voglia farlo. Qualcosa di mio per qualcosa di tuo. Solleva il proprio braccio sotto la luce di una delle scintille di Fred che svolazza ancora lì vicino, e traffica per qualche istante. Non appena riesce a trovarlo, in mezzo agli altri bracciali che le adornano sempre il polso, lo fa ruotare leggermente per riuscire a slacciarlo. Un bracciale di cuoio scuro, semplice, senza nessuna particolare scritta o decorazione, scolorito in alcuni punti e segnato un po' dal tempo. Ma lei lo considera il più bello di quelli che possiede, perché ha una storia. Gliel'aveva regalato una sua amica babbana, prima che partisse per Hogwarts, e l'ha sempre indossato da quando aveva tredici anni. Con una mano solleva il braccio di Sam, per poi legarlo al suo polso. Resta a guardarlo per qualche istante, prima di sollevare lo sguardo sul ragazzo. « Non è il massimo, lo so. Ma c'è il mio nome inciso all'interno, e così almeno so che non riciclerai il mio regalo per darlo a qualcun altro. » Manie di protagonismo, Stone? Forse un pochino sì. Le dita di una mano risalgono il suo maglione, con delicatezza, per poi fermarsi su quel punto stracciato, all'altezza del petto, che trova leggermente sporco di sangue.
    Inarca un sopracciglio, e torna a guardarlo negli occhi. « E chissà, magari questo ti aiuterà a pensarci un pochino, a me, prima di cacciarti nei guai » è il suo ammonimento finale, dal tono perentorio.
    Per i bimbi adorati Freddie e Sam <3
     
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    Difficile da credere -o quasi impossibile, potremmo dire- ma Lux ha sempre adorato il Natale. Un vampiro, il vampiro, amante della festa dedicata a Nostro Signore, paradossale -è vero- ma still a better story than Twilight. Eddyking aveva pensato proprio a tutto. Cibo, addobbi, persino delle calze appese con sopra i nomi dei suoi piccoli, adorabili traditori! Un vero maestro, come suo solito. E da bravo spirito del Natale, Luxie non avrebbe mai potuto perdersi una festa di tal genere. Quindi eccolo lì, signore e signori, avvolto da quel suo solito cappotto lungo e nero come la notte, ad aggirarsi attorno al sontuoso banchetto. « Non c'è nulla al sangue? » Chiede, a tutti e nessuno in particolare, forse sta persino parlando da solo, e non sarebbe una novità. Adocchia un elfetto domestico intento a sistemare un ultimo vassoio sul tavolo, e decide allora di avvicinarsi. « Nemmeno un piccolo 0 rh-? ..No, niente? » La creaturina sobbalza non appena alza lo sguardo verso di lui, i grandi occhioni gialli spalancati. Un sorriso che ha del diabolico si dipinge sul volto del vampiro, a quel punto, che si china in avanti fino distanziarsi di solo pochi centimetri dal viso scavato dell'elfo. Scuote la testa la creaturina, che ha preso a tremare piuttosto vistosamente, e Lucien sorride. Ma in quel sorriso perlaceo, traspaiono due lunghi e scintillanti canini molto più lunghi del normale, mentre le iridi hanno assunto improvvisamente un colorito scarlatto. « Ti ringrazio lo stesso. » Sibila, qualche secondo prima che l'elfo getti un urletto stridulo e inizi a correre dalla direzione opposta. Si rialza di scatto allora, Lux, il viso che ha assunto nuovamente ogni fattezza umana abbandonata soltanto qualche secondo fa, e ride, poggiandosi una mano sulla pancia. Ah, è questa la vera magia del natale, terrorizzare a morte piccoli elfi. Scorge lo sguardo di alcuni studenti fisso su di lui, e si stringe nelle spalle scuotendo la testa, con fare innocente, prima di agguantare un calice di vino rosso. Beh, almeno potrà illudersi che sia sangue, in un certo qual modo. Decisamente triste, ma megliob di niente.
    jC2YDWZ
    Ed è seduto a gambe a cavallo su di una poltroncina, non appena la vede arrivare. Regina di qualsiasi tipo di attenzione, Mazikeen indossa un abitino natalizio che lascia ben poco spazio all'immaginazione, capace di fare apprezzare il natale persino al Grinch. Esplosiva, come suo solito. Istintivamente, si inumidisce le labbra nel vederla trotterellare tra i vari presenti, ma non fa nulla per andarla a salutare, restando lì dov'è, maestro nel passare inosservato, quando vuole. E' a quel punto che il suo sguardo viene catturato da due sagome alla sua sinistra. A qualche divanetto di distanza, ci sono loro. Piega la testa di lato, mentre un sorriso affilato si staglia sul suo viso scarno. Agita una mano per salutarli, quasi fossero amici di vecchia data. Cosa che in effetti, in un certo qual modo, sarebbero. « Tris, Percy! » Squittisce con tono gioviale, prendendosi una libertà che non gli apparterrebbe, nel chiamarli coi loro soprannomi. « Perchè quei musini così seri? Andiamo, è una festa. Prendetevi una pausa, il male non colpisce a Natale » E questa è una grandissima cazzata. L'ennesimo sorriso che tutto ha, tranne del rassicurante, prima di rivolgere lo sguardo sulla mora. « Ho saputo di tuo fratello, mi dispiace tanto. Essere rinchiusa quì mentre lui è lì fuori, tra le mani di chissà chi... » Scuote la testa con fare teatrale, un'espressione dispiaciuta degna dei peggiori teatri dei Caracas « Dev'essere snervante. E voi Morgenstern siete pericolosi, quando vi lasciate prendere dai nervi. » Il tono di voce è ambiguo, mentre scivola in avanti con l'intento di rialzarsi. Si passa una mano fra i capelli, sistemandosi il lungo cappotto nero. « Mi son sempre chiesto se anche tu picchi duro come lui, quando succede. » Una lunga fila di denti perlacei trapela questa volta attraverso le sue labbra sottili, per accompagnare quella frase che sembra voler dire tutto e niente. A quel punto si alza, guardandosi attorno, mentre si perde tra la folla di studenti. Il male non colpisce a Natale, eh Lux? Segue un gruppetto di ragazzine che si stanno dirigendo alle loro calze. Non più che quindicenni, ridacchianti e particolarmente appetitose. Un ottimo acquisto, per la sua collezione. O il suo menù. O come regalo per Ophelia, per farsi perdonare della sua assenza. Sta per attirare la loro attenzione con qualche trovata delle sue, quando nota il suo nome, proprio il suo, finemente ricamato su di una delle calze natalizie. Piega la testa di lato a quel punto, quasi come a volersi accertare che sia vero, e quando ciò avviene, saltella sul posto, battendo le mani. Un bambino di dieci anni sarebbe più maturo. « Non ci credo! E' tutta per me! » Annuncia ad un pubblico che non lo sta minimamente calcolando. Ma poco gli importa, perchè al momento, la prospettiva che qualcuno abbia pensato a lui per Natale riesce addirittura a sovrastare i suoi istinti da attention whore. Quindi si avvicina, agguantando la calza ed aprendola con una certa eccitazione. Una fiaschetta di sangue (magico!), un'ampolla con un liquido violaceo che è meglio non identificare, e lui....Un meraviglioso maglione di Natale. E con meraviglioso intendiamo orripilante. Squittisce come una Paris Hilton qualunque mentre si sfila la lunga giacca lanciandola su di uno studente non ben identificato. (« Scusa me la tieni? Grazie! ») e sta per infilarsi il maglione sopra la maglietta, quando il suo sguardo saetta, di nuovo, su di lei. Sta parlando con un ragazzo che nella fretta del momento non identifica neppure. Un ringhio sommesso sembra trapelare nel traffico generale della serata. Quindi si rigira, liberandosi della maglietta e restando a petto nudo quel tanto che basta per attirare l'attenzione di quel gruppetto di ragazzine, questa volta. Sorride loro, mellifluo, e solo allora si infila l'imbarazzante maglione, riappropriandosi della giacca ed infilandola a sua volta (ovviamente, la maglietta l'ha lanciata da qualche altra parte colpendo chissà chi). « Allora come stoooo? » Fa più di una giravolta su sè stesso per farsi ammirare, e dopo qualche altra insinuatina sottile, scompare di nuovo tra la folla.

    Per quasi tutta la serata, dunque, lo si può scorgere a saltellare tra i presenti, distribuendo loro biscottini natalizi tirati fuori da chissà dove, ma che lui afferma di aver cucinato con le sue amorevoli manine. Lo si scorge prima in un angolo, poi un istante dopo da una parte completamente opposta, a metri di distanza, e dopo ancora proprio dietro le tue spalle, quando meno te l'aspetti. « Ciao! » E' durante uno di questi veri e propri agguati, che sbuca proprio di fronte alla Byrne. Le lancia un'occhiata ben poco discreta, dalla testa ai piedi, e allora sorride. « Abbiamo iniziato col piede sbagliato, io e te. » Sfoggia una delle sue espressioni dispiaciute migliori « E non voglio che i miei piccoli prediletti abbiano astio contro di me, nel fantastico anno assieme che ci spetta. Quindi, per farmi perdonare... Se morirai, non ti mangerò. » Pausa. « Oh andiamo scherzo ovviamente! » Scoppia a ridere, dando un buffetto sul viso alla ragazza, sforzandosi di non esercitare troppa forza, perchè sarebbe un vero peccato, staccarle la testa. « ...Preferisco la roba viva, da mangiare. » Rassicurante, davvero rassicurante. Alza la bustina di biscotti, proprio sotto il naso della ragazza, ed un inquietante sorriso a trentadue denti gli allarga le guance. « Biscottino della pace? » « Ti va di farmi compagnia al piano di sopra? » Assottiglia lo sguardo, voltandosi di scatto verso la sua sinistra. Non c'è migliore ascoltatore di un vampiro geloso, ragazzi. Lo sguardo bicolore setaccia la folla di gente, scartandoli velocemente fino ad individuarli. Al di là della sala, Nathan e Maze, pericolosamente stretti. Si morde il labbro inferiore con così tanta forza, che il gusto metallico del proprio sangue gli esplode in bocca, mentre stringe i pugni, così tanto da imprimersi l'impronta delle unghie sul palmo delle mani. Un alone scarlatto sembra attraversare il suo sguardo per qualche istante, ed in pochi attimi, eccolo che sbuca loro dietro. Si insinua proprio in mezzo, molto discretamente, poggiando entrambe le braccia sulle spalle dell'uno e dell'altra. « Nathan tesoro, come stai? » Lo fissa, con quell'inquietante sorriso « A giudicare dalla tua incantevole compagnia, mi sembra tu stia piuttosto bene. Mi fa piacere » Falso come una banconota da due galeoni. « Oh sai piccola, Nathan ed i suoi amici ormai sono sotto la mia protezione. Sono dei carissimi ragazzi, non vorrei mai capitasse loro qualcosa. » Un Messia, questo Lux. « Hanno questo vizietto di rubare e seminare caos che ti giuro, mi fa impazzire. Però Nate, te l'ho detto, sta' attento a non rubare alle persone sbagliate. » Il tono di voce è ambiguo. Ironico, enigmatico e minaccioso al tempo stesso. Sei un ragazzo intelligente Douglas, so che mi capisci. « Sei un incanto, piccola. » Lo sguardo setaccia il suo corpo sinuoso e scoperto in maniera ben poco discreta, soffermandosi particolarmente sulla scollatura. Si passa la lingua sulle labbra. « Ci nascondi anche qualche regalino da qualche parte? » Le fa l'occhiolino. Si gira a quel punto per guardare di fronte a sè, ostentando un'indifferenza fuori dal comune. « Bella festa non è vero?! » Squittisce, il tono di voce che si alza appena. « Non volevate mica andarvene? No, no, no. Non deludetemi così, ragazzi. Ci sono i fuochi d'artificio, il cibo, persino il coretto natalizio. » Alza un braccio, per farsi notare dalla biondina ed il gruppetto di ragazzi che si appresta ad accompagnarla in quel canto angelico. « Noi! Noi! Possiamo partecipare anche noi? » E dicendo ciò si spinge in avanti, trascinandosi dietro i due serpeverde. Sempre più discreto questo Lucien. « Maze è davvero bravissima a cantare, sai Nate? » la mano poggiata su di una spalla della giovane scende lungo la sua schiena. Giù, sempre più giù. Mano morta, chi meglio di un morto saprebbe farla? « Fa certi vocalizzi davvero impressionanti. » Lucien e le ambiguità, una cosa sola. « Vero, tesoro? »
    Prima parte:
    -Terrorizzato un elfo domestico because I'm simpy
    -Dimostrato amore vero e Beatrice e Percy
    -Indossato (denudandosi davanti a tutti #pudore) maglione osceno+ molestate ragazzine a caso
    -Nominata Maze un po' ovunque (sks)

    Seconda parte:
    -Dispensati biscottini di Natale a tutti, da bravo spirito del Natale (se volete accettarli, a vostro rischio e pericolo -non sono avvelenati, ma se vedrete i draghi dopo averli mangiati è dire poco-)
    -Molestata la Byrne per diventare bffs
    -Fatto poco il molesto con Nate e Maze, amatemi <3
     
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