mad world

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    E' una situazione che non si sarebbe mai aspettato, quella, Fred. Ci aveva sperato, certo, ma non avrebbe mai creduto di viverla. Non adesso, non così presto. Eppure eccolo lì, le braccia conserte, poggiato contro il muro antistante alla Sala Grande. Rimanere fermi in un luogo come i corridoi del castello, in tempi come quelli, non è certo la miglior cosa da fare. Le trappole sono sempre in agguato, e di tanto in tanto riesce ad udirsi del frastuono in lontananza, segno indelebile che chissà quale tranello deve essersi attivato. Ciò nonostante Weasley è rimasto lì, le braccia conserte, la schiena perfettamente aderita al muro in pietra alle sue spalle. Seppure sia gelido, sembra infondergli un minimo di calore. E' riuscito ad asciugarsi un minimo grazie all'aiuto della magia, ma ciò nonostante, sembra che l'umidità di quel temporale che si sono beccati in pieno sia riuscita a penetrargli sin dentro le ossa, costringendolo a non pochi brividi di freddo, di tanto in tanto, e qualche starnuto. Chissà, forse la febbre potrebbe tornargli da un momento all'altro, se non è già tornata, ma poco gli importa. Qualche tacca sul termometro, in un periodo come quello, è sicuramente il problema minore. Si passa le mani tra i capelli dunque, scivolando contro il muro per sedersi sul pavimento gelido. Poggia i gomiti sulle ginocchia, e aspetta. La sta aspettando, da una buona manciata di minuti ormai. Non sa nemmeno lui perchè lo stia facendo, ma più tenta di auto convincersi per allontanarsi, più non ci riesce. E' successo tutto troppo in fretta. Solo qualche ora fa, Amunet rappresentava un tasto dolente della sua più recente esistenza, ed adesso, lo sguardo fisso contro l'enorme ingresso della Sala, la stava aspettando. Come un tempo. Come quando quel piccolo diavoletto dai capelli rossi aspettava la sua Mun fuori da chissà quale aula, intenta a portare al termine una verifica nella quale, come sempre, avrebbe ottenuto il massimo dei voti. Tutte le volte che poteva, Fred si premurava a sgattaiolare via, la maggior parte delle volte scappando da chissà quale punizione, per sbucarle alle spalle dal nulla una volta uscita dalla classe. Era un mantra che non avrebbe mai abbandonato, quello. Adorava il modo in cui, tutte le sante volte, la piccola Carrow balzava sul posto come un micio spaventato, di fronte alla sua comparsa improvvisa. Lo guardava offesa, il petto che si muoveva ancora su e giù per lo spavento, e Weasley scoppiava a ridere, la maggior parte delle volte rubandole un bacio prima che lei potesse rimproverarlo. Sembra passata una vita intera, da quei pomeriggi trascorsi in quegli stessi corridoi. Tante cose sono cambiate, da allora. Loro sono cambiati. Ma forse non del tutto, perchè è lo stesso Weasley quello che sta aspettando la stessa Carrow in quel momento. Percepisce ancora il sapore delle sue labbra sulle proprie. Sente ancora il suono della sua risata quando il suo corpo le è aderito addosso, dimostrandole la forza dell'effetto che ogni contatto con lei, anche il minimo, può fargli e probabilmente gli farà sempre. Forse non è stata una gran mossa, quella di baciarla così, all'improvviso. Non dopo tutto quello che è successo, non dopo tutti quei giorni di finta indifferenza. Eppure, di tante cose negli ultimi tempi il rosso si pente, ma non di questa. Non ci riesce. Sa forse di aver sbagliato, ma non è capace di biasimarsi. Lo voleva, chissà forse lo volevano persino entrambi, e allora dov'è l'errore? E' uno sbaglio, amare qualcuno? Forse per soggetti come loro sì, ma non vuole pensarci. E non ci pensa infatti mentre si alza, avvicinandosi all'ingresso della Sala Grande. L'ha adocchiata in lontananza, finalmente prossima all'uscita, ed è allora che si apposta dietro una delle colonne, il solito coglione, aspettando che lei varchi la soglia.
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    « Eccoti finalmente! » Urlacchia all'improvviso, non appena la figura minuta della Serpeverde si palesa dinnanzi ai suoi occhi, materializzandosi alle sue spalle. La guarda, e ridacchia. E' riuscito a scamparsi un pugno sul naso fino ad ora -per chissà quale grazia divina!- ma non è sicuro riuscirà ancora per molto in quell'ardua impresa. Chissà perchè. Si tiene allora a debita distanza di qualche passo, mentre si stringe nelle spalle. « Te l'avevo detto che non ti avrei lasciata andare. » Annuncia, quasi come se questo riuscisse a giustificare il suo atteggiamento da emerito idiota. Sono scampati alla morte per un pelo, hanno quasi sotterrato un cadavere, e Weasley continua coi suoi giochetti del cazzo. Tutto regolare. « Allora, tutto fatto? » Le domanda a quel punto, scrutandola attentamente. Sorride, le mani riposte tra le tasche. E' ambiguo, come suo solito. Non lo sta nemmeno facendo apposta, dopotutto, è solo..Beh, è così che si sente. Probabilmente l'esplosione d'adrenalina accumulata nelle serre d'erbologia deve avergli dato alla testa. Sì, non c'è altra spiegazione. Forse. Le si affianca a quel punto, e fa come per dirle qualcos'altro, ma è allora che la sua attenzione viene attirata da delle urla e degli schiamazzi a qualche metro da loro. Lancia uno sguardo verso Amunet, e poi di nuovo davanti a sè, e sta per gettarsi in avanti come suo solito, quando si ricorda della promessa fatta. Cercare di non morire. Rimane dunque fermo lì, la mascella ed i pugni serrati, irrequieto come un leone chiuso in gabbia, ma prima che possa fare o dire altro, quelle urla assumono un proprio significato. « La Sala Grifondoro è aperta! » Si gira verso Amunet di scatto, sicuro che lei sappia già cosa saranno costretti a fare di lì a breve. « Dobbiamo correre. »

    Non riesce a dormire. Si gira e rigira dentro quel sacco a pelo informe, senza chiudere occhio. Si trova in mezzo a due sconosciuti, di chissà quale casata. A qualche metro di distanza è riuscito ad adocchiare un ciuffo rosso, forse Olympia. E' sicuro che dove c'è Olympia, ci sono sicuramente Rudy e Malia. Dove c'è Malia c'è Sam, e dove c'è Sam c'è Beatrice, e così via. Una catena di nomi, che ogni notte si ripete a memoria, mentre si appresta ad individuarli con lo sguardo, uno ad uno, dai familiari agli amici, dai nemici ai semplici conoscenti, e per finire a lei. Lei è lì, una decina di sacchi a pelo più distante da lui. Si sono persi di vista durante la folle corsa contro il tempo, incastrati nel marasma generale di studenti intenti ad accaparrarsi la camera migliore. Sospira, Weasley, alzandosi all'improvviso e ricavandosi le lamentele del suo vicino di letto. Lo ignora, visibilmente scocciato, e si fa spazio tra i sacchi a pelo per immergersi nel corridoio flebilmente illuminato dove sono distribuite le varie stanze. Sa perfettamente dove è diretto. Percorrere le scale, una ventina di passi, gira a destra ed eccola: la sua stanza. Non si stupisce nel ritrovarla chiusa, la serratura bloccata. « Ah, pure. » Commenta, stizzito, mentre estrae la bacchetta dalla tasca e sblocca la maniglia, spalancando la porta. Non sembra nemmeno più la sua camera. Gli armadi sono letteralmente svaligiati, i letti privati delle loro lenzuola eccetto uno, dove sono ammucchiate due sagome. « Lumos » Bisbiglia, prima di avvicinarsi al letto, per puntare la bacchetta proprio sui visi dei due studenti. Di vista sembra conoscerli, ma niente di più. « Ma che cazzo..Weasley. » Mugugna uno dei due, strofinandosi gli occhi. « Ma buonasera. Si dorme bene, nel mio letto? » Non riceve alcuna risposta, allora continua. Primo punto: prova ad essere gentile, ha sempre detto sua madre. « Sentite, sono giorni che non tocco un materasso, ed oggi è stata una giornata parecchio di merda. Se mi concedete la mia stanza, vi do la mia razione di cibo di domani. E come avrete visto, sono tra i più veloci a rubare le scorte, quando appaiono » Un talento naturale il suo, dopotutto. Ma, anche questa volta, non ottiene risposta. Uno dei due ragazzi mugugna qualcosa -molto probabilmente un vaffanculo- rigirandosi dall'altro lato ed ignorandolo. Ok, bene. Sale sul letto, il rosso, le ginocchia piantate sulle parti basse di entrambi. Secondo punto: se non funziona, prenditi ciò che vuoi a tutti i costi. « Weasley levati! » Annaspa uno, ma Fred scuote la testa, piantando le mani sul petto di tutti e due per costringerli a restare appiccicati al materasso. « Allora, facciamo così. Io voglio la mia fottuta camera e la voglio adesso. Se non sparite entro dieci secondi, primo: questi li perdete. » Fa pressione con le ginocchia « Secondo: io vi rendo la vita impossibile, in un contesto dove impossibile già lo è. Allora, che dite? » I poveretti mugugnano inutilmente, prima di compiere la scelta giusta e dargli retta. In fondo, da uomo ad uomo, si sa: quando devi scegliere tra un letto e la salute dei tuoi gioielli di famiglia, sceglierai sempre la seconda opzione. Si dileguano allora, non prima di avergli lanciato qualche inutile la pagherai, ed aspetta che siano abbastanza lontani, prima di uscire dalla camera a sua volta e chiudere la serratura con la bacchetta. Ritorna giù, attento a non far rumore per non svegliare altri pretendenti alla sua camera, e la cerca in mezzo ai tanti. Non appena la individua, sgattaiola verso di lei, inginocchiandosi per terra e poggiandole una mano sulla spalla, scuotendola piano. « Mun, sei sveglia? » Che domanda del cazzo. « Non urlare, ti prego. Ho trovato la mia stanza libera » bugia « C'è un letto, delle coperte, dei vestiti...Sì, insomma, meglio di dormire per terra è. » Si guarda attorno, come a volersi accertare che nessuno li stia ascoltando, poi ritorna a guardarla. « Vuoi venirci? » Una leggera nota d'imbarazzo si palesa all'improvviso. La sta invitando nella sua camera, in piena notte (seppur notte ormai lo sia sempre), dopo averle praticamente chiesto di dormire assieme. Quanto puoi suonare molesto da uno a centomila, Weasley? Si mordicchia il labbro inferiore, colpevole. « Cioè, io rimango quì ovviamente. Ma tu puoi andare...Se mi vuoi vengo..Cioè, nella stanza. -Anche se dovrei venire lo stesso per aprirtela, effettivamente. Ma poi tornerei quì, mentre tu rimani lì. Nella mia stanza, e-e- ... » Weasley calmati. « ...E sì, allora, che vuoi fare? »
     
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    Non si guarda alle spalle, Mun; stringe i pugni e sparisce oltre le porte della Sala Grande per solo poi tirare un lungo respiro, ben consapevole di essere nuovamente sola. Si appoggia contro una parete e scivola giù passandosi confusamente le mani sul pallido volto umidiccio. I vestiti ancora quasi completamente inzuppati, mentre fruga nella tracolla alla ricerca di qualcosa da mangiare. Ha appresso solo qualche biscotto rimastole dalla razione del giorno prima. Inizia a masticare non particolarmente presa dai morsi della fame, mentre pensierosa, lascia vagare lo sguardo nel vuoto. E' sotto shock. Un po' per via di tutto. Le scene di quanto accaduto continuano a scorrerle nella mente senza un'ordine ben preciso. Il momento esatto in cui il Tranello del Diavolo l'ha stretto nella sua morsa, impedendogli persino di respirare. Il panico che ha preso a tormentare il suo cuore nel vederlo sempre più agitato e privo di appigli a cui aggrapparsi. Un brivido le scorre lungo la schiena all'idea. Perderlo non è un'alternativa che Mun può considerare, non in questo momento, non così, ne in altri mondo. Non mai. Amunet Carrow è in grado di vivere senza un ragazzo; lo ha fatto per molto, sin troppo tempo, e lo ha fatto come scelta consapevole. Sa vivere anche senza Fred, e anche quella, è una scelta che ha fatto nel pieno della sua sanità mentale. Ciò che gli ha detto nel Bagno dei Prefetti, scaturisce da una consapevolezza ben profonda; quella di esser stata estremamente ferita dai ripetuti comportamenti di Weasley. La Carrow non è dedita al perdono, non dimentica facilmente, ma non per questo vorrebbe mai che a Fred succedesse qualcosa. Che le piaccia o meno, resta una delle persone a cui maggiormente tiene. Non ha mai desiderato il suo male; in cuor suo, anche quando Freddie stava male, lei non riusciva a sentirsi in pace con se stessa, non riusciva a stargli alla larga. Una parte di sé sapeva che c'erano solo due vie affinché le cose si distendessero tra loro: abbandonarsi a lui completamente, oppure recidere nettamente qualunque forma di rapporto. Ma in quella situazione, nessuna delle due alternative era possibile o pensabile. Oggi potevano morire, ed io avrei dovuto convivere con questo macigno sul cuore per il resto della mia vita. Deglutisce pesantemente mentre si alza, dirigendosi verso il piccolo banchetto allestito poco più in là. Segnala diligentemente la morte della ragazzina, annunciando che il corpo va ancora seppellito e che lei e Fred non sono stati in grado di farlo perché la trappola nelle Serre è scattata. « Voi state bene? » Resta sorpresa da quella domanda. Alcuni di loro sono davvero premurosi, si preoccupano per la salvaguardia di tutti, oltre che per la propria; un concetto quello che la Carrow comprende solo in minima parte. Lei che di egoismo vive perennemente, non capisce come e perché uno sconosciuto dovrebbe avere a cuore il bene di qualcuno che a malapena conosce. Il punto è che meno rimangono, più difficile è sopravvivere, i numeri sono importanti, e in quel caso, forse, preoccuparsi di ciascuno, è la cosa più saggia. La mora annuisce, mentre il ragazzo di fronte a sé osserva le bende attorno al suo braccio. « Ce la siamo cavata. » Più o meno. A quel punto, le viene passata qualche tintura e pozione rigenerante per integrare le forze perse. Lei ringrazia e si allontana. Per un po' resta seduta lì, su un tavolo in Sala Grande, le ginocchia incollate al petto e un libro che prova a leggere senza riuscirsi più di tanto. E così, dopo un tempo che non riuscirebbe a quantificare precisamente, lo richiude pesantemente, decidendosi che farsi un giro è la cosa migliore. « Eccoti finalmente! » Trasalisce, mentre si gira con gli occhi sgranati verso la fonde di disturbo. Per un istante si blocca, non riuscendo a essere abbastanza veloce nel decidere se arrabbiarsi o mettersi a ridere. Inopportuno, come sempre. Se questa è la situazione adatta in cui spuntare alle spalle delle persone, io sono Madre Teresa. Sbuffa quindi pesantemente alzando gli occhi al cielo. « Te l'avevo detto che non ti avrei lasciata andare. » « Dove le Serre hanno fallito, ci pensa Freddie Weasley col crepacuore precoce. » Commenta ironica mentre si passa su una spalla l'ormai lunga chioma d'ebano. Sono cresciuti forse sin troppo. Quando ha chiesto a Maze di farglieli crescere, non aveva immagino quando sarebbe stato difficile mantenerli in quelle condizioni. Decide quindi di rovistare le tasche in cerca di un elastico, fissandoli in una lucente quanto disordinata coda di cavalli alto, mentre cammina al proprio fianco. Cosa vuoi ancora, Fred? Se dicesse che le dispiace averlo intorno, sarebbe un ipocrita; ma ecco, Mun è il contrario di tutto e la sua coerenza vaga lungo un'asse sottile, linea di demarcazione che divide in questo momento il suo desiderio di non vederlo mai più scostarsi, e la necessità di tenerlo il più lontano possibile. Perché se Mun porta morte, Fred porta guai. « Allora, tutto fatto? » Annuisce, la ragazza, abbassando lo sguardo. Affondando le mani nella felpa asciutta che è riuscita a raccattare allo spaccio in cambio di una bottiglia d'acqua. Lo osserva con la coda dell'occhio; che cosa ci sarà mai da ridere. In quel momento, Fred lo preoccupa molto di più di buon umore di quando non lo è, ed è una situazione paradossale. Si morde il labbro inferiore, mentre cammina in una direzione non ben precisa, cercando semplicemente di occupare il tempo con qualcosa, qualunque cosa da fare, anche il semplice camminare. Non ha una meta precisa, non un obiettivo da seguire. Ma è in quel momento che annunciano l'apertura della Sala Comune, e Mun sospira quasi sollevata. « Dobbiamo correre. » Gli scocca uno sguardo eloquente mentre insieme si precipitano verso i piani alti, insieme al resto degli abitanti del castello. Per un po' corrono fianco a fianco, ma man mano che salgono le scale, sempre più persone si affiancano loro, correndo tutti verso la stessa direzione, e a un certo punto, mentre sta ancora cercando di mantenere il passo con il rosso, il suo polso viene afferrato da un dita affusolate che la obbligano a rallentare appena. Nate le sorride mentre le attorciglia il braccio attorno al proprio. « Beccata! » Le sussurra all'orecchio e il suo sguardo dai rampanti colori di ghiaccio, si sgrano di scatto, colti da un senso di consapevolezza. Per un istante la sua testolina cerca nella folla la chioma rossa, ma a un certo punto, prima ancora di varcare la soglia del quartier generale di Godric, lo perde completamente. Insoddisfatti, i due principini di Hogwarts. Questa sera un letto non lo hanno raccattato. E' raro che non succeda, ma alla fine si accontentano dell'angolo più caldo di uno dei dormitori. Prima ancora che possa anche solo cercare di scambiarsi qualche battuta con il giovane rampollo, lui crolla in un sonno profondo e lentamente, anche tutti gli altri iniziano a russare o crollano in un silenzioso sonno pesante. Mun dal canto suo non riesce a dormire. Si raggomitola nel proprio sacco a pelo, tirandosi il caldo involucro fino a sopra gli occhi, cercando di celarsi il più possibile. Solo la folta chioma corvina, resta scoperta, in quel piccolo groviglio tutto concentrato che diventa. Come una tartaruga spaventata, Mun si ritira nella propria corazza, ma sotto le coperte, e i suoi occhi spiritati sono tutto tranne che chiusi. Passa un tempo indefinito a girarsi su un lato e poi sull'altro, mentre quella continua sensazione di fastidio continua a tormentarla. Resta con me, stanotte. Perché non gli aveva risposto? Che cosa c'era di tanto terribile nel non restare da sola per anche solo una notte? Mun era d'altronde sempre circondata di persona; aveva sempre qualcosa da fare, qualcuno con cui parlare, qualcuno da cazziare o con qualcuno su cui frustrare tutti le sue mancanza, ma alla fine della giornata, era sempre sola, rivolgeva sempre i suoi mezzi sorrisi e aveva sempre nel cuore un pesante macigno, mille colpe che non avrebbe mai potuto scontare nemmeno in dieci vite. Egoista e spregiudicata, continuava a danneggiare qualunque cosa toccasse, se stessa in primis.
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    « Mun, sei sveglia? » No vabbè non è vero! Trasalisce di scatto. E' sveglia sì, ma non per questo ha davvero voglia di svegliarsi. « Hai idea di che ore sono? » Gli chiede in un sussurro, girandosi e mettendosi a sedere cercandosi di abituarsi al buio che domina nella stanza. Nessuno sa che ore sono. « Te lo dico io: è tardi! La gente dorme. » « Non urlare, ti prego. Ho trovato la mia stanza libera » No ok. Mun è confusa. In quel momento le sue rotelline provano a girare in maniera logica è sistematica. Non è possibile che la stanza di Fred sia libera perché lei e Nate le hanno controllate tutte prima di finire per terra. I signorotti sanno, Weasley. Così solleva il sopracciglio con fare piuttosto scettica, prima di iniziare a frizionarsi gli occhi che le nocche, stiracchiandosi appena. « C'è un letto, delle coperte, dei vestiti...Sì, insomma, meglio di dormire per terra è. » Dagli torto, Mun. Dagli torto. Lei che piuttosto che dormire per terra lasciando di spontanea volontà un posto letto a qualcun altro, si taglierebbe il braccio. Con la lima. Quello che è già stato ampiamente ustionato. Non è questo il punto. Il punto è che sei pessimo. E che.. beh, non è il modo, Cristo santo. Staremmo pure crepando, ma qui stai superando la linea demarcazione delle scuse moralmente accettabili. Hai mancato la tua finestre di tempo, Weasley. L'hai mancata. O forse è solo Mun, che ora come ora, finito il momento di massima difficoltà, cerca di tornare sui propri passi, per non pentirsi di aver ancora una volta ceduto al fascino sbilenco di Fred Weasley. « Vuoi venirci? » « Io e te. Da soli. Nella tua stanza. » Scusate se è scettica, ma la natura di questa richiesta ha del marcio. « Cioè, io rimango quì ovviamente. Ma tu puoi andare...Se mi vuoi vengo..Cioè, nella stanza. -Anche se dovrei venire lo stesso per aprirtela, effettivamente. Ma poi tornerei quì, mentre tu rimani lì. Nella mia stanza, e-e- ... E sì, allora, che vuoi fare? » Mio dio Freddie, puzzi di colpevolezza da dieci chilometri di distanza. Per un istante resta in silenzio, lo fissa, i suoi occhi si confondono in quelli di lui, e istintivamente Mun deglutisce. Con uno scatto improvviso, si libera delle coperte e si alza in piedi raccattando le sue cose. Un ultimo sguardo veloce a Nate non molto lontano, prima di indossare la lunga felpa, cercando di coprirsi alla bella e meglio, mentre esce in corridoio. La strada verso la stanza di Freddie la conosce sin troppe bene. Quante volte non ha percorso lo stesso corridoio, quando sgattaiolava fuori dalla propria Sala Comune, quante volte non ha riso vedendo un Fred intento a scacciare i propri compagni di stanza fuori, per restare da solo in compagnia di lei. Quella stanza sa, quelle mura sanno. Di quei tempi Mun ha un ricordo vivido e nitido, li ricorda con una certa nostalgia, mentre una profonda tenerezza le si staglia nel cuore apparentemente di pietra. Si ferma solo quando giunge di fronte alla porta incriminata. Sospira lungamente e chiude gli occhi mentre appoggia la tempia contro la superficie in legno. E poi di scatto, abbassa lo sguardo e impugnando la bacchetta, la punta contro la maniglia che si apre con uno scatto, per poi alzare gli occhi in quelli di lui. C'è un momento di pura elettricità che riempie lo spazio di quel silenzio pesante. Un silenzio che alla fine è Mun a rompere. « La so aprire anche io una porta, Freddie. » Dice quindi mentre rotea appena la maniglia, lasciando che la porta si apri appena. Quindi cosa vuoi davvero, Fred? Prenditi le tue responsabilità. Sei stato tu a chiedere. Sei tu a pretendere. Sei tu, sei sempre tu. La storia dello scaricabarile funziona meravigliosamente nella dimensione di Amunet Carrow. Se qualcuno cerca di rigirarle la frittata, lei la rigirerà ancora e ancora, e ancora, finché non si ritroverà nel giusto e chiunque abbia di fronte nel torto. Prova un piacere squisito nel tenere Fred con entrambe le scarpe piantate nella dimensione del torto, perché, tutto sommato, anche se questo non è il caso, se sono al punto in cui stanno, non è certo colpa di lei. E allora soffri Fred. Badare alla coerenza: non voglio che tu soffra, però devi soffrire, ma non troppo, non a meno che non sia io a chiedertelo. Tutto nella norma insomma. A quel punto indietreggia di qualche passo, lo sguardo colmo di un'innocenza che non le appartiene, si tuffa negli occhi di lui. Gli sorride con un'innaturale dolcezza mentre supera i confini della stanza di lui. « Sei stato molto gentile. Grazie. » Una bellissima recita; il giusto prezzo da pagare, per aver superato ancora una volta i limiti imposti non tanto dal comune buon senso quanto del loro stesso rapporto. Tregua non significa limone duro, a casa mia. E non significa arrampicarsi sugli specchi. E tu, Fred, ti stai arrampicando sugli specchi. Non si aspetta certo che funzioni, a dirla tutta, non sa nemmeno se vuole che funzioni, ma in ogni caso, Mun deve in qualche modo esercitare in primis la sua prepotenza e poi la sua imbattibile coerenza nel restare sulla propria strada. Quella in cui i limiti ci sono e restano. Finchè tutto sarà finito. Solo allora avrebbero avuto effettivamente modo di chiarirsi, mettere le cose in chiaro, capire quanto sia successo sia prima, durante e dopo il ballo. Prima di quel momento, prima di respirare nuovamente l'aria della libertà, Fred e Mun non avevano i mezzi e gli strumenti per pensare effettivamente in modo lucido. « Domani sarà un'altra giornata, colma di pericoli. Sarà meglio tornare a riposare. Entrambi abbiamo bisogno di una bella dormita. Quindi faresti meglio a tornare al tuo posto. » Dicendo ciò abbozza un altro sorriso guardandosi alle spalle. Quel letto anche lo conosce. Conosce ogni angolo di quell'ambiente. Sa di casa, sa di famigliare. « Buonanotte Freddie. » E dicendo ciò gli sbatte la porta in faccia, sospirando profondamente. Si sta già dando della stupida, si sta già mangiando le mani, ma è meglio così, per tutti. Per loro due in primis. Non è il caso di complicare ulteriormente una questione che già di per sé non è semplice. Abbandona quindi la tracolla a terra, accende al volo una candela, e inizia a guardarsi intorno. E' cambiato quell'ambiente rispetto a prima. E' più disordinato del solito, caotico. Il solo pensiero che anche la sua stanza possa finire allo stesso modo, la fa rabbrividire appena. Lei che è una maniaca dell'ordine, quelle cose non riesce a vederle. E infatti, impugnando la bacchetta cerca di sistemare con tocchi veloci e precisi quanto di aggiustabile. I pochi indumenti si ripiegano da sè finendo riposti sui vari scaffali dei due armadi, le coperte dei due letti uniti si allisciano sui materassi, i libri finiti a terra si ripondono sulle scrivanie e ogni oggetto di arredamento di risistema il più possibile. Ed è a quel punto che, Mun si dirige verso l'armadio di Fred. Ci sono ancora i suoi vestiti lì dentro. E hanno ancora il suo profumo, seppur sbiadito. Inizia quindi a togliersi quei vestiti malconci che ha portato per un paio di giorni e indossa un suo caldo maglione. Uno di quelli gli Weasley si lamentano ogni anno. I suoi, decisamente troppo larghi per Mun, portano sul petto una F arancione. Alla fine si getta in mezzo ai due materassi e prende a fissare il soffitto. Sola. Finalmente sola. Non sa quanto sia positivo, ma quanto meno, per una notte dormirà comodamente. Resta con me, stanotte. Meglio di no; noi ci facciamo solo del male.

     
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    « Io e te. Da soli. Nella tua stanza. » Okay, suona peggio, se detta così. Si morde il labbro inferiore, Weasley, ben consapevole della sua proposta. Non l'ha fatto di certo apposta...Okay, non prendiamoci in giro. Seppur le sue intenzioni siano state delle più pure sin dall'inizio -o quasi- c'è da dire che il rovescio ambiguo della medaglia, di sicuro non gli dispiacerebbe. E' oltremodo molesto, questo Weasley, ma non può farci poi molto. Così come non può farci molto sotto lo sguardo inquisitorio della Carrow, che -a buon motivo- lo osserva oltremodo scettica, al momento. Si limita dunque a distogliere il proprio, di sguardo, mordicchiandosi il labbro inferiore come un bambino colto in fragrante con le mani intinte nella marmellata. Se le tue intenzioni erano delle più innocenti, Weasley, allora perchè ti senti tanto in imbarazzo? Coda di paglia? Al di là delle sue aspettative tuttavia, e con aspettative intendiamo un bel pugno sul naso -uno dei tanti che si sarebbe meritato da qualche ora a questa parte!- Amunet si libera con uno scatto improvviso delle coperte. Le fa spazio il rosso, aiutandola a raccattare le sue cose mentre gliele porge, prima di alzarsi a sua volta ed andarle dietro, seguendola come un cagnolino fedele. Come avrebbe sospettato, o meglio dire sperato, la Serpeverde sembra ricordare alla perfezione in sentiero che li separa dalla sua camera. Camminarle dietro (non senza lanciarle occhiate ben poco discrete, perchè altrimenti non è di Freddie Weasley che stiamo parlando), gli riporta alla mente una marea di ricordi. Freddie e Mun, Mun e Freddie, quei due ragazzini intenti a sgattaiolare attraverso le mura delle rispettive sale comuni, tentando entrambi di soffocare quei risolini dettati dall'euforia del momento. Avevano imparato a scoprirsi, tra quelle mura di pietra. Avevano iniziato a diventare un noi, scoprendo di volta in volta come esserlo, a quanto pare, fosse meglio di qualsiasi altra cosa. Nonostante sia passato tanto tempo da allora, quei ricordi non si sono mai sbiaditi nella mente del Grifondoro. Non dimenticherà mai la fretta per non farsi beccare, e le rovinose cadute dentro le rispettive camere nella corsa per richiudersi la porta alle spalle. La risata cristallina di Mun, seguita dalla propria, e poi i momenti di silenzio e d'imbarazzo, impegnati entrambi a fissare il soffitto senza un motivo ben preciso, nell'attesa che uno dei due prendesse l'iniziativa. E dopo altre risate, seguite da baci, carezze, e molto altro. « Ti sono cresciuti i capelli » Mormora all'improvviso, tradendo quella falsa indifferenza che un po' per imbarazzo, un po' per comodità, ha ostentato sino a questo momento. La verità è che Weasley, nonostante tutto, l'ha osservata ed attentamente analizzata sin dal primo momento in cui si sono rivisti. Non che la ragazza sia cambiata particolarmente, in quel poco tempo, ma ha potuto comunque notare alcune piccole differenze, invisibili ad un occhio indifferente, ma lampeggianti sotto il suo, di sguardo, che di indifferenza non ne possiede nemmeno una goccia, quando si tratta della Carrow. Ha potuto dunque notare l'espressione appena più matura, se possibile, ed i capelli molto più lunghi di come li ricordava. Non ha idea di come sia possibile che siano cresciuti in così poco, ma quella lunga cascata d'ebano le ricade oggi sulle spalle, morbidamente. « Ti stanno bene. » Ammette poi, prima che la ragazza si fermi all'improvviso, ormai giunta a destinazione, ed il Grifondoro per poco non le arriva addosso. Si scosta immediatamente, mentre la guarda sbloccare la maniglia della porta, con uno scatto. I loro sguardi che si incrociano per un momento, mescolando fuoco e ghiaccio. E vi è tensione in quegli attimi, vi è aspettativa e quello che potremmo certo definire un certo desiderio. Si morde istintivamente il labbro inferiore, il rosso, stranamente imbarazzato. Un Freddie Weasley imbarazzato, questa sì che è roba da guinness. « La so aprire anche io una porta, Freddie. » Alla fine è lei a spezzare quel silenzio bollente, ed il ragazzo si ritrova ad annuire, senza sapere effettivamente cosa dire. Non fare l'idiota, Weasley, ce l'hai portata tu quì. E ora? Già, e ora? La segue attentamente con lo sguardo, vedendola indietreggiare verso l'ingresso della sua camera. Negli occhi di lei, fissi in quelli di lui, vi si può leggere una nota di..Innocenza? Andiamo, Carrow, sappiamo entrambi che innocente non lo sei affatto. Non più, per lo meno, non dalle docce. Cristo, Weasley, non pensarci proprio adesso. Distoglie lo sguardo e serra la mascella con l'intento di distrarsi da quei piacevoli pensieri, che in una situazione delicata come quella in cui vertono al momento, non fanno altro che peggiorare le cose. Alzando il suo disagio e non solo. « Sei stato molto gentile. Grazie. » E questo non è decisamente un buon segno. Di nuovo, gli occhi del rosso si piantano in quelli di lei, come a volerne decifrare i pensieri attraverso quello sguardo impenetrabile. Ma lei gli restituisce solo occhiate innocenti e sorrisi dolci, che per quanto Fred Weasley non sia mai stato dotato di un QI fuori dal comune, non presagiscono proprio nulla di buono. Sta recitando, la Carrow, e lo sta facendo pure parecchio bene. Quasi le crede, addirittura. E se invece fosse vero? Beh, potrebbe anche esserlo, ma non gli va che lo sia. Ha senso, no? « Sono sempre gentile, o sbaglio? » Sbagli, ma dettagli. Si avvicina dunque, poggiandosi con una spalla al muro, particolarmente vicino a lei. « Domani sarà un'altra giornata, colma di pericoli. Sarà meglio tornare a riposare. Entrambi abbiamo bisogno di una bella dormita. Quindi faresti meglio a tornare al tuo posto. » La vede voltarsi verso il suo letto, e inutile negarlo, un leggero brivido gli percorre la schiena, mentre interpreta a modo suo le ultime parole di quella frase. Ma davvero è tutto così facile? Se c'è una cosa che ha potuto imparare di questa nuova Amunet -e, fidatevi, ha ancora troppo da imparare!- è che con lei, le cose facili, non esistono. In fondo tra loro non vi è più niente di semplice da un bel po' di tempo, dopotutto. Sono immedesimati ormai da mesi in un pericoloso gioco di tira e molla che sembra proprio non volerli lasciare più andare. Si sono riavvicinati nelle cucine, si sono riallontanati al banchetto di fine anno. Si sono riavvicinati -particolarmente bene- negli spogliatoi grifondoro e dopo il sala grande, si sono riallontanati alla festa di Halloween. Ed ora? La Carrow gli sta davvero porgendo un riavvicinamento senza alcuna insidia al di sotto? No, non si fida, non si fida affatto, ma ciò nonostante, da bravo Grifoscemo, si spinge in avanti comunque. « Sono d'accordo con te. Stranamente » O la va o la spacca, non può mica sbattermi la porta della mia camera in faccia! « Buonanotte Freddie. » Eeeee Mun gli sbatte la porta in faccia. Si poggia le mani sul naso, l'impatto non è stato violento ma l'ha beccato in pieno. E' destino, oggi dovrà perdere qualche parte del corpo per forza. Se lo tasta per qualche istante, e solo dopo essersi accertato di avercelo ancora tutto intero, la consapevolezza sopraggiunge. « Mi ha sbattuto la porta in faccia? » Sussurra in maniera quasi impercettibile, guardandosi attorno quasi come fosse in cerca d'appoggio ed approvazione da chissà chi. « Mi ha sbattuto la porta in faccia. » Fantastico, adesso parla pure da solo, questo Weasley. Un quadretto comico ciò che ne consegue, e ciò un Freddie intento a ripetersi quella stessa frase almeno un trilione di volte, lo sguardo fisso sulla porta, come se ancora non sia capace di metabolizzare quanto accaduto. Fin quando poi finalmente non lo assimila, e allora decide di reagire. E che cazzo Carrow è la mia stanza. Sicuro sia solo questo? No, decisamente non è per niente soltanto questo. Ma dettagli, per ora. Non bussa nemmeno prima di circondare la maniglia con le dita ed addentrarsi nella stanza. Si richiude la porta alle spalle, e la cerca con lo sguardo. Eccola lì, immersa tra le coperte, dei due materassi uniti. Deve aver sistemato un minimo la sua camera, perchè del soqquadro di qualche minuto fa, ne è rimasto ben poco. Come i vecchi tempi, insomma, non cambi mai Carrow. « Scusa, ma me la sono guadagnata. » Perchè ogni cosa che dice gli sembra dannatamente ambigua? Per Merlino! « La stanza, intendo. Insomma, è la mia. E non mi puoi chiudere in faccia la porta della mia stanza! » Squittisce, lamentandosi come un bambino capriccioso, prima di distogliere lo sguardo da lei per dirigersi verso l'armadio.
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    Mancano un sacco di cose, ma riesce comunque a recuperare un maglione e dei pantaloni più o meno puliti, sicuramente meglio dei suoi vestiti ancora sporchi di terriccio e sangue. Le lancia un'occhiata di soppiatto per qualche istante, poi inizia a spogliarsi. Cambia dapprima la maglia, sostituita da un pesante maglione coi colori della sua Casata, e a seguire i pantaloni. Una volta finito, mollati con noncuranza i vestiti sporchi per terra, si guarda attorno. Non è sicuro che Amunet voglia che dormano assieme, e diciamocelo sarebbe oltremodo compromettente, ma i letti che rimangono liberi sono stati depredati da qualsiasi coperta. E quindi che peccato, Carrow, a quanto pare dovremo proprio dormire assieme. Si avvicina allora, sedendosi sui materassi uniti, dal lato opposto al suo, e si infila sotto le coperte in silenzio, ben attento a non sfiorarla, con addirittura un teatrale broncio ad ornare la già presente espressione da mocciosetto offeso. « Beh, buonanotte Mun. » Mormora a quel punto, rigirandosi dall'altro lato, dandole le spalle. Ora, se pensate che sia finita quì, vi sbagliate di grosso. Perchè non passano neanche dieci minuti, che il rosho del diavolo comincia a girarsi e rigirarsi, quasi come avesse le pulci. Prima da un lato, poi dall'altro, poi si mette a sedere per qualche minuto, poi si sdraia di nuovo, serrando gli occhi. Passano altri cinque minuti e di nuovo cambia posizione. Vedete, Weasley non è mai stato un tipo particolarmente tranquillo. A letto, per dormire intendiamo, questa volta, per mettere in pace il cervello e quell'iperattività che l'ha sempre caratterizzato, di tempo gliene serve parecchio. Ma ora? Merlino ora è tutta un'altra storia. Si sente sveglio come mai lo è stato in vita sua. In tutto e per tutto. Averla lì vicino, nel suo stesso letto, per la prima volta dopo anni, è il motivo principale per il quale non riuscirebbe a dormire neanche sotto sedativi. E allora si mette a pancia in su infine, e spalanca gli occhi. « Non riesco a dormire. » Ma va? Non l'avevamo capito. Gira il capo verso di lei, e lo sguardo -cazzo Fred no, non è una buona mossa- si abbassa istintivamente, al di là delle coperte. Indossa uno degli orribili maglioni che nonna Molly è solita regalare loro a Natale. Un sorriso gli piega le labbra, mentre torna a guardare il soffitto fingendosi indifferente. « Mi hai sempre rubato i maglioni, tu. » Mormora, senza un motivo ben preciso « Questo era uno dei tuoi preferiti, una volta te lo sei tenuto per mesi interi. » Sorride al pensiero. Sotto quello stesso tetto, in quello stesso letto, si sono consumati tanti dei loro ricordi. I ricordi più belli di Weasley, proprio quelli che lo hanno reso capace di evocare il suo patronus, soltanto qualche ora fa. « Ah sì, te lo sei rubato proprio dopo.. » Non lo stai per dire vero? « La prima volta. » Sei un caso perso. Si gira allora verso di lei, questa volta con l'intero corpo. Poco molesto parlare con la tua ex della vostra prima volta mentre state a letto insieme, eh Weasley? Innocenza un cazzo. « Dovevo capire che eri strana e mi avresti fatto impazzire già da questo » Ridacchia delle sue stesse parole, prima di sospirare, sistemandosi il cuscino sotto la testa. « Ma mi è sempre piaciuto il modo in cui mi fai impazzire. Tipo chiudendomi la porta in faccia, esempio pratico » Pausa. « Mi mancano un po' quei tempi. » Mi mancano molto, a dirla tutta. « Sono cambiate tante cose da allora... » Sospira « ...Anche se continui a rubarmi i maglioni, e a farmi impazzire. » Con una diversa accezione di impazzire, ormai. Lo sguardo di lui si perde per qualche istante in quello di lei, ed è allora che rabbrividisce, per il freddo. O forse no, non lo sapremo mai. Istintivamente, le si avvicina, sfiorandola appena col proprio corpo, e sfiorando anche i limiti invisibili della zona rossa. « E' stato quì che.. I miei quindici secondi di gloria, ricordi? » Si può essere più idioti di così? Scoppia a ridere. Probabilmente no.


    Edited by boys don't cry - 25/12/2017, 10:53
     
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    Chiude gli occhi, Mun, e si tira le coperte su fino sopra il nasino, mentre fissa il soffitto con una certa intensità. Non ricorda da quanto tempo non è da sola, effettivamente sola, come le è sempre piaciuto stare. Le serate migliori quando tutto era ancora normale, erano quelle in cui Maze, per un motivo o per un altro decideva di non dormire nel loro dormitorio. Non è che la compagnia dell'amica la infastidisse; è solo che a volte, o meglio, il più delle volte, preferiva i suoi spazi, la sua privacy, restare sola con se stessa, accendere una candela profumata e spargersi sulla pelle candida qualche olio importato da chissà quale paese orientale, mettere su un buon disco jazz e crogiolarsi in quell'atmosfera pura, unicamente sua. Seppur non fosse mai del tutto sola, non da due anni a questa parte, bramava l'idea di essere spesso l'unica anima vivente nell'ambiente, restare sola con i suoi pensieri, potersi muovere liberamente, non dover stare attenta ai propri movimenti o a ciò che dice o fa. E così, eccola, forse non in quello spazio protetto che era camera sua, ma pur sempre da sola. Si mette istintivamente a sedere, mette su gli occhiali per la lettura e torna a fare qualcosa che da tempo non ha più modo di fare. Leggere a letto, prima di andare a dormire. Ma la pace, dura davvero poco, perché prima ancora di iniziare a leggere anche solo poche righe in croce, la porta si riapre di botto, e l'intruso si insinua nel suo spazio vitale con la prepotenza di un fiume in piena. « Scusa, ma me la sono guadagnata. »
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    E ti pareva. « La stanza, intendo. Insomma, è la mia. E non mi puoi chiudere in faccia la porta della mia stanza! » Lo osserva da sopra gli occhiali mentre entra, si richiude la porta alle spalle e fa come a casa sua. In linea di principio, quella è casa sua, ma Mun non gradisce particolarmente quando le persone si rimangiano la parola. E Weasley aveva detto se vuoi resto. « Strano. Il discorso del se vuoi io resto fuori devo essermelo chiaramente immaginato. Tanto quanto quello su come la stanza fosse libera. In che modo te la saresti guadagnata di preciso? Solo perché ti è stata assegnata un milione di anni fa - il tempo che hai trascorso a Hogwarts da pluribocciato - questo non significa che tu te la sia in qualche modo meritata. » Discorsi sulla meritocrazia? No. Un semplice modo per riempire gli spazi di eventuale silenzio che potrebbero crearsi, oltre al chiaro intento di smascherare il giovane Weasley. Perché a tutto poteva credere questo Carrow, tranne al fatto che una stanza intera potesse essere rimasta miracolosamente libera per tutto quel tempo. Coincidenza delle coincidenze proprio quella di Fred. Una stanza in cui, tutto sommato, entrambi avevano non pochi ricordi. Al solo pensiero, Mun sospira appena. E mentre lui si dirige verso l'armadio, ben intenzionato a restare, la mora, si toglie gli occhiali da vista, alza gli occhi al cielo, e rivolge lo sguardo altrove. Nulla che non abbia già visto, ma ti sembra davvero il caso? Non è che Mun e Fred non abbiano confidenza, è semplicemente che certe cose, varcata una certa soglia non si dovrebbero più fare. Eccerto Mun, parli proprio tu che gli hai strappato l'asciugamano di dosso, così per umiliarlo. E che umiliazione è stata alla fine! E alla fine come se niente fosse, si infila tra le coperte e si mette a dormire. No ma prego. A quel punto, la cosa più saggia da fare, sarebbe semplicemente strappargli le coperte e andare su un altro letto, ma la Carrow non cederà terreno. Non questa volta. « Beh, buonanotte Mun. » Non appena si rigira dall'altra parte, Mun rimette su gli occhiali e continua la sua lettura. Trattato della vita elegante, Honoré de Balzac, 1830, una lettura a tratti molti superficiale se lo chiedete alla Carrow, ma tutto sommato un ottimo specchio della Francia post-rivoluzionaria e della vita alto-borghese dei salotti parigini. Alla fine decide di richiudere il libro, si infila sotto le coperte e si gira dalla parte opposta dando a sua volta le spalle al giovane Weasley. Ma lui non sta fermo nemmeno per un istante, tanto da costringerla ad alzare gli occhi al cielo. « Smettila. » Asserisce ad un certo punto a voce bassa, senza muoversi di un millimetro. E' seccata, la Carrow, perché quello che doveva rivelarsi un buon riposo, risulta tutto fuorché riposante. « Non riesco a dormire. » « Forse se restassi fermo.. » Ironia e scetticismo imperniano quelle poche parole. E soprattutto zitto. Ma evidentemente, Freddie, di stare zitto non ne ha la minima intenzione. « Mi hai sempre rubato i maglioni, tu. Questo era uno dei tuoi preferiti, una volta te lo sei tenuto per mesi interi. Ah sì, te lo sei rubato proprio dopo.. » Mun si irridisce appena di fronte a quelle parole. Sa che cosa sta per dire, Freddie. Quei ricordi scorrono vividamente anche nella sua mente e per un istante deglutisce, ben consapevole che quello non è né il posto, né il momento, né il tempo adatto per parlare di quelle cose. « La prima volta. » La loro prima volta. Traumatizzante, se lo chiedete a Mun. La ricorda ancora con un certo terrore, eppure, non può fare a meno di provare nei confronti di quei ricordi una strana specie di tenerezza. Era stata pur sempre speciale, perché aveva coinvolto loro due. Mun e Freddie. Freddie e Mun. Gli stessi che per un motivo o per un altro continuano in quel tira e molla che non sembra dar loro pace. Lui si gira verso di lei, e a quel punto, Mun non fa altro che roteare a sua volta finché a fissare il soffitto. Le coperte tirate su fino al mento, e una chiara espressione, apparentemente indifferente. « Dovevo capire che eri strana e mi avresti fatto impazzire già da questo » Solleva un sopracciglio con fare scettico, mentre getta lo sguardo in quello di lui, piuttosto contrariata. Strana. Non si era mai considerata tale. Anzi, se possibile, ai suoi occhi, Mun era la persona più lineare che ci fosse. Diceva una cosa, la portava a termine, anche quando ricadeva lungo la strada negli stessi errori, era piuttosto ferma e ferrea nelle sue convinzioni. Nella sua incoerenza di fondo c'era una coerenza quasi millimetrica, tanto quando nella sua coerenza, c'era paradossalmente più incoerenza di quanto fosse pronta ad ammettere. Insomma, era un rompicapo, come un cubo di rubik, ma una volta capita, Mun era un esserino piuttosto facile. Sotto scorze e scorze, strati solidificati, c'era un'unica consapevolezza: Mun non voleva restare sola, ma avrebbe smesso di esserlo esclusivamente a sue condizioni. Condizioni, che, spesso non apparivano del tutto chiare. Morale della favola, Mun non è strana. E' che il termine l'hanno coniato appositamente per lei. « Ma mi è sempre piaciuto il modo in cui mi fai impazzire. Tipo chiudendomi la porta in faccia, esempio pratico. » « Ti brucia davvero tanto esserti preso il due di picche eh? » Commenta istintivamente mentre sposta lo sguardo altrove. « Mi mancano un po' quei tempi. Sono cambiate tante cose da allora... » Non hai idea quante. Se te lo raccontassi non ci crederesti, perché a tratti, ci sono giorni in cui nemmeno io ci credo. « ..Anche se continui a rubarmi i maglioni, e a farmi impazzire. » Di scatto Fred si avvicina pericolosamente, e lei lo percepisce. Percepisce il suo calore, il suo respiro. Fred è lì, in tutto e per tutto, con una carica negli occhi che lascia poco spazio all'immaginazione. Sono poche le cose su cui si capiscono i due, ma quell'intesa è qualcosa che va al di là delle parole. Fisicamente i due sono estremamente compatibili, comprendono il pulsare del sangue l'uno nelle vene dell'altro. Ci sono troppi problemi tra loro, troppe incomprensioni, troppi segreti, e questo forse frena una vera forma di intesa mentale che li porti a condividere la quotidianità, ma c'è un substrato che va al di là, e che li porta ad avvicinarsi come i poli opposti di un magnete. « E' stato quì che.. I miei quindici secondi di gloria, ricordi? » Scoppia a ridere la Carrow, questa volta, e non si allontana. Resta lì, mentre lo sguardo vaga sul soffitto piuttosto combattuto. Non dargli corda, non parlarci, non sorridergli, altrimenti ci finirai a letto e non riuscirai mai a liberartene. Le parole di Maze rimbombano nella sua testa in quel preciso istante, e ricorda, capisce appieno cosa l'amica intendesse. Perle di saggezza buttate al vento. Perle ai porci, Maze, letteralmente. Se la ricorda bene la loro prima volta. Erano così impacciati che non avevano la più pallida idea di dove mettere le mani, di come muoversi. Aveva fatto male. Lui non aveva il tatto necessario per capire, lei non conosceva i modi adatti per portarlo a essere più gentile. Ed era finita come la maggior parte delle prime volte. Con entrambi sconvolti, perché non era certo ciò che si aspettavano, e tanto meno ciò che tutti raccontavano sul sesso. Non era stata l'esperienza mistica che i due si aspettavano. Un fiasco. E prima di riprovarci ci era voluto qualche giorno. E poi ancora la stessa storia, finché non avevano iniziato a prenderci la mano, iniziando a conoscersi, capirsi. « I quindici secondi di gloria di Fred Weasley che mi hanno sconvolta. » Lo corregge abbassando appena lo sguardo. Eppure nonostante tutto, ricorda quei momenti con affetto. Quei Fred e Mun stavano bene. Forse perché erano troppo innocenti per capire cosa significasse effettivamente stare insieme. Forse perché si erano attaccati l'uno all'altro per paura che non avrebbero trovato nulla di meglio, o forse semplicemente perché così doveva essere, per qualunque ragione fosse. « E non in senso buono. » Scherza quindi, sorridendo. In seguito a quell'esperienza, avevano fissato quello stesso soffitto per un tempo infinito, entrambi chiaramente imbarazzati, non sapendo cosa dire. "Beh si è stato.." "..già." Grandi discorsi e nemmeno l'ombra dell'entusiasmo intrinseco che avevano raggiunto durante quella loro ultima performance. Di acqua sotto i ponti ne era passata. « E comunque.. non sono strana. » Dice stringendosi nelle spalle mentre si passa una mano sul volto. Infine si gira sul fianco nella sua direzione. « Sono pretenziosa. » E snob. E terribilmente puntigliosa. Ma il più grande problema di Mun è che non ha la più pallida idea di cosa desidera, e la prova di quel suo non sapere quale direzione dovrebbe o vorrebbe prendere, è il momento in cui i suoi polpastrelli, solleticano appena il volto di lui, scostandogli il capelli dalla fronte. « ..e i tuoi maglioni hanno il loro perché. Erano.. una forma di ribellione. A mia madre veniva un infarto ogni qual volta ne indossassi uno. Tua nonna non è molto pratica di haute couture e la mamma ne era ben consapevole. » Sorride all'idea di quei ricordi. « Era inutile rifilarle la storia del è fatto a mano. Quella donna riconoscerebbe le lane pregiate dalle bobine di filato comprate al mercatino di Diagon Alley, anche da un chilometro di distanza. » Sospira lungamente, strofinando istintivamente il nasino contro il suo maglione, mentre si sistema meglio la testa sul cuscino, lasciando cadere all'indietro la cascata di capelli color corvino. « A proposito di cambi rubati.. non ti ho ancora restituito gli ultimi.. » Quei cambi. Sono rimasti da qualche parte sul fondo del proprio armadio. E a quel punto deglutisce, Mun, presa come da una foga, ben consapevole di trovarsi così vicina a lui da potersi sfiorare. « Mi piacciono i tuoi vestiti. Mi piace la sensazione che li abbia indossati tu.. mi piace vederteli indossare. » Asserisce quindi, infine in un moto di piena sincerità. Getta quelle parole senza un motivo ben preciso, lo fa perché vuole farlo, perché ha voglia di dirglielo. In quel momento, stretti sotto le stesse coperte, per un istante, i problemi spariscono. Di nuovo. E ricompariranno. Perché con Mun tutto viene rimandato ma non cancellato. Ma per adesso, temporeggia, perché ha voglia di farlo. Perché tutto va bene, a sue condizioni.


     
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    « Strano. Il discorso del se vuoi io resto fuori devo essermelo chiaramente immaginato. Tanto quanto quello su come la stanza fosse libera. In che modo te la saresti guadagnata di preciso? Solo perché ti è stata assegnata un milione di anni fa - il tempo che hai trascorso a Hogwarts da pluribocciato - questo non significa che tu te la sia in qualche modo meritata. » Sempre la solita vecchia Amunet, pronta a distruggerti in poche semplici mosse. Da un lato, Freddie ha sempre ammirato quella sua prontezza. Un'audacia intellettuale che lui, dal canto suo, si sognerebbe. Che Weasley sia dotato di una furbizia fuori dal comune è ormai chiaro a tutti, ma se lui è furbo, Amunet è astuta. Il che è molto peggio. Quindi, mentre si cambia la maglietta, cerca nella sua mente decisamente poco preparata una scusa che sia plausibile. Sia mai che l'ultima parola non sarà la sua. « Condividere, ti dice qualcosa? Così non va, Mun. Se non collabori con gli altri, sei una vera bestia. » Cita le sue stesse parole con quel suo solito ghigno da folletto dispettoso, mentre le lancia uno sguardo e si sistema in fine la maglia. L'ha vista poche volte con gli occhiali da vista sul nasino, e deve ammettere che le donano parecchio. Mettono in risalto il viso ovale ed i grandi occhi azzurri, e la rendono ancora più bella, sotto il suo sguardo. Questo però non glielo dirà, perchè è ancora terribilmente offeso. Ma si sa, dopotutto, un Weasley offeso non dura poi molto. A seconda dei casi, s'intende, ma Mun rappresenta proprio uno di quei casi a parte. Che Freddie sia sostanzialmente un bambino fin troppo cresciuto, non è più un mistero agli occhi di nessuno. Ma con Amunet non è mai riuscito a rimanere imbronciato per più di dieci minuti, persino quando stavano ancora assieme, e capitava talvolta che il rosso finisse per offendersi per chissà cosa. Metteva su il broncio, attendeva nell'ombra qualche coccola e poi tornava come prima: più forte (e molesto) che mai. Ed infatti eccolo adesso in quel letto, a parlare con lei di certi argomenti che mai avrebbe più creduto di sfiorare. « I quindici secondi di gloria di Fred Weasley che mi hanno sconvolta. » La guarda, e ridacchia. Ricorda bene quella prima volta. Erano partiti con lo stesso entusiasmo di due ragazzini pronti ad esplorare qualcosa di tanto rinomato com'era il sesso. Freddie Weasley, allora non più che quindicenne, sapeva tutto ciò che doveva sapere, sull'argomento. Insomma, tra ragazzini dopotutto, se ne parlava spesso. Da quando poi lui e Mun avevano preso a stare assieme da un po', nella sua camera, assieme a Kiwi ed un abusivissimo Albus, sembrava non esistere altro argomento che non fosse quell'argomento. Ancora non l'avete fatto? Nemmeno una seconda base? No, Freds, è grave, gravissimo! E allora erano giunti i consigli, e dopo i consigli le dimostrazioni con tanto di disegnini e beh, altra roba piuttosto imbarazzante che non staremo quì a raccontarvi. Ciò nonostante, da quel lavaggio del cervello, il Grifondoro ne era uscito davvero istruito. Non avrebbe sbagliato una virgola, sapeva tutto! Ma quando poi la situazione era giunta, quando poi si era trovato sotto le lenzuola assieme a lei in quello stesso letto, Freddie si era accorto di non sapere proprio un cazzo. Come iniziare, quando fermarsi, nè tanto meno come procedere nel mentre. Un mentre che, ahimè, era durato ben poco dopotutto, lasciandoli sconvolti su quel materasso, a pancia in su ed intenti a fissare il soffitto. Sta per fare qualche battuta delle sue, cercando di sviare, ma Amunet lo precede, quasi come fosse capace di leggergli nel pensiero « E non in senso buono. » Scoppia a ridere, guardandola. Gli ci erano voluti diversi giorni, per smettere di chiederle scusa. Per averle fatto male, per aver reso tutto un disastro, per averla rotta (perchè sì, non era bastato solo l'imbarazzo del momento, ma anche l'ansia di un Weasley non a conoscenza di quel minuscolo particolare, più che convinto di averle inferto chissà quale ferita letale).
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    « Dai, non essere crudele. Era la prima volta, già è tanto se ho indovinato! » Ride « Guarda che ricomincio a chiederti scusa eh. E poi non la smetto più, lo sai » La vede voltarsi nella sua direzione, ed è allora che un sorriso sincero gli dipinge il volto, mentre rimane in silenzio per osservarla. Sono vicini, particolarmente vicini. In quegli ultimi tempi, seppur in circostanze del tutto diverse, gli è capitato tante volte di ritrovarsela tanto prossima. Eppure adesso..C'è qualcosa di diverso. Riesce a percepire il calore del suo corpo, il suo respiro che si infrange contro la propria pelle. Riesce a sentire il suo profumo, che conosce alla perfezione, ed ha sempre adorato. Lo riconoscerebbe tra mille, e non l'ha mai dimenticato. « E comunque.. non sono strana. Sono pretenziosa. » Le dita di lei gli sfiorano il viso, scostandogli alcuni ciuffi di capelli dalla fronte, e Fred si piega sotto il suo contatto, alla stregua di un gatto in cerca di coccole. Il leone rampante è al momento docile come un agnellino. « ..e i tuoi maglioni hanno il loro perché. Erano.. una forma di ribellione. A mia madre veniva un infarto ogni qual volta ne indossassi uno. Tua nonna non è molto pratica di haute couture e la mamma ne era ben consapevole. » « Farò finta di sapere cosa sia l'haute couture per non rovinare il momento » Ridacchia, con la sua solita espressione innocente: falsa come una banconota da due galeoni. La madre di Amunet, la signora Carrow, l'ha sempre vista sotto una luce..Particolare. Sua madre Angelina non l'ha mai accettata di buon grado, come l'intera sua famiglia, dopotutto. Fred, dal canto suo, non è mai stato capace di inquadrarla alla perfezione. Certo è che dai racconti trapelati da Mun, e dai fatti veri e propri con i quali doveva avere a che fare di giorno in giorno, quella donna non gli stesse poi granchè simpatica. Quale madre avrebbe mai concesso al proprio marito di compiere un tale scempio sulla propria figlia? Era colpevole anche lei. Lo erano tutti, lo era persino lui. Quel mostro agiva di giorno in giorno, distruggendo sempre di più la più piccola dei Carrow, e loro non potevano fare nulla. Quella era una faccenda che mai avrebbe dimenticato, anche a distanza di tempo. L'aveva segnato, e probabilmente si sarebbe portato dietro quel senso di colpa ed impotenza per sempre, qualsiasi sarà il loro futuro. « Era inutile rifilarle la storia del è fatto a mano. Quella donna riconoscerebbe le lane pregiate dalle bobine di filato comprate al mercatino di Diagon Alley, anche da un chilometro di distanza. » La osserva sistemarsi meglio sul cuscino, adocchiando come alcune ciocche dei lunghi capelli corvini le ricadano sul collo, morbidamente. « Se me l'avessi detto prima, ti avrei fatto fare una scorta di maglioni da nonna solo per te. » Ridacchia. Beh, parlare di ribellioni di fronte al ribelle per eccellenza, non può che accendere ogni suo impulso sopito. Impulsi che prendono a pulsare ulteriormente, costringendolo a trarre un respiro profondo, non appena se la ritrova così vicina da poterla quasi sfiorare. E fidatevi, l'istinto di sfiorarla è forte. Sentire la pelle di lei reagire sotto il suo tocco, in maniera quasi febbricitante. Appropriarsi del suo calore, del suo profumo, di ogni cosa che la compone. La vuole, e questo è ormai evidente. Non sa in che modo la voglia, ma la vuole e basta e con tutto sè stesso. La vuole da sempre, non c'è un giorno in cui abbia smesso di farlo. Questo ormai non è più in mistero, nè per lui, nè per lei. Possono provare ad allontanarsi ventiquattro ore su ventiquattro. Possono far finta di ignorarsi, odiarsi, far finta che l'altro non esista. Ci riescono pure, con una buona dose di impegno, tutte le volte. Ma la verità è che non durerà mai più di tanto. I loro corpi si bramano, nonostante le loro anime spesso si respingano. I loro corpi percepiscono le stesse emozioni, quando sono vicini. Le stesse pulsioni, gli stessi desideri, il modo in cui il sangue prende a scorrere più velocemente ed il battito cardiaco si fa inarrestabile. Instabili, ecco cosa diventano quando sono vicini. Due elettroni cariche di due diverse cariche, una positiva e l'altra negativa, che potranno certo essere ostacolati da chissà quante altre particelle appartenenti a questo mondo, ma riusciranno sempre ad attrarsi. In un modo o nell'altro, perchè è questo ciò che fanno i poli opposti. Perchè Amunet è una parte di Freddie, e Freddie è una parte di Amunet. E l'uno non può vivere senza l'altra. Lo sapevano già, persino prima di rischiare entrambi la vita. « A proposito di cambi rubati.. non ti ho ancora restituito gli ultimi.. » Gli ultimi. Il ricordo delle docce lo investe in pieno, di nuovo. Lingue intrecciate, corpi uniti sotto il getto avvolgente dell'acqua, sospiri e gemiti. Prova a non pensarci, ma gli riesce piuttosto difficile, così vicino a lei per come si trova. Più prova a distrarsi, più ci pensa, e più ci pensa, più ogni cellula del suo corpo si accende. « Non preoccuparti, se li hai ancora puoi tenerli, se vuoi » Si sente sussurrare, ma la sua mente continua ad essere altrove. « Mi piacciono i tuoi vestiti. Mi piace la sensazione che li abbia indossati tu.. mi piace vederteli indossare. » Poi quelle parole giungono, facendolo precipitare nuovamente nella realtà. Una realtà dove ognuna di loro, ogni lettera, lo porta ad avvicinarsi ulteriormente a lei, tanto da far aderire il proprio corpo col suo, adesso. La sente, più vicina che mai, reale e concreta contro di sè. Ogni suo tessuto reagisce a quel contatto, risvegliando l'intero suo corpo da un sonno mai completamente profondo. « A me piace che sia tu, ad indossarli. Vedere qualcosa di mio su di te, mi illude che in qualche modo, tu possa ancora appartenermi » Rivela, aprendosi forse fin troppo. Ma stretti l'uno contro l'altra per come sono, sotto le coperte di quel letto che tante volte li ha accolti, Fred non si sente in vena di nasconderle nulla. Oggi avrebbero potuto smettere di esistere, domani potrebbero scomparire sul serio. Il tempo che rimane loro è prezioso, e non ha più voglia di sprecarne altro. « Mi manca tutto questo » Mormora allora, spingendosi ulteriormente verso di lei e avvolgendola con le braccia. Una stretta d'acciaio ma al tempo stesso delicata, quasi come se potesse spezzarla da un momento all'altro. Così piccola, così fragile, eppure così forte. Affonda il viso tra i suoi capelli corvini, tra l'incavo del collo e la spalla, ed il suo profumo inonda ogni sua via respiratoria. « Il tuo profumo, il tuo calore, il tuo corpo... Tu. » Si scosta quel tanto che gli basta per poterla guardare in viso. E' vicinissimo alle sue labbra, mentre si inumidisce le proprie con la lingua, ma non la bacia, non ancora. « Non era davvero libera, la stanza. » Sussurra allora, sulla bocca di lei « Ti ho mentito, ho cacciato chi ci ho trovato dentro. » Perchè volevo stare con te. « Ma questo tu lo sai già. Lo sapevi già, sin dall'inizio. E sapevi anche che non ti avrei lasciata in pace nonostante la porta chiusa in faccia. » La sfiora, con un sospiro che si infrange sulle sue labbra, mentre la stringe ulteriormente e si avvicina sempre di più. Il suo corpo ed il suo sguardo che ormai lasciano ben poco spazio all'immaginazione. « Sapevi tutto questo ma hai accettato ugualmente. Perchè? »
     
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    « Condividere, ti dice qualcosa? Così non va, Mun. Se non collabori con gli altri, sei una vera bestia. » Sbuffa infastidita la Carrow, ben consapevole di come Freddie si stia rigirando la frittata a suo favore. Non risponde a quelle parole e preferisce semplicemente accettare la situazione così com'è. Non le dispiace. Vorrebbe fosse il contrario, ma la verità è che non condivide una simile vicinanza umana da parecchio con qualcuno, e in cuor suo in quel momento non vorrebbe che fosse nessun altro a parte lui. Erano lì lì per morire, e poi lui l'ha baciata, ed entrambi hanno avvertito l'emergenza di quel bacio, la rovente necessità di vicinanza e il bisogno incessante di non mollarsi. Era difficile per lei ammettere che nonostante tutto lo voleva accanto a sé. « Dai, non essere crudele. Era la prima volta, già è tanto se ho indovinato! Guarda che ricomincio a chiederti scusa eh. E poi non la smetto più, lo sai. » Ricordi di un passato diverso riecheggiano tra quei due. Momenti di spensieratezza. Paradossale come in quelle ore buie, Fred e Mun riuscissero comunque a vedere la bellezza nel mondo. E il dono dei bambini; vedere il bello anche dove è difficile che ci sia del bello. I due avevano in passato sempre trovato una strada, un modo per trovare la propria dimensione. A quei tempi le cose erano più facili, perché forse di mezzo non c'era né la consapevolezza di mentalità più adulte, né tanto meno ostacoli che sembravano crollare sul petto di lei con la violenza di una valanga in piena. A quei tempi la Carrow era estremamente infelice, dilaniata dal poco riguardo che il padre aveva nei suoi confronti, eppure, preservava ancora quell'innocenza tipica dei bambini, dei giovani. Preservava l'innocenza di una ragazzina profondamente innamorata che avrebbe fatto di tutto pur di veder sorridere il suo Freddie. E lui sorrideva sempre, e lei era felice quando lo vedeva sereno. Perché la serenità di lui era la propria. « Accidenti Weasley! Non c'è niente da ridere! Mi hai praticamente traumatizzata. » Ma a dirla tutta sta ridendo anche lei, perché in fin dei conti, ai tempi nessuno dei due era una grande cima. Si, forse la Carrow leggeva tanto, era una delle più brillanti nel suo anno, ma in quanto a questioni di cuore, erano una pivellina tanto quanto lo era Fred. Cala il silenzio e lei lo guarda. Lo guarda intensamente e di scatto gli copre il viso con la propria mano. Togliti quel sorrisone dalla faccia, Weasley vorrebbe dirgli, e invece, non lo fa. « Farò finta di sapere cosa sia l'haute couture per non rovinare il momento » Alza gli occhi al cielo sbuffando per poi continuare il suo racconto sui maglioni. Quei maglioni. Le sono sempre piaciuti. Ma non le piacevano perché erano caldi, o perché erano particolari. Non le piacevano quelli degli altri cugini o dei fratelli di Fred. Le piacevano i suoi, semplicemente perché erano di Fred, perché avevano il suo profumo. Il suo profumo, quello che ora solleticavano le sue narici in maniera costante, e che le era mancato. E continuano ad avvicinarsi. Sempre di più, finché non sono letteralmente incollati. E Mun lo sente, lo sente così grondante di desiderio e così vicino, che non può fare a meno che sospirare profondamente. « A me piace che sia tu, ad indossarli. Vedere qualcosa di mio su di te, mi illude che in qualche modo, tu possa ancora appartenermi » E in quel momento, quasi impercettibilmente, Mun deglutisce mentre si inumidisce le labbra sospirando. Freddie le fa quell'effetto. Che ce l'abbia con lui o meno, il suo corpo non mente. Forse la testa ha tante cose da ridere su di lui, su quanto effettivamente siano funzionali in un rapporto quotidiano, ma la loro compatibilità in quel senso è innegabile. Lo hanno sperimentato. Molto più adesso, di quanto lo abbiano fatto in passato, quando Fred e Mun erano un noi. Sembra che più si allontanino più si desiderino. E Mun lo vuole in quel momento, sa di volerlo, più di ogni altra cosa al mondo e per questo Mun gli apparterrà sempre; finché quel fuoco non svanirà vestiti o meno, le cose non andranno diversamente. E vorrebbe davvero dirglielo Mun, ma l'orgoglio non glielo permette, e a dirla tutta, non troverebbe nemmeno le parole per esprimerlo. « Mi manca tutto questo » E si lascia avvolgere da quell'abbraccio mentre affonda a sua volta il volto nel suo collo prima di alzare appena il nasino, per sussurrargli poche parole all'orecchio. « Sono qui » Parole a fior di labbra, mentre si accoccola sempre di più contro il suo petto, ben consapevole che questa storia finirà solo in un modo. « Il tuo profumo, il tuo calore, il tuo corpo... Tu. » Strofina la guancia contro i suoi capelli mentre gli accarezza la nuca dolcemente. « Shhhh, sono qui adesso. » Continua quasi come se tentasse di canticchiarli una ninna nanna. Ne ha bisogno. Ne hanno bisogno entrambi. In quel momento di disperazione e morte, non c'è niente di qui abbiano bisogno di più che di un po' di rassicurazione, e Mun si sente di farlo in quel momento. Si sente di rassicurarlo, di dirgli che è lì con lui, che non sta andando da nessuna parte, che non ha intenzione di morire tanto meno di andarsene da nessuna parte. « Non era davvero libera, la stanza. Ti ho mentito, ho cacciato chi ci ho trovato dentro. Ma questo tu lo sai già. Lo sapevi già, sin dall'inizio. E sapevi anche che non ti avrei lasciata in pace nonostante la porta chiusa in faccia. » Annuisce, lasciando che il suo sguardo si perda in quello di lui. Chiude gli occhi per un istante, lasciandosi cullare dal suo respiro caldo che s'infrange contro il proprio viso. « Sapevi tutto questo ma hai accettato ugualmente. Perchè? » Mun odia sentirsi mettere con le spalle al muro, e quella domanda ha tutta l'aria di metterla con le spalle al muro. Sapeva tutto, o meglio, intuiva che qualcosa di strano doveva esserci. Conosceva poi il giovane rampollo di casa Weasley come un tipo estremamente temerario che non si lasciava facilmente abbattere di fronte a qualunque forma di difficoltà. Aveva immaginato che in un modo o nell'altro, avrebbe fatto accadere quanto desiderava. E questa sua temerarietà era un'altra delle tante infinite cose che Mun apprezzava infinitamente in Fred. Lei era una che mollava facilmente. Le bastava davvero poco perché molasse la presa rifugiandosi sulla sua montagna da eremita. Facilmente il suo orgoglio veniva mortificato. Lui invece, ci provava e ci provava ancora e non mollava mai la presa, anche quando tutti gli dicevano il contrario. « Perché qualche ora fa ti ho quasi visto mollare la presa. » Panico. Una paura talmente folle che l'avrebbe costretta addirittura a gettarsi tra quei tentacoli nella disperata foga di salvarlo. « E ho avuto paura. » Gli accarezza dolcemente i capelli mentre il soffio di lei si infrange contro il viso leggermente arrossato del ragazzo. Ha le orecchie rosse, come gli capita sempre quando la pressione si alza. Quel pensiero la fa sorridere. Ci sono questi piccoli dettagli di Freddie che la fanno semplicemente impazzire. « Io non so cosa siamo Freddie, ma so che.. » La voce le si spezza in gola, e per un istante abbassa lo sguardo, ben consapevole che il suo stato d'animo si spezza di fronte a buie prospettive. « ..so che non potrei mai immaginare la mia vita se non ci sei.. se non stai bene. » Strofina il naso contro il suo volto, mentre brama sempre di più le sue labbra. Mun è fisica, non immagina di potergli esprimere quei concetti a parole, tanto quanto potrebbe farlo col suo corpo, con le sue labbra, che prendono a misurare il suo volto a piccoli baci appena accennati. « Non vorrei che ti accadesse mai nulla. Non potrei sopportare che ti facciano del male. » I baci scendono ulteriormente, fino a raggiungere il suo orecchio, per poi salire ancora verso il suo orecchio. Le dita si insinuano tra i suoi capelli, stringono appena la presa in una mossa di piena necessità e urgenza. « E stasera non voglio essere sola. Ho paura di stare da sola. Ho paura.. del buio. » Della morte. Ho paura della nostra morte. Di tutta quella morte che mi porto dietro da quando ci siamo lasciati. « ..e del freddo.. » Continua continua mentre una mano gli accarezza con gentilezza il collo. « E lì faceva tanto freddo. Quella pioggia era tanto fredda. » E a volte, per quanto il freddo mi piaccia, arriva il momento in cui semplicemente mi stanca. E ho bisogno d'altro. Voglio altro.
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    « E tu.. stavi per lasciami. » Continua mentre la presa contro il suo collo si intensifica appena, assieme a una leggera rabbia che le monta nel petto. Tu non puoi. Non puoi andartene. Perché io ho bisogno di sapere che stai bene. Ho bisogno di sapere che sarai sempre il mio porto sicuro, anche quando non lo sei più. Anche quando ti impegni in tutti i modi possibili per scansarmi. Anche quando io non ti voglio. Lo sente quel fuoco, il bisogno di annullare ogni distanza. E quando ormai la frustrazione si fa tangibile, è Mun ad annullare tutte le distanze gettandosi con foga sulle sue labbra spingendosi contro la sua bocca come un fiume in piena, ben consapevole che ogni istante potrebbe essere l'ultimo. Ben consapevole che l'ha quasi visto morire. Che lei per prima ha rischiato di vedersi crollare sotto il peso delle trappole più di una volta. Ne ha viste tante di vite spezzate; di grandi e piccoli. Tutti potevano essere soggetti a un colpo decisivo. Bastava un piccolo errore perché tutto finisse. E Mun non poteva permettere che succedesse senza che lui sapesse che aveva una paura folle di vederselo scivolare tra le dita. Perché per Mun, Fred sarà sempre un pezzo necessario del puzzle, imprescindibile. Il suo stare bene le ha sempre permesso di andare avanti senza remore, senza sensi di colpa - quanto meno finché lei non ha sbagliato nei suoi confronti, facendogli un enorme torto. Ma nonostante ciò, nonostante i sensi di colpa, la sua serenità è il benessere di lui. Saperlo bene, ovunque vada, qualunque cosa faccia, qualunque saranno sempre le sue scelte.


     
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    « Sono qui » Parole che gli solleticano il viso, mentre lei gli si stringe ulteriormente contro. Parole che gli sono mancate per tanto, troppo tempo, che non sa quanto dureranno, ma al momento poco gli importa. « Shhhh, sono qui adesso. » Annuisce, la stessa espressione di un bambino rassicurato dalle parole dolci di una madre. Del solito leone rampante, quello che tutti ormai conoscono, sembra non esserci nemmeno l'ombra, al momento. E' infatti con tenerezza che la stringe a sè e al contempo si accoccola contro di lei. Una dolcezza ed una delicatezza che nulla hanno a che fare coi movimenti bruschi e a tratti violenti che hanno dato inizio a ciò che hanno fatto nelle docce, qualche tempo fa. E' di certo lo stesso Fred, su questo non v'è dubbio, e lei è la stessa Amunet, eppure il loro atteggiamento, il modo in cui si bramano silenziosamente e quello in cui godono l'uno del calore corporeo dell'altra, è ben diverso da allora. Non sa esattamente perchè, e a dirla tutta in un momento del genere non ha nemmeno tanta voglia di interrogarsi al riguardo, eppure..Qualcosa è cambiato. Che sia una semplice sfumatura, o un tassello ben più importante del loro rapporto, non saprebbe decifrarlo. Ma se c'è una cosa che sa, Fred, è che Mun è lì. Concreta e reale sotto le sue braccia, e che lui l'ha desiderata per così tanto, che quasi stenta a crederci. L'ha vista perdersi, in quel bagno dei prefetti. L'ha vista dissolversi tra le sue stesse mani, quella stessa notte. E poi l'ha vista precipitare sotto la morsa di quei tentacoli, schiacciata al suolo in quel luogo di morte. Tante, troppe volte l'ha persa. E tante, troppe volte non è riuscito a far nulla per evitarlo. E quindi è per questo che adesso, quel leone si fa agnello e si accoccola contro di lei, bisognoso di quelle rassicurazioni. Mentre il cuore gli martella il petto, come impazzito, ma lui non ci fa nemmeno caso. Il respiro di lei si infrange contro la sua pelle, e viceversa quello di lui. E' tiepido, ma riesce comunque a scaldarlo meglio di qualsiasi altra cosa. « Perché qualche ora fa ti ho quasi visto mollare la presa. » Si mordicchia l'interno della guancia, lo sguardo d'ambra a scrutarla nella penombra. Lei gli accarezza i capelli, ed il ragazzo si piega sotto quel contatto, socchiudendo appena gli occhi. Quando li riapre, lei è ancora lì. E allora sorride appena, poggiandole delicatamente la mano destra sul viso, accarezzandole la guancia e scostando alcune ciocche di quei capelli corvini. E' bella Mun, lo è sempre stata. Ma ogni volta che può vederla così da vicino, si accorge di qualche nuovo, impercettibile particolare che riesce a renderla ancora più bella. La pelle diafana, per esempio, molto più chiara della sua, è liscia al tatto e priva d'imperfezioni, quasi come fosse porcellana. Percorre il suo viso coi polpastrelli, in una lenta traiettoria, mentre sotto i suoi occhi sembrano materializzarsi ricordi di un passato ormai remoto. Individua alcuni graffi sottili, sicuramente frutto di qualche trappola, ed istintivamente i suoi ricordi si soffermano su quelle notti. Capitava spesso che Freddie restasse sveglio, dopo quei momenti trascorsi assieme. Rimaneva lì, stretto alla ragazza che amava più di tutto, a contare delicatamente tutti quei segni che le sfregiavano la pelle delicata. I lividi, i graffi, le cicatrici e le ferite, più o meno recenti. Le percorreva piano con le dita, così come sta facendo adesso, quasi come se con quel suo tocco avrebbe voluto riuscire a strapparle via ognuno di quegli abusi, trasportandoli su di sè. Se solo avesse trovato un modo, Freddie non ci avrebbe pensato due volte a farlo. Rubarle tutto quel dolore, deprivarla di tutta quella sofferenza e farla propria. Ma ciò non era possibile, e tutto ciò che quel ragazzino di un tempo poteva fare, era sospirare impotente e stringerla a sè ancora un po', sperando che l'indomani sarebbe stato un giorno migliore, e che Mun, la sua Mun, avrebbe ottenuto quel poco di felicità che meritava. « E ho avuto paura. » E l'ha avuta anche lui. Seppur sia difficile da ammettere, seppure sarebbe più facile vederlo tagliarsi un braccio piuttosto che ammettere una simile verità, Freddie ha avuto paura in quelle serre. Paura di morire, certo, ma non per la morte in sè. Quella, Weasley l'ha già saggiata sulla sua stessa pelle, soltanto poco più che un anno fa. E' rimasto per più di un intero mese tra la vita e la morte, stretto nella morsa opprimente di quel coma. Morire è più semplice di quanto non si creda, dopotutto, o almeno questo è ciò che lui ha provato, in quegli attimi di limbo. Non te ne accorgi nemmeno, semplicemente smetti di esistere, improvvisamente. Ma la morte non sempre è inaspettata, e ci sono quelle volte che -come qualche ora fa- rimani consapevole fino all'ultimo istante. E allora una marea di pensieri ti investe in pieno. Tutto ciò che hai fatto fino ad ora e tutto ciò che avresti potuto fare. Ed erano stati proprio quei pensieri a fargli paura. Proprio quei ti amo non detti, quei giorni sprecati a far finta di ignorarsi. Era stato il pensiero di lasciare Amunet lì da sola, nella morsa del diavolo, a gettarlo nel panico più totale. « Io non so cosa siamo Freddie, ma so che..so che non potrei mai immaginare la mia vita se non ci sei.. se non stai bene. » La sente vicina, sempre più vicina, mentre gli si stringe contro col proprio corpo, e le sue labbra percorrono il suo viso in piccoli baci. Ogni contatto sembra bruciare, accendendo quel fuoco che si sente già crescere dentro ormai da un po'. Sospira allora, mentre continua ad accarezzarla e si piega appena sotto i suoi baci per facilitarle i movimenti. « Non vorrei che ti accadesse mai nulla. Non potrei sopportare che ti facciano del male. » Sembra leggergli nel pensiero con quelle parole. Avere la consapevolezza che lei ci tenga a lui tanto quanto lui ci tiene a lei, lo fa stare bene, in un certo qual modo. Sembra essere quella sfumatura capace di fargli credere che c'è ancora speranza. Per loro. Che potrebbero tornare ad essere un noi, non sa quando, ma chissà forse un giorno. « Non succederà, non quando stiamo insieme. » Una promessa difficile da mantenere, quella, ma che si sente di farle comunque in quel momento. « Sei il mio punto di forza, lo sei sempre stata. » Perchè per quanto possa sembrare il contrario, è così che è sempre stato. E' vero, Freddie è la roccia, è il coraggio, è la protezione. Ma non lo sarebbe mai stato, probabilmente, se non avesse avuto mai nessuno da sostenere, proteggere, o a cui infondere coraggio. Se lui è il fuoco che arde il mondo, Mun è il suo mondo. Gli ha sempre dato un motivo per ruggire. Un motivo per rialzarsi, per lottare e sperare in un futuro migliore. E quando è con lei, Freddie si sente in un certo qual modo invincibile. « E stasera non voglio essere sola. Ho paura di stare da sola. Ho paura.. del buio. » Gli bacia il collo, fino a risalire all'orecchio sinistro, e Fred si sente scuotere la schiena da un brivido violento. Lei lo vuole, e glielo sta dimostrando con il corpo ancor meglio che non le parole. Con quei baci caldi, quelle mani che si insinuano tra i suoi capelli stringendo appena la presa e la vicinanza con la quale si consuma ognuno di quei gesti. E allora sospira, il rosso, col cuore in gola, ed il suo soffio si infrange sulla pelle di lei. « Non sei sola. Non lo sarai, non più, fin quando vivrò. » Se necessario, ti farò da scudo fino alla morte. E lo pensa sul serio, il Grifondoro, come d'altra parte l'ha sempre pensato. Lui un mondo senza Amunet non riesce neanche ad immaginarlo, e non l'ha mai fatto, nemmeno quando si sono lasciati. Per questo la proteggerà sempre, senza remora o paura alcuna. Fino alla morte, letteralmente. « ..e del freddo.. E lì faceva tanto freddo. Quella pioggia era tanto fredda. » Annuisce e di nuovo sospira, completamente soggiogato da quella vicinanza. Inutile specificare quando Amunet sia capace di farlo impazzire. Ma mi è sempre piaciuto il modo in cui mi fai impazzire. Gli fa perdere la testa nel modo in cui gli lascia quei piccoli baci sul collo, o come le sue dita si imprimono contro la sua pelle. Gli fa perdere la testa il calore del suo corpo stretto contro il proprio, che si fa sempre più vicino. E più si avvicina, più risveglia una marea di impulsi assopiti ormai da tempo ma mai completamente addormentati. E la vuole, la vuole con la mente e col fisico, e più minuti passano più quell'attesa cresce, facendosi quasi insostenibile. « E tu.. stavi per lasciami. » Scuote la testa, lo sguardo fisso in quello di lei, mentre trattiene il respiro per qualche minuto. « Non succederà più. Non ti lascio » Quelle stesse parole che ha pronunciato qualche ora fa, serrando le sue dita contro quelle tremanti di lei, per non farla scivolare tra le grinfie di quei tentacoli. Quegli attimi di terrore lo paralizzano per qualche istante, e allora istintivamente si spinge ancora di più contro di lei, come a volersi accertare che sia davvero lì, senza alcuna minaccia pronta a dividerli. L'ennesima.« Non voglio lasciarti. Anche quando ti sembrerà il contrario, io tornerò sempre da te. In un modo o nell'altro » Si sente di rassicurarla come lei ha fatto con lui qualche minuto fa. « Non ti libererai di me tanto facilmente » E Mun lo sa. Sa quanto il Grifondoro possa essere ostinato, quando si mette qualcosa in testa. Ed è allora che le distanze si annullano. E questa volta è lei a farlo. Si getta sulle sue labbra con foga, in un bacio capace di togliergli il fiato. Un bacio carico d'attesa, aspettativa e desiderio,
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    come ne ha dati e ricevuti pochi in vita sua. Uno scontro di lingue e denti. Conosce ormai bene il suo sapore, ma non lo stancherà mai. Gli appartiene, fa parte di sè. Non saprebbe neanche come descriverlo, perchè non assomiglia a nulla di già conosciuto. E' particolare, è unico, come unica lo è Amunet. E allora continua a goderne mentre ricambia quel bacio con un certo impeto che presagisce un bisogno crescente più che palese. Si scosta solo per riprendere fiato un attimo, sorridendo sulle sue labbra, e a quel punto la stringe con le braccia, esercitando un minimo di forza per tirarsela addosso. Amunet è leggera, dopotutto. E' sempre stata molto più piccola e minuta, rispetto a lui. Quindi la avvolge con le braccia, rimanendole sotto mentre continua a baciarla. La lingua che scava ulteriormente dentro di lei, e le mani che adesso vagano lungo la sua schiena, in un tocco delicato, è vero, ma al tempo stesso carico d'impeto. Il contatto col suo corpo, adesso aderito al proprio, sembra accenderlo ulteriormente. Ed ogni sua cellula, tessuto ed infine muscolo reagiscono a quella vicinanza. Un tripudio di pulsioni e sensazioni, mentre si alza con la schiena, mettendosi a sedere, senza lasciarla tuttavia. In quel movimento, il proprio bacino si è spinto inavvertitamente contro quello di lei, palesando concretamente quanto la desideri in quel preciso momento. Come se non fosse già abbastanza chiaro. A quel punto ridacchia, scostandosi appena dalle labbra di lei per guardarla, con espressione falsamente innocente. Si stringe pure nelle spalle, e se in situazioni differenti l'imbarazzo avrebbe assalito ogni sua facoltà, al momento non v'è traccia di alcuna vergogna. « E' questo l'effetto che mi fai- Uno dei tanti -Inutile fingere il contrario. »
    In fondo non si tratta di Fred Weasley, se non dirà almeno una frase oltremodo imbarazzante in momenti come quello. Si riavvicina al suo viso, lasciandovi piccoli baci. Percorre quei graffi, fino ad arrivare alla mascella e poi al collo, dove vi imprime il contorno delle sue labbra. Le mani che vagano lungo la sua schiena, prima di arpionare le dita contro il maglione. In un movimento veloce lo alza, scoprendole la schiena, fino a liberarla completamente. Si concede qualche istante per guardarla, prima di tornare ad accarezzarla. Percepisce sotto le dita i bordi frastagliati di quelle cicatrici che le percorrono in lungo la spina dorsale, e per qualche istante sospira. « Mi dispiace » Sussurra a fior di labbra « Per..tutto. Per non esserci stato quando avrei dovuto, e per aver sprecato tutto questo tempo » Appoggia il viso contro la sua spalla, continuando ad accarezzarla, le mani che scendono sempre di più. « Ma sono quì, adesso. E assieme a te, non fa poi così tanto freddo. » Assieme a te, questo buio sembra riacquistare un minimo di luce. E non so quanto durerà. Non so se domani torneremo ad odiarci. Ma ciò che so è che io avrò sempre bisogno di te. Anche quando fingo il contrario. Anche quando tutto sembra perduto. « Sii mia, stanotte. » Pronuncia, quasi in un sussurro al suo orecchio. E allora le mani sulla sua schiena scendono sino a giungere ai bordi degli slip. Esita qualche istante, prima di oltrepassarli ed insinuarsi sotto la stoffa. Le dita che si imprimono contro la sua carne, in una presa che porta con sè una leggera nota possessiva. Sei mia. « Ed io, che effetto ti faccio? » Domande pericolose, caro Weasley, presagiscono risposte pericolose.
     
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    Instabile. Mun è sempre stata instabile. Per buona ragione molti le hanno dato della psicolabile, della psicopatica, perché in fin dei conti per quanto sembrasse controllata, la verità è che la giovane Carrow ha sempre conservato dentro di sé un'ampia componente di imprevedibilità. Faceva una cosa, ne pensava un'altra ne dimostrava con i gesti una completamente diversa dalle precedenti due illustrate. Era una nave alla deriva in un mare burrascoso. Poteva essere la migliore, o la peggiore cosa che capitasse a chiunque, perché Mun sconvolge, in una maniera in cui pochi sanno fare. Priva di una bussola, priva di modelli forti che possano darle un buon esempio, si è cresciuta a modo suo da sé, imparando a vivere di un intrinseco egoismo di fondo. Nessuna cosa che facesse è mai stata fine a se stessa; ed era interessante, proprio perché non era mai chiaro cosa avrebbe fatto o come si sarebbe comportata. A volte sembrava non fosse in grado di provare niente per nessuno, altre volte era più che lampante il fatto che provasse sin troppo. Un paradosso vivente, la cui unica chiara necessità era di sentire qualcosa, qualunque cosa che andasse oltre la paura e l'apatia. Oltre il dolore e la disperazione. Contro queste cose prova a combattere tutti i giorni. Ed è debole. In cuor suo sa di non avere gli strumenti adatti per combattere quanto le sta accadendo, quanto volente o nolente subisce. E in questo, Fred è il suo porto sicuro, il luogo in cui approdare ogni qual volta tutto il resto va male, perché sa che Fred la vorrà sempre, e che lei, per via della loro estrema intesa vorrà sempre lui. In cuor suo si rende conto che forse più che amore, la loro è una forma di dipendenza, una qualità di droga squisita che non si esaurisce mai, che corrode ai livelli del fanatismo, ma se dovesse fermarsi a considerare tutte quelle cose, se dovesse interrogarsi troppo a lungo su quanto le sta accadendo, su quanto sta facendo, la sua mente esploderebbe. Impazzirebbe. Perché in cuor suo, nonostante tutto il controllo che sta ostentando, Mun si rende conto di non avere la più pallida idea di cosa sta facendo o di cosa vuole. E quindi nel dubbio, decide di non pensare, di non interrogarsi su niente, e si crogiola nelle sonorità variopinte di emozioni delle parole di Fred che sembrano alleviarle qualunque forma di dolore. Si bea della tranquillità che gli infonde ogni sguardo di lui, ogni sua carezza, ogni suo caldo respiro che si infrange contro la sua pelle, provocandole dolci brividi lungo la schiena, scuotendola dal torpore fisico e mentale in cui soggiace il più delle volte. Non sei sola. Non lo sarai, non più, fin quando vivrò. Parole quelle che Mun ha sempre avuto bisogno di sentirsi dire. Incredibile come la sua indipendenza sia paradossalmente manifestazione di una dipendenza intrinseca. Mun, in cuor suo, sa che di stare da sola non sarà mai in grado, che avrà sempre bisogno di qualcuno che le ricordi chi è e soprattutto cosa è stata. E se Freddie certo non può raccontarle chi è, perché questa nuova creaturina non conosceva, può decantarle chi è stata, ricordarle com'era bello restare svegli sotto le coperte fino a tarda notte a guardarsi negli occhi, parlando del nulla. Ricordarle com'era bello accarezzare e baciare, bramando altrettanto da lui, per ricordarsi a vicenda che la solitudine è troppo deplorevole perché possa essere contemplata in questa breve vita. Ciò è vero ora più che mai. « Non succederà più. Non ti lascio. Non voglio lasciarti. Anche quando ti sembrerà il contrario, io tornerò sempre da te. In un modo o nell'altro. Non ti libererai di me tanto facilmente. » Mun sa di aver bisogno di quelle parole, sa di nutrirsene come una un piovra, rompendo i gusci di chi le sta attorno, spolpando il prossimo con virulente patos. E allora lo bacia con foga, mentre si spinge sempre di più nella sua direzione, le dita che si stringono tra i suoi capelli strappati ai più bei tramonti scozzesi mentre la lingua lotta contro la sua per penetrare sempre più in profondità esplorandolo in tutta la sua interezza con la voglia di un predatore innato. Quello, il desiderio, il piacere fisico, è l'unico terreno in cui Mun gioca in vantaggio, quella l'unica situazione che effettivamente Mun sappia controllare nella sua interezza, in cui possiede il proprio amante, lo ammaglia, lo traghetta, come Caronte traghetta le anime oltre il mondo dei vivi. Si lascia trascinare sopra di lui, avvolgendogli il collo con le proprie braccia. Non vuole prendere fiato, vuole stremarsi e stremarlo, perché se deve morire, vorrebbe farlo così, nella struggente battaglia della condivisione di due anime che si bramano, temono di non avere altri giorni per toccarsi ancora, per sfiorare le squisite quanto proibite bette del piacere. Ed è in quel momento che lo sente, in tutta la sua interezza, capisce quanto la brami, quanto le sia mancata, e di conseguenza un sospiro più lungo si infrange contro la sua bocca in quel movimento che vede i braci dei due divisi solo da pochi strati di tessuto. « E' questo l'effetto che mi fai. Inutile fingere il contrario. » Ride silenziosamente mentre si lascia percorrere il volto dai suoi baci, chiudendo istintivamente gli occhi, mentre i polpastrelli gli solleticano dolcemente la nuca. Vive per quelle piccole attenzioni, per quei minuscoli dettagli solo suoi, che le appartengono in tutto e per tutto. « Buongiorno anche a te. » Commenta in un sussurro, divertita dalla piega che la situazione sta prendendo. Con Freddie non c'è imbarazzo, viene tutto spontaneo, è tutto già lì, come se entrambi abbiano disegnata nella mente una specie di mappa del corpo dell'altro. Si conoscono, si comprendono, si completano. Anche adesso, nonostante sia passato tanto tempo, nonostante i loro appetiti decisamente differenti e il loro approccio decisamente meno gentile, sanno i limiti dell'altro: non ce ne sono, perché si fidano ciecamente. Mun si fida di Freddie; seppur non lo ammetta, seppur nei suoi comportamenti, nel suo modo di agire ci siano migliaia di cose non compatibili con la sua mentalità, in queste circostanze non c'è persona di cui si fidi maggiormente. Con lui la collisione è totale, è magica, un perfetto miscuglio di fuoco e ghiaccio. E così quando la libera dal maglione, lasciarsi guardare è naturale, è piacevole. E' orgogliosa di lasciarsi ammirare e ancora di più lasciarsi toccare. Piccoli brividi percorrono la sua spina dorsale, man mano che la percorre. « Mi dispiace. Per..tutto. Per non esserci stato quando avrei dovuto, e per aver sprecato tutto questo tempo. Ma sono quì, adesso. E assieme a te, non fa poi così tanto freddo. » Gli accarezza i capelli mentre lui appoggia la testa contro la sua palla, e lascia una leggera scia di baci sulla sua chioma; sfoggia gentilmente sulla sua testa prima di appoggiarvi il mento chiudendo gli occhi. Stretti una morsa ferrea, Freddie e Mun si confessano senza il necessario bisogno di parole mirate. « Sii mia, stanotte. » Ed è allora che si morde il labbro mentre si accende di ulteriore desiderio sotto il tocco deciso delle sue dita che scendono ulteriormente compiendo una mossa che la obbliga a buttare la testa all'indietro. I capelli le ricadono sulla schiena solleticandole la pelle d'oca mentre spinge il proprio petto contro quello del ragazzo stringendosi completamente a lui, aderendogli contro.

    « Ed io, che effetto ti faccio? » Instabile appunto e con una psicologia davvero complessa, difficile se non addirittura imposibile da indovinare, con ben pochi capisaldi. Tra questi non chiedere se non vuoi ottenere una risposta perché il più delle volte sarà una del tutto imprevedibile. E forse, il giovane Weasley chiede proprio per questo motivo, perché sa che, semmai otterrà una risposta, e non è detto che la ottenga, sarà completamente diversa da ciò che potrebbe immaginarsi. Nel tempo Mun ha imparato a non essere scontata, ha imparato che quando qualcuno fa una domanda ben poco specifica, in realtà non ha la più pallida idea di cosa vuole, e allora, si ha la libertà di fare qualunque cosa, purché nei limiti della decenza umana - se di decenza si può parlare in quel momento. E quindi, di fronte a quelle parole, di fronte a quel quesito, Mun scoppia a ridere; un risata anche essa calibrata, sensuale, imperniata di doppi fini e significati. Non hai nemmeno lontanamente idea. Ma per un po' non fa niente; si crogiola nella sensazione delle sue mani che la intrappolato, il petto di lei solleticato dal pesante tessuto del maglione del ragazzo. E poi di scatto, allunga le braccia oltre la sua schiena, afferra il suo maglione, iniziando a sollevarlo con foga, fino a toglierglielo di dosso, interrompendo automaticamente il contatto della presa su di lei. Se lo stringe addosso, quell'indumento, restando per un istante lontana da lui, per osservarlo nella sua interezza; il busto perfettamente proporzionato, come strappato direttamente dalla rappresentazione di una statua greca. Si passa la lingua sulle labbra mentre lo sguardo predatore di lei vaga poggiandosi su ogni centimetro di carne scoperta; Freddie è perfetto, uscito direttamente dai quadri dei più grandi pittori Rinnascimentali. « Non muoverti. » Un sussurro colmo di autorità mentre gli afferra i polsi portandoglieli sopra la testa, incollandoglieli alla testiera del letto con un gesto decisivo. Glieli tiene là con l'aiuto di una mano mentre l'altra scende ad accarezzargli leggermente il viso, prima stampargli un bacio sulle labbra. Nel mentre la mano libera dai polsi di lui, afferra il maglione con lentezza, un gesto che vuole apparire quasi impercettibile. Si spinge ulteriormente contro di lui, e lo bacia, questa volta con più foga, mentre solleva il maglione, lo maneggia ora con entrambe le mani, afferrando le due maniche e avvolgendole attorno ai suoi polsi incollati alla testiera. E proprio mentre il bacio si carica di più, proprio mentre lo brama con maggiore foga, le maniche si stringo attorno ai suoi polsi con un nodo deciso, facendoli aderire completamente contro la sbarra più alta della testiera. Lo annoda ulteriormente, nonostante sappia che la presa non è poi così forte e che sta tutto a lui. E' un patto di fiducia, il nostro, Freddie. Non muoverti. E allora lo guarda, gli accarezza il torso nudo con entrambe le mani, mentre una scia di baci scende sempre più in basso fino all'orlo dei suoi pantaloni, dove si ferma, sollevando nuovamente lo sguardo su di lui. Gioca astutamente con i suoi sentimenti, sollevando appena con i denti l'orlo dell'indumento, per poi mettersi a sedere nuovamente. Si allontana appena, staccandosi il più possibile dall'evidente eccitazione di lui; e lo guarda, lo guarda per un tempo infinitamente lungo, prima di togliersi completamente le coperte di dosso e lasciar scivolare la propria mano dal seno, sempre più in basso, oltre l'intimo nero. Chiude gli occhi Mun, per un istante, ma poi li riapre e sono più carichi che mai.
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    Lo guarda ossessivamente mentre la mano si muove lentamente autoinducendosi un piacevole formicolio lungo la pelle, nel basso ventre e poi via via in tutto il corpo che si piega sotto i propri movimenti. Sopra Freddie, Mun si dà piacere da sola, lo intima, con lo sguardo, lo provoca, lo chiama, lo desidera, ma lo chiude fuori. Completamente fuori. « Non muoverti, Freddie. Guardami. » Lo avverte ancora, prima di mordersi il labbro, mentre la mano rimasta libera, si spinge contro il petto di lui per sollevarsi appena sulle proprie ginocchia. Sempre più lontana eppure sempre più vicina, lascia che il soffio pesante e bollente si infranga contro il suo viso. Al primo gemito le unghie si conficcano appena nella carne di lui mentre incolla la fronte contro quella del ragazzo; vuole fargli capire quanto stia bene, quando sia piacevole. Ma non abbastanza. Continua in quei movimenti per un po', senza mai interrompere il contatto visivo, non facendo altro che aumentare la pressione del sangue nel proprio corpo, il battito cardiaco sempre più accelerato; le guance pallide si tingono di un leggero rossore che non fa altro che aumentare man mano che continua. Un gemito, un altro e un altro ancora, prima di soffocarli mordendosi violentemente il labbro. Ed è allora che tutto il suo corpo si contorce per un istante di totale estasi, mentre interrompe il contatto visivo, per chiudere gli occhi e abbandonarsi a quella sensazione che la debilita nel corpo. Sa che rendersi sensibile significa rendersi vulnerabile, ma non le interessa. Fred le ha fatto una domanda e questa è la sua risposta. A quel punto si avvicina, si accascia contro il corpo di lui, mordendogli il labbro inferiore. « Dovresti sapere ormai che se chiedi le cose in modo sbagliato, non ricevi. » Un sussurro prima di stampargli nuovamente un bacio sulle labbra, lasciando che il suo respiro pesante s'infranga contro la bocca di lui. « Quindi cos'è che vuoi da me, Freddie? » Sensuale, dannatamente calibrata nella voce paradossalmente tremante, gli morde il mento sorridendogli innocentemente. Un demone sotto le vesti di un angelo.




     
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    Il sesso, per uno come Fred Weasley, non ha mai rappresentato nessun tipo di tabù. E' sempre stato un ragazzo piuttosto sveglio, sotto quel punto di vista. La vergogna non è mai stata gran protagonista del suo dizionario personale, dopotutto, un po' per natura, un po' per le situazioni che quella vita sino ad ora piuttosto comoda gli ha offerto. Di ragazze, il nostro Weasley, ne ha avute tante. Non si è mai definito un playboy, e probabilmente non lo è mai stato nonostante le apparenze, ma il gentil sesso ha sempre fatto parte della sua esistenza. Un Freddie senza una ragazzetta a suo fianco, non lo si è mai visto in giro. Non si è mai nemmeno sforzato di dar sfoggio delle sue conquiste, perchè a dirla tutta, l'ha sempre vista come una cosa piuttosto naturale. Il sesso per Weasley è naturale. Le ragazze vanno e vengono, e lui non ha mai opposto particolare resistenza per lasciarsi trasportare dalle situazioni ed accogliere quel piacevole circolo. Un ragazzino appena maggiorenne come lui, d'altra parte, nel pieno della sua florida adolescenza, non potrebbe comportarsi altrimenti. E' la vita, è la gioventù, è quell'essere giovani che ti porta a pensare di essere automaticamente invincibile. Senza freni, senza controllo, senza rimorsi. Una vita priva di rimorsi, è sempre stato il pensiero principale di uno come Fred Weasley, che nelle situazioni, persino le più assurde, si è sempre gettato a capofitto. Ed infatti eccolo quì anche oggi, ad immergersi completamente in quel momento che tanto ha di inaspettato. Hanno iniziato con un cadavere da sotterrare, e sono finiti a letto. Chissà, forse Weasley l'aveva immaginato sin dall'inizio. O l'aveva sperato, sicuramente. L'aveva sperato sin da quando erano rientrati al castello, stretti l'uno contro l'altra, e le loro labbra si erano incontrate in quel bacio rubato. Perchè in fondo è sempre stato anche questo, il loro legame. Oltre all'amore, c'è anche il sesso. Checchè se ne dica, nonostante sembri la cosa meno romantica da affermare, Weasley l'ha sempre ritenuto un gran componente, per la vita di coppia. E' il modo più naturale e spontaneo per unirsi, unirsi completamente. Se con l'amore si conosce l'interiorità del proprio partner, col sesso si scopre qualsiasi segreto del corpo. Un corpo che al momento gli si erge davanti agli occhi, e che non si stancherà mai di ammirare. Non è cambiato nulla dall'ultima volta che l'ha vista, a parte i capelli più lunghi e qualche ferita sparsa qua e là dovuta alle trappole, eppure quando gli occhi ambrati di Fred si posano sul corpo di Amunet, è sempre come la prima volta. La pelle è diafana, liscia, sa di buono. I capelli creano un netto contrasto con l'incarnato, e le si spargono sul petto morbidamente. Gli occhi sembrano blu come la notte, da quella prospettiva e quella penombra, ed è un leggero rossore quello che le colora le guance pallide. I seni, stretti contro il suo petto, sono modesti e ben proporzionati. Ha sempre adorato il fisico di Mun, Freddie. Minuta, eppure perfettamente disegnata. Niente fuori posto, nulla che stoni in eccesso o difetto con tutto il resto. E poi ci sono quei piccoli dettagli, quelle sfumature che ha imparato, appunto, a conoscere. Il modo in cui sospira tutte le volte che sono particolarmente vicini, o lui fa qualcosa con l'intenzione di provocarla. Come socchiude gli occhi e tira la testa verso dietro, in quell'espressione di pura estasi, che lo fa impazzire. Ed è con uno sguardo di fuoco, le sfumature rossastre dei suoi occhi d'ambra che sembrano quasi ardere, che sta divorando ognuno di questi dettagli, mentre le loro bocche continuano a cercarsi, le loro lingue ad intrecciarsi ed i loro corpi a bramarsi. La vuole e continua a volerla sempre di più ogni minuto che passa, e quando sente le sue dita arpionarsi alla sua schiena, pronte a sfilargli il maglione, un sospiro spezzato si infrange sulle labbra di lei, mentre si scosta appena ed alza le braccia per facilitarle l'azione. Hogwarts è gelida, di quei tempi, e rimanere in quelle condizioni sarebbe ben poco raccomandabile. Ma in un momento del genere, Weasley è decisamente ben lungi dal sentire freddo. Quindi si inumidisce le labbra, che sanno ancora di lei, e riprende fiato da quei baci che poco hanno di casto, mentre si sente il suo sguardo vagare lungo il torso nudo. Negli occhi glaciali di lei, riconosce una scintilla che soltanto una volta, ha potuto scorgere. Desiderio. L'ha già guardato così in passato. Questa nuova Amunet, che si è illuso di aver compreso con una sola volta, ma della quale in realtà non conosce ancora nulla, riesce a farlo rabbrividire anche solo guardandolo. Perchè gli piace il modo in cui lo fa, con quello sguardo da predatrice e quel sorriso appena accennato, carico di una malizia oltremodo pericolosa. E l'inaspettato pericolo sopraggiunge, infine. « Non muoverti. » Le dita di lei vanno a stringersi contro i suoi polsi, portandogli le braccia dietro la testa e costringendolo ad indietreggiare con l'intero corpo. Percepisce la consistenza del legno contro la propria pelle, e lo sguardo adesso confuso saetta su di lei. Fa per dire qualcosa, ma Amunet lo distrae scivolandogli addosso per baciarlo con foga. E mentre la lingua di lei scava dentro di lui, non ha nè il tempo nè il modo di osservare ciò che le sue mani stanno facendo, poco sopra la sua testa. Qualcosa gli si stringe contro i polsi, immobilizzandoli, ma è distratto, Freddie, fin troppo distratto. E sospira sulle labbra di lei non appena decide di scostarsi, quel distacco che quasi gli fa male. E' a quel punto che alza il capo, e si accorge di avere i polsi legati alla testiera del letto. Istintivamente fa per muoversi e liberarsi, da quella presa che non sembra poi così forte, ma lo sguardo di lei lo immobilizza. Non muoverti. E allora rimane fermo davvero, il leone domato, assottigliando lo sguardo e piegando appena la testa di lato mentre la osserva. « Che vuoi fare? » Domanda, senza aspettarsi effettivamente una risposta. No, lui quest'Amunet non ha ancora imparato a conoscerla, decisamente. Eppure non reagisce, non si ribella nè prova a respingerla. Legato e passivo per com'è al momento, rimane sotto di lei, gli occhi di fuoco che non la abbandonano in ogni minimo movimento. E sono movimenti che lo portano a mordersi con forza il labbro inferiore, tanto da arrivare quasi a percepire il gusto metallico del proprio sangue, quelli che Amunet gli regala. Percorre il suo corpo seminudo in una lunga scia di baci infuocati, capaci di far guizzare i suoi muscoli sotto ognuno di loro. Ogni volta che le sue labbra si avvicinano alla sua pelle, infatti, ogni tessuto del suo organismo esplode in un tripudio di sensazioni, e l'eccitazione cresce sempre di più. Infine lei si sofferma giù, proprio lì. Gioca con il bordo dei suoi pantaloni visibilmente alterati da ciò che vi si cela al di sotto, sollevandolo con i denti. E per qualche istante, Weasley si illude che possa essere così semplice e scontato. Che lei deciderà di regalargli quegli stessi momenti di qualche mese fa, che ancora ricorda come fosse ieri. Il modo in cui l'ha avvolto con le proprie labbra, e come ha deciso di prenderlo proprio lì, proprio in quel modo, dentro quelle docce. Al pensiero l'ennesimo sospiro, stavolta ben più simile ad un gemito d'attesa e desiderio ormai al limite, trapela dalle sue labbra dischiuse. Ma tu Fred questa Mun non la conosci. E infatti Mun si distacca improvvisamente, allontanandosi dal centro del suo piacere ma rimanendogli comunque di sopra. Le coperte scivolano via, ed il suo corpo seminudo gli si staglia addosso, illuminato dalla penombra del bagliore lunare. Si morde le labbra mentre lo sguardo vaga lungo qualsiasi lembo di pelle scoperta, prima di seguire la mano di lei, che dal seno si fa spazio lungo il suo stesso busto, sino a scendere giù, oltre l'intimo nero. Questa non me l'aspettavo, Carrow. Continua a guardarla mentre lei chiude gli occhi, prima di riaprirli ed iniziare con quei movimenti che riesce facilmente ad intuire, nonostante le dita di lei siano celate dalla stoffa degli slip. E allora per qualche istante tira la testa verso dietro, Fred, lo sguardo che si perde sul soffitto mentre un'ondata di intenso desiderio lo pervade interamente, inducendolo a rabbrividire. Guarda i suoi polsi stretti contro la testiera e, di nuovo, fa per liberarsi. « Non muoverti, Freddie. Guardami. » Ma di nuovo lei lo incita, e allora cala lo sguardo, e questa volta non la abbandona più neanche per un istante. Il corpo di Amunet si flette sotto quel piacere autoindotto. E' uno spettacolo quello al quale non ha mai partecipato, nè tanto meno avrebbe mai creduto di partecipare. Quindi si passa la lingua sulle labbra lentamente, torturandosele coi denti. Ogni gemito di lei è una tortura in più per lui. Sentirla e vederla provare piacere proprio lì, sopra di lui, e non poter fare nulla per partecipare, o esser lui a procurargliene, è un supplizio. Ma un supplizio particolare. Una dannazione che ha del piacevole. E' infatti piacere ciò che prova, nel vederla provarlo a sua volta. Un piacere contrastato dal desiderio incessante e ormai agli sgoccioli, tuttavia. Le unghie di lei gli affondano nella carne, e mentre gli poggia la fronte contro la propria, ricerca le sue labbra, riuscendo ad impossessarsene per qualche istante, bisognoso di imprimerle addosso quella foga in un qualche modo, gemendo insoddisfatto non appena lei si riallontana. Si allontana per continuare in quelle movenze, in quei sospiri e quei gemiti, che si intensificano man mano che i minuti passano. E Weasley vuole liberarsi, ma più vuole liberarsi, più non riesce a staccarle lo sguardo di dosso, e più non riesce, più l'eccitazione aumenta tanto da fargli quasi male.
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    « Mun.. » Un sibilo, il tono di voce sussurrato, simile ad una supplica. Il modo in cui pronuncia il suo nome è una tacita richiesta. Impregnato di tutta quell'attesa ormai incontenibile. Se questo era il suo intento, sembra esserci riuscita. Se indurlo a desiderarla tanto da farlo implorare era ciò che voleva, questa nuova Amunet, è ciò che ha ottenuto. Completamente assuefatto sotto quel peccaminoso spettacolo, vulnerabile e inconfondibilmente malleabile ai voleri di lei. Almeno sino ad ora. Fin quando il momento di completa estasi non sopraggiunge per la Carrow, che si riavvicina, accasciandosi su di lui. Il corpo di lei che aderisce contro il proprio, assieme alla sua bocca sulla propria ed il suo respiro irregolare, lo fa rabbrividire. Non può più aspettare, non vuole più aspettare, questo Weasley. Ma ciò nonostante non accenna a liberarsi, lo sguardo fisso in quello di lei. Fuoco contro ghiaccio. « Dovresti sapere ormai che se chiedi le cose in modo sbagliato, non ricevi. » Inarca un sopracciglio, mentre una leggera risata gli scuote il petto. « Quindi cos'è che vuoi da me, Freddie? » I suoi denti cozzano contro il suo viso, e Freddie socchiude gli occhi per qualche istante. « Sei..Sei.. » Un fulmine a ciel sereno. « Inaspettata. E anche un po'..Sadica, nel torturarmi in questo modo. » Una tortura che rifarei volentieri, in qualsiasi momento, ma dettagli. Si spinge in avanti col proprio corpo contro il suo, per aderirvi meglio, e cerca di nuovo le sue labbra, prima di morderla leggermente. « Ma va bene così, va più che bene. Senza il tuo..regalino, non avrei avuto l'istinto di fare questo. » Ed è allora che solleva le gambe, imprigionandola contro di sè in uno scatto, quasi come tutte quelle trappole alle quali sono costretti ogni giorno. Alza il capo, e muove i polsi su e giù, facendo forza quel tanto che basta per liberarsi prima un braccio, e poi aiutarsi a slegare l'altro. La guarda a quel punto, gli occhi che sembrano più rossi che mai, e solo allora allenta la presa con le gambe, ribaltando la situazione e sgusciandole sopra. Potrebbe ricambiarle il favore legandola, ma non lo fa. Vuole che lei sia libera di reagire, vuole che le sue dita affondino tra i suoi capelli o nella sua schiena, mentre farà ciò che sta per fare. E ciò che sta per fare è scendere a baciarle il corpo in una lunga scia di baci, ai quali si alterna con la lingua e con i denti, prima di mettersi a cavalcioni sul materasso ed arpionare le dita contro i suoi slip. Le solleva le gambe, per strattonare l'intimo nero verso giù, in una mossa decisa, liberandola completamente da qualsiasi strato di stoffa superfluo ai suoi occhi. Si concede qualche istante per osservarla nella sua interezza, nuda sotto il suo sguardo ben poco discreto, e allora si riabbassa, sollevandole le gambe quel tanto che basta per posizionarsi con la testa tra le sue cosce. Le lancia un ultimo sguardo, passandosi la lingua sulle labbra, prima di calarsi nuovamente in quella vendetta che poco ha di effettivamente vendicativo. L'ha già fatto una volta, con lei, qualche tempo fa. Eppure adesso sembra tutto più..spinto. Perchè le sue mani sono strette contro i suoi fianchi, in una presa d'acciaio che le lascia ben poca libertà di movimento, mentre con le labbra e la lingua si spinge ben oltre i limiti della decenza. La possiede in quel modo, avvolgendola completamente con movimenti fluidi e sinuosi, atti a stuzzicarla, provocarla, farle capire che a giocare col fuoco, si finisce per scottarsi. Ed il suo sapore gli penetra dentro, così come lui fa con lei, scavando laddove sarebbe educato e per bene non fare, tra un movimento ed un altro. E senza fermarsi, le lascia andare un fianco per calare la mano e provare a liberarsi dei jeans alla meno peggio. Riesce a sbottonare il bottone e ad abbassarli un po', e a quel punto si infila una mano dentro i boxer, tastando con mano quanto effettivamente la desideri. La vuole ed in un certo senso la sta avendo, e ciò non può fare altro che accenderlo ulteriormente, tanto da indurlo a muoversi un po' attraverso la stoffa. 'Quante volte l'hai fatto da solo immaginando che fossi io?' 'Vuoi saperlo? Tante, forse troppe.' Gli è capitato altre volte di darsi piacere pensando a lei, nel buio di quella stessa camera. Ma al momento è un dare ed avere. Sono collegati, ad ogni sospiro di lei ne corrisponde uno di lui, e lo stesso vale per i gemiti. Ma quando i loro muscoli si flettono ulteriormente, quando avverte quel limite stare quasi per sopraggiungere, quanto meno dal canto suo, si blocca. E allora risale, passandosi la lingua sulle labbra con fare provocatorio, mentre la bacia per farle assaporare quanto di lei ci sia sulla punta della sua lingua. « Tu dovresti sapere ormai che a giocare con il fuoco si finisce per scottarsi. » Sibila, mordendole il labbro inferiore, il respiro irregolare. Ad accompagnare quella frase, l'ennesimo movimento inaspettato. Questa volta fa forza per girarla, a pancia in giù contro il materasso. Aderisce col proprio corpo contro la sua schiena, e pressa quel tanto che basta per immobilizzarla. Occhio per occhio, dente per dente. Certo è che non vuole farle male, ma la schiaccia comunque sotto di sè, contro il letto. Quindi, armeggiando con le mani, si posiziona in quel fulcro di piacere di lei da poco abbandonato, ma questa volta lo fa col proprio, di fulcro. E si muove col bacino come farebbe di norma, con vere e proprie spinte, seppur lente e sinuose. L'unico problema è che...lui le mutande non le ha ancora tolte. Quindi spinge contro le pareti del loro desiderio, ma non abbandona comunque quell'ultimo freno dettato da quei pochi centimetri di stoffa che li separano e gli impediscono di andare oltre. « Lo sai cos'è che voglio da te. » Le sussurra allora all'orecchio, una mano che le si insinua attraverso il busto sino a raggiungere il collo, stringendo appena la presa. « La vera domanda è: come vuoi darmelo? » La lingua guizza fuori per insinuarsi nel suo orecchio, mentre col corpo allenta un po' la pressione contro di lei, un chiaro gesto che lascia presagire un tacito lasciapassare. Per quanto Weasley sia molto più pesante e forte di Amunet, al momento è estremamente malleabile a qualsiasi possano essere i suoi movimenti. Forza Mun, non rendermi le cose così facili. Non fa per te.
     
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    « Sei..Sei.. Inaspettata. E anche un po'..Sadica, nel torturarmi in questo modo. » Il sesso racconta la vita; il sesso è vita, e per questo di fronte a quelle parole Amunet sorride, con un che di estremamente gioioso e infantile, perché sempre di aver fatto un buon lavoro. Sente di aver finto una battaglia, ma non la guerra, di questo non è certa. Perché se Mun è brava a provocare, Freddie è da sempre stato bravo a rispondere. Inaspettata è un complimento che accetta di buon grado. Le piace. Le piace il modo in cui glielo ha detto, il modo in cui i suoi occhi raccontano il desiderio che lei gli ha istigato. Le piace quella situazione, il modo in cui sospira, il modo in cui Freddie cerca in tutti i modi di impadronirsi nuovamente della situazione, pur non volendolo affatto fare. Perché avrebbe potuto farlo. Non c'era stato un solo momento in cui il giovane Weasley non avrebbe potuto fermarla, ribaltare la situazione, ribellarsi a quella mossa. Eppure non lo aveva fatto; e questo a Mun non solo è piaciuto, ma l'ha anche apprezzato, più di quanto il rosso possa immaginarlo. Le ha dato l'occasione di raccontarsi. Perché questo è il quel momento. Il più intimo modo di conoscersi, di raccontarsi, di creare confidenza, comunanza e condivisione. E Mun si sta dando tutto a Fred. Le si sta offrendo su un piatto d'argento dicendogli ecco, questa sono io. E non è semplicemente Mun, non è facile, non è lineare e non è scontata. E' tutto il contrario di tutto; è fragile eppure è forte, è padrona ma anche schiava, è sicura, ma è altrettanto insicura. Ed è colma di crepe; crepe che l'hanno portata a distaccarsi, a vedere un po' il mondo intero dall'esterno, quasi come una sensazione extrasensoriale. Sempre fredda, calcolata, millimetrica, logica all'estremo. Il sesso è vita, e il letto è il posto in cui Mun è più vera, perché l'atto fisico, necessità di tutto fuorché di ordine. E' quando l'ordine viene meno che Mun viene fuori a giocare, striscia fuori dalla sua tana, e si lascia andare, in tutto e per tutto. Si dona, si spoglia, lasciandosi guardare in tutta la sua imperfezione, nel suo estro tutto fuorché perfetta. « Solo se la vedi come una tortura. » Sussurra decisamente affannata, prima di gettarsi sulle sue labbra con una certa foga, lasciandogli il tempo di liberarsi le mani da quella stretta decisamente approssimativa e tutto fuorché davvero vincolante. Sa che gli è piaciuto; perché nella privazione, nell'attesa, c'è spesso più piacere che nell'atto stesso. Le anime collidono prima ancora dei corpi dando origine all'attesa. E l'attesa, signori e signore, è una qualità squisita di piacere, la più squisita. « Ma va bene così, va più che bene. Senza il tuo..regalino, non avrei avuto l'istinto di fare questo. » Liberatosi dalla leggera stretta del maglione, Fred ribalta la situazione, costringendo Mun sotto il proprio peso. E allora lei lo guardo, intrigata, curiosa, impaziente prima di sentirsi riempire il busto di quei baci. Gli accarezza dolcemente i capelli mentre lo fissa. Quella massa di capelli color fuoco l'ha sempre fatta impazzire. Le è sempre piaciuto passarvi le mani attraverso, accarezzarli, scompigliarli. Ed è questo ciò che fa anche ora, mentre il ventre le si contorce in modo istantaneo non appena comprende le sue intenzioni. Si morde il labbro inferiore mentre il respiro si fa man mano più affannato nell'attesa. Freddie è lento, crea aspettativa e quel suo ammirarla ormai liberata anche dell'ultimo pezzo di stoffa che aveva addosso, la accende ulteriormente. Gli sguardi sono sempre stati importanti per Mun. Difficilmente gli occhi mentono, e quelli di Fred sono sempre stati puri, privi di filtri. In quelle circostanze poi, non avere filtri è ulteriormente vantaggioso. E poi lo sente, lì, come è già successo. Ma questa volta, Mun è sensibile, si è resa di spontaneamente volontà vulnerabile a qualunque tocco e ogni tocco di Freddie sembra ulteriormente amplificato. C'è un modo per definire quella sensazione. Estasi; uno stato di isolamento e di evasione totale dalla realtà circostante dell'individuo completamente assorto su un unico oggetto. Ed è così che si sente Mun; completamente assorta, derubata alla realtà dal suo Freddie, tanto quanto lei sottrae al mondo lui. I primi gemiti la obbligano ad affondare le dita tra le lenzuola, mentre tenta in tutti modi sollevarsi, di spingersi verso di lui. Eppure, questo rosso del demonio non glielo permette, e allora si morde il labbro inferiore, passando le mani tra i suoi capelli, stringendoli con foga. Ecco vedi, è questo l'effetto che mi fai. Mi fai impazzire. Sarebbe stato così scontato dirglielo a parole, sarebbe stato così poco da Mun. Dimostrarglielo invece, guidarlo, aveva tutto un'altro fascino. Perché lei e Freddie era compatibili, e sapevano tanto guidare il gioco quando lasciarsi guidare. Schiavi e padroni, in una guerra senza vincitori ne vinti. L'ennesima mossa azzardata la obbliga a cacciare un ulteriore gemito aspirato, più forte, che tenta di nascondere rivolgendo la faccia verso il materasso. Morde le lenzuola al suo fianco mentre i sospiri si fanno sempre più affannati e il ragazzo sempre più meticoloso. E sempre più vicina, lo sono entrambi. E lei gode nel vederlo darsi piacere da solo. C'è qualcosa di estremamente poetico in un uomo da solo al letto. E non ce nulla di cui vergognarsi. Ma poi lui si ferma e Mun sospira, ben consapevole dello sconforto che prova nel essersi fatta provocare fin quasi al punto del non ritorno. Le loro labbra si uniscono nuovamente, e questa volta la Carrow è sempre impaziente. Lo bacia come se quello potesse essere l'ultimo bacio sulla faccia della terra. Lo fa senza rimpianti; perché se domani dovesse andare tutto male, se domani non dovessimo più esserci, almeno abbiamo l'oggi. « Tu dovresti sapere ormai che a giocare con il fuoco si finisce per scottarsi. » L'ennesima mossa avventata la vede completamente impossibilitata sotto di lui. L'attesa cresce, e lei sente il sospiro di lui sulla schiena, tra i capelli e ride, ride di gusto mentre gli lascia il controllo lasciandosi avvolgere dalla sensazione del primo contatto vero. Mun e Freddie uniti nuovamente in un unico miscuglio di sensazioni che la obbliga ad affondare il volto contro il materasso lasciandosi andare. Si concentra sui respiri di lui, su quei respiri che sono diventati suoi, i loro cuori che battono all'unisono grondanti di un desiderio che li vede protagonisti di una scena di amore e guerra. Ogni spinta è un nuovo attentato a qualunque forma di controllo la ragazza abbia mai celato sotto quelle minute vesti. Ogni qual volta i loro corpi aderiscono completamente lei sospira, lui sospira; respirano insieme come un unico organismo che vive in condizione dell'altro. « Lo sai cos'è che voglio da te. La vera domanda è: come vuoi darmelo? » La mano di Weasley arpionata contro il collo di lei, le toglie il fiato. Si sta rubando il suo respiro, la sta inglobando. E lei ingloba lui. E allora si solleva appena andandogli incontro con il proprio corpo, una due, tre volte, finché la pressione del ragazzo sul corpo di lei si fa sempre più leggera, e lei si erge in ginocchio sul letto. La schiena che aderisce completamente contro il petto di lui. Si muove contro di lui, mentre ogni strato della propria pelle brama lui. Butta la testa all'indietro, poggiandola contro il suo petto alla ricerca del suo sguardo, della sua bocca, di quei suoi bollenti respiri. Lo cerca Mun, con ossessività, come se alle sue spalle, ci fosse la qualità più squisita di eroina e lei fosse una tossicodipendente di prima categoria. « Voglio guardarti. » Asserisce in un sussurro, tra una spinta e un'altra. « Voglio vederti. » E non solo fisicamente. Mun ha bisogno di vedere oltre, di guardarlo negli occhi. Di promettergli silenziosamente che da lì dentro usciranno e che là fuori ne verranno a capo. Ha bisogno di chiedergli perdono, di confessarsi silenziosamente, di compensare quanto non è in grado di fare emotivamente ogni giorno per lui. Perdonare, andare avanti, lasciarsi semplicemente amare, senza remore, rischiare il tutto e per tutto. E allora interrompe il contatto tra i loro corpi girandosi verso di lui. Gli percorre il il volto con l'indice, analizzandone ogni particella, con meticolosità, prima di gettarsi sulle sue labbra. La mano destra scende verso l'intimità di lui, tastandone l'effettivo desiderio. Lo avvolge, lo provoca lentamente, lo vuole. Lo vuole tutto suo, solo per lei, perché questo sanno fare meglio di qualunque altra cosa, Mun e Freddie. Pretendesi, senza mai pretendersi davvero. Sfiorarsi, sussurrarsi parole a fior di labbra. Vivono nel momento con la paura che ogni istante possa essere l'ultimo che viene loro concesso. Ma in quel momento Mun non è preoccupata, non ha paura e non vuole pensare al domande; diamine, non vuole pensare nemmeno a cosa potrebbe succedere tra un'ora, tra cinque minuti, l'istante seguente. Incolla la fronte contro quella di lui, mordendogli il labbro, mentre automaticamente lo attira a sé verso il basso. Le mani si ergono sui suoi pantaloni assieme ai boxer, aiutandolo infine a liberarsene completamente, non senza una risata di troppo, dovuta al casino che sta facendo nel cercare di svestirlo da quella posizione. Ma non importa. Non importa che sono un casino, non importa che che il loro momento non è una sequenza filmata e diretta magistralmente. E' reale, e sono loro. Solo loro, come Mun ha spesso sognato. E si vergogna, in cuor suo, per la paura quasi irrazionale che prova nel cercarlo, nello spingersi col corpo verso l'alto, verso di lui, quasi per paura che tutto ciò finisca. E' un tale supplizio avere paura dell'abbandono, sentirsi perennemente bloccati dall'idea di restare soli. Mun, per quanto si erga a ragazza indipendente, a persona in grado di gestire qualunque cosa, la verità è che cosa non ci sta stare. E' perennemente bisogna di attenzioni, di quelle attenzione, di quei tocchi, di quei respiri, di quella vicinanza, di quella condivisione totale che si staglia volente o nolente tra loro. Di quel loro luogo speciale, di quei loro sguardi, di quel loro semplicemente essere, potrebbe facilmente diventare dipendente.
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    Lo guarda ancora, gli occhi di ghiaccio di lei contro i carboni ardenti che il ragazzo ha incastonati sul volto, mentre le mani di lei lo cercano, lo provocano ancora, con movimenti lenti e precisi, mentre le labbra cercano ancora e ancora le sue, gettandosi in un bacio sempre più colmo di emergenza. « Guardami Freddie. » Gli sussurra di scatto, e questa volta non vi è malizia. C'è quasi un'implicita preghiera. Il bisogno di sapere che lui è lì. « Perché se domani non c'è più, almeno abbiamo avuto oggi. » Se domani scompariamo, se domani rischiamo di non rivederci, se per qualunque ragione questo posto dovesse piegare le nostre vite, questo non potrà togliercelo. Strofina il nasino contro il suo viso scendendo lungo il suo volto, lungo il collo e poi ancora verso il petto con piccoli baci coadiuvati dalla punta della lingua. E di scatto, si rende conto Mun che quel momento s'è fatto paradossalmente di attesa sfrenata e tenerezza. Lei trema, trema sotto il suo corpo, trema al contatto con la sua pelle, trema ad ogni suo respiro. Brividi la percorrono dalla testa ai piedi mentre tenta di spingere il corpo contro di lui. Gli getta le braccia attorno al collo stringendolo in un abbraccio spasmodico, fatto di malata ossessione, di bisogno di fermare il tempo, di rubarsi altri attimi, non di sesso, ma di condivisione, di calore, di brama e tensione. Di quel qualcosa che due anime si raccontano al di là del puro piacere fisico. Qualcosa che aleggia nel substrato. Mun vuole Freddie, ha bisogno di Freddie, ha paura di perderlo, tanto quanto spesso ha paura di ritrovarlo. Ma non ora. Stasera vuole guardarlo negli occhi, stringerlo in quegli abbracci quasi infantili, gli abbraccio di un infante che ha pausa di essere separato dalle poche persone di cui si fida. « Siamo qui. Io e te. » Una constatazione che sembra fare più per se stessa che per il ragazzo. Sono ancora vivi. Il castello non li ha ancora piegati, sono due sopravvissuti, e volenti o nolenti sono ancora insieme, continuano a vorticarsi attorno come i satelliti di uno stesso pianeta. « Solo io e te. » Mormora ancora inebriata sulle sue labbra mentre le dita si aggrappano nuovamente ai suoi capelli attirandolo sempre di più a sé. E non fa freddo qui con te. Non ho paura, qui con te.



     
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    « Solo se la vedi come una tortura. » E no, non c'è nessuna forma di tortura, neanche la più lontana, in ciò che stanno facendo. Perchè se anche così fosse, quello sarebbe il supplizio migliore al quale il mondo abbia mai assistito. Al quale lui abbia mai assistito. E' strano, come siano arrivati a questo, pensa. E' strano come fino a qualche ora fa, in quelle serre, si erano scambiati dei saluti freddi e delle occhiate lascive. Come avessero parlato del più e del meno, senza approfondire più quel discorso. Il loro discorso. Ciò che era stato, fino a qualche settimana prima che si rincontrassero. Il ballo di Halloween, il bagno dei prefetti, l'omicidio. Niente di tutto ciò era trapelato dalle loro labbra sottili e tremanti, e niente sarebbe trapelato neanche adesso. Perchè Freddie Weasley, in questo preciso momento, stretto contro il corpo di Amunet Carrow sotto quelle lenzuola non particolarmente calde, non riesce a pensare a nient'altro che non sia lei, loro, e quel momento. Soltanto quel momento, senza passato, nè futuro, solo presente. Sono lì, lo sono entrambi, e lo sono assieme. Come ha sperato nel silenzio di quelle gelide notti passate raggomitolato in chissà quale tappeto. Averla vicina, stringerla tra le proprie braccia, accarezzarle i capelli, annusare a pieni polmoni il suo profumo e dirle, in un fil di voce, che tutto va bene. Perchè quando sono vicini, quando Mun si stringe al suo Freddie, e Freddie alla sua Mun, per lui va sempre tutto bene. Improvvisamente, non gli importa niente di null'altro. La gente muore dietro quella porta, ma a lui non frega poi molto. Fuori da quella sala comune le trappole sono pronte a mietere chissà quante altre vittime, ma poco gli importa. Si estranea completamente dal mondo che lo circonda, quando è con lei. Non sa nemmeno come sia possibile, non sa nemmeno perchè, ma così è e così forse sarà, per sempre, nonostante tutto. Nonostante passino la loro esistenza a respingersi, per poi ritrovarsi e respingersi di nuovo. Nonostante del domani non ci sia alcuna certezza. L'unica certezza di cui ha bisogno al momento è lei, il suo corpo che si flette come la corda di un violino sotto di sè. Le sta dando piacere, il rosso, e più lo fa, più i sospiri ed i gemiti di lei rendono concreto il suo intento, più lui si perde nell'estasi che compone quel loro Nirvana personale. Perchè c'è qualcosa di ben più profondo, nel sesso tra Amunet e Freddie. C'è che non è solo sesso, ma anche amore. La passione esiste, è vivida, la si può scorgere dal modo in cui lui scava dentro di lei o lei si appiglia ai suoi capelli con le dita affusolate, o gli affonda le unghie nella carne. Ma seppur ci sia, riesce comunque a fondersi con altro, e quell'altro è ciò che rende magico ogni minuto che passa. Che rende speciale ciò che stanno facendo. Perchè di cose del genere, Amunet e Freddie ne hanno sicuramente fatte tante. Inutile prenderci in giro, dopotutto, due adolescenti nel fiore degli anni, belli, promettenti e di famiglie più che conosciute come loro, sarebbe impossibile pensarli privi d'esperienze di quel tipo. Tanti uomini sono passati dal letto della Carrow quanto tante donne sono passate da quello di Weasley. Tante volte lui ha fatto quelle stesse cose ad altre ragazzette, e viceversa lei. Eppure niente in confronto a ciò che stanno facendo adesso. Niente che riesca anche solo a compararsi lontanamente al magnetismo intrinseco in quei gesti che si scambiano. In quei sospiri che si infrangono nell'aria e sulla loro pelle, quelle dita che affondano nella carne e quei baci caldi e bisognosi. Hanno bisogno l'uno dell'altra, com'era, com'è, e come forse sarà sempre. Una necessità che si insinua attraverso i loro corpi adesso avvinghiati. Nelle spinte che le assesta, nei loro sospiri coordinati e nel modo in cui lei accoglie ogni suo movimento, vibrando sotto la sua forza e bramandolo sempre di più. Si desiderano a vicenda, si vogliono a vicenda, uniti negli animi ancor prima che nei corpi, tra i quali si frappongono ancora inutili impedimenti. « Voglio guardarti. » La voce di lei si limita ad un sussurro spezzato « Voglio vederti. » E' allora che, allentata la pressione sul suo corpicino, Amunet sguscia verso di lui. Si gira, e la folta chioma corvina lascia spazio al suo viso di porcellana. Le guance appena arrossate, il fisico perfetto, ormai completamente nudo sotto ai suoi occhi. Sospira, Fred, mentre lo sguardo vaga attraverso ogni lembo scoperto della sua pelle. Ha sempre adorato quel corpo. L'ha ricercato tante volte in tante altre ragazze, dopo che si sono lasciati. Amore a prima vista, dopotutto, di quelli che non si scorderanno mai. Perchè se è vero che Fred Weasley ami Amunet Carrow per ciò che è, internamente, la stessa Amunet è anche questo: un corpo. Fisico, concreto e reale. Sinuoso ma proporzionato, microscopico rispetto al suo. Questa è una consapevolezza che lo fa sorridere. Un sorriso che ha del tenero, a tratti apprensivo. Potrebbe farle male con il minimo sforzo. Potrebbe stringerle una mano contro il collo e avvolgerlo interamente, o schiacciarla completamente sotto di sè. Potrebbe fare tante cose, ma non ne vuole e non ne vorrà mai fare nessuna di queste. Quindi non appena lei lo attira a sè verso il basso, Weasley si lascia guidare, aderendole contro con delicatezza. Ogni volta che si sfiorano, innumerevoli scariche elettriche lo accendono dall'interno, in quell'attesa sempre più incontenibile. Le dita di lei gli percorrono il viso, prima che col proprio si avvicini per inglobargli nuovamente le labbra in un bacio. Lo ricambia, Fred, cercando la sua lingua con la propria quasi fosse l'unica cosa che ormai sia capace di fare, l'unica cosa che abbia bisogno di fare, e sobbalza appena quando la mano libera di lei si insinua attraverso la stoffa della sua biancheria. La sente lì, lì dove il suo desiderio si palesa nella maniera più evidente possibile. Il corpo di Mun è caldo tanto quanto il suo, ma le sue ditina esili le sente gelide, in confronto al fuoco vivo che gli scorre dentro. E lo provoca, come lei sa fare. Lo provoca mentre gli morde il labbro inferiore e tenta di liberarlo completamente dai pantaloni e da tutto il resto. Si muovono impacciati, ridacchiando come i due ragazzini che in fondo, al di là di tutto, al di là del fatto che abbiano sempre dovuto e devono ancora oggi lottare fin troppo per le loro giovani età, sono e sono sempre stati. Per qualche istante sembrano quasi quei due ragazzetti innamorati di un tempo, intenti a rotolarsi tra le lenzuola, spensierati e con l'unico obiettivo di esplorare quel nuovo mondo che si prospetta loro davanti. I loro sguardi si fondono l'uno contro l'altro, mentre l'ennesimo sospiro di lui si infrange sulla pelle di lei. I movimenti di lei lo spingono sempre di più verso quell'angolo di Paradiso dentro al quale si sono immersi sin dall'inizio. Ogni provocazione, ogni insinuarsi sempre più in fondo lo porta a sospirare o reprimere qualche leggero gemito, soffocato sulle sue labbra o sulla sua pelle. Ed è in completa estasi, Weasley. Con Amunet sotto di sè e le sue mani sul suo corpo, l'unica cosa alla quale riesce a pensare, in quel cervello ormai dipinto nelle più passionali tonalità del rosso, è il piacere che sta provando. Un piacere senza eguali che lo porta a mordersi il labbro inferiore e fare lo stesso con lei, o a spingersi in avanti col bacino, quasi a volerle rendere più facile quelle azioni. Movimenti decisi e sinuosi, quelli della Carrow, capaci di fargli perdere la testa sempre di più ad ogni minuto che passa. Una mano si stringe contro uno dei suoi seni, mentre aderisce a lei col corpo, il torso scolpito contro il suo busto liscio. Un gemito ed un altro ancora sulle sue labbra, mentre quei baci si fanno sempre più impazienti. « Guardami Freddie. » Il sussurro di lei lo fa rabbrividire. Non vi è malizia, nella sua voce. Di quella provocazione di qualche minuto fa, sembra non esserci nemmeno l'ombra. E Fred la guarda, la guarda sul serio, la vede, come fosse la prima ed ultima cosa che possiede davanti agli occhi. La prima ed ultima persona che vorrebbe vedere. Durante il primo e l'ultimo momento della giornata. E' così, è sempre stato così. « Perché se domani non c'è più, almeno abbiamo avuto oggi. » E Fred annuisce, poggiando la propria fronte contro quella di lei. Il nasino di lei gli si strofina sulla pelle, prima che gli percorra il corpo in una lenta scia di baci, con l'ausilio della punta della lingua. « Non ti guardo, Mun, ti vedo. » Sussurra, mentre lei gli getta le braccia al collo e lui, di rimando, la stringe a sè con forza. « Ti ho sempre vista, anche quando fingevo il contrario. » Anche quando ci siamo lasciati, anche quando abbiamo sprecato tutto quel tempo a starci lontani. Vorrebbe chiederle scusa, Freddie. Vorrebbe implorare il suo perdono ed inglobare dentro di sè tutto il dolore che le ha causato. Ed è strano. E' strano perchè fino a pochi mesi fa, Mun e Freddie si erano rincontrati, in quei corridoi del castello. Erano giunti alle cucine e lì, alla fine, avevano litigato. Parole pesanti erano aleggiate tra loro, insulti, frecciatine ed insinuate. Perchè in fondo questo erano Fred ed Amunet, un marasma generale di emozioni, non sempre positive. Eppure di quei tempi il rosso sembra ricordare ben poco. Di quel ruggito nel petto che l'aveva spinto a ribattere con veleno a quell'acido che lei, dal canto suo, gli aveva rigettato contro, sembra non esserci l'ombra. Ora come ora, questo Freddie non sarebbe più capace di dire alcuna cattiveria contro questa Mun. La sua Mun. Chissà forse domani cambierà tutto, forse domani succederà chissà cosa e loro si ritroveranno divisi, di nuovo, ma poco gli importa al momento. E proprio perchè poco gli importa, la stringe ulteriormente contro di sè quando la sente tremare. Le braccia le cingono il corpo interamente, tanto da incastrarla tra sè ed il materasso, ormai, e lui si perde col viso col viso nell'incavo del suo collo, lasciandole qualche bacio carico di tenerezza. Perchè la passione, la tortura di qualche istante fa, è a questo che ha lasciato spazio. Tenerezza, amore, premura e bisogno. « Siamo qui. Io e te. Solo io e te. » Sospira, scostandosi per guardarla, e perdersi nuovamente contro le sue labbra. Sono calde, umide, sue. « Vorrei che durasse per sempre. Solo io e te » Mormora, mentre prende a baciarla lungo il viso. La culla quasi, tra le braccia, quasi come a volerla far smettere di tremare. Quasi come a volerla far precipitare in quel sogno che sembrano star portando avanti insieme, ormai. Si spinge di lato, senza mai lasciarla davvero, e con la mano cerca i jeans finiti chissà dove. Riesce ad individuarli, e la mano si insinua nelle tasche, alla cieca. Ride in quel momento, vista l'attesa decisamente poco enfatica. Ma in fondo, Fred è Fred, ed Amunet è Amunet, e assieme sono un disastro. Ma un gran bel disastro. « Okay dammi un attimo, scusa scusa scusa non cambiare idea ti prego. » Ridacchia, cercando di non sembrare imbarazzato seppur si senta le guance avvampare. Weasley che arrossisce, roba da guinnes. Si spinge ulteriormente verso il bordo del letto, e per poco non perde l'equilibrio, in quella che sarebbe una caduta secolare con Amunet imprigionata sotto di sè annessa. Ma per fortuna, una mano stretta contro la coperta, riesce a riacquistare l'equilibrio prima che sia troppo tardi, e trae un respiro di sollievo. « Tutto sotto controllo, ovviamente. » Il giorno in cui lo dirà e sarà davvero tutto sotto controllo, probabilmente cascherà il mondo. Infine, quando sta per perdere le speranze..Eccolo. Estrae la bustina quadrata con un che di vittorioso, e sistemata la situazione, si risistema su di lei, alzando con un braccio le coperte per coprirli entrambi. Di nuovo, ride, animato da una serenità ed un'euforia piuttosto rare, di questi tempi. E a quel punto riprende a baciarla, riappropriandosi di nuovo delle sue labbra, per poi percorrerle la guancia, il collo, passando la lingua su alcuni lembi di pelle, mordicchiandole infine l'orecchio. Le mani che continuano a vagare lungo il suo corpo, insinuandosi dietro la sua schiena ed infine sui suoi fianchi per stringerla a sè. « Se dobbiamo morire, lo faremo con un ultimo, fantastico, ricordo. » Le sussurra all'orecchio, ed è allora che i loro corpi si uniscono finalmente. Che Mun e Freddie tornano ad essere di nuovo un noi e non più un lei e lui. La sente avvolgerlo completamente, ed un gemito si perde stavolta nell'atmosfera infuocata di quella camera. E perde la testa per quei minuti, Freddie, mentre si perde attraverso di lei. La strappa via da quel mondo d'odio in cui vivono per riempirla del suo amore, così come lei fa con lui. E per farlo ha bisogno di una prima spinta, e poi una seconda, una terza ed una quarta, fino a perdere il conto. Passano secondi che sembrano minuti, e poi minuti che sembrano ore, mentre i loro corpi si muovono all'unisono, in un tutt'uno di sospiri, gemiti e baci. Perchè ricerca sempre le sue labbra, mentre si spinge dentro di lei. Le bacia, le brama, non le lascia andare per molto tempo, se non solo per scendere di tanto in tanto a percorrerle il collo in una lunga scia infuocata. Ed il suo respiro spezzato da quelle ondate improvvise ed incontenibili di piacere si infrange contro la sua pelle, e ad ogni minuto che passa la voglia di farla propria ancfora di più, ancora un altro po', aumenta sempre di più. E più aumenta più i suoi movimenti si fanno decisi ed assestati, forti e vigorosi, certo, ma accompagnati da una buona dose di quella che sembra essere premura. E amore. Perchè continua a stringerla a sè, Freddie, in quell'atto così intimo. In quel dolore così piacevole che sa di starle causando, probabilmente. Si porta le sue gambe sopra i propri, di fianchi, e le mani scorrono dalla sua vita per affondare tra i suoi capelli corvini, dietro la nuca, mentre lui torna a baciarla. Più sente il corpo di Mun flettersi sotto di sè, più si accende. La vuole sentire, vuole sentirla mentre prova piacere e sapere di esser lui, a donarglielo. Sapere di essere lui, solo e soltanto lui. Solo io e te.
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    E chiama il suo nome, di tanto in tanto, sussurrandoglielo contro le labbra, inebriato da quello stato d'estasi più totale, mentre libera una mano per cercare quella di lei, stringendola. La lingua che scava dentro di lei ed il suo gusto che gli esplode dentro. E quando anche lui si sente prossimo all'esplosione, quando quel fuoco che gli scorre dentro si fa incontenibile, ed i loro corpi si sono assemblati tanto bene tra loro da essere ormai un tutt'uno, che il mondo si tinge di rosso per qualche istante. E si sente morire per quei secondi, Freddie, della più piacevole delle morti. Si sente ascendere a quel suo Nirvana personale, mentre nasconde il viso contro il collo di lei, gemendo e affondando tra i suoi capelli, il bacino che si spinge istintivamente in avanti ed il proprio corpo che aderisce interamente contro il suo, tanto da annullare qualsiasi minima distanza, persino la più insignificante. Svuotato infine di tutto ciò che può darle, di quell'amore e quella passione che hanno arso quei momenti, le stringe di più la mano che non le ha lasciato per tutto il tempo, fin quando la presa non si allenta, e lui non le si abbandona completamente addosso. Il respiro è affannato, il cuore batte così forte da far quasi male, e si sente sfinito, completamente debilitato nel corpo e nella mente. Quindi si stringe ulteriormente a lei, tremando appena, in un moto d'infinita tenerezza, quasi come a voler esser lui a farsi cullare, per questa volta. Non la libera ancora dal loro legame, quasi come se avesse paura che, una volta interrotto, tutto possa finire. Decide comunque di scostarsi appena per guardarla, e sorride. Le lascia un ultimo bacio sulle labbra, ed allora si scosta di lato, un braccio comunque stretto contro le sue spalle. E' intento a riprendere fiato con lo sguardo fisso sul soffitto, quando la sua mano libera percepisce qualcosa di concreto e plastificato sotto le dita. Solleva la bustina quadrata e malamente aperta del suo salvavita, ed assottiglia lo sguardo. « Oh cazzo. » Il tono di voce non lascia scanso ad equivoci: è sconvolto. « Mun, era scaduto » La guarda, lo sguardo sbarrato. E conoscendo il tipo, perchè Freddie è sempre Freddie, sembrerebbe pure serio, se non fosse che, all'improvviso, come suo solito, scoppia a ridere. Sfinito, con un filo d'aria nei polmoni, lui riesce ancora a ridere. Si gira contro di lei, stringendola con le braccia. « Scherzavo, scherzavo, non mi uccidere » Mormora, mordicchiandole il naso. Sempre il solito coglione. « Dovremmo dormire, adesso, credo. Tra qualche ora suonerà la sveglia, quanto tempo è passato? Sicuro minimo due ore mh? » Di nuovo, coglione. Ridacchia, poggiando poi la fronte contro la sua. Sospira, allora, e finalmente sta zitto, mentre l'ilarità lascia spazio al silenzio. Un silenzio pieno di qualsiasi cosa, pieno di loro due. « Mi sei mancata. » Dice infine, sussurrando sulle sue labbra « Tanto. Mi è mancato troppo, tutto questo. Tu. E non voglio che torni a mancarmi, domani. Tregua, ricordatelo Carrow. » Sorride appena, mentre lo sguardo di quel ragazzino innamorato qual'è, si perde in quello di lei. Uno sguardo carico di speranza. La speranza che chissà, forse le cose andranno meglio, per loro, forse un giorno. If we die we die but first we'll live. « Buonanotte? Questa volta sul serio? »
     
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    « Non ti guardo, Mun, ti vedo. Ti ho sempre vista, anche quando fingevo il contrario. » E Fred, non ha nemmeno lontanamente idea di quanto lei abbia bisogno di quelle parole. Della loro tenerezza e sincerità Mun se ne nutre, si rinvigorisce. Bisognosa lo è sempre stata, intenta a cercare affetto e consolazione - anche quando sembrava il contrario, quando era fredda e distaccata - ma mai davvero come adesso. Hogwarts l'ha ridotta in ginocchio, l'ha spogliata di tutta la sua magnificenza, della sua apparente sicurezza ostentata. Ne ha lasciato al suo posto un cumulo di macerie, che non sa e non vuole affrontare quella situazione. Perché le cose non sono come lei vorrebbe che fossero, perché sono caotiche, prive di senso, ingiustificate, incoerenti. Mun sa vivere nell'ordine, in una scansione ben precisa del tempo e dello spazio. Ha bisogno dei suoi spazi, di un lineare scorrere del tempo e della vita. E ora che ne è venuto meno, si rende conto di essere una bambina spaventata, di bramare ogni attenzione possibile, di bramare amore e senso di protezione. Sicurezza. Si è resa conto di aver paura che un domani potrebbe non vederlo più; lui, Fred, che nella vita di Mun è così poliedrico, che significa così tante cose, è l'unica persona che in quel momento vorrebbe la stringesse. Vederla è qualcosa di profondo, significa averla compresa, significa che Fred finalmente è arrivato a capirla. E vorrebbe chiedergli, cosa vede, vorrebbe chiedergli cosa ha scoperto. Ma prima che possa farlo, lui affonda il volto nell'incavo del suo collo, lasciando che quei suoi baci facciano vibrare il suo corpo. Rabbrividisce Mun, accesa dai suoi tocchi delicati. « Vorrei che durasse per sempre. Solo io e te. » Ci vuole credere, lei, gli pende dalle labbra e annuisce appena mentre i sospiri si insinuano tra i suoi capelli morbidi. Quella chioma che ha sempre adorato, tra cui ci ha sempre passato le dita affettuosamente le dita come una mamma col proprio cucciolo. Dietro il leone c'è sempre stato un cucciolo, e Mun quel lato di lui l'ha sempre adorato, ne ha sempre amato l'innocenza, la capacità di vedere sempre il mondo dalla giusta prospettiva, sempre il bicchiere mezzo pieno. L'ha sempre coinvolta, le ha colorato il mondo di tinte nuove, spesso fatiscenti, perché illusorie erano spesso le speranze di quei due bambini. Eppure, nonostante la sua parte più razionale sappia che non hanno la più pallida idea di cosa succederà domani, quest'oggi Mun si abbandona completamente a quella speranza, alla luce che vede alla fine del tunnel in sua compagnia. Si lascia avvolgere da quel candore di lui, dalla sua infinita letizia. Voglio vivere così. Sempre. Senza la paura del dopo. Semplicemente senza paura. « Okay dammi un attimo, scusa scusa scusa non cambiare idea ti prego. » Lo osserva con uno sguardo sognante, mentre si appresta a raggiungere i propri pantaloni e quando raggiunge ciò che sta cercando non può fare a meno di mostrargli un'espressione fintamente scioccata e offesa. « Ce l'avevi in tasca.. » Gli tira appena i capelli che gli ricadono teneramente sul volto, mordendosi appena il labbro. « Dovrei cambiare idea anche solo per questo. » Ma poi scoppia a ridere, attirandolo appena a sé con le gambe che gli circondano il busto. Lo sente quel calore dell'attesa montarle nel petto; si propaga nel suo bassoventre nell'attesa che quanto è stato separato si ricongiunga finalmente, come Mun l'ha spesso sognato. Lo osserva, con un moto di estrema passione mentre si accinge a sistemare l'involucro su di sé. Quello, Mun, ha sempre pensato, fosse un rituale estremamente eccitante. Ha un fascino tutto suo; coinvolge con lo sguardo, col pensiero e lei cerca il suo sguardo, seppur non lo trovi. Un sorriso sereno e colmo di tenerezza s'insinua sulle sue labbra mentre lo vede accingersi a completare l'opera. Vorrebbe dargli una mano, ma è troppo divertente osservarlo in un rituale che non è certa quanto faccia al caso suo. Tra loro, lei ha sempre insistito, ma non è certa che Fred abbia concesso la stessa gentilezza a tutte le ragazze che si sono susseguite tra le sue lenzuola. Il modo impacciato in cui si dà a quel rituale la porta a pensare che non sia propria una cosa da Fred. Ma nonostante tutto, alla fine conclude, e i respiri si fanno di nuovo bollenti. Ci vuole poco per riprendere, per rientrare di nuovo in quello stato d'animo che consuma e corrode. Le coperte li avvolgono, rendendo il calore ancora più piacevole; e lei, quasi istintivamente le tira fino a sopra le teste di entrambi. Sono al buio, solo lei e Freddie, quasi come estraniati dal mondo. Non c'è più niente, nemmeno visivamente se non lui. Non c'è alcuna stanza attorno a loro, e per un secondo non più a Hogwarts. Lei gli circonda il viso con entrambe le mani lasciando che i suoi baci la travolgano come un fiume in piena. « Se dobbiamo morire, lo faremo con un ultimo, fantastico, ricordo. » Ed è allora che Fred diventa nuovamente parte di lei in tutto e per tutto, e in tutta risposta, Mun soffoca un gemito contro la sua spalla, affondandovi appena i denti. Si sente mancare, si sente morire, lì tra le sue braccia, per quanto ha bramato quel momento, per quanto ne aveva bisogno, per quanto sa che sia la cosa più giusta che entrambi avrebbero potuto fare. In quel frangete, non c'è più niente; solo lui e lei, stretti in quel morboso abbraccio, presi da quei baci bollenti, concentrati sui propri movimenti e su quelli dell'altro. E non si trattiene, Mun, sprigiona dalle labbra tutto il piacere che le sta provocando, quella leggera punto di male che arriva insieme al piacere. E lo invita col proprio corpo a spingersi ancora di più, a farla sua in tutto e per tutto, a inglobarla. Vuole appartenergli Mun, vuole dargli tutta se stessa, e lo fa nel modo più consono alla sua personalità, lasciandosi andare completamente, senza remore, senza vergogna, senza freni, gemendo contro la sua pelle, mentre il corpo le si flesse sotto quello di lui. Le cosce tremano, e il bacino cerca sempre quello di lui, in una danza sincronizzata, compatibile, aderente. Ci sono momenti in cui Mun lo prega, lo implora, lo invoca, lo provoca con quel farfugliare incessante, tra una spinta e l'altra, si consuma un mondo di cui ne è schiava e padrona. Fred è suo, tanto quanto lei è di Fred, e quello stringersi morbosamente come se un domani non fosse contemplato ne è la prova tangibile. Un tale fuoco la consuma, la corrode. E man man che il ritmo aumenta, i suoi sospiri sembra spezzarsi, sempre più corti, sempre più approssimativi. Una mano scende verso il proprio bassoventre aiutandosi con movimenti circolari mentre tutti i muscoli del proprio corpo si contraggono sempre di più. Gemiti e respiri di fuoco si mischiano tra baci e morsi, le dita della mano libera che si insinua sempre di più tra i suoi capelli, li stringono, quasi come se bramarlo non fosse mai abbastanza, quasi come se quel momento la stesse uccidendo e lei si stesse aggrappando incessantemente alla vita. Fred è vita, Mun è morte, ma per un solo momento vita e morte si ricongiungono e lei lo sente arrivare, sempre più vicina alle vette di un piacere che non riesce a controllare che e esterna con tutta se stessa nonostante i reclami che sembrano provenire da qualche voce fuori campo dalla stanza accanto. Non gliene importa niente, non gliene importa di quanto poco riservato sia quel momento, non gliene importa di cosa altri possano pensare, di quanto sia rumoroso il suo lottare per resistere ancora, per restare ancora appesa, in equilibrio sul filo del rasoio. Si morde il labbro prima di cominciare a respirare sulla sua bocca con sempre minor riguardo, sempre più approssimativa. Il controllo è andato a puttane, e tutto ciò che è rimasto è lo spirito di una ragazza sottoposta ai continui movimenti della propria qualità preferita di eroina le sta infliggendo. Sembra contarle mentalmente, le spinte, quasi come se volesse scandirle e fermale dall'opprimerla, nella speranza di resisterne a un'altra ancora, un'altra, una sola. Ma alla fine quando si abbandona, quando lo sente arrivare, quel piacere è talmente violento che è costretta ad affondare il volto nell'incavo del suo collo, soffocando i gemiti contro la sua pelle, prima di affondare i denti nella delicata pelle del suo collo stringendo quel lembo di carne fino a romperne uno ad uno i capillari. Un segno di possessione, che resterò impresso sulla sua pelle per giorni. Qualcosa che lui ricordi, quando la mattina dopo, uscito dalla doccia, si sarebbe guardato allo specchio. Mun è stata qui. Questo pezzo di carne è di Mun. Mun vi ha impresso il proprio marchio col ferro e il fuoco. E sa che tutto quello è solo grazie a lui; quel piacere appartiene a Mun tanto quanto appartiene a Fred, e allora, dopo aver superato l'iniziale tachicardia, si concentra pienamente su di lui. Lo guarda, lo accarezza, lo bacia, lo provoca con sorriso poco genuini e parole sporche sussurrate in sordina all'orecchio di lui. Vuole vederlo torcersi su di lei, vederlo morire tra le sue braccia come lei è morta tra quelli di lui. Dammi tutto quello che hai. Perché stasera ci siamo solo io e te, ed io sono solo tua. Nel sentirlo arrivare al limite, intreccia le braccia al suo bacino, invitandolo ad andare oltre, a dare sfogo a tutto, a liberarsi e sospira, trema, rabbrividisce, nel sentirlo tremare sopra di lei, nel sentirlo soffiare contro la sua pelle con così poco riguardo. Il respiro tra i capelli, sul collo, mentre lei prende ad accarezzargli i capelli dolcemente cullandolo tra le proprie braccia. Gli occhi rivolti al soffitto e nessuna parola adatta da condividere. Lo stringe forte, in una stretta che a tratti lo rende cucciolo, a tratti invece rende lei la bambina che abbraccia il proprio giocattolo preferito. Protetti e protettori, questo sono sempre stati Mun e Fred l'uno per l'altro. Vittime e paladini. Perché so che non lo capiresti, ma non ho mai voluto altro se non tenerti al sicuro. Ed è quello ciò che cerca di spiegargli, con quelli sguardi teneri, mentre gli accarezza la fronte, posando baci leggeri tra i suoi capelli, accarezzandogli con gentilezza le spalle, mentre entrambi tentano di riprendere fiato. Alla fine si scosta, ma lei, quasi istintivamente le si fa più vicina per non interrompere il contatto contro la sua pelle calda. Si accoccola sul suo petto, pensierosa, e stranamente felice, serena come non mai. « Oh cazzo. Mun, era scaduto. » Si solleva facendo leva sui gomiti, corrugando la fronte mentre si copre istintivamente il busto con le coperte. Panico. « Che cazzo vuol dire, era scaduto. » L'arpia sta per scagliarsi contro il rosso con una furia inimmaginabile. Questi non sono tempi qualunque. Non sono tempi in cui si può effettivamente ovviare a incidenti di percorso, e non è tanto meno il momento per pensare e dicidere eventualmente a non ovviare a incidenti di percorso. Al solo pensiero Mun si sente rabbrividire. L'ultima volta gliel'ha fatta passare liscia, perché, in fin dei conti, oltre a quello che in gergo chiamano comunemente guanto, c'erano migliaia di altre soluzioni per evitare sorprese, metodi a cui ovviamente Mun ha adoperato per non rendere le cose più complicate di quanto non lo fossero già, e anche perché il concetto di un figlio a lei non passava nemmeno per l'anticamera del cervello. Perché di questo si trattava; dell'eventualità di un figlio. Agli altri rischi, Mun non ha nemmeno lontanamente pensato; di Fred si fida, e sa che non è così idiota da beccarsi chissà quale cazzata. E poi ride; Fred Weasley fa una battuta di merda nell'unico posto in cui pensare a contraccettivi è impossibile e poi ride. « Scherzavo, scherzavo, non mi uccidere » E' senza parole. Non sa cosa dire. Scuote la testa con fare scioccato prima di abbandonare la testa sul materasso passandosi le mani sul viso e poi tra i capelli. Sta cercando di convincersi che il panico sta passando. Era solo una finta, Mun. Va tutto bene. Non succederà niente. « E' una battuta di merda, Fred. » Asserisce infine pensierosa. E per un istante è confusa. Il panico all'idea di avere un figlio è naturale alla loro età, ma per Mun sembra a tratti essere una paura più che irrazionale. L'idea che i genitori siano in grado di distruggere i figli, la terrorizza. L'idea che lei possa danneggiare un altro minuscolo essere umano la sta letteralmente mandando in bestia.
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    « Dovremmo dormire, adesso, credo. Tra qualche ora suonerà la sveglia, quanto tempo è passato? Sicuro minimo due ore mh? » Sbuffa appena non riuscendo a trattenere un leggero sorriso. « Certo, due ore.. forse nei tuoi sogni di gloria. » Si stringe nelle spalle, continuando a fissare il soffitto mentre il sorriso sulle sue labbra si distende ulteriormente. « Ammetto che hai fatto progressi.. tanti progressi.. ma ora non esagerare. Il tuo ego è già difficile da tenere a bada in situazioni normali. » Le loro fronti si sfiorano, e lei lo guarda negli occhi mentre quel silenzio colmo di significati riempie spazi che non hanno bisogno di parole. Mun non ha bisogno di parlare in quel momento. Le basta guardarlo, avere la consapevolezza che lui è lì, con lei, che nonostante il suo essere terribilmente complicato, lui varca ogni limite e lotta persino contro i mulini a vento per non lasciarla da sola. « Mi sei mancata. » Gli stampa un bacio. Anche tu. « Tanto. Mi è mancato troppo, tutto questo. Tu. E non voglio che torni a mancarmi, domani. Tregua, ricordatelo Carrow. » E lei si stringe di conseguenza con più forza a lui, per paura che possa sfuggirle come acqua tra le dita, che quel momento possa finire e loro possano tornare in uno stato comatoso. E' lì, completamente lì, e si bea del calore del suo corpo, dei suoi respiri, dei suoi occhi. Quegli occhi sempre sinceri, che non le hanno mai mentito, che nonostante i mille incidenti di percorso le sono sempre stati fedeli. Non riuscirò mai a smettere di perdermi in questo tuo sguardo non è così? Non riuscirai mai a smettere di sussistere sotto la mia pelle? Una domanda quella che Mun non ha il coraggio di fargli, come non ha il coraggio di dire nient'altro. Silenziosa, e ancora tremante, appoggia la testa contro il suo petto e gli accarezza il torso nudo con delicatezza, mentre lo sguardo vacuo si perde da qualche parte nella stanza, cercando di incastrare attentamente nella sua mente quella sensazione. Una sensazione che tante volte hanno provato e che seppur sempre uguale, non ha mai smesso di essere forte. Mun e Fred sotto le coperte, mezzi addormentati, in attesa di un'altra alba. Un'alba che quella volta non sarebbe arrivata; o meglio, sarebbe arrivata ma in modo insolito, senza effettivi raggi solari che scandissero l'inizio di un nuovo giorno, della speranza di un giorno migliore. « Buonanotte? Questa volta sul serio? » Le sospira, chiudendo gli occhi, senza tuttavia staccarsi dal petto di lui. Resta lì, avvinghiata al suo Freddie. « Sognami stanotte. » E' l'unica cosa che sussurra prima di lasciarlo sprofondare nei sogni. Lei dal canto suo di addormentarsi non ne vuole sapere. Continua a fissarlo, contemplarlo. La paura che gli incubi possano rovinare quella piccola crepa nell'infinito spazio della sua infelicità la obbliga a restare all'erta, lasciandosi crogiolare dalla serena visione di lui. Non sa quanto tempo passi, ma alla fine, la palpebra calante la obbliga a lasciarsi abbandonare al suono rincuorante del sospiro di lui. Poggia un bacio sulla sua guancia, e si gira lasciandosi avvolgere completamente dalle sue braccia, attirandosele spasmodicamente a sé. Chiude gli occhi e alla fine si addormenta. Un sonno primo di sogni, sereno, rilassante, col sospiro pesante di lui tra i capelli e un cuore che lentamente si adagia su se stesso calando i battiti per riposarsi. Quella notte, Mun, non fece sogni d'oro. Libera come una piuma, riposò solo la mente, in vuoto spazio fatto della consapevolezza di non essere sola, di aver amato e di essersi lasciata amare. Una dimensione sospesa, lontana sia dalla inverosimiglianza dei sogni e degli incubi, ma altrettanto lontana dalla cruente realtà che era dato loro vivere tutti i giorni. And if we die we die but first we'll live.


     
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