Looking for a change

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    Léo C. Weasley STUDENT ♢ DREAMER ♢ 1/4 VEELA ♢ VOICE ♢ 15
    Vi siete mai sentiti esclusi? Messi in secondo piano, non considerati? Siete mai giunti alla conclusione che, forse, a nessuno importava di voi? Vi siete mai sentiti pervasi da quella frustrazione, da quell'odio, derivati dal sapervi insignificanti, deboli, piccoli? Io sì, ogni momento negli ultimi mesi. Badate bene, non era una cosa nata con tutte le disgrazie a cui eravamo andati in contro, tra un castello che ha provato a ucciderci e tutto il resto. Queste sensazioni le provavo da ben prima di tornare a Hogwarts per il nuovo anno scolastico. Avessi saputo come si sarebbero messe le cose, beh, avrei chiesto il trasferimento a Beauxbatons. La mamma una volta me l'aveva proposto, sapete? Nonostante l'idea fosse stata presa altamente in considerazione, ai tempi avevo risposto che non volevo stare da solo quando non solo i miei fratelli, ma tutti i miei cugini, frequentavano la scuola inglese. Bella fregatura. Potessi tornare indietro.

    Quel luogo in cui eravamo finiti, tuttavia, non era peggio della Hogwarts reale; se non altro nessuno incorreva più nell'ansia e nell'angoscia della rotazione di trappole. Lì era tutto buio, tutto grigio, è vero, ma nulla sembrava cambiare, Finalmente, un po' di costanza in mezzo al delirio. Nonostante fossimo tutti relegati in quello strano mondo - anche se, considerato il numero di morti, utilizzare la parola tutti pareva ironico - avevo deciso di starmene per le mie. Con Lucas mi sarei sentito a disagio, non sapendo di che parlare; con Hugo mi sentivo sempre arrabbiato, sempre più geloso della sua persona e della sua vita; Albus e Fred non erano neanche da prendere in considerazione, del resto, quando mai lo ero stato io per loro? Chi mancava all'appello? Tallulah, certo, ma lei mi metteva i brividi. Rudy? Volevo essere come lui.
    Mi rannicchiai ancora di più contro il muro a cui mi stavo appoggiando, sedutosul pavimento di un lungo corridoio deserto e silente. Pensare alla sorella di Hugo portava inevitabilmente a visualizzare lui. Edric.
    Strinsi inconsciamente i denti sul labbro inferiore, quasi facendolo sanguinare. No, no, no. Non dovevo pensarci. Non volevo pensarci! Eppure era sempre lì, come fotografato nella mia memoria, riusciva sempre a trovare il modo di tornare a tormentarmi.
    Tutto era cominciato quella sera, quando malauguratamente avevo pensato che cercare di arrivare prima in Sala Grande mi avrebbe dato la possibilità di trovare più cibo. Quando pensavo che girare da solo con il castello in quello stato fosse saggio. Quando non mi balenava per l'anticamera del cervello che i veri mostri fossero gli studenti del castello. Quando mi fidavo delle persone. Quando non ero spezzato, violato. Mi aveva aspettato? Era stato un caso? Non si era preso la briga di dirmelo mentre mi conduceva in un aula, insieme al mio cibo, fingendo interesse nei miei confronti. O meglio, l'interesse c'era, indubbiamente, però non come lo intendevo io.
    Iniziai a scrollare la testa, intenzionato a interrompere quel filo di ricordi che stava sempre più avanzando verso l'immagine peggiore, il ricordo che volevo cancellare completamente ma che sapevo avrei sempre conservato, marchiato a fuoco, indelebile nella memoria. « Basta. » Le parole non servivano. « Vai via! » Chi doveva andare via? I ricordi? Gli incubi? Edric? Tutto era accaduto perché ero e sarei sempre stato una facile preda, un debole. Sicuramente una cosa del genere non sarebbe mai accaduta a Lucas... o Fred! Loro non si sarebbero fatti mettere i piedi in testa da nessuno, figurarsi essere violentati. Io non ero come loro, non lo sarei stato mai. Non riuscivo a infischiarmi delle cose, come faceva Albus; non avevo l'umorismo e il buon umore di Fred; non ero intelligente come Hugo... e non fatemi parlare di Rudy.
    Questi pensieri mi seppellivano, giorno dopo giorno, sotto una crescente gelosia nei confronti di tutti, non solo dei miei parenti, fino a farmi rimpiangere di essere così come ero. Ogni singolo aspetto del mio carattere, del mio fisico, messo sotto la lente del mio stesso giudizio si rivelava in adatto. Ero basso. Ero magro. Non ero abbastanza intelligente. Non ero abbastanza simpatico. Non ero abbastanza bello. Non abbastanza. Mi sentivo relegato in un perenne stato intermedio, mi vedevo come un qualcosa a metà.
    « Vorrei essere diverso... » Quello era il desiderio che si celava nel mio cuore.
    « ...migliore... » Più alto, attraente, più tutto! « Voglio cambiare! » Un urlo esasperato attraversò il corridoio,squarciando il silenzio che fino a pochi istanti prima era la mia unica compagnia. Eccolo tornare, avvolgendo nuovamente lo spazio intorno a me, prima che un rumore metallico mi fece sobbalzare. Nessuno nelle vicinanze, riuscivo con chiarezza a vederlo, eppure quel rumore non me lo ero di certo immaginato. Scattai in piedi mentre l'ansia acutizzava i miei sensi: se volevi sopravvivere dovevi imparare a pensare in maniera furba. Un rumore? Meglio spostarsi. Fu allora che lo vidi, vicino alla mia scarpa: un contenitore, come quello che si usa per contenere pillole e medicine. Non era di certo mio, non lo avevo mai visto, eppure sentivo il forte desiderio di raccoglierlo e tenerlo vicino. Ero ancora indeciso sul da farsi, ma la mia mano sembrava si muovesse da sola. Mi chinai, lo raccolsi, e prontamente analizzai l'oggetto da vicino. La scatolina metallica era fredda al tatto, liscia, e a muoverla si capiva custodisse qualcosa. Cercai di aprirla, ci riuscì senza alcun problema. All'interno si trovavano, in contrasto con il materiale nero del contenitore, un gran numero di pillole rosse.
    Alzai un sopracciglio mentre ne prendevo una tra le dita. Era abbastanza piccola da ingerirla senz'acqua, ma al contempo abbastanza grande da spezzarla in due. Ad annusarla non faceva odore. Perché allora non vedevo l'ora di buttarla giù?
    Tra un pensiero e l'altro mi ricordai del motivo per cui mi ero alzato in piedi, perciò richiusi la scatolina e mi allontanai dal corridoio. I passi echeggiavano tra le pareti di pietra, il suono era ben forte, ma c'era una voce nella mia testa che era ancora più forte. Ingoia. Ingoia. Normalmente la cosa mi avrebbe fatto anche ridere, ma l'intera situazione era talmente strana che l'unica cosa che feci fu arrendermi a me stesso. Senza smettere di muovermi tirai nuovamente fuori la pillola di prima, la strinsi in mano e... sbam.
    Il rinculo a terra mi lasciò quasi senza fiato. Contro cosa avevo sbattuto? una colonna di marmo?
    « Ahia... » Alzai lo sguardo e mi trovai a fissare...

    @hime

     
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0 replies since 21/1/2018, 18:54   18 views
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