When it's dark out

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    Ne ha scelto uno tra tanti. Ne ha creati parecchi, da quando è giunto lì, in quel nuovo mondo. Chi l'avrebbe mai detto, dopotutto, lui, che non sapeva neanche cosa fosse l'arte, si era riscoperto dannatamente bravo a disegnare. Il suo soggetto preferito? « Non ci credo, questa è tua moglie? » Avevate qualche dubbio a riguardo? Alza lo sguardo verso il ragazzetto che ha di fronte, inarcando un sopracciglio. Si trovano nel suo ufficio, che in tempi come quelli, è forse uno dei pochi luoghi sicuri rimasti al castello. O almeno si fa per dire. Insomma, quanto meno di demoni a tre teste pronti ad attaccarti, non ce ne sono. Ne basta uno, con una sola testa. « Meravigliosa, non è così? O aspetta, com'è che si dice tra voi piccoli cuccioli d'uomo? Gnocca, bona, me la scoperei per sempre? » La modernizzazione è la cosa più importante. Scruta il suo piccolo amico con quel suo sguardo spiritato, ma il ragazzetto sembra non voler staccare gli occhi da quella pergamena. E' un disegno, ciò che sta guardando, ed è un disegno di lei. Mazikeen. Ne ha prodotti molti, specie negli ultimi tempi. Ne ha fatti così tanti, da esser riuscito a tappezzare una delle sue camere, al Pandemonium. Non sa perchè li abbia creati, semplicemente escono fuori quando non ha nulla da fare e decide di appropriarsi di carta e penna. Non sei ancora riuscito a superare il divorzio, ha sempre detto Izzie. Ma Izzie è ancora convinta che lui sia gay, quindi il suo giudizio è poco raccomandabile. Fatto sta, che disegnarla gli piace. Ha iniziato per curiosità, la prima volta, fino a scoprire che diavolo, Vlad ci sapeva davvero fare con l'arte. Ed infatti eccola, la sua musa ispiratrice, rappresentata al meglio su quella pergamena. Pelle ambrata, lunghi capelli corvini, occhi smeraldini. La perfezione. « Sì, è bella. Caspita se è bella...Forse anche troppo. » Mormora il ragazzetto, e Lux annuisce accarezzando il meraviglioso viso della sua Maze su quella carta. Gli manca. « Beh, tesoro, deve essere troppo bella, per riuscire a compararmi. » Sempre modesto, questo Lucien. Si stringe nelle spalle con fare indifferente, mentre si passa una mano fra i capelli spettinati. E' nella sua versione casalinga, Lux. Un minacciosissimo vampiro impacchettato in un pigiama a fantasia -inerente al joker, da bravo nerd-, una lunga vestaglia a quadri e delle pantofole di peluche. Tutto regolare insomma. I demoni hanno assalito il castello, i ragazzini muoiono divorati e lui..Lui è in vestaglia. « No in realtà intendevo che è troppo bella per te. » « ...Aspetta cosa? » Inarca un sopracciglio, fulminandolo con lo sguardo. Il piccolo Frankie, è un ragazzetto che ha trovato in preda ad una crisi isterica post-attacco, qualche giorno fa. L'ha preso con sè, pensando gli sarebbe tornato utile, prima o poi. E se non l'avesse fatto, avrebbe potuto mangiarselo e basta quando se ne sarebbe stancato. Semplice e lineare. Si stringe nelle spalle, Frankie, con espressione impudente. « Che gran stronzetto. » Ringhia, tremendamente severo in volto « ...Mi piace! » Squittisce dopo, con un sorriso improvviso. Poco schizofrenico, mi dicono. « Oh guarda a me piace lei. » « Non saresti normale se non ti piacesse. » Proprio un ragazzino in calore doveva capitarmi? « Ma ha davvero queste tette? » Lux annuisce. « Di persona sono ancora meglio! » Cinguetta, l'espressione visibilmente soddisfatta. « E queste labbra? » « Già, carnose e saccenti. » « Ah, cosa non ci farei con quest- » « Okay, okay, adesso vacci piano, Frankie. Un po' di rispetto...E' mia moglie. » « Disse quello che mi ha mostrato un disegno dove è nuda. » Dettagli. « E comunque mi chiamo Elliot. » « Sì okay, Francis, non è che quì si può parlare solo di te eh. Non approfittare della mia infinita e magnanima e fantastica bontà, d'accordo? » Francis annuisce, e Lux si alza a quel punto. Gira per l'ufficio, poi si siede sulla sua scrivania in mogano. Poggia le mani sulle gambe a cavallo, e lo sguardo torna sul ragazzetto. « Allora, mi aiuti? Lo porterai a chi ti indicherò? » « Se ci tieni tanto perchè non lo fai tu? » « Tu ci tieni a morire, ma a quanto pare stai chiedendo in maniera evidente a me di ucciderti. Siamo pari. Ora, mi aiuti? » Non te lo chiederò una terza volta. Lo fissa per qualche minuto in silenzio, Francis, poi sbuffa ed annuisce. Si alza dal divanetto in pelle e gli va di fronte. E' piccolo, magro, anche parecchio bruttino. Come hai fatto a sopravvivere fino ad ora caro? « Allora, che devo fare? » Sorride a quel punto, affabile. Si scopre un braccio, e vi affonda le dita con le unghie sino a far zampillare fuori qualche goccia del suo prezioso sangue. « Forza, serviti. No dai non fare complimenti, mi offendo. » Hanno fatto un patto. Francis lo aiuterà a rendere il suo piano con Mazikeen più divertente, Lux, in cambio, gli darà una mano a conquistare una ragazza sicuramente impossibile. Uno scambio perso in partenza, ma un patto è un patto. E diciamocelo, una volta bevuto il suo sangue, una mente semplice e malleabile come quella di Francis, gli sarà fedele per sempre. Una pedina, fa sempre comodo. « Tu sei matto. » « I complimenti lasciali per dopo, forza. La vuoi conquistare la tua bella oppure no? » Guarda che mi tocca fare per un po' di divertimento. Mi hai reso anche un consulente di coppia, adesso, Maze. « Sì, prima di sentire la tua stridula vocina del cazzo dire uuuuuuuuuh ma come potrebbe mai funzionareeeeeee? ti dico che funzionerà. Ti verrà così duro da farti male, ti rimarrà per giorni. E credimi, considerata la tua situazione lì sotto -sicuro di avercelo, caro? O dovrei chiamarti Flora?- è la cosa migliore per fottere in cui tu possa mai sperare nella tua insulsa vita. Quindi, adesso tu vieni quì e bevi. Dopo porterai il mio disegno a chi ti dico e andrai a scopare con chi è che vuoi. E vivremo tutti felici e contenti. O per lo meno io, che è comunque la cosa più importante. » Lo vede boccheggiare, ma alla fine decide di farsi avanti. Sorride, Lux, allungando il braccio ferito in sua direzione. Lascia che il ragazzino vi poggi le labbra, e a sua volta si inumidisce le proprie con la lingua, nel vederlo nutrirsi di lui. Con Maze era meglio. Prova a non pensarci, mordendosi il labbro inferiore a forza per distrarsi. Sei arrabbiato con lei, Lux, ricordi? Niente nostalgia. Che poi che diavolo è la nostalgia? « Oh-ohhh Flora vacci piano, potresti rimanere incinta. » Scherza, nell'osservare come il ragazzetto sembri averci preso gusto. Sempre titubanti all'inizio, ma si finisce alla stessa maniera ogni volta: avidità. Si gira verso la scrivania, e con la mano libera setaccia alcuni altri disegni, nel frattempo. Poi si rigira. « No sul serio vacci piano, o potresti andare in... » Tump. « ...Overdose. Merda! » Flora è per terra. La bocca ancora sporca di sangue, le pupille rovesciate. Impreca in chissà quale lingua arcaica, Lucien, prima di mollare un calcio alla scrivania facendola sfrecciare in direttissima contro il muro retrostante. Si china a quel punto sul ragazzetto. « Andiamo dai, svegliati. » Lo scuote un po', ma sembra non dare alcun segno di vita. Sbuffa allora, a quel punto. « Svegliati! » ruggisce, mollandogli uno schiaffo in pieno viso e...Facendogli sputare gran parte dei denti. « ..Ops. » E Flora è andato. Si rialza, massaggiandosi le tempie mentre continua a fissare il corpo inerme del ragazzo sul tappeto leopardato. Probabilmente è morto. E' allora che un'espressione inorridita gli dipinge il viso scarno. « E' terribile. » Sibila « ..... MI HAI MACCHIATO IL TAPPETO FLORA, QUESTO NON SI FA! »

    Alla fine ha optato per la soluzione più semplice: adescare la prima persona a portata di mano per fare la sua consegna, e minacciarla di morte qualora avesse fatto il suo nome. Tutto regolare. Un sadico, questo Lux. Farle consegnare un disegno con sopra rappresentata la sua reale forma, senza alcuna notizia sul mittente, se non un semplice miss me? scritto sopra. Col sangue, chiaramente, per essere più teatrali. Sono quì, Mazikeen, vieni a cercarmi. L'ha ascoltata per tutti quei giorni, nonostante dalla notte di Natale, sia stato parecchio accorto per non farsi trovare. Quando l'oscurità sovrasta il luogo in cui ti trovi, e tu sei oscurità, in fondo, è cosa assai facile nasconderti. Si è offeso, sì, diciamocelo, si è offeso parecchio. L'ha sentita, quella notte, l'ha sentita per tutto il tempo. I suoi sospiri, i suoi gemiti, la sua voce roca sussurrare parole non rivolte a lui. Ha sentito la sua donna farsi qualcun'altro, di nuovo, e non ha potuto far niente per evitarlo. Niente se non rapire la prima malcapitata di turno, infilarsi tra le sue gambe, e scoparsela a sangue immaginando lei. L'ha immaginata per tutto il tempo. L'ha rivista sotto di sè, incastrata tra il suo corpo di ghiaccio ed il materasso. Ha rivisto quelle sue labbra carnose, quei suoi occhi cangianti. Ha sentito le sue dita bollenti accarezzargli la pelle, le sue gambe stringersi contro i suoi fianchi. L'ha sentita sospirare, ansimare, gemere e, infine, chiamare il suo nome. L'ha chiamato sul serio, anche questa volta. Ed è stato proprio in quel momento, che l'ha uccisa. Ha annientato quella povera ragazza per un semplice motivo: tu non sei lei. Non sa esattamente perchè l'abbia fatto, a dire la verità. Intendiamoci, di piccole vergini indifese ne ha uccise tante, ma quella notte..E' strano. E' da quando l'ha rivista, che gli sembra di..provare qualcosa? Impossibile. Si dice ogni volta. Impossibile, ma se fosse possibile, cos'è che prova? Rabbia, nel saperla con qualcun'altro. Gelosia, nel doverla condividere. Risentimento, nel non averla lì con sè nonostante si vogliano entrambi. In poche parole: emozioni. In uno stato sicuramente embrionale, certo, ma comunque emergenti. Tanto emergenti da dargli fastidio. Non le riconosce, non vuole e non può farlo, ma loro sono lì, pronte ad innervosirlo. Pronte a donargli quella sensazione pungente all'altezza del petto, ogni volta. Come quella volta. Ma forse è stato questo il suo problema: una moglie non vuole soltanto essere scopata in modo sensazionale, ma vuole essere anche amata. E' un suo diritto. Le ricorda ancora quelle parole. Gli hanno rimbombato dentro per tutta la notte, giorni fa, e continuano a farlo ancora adesso. Amare, un verbo che non gli è mai appartenuto. Non ha idea di come funzioni. Non è progettato per farlo, così come il suo cuore non batte. Eppure quella notte, di fronte ad una Mazikeen intenta a rivestirsi per lasciarlo lì, da solo, l'ha sentito quello strano tremolio all'altezza del petto. L'ha sentito quel gusto amaro riempirgli la bocca, lasciandogli la gola tremendamente secca. Poi, però, è svanito tutto ben presto. Maze si è scopata un altro, lui si è incazzato, e tutto è tornato come prima. Tutto è tornato ad un Lux intento a torturarla, per l'ennesima volta. Perchè lo sa, sa che con quell'indizio la sta conducendo alla follia. Sa tutto di lei. Sa della dipendenza di cui è stata vittima in quegli ultimi giorni. Sa di tutto ciò che ha fatto per guarirne, e sa infine come ha fatto a liberarsene. Nel modo peggiore di tutti, oltretutto. Ed è proprio per questo, che ha deciso di agire nuovamente. No tesoro, non ti libererai mai di me. Insinuarle un nuovo dubbio, renderla dipendente da un sospetto concreto, eppure così facilmente riconducibile ad una fantasia. E per giorni interi non ha fatto nulla per rendere quella fantasia una realtà. Le ha fatto credere di essere lì, assieme a lei, da qualche parte, ma non si è mai palesato. Le ha fatto recapitare altri disegni, con altre scritte, sempre più invasive, sempre più riconoscibili. Fin quando, non ha deciso che il supplizio poteva giungere al termine. Bloccare un livello, ed ascendere al successivo. E quindi eccolo, Lucien Kai Parker, svestitosi di quell'antiestetica vestaglia a quadri, con quei suoi abiti aderenti e l'immancabile giacca nera, a fluttuare tra i corridoi del castello. Non si cura delle urla, non si cura di tutte quelle creature che gli sfrecciano accanto. E' a casa, e proprio per questo, la sta cercando. Sa esattamente dove trovarla. Riconoscerebbe il battito del suo cuore ed il suo profumo tra mille.
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    E allora le si materializza dietro, in quei sotterranei più bui del normale. « Signorina Greengrass! » Sembra essere un tutt'uno con le ombre, mentre si muove lentamente per sgusciarle accanto, sino a poggiarsi ad una colonna in pietra. « E' passato un po' di tempo senza vederci, eh? Ho quasi creduto mi stessi evitando. » Fa il broncio. « O magari era il contrario. Oh beh che importa adesso sei quì! Che fortuita coincidenza. » Oggi parlo davvero bene, punto bonus per me. Si stringe nelle spalle, mentre il suo sguardo bicolore si pianta su di lei. La setaccia dalla testa ai piedi, più che indiscreto. Si passa la lingua sulle labbra per inumidirle, nel ricordarsi tutto ciò che quegli inutili vestiti celano ai suoi occhi. « Allora, li hai ricevuti i miei regali? » Domanda improvvisamente, il tono di voce più profondo, gutturale. « Sai, non è nel mio stile non ricambiare i favori. E dato il tuo graditissimo ed originalissimo regalo di Natale, volevo sdebitarmi. » Annuisce, mentre un sorriso ambiguo gli illumina il viso pallido. Impossibile da credere, ma sembra più inquietante del normale. Gli occhi cerchiati di nero, lo sguardo spiritato, la lunga fila di denti perlacei a brillare nella penombra. C'è del malsano, in lui. Ben più visibile del solito. « Quindi ho pensato, cosa può esserci di meglio di un ritratto, per una regina? » Schiocca la lingua al palato, ricercando il suo sguardo. Piega appena la testa di lato, poi alza la mano. Agita le dita, per mostrarle in particolare l'anulare con la fede. « Dunque rispondi alla mia domanda, Mazikeen, ti sono mancato? »
     
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    Uno, due, tre. Respira. Si guarda intorno, mentre Stevens tenta, senza aver troppo successo, di scavare una buca con la pala che ha trovato nella Serra numero quattro. Si ritrovano ad usare arnesi babbani perché sia Tom che Maze non ricordano quale sia l'incantesimo da usare in occasioni come questa, nulla di troppo sconvolgente visti i deludenti voti in Incantesimi. E a loro serve una buca bella grande, se vogliono anche solo pensare di poter seppellire quei tre fragili corpi che si sono trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato. C'è stata un'esplosione, al limitare della Foresta. Un fuoco ha preso ad ardere e li ha colpiti in pieno, tutti e tre, mentre assolvevano soltanto il loro compito di guardiani. Maze è lì, che perlustra il perimetro, sapendo perfettamente che non verrà toccata in nessun modo, eppure finge sempre di essere un pochino spaventata, per non destare troppo sospetto. Si sente uno scricchiolio in lontananza, rami secchi che vengono schiacciati. Maze si volta di scatto verso quel punto, con la bacchetta ben salda tra le mani. «Che succede, Greengrass? Che è stato? Sono tornati No, brutto imbecille. Se fossero tornati, tu saresti bello che morto perché non avresti nessuno scampo contro i miei cuccioli bellissimi. «No, Tom, tranquillo. Ti guardo le spalle io, come promesso. Non c'è nessuno, continua pure.» Gli lancia un'occhiata, sbattendo le ciglia elegantemente. Ha capito benissimo che gli umani apprezzano quando vengono chiamati per nome, perché vuol dire che ti importa di loro, che ti ricordi di loro, che cerchi di creare una connessione con loro, che va ben oltre la semplice formalità che si ferma alla superficie. Infatti, Tom sembra apprezzare quel trattamento, tanto da sorriderle, più certo e sicuro del dovuto. «Formiamo una bella squadra, eh Maze Oh, ci sentiamo proprio spavaldi dopo qualche moina, non è così? La mora annuisce, tornando a dargli le spalle, fingendosi interessata a ciò che ha intorno. Punta un po' la bacchetta qui, un po' lì, lasciando che il fascio di luce che sprigiona dalla sua punta vada a rischiarare le tenebre grigiastre intorno a loro. Non c'è nulla. «Certo, Tom. Hanno fatto proprio bene a metterci insieme, siamo un dream team.» La voce che si carica di calda allegria, mentre il volto, celato agli occhi del ragazzo, è completamente impassibile. Se avesse il cellulare con sé, quel momento sarebbe la rappresentazione perfetta di una risata mandata in risposta ad un messaggio che non ti ha suscitato alcuna ilarità, lasciando che l'espressione facciale rimanga completamente indifferente. «Però ti prego, sbrigati. Qui fuori..mi mette i brividi.» Il tono si colora appena, grazie a qualche tremolio modulato dalle corde vocali, attui a fargliela percepire come una donzella impaurita. Non ottiene altra risposta dal ragazzo e allora lo guarda, di sfuggita accertandosi che ha ripreso a lavorare, anche più velocemente. Bravo ragazzo. E' allora che i suoi occhi si soffermano sui tre corpi inermi, poco più in là. Sono coperti con un panno sporco di terra, alla bell'e meglio, come a ricercarne un'intima privacy, in punto di morte. Fa qualche in passo in avanti, verso di loro e più si avvicina, più mette a fuoco i contorni del viso di una di loro. Un viso rimasto scoperto, al contrario del resto del corpo. E' per metà bruciato, emana un leggero odore acre, ma questo non fa desistere Maze da abbassarsi, per ritrovarsi quasi alla sua altezza. La osserva, cerca di captare ogni particolare di quel viso che doveva essere meraviglioso. La ricorda a malapena, forse una Corvonero, o una Tassorosso. Ha gli occhi grandi, verdi, sgranati, terrorizzati forse nel capire di star morendo. E sono ancora aperti, che fissano spenti il mondo che non è più concesso loro di vedere. «Sei cresciuta, sei maturata e il mondo ti ha ripagato così, togliendoti la vita ancor prima di cominciare effettivamente a viverla.» Bisbiglia, più a se stessa che alla ragazza finita, di fronte a sé. «Che peccato, fa schifo crescere.» Una constatazione piuttosto strana quella che fa nel momento di morte di una ragazza che avrà sì e no sedici anni. Una ragazza ormai privata di una vita che le era stata promessa, che le era stata dipinta come favolosa, che sicuramente non vedeva lora di cominciare, per poi non poterla veramente vivere. Ma la ruota non smette mai di girare. Nessuno può scendere e tutti sono costretti ad ottenere ciò che è stato deciso da quel continuo ruotare. Quello che ti capita, prendi. E ti devi accontentare. Ora è toccato a quella ragazza, domani potrebbe accadere a lei o a Tom. Sì, decisamente più probabile a Tom. Lo guarda nuovamente, per qualche secondo, sorridendogli, prima di tornare alla ragazza. Si abbassa ancora un po', per poi ritrovarsi con le labbra all'altezza del suo viso. «Spero di vederti dall'altra parte. Hai la faccia giusta per l'altra parte.» Con voce pacata, pronuncia quella che per lei equivale quasi ad una benedizione, una speranza che spera venga ascoltata. Le dita si allungano sopra il suo viso, a chiuderle gli occhi, per permetterle di riposare. Una luce oscillante in lontananza richiama il suo interesse, facendola scattare in piedi velocemente. La bacchetta puntata di fronte a sé, mentre sente borbottare Tom alle sue spalle, ma non l'ascolta nemmeno mentre si concentra su chi si sta avvicinando a loro. Una ragazzina trottola verso di loro, urlando di tanto in tanto, affinché non venga colpita. Maze abbassa appena la difesa, mentre la biondina le si avvicina, con la faccia paonazza per la corsa. E' da sola e non crede di averci mai scambiato una parola prima di quel momento. Ma lei sembra conoscerla, molto bene. «Mazikeen Greengrass, giusto?» «Se sei arrivata fin qui, senza accompagnamento, solo per cercarmi, sai già benissimo che sono io.» Alza un sopracciglio, interdetta, mentre la ragazzina arrossisce appena, passandole una pergamena arrotolata che ha tra le dita. «Questo è per te.» Okay.. «Da parte di?» La bionda ci pensa su qualche secondo, allontanandosi di qualche passo, per indietreggiare. «Da un ammiratore segreto.» E così dicendo, si volta e prende a correre nuovamente verso il castello, lasciando lì Maze, con le sopracciglia aggrottate. «Devo essere geloso?» Le domanda Tom da dentro la fossa che si è fatta sempre più profonda. Gli lancia un'occhiata, arricciando le labbra in maniera confusa, per poi tornare a guardare il rotolo ancora intatto tra le sue mani. «Squadra vincente non si cambia.» Si sente di rispondergli, distrattamente, prima di far convergere tutta la sua attenzione sulla pergamena. Torna a dare le spalle al ragazzo e la srotola, puntandovi contro la luce emanata dalla bacchetta. E rimane piuttosto sbigottita nel vedersi ritratta su quel foglio. Lei, nella sua vera natura. Ed è nuda, con il senno in bella vista. «Ma quello è sangue?» Trixie, rimasta in silenzio fino a quell'istante, le chiede, indicandole mentalmente la scritta che vi è sotto il foglio. Miss me? Maze passa l'indice sopra la prima m e sul foglio si forma una sbavatura rossa, mentre si porta il dito al naso. Lo annusa e fa per assaggiarlo, ma si trattiene. E' sangue, deve esserlo per forza. Per un attimo, è la paura a prenderle il corpo, mentre il battito perde qualche colpo, di fronte al fatto che potrebbe essere lui. E' una cosa così da lui. Un'entrata trionfale per farle capire quanto abbia ancora potere di leva su di lei. «Potrebbe essere anche questo posto, così com'è ridotto ora. Potrebbe benissimo un'allucinazione. Uno scherzo della tua mente.» Ma lo vedi anche tu. E l'ha visto anche Tom. Non è una visione di cui sono io l'unica spettatrice. Si morde forte il labbro inferiore e cerca di pensare. Pensa e pensa ancora, fin quando non arriva a Mirot. Deve essere stato lui. Deve essere un suo messaggio. Deve aver riflettuto sopra le sue parole ed ora è pronto a riavvicinarsi. Deve essere così per forza. Così ridacchia, sollevata nel sentire il peso alleviarsi un po' da sopra il suo petto. «Insomma? Cos'è?» Tom le domanda. Lei si volta con un sorriso sulle labbra. «E' un mio ritratto» gli dice, inarcando entrambe le sopracciglia. «Nuda.» A Tom sembra andare di traverso la saliva, tanto da cominciare a tossire come un fumatore incallito, lasciando cadere la pala a terra. Maze scoppia a ridere, voltandosi nuovamente dall'altra parte. Il sorriso che, poco alla volta, sbiadisce lasciando il posto ad una linea informe, così come lo è il suo umore. Perché il campanello d'allarme, seppure non vorrebbe, suona ancora squillante nella sua testa.

    E' diventato morboso. E' diventato assillante. All'inizio era bello ricevere tutti quei disegni. Il rivedersi su quei fogli, sempre in posizioni diverse, sempre da un'angolazione diversa, con colori differenti che riuscivano a catturare la sua vera essenza in modi talmente naturali da lasciarla allibita, era davvero bello. C'era dell'emozione di fondo nel rivedere se stessa, quasi come rincorrere un ricordo di una vita passata. Era affascinante notare nuovi particolari di sé grazie alla sapiente attenzione degli occhi di qualcun altro che aveva deciso di catturarli tra le trame di un foglio. Era intimo, era quasi romantico sapersi oggetto di quelle premure attribuibili soltanto ad un appassionato amante, così come lo era stato per lei Mirot. Un porto sicuro nel quale si era rifugiata quando il suo cuore era stato esposto ad una tempesta talmente devastante da non riuscire a non crollare in pezzi, sotto la forza ruggente e furente di quel mare che per lei non aveva mai avuto pietà. Mirot si era plasmato, assecondando i suoi desideri nascosti, facendola sentire come avrebbe voluto sentirsi grazie alle attenzioni di qualcun altro. Era stato bello all'inizio, quando i disegni le venivano consegnati di tanto in tanto. Ma poi era diventato ossessivo. I disegni erano sempre più frequenti, dai toni sempre più graffianti, rabbiosi. Sempre più impregnati di sangue, tanto da cominciare a favorire quel dubbio che l'aveva assalita fin dal primo giorno. O forse ancora da prima. Forse non sono i disegni di Mirot. «Ma figurati se quello là è sulla Terra per te. Da come mi hai raccontato, è un gran pezzo di merda e figurati se è venuto a cercarti.» «Grazie tante, Beatrix.» Si odia, immensamente, per quel suo continuo, latente, volerlo giustificare a tutti i costi. L'ha trattata di merda, l'ha fatta soffrire, l'ha picchiata, l'ha fatta piangere eppure c'è ancora una parte di lei che lo giustifica, come se quella parte sapesse che è tutta colpa sua, che in fondo quel trattamento se l'è meritato, perché è un'anima impura, indegna persino del Paradiso, figuriamoci se degna di essere amata. Si tortura il labbro inferiore, mentre ruota la mazza da baseball in mano, facendo avanti e indietro lungo i sotterranei del castello, lì dove ha promesso che farà diligentemente il suo turno di vigilanza, lì dove ha già mandato il suo compagno di ronda tra le braccia di Morfeo con una mazzata tra capo e collo, quando ha preso a provarci. E sì, si è accertata che non fosse definitivamente andato al creatore, controllandogli il polso. Gli lancia un'occhiata di traverso, passando davanti alla colonna dietro il quale ha nascosto il suo corpo dormiente. «Sogni d'oro, fiorellino.» «Buongiorno? Torniamo a noi? Sentirti così inquieta, mi inquieta. Mi mettono paura le ondate di emozioni bipolari che riversi nelle vene di continuo. Quindi, una volta per tutte, non può essere lui. E' tutto nella tua testa, è il tuo subconscio che riporta alla luce questa paura inconscia.» Annuisce, volendosi convincere che quelle parole sono assolutamente reali. Non deve temere nulla, è al sicuro sulla Terra. A lui non è mai importato di lei, in fondo, quindi non può essersi scomodato, non per lei. No. «Hai ragione. Non può essere uscito dalla Loggia Nera. E se anche lo avesse fatto, non può essere qui. Insomma, quante possibilità ci sono che mi abbia trovato al primo colpo? Poi non starebbe comunque cercando me, ma figurati se verrebbe qua solo per cercare me.» Riprende ad annuire, nervosamente, sapendo che invece lui la cercherebbe. Perché il suo giocattolino è sfuggito al suo controllo e lui ha bisogno di accerchiarsi di sollazzi che lo tengano impegnato. E che non gli si ribellino, perché se c'è una cosa che odia è la ribellione, dall'alto della sua posizione. Perché lui deve avere sempre tutto sotto controllo e Mazikeen per lui è un oggetto di mobilio fuori posto, dopo aver risistemato tutta la stanza secondo il proprio criterio mentale e come tale va punita, perché ha osato sfidarlo, uscendo dai ranghi. Si stringe nelle spalle, pronta a parlare nuovamente per cercare di sbrogliare il groviglio che si è andato creando nelle loro teste, ma qualcosa la fa bloccare. Un brivido di freddo le percorre la schiena quando una folata di aria improvvisa le arriva da dietro. « Signorina Greengrass! » Non fa in tempo a girarsi, che il professore di Storia della Magia si porta di lato, andando a sistemarsi contro una colonna. Tira un sospiro di sollievo, quasi rincuorata che sia soltanto lui. Così le sorride, sghemba, tornando padrona di sé, come suo solito. «Professor Parker. Di nuovo a stalkerarmi? Quasi comincio a pensare che sia diventata una sua ossessione.» Lo saluta, andandosi a lisciare il maglioncino chiaro che è riuscita a recuperare dalla lavanderia appena quella mattina. « O magari era il contrario. Oh beh che importa adesso sei quì! Che fortuita coincidenza. » Non prova nemmeno a ribattere, sapendo quanto sia vero il fatto che l'ha evitato come la peste, fin quando non poteva dirsi assolutamente certa di aver guarito interamente Trixie dall'influenza del suo sangue. Così si stringe nelle spalle, come a voler evidenziare l'ovvietà di quell'ultima frase. Che coincidenza che sei proprio qui, dove sapevi per certo che fossi sola, grazie ai tuoi super poteri. Davvero una coincidenza fortunatissima! « Allora, li hai ricevuti i miei regali? » Aggrotta appena la fronte, lasciando che le dita scivolino lentamente sul legno della mazza, avvolgendolo più forte, di tanto in tanto. «Quali regali? E' una nuova tattica quella di fingere di corteggiare una ragazza con dei regali senza inviarglieli veramente, così da farla incuriosire ancora di più?» Si crede furba, Maze, mentre fa quell'appunto. Si crede sagace e piuttosto divertente mentre lo sfotte con ilarità. Che stupida. « Sai, non è nel mio stile non ricambiare i favori. E dato il tuo graditissimo ed originalissimo regalo di Natale, volevo sdebitarmi. » Inclina la testa di lato, Maze, mentre accenna una lieve referenza, ad accogliere quel suo complimento velato, che risulta così distorto e malsano alle sue orecchie, ma a cui sembra non dare troppa importanza. In fondo ha capito che l'uomo che ha di fronte ha un suo certo stile nel fare le cose, è un tipo particolare che riesce ad affascinare anche per le sue stramberie. « Quindi ho pensato, cosa può esserci di meglio di un ritratto, per una regina? » Il campanello d'allarme prende a suonare, sempre più forte, così come Beatrix urla, urla di scappare, dalla parte opposta. Le rimbomba in testa il suo grido, il suo invito a fuggire perché quelle parole equivalgono al pericolo. Quello vero. Ma lei rimane lì, impietrita, con le pupille che si vanno appena allargando, di fronte alla vista del suo mondo che piano piano si va sgretolandosi. I movimenti di lui arrivano rallentati alla sua testa. Tutto prende a muoversi piano. I gesti, le sue parole, le sue espressioni. Tutto le appare completamente statico, così sbagliato, così dannatamente imperfetto. Perché? Perché a me? Perché di nuovo a me? « Dunque rispondi alla mia domanda, Mazikeen, ti sono mancato? » Scuote la testa, indietreggiando di un passo. E continua a scuotere la testa. La chiave per sopravvivere è la negazione. Negare, negare e negare ancora. Ed è quello che fa Maze mentre la verità le viene sbattuta in faccia con prepotenza. La fede al dito, le sue parole. Tutte le sue parole. « Sì, sono sposato. E no, lei non è mai stata felice di avere un marito che la tradisce. Ma a me eccitava farlo comunque, in segreto o meno che fosse. Perchè quando piange, quando soffre per me, io la trovo ancora più bella. » Ha riso di sua moglie, quando gliene aveva parlato. Era stata l'altra donna, non sapendo di essere proprio quella donna. « Tanto. Il pensiero di te che piangi per me, da sola, a letto mentre io me le scopo, è probabilmente la cosa che più mi spinge a sbattermele ancora più forte. » Le si gela il sangue nelle vene mentre continua a guardarlo, senza riuscire a dire nemmeno una parola. Nega, continua a negare tutto a se stessa. Non è possibile. Deve essere un trucchetto mentale, uno dei suoi trucchetti. Continua a mentire a se stessa, negando di star effettivamente negando. Cerca di vedere solo ciò che vuole, una piccola porzione del quadro, tralasciando la parte più importante. Lui è il suo Lux. Lo è sempre stato. Ed ha sempre saputo chi fosse lei, fin dal primo momento, non ha dubbi su questo. La giostra continua a girare, gira sempre e tu non puoi farci nulla. E come è successo alla dolce ragazza troppo giovane per abbandonare la vita, questa è la sua volta di morire, ancora un altro po', per mano dell'uomo che ha sempre tolto l'ossigeno alla sua fiamma vitale. Sono una stupida, una dannatissima stupida. Lo sono sempre stata. Trixie cerca di farla ragionare, prova a convincerla ma l'unica cosa che ottiene è l'essere rinchiusa nella sua parte di mondo, escludendola da quello di Maze. Alla fine ci sono lui
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    e lei.
    E la consapevolezza. Sei lui. «Certo. Mi sei mancato così tanto da non essere più tornata indietro da te, no? Credi sia abbastanza?» Sorride, infine, gelidamente, mentre riacquista tutto l'autocontrollo di cui ha bisogno. E' una maschera funerea quella che ha dipinto sul viso, mentre torna sui suoi passi e avanza. Non c'è più alcuna traccia di timore, mentre il petto riprende ad alzarsi e abbassarsi in maniera regolare. Torna tutto alla normalità, perché Lux non fa più parte della sua normalità, ormai da tempo. «Non so per quale assurdo motivo ti ritrovi sulla Terra. Non me ne può fregare di meno, davvero. Ho smesso di interessarmi di te molto tempo fa.» Persino la propria voce appare distante. Così fredda, così fuori dal comune. Non è da lei, non la lei che si è andata formando e plasmando lì, tra gli umani, ma forse non è mai stato così lei prima di quel momento. Gli si avvicina ancora un po', non tanto da poterlo toccare, ma abbastanza da guardarlo dritto negli occhi. «Ma giuro su colui che non mi è permesso pronunciare che se provi a toccarmi anche solo un'altra volta, se provi a parlarmi, se provi anche solo ad avvicinarti ancora una volta, troverò il modo di rimandarti nel buco da dove vieni e non ti basterà esserti impossessato del corpo di un vampiro per farmi desistere dal cancellarti dalla faccia della Terra.» Lo minaccia, eppure appare così calma. Eppure sembra sempre così angelica, nella sua nuova forma umana. Eppure sembra così perfetta la maschera che indossa. Ma dura tutto troppo poco. Dura appena un attimo, giusto un battito di ciglia, giusto il tempo di realizzare cosa veramente lui le ha fatto. Per l'ennesima volta, l'ha umiliata. Si è preso gioco di lei e l'ha punita facendola passare per stupida. Mazikeen, la povera stupida che morirà tra le sue dolci e pregiate illusioni. «Tu..tu..» Non realizza del tutto, fin quando non abbassa lo sguardo e si concentra. Ha deciso di prenderla, ancora una volta, senza darle nemmeno la possibilità di sapere chi fosse veramente. Si è lasciata fare da lui tutto quello che voleva e rabbrividisce al pensiero di quelle mani su di lei, perché ora sa identificarle, sa ricondurle ad una persona, sa dar loro un nome. «Tu non sei normale. Ma che problemi hai? Qual è il tuo cazzo di problema? Continui ancora con questi giochetti che torturano le persone.» La voce si spezza e il tono si alza, colorandosi di rabbia. Ancora un'ulteriore passo, mentre la stretta sulla mazza si fa più salda. «Quanto ti sei divertito, mh? Quanto è stato divertente raccontarmi di come ti facevi tremila altre persone, alle mie spalle?» Scrolla la testa, non potendo credere alle proprie parole. In un attimo è tutto così reale. Quella realtà, che si è negata così ferocemente, è dannatamente reale e assolutamente malsana. «Ero bella mentre piangevo per te, eh? Ero bella mentre mi disperavo per un uomo di merda? Per l'amor del cielo, me l'hai confessato, negandomi la verità.» Comincia a delirare, mentre emette suoni di disgusto, tirando fuori la lingua, come a volersi liberare di quel saporaccio amaro che sente in bocca. «Mi hai tolto anche la possibilità di dirti di no, di cacciarti via, di sottrarmi alle tue luride mani. E' una cosa ripugnante, persino per te.» Non può crederci. Non può credere davvero di essere caduta ancora una volta nella sua trappola dorata, tanto bella all'esterno, quanto marcia al suo interno. «E' stato divertente entrarmi dentro, lasciandomi passare per una scema? E' stato bello prenderti gioco ancora una volta di me? Hai abusato di me, cazzo.» Trema, mentre quella consapevolezza prende forma dentro di sé. Le trema la mano che si porta inconsciamente alla bocca. Trema di rabbia, trema di sconcerto, trema di vergogna nei riguardi di se stessa. Si sente violentata, è come se lui l'avesse stuprata, intenzionalmente, togliendole tutto, persino la propria dignità. Nemmeno si accorge di farlo quando la mazza si alza a mezz'aria e lo colpisce in pieno costato, con tutta la forza che riesce a metterci dentro, sapendo che lui probabilmente non sentirà nulla. Scaglie di legno volano ovunque, mentre gli occhi di Maze cambiano tonalità: diventano scuri, talmente scuri da non poterne distinguere la pupilla. Ed è pronta a scagliarglisi contro, ancora una volta, questa volta con la sola forza delle sue mani. «Non solo mi hai stuprata fisicamente, ma hai violato ogni parte del mio corpo, ripetutamente. Ogni mia cellula, come più aggradava e compiaceva il tuo ego divino Si morde forte il labbro inferiore per costringersi a non versare nemmeno una di quelle lacrime che stanno spingendo prepotentemente per uscire. «Tu chi cazzo sei? Mai prima d'ora mi hai dato così tanto il voltastomaco, Lucien. Mi senti? Mi fai schifo.»

    In your head, in your head, they are fighting
    With their tanks, and their bombs
    And their bombs, and their guns
    In your head, in your head they are crying




    Edited by wanheda‚ - 5/2/2018, 16:30
     
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    Tutto ciò di cui Lux ha sempre avuto bisogno, nella sua veneranda esistenza, è il panico. Il terrore, buon amico di vecchia -vecchissima!- data, ha sempre fatto parte del suo modus operandi. In qualsiasi situazione, in qualsiasi stato d'animo, in ogni cosa che lo riguarda. Stare a guardare qualcuno che ha paura di te, non ha prezzo. Vedere come le sue pupille si dilatano, il respiro si fa irregolare ed il cuore comincia a battere così forte da assumere una cadenza martellante, è qualcosa di ineguagliabile. Senza prezzo. Questo, quanto meno, è ciò che ha sempre pensato. Ad oggi eccolo quì, Lucien Kai Parker, di fronte al panico di Maze, la sua Maze. Vede ogni sfaccettatura di quella paura. Nota le pupille appena dilatate, il battito del suo cuore, il respiro collassarle attraverso la gabbia toracica. Nota tutto questo, e non riesce a compiacersene. E' impossibile, è anomalo, non è da lui. Non è da Lux, quel sadico manipolatore di menti e torturatore di tutto il resto che è sempre stato. Quello psicopatico depravato che dinnanzi alla paura altrui, è sempre stato ben capace di scoppiare in chissà quale agghiacciante quanto fragorosa risata. Ma non ride, non questa volta. Non sa perchè, non è intenzionato a farsi domande al riguardo, ma rimane impassibile. Una statua di ghiaccio, mentre la osserva, piegando appena la testa di lato. «Certo. Mi sei mancato così tanto da non essere più tornata indietro da te, no? Credi sia abbastanza?» Ma sapete cosa? Lucien e le emozioni, non sono ancora riusciti a stabilire un equilibrio. A dirla tutta, è ancora convinto di non provarne nessuna. E proprio per questo, la situazione è ancora più critica. Le prova, le prova eccome. Forse non gli appartengono, forse sono ridotte ancora ad una mera proiezione di un'emozione vera e propria, eppure ci sono. E spesso, ci sono tutte assieme. Un marasma esplosivo che lo porta a sfiorare i picchi di una vera e propria schizofrenia. E infatti, da bravo schizofrenico, eccolo che da un embrionale senso di colpa, passa direttamente ad una ben più visibile rabbia. Mi sei mancato così tanto da non essere più tornata indietro da te. Lei sorride, gelidamente, mentre lui si ripete mentalmente quelle parole. No, tu non puoi parlarmi così. Tu non devi parlarmi così. Devi avere paura di me. Devi chiedermi perdono in ginocchio. Devi pregarmi di lasciarti tornare. Una scintilla scarlatta lampeggia nei suoi occhi bicolore, mentre serra la mascella, rimanendo in completo silenzio. La sua Mazikeen che gli si ribella, questa sì che è una novità. Il suo giocattolino preferito, è ormai fuori posto, e a lui il disordine non piace. A lui il disordine lo fa incazzare. Non è equo, non è lineare, non lo diverte. La osserva, mentre nota come i sintomi di qualche momento prima, sembrano stare scemando. C'è qualcosa che non va. Qualcosa che non gli piace. « Uhh cattiva, hai imparato dal migliore noto, eh, piccola? » Si ritrova a dire, con una punta di veleno nel tono di voce. D'accordo, te lo concedo. Sei scappata, sei scossa. Tutto regolare. «Non so per quale assurdo motivo ti ritrovi sulla Terra. Non me ne può fregare di meno, davvero. Ho smesso di interessarmi di te molto tempo fa.» Regolare un cazzo. E' fredda, Maze, fredda come non l'ha mai vista prima. Facciamo qualche passo indietro, e torniamo a Lux e Mazikeen, i veri Lux e Mazikeen. Lei tremendamente innamorata di lui, lui fin troppo inumano per poterla ricambiare. Quella Maze, la sua Maze, è una donna estremamente devota. Fedele oltre ogni previsione o limite, remissiva, docile, in poche parole innamorata. Quella Maze, non sarebbe mai scappata da lui. Quella Maze non gli avrebbe mai rivolto uno sguardo così freddo, o un sorriso così gelido. E allora eccoci, eccoci di fronte all'inaspettato. Abituato ad un mondo di aspettative pressochè prefissate, quello è un fattore che non riesce a comprendere. Sa a priori che non gli piace, non gli piace proprio per niente, ma non sa come contrastarlo. Ho smesso di interessarmi di te molto tempo fa. Scuote la testa, una risata sommessa che gli scuote il petto vuoto. Fastidio. «Ma giuro su colui che non mi è permesso pronunciare che se provi a toccarmi anche solo un'altra volta, se provi a parlarmi, se provi anche solo ad avvicinarti ancora una volta, troverò il modo di rimandarti nel buco da dove vieni e non ti basterà esserti impossessato del corpo di un vampiro per farmi desistere dal cancellarti dalla faccia della Terra.» Alza gli occhi al cielo, scuotendo la testa visibilmente scocciato. « A colui che non ti è permesso pronunciare non gliene frega un cazzo, dei tuoi giuramenti. Trova un altro termine di paragone, per spaventarmi, tesoro. Ah, sembri davvero convincente, comunque. Quando finisce questa recita e si torna a casa? » La provoca ulteriormente, con un sorriso ad illuminargli il viso scarno. She looks like an angel, she might be a demon. Non lo inganna, Maze. Non lo inganna quel suo modo di accogliere la notizia con una tale freddezza. Quel suo modo di minacciarlo con una tale innocenza. So chi sei, so cosa provi, smettila di indossare questa maschera. E' allora che, data la vicinanza, nota quel cambiamento nel suo sguardo. Una scintilla improvvisa, incontrastata. Consapevolezza. La vede sbattere le palpebre numerose volte, e seppur non sia capace di leggerle nel pensiero, è quasi del tutto sicuro di sapere già cosa stia pensando. Un angolo delle sue labbra si piega in un mezzo sorriso: divertimento. «Tu..tu..» Annuisce, stringendosi nelle spalle. Sì, tesoro, ero proprio io. Lo sono stato sin dall'inizio. Ti ho scopata sapendo di essere io e sapendo chi eri tu. Sembra volerle dire in quel silenzio, ornato soltanto da quel sorriso ambiguo e quello sguardo che sembra non volerla lasciar andare. «Tu non sei normale. Ma che problemi hai? Qual è il tuo cazzo di problema? Continui ancora con questi giochetti che torturano le persone.» Lei fa un ulteriore passo verso di lui, e Lux la nota, adesso: rabbia. Le rimonta dentro, le irrora ogni tessuto, si insinua in ogni sua cellula umana. Ed eccola, la sua Maze. Eccola la torturatrice, la sua furia, la sua Eris. Gli sembra di rivederla ogni secondo che passa, ogni scintilla d'odio puro che vede zampillare nel suo sguardo cangiante. «Quanto ti sei divertito, mh? Quanto è stato divertente raccontarmi di come ti facevi tremila altre persone, alle mie spalle? Ero bella mentre piangevo per te, eh? Ero bella mentre mi disperavo per un uomo di merda? Per l'amor del cielo, me l'hai confessato, negandomi la verità.» Fa male. Quell'odio fa male. Non sa come sia possibile, non sa perchè sia possibile. E proprio perchè non lo sa e sicuramente non vuole saperlo, ignora quella sensazione. Ignora quel fastidio all'altezza del petto, e si stringe nelle spalle, l'ennesima risata malsana a scuoterlo dall'interno, a celare quell'esitazione di fondo. Sì, ha fatto tutto ciò che lei dice. E lo ha fatto sapendo di starlo facendo. L'ha fatto sapendolo e la cosa peggiore, è che il pentimento per averlo fatto, l'ha abbandonato ben presto. Ci sono stati dei giorni in cui ci ha pensato, ci sono stati dei giorni in cui ha ritenuto giusto confessarle ogni cosa il prima possibile, ma è bastato niente, è bastata una piccola scintilla, per far sfociare quell'emozione nuova nel nulla più totale. Sono bastati dei gemiti non rivolti a lui e un rifiuto in piena regola per farlo tornare ad essere il solito, mostruoso manipolare. Il solito uomo di merda di cui Mazikeen sta parlando. Quindi, impassibile come pochi, incassa quelle parole senza alcuna reazione particolare. «Mi hai tolto anche la possibilità di dirti di no, di cacciarti via, di sottrarmi alle tue luride mani. E' una cosa ripugnante, persino per te. E' stato divertente entrarmi dentro, lasciandomi passare per una scema? E' stato bello prenderti gioco ancora una volta di me? Hai abusato di me, cazzo.» Lei trema, mentre Lucien piega la testa di lato, le sopracciglia inarcate. Si può abusare di qualcosa che si considera comunque una proprietà personale? Nella sua mente contorta, probabilmente no. La vede stringere le dita contro la mazza, e scuote la testa. « Non sprecare le forze, non mi faccio nient- » L'impatto con la mazza da baseball lo colpisce in pieno petto, sul costato. Il legno scricchiola contro il suo corpo di marmo, e Lucien sospira, teatralmente. « Visto? » Si poggia una mano laddove lei l'ha colpito, per istinto. Non si è mosso di un solo passo dinnanzi a quel colpo, eppure..Un leggero fastidio lo porta ad esitare per qualche attimo, giusto una frazione di secondo. « E poi hey, non danneggiarmelo. Mi piace questo corpo, non puoi trattarmelo così. Non si fa. » Scuote la testa contrariato, l'espressione tremendamente seria. « E' carino, vero? » Squittisce poi, abbandonando con una velocità mostruosa la serietà di poco prima e ridacchiando invece come un ragazzino. « Dai, che è piaciuto tanto anche a te. » Ridacchia, allo stesso modo di quando si fa una battuta e si ride da soli della propria incredibile simpatia. Ma Maze non sembra del suo stesso avviso, e allora sbuffa, come un bambino capriccioso. « L'umanità ti rende noiosa. » Borbotta, offeso, incrociando le braccia al petto. Di nuovo la guarda, perdendosi in quegli occhi ormai neri come le tenebre che li sovrastano. E' arrabbiata, Maze, terribilmente arrabbiata. Pronta a picchiarlo ancora, ancora ed ancora. Ti senti tradita, presa in giro, ingannata, eh? Occhio per occhio, dente per dente. «Non solo mi hai stuprata fisicamente, ma hai violato ogni parte del mio corpo, ripetutamente. Ogni mia cellula, come più aggradava e compiaceva il tuo ego divino. Tu chi cazzo sei? Mai prima d'ora mi hai dato così tanto il voltastomaco, Lucien. Mi senti? Mi fai schifo.»
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    Ed è allora che qualcosa scatta. Una scintilla in quel suo sguardo vacuo, un brivido in quel suo corpo morto. Alza un braccio, e per qualche istante sembra intenzionato a colpirla. Ma stringe la mano in un pugno poi, portandosela alla bocca. « No, Mazikeen, tu mi fai schifo. » Sibila allora, dopo qualche istante di completo silenzio. Torna a guardarla, l'espressione tremendamente seria. Muove un passo avanti, e poi un altro e poi un altro ancora, costringendola così ad indietreggiare. « Guardati. Sei tremendamente e vergognosamente umana. » Le sfiora il collo con un dito, lasciandovi un segno rosso. « Diavolo, potrei spezzarti come niente. Lo vedi a cosa ti sei ridotta? Lo vedi quanto cazzo sei potuta cadere in basso? Siamo sempre stati dei, Maze, siamo fottuti dei. E tu hai deciso di diventare...Questo. Di diventare semplice e insulsa..Carne. Eri una regina, eri la mia regina ed ora stai quì, in un castello del cazzo a combattere delle trappole del cazzo e rischiare la vita come degli umani del cazzo. Non è giusto, lo capisci? Tu sei..Tu. Non sei neanche paragonabile a loro. » Scuote la testa. « Mi hai abbandonato, e per cosa poi? Per passare dalla loro parte? Non te lo ricordi, cosa ti hanno fatto? Non ti ricordi come ti hanno ridotta? Cosa fai, adesso credi in questo mondo? I tuoi nuovi amichetti ti raccontano tante belle storielle per farti credere che ci tengono a te? No, Maze, non funziona così. Lascia che scoprano cosa sei, lascia che capiscano il tuo vero potenziale e tu comprenda il loro. L'uomo teme ciò che non può combattere, e per tanto ci odiano. Ti odieranno, faranno di tutto per distruggerti. L'hanno già fatto in passato e torneranno a farlo, è solo questione di tempo. » E tu sarai così umana da non poterli costringere alla dannazione eterna per aver anche solo pensato di poterti abbattere. Lux sa, come l'hanno ridotta. Sa a cosa l'hanno condannata per sempre. Gli umani e la loro crudeltà. Sempre troppo..umani, per esser condannati. Affidano ai demoni le loro colpe. Affidano al diavolo le ingiustizie che compiono. Si battono il petto e si cullano in una consapevolezza effimera che le mostruosità che mettono in atto, sono causa di qualcun'altro, quando la cattiveria, la diabolicità, proviene solo e soltanto da loro stessi. L'uomo è infido. L'uomo è brutale. E la cosa peggiore è che è convinto di non esserlo. Ti hanno rilegata alla dannazione eterna e tu continui a tornare da loro. Ti hanno condannata a me e tu, nonostante tutto, sei di nuovo quì. « E sì, hai ragione, mi sono divertito. Mi sono divertito a scoparti senza dirti nulla e a raccontarti tutte quelle cose. La senti questa rabbia? Mh? E' la stessa che ho provato io quando mi hai abbandonato. E' brutto essere ingannati, non è così? » Continua a camminarle incontro, sputandole addosso tutto il suo veleno. Il tono di voce è tagliente, lo sguardo affilato. « E andiamo, ho abusato di te? Mi hai chiamato, Mazikeen, chiami sempre il mio nome. L'hai fatto con quel ragazzo, l'hai fatto col professor Parker. Lo so, l'ho sentito, lo sento sempre. » Pausa. Ti manco. Vero che ti manco? Dimmi che ti manco. Ha bisogno di mancarle. Ha bisogno del suo amore. Ha bisogno di esser chiamato quando lo fa con qualcun'altro. Ha bisogno di esser pensato. Non lo riconosce, non lo riconoscerà per tanto altro tempo ancora, ma ha sempre avuto bisogno di Mazikeen. « Sono l'unico che vorresti davvero portarti a letto tra tutti e io avrei abusato di te? » Ed anche se piuttosto incomprensibile, ben celata da quell'ego divino che lo caratterizza, è paura ciò che si cela dietro quelle sue parole. E' il terrore di essere in procinto di perderla. Il terrore che dietro quel suo sguardo ricolmo di disgusto vi sia qualcosa di concreto. Tu non puoi odiarmi. Non puoi abbandonarmi. E allora le sputa addosso quelle verità per auto convincersi. E' così e basta, non puoi cambiarlo. « Hai smesso di interessarti a me eh? Evidentemente non hai smesso ancora del tutto. Cosa ti racconti? Che non mi ami più? Che non ti importa più niente di me? No. Urla, digrigna i denti, incazzati, picchiami, fai quello che ti pare... » Di nuovo una scintilla scarlatta ad illuminare quel suo sguardo malato. E' allora che la mano sinistra scatta in avanti, e le dita si arpionano al suo viso. Le imprime contro la pelle delle sue guance, avvicinandosi al suo orecchio. « Ma rimani comunque mia. E lo sarai sempre. » La lingua guizza fuori, per leccarle la guancia, dal basso verso l'alto, prima di scostarsi di qualche passo e lasciare che la sua risata malsana esploda e riecheggi per tutti i sotterranei.
     
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    « Uhh cattiva, hai imparato dal migliore noto, eh, piccola? » E' sempre stata quella l'arma vincente di Lux. Il farla innervosire, per avere una sua qualche reazione. Se nel passato però non aveva ottenuto altro che un pentimento sentito, con tanto di capo reclinato, in segno di devozione e fedeltà eterna, non è più quello che ottiene ora. Perché ora Maze lo guarda dritto negli occhi, sprezzante e schifata allo stesso tempo. Non le fa paura. Non le fa paura l'idea che lui possa mettere fine alla sua vita in un semplice gesto, semplicemente stringendo troppo la presa. Non le fa paura quel suo viso deformato dall'ilarità, dal semplice gusto di vederla umiliata, ancora una volta. Non le fanno paura nemmeno le sue parole taglienti, ormai abituata ai loro spigoli dolorosi, ai loro angoli che riescono a recidere la pelle in profondità. Non gli dà quello che vuole, perché il suo bel mondo colorato si sta sgretolando di fronte ai suoi occhi e lei non può essere più felice di così. Lui si aspettava la donna sciocca che l'ha sempre aspettato, che è rimasta indietro sapendo che sarebbe tornato e invece ora ritrova davanti a sé una ragazza che di quella donna ha poco e niente. « A colui che non ti è permesso pronunciare non gliene frega un cazzo, dei tuoi giuramenti. Trova un altro termine di paragone, per spaventarmi, tesoro. Ah, sembri davvero convincente, comunque. Quando finisce questa recita e si torna a casa? » Si passa la lingua sulle labbra e scuote la testa, incredula di fronte a quanto non sia cambiato per nulla. Lo stare in un corpo umano l'ha solo peggiorato, se possibile e ora riesco a vederlo, finalmente. Ora ha aperto gli occhi e vede al di là di tutte quelle nebbie pesanti che le si sono formate davanti per secoli, innalzandolo ad oracolo, distorcendone i contorni, gli atteggiamenti, per trasformarlo in ciò di più bello che ha sempre creduto di avere. Povera sciocca, ancora una volta. «Di che recita parli? Sei venuto qui per questo? Davvero? Notizia flash, caro Lucien: io rimango qui, al di là di quello che puoi pensare o volere tu. Se è per riportarmi a casa che sei venuto, mi dispiace informarti che hai fatto un viaggio a vuoto.» E' tranquilla, lo è davvero, non è sola finzione. Il battito è regolare, il flusso sanguigno scorre senza alcun intoppo, la mente è libera da ogni preoccupazione. Ma Maze fino all'ultimo non capisce, non capisce che quello deve essere il suo canto del cigno. E' un fenomeno che accade anche in medicina, miracolosamente. Pazienti malati terminali, malati da anni, tanto da essere debilitati e senza forze, a poche ore dalla propria morte, si riprendono. Hanno degli ultimi atti vitali, escono dal coma, si ricordano date, ricordano nomi, sorridono e hanno fame, tanto da chiedere un panino dopo magari giorni di completo digiuno e nausea. I parenti li vedono rifiorire, così come rinasce la loro speranza nel cuore. I parenti sono felici, piangono di gioia e li abbracciano, grati che siano tornati in salute. Ma non è altro che un'illusione, un ultimo atto prima di crollare, di lasciar scivolare le armi a terra e dire "Basta, prendimi. Sono pronto." Lei si è sentita bene, fino a quel momento, ha recuperato le forze, le ha riunite per spingerle tutte insieme contro di lui, ma poi anche il suo bel mondo crolla, carta dopo carta. Un vento congelante tira su di loro e loro cadono, lasciandola indifesa di fronte a quel sorriso maligno. Ed è così che trema, vulnerabile e sola in quel senso d'impotenza, in quella sua vergogna, in quel suo ricadere per l'ennesima volta nell'errore che l'ha sempre caratterizzata. Lui. E muore anche un po', dentro. « Non sprecare le forze, non mi faccio nient- » La punta della mazza si frantuma contro di lui e lei inspira forte, nella frustrazione generale che le provoca il non potergli fare. Ma cosa si poteva aspettare da un megalomane come lui, se non lo scegliersi un corpo indistruttibile e resistente a qualsiasi cosa? Fa passo indietro, arrabbiata. « Visto? E poi hey, non danneggiarmelo. Mi piace questo corpo, non puoi trattarmelo così. Non si fa. E' carino, vero? Dai, che è piaciuto tanto anche a te. » Sospira, incredula. Non capisce come sia possibile. Non ancora, non ancora una volta. E invece sì, Maze, devi soffrire, la tua è un'anima dannata. Ancora una volta, vediamo se riesci a sopportare questo dolore, ancora un po'. L'universo la sfida. E' probabile che ci si sia messo di mezzo anche il Padre Eterno per torturare quella povera pecorella smarrita ormai da tempo, che non ha più ritrovato la via di casa. «Hai fatto solo quello che sanno fare tutti, sai che novità. Una scopata vale l'altra.» Sputa fuori, un'istante prima di essere resa partecipe dell'ennesimo siparietto made in Lucien. « No, Mazikeen, tu mi fai schifo. Guardati. Sei tremendamente e vergognosamente umana. » Indietreggia, costretta dal passo di lui a farlo, muove il collo di lato ma non è abbastanza veloce da evitare il suo gesto, così da sentire perfettamente il bruciante fastidio che il suo dito le ha provocato. Ma non si porta la mano al collo, in quell'istinto umano che costringe sempre ad avere il pieno controllo su ciò che capita al proprio corpo. No, non si preoccupa di capire se le ha aperto l'ennesima ferita sul corpo. « Diavolo, potrei spezzarti come niente. Lo vedi a cosa ti sei ridotta? Lo vedi quanto cazzo sei potuta cadere in basso? Siamo sempre stati dei, Maze, siamo fottuti dei. E tu hai deciso di diventare...Questo. Di diventare semplice e insulsa..Carne. Eri una regina, eri la mia regina ed ora stai quì, in un castello del cazzo a combattere delle trappole del cazzo e rischiare la vita come degli umani del cazzo. Non è giusto, lo capisci? Tu sei..Tu. Non sei neanche paragonabile a loro. » Scrolla la testa, lasciando che le due arcate di denti slittano su di loro, in un gesto di stizza. Quelle parole, un tempo, l'avrebbero fatta sentire speciale. L'avrebbero fatta sentire l'unica donna al mondo, l'unica che lui avrebbe mai potuto amare veramente, l'unica che avrebbe conosciuto il suo cuore. Ma ora non è nient'altro che un delirio di onnipotenza quello che arriva alle sue orecchie. E' un discorso fatto e pensato per cercare di richiamare a sé la parte più sensibile e debole di Maze: quella che ancora lo ama. Perché sì, c'è una parte che ancora si ostina a farlo. E' una minima percentuale del totale, ma c'è. Lux però non fa i conti con la parte ormai primaria di lei, quella che si è andata creando da quando gli è lontana, quella che riesce a soffocare tutte le altre, seppure faccia un male cane. « Mi hai abbandonato, e per cosa poi? Per passare dalla loro parte? Non te lo ricordi, cosa ti hanno fatto? Non ti ricordi come ti hanno ridotta? Cosa fai, adesso credi in questo mondo? I tuoi nuovi amichetti ti raccontano tante belle storielle per farti credere che ci tengono a te? No, Maze, non funziona così. Lascia che scoprano cosa sei, lascia che capiscano il tuo vero potenziale e tu comprenda il loro. L'uomo teme ciò che non può combattere, e per tanto ci odiano. Ti odieranno, faranno di tutto per distruggerti. L'hanno già fatto in passato e torneranno a farlo, è solo questione di tempo. » Indietreggia ancora un po', solo per essere certa di stargli abbastanza lontana da non essere toccata, eppure la furia che c'è in lei scaturisce in una risata cristallina, da bambina, quasi stesse giocando con gli amichetti in giardino. «Vogliamo fare un brindisi alla mia incapacità totale di scegliermi gli uomini?» Gli domanda, fermandosi sul posto. «Facciamolo, tira fuori due bicchieri e beviamo alla stupida ragazzina che si è sempre innamorata della persona sbagliata, dai.» Il suo sguardo si indurisce, prima di tornare ad acquistare le sue solite venature azzurre, impreziosite da delle gemme di onice. «Quello che ho avuto di là, con te, non è poi tanto diverso da quello che ho avuto con Tristan, perché no, tranquillo, me lo ricordo bene che cosa mi ha fatto. Mi ha condannato ad una vita con te e non lo perdonerà mai per questo.» Già, Tristan. Il suo meraviglioso principe dall'armatura scintillante. L'uomo che aveva giostrato per la mano di un'altra donna, eppure, alla fine, aveva scelto lei. La rosa blu, la pietra dello scandalo, eppure simbolo di amore per lei. Quella stessa rosa che era appassita ai suoi piedi, sul rogo, e aveva preso fuoco prima di lei, lasciandola lì, a morire da sola nel tormento di quel fuoco che aveva spazzato via ogni cosa. «Non voglio più essere una dea, Lux, io voglio essere mortale. Non voglio più essere la tua regina, io voglio essere la regina della mia vita. Voglio poter scegliere come vivere, con chi vivere. Voglio che la vita mi sorprenda e voglio viverla, fino in fondo, fino a quando non arriverà il giorno della mia morte. Voglio avere questo, la possibilità di avere ogni istante come se fosse l'ultimo perché, cielo, non sai quanto è bello vivere così, con questa frenesia che ti scorre nelle vene.» E' un sorriso quello che appare sulle sue labbra. «Non mi sono mai sentita più potente e immortale di quanto mi sia sentita in questi mesi. Perché a me la morte non fa paura e invece tu ne sei così terrorizzato da aver scelto una custodia che ti farà vivere per sempre una vita orribile, come lo è sempre stata la tua. Riesci quasi a farmi pena perché tu non sei incapace di sentire, qualsiasi cosa. E quello che io ho provato, che provo e proverò, tu non lo sentirai mai. Rimarrai per sempre un guscio vuoto, un guscio che non ha vita, che non ha emozioni, che non ha sentimenti, perché tu non sei nient'altro che questo: un deserto arido Un buco nero che attrae a sé ogni cosa, che trae piacere dal mangiare qualsiasi cosa, ma è un piacere che dura..quanto? Neanche il tempo di digerire e passare oltre. « E sì, hai ragione, mi sono divertito. Mi sono divertito a scoparti senza dirti nulla e a raccontarti tutte quelle cose. La senti questa rabbia? Mh? E' la stessa che ho provato io quando mi hai abbandonato. E' brutto essere ingannati, non è così? » E quando cominci a mangiare, non ti sazi mai, perché il dolore altrui è il tuo godimento e lo ricerchi ovunque, anche dove non dovresti nemmeno azzardarti a cercarlo. Sentirlo pronunciare certe parole la fa ancora più ridere, perché passare all'attacco, sperando di togliere la terra da sotto i suoi piedi è un'altra delle mille mosse da manuale di Lux. La senti questa rabbia? Mh? E' la stessa che ho provato io quando mi hai abbandonato. E' brutto essere ingannati, non è così? «No, non è questa rabbia. Quella che provo io ora non ha niente a che fare con quella che hai provato tu quando ti sei accorto che il tuo pupazzetto più caro aveva smesso di prendere gli ordini. Il tuo cagnolino, il cui guinzaglio tenevi tanto stretto, si è liberato, si è ribellato al grande e potente Dio Non traspare alcuna emozione dal suo volto, seppur la sua voce sia venata di ironia. «Quella che tu hai sentito, la rabbia dell'essere abbandonato, dell'essere ingannato e tradito è quella che io ho sentito per secoli. Alla fine, sono felice che tu sia stato in grado di poterla capire, almeno in parte, spero sia stata un'esperienza interessante ed educativa.» E' ironica? Lo sta deridendo? No, è semplicemente sincera. « E andiamo, ho abusato di te? Mi hai chiamato, Mazikeen, chiami sempre il mio nome. L'hai fatto con quel ragazzo, l'hai fatto col professor Parker. Lo so, l'ho sentito, lo sento sempre. Sono l'unico che vorresti davvero portarti a letto tra tutti e io avrei abusato di te? » Assurdo, è assurdo come sia sempre in grado di sapere e venire a conoscenza di tutto. E seppur un giorno avrebbe abbassato lo sguardo per la vergogna di essere stata scoperta come una bambina che si mangia un pezzo di torta prima di cena, ora sostiene lo sguardo di lui, mentre tiene a bada la rabbia, per cercare di rimanere più lucida possibile, grazie anche all'aiuto di Trixie. « Hai smesso di interessarti a me eh? Evidentemente non hai smesso ancora del tutto. Cosa ti racconti? Che non mi ami più? Che non ti importa più niente di me? No. Urla, digrigna i denti, incazzati, picchiami, fai quello che ti pare... » Non è abbastanza veloce, non ha i suoi stessi riflessi e la mano stringe troppo forte per sottrarsi alla sua presa sulla guancia. Presa così alla sprovvista, la mano lascia scivolare a terra la mazza, che rimbalza per qualche istante, lasciando riecheggiare per tutti i sotterranei un rumore secco. Prova a divincolarsi, sgranando gli occhi per la sorpresa, ma alla fine si arrende. « Ma rimani comunque mia. E lo sarai sempre. » Arriccia il naso e i lineamenti del viso nel sentire la sua lingua sul proprio viso. E ancora una volta la rabbia monta dentro di lei, tanto da essere abbastanza fulminea da voltare il capo, dopo essere stata lasciata libera e sputargli in pieno volto. Un gesto che è intriso di sdegno, di schifo, di puro e semplice disprezzo. Perché fino a quel momento, Maze non ha preso coscienza di quanto sia l'odio irrazionale che è latente in lei. Ma è tanto, davvero tanto, fin troppo da
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    riuscire ad essere contenuto in un corpo umano. Così lui si allontana, ma lei lo segue, la mano che scivola lungo il proprio corpo, fino a fermarsi sopra la tasca. «E' divertente.» Se ne esce. «Prima questa tua mania di controllo la trovavo appagante, risanava le mie ferite il sentirti dire che io ero tua. Il tuo volermi sotto il tuo controllo mi faceva sentire speciale, amata, protetta Gli si avvicina di qualche altro passo, senza mai farlo troppo. «Ma ora, ora non riesco a far altro che ridere di fronte a tutto ciò. Sei così fatiscente. Sei così divino, eppure così mortale e la cosa più bella è che nemmeno ti accorgi di quanto tu sia ridicolo nel tuo continuare a pensare di essere l'unico e l'invincibile. Credi di essere il padrone di tutti, continui a pensare di poter avere delle pretese su di me, di possedermi, eppure hai visto com'è stato facile per me sfuggirti, scappare e non voltarmi mai più indietro.» Sorride, mordendosi il labbro inferiore, divertita. Ferire il suo orgoglio, è ciò che ha sempre sperato di poter fare, in vita sua. «Sei dovuto venirmi a cercare. Sei caduto così in basso da essere venuto sulla Terra perché avevi bisogno di avermi indietro. Sei sicuro che io sia tua e non il contrario? Chi è di chi, Lucien, a conti fatti?» Inclina la testa di lato, estraendo poi la bacchetta lentamente dall'interno dei jeans. Se la passa tra le dita, con fare sadico, saggiandone la qualità, per poi puntargliela contro. «Imperio!» Sbatte le ciglia, angelicamente, mentre lui è costretto a piegarsi alla sua volontà. «Sono una regina, Lux? Non è così? Allora dimostrami il tuo rispetto e inginocchiati di fronte alla tua regina.» E' talmente mutevole il suo umore. Dalla paura, alla rabbia, alla calma prima della tempesta, fino al perfido divertimento. Prende a girargli intorno, lentamente. «Ridi, Lucien, ridi dell'unica persona che ti abbia mai veramente amato in vita tua e che tu hai marchiato col fuoco dell'Inferno, tanto da costringerla a chiamarti ancora, anche quando non ci sei.» Socchiude gli occhi, quasi cullandosi nel sapore amaro che quelle parole portano con sé. «Per secoli sono rimasta lì, al tuo fianco. La tua più fedele alleata, il tuo soldato. Per secoli sono rimasta lì, in attesa che tu aprissi gli occhi e che mi vedessi, veramente.» Scrolla la testa e ride, di fronte a quella sua confessione a cuore aperto.«Sono sempre stata io, Lucien. Non quelle che ti sei fatto alle mie spalle, non tutte le schiere di demoni che hai sempre avuto ai tuoi piedi. Io, sono sempre e solo stata io.» Lo guarda, mentre gli si ferma davanti e fa qualche passo verso di lui, fin quando le scarpe non arrivano a toccargli le ginocchia appoggiate a terra. «Ti ho amato al di là di tutto, passando sopra tutto e a te non è importato mai niente. Ma in fondo ero solo la donna che era troppo bella quando piangeva per te.» Arriccia il naso, come fa soltanto quando è davvero divertita, stringendosi appena un po' nelle spalle. La bacchetta scivola nuovamente al suo posto, nella tasca posteriore dei jeans, e le mani corrono lungo il suo viso, intrappolandolo in quella che è a tutti gli effetti un'attenzione delicata. Ci mette tutta la dolcezza nel mondo, mentre gli carezza le guance. «Ridi, ridi della donna stupida che sono stata. Ti prego, fallo anche per me. Ridi di quanto sia stata sciocca ad innamorarmi ancora una volta dell'uomo sbagliato, di come mi sia condannata una seconda volta all'infelicità.» L'occhio si lucida appena, mentre si passa la lingua sopra i denti e avvicina il suo viso a quello di lui. Lo guarda, da vicino, lo scruta e quel viso ora riesco ad associarlo a lui, finalmente. «Ma ora voglio che mi ascolti attentamente. Ti ordino di farlo, di aprire le orecchie e ascoltare ogni mia parola.» Le unghie si conficcano nella sua carne gelida. «Io non ti amo più, ed è tutto vero. E' il tuo peggiore incubo, perché persa me, non hai nessun'altro.» Sorride furba. «Persa me, non ti resta altro che la tua ignobile vita ed è questo il regalo più grande che la mia mortalità può donarti: il rimanere completamente da solo, come ti meriti di essere.» Annuisce, respirando un po' di quel suo profumo. Si lascia andare ancora un po' a quella dolcezza sadica che le scorre nelle vene, spingendosi oltre abbastanza da strofinare il suo naso contro quello di lui, in un gesto che adorava fare un tempo. «Ora, se non ti dispiace, ti invito a prendere sul serio le mie parole per la prima volta in vita tua perché non sono più la tua bambola e ti assicuro che non vuoi conoscere com'è la Mazikeen senza l'influsso di Lucien. Non ti conviene.» Gli sussurra sul volto, guardando prima le sue labbra, poi i suoi occhi bicolore. «Ma giusto per dartene un assaggio che ti sia d'aiuto..» Lo sente, il fuoco, scorrerle sotto la pelle, andando ad irradiarsi sulla punta delle dita, così da entrare in comunione con il gelo di lui. «Fuoco contro ghiaccio, Lux. Chi credi avrebbe la meglio, alla lunga?» La fila di denti superiore brilla nell'ombra. «Io ti consiglio di rimanere al tuo posto. Lontano dai miei amici, lontano dal mio mondo e lontano da me.» Una piccola pausa. «Perché, ricordatelo Lux, qui tu non sei proprio un cazzo. Sei soltanto uno qualunque.»

    Do not try me, devil, devil
    Cannot buy me, devil, devil
    You won't make a fool of me, oh no
    What makes you so special special
    To think I would ever settle
    For that devious dance between you and me, devil, devil


     
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    E così ha inizio. La guerra, una delle cose per le quali vale la pena vivere in questo mondo di merda. Il caos, la disperazione, la violenza, l'odio. Sensazioni vivide, sensazioni reali, che vale la pena provare. Quel corpo, di guerre, ne ha combattute tante. Vlad di battaglie ne ha viste così tante. Ha scelto delle fazioni, ha appoggiato degli schieramenti per condannarne altri, ha deciso le sorti di questa o quella ribellione. Pronto, astuto, brutale e feroce, accompagnato da quel suo demone personale, lo stesso che gli aveva donato tutto quel potere. Assieme, in maniera più o meno attiva, di guerre ne hanno viste troppe. Sanno bene come nascono e come finiscono. Ne comprendono i segnali, ne assaporano l'agrodolce sapore ancor prima che tutto possa iniziare. E sta per iniziare. La guerra personale di Mazikeen contro Lucien. Lo sa, lo presagisce, ne è sicuro. Quali armi userai, questa volta, Lux? Quali strategie? Quali trucchi? «Vogliamo fare un brindisi alla mia incapacità totale di scegliermi gli uomini? Facciamolo, tira fuori due bicchieri e beviamo alla stupida ragazzina che si è sempre innamorata della persona sbagliata, dai. Quello che ho avuto di là, con te, non è poi tanto diverso da quello che ho avuto con Tristan, perché no, tranquillo, me lo ricordo bene che cosa mi ha fatto. Mi ha condannato ad una vita con te e non lo perdonerò mai per questo.» Tristan. Se lo ricorda bene. L'ha osservato per molto tempo, Lux. Ha sperato di accaparrarsi la sua anima, una volta trapassato, ma non c'è riuscito. Ha sperato di condannarlo alle peggiori pene dell'Inferno. Infliggergliene di personali, condannandolo ad un'eternità atroce. Tristan, per Lux, ha sempre rappresentato tutto ciò che di umano ha sempre odiato. La capacità di compiere le peggiori atrocità, in nome di un Dio che, degli uomini, se ne è sempre altamente fottuto. Perchè lo odi così tanto? Gli avevano chiesto, un tempo. Odiare per lui era facile, dopotutto. Era stato progettato per questo, era stato indirizzato a farlo, probabilmente per sempre. Eppure con quell'uomo..Era diverso. Lo odiava, diavolo lo odiava così tanto. L'avrebbe annientato con le sue stesse mani, se solo avesse potuto. L'avrebbe scuoiato vivo ogni giorno, per l'eternità, in un mantra infinito. E' per lei? La sua risposta, era sempre stata negativa al riguardo. Ma la verità, una verità nascosta tanto quanto i più grandi segreti di questo e l'altro mondo, è che sì, lo odiava per lei. A Lux amare non era concesso. Non aveva un cuore, gli era stato strappato via, così come la possibilità di provare qualsiasi sentimento puro. E quindi no, non poteva amare. Ma poteva odiare. Odiare per amare. Un discorso contorto, ma altamente logico, se ci ragioniamo sopra qualche momento. Quell'uomo aveva costretto un'anima innocente com'era Mazikeen alla peggiore condanna mai esistita: lui. Certo, glielo doveva, in fondo. Senza Tristan ed il suo cieco quanto crudele perbenismo, lui non si sarebbe accaparrato quella creatura che, sengreeza ombra di dubbio, non gli sarebbe mai spettata altrimenti. Eppure continuava a condannarlo. Perchè non era giusto. Ogni cosa aveva un suo equilibrio, lì nelle Logge. Quell'anima non gli spettava. Quell'anima avrebbe dovuto approdare in tutt'altre sponde, e non in quelle dello Stige, Inferno, Loggia Nera, Tartaro o come si vuol chiamare. E invece Tristan, il bel principe dall'armatura scintillante, perfetto nella sua umanità e orgoglioso dei suoi sentimenti -che a lui invece, erano stati negati- l'aveva ingannata e annientata. E questo era un qualcosa di schifosamente crudele, persino per uno come lui. Quindi, difficile da credere ma sì, Lux odiava quel bastardo per Mazikeen. Per la sua Mazikeen. Per ciò che le aveva fatto e per come l'aveva condannata. Ci tieni a lei, eh? Il problema principale, è che non l'avrebbe mai ammesso. E non c'è cosa peggiore di un'auto convinzione prettamente errata. « Non osare paragonarmi a lui. » Eppure c'è rabbia nel suo tono di voce. C'è un risentimento intrinseco, un'ira cieca in quelle parole sibilate con un ringhio sommesso. Sicuro di non esserlo diventato davvero, Lucien? «Non voglio più essere una dea, Lux, io voglio essere mortale. Non voglio più essere la tua regina, io voglio essere la regina della mia vita. Voglio poter scegliere come vivere, con chi vivere. Voglio che la vita mi sorprenda e voglio viverla, fino in fondo, fino a quando non arriverà il giorno della mia morte. Voglio avere questo, la possibilità di avere ogni istante come se fosse l'ultimo perché, cielo, non sai quanto è bello vivere così, con questa frenesia che ti scorre nelle vene. Non mi sono mai sentita più potente e immortale di quanto mi sia sentita in questi mesi. Perché a me la morte non fa paura e invece tu ne sei così terrorizzato da aver scelto una custodia che ti farà vivere per sempre una vita orribile, come lo è sempre stata la tua. Riesci quasi a farmi pena perché tu non sei incapace di sentire, qualsiasi cosa. E quello che io ho provato, che provo e proverò, tu non lo sentirai mai. Rimarrai per sempre un guscio vuoto, un guscio che non ha vita, che non ha emozioni, che non ha sentimenti, perché tu non sei nient'altro che questo: un deserto arido.» Si morde l'interno della bocca, rimanendo in silenzio. Per secoli, la sua incapacità di provare emozioni è sempre stato il suo punto di forza. Quando non senti nulla, non puoi soffrire. E quando non puoi soffrire, sei invincibile. C'è sempre stato un fattore di fondo, tuttavia. Una realtà sapientemente ignorata, ma pulsante e vivida. A Lucien è sempre stato impedito di sentire, per la sua natura, ma ciò non è detto che non abbia mai voluto farlo. E' a questo che mi avete condannato, non è così? E' questo che mi merito, essere un fottuto guscio vuoto. Quindi sì, quelle parole lo feriscono. Lo feriscono in un angolo recondito di quella coscienza dilaniata, ma è pur sempre una ferita. Ma sapete qual'è il problema? Il problema è che quando conduci una vita mostruosa, da secoli e secoli ed ancora secoli, non puoi di punto in bianco cambiare idea. Quando ti convinci di essere un mostro perchè è da mostro che tutti ti trattano, lo diventi sul serio. L'unica che non l'ha mai trattato come tale, è sempre stata lei. Fino ad ora. Ma ora è diverso, ora lei lo sta tradendo, ora lei lo sta rinnegando come chiunque altro. E allora l'esitazione sfuma, si nasconde, quella minuscola percentuale umana lascia spazio al demoniaco e Lucien ride di quelle parole. E rieccoci, punto ed a capo. « Wow. Mi domando cosa diavolo abbia questa fottutissima umanità da rendervi sempre tutti così interessati. » Scuote la testa, deluso. « Vuoi essere la regina della tua vita quando questa vita non ti appartiene. Lo capisci, questo? Ci hai mai pensato? Hai rubato il corpo e l'esistenza di una povera disgraziata, Maze. La tua vita è la sua vita. I tuoi amici sono i suoi amici. La tua famiglia è la sua famiglia. Tutto ciò che di nuovo vedi, provi, senti, appartiene a lei. E tu le stai concedendo di farlo. Stai concedendo ad un'umana di contaminarti. E' ancora lì da qualche parte, vero? Ti domandi mai chi sei tu e chi è lei? Ti domandi mai cosa penserebbe questo mondo se scoprisse che dietro la bella Greengrass, si nasconde tutt'altro? Tutto crollerebbe. La tua nuova fantastica esistenza umana ti si ritorcerebbe contro. » Schiocca la lingua al palato, stringendosi nelle spalle. «No, non è questa rabbia. Quella che provo io ora non ha niente a che fare con quella che hai provato tu quando ti sei accorto che il tuo pupazzetto più caro aveva smesso di prendere gli ordini. Il tuo cagnolino, il cui guinzaglio tenevi tanto stretto, si è liberato, si è ribellato al grande e potente Dio. Quella che tu hai sentito, la rabbia dell'essere abbandonato, dell'essere ingannato e tradito è quella che io ho sentito per secoli. Alla fine, sono felice che tu sia stato in grado di poterla capire, almeno in parte, spero sia stata un'esperienza interessante ed educativa. » Stringe i pugni e serra la mascella, distogliendo lo sguardo. L'ha provata sul serio, quella rabbia, Lux. L'ha provato sul serio quel fastidio. Giunto sulla terra, tutto si è amplificato. Gelosia, impotenza, senso di abbandono. Non puoi comprendere appieno quanto un'emozione possa far male se non l'hai mai provata prima. Se non ti è mai stato possibile identificarla. Ma adesso...Era di questo che si trattava? Era rabbia ciò che l'ha portato a fottersene dell'assassinio di Kingsley ad Halloween o a sventrare quella povera ragazzetta a Natale? E specialmente, è così che Maze si è sempre sentita? Si tortura l'interno della bocca coi denti, mentre un marasma incomprensibile di pensieri lo assale da dentro. Ed eccolo che ritorna: il senso di colpa. La compassione. L'umano si mescola al demoniaco e lui non sa come contrastarlo. La rivede a piangere per lui, di notte, in un letto per metà vuoto e sente quello che prova. E fa male, diavolo se fa male. Lo logora dall'interno, gli dilania il petto, squarta tutto ciò che di lui esiste, pezzo per pezzo. No. Smettila. Rialza gli occhi, ed un angolo delle sue labbra si piega in un sorriso. « Oh certo, tesoro, è stato un sacco educativo. E' per questo che da quando sono sulla terra, sto scopando quasi di più di quanto facevo a casa. Trovo che gli umani siano ancora più eccitanti dei demoni, sai? Posso rigettargli addosso tutto il mio odio, mentre me li porto a letto. Posso scoparmi le ragazzine a sangue, costringendole a pregarmi, come è giusto che facciano. Posso sentirmi onnipotente anche mentre scopo, la qual cosa è davvero ineguagliabile. A Natale ad esempio l'ho fatto, e diavolo, è stato fantastico. » Si passa la lingua sulle labbra per poi mordersi quello inferiore, mentre un sospiro ambiguo accompagna le sue parole, a suggellare la provocazione di fondo dietro tutte quelle parole. Non glielo rivela, Lux, che da quando è sula terra si sente terribilmente vuoto. Non glielo rivela che ogni volta che si insinua tra le gambe di chissà chi, non riesce a provare tutto quel piacere di cui le sta parlando. Non glielo rivela che la pensa tutte quelle dannatissime volte. « Quindi sì, Maze, questa esperienza è stata davvero educativa. Visto quanto sono cambiato? » Un sorriso sadico gli dipinge il volto scarno, mentre si stringe nelle spalle. E' un ordine naturale, quello. E' equità. Tu ferisci me, io ferisco te.

    Si dimena sotto la sua presa, e non appena la lascia andare, gli sputa in pieno viso. Rimane immobile, Lucien, chiudendo gli occhi di fronte a quel gesto d'odio puro. Passa qualche istante, prima di poggiarsi la mano sul viso, per asciugarsi. Scuote la testa allora, e di nuovo ride. « Sei combattiva, mi piacciono i tipini combattivi. » Sibila, strofinando la mano contro la stoffa della giacca. « Ma non farmi incazzare, troppo. Lo sai che non ti conviene, ora più che mai. » Indietreggia di qualche passo, ma lei lo segue. Avanza verso di lui, di un passo, di un altro e di un altro ancora. «E' divertente. Prima questa tua mania di controllo la trovavo appagante, risanava le mie ferite il sentirti dire che io ero tua. Il tuo volermi sotto il tuo controllo mi faceva sentire speciale, amata, protetta. Ma ora, ora non riesco a far altro che ridere di fronte a tutto ciò. Sei così fatiscente. Sei così divino, eppure così mortale e la cosa più bella è che nemmeno ti accorgi di quanto tu sia ridicolo nel tuo continuare a pensare di essere l'unico e l'invincibile. Credi di essere il padrone di tutti, continui a pensare di poter avere delle pretese su di me, di possedermi, eppure hai visto com'è stato facile per me sfuggirti, scappare e non voltarmi mai più indietro. Sei dovuto venirmi a cercare. Sei caduto così in basso da essere venuto sulla Terra perché avevi bisogno di avermi indietro. Sei sicuro che io sia tua e non il contrario? Chi è di chi, Lucien, a conti fatti?» Serra la mascella e stringe i pugni, mentre scuote la testa, visibilmente innervosito. Lo sta colpendo in ogni modo. Nel suo orgoglio divino, principalmente, forse una delle cose che ha sempre vantato più di tutte. Prendete un uomo, colpitegli ciò che ha di più caro, e vi ritroverete dinnanzi ad una bestia ferita. E cosa fanno, le bestie ferite? Ringhiano di fronte alle minacce. Cercano di sembrare il più minacciose possibile, per non esser ferite ulteriormente. « Non puoi parlarmi così. » Ringhia allora, in quella voce che rimbomba ormai attraverso tutte le pareti. E' forte, è metallica, è disumana. Così come è disumano il suo viso, al momento. Dura per qualche secondo, in una mutazione irregolare. Gli occhi assumono entrambi un colore azzurro vivido, la pelle si colora appena, tralasciando quel pallore che lo caratterizza, i capelli neri lasciano spazio a dei riccioli dello stesso colore del grano. « Tu non devi parlarmi così! » Ruggisce il demone, e per qualche attimo sembra prossimo ad attaccarla, a scagliarsi contro di lei in tutta la sua terribile forza, ma Maze è più veloce stavolta. Scacco matto al Re. «Imperio!» Un lampo verde lo colpisce in pieno, e Lucien sobbalza, mentre tutto torna come prima. Gli occhi di nuovo bicolore si piantano sul viso di lei, in uno sguardo tagliente, fulminante, mentre il suo corpo non reagisce ai suoi comandi e lo costringe ad inginocchiarsi a terra. Più prova ad opporre resistenza, ringhiando come un animale in gabbia, più si china, tanto da abbassare addirittura il capo. «Sono una regina, Lux? Non è così? Allora dimostrami il tuo rispetto e inginocchiati di fronte alla tua regina.» Lo rialza, osservandola mentre gli gira attorno. Si ribella, si dimena, tenta con tutte le sue forze di rialzarsi, ma è inutile. E' come se fosse schiacciato da un peso che pur con tutta la sua forza di vampiro non riesce a contrastare. Ma ciò nonostante continua e continua ancora, e più continua più non riesce, e più non riesce più la rabbia del suo orgoglio umiliato gli esplode dentro. «Ridi, Lucien, ridi dell'unica persona che ti abbia mai veramente amato in vita tua e che tu hai marchiato col fuoco dell'Inferno, tanto da costringerla a chiamarti ancora, anche quando non ci sei.» Non le stacca gli occhi di dosso, mentre tenta ancora inutilmente di ribellarsi a quel sigillo. Infine si blocca, calando il capo e chiudendo gli occhi. E ride, lo fa sul serio. Ride, ride e ancora ride. « Oh Maze tesoro, quanto stai sbagliando. » Sibila « Quando l'incantesimo si spezzerà, ti conviene scappare. » Non la guarda ma continua a ridere, sguaiatamente, poggiando la fronte per terra, sul pavimento gelido. « Per secoli sono rimasta lì, al tuo fianco. La tua più fedele alleata, il tuo soldato. Per secoli sono rimasta lì, in attesa che tu aprissi gli occhi e che mi vedessi, veramente. Sono sempre stata io, Lucien. Non quelle che ti sei fatto alle mie spalle, non tutte le schiere di demoni che hai sempre avuto ai tuoi piedi. Io, sono sempre e solo stata io. Ti ho amato al di là di tutto, passando sopra tutto e a te non è importato mai niente. Ma in fondo ero solo la donna che era troppo bella quando piangeva per te.» La percepisce avvicinarsi, e allora rialza il busto, sollevando il capo per guardarla. E' divertita. Arriccia il naso, si stringe nelle spalle, sorride come una bambina alle prese con un nuovo giocattolo. Sta giocando con lui. Sta giocando col suo orgoglio, con la sua reputazione, con tutto ciò che lo riguarda. Gli sta dichiarando guerra apertamente. Con quei suoi gesti, con quelle sue parole. Non può che ammirarla, Lucien. Per quanto vorrebbe alzarsi, per quanto vorrebbe vendicarsi di quel grave affronto, non può che ammirare cosa è diventata. Come l'ha resa. L'allieva supera il maestro. «Ridi, ridi della donna stupida che sono stata. Ti prego, fallo anche per me. Ridi di quanto sia stata sciocca ad innamorarmi ancora una volta dell'uomo sbagliato, di come mi sia condannata una seconda volta all'infelicità.» Si abbassa quel tanto che le basta per raggiungerlo, e le sue dita calde gli imprigionano il viso. Fa per scostarsi da quella presa, Lucien, piegando la testa di lato, ma il fatto che non riesca a muoversi più di tanto, gli impedisce di sfuggirle del tutto. E allora rimane immobile, mentre lei gli si avvicina ulteriormente. Scruta in quel suo sguardo cangiante, assottigliando il proprio. Vendetta. La dea Eris si sta vendicando su di lui. E allora è eccitazione ciò che annebbia i suoi sensi per qualche momento. L'ira lascia spazio alla più incontrollabile e sadica eccitazione. Ti va di giocare eh Mazey? Si passa la lingua sulle labbra, ed è allora che sente le sue unghie conficcarsi nella carne gelida. Le sente davvero, non gli recano chissà quanto dolore, ma lo infastidiscono tanto da farlo sussultare appena. Come diavolo è possibile? «Ma ora voglio che mi ascolti attentamente. Ti ordino di farlo, di aprire le orecchie e ascoltare ogni mia parola. Io non ti amo più, ed è tutto vero. E' il tuo peggiore incubo, perché persa me, non hai nessun'altro. Persa me, non ti resta altro che la tua ignobile vita ed è questo il regalo più grande che la mia mortalità può donarti: il rimanere completamente da solo, come ti meriti di essere. » Poi quelle parole arrivano. Sopraggiungono, senza neanche accorgersene. Io non ti amo più, ed è tutto vero. Cosa succede quando le più importanti fondamenta di una struttura traballano? Tutto crolla. Ed è così che si sente in quel momento, Lucien, si sta sgretolando. La osserva, lo sguardo sbarrato. Dentro di sè: il più completo caos. Mazikeen non lo ama più. A Maze, la sua Maze, non frega più niente di lui. Colei che per secoli gli è rimasta affianco, è andata. Colei che ha sempre contrastato il suo odio col proprio amore, non lo vuole più. E allora? Tu non hai bisogno di lei. Sente la propria voce rimbombargli dentro. Tenta di risvegliarlo da quel totale cortocircuito in cui è imploso. Ma non ci riesce, non al momento. Il mondo sembra perdere i propri contorni, mentre qualcosa gli cresce dentro. Qualcosa di incontrollato e sconosciuto. Disperazione. Irrora ogni suo tessuto e lo rende vulnerabile. Si insinua in ogni sua cellula e lo rende umano. E da umano...Soffre. Non sa quanto durerà, non sa se è solo un'illusione, ma soffre davvero. Ti accorgi di quanto tu possa tenere a qualcosa solo e soltanto nel momento in cui la perdi. Ci tieni a lei? Voci su voci si insinuano nella sua mente. Ricordi, flashback, sensazioni sconosciute. Lo colpiscono da ogni lato, e lui si ritrova a chiudere gli occhi e mordersi il labbro inferiore a sangue, mentre scuote la testa. Basta, BASTA. Lei continua a parlare, ma Lucien non sente una parola di ciò che dice. Si lascia toccare dalle sue mani sul suo viso, si lascia cullare da quelle attenzioni di estrema quanto sadica dolcezza che lei gli sta donando. La sente strofinargli il proprio naso contro il proprio, come faceva spesso un tempo, la sente avvicinarsi alle sue labbra e sente il bisogno di spingersi in avanti per accoglierle, ma gli è impossibile. Lo sguardo di lei è fisso nel suo, ma Lux continua ad essere completamente assente. Riprenditi. Che cazzo ti succede? Non sa chi sia a parlare. Non riconosce nemmeno se si tratta della sua coscienza o quella di Vlad. Ma quella voce continua ad urlare dentro la sua mente, e lui continua a non ascoltarla. Già, che cazzo mi succede? Infine lo sente, il dolore. Un dolore fisico, reale e concreto, che lo conduce a sobbalzare, gemendo. Svegliati! Svegliati! Spalanca gli occhi, tentando di scostarsi dalla presa rovente di lei. Fuoco. Non dovrebbe fargli paura, non dovrebbe danneggiarlo. Eppure la percepisce, quella paura di fondo. Ed è proprio la paura a risvegliarlo. «Fuoco contro ghiaccio, Lux. Chi credi avrebbe la meglio, alla lunga? Io ti consiglio di rimanere al tuo posto. Lontano dai miei amici, lontano dal mio mondo e lontano da me.» Torna a sentirla, mentre il mondo riacquista pian piano i suoi contorni, e lui dal canto suo la propria lucidità. La pelle brucia sotto i polpastrelli di lei, ed è un fastidio lancinante. «Perché, ricordatelo Lux, qui tu non sei proprio un cazzo. Sei soltanto uno qualunque.» L'ennesimo attacco in quella guerra che sembra avere un'unica vincitrice, sino ad ora. L'ennesimo attacco al suo orgoglio. Scuote la testa, lentamente. Schiude le labbra e fa per dire qualcosa, ma non riesce. Si limita a sbilanciarsi in avanti, lasciandosi andare. Le braccia sono ancora costrette dietro la schiena ed è incapace di muoversi ulteriormente, quindi scivola, poggiando infine la fronte contro il suo petto. « Tu non puoi lasciarmi. » Questa volta, non v'è nulla di perentorio nel suo tono di voce. E' anzi simile ad un lamento, una supplica. « Tu non puoi smettere di amarmi. Non puoi, non puoi, non puoi... »

    I want your love
    And I want your revenge
    I want your love
    I don't wanna be friends

    PzAVNl2
    Continua in quella lamentela, mentre il suo corpo trema appena. Il tono di voce è sfinito, ogni cosa in lui sembra stranamente..vulnerabile. E' umano. Si sente umano per la prima volta da quando è giunto sulla Terra. E fa male. Scivola sempre di più, sino a poggiarsi al suo grembo. Sono gesti tremendamente bisognosi quelli, dotati di una dolcezza a dir poco disarmante. E' alla stregua di un bambino in cerca dell'amore di una madre. O un marito dell'amore di una moglie. « Voglio il tuo amore. Ho bisogno del tuo amore. Tu sei nata per amarmi, non puoi smettere di farlo. » Mormora, mentre il suo corpo inizia pian piano a rispondere ai suoi impulsi. « Non voglio che smetti. Non puoi tradirmi. Non puoi lasciarmi solo anche tu. Odio essere solo. Odio non avere nessuno che mi venera come facevi tu. » Le braccia si liberano, e vanno a stringersi al suo busto. La stringe a sè, in un vero e proprio abbraccio. « Quindi no, non puoi. Hai capito? Non puoi. Non puoi. NON PUOI. » La stretta contro la sua schiena si fa più forte, opprimente, ed il tono di voce remissivo si tramuta in altro. Ossessione. Depravazione. Psicopatia. Alza il capo allora, e la guarda. E mentre la guarda, qualcosa scatta. Avviene in pochi istanti, tutti quelli che gli bastano per trascinarla con sè in quella smaterializzazione. Oltrepassa il castello, oltrepassa i muri in quel mare d'ombra, fino a quando non giunge lì. Torre Corvonero. Uno dei terrazzi. Proprio sul bordo. La tiene stretta, le dita della mano sinistra arpionate al suo collo. Si trovano a pochi centimetri dal vuoto più totale, e l'unico appiglio che Maze possa avere, è appunto il suo stesso corpo, o la sua stessa mano stretta alla sua gola. « La morte non ti spaventa, eh Maze? » Sibila, lo sguardo ormai scarlatto, iniettato di sangue. « Sai cosa? Se muori, torni da me. » E questa, è una gran bella bugia. No, se Mazikeen morirà, con ogni probabilità non tornerà mai da lui. La sua anima non gli è mai appartenuta, e questo Lucien lo sa. Questa è sempre stata una delle sue più grandi paure. Ben più forte della solitudine, ben più forte di qualsiasi altra cosa. Perderla per sempre. E allora, no, se ve lo state chiedendo, non vuole davvero ucciderla. Non potrebbe farlo. Non in questo mondo. Se Maze morisse, lui non la rivedrebbe mai più. Se Maze morisse, tutto volgerebbe al termine. E lui questo termine non lo vuole. « La tua anima è dannata per l'eternità, quindi è solo all'inferno che potrai finire. Ma morirai da umana, in questo caso. Sarai traghettata assieme a tutte le altre insulse anime. Sarai condannata alle stesse torture infernali che un tempo eri tu ad infliggere. » Stringe la presa contro il suo collo e la strattona appena. Tutto questo non avverrà mai. Non ha idea di dove Mazikeen finirà semmai dovesse morire, di nuovo. Non ha idea ma al tempo stesso non vuole scoprirlo. « Quindi ripetimi quanto tu non abbia paura di morire, forza, avanti. Fallo. » Sibila. « Non lo farai, perchè hai paura, come qualsiasi essere umano. E come qualsiasi essere umano, se ti butterò da questa torre, morirai senza neanche accorgertene. » Non ti getterò mai, ma tu questo non lo sai. « Quindi adesso..Prega. Mi devi pregare. Devi pregarmi come un dio per farmi avere abbastanza pietà di te per non lasciarti cadere. O pensi ancora che il tuo fuoco ti salverà anche in questo caso? » Potrebbe bruciarlo da un momento all'altro, potrebbe fare di tutto contro di lui, vista la vicinanza. Ma Lux ha calcolato tutto -o almeno crede-. La paura di morire paralizza. Assale il cervello umano e rende impossibile il pensiero razionale. Scacco alla regina? « Forza, supplicami. E quando l'avrai fatto ed io ti avrò lasciata andare, sarai in debito con me. Quella che ritieni la tua vita, mi apparterrà. Perchè sono stato io a risparmiartela. » La lunga fila di denti perlacei brilla nella penombra. « Magari non mi ami più, magari ti sei fottuta così tanto il cervello da pensare tutte quelle cose che hai detto. Tutto quel veleno che mi hai rigettato addosso. Ma mi appartieni. Mi appartenevi nella morte e mi apparterrai nella vita. Sempre. » Si avvicina al suo viso, strofinando il naso con quello di lei. « Pregami. »
     
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    Ci può essere nulla di facile quando si ha a che fare con lui? No, doveva saperlo Maze. Doveva prevederlo. Doveva ricordarlo. Perché Lucien è sempre stato mutevole: negli atteggiamenti, nei comportamenti, nei pensieri. Ora che è sulla Terra da un po' e ha sentito parlare di malattie mentali e problemi pschiatrici, Maze potrebbe mettere la mano sul fuoco riguardo il bipolarismo tendente a manie megalomani dell'uomo che ha di fronte e che si crede di essere Dio, quando non lo è mai stato. Forse lo è stato per lei, per fin troppo tempo. Gli ha permesso di salire sopra quel piedistallo che ha costruito lei stessa, l'ha aiuto a salire, porgendogli la mano come soltanto una vera ancella può fare. E' rimasta lì, qualche gradino sotto, pronta ad offrirgli tributi, a donargli fiori, ad onorarlo come soltanto l'uomo che l'aveva resa com'era poteva ottenere. Ha sbagliato tutto, a conti fatti ne è cosciente. « Non puoi parlarmi così. » La sua voce si va inasprendo perché è preso in contropiede, perché lui non è abituato a sentire certe parole. Lui non è capace di assistere alla sua disfatta piegando la testa di fronte alla sconfitta. No, lui ruggisce, come un animale appena ferito, si sbatte contro il domatore e prova a graffiarlo, con quanta più forza ha in corpo. E infatti è così che fa. Si ribella alle sue parole, il suo vero spirito non può accettare un tale affronto e viene allo scoperto. Si mostra, il suo vero volto. Il suo angelo dagli occhi azzurri e una folta criniera dorata. Il suo leone. Rimane ferma, non si muove di un solo passo perché indietreggiare vorrebbe dire arrendersi, piegare la testa e lei non vuole più farlo, né di fronte al suo corpo terrestre, né di fronte al suo vero spirito. Alza un sopracciglio, quasi intenerita da quel suo sbattere i piedi e fare i capricci come un bambinetto di cinque anni. « Tu non devi parlarmi così! » Lei annuisce, calma, non lasciando trapelare l'effetto che le faccia rivederlo lì, per com'è sempre stato ai suoi occhi e gli punta contro la bacchetta, per costringerlo ad inchinarsi al suo cospetto. Di fronte alla sua regina. «Non devo parlarti così, eppure lo faccio.» Emette un schiocco sonoro, quasi contrariata delle sue stesse parole. «Sono proprio diventata cattiva. Sei contento, Lux? Non sono il tuo esperimento meglio riuscito?» Gli domanda, ridacchiando come una bambina. «Non sei orgoglioso del tuo piccolo mostro, paparino Lui ride, ride di lei e lei si unisce a quella risata malsana, quasi a non volerlo lasciare solo in quel divertimento dalle dubbie tinte, visto l'oggetto tragico di tutta quella ilarità. « Oh Maze tesoro, quanto stai sbagliando. Quando l'incantesimo si spezzerà, ti conviene scappare. » E su questo sembrano concordare entrambi, perché lei con lui non vuole avere più a che fare. «Più lontano possibile da te, no? E' così che ha funzionato finora.» Scocca la lingua contro il palato, sentendosi stranamente in una posizione di vantaggio nei suoi confronti. Cerca di annientarlo, così come lui ha fatto per secoli. Conosce i suoi punti deboli, quelli sui quali non si è mai azzardata nemmeno a pensare di far leva e comincia dal primo, fino ad usarne anche l'ultimo rimasto in suo possesso. Smantella la sua divinità che è assolutamente inutile lì, tra gli umani. Non è più nulla e come tale, si deve inchinare. Blocca il suo ego, possedendo il suo volere, sottomettendolo al suo di desiderio. E infine sferra l'ultimo fendente. Lo colpisce in pieno, urlandogli che non prova più nulla per lui. Che l'amore a cui lui si è sempre attaccato non c'è più. E senza di me, tu non sei mai stato niente. Senza il mio amore, rimani soltanto ciò che ti hanno costretto ad essere: un mostro senza cuore, né amore. E' un brivido di godimento quello che l'attraversa mentre capta negli occhi suoi la confusione totale. E' a pochi centimetri dalle sue labbra, le osserva, le studia, mentre passa la lingua sulle proprie, per poi risalire agli occhi e leggervi dentro tutto il disorientamento che prova in quel momento. Sembra essere smarrito, le sue parole devono averlo colpito in pieno. Non se l'aspettava, perché come avrebbe potuto? Dall'alto della sua superbia, Lux crederà sempre di poter possedere qualsiasi cosa, di avere il diritto di reclamare qualsiasi cosa il suo ego desideri. Eppure, c'è sempre un eppure. Un ma che cambia le carte in tavola. E come le cambia per Lucien, costretto a sopportare le sue parole e il suo fuoco, cambiano anche per lei quando lui si inclina in avanti, andando ad appoggiare la propria fronte contro il suo seno. « Tu non puoi lasciarmi. Tu non puoi smettere di amarmi. Non puoi, non puoi, non puoi... » Nella testa di Maze c'è l'istinto perentorio di indietreggiare, di cominciare a scappare, prima che l'incantesimo cominci a svanire. Eppure lei rimane lì, interdetta, mentre le mani si poggiano sulle sue spalle, quasi a volerlo allontanare da sé, ma senza esercitare alcuna pressione per imporglielo veramente. Sente la voce di lui incrinata dal dolore. Non c'è più alcun senso di sadico ordinare, ma tutto si trasforma in un lamento sentito, talmente tanto sentito da farle sorgere il dubbio che non la stia prendendo in giro, che quella non sia tutta una scenetta per cercare di rabbonirla, ma che le sue parole siano letali. Scuote la testa incredula, sgranando appena gli occhi quando lo sente tremare sotto di sé. Avverte quel fremito che gli scuote l'intero corpo, quasi come scosso da un pianto silenzioso. Non l'ha mai visto così, né l'ha mai sentito implorarla. E' tutto così strano, una realtà che non è quella che ricorda di lui. Chi sei? Non sei la persona che ricordo. Allora chi sei? Mi confondi. E mentre lo pensa, lui scivola verso il basso, verso il grembo e rimane lì, come a desiderare un abbraccio che però non arriva. « Voglio il tuo amore. Ho bisogno del tuo amore. Tu sei nata per amarmi, non puoi smettere di farlo. » E' stato bello, finché è durato. Un attimo di debolezza che si è spezzato nel giro di poche parole dette malamente. Scuote la testa, Maze, riconoscendosi come la deficiente che è sempre stata. Si sarebbe lasciata abbindolare, ancora una volta, ma per fortuna c'è un barlume di quel Lux che ricorda lei tra quelle parole. Tu sei nata per amarmi. «Oh no, Lucien, quanto ti sbagli. Dopo tutti questi anni ancora non l'hai capito. Io sono nata per essere amata. La mia anima è nata per questo.» Sospira, quasi affranta nel dover rivendicare quello che le è sempre stato precluso. «Sono nata, non per essere il capriccio di qualcuno, ma il pensiero fisso che non ti abbandona la mente nemmeno di notte, nel sonno.» Non mi accontenterò ma più di niente, al di sotto di questo. « Non voglio che smetti. Non puoi tradirmi. Non puoi lasciarmi solo anche tu. Odio essere solo. Odio non avere nessuno che mi venera come facevi tu. » Se per un attimo ha creduto che quello che aveva di fronte fosse completamente una persona diversa da quella che aveva imparato a conoscere, ora ha la prova che no, è sempre lui, dopotutto. Ed è davvero desolante. Lo è davvero, soprattutto per lui. «Non sei cambiato di una virgola, dopo tutto questo tempo, sei sempre alla ricerca della venerazione, di qualcuno che ti porti l'acqua con le orecchie, invece di qualcuno che ti faccia desiderare di risvegliarti al mattino, solo per poter vedere il suo viso ancora una volta. Mi dispiace per te.» Cerca di spingerlo via, facendo leva sulle sue spalle, ma lui l'abbraccia, in quello che diventa ai suoi occhi un abbraccio sempre più morboso e ossessivo. « Quindi no, non puoi. Hai capito? Non puoi. Non puoi. NON PUOI. » E infatti cambia tutto, nuovamente, perché lui è così. Si passa dalla pura tenerezza alla pazzia più pura che riesce a leggere nei suoi occhi, una volta che alza il viso per guardarla. Lei è presa completamente di sorpresa e non riesce ad attivare i sensi abbastanza velocemente. Una scintilla di pura follia, prima di diventare ombra e di spostarsi di posto in posto, mentre la nausea prende ad impossessarsi del suo corpo, fin quando non si materializzano nuovamente da qualche parte. Non fa in tempo a capire dove siano, che la mano di lui si stringe intorno al suo corpo e la solleva da terra. Avverte il dolore bruciante di quel soffocamento lento e cerca di dimenarsi, per sfuggirgli. Le mani che prendono a vagare sul suo corpo quando capisce di essere su uno dei terrazzi della Torre di Corvonero. A pochi centimetri dal vuoto. « La morte non ti spaventa, eh Maze? Sai cosa? Se muori, torni da me. » Prova nuovamente a liberarsi, si agita, si smuove, tentando di trovare una via di fuga da quel lento scivolare nell'oblio. Deglutisce a fatica, mentre la sua presa si fa più salda intorno al suo collo. Quanto cazzo posso odiarti? QUANTO? Lui blatera, dice parole, parole che lei non sente o non vuole sentire, perché un rumore sordo prende ad invaderle con prepotenza le frequenze uditive del suo orecchio. Sembra isolarsi dal mondo, mentre esso comincia a farsi più sfocato, dalle linee di contorno incerte, mentre il buio che li circonda si fa sempre più opprimente. E quindi è così che finisce la mia vita. Una parte di sé è dispiaciuta. Le piaceva quella vita. Non le è piaciuta fin da subito, ma alla fine è stata una vita piena. Piena di colori, di emozioni, di cose buone, cose belle che porterà con sé, perché quella è la vita che ha sempre desiderato avere, anche se per averla ha dovuto sacrificare la volontà di Trixie. E' ancora lì da qualche parte, vero? Ti domandi mai chi sei tu e chi è lei? La sente, lei ha paura. Non vuole morire. Lei è umana e sì, ha ragione Lux, lei ha paura. Sei stata una compagna di vita speciale. Un po' rompicoglioni, ma davvero speciale. Pensa, mentre non può far altro che abbandonarsi alla presa di lui, completamente umana tra le sue dita divine. « Forza, supplicami. E quando l'avrai fatto ed io ti avrò lasciata andare, sarai in debito con me. Quella che ritieni la tua vita, mi apparterrà. Perchè sono stato io a risparmiartela. Magari non mi ami più, magari ti sei fottuta così tanto il cervello da pensare tutte quelle cose che hai detto. Tutto quel veleno che mi hai rigettato addosso. Ma mi appartieni. Mi appartenevi nella morte e mi apparterrai nella vita. Sempre. Pregami. » «Maze, pregalo. Non lasciarci morire, non ne vale la pena, lui ti lascerà andare e sarà finito. Ti prego, sono troppo giovane per morire.» Sbatte le ciglia un paio di volte, tornando a vedere lucidamente il volto di Lucien. Lo guarda, cercando di trovare all'interno dei suoi occhi anche una sola pagliuzza buona, un qualcosa che riesca a farle credere che dopotutto non ha perso secoli di vita alla mercé di una persona tanto meschina. Ti prego, dimmi che c'è, lì, da qualche parte, quella piccola gemma che ho sempre creduto di vedere. Mostramela, mostrami che avevo ragione, alla fine. Ed è in quel momento che i suoi capelli si allungano, si arricciano e diventano più crespi. La pelle si scurisce di qualche tono e gli occhi prendono una tinta verde scintillante. Si trasfigura e lascia uscire la sua vera essenza. «Lucien, guardami, sono io.» Gracchia, la voce ridotta ad un sibilo rauco. Una mano sale ad appoggiarsi sopra quella di lui. «Mea Lux, ti prego!» Gli occhi le diventano lucidi, forse perché la stretta è troppo forte, forse perché ha preso coscienza solo in quel momento di non essere cambiata di una virgola, nemmeno lei. Lo guarda, sbattendo gli occhi e due lacrime scendono a solcarle le guance. Ancora una volta che piango per te, non ne sei felice? «Lucien, ti prego, lasciami andare..» cerca di dire con un filo di voce. «Ti prego, lasciami andare nel vuoto. Uccidimi, buttami di sotto!» E invece è terribilmente cambiata, a dispetto di tutto. E' più forte della morte stessa, quella stessa morte alla quale è ormai abituata. «Ma che fai? Nooo, Maze, non voglio morire, non posso morire, ti supplico, no!» Deglutisce, non riuscendo a mandare giù la saliva. «Guardami per come sono sempre stata e finiscimi come hai sempre desiderato fare, da quando ti ho lasciato. Perché no, non sei tanto diverso da lui. Vuoi condannarmi ad una vita di pene, sofferenze e torture perché ti ho sempre amato troppo, come ho amato lui. Mi guarderai morire, così come ha fatto lui, senza alzare un dito. Sei come Tristan, pieno di odio, di rancore, di risentimento per la persona sbagliata. Lo sei sempre stato!» Se vuoi davvero lanciarmi nel vuoto, devi guardarmi nei miei veri occhi e lo devi fare con me che me ne vado con questa consapevolezza. Devi stare male, perché lo farai. Perché ti perseguiterò, tornerò a cercarti e ti renderò la vita un inferno. Sarò il tuo peggiore incubo e i miei occhi saranno il tuo sogno ricorrente. Un paio di occhi resi ancora più scintillanti dalle lacrime invadenti di cui si riempono in continuazione. «Maze la bacchetta.» Urla poi Trixie nella testa. Giuro, ho una soluzione, tu non morirai, ti farò tornare, troveremo un altro corpo, ma non morirai per sempre. Credimi. «No, Maze, la nostra bacchetta è fatta di frassino.» E lì si accende la lampadina in quella loro testa condivisa. Sono troppo debole per invocare il fuoco, non riesco a richiamare a me la magia. E' vero, non riuscirebbe ad usarla in quello stato, dove nulla è più nitido di fronte ai suoi occhi e sente che da un momento all'altro potrebbe svenire per il poco ossigeno che le arriva ai polmoni, costretta com'è a fare dei respiri veloci e poco profondi. L'assordante rimbombo del proprio cuore che sembra volerle scappare dal petto, poi, non è di certo d'aiuto. Ma Maze è scaltra, lo è sempre stata e se c'è una cosa che alla fine riesce sempre a fare è sopravvivere. Così mentre una mano scivola verso la tasca per prendere la bacchetta, l'altra si fa più pressante contro quella di lui. «Lasciami andare, Lucien. Abbi pietà di me e lasciami scivolare lentamente. So che sai farlo. Uccidimi lentamente, come se fossi ancora una delle tue tante amanti. Uccidimi fingendo di amarmi.» Lo distrae, tentando di rendere più salda la sua presa, quel tanto che basta ad avere la sua totale attenzione. Ed è nel momento in cui l'ennesima lacrima le riga il volto, che la bacchetta
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    si conficca nel corpo di lui. Una volta, due volte, tre volte. Lo pugnala completamente alla cieca, senza preoccuparsi troppo di aver fatto un lavoro pulito. Tenta di colpirlo nel lato sinistro del corpo, però, questo sì. Inconsciamente, cerca di mirarlo al cuore, senza però effettivamente riuscirsi. Ma ha fatto abbastanza da deconcentrarlo e ferirlo, tanto da lasciarla andare, con la bacchetta estratta e grondante del suo sangue. Barcolla all'indietro, aggrappandosi alla bordo in pietra del terrazza. Tossisce, portandosi la mano alla gola, come a voler alleviare la morsa bruciante che vi è impressa sopra. Lo guarda con la coda dell'occhio, cercando di riprendersi quanto prima per tentare di scappare via, come le suggerisce di fare Trixie. Ma ovviamente, non è quello che fa. Perché vuole avere la sua rivincita. Deve averla, deve avere l'ultima parola in quel dibattito infinito che non si conclude da secoli. Deve fare la mossa finale per chiudere la partita. E così si avventa su di lui, a mani nude. E' debole, è vero, in confronto a lui lo risulterebbe sempre e comunque, ma c'è la cocente furia di una dea che scorre nelle sue vene. Gli è addosso in men che non si dica e prende a graffiarlo, urla, si dimena, diventa una pazza furiosa. Gli tira un pugno e un altro ancora ed è come se gli dovesse dimostrare qualcosa. Fa tutto questo come se volesse fargli capire la lezione. «Sei contento ora? Guarda come mi hai ridotto. Guarda in cosa mi hai trasformato. Un mostro, come te!» La voce si fa più acuta e i suoi pugni si fanno più forti, mentre sente scricchiolare le proprie ossa contro la sua pelle dura e robusta. E' probabile che si stia rompendo tutto, sì, il sangue comincia a sgorgare, ma lei continua imperterrita, senza tregua. E richiama a sé la fiamma, la sente vibrare sotto le dita e la sente mentre lo marchia, a fuoco, cocente. «Ci sei riuscito. Sei riuscito in quella che credevo essere l'impresa impossibile. Ti odio, ti odio così tanto Si sfoga, mentre piange, mentre urla, mentre si sbatte contro quell'uomo che l'ha picchiata per secoli, ma al quale lei non ha mai risposto. Gliele dà tutte indietro, ogni percossa, ogni pugno, ogni schiaffo. E' in quelle mani calde come il fuoco dell'inferno che lei ha la sua vendetta. Ma poi si blocca. Un pensiero lucido si muove febbrilmente, cercando di farsi spazio tra quelli addolorati che le affollano la testa. E allora si tira via, scivola all'indietro, fin quando non sente il parapetto alle proprie spalle. Ha il fiato corto e il viso coperto del suo stesso sangue. Ne sta perdendo troppo e ora che si è fermata, l'adrenalina cala ed è di nuovo debolezza quella che sente, mista a dolore. Potrebbe svenire, sì, potrebbe farlo da un momento all'altro. Ma prima ha bisogno di chiudere il cerchio. «Non ti ucciderò. No. Non avrai questa grazia da me.» Rantola, tra un respiro accelerato e l'altro. «Non ho dimenticato come si tortura una persona. Sono famosa per questo, lo sai, e io ti condanno alla dannazione eterna.» Appoggia la testa all'indietro, mentre tenta disperatamente di rimanere sveglia e di non abbandonarsi a quel torpore invitante. «Se mi uccidi, io non tornerò da te. Ti deve essere chiaro. Non tornerò all'Inferno.» Accenna una risata che muore sul nascere. Ma è così. «E quindi ti conviene lasciarmi in vita. Ma sarà ancora peggio, perché sia in uno che nell'altro caso, non mi avrai più. Non sarò più tua.» Lo guarda, con sguardo sempre più spento. «Mai più. Devi trovarti un'altra bambola con la quale giocare.» E ora fai pure la tua scelta.

    Oh, winter come
    Oh, winter crush all of the things that I once loved
    Winter come
    Winter crush all of the things that I once loved


     
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    Tutto scorre. Panta rei. Il tempo fluisce lentamente per quelle due figure in cima alla torre di Corvonero. Lo sente ticchettare, lento ma al tempo stesso inarrestabile. Cosa sono pochi minuti nella vita eterna di un demone? Nulla. Un batter di ciglia, probabilmente. Un lampo. Un battito. Eppure quei minuti li sente tutti, Lucien. Li sente scorrere piano, calandosi su di entrambi in una coltre invisibile, eppure così presente. Si poggiano su di lui. Scorrono attraverso il suo corpo, percorrendolo interamente. Oltrepassano la schiena e si trasferiscono sul braccio teso. Lo perlustrano, attraversandolo sino a giungere alle dita, e allora da lui passano a lei. Per lei, probabilmente, quel tempo sta scorrendo molto più velocemente. Paradossale. Lo vede, lo sa, lo percepisce. Lo capisce dalle reazioni del suo corpo, involontarie, probabilmente invisibili ad occhio umano, eppure per lui così evidenti. Si dimena sotto la sua presa d'acciaio, fa di tutto per liberarsi, ma è inutile. Il battito cardiaco si fa più veloce, segno indelebile che la paura aumenta, il flusso del sangue impazzisce, tentando di arrivare al cervello. Istinto di sopravvivenza. E' una cosa, quella, che Lucien non ha mai compreso appieno. Per chi non ha mai temuto la morte, in fondo, non può che rivelarsi qualcosa di altamente fittizio. Di difficile, se non impossibile comprensione. Eppure ne è affascinato comunque, Lux. L'ha osservato in quei mesi sulla Terra. L'ha potuto analizzare da vicino, negli occhi delle sue vittime. Nei loro ultimi gesti, nei loro ultimi momenti. Il sangue giunge al cervello, solitamente, perchè è lì che si decide l'azione. Si cerca qualsiasi tipo di soluzione al problema, in un marasma di complessi mentali degni di nota, mentre il corpo si debilita sempre di più, sprovvisto d'attenzione e concentrazione, irrorato dalla minor percentuale possibile di sangue. E' buffo, ha sempre pensato, come la natura porti l'essere umano ad essere il più vulnerabile possibile nei confronti della morte proprio nel momento di maggior attaccamento alla vita. La stessa vulnerabilità la rivede in quello sguardo. Il suo sguardo. Mazikeen si trova lì, sollevata a qualche centimetro da terra, dietro le sue spalle il nulla più totale. Annaspa, apre la bocca ad intervalli regolari pe tentare di prendere più respiro possibile. E' umana, terribilmente umana. Gli basta stringere un po' la presa contro la sua gola per lasciarle ulteriori segni violacei sulla pelle. Gli basta pressare ancora un altro po' per avvertire la consistenza oltremodo fragile delle sue ossa sotto le proprie dita. Avanti. Prega. Fallo Maze, forza. Prega, prega, prega. Sta aspettando, quei due occhi bicolore fissi in quelli cangianti di lei. Vuole sentirla supplicare. Vuole sentirsi venerato. Vuole sentirsi un dio. Forza baby, so che non mi deluderai. Pregami. Quante volte è già successo. Quante volte le sue mani si sono strette al suo collo, per il semplice gusto di farlo. Quante volte l'ha picchiata, l'ha fatta sanguinare, l'ha resa una bambola di pezza alla sua più completa mercè. E lei, nonostante tutto, è sempre tornata. Maze, la sua Maze, ha sempre chinato il capo, sottomettendosi ai suoi più malati e sadici voleri. La strattona nuovamente, ed è allora che la vede. La sua dea, la sua regina. Spalanca gli occhi, ed un brivido gli percorre la schiena improvvisamente. Le labbra si schiudono, le pupille si dilatano. Se avesse un cuore, avrebbe perso qualche battito. Mazikeen si staglia alla sua vista in tutta la sua bellezza. I lunghi capelli corvini le ricadono morbidamente sulle spalle. La pelle ambrata è in netto contrasto con la propria, pallida e diafana, e gli occhi..Quegli occhi. Quegli occhi sono su di lui. Quello sguardo cristallino, di un verde che ha sempre amato, lo osserva attraverso quella patina lucida. «Lucien, guardami, sono io.» Esita per qualche momento, il demone, battendo numerose volte le palpebre. « Maze... » Si sente mormorare, il tono di voce confuso, alla stregua di un sussurro. Ed è confusione, ciò che lo agita dall'interno. Che cazzo mi sta succedendo? Sta esitando. Sta esitando di fronte alla donna che per secoli non ha mai avuto alcuno scrupolo dal farle ciò che più desiderava. Quel viso l'ha picchiato tante di quelle volte. Quel corpo l'ha umiliato tante di quelle volte. E allora perchè? Perchè sta esitando? «Mea Lux, ti prego!» Scuote la testa. Vlad, mi senti? So che sei tu. Smettila, smettila di confondermi. Ringhia, come una bestia minacciata, mentre nota quelle due lacrime solitarie rigarle il viso. Sta piangendo per lui, per l'ennesima volta Mazikeen piange per lui. Si morde l'interno della bocca, la presa contro il suo collo che si allenta appena. Sta piangendo per lui e forse per la prima volta, lui non ne è felice. « No, Lux, sei tu. » Riceve una risposta. Da quando è sulla Terra, da quando si è impossessato del corpo di Vlad, riceve una risposta da quest'ultimo. L'ha sempre tenuto a bada, il demone. E' sempre riuscito a prendere possesso dell'intera sua coscienza, rilegandolo nell'angolo più buio del loro cervello. Eppure adesso Vlad è lì, lo sente pulsare attraverso le sue vene, lo sente collegarsi a lui, ai suoi pensieri, alle sue emozioni, ad ogni suo impulso. E questo vuol dire solo una cosa: è debole. E' umano. E' così umano al momento da esser stato capace di lasciar spazio all'altra parte della sua coscienza. E allora la presa si fa di nuovo ferra, mentre digrigna i denti. « Hai paura, eh? Hai paura di quello che senti. Hai paura di ciò che provi. » Scuote la testa, lo sguardo tagliente che si insinua in quello della donna che ha davanti. « Smettila. » Sibila, seppur non sappia chi sia il destinatario di quelle parole. « Com'è essere umani, eh, Lux? Cosa si prova a soffrire? » Silenzio, fa' silenzio. «Lucien, ti prego, lasciami andare..» Mi sta pregando. Tutto funziona come avevo previsto. Un sorriso si staglia sul suo volto scarno. I denti luccicano nella penombra, mentre lui riacquista lucidità. La coscienza di Vlad sfuma pian piano, e Lux ritorna in sè. Ritorna in quel mondo dove la sua Maze non è cambiata. Quel mondo dove lei piange per lui e lui gode di ciò. Quel mondo dove lei non lo tradirà mai e potranno vivere felice e contenti secondo il suo lieto fine. «Ti prego, lasciami andare nel vuoto. Uccidimi, buttami di sotto!» Ma quel mondo crolla, all'improvviso. «Guardami per come sono sempre stata e finiscimi come hai sempre desiderato fare, da quando ti ho lasciato. Perché no, non sei tanto diverso da lui. Vuoi condannarmi ad una vita di pene, sofferenze e torture perché ti ho sempre amato troppo, come ho amato lui. Mi guarderai morire, così come ha fatto lui, senza alzare un dito. Sei come Tristan, pieno di odio, di rancore, di risentimento per la persona sbagliata. Lo sei sempre stato!» Digrigna i denti a quelle parole, la presa contro la sua gola che si fa sempre più forte. La strattona, tanto da sospenderla nel vuoto per qualche istante. Non può ucciderla, eppure è così prossimo a farlo. Non può uccidere la sua Maze, ma quella non è la sua Maze. Gli si ribella. Non sta al gioco. Ne ha l'aspetto, ma l'animo è quello di una donna che gli sembra di non conoscere. Una donna che non lo ama. Che preferirebbe morire piuttosto che vivere una vita in debito con lui. Una donna che lo considera uno come tanti altri. « Smettila. Ho detto smettila di paragonarmi a lui! » Ruggisce, quella sua voce paranormale, a tratti metallica, che rimbomba nella notte silenziosa. Lo odia, odia quel fottuto bastardo. Odia il fatto che lei stia solo anche lontanamente pensando di accostarlo a lui. «Lasciami andare, Lucien. Abbi pietà di me e lasciami scivolare lentamente. So che sai farlo. Uccidimi lentamente, come se fossi ancora una delle tue tante amanti. Uccidimi fingendo di amarmi.» Le mani di lei, fino ad ora poggiate sulle proprie, si stringono contro la sua presa, come ad invitarlo ad osare di più. E Lucien è confuso. E' rabbia, ciò che prova, è vero. Ma è mista a qualcos'altro di ben più difficile comprensione. « Abbandono. » No, lei non può abbandonarmi. Lei è nata per starmi accanto. Lei mi appartiene. Eppure quella sua stessa proprietà continua a piangere, continua a chiedergli di avere pietà di lei e ucciderla. Continua a muovere le pedine su quella scacchiera ed avanzare sempre di più verso lo scacco al re. E alla fine lo fa. Scacco matto. E' fin troppo distratto e confuso per accorgersi dei suoi movimenti. E quando lo fa, è ormai troppo tardi. Un dolore reale, vivido ed insopportabile si espande dentro di lui, non appena Mazikeen affonda la bacchetta nel suo corpo, pugnalandolo una prima, una seconda ed una terza volta. Lo pugnala con forza, con rabbia, e Lucien la scaraventa per terra con violenza, indietreggiando di qualche passo, la mano che istintivamente va a poggiarsi su una delle ferite. Pulsano, pulsano di dolore, mentre la sua camicia si macchia del suo stesso sangue che va espandendosi sempre di più, così come la sua mano. E' la prima volta che prova un dolore simile. E' la prima volta che qualcuno riesce a ferirlo così. Ma non si tratta solo di qualcosa di fisico. Decisamente no. « Mi hai pugnalato... » Sibila, annaspando. « E' frassino. Lucien scappa! Ci ucciderà entrambi! » Diavolo, fa male. Perchè cazzo fa così male? « Guariranno, ma devi allontanarti. Cazzo Lux scappa! » « TU MI HAI PUGNALATO. » Ma no, non scappa, Lucien. E' completamente sotto shock, mentre lo sguardo dalle proprie mani ormai completamente rosse si alza su di lei. La morte non lo spaventa, non l'ha mai fatto e non potrebbe mai farlo. Ma che sia stata lei, a tentare di dargliela.. Non riesce a concepirlo. Mi hai disobbedito. Mi hai ferito. Hai tradito il tuo re. Il tuo dio. Chi sei? Chi cazzo sei? E allora la rabbia di quell'ego divino ferito rimonta, e Lucien avanza verso di lei, pronto a ripagarle tutti gli interessi. Ma delle fitte lo colgono alla sprovvista e, non abituato a tutto quel dolore com'è, è costretto ad accasciarsi a terra, in ginocchio. Il suo prezioso sangue continua a sgorgare. Sono diversi squarci, uno all'altezza del petto, altri sul costato. Del primo colpo neanche se ne accorge. Alza il capo, e la vede. E' su di lui, quella dea, ed è completamente fuori controllo. Arrivano altri colpi. Pugni, schiaffi, graffi. Sente le sue nocche cozzare contro la propria pelle dura come il marmo. E' pazza Maze, in quel momento. Una donna tradita, una donna delusa, una donna che ha deciso di vendicarsi sull'unico uomo che l'abbia fatta soffrire così tanto. E le sue percosse si fanno sempre più forti, mentre il suo sangue inizia a zampillare ad ognuno che gli assesta. «Sei contento ora? Guarda come mi hai ridotto. Guarda in cosa mi hai trasformato. Un mostro, come te! Ci sei riuscito. Sei riuscito in quella che credevo essere l'impresa impossibile. Ti odio, ti odio così tanto! » Urla mentre continua a picchiarlo. Lo riempie di calci, pugni, schiaffi, e le sue mani contro la sua pelle sono ormai roventi. Lo sente il fuoco scorrerle dentro, riversandosi su di lui, ustionandolo. Ringhia, geme di dolore sotto di lei, eppure non la implora di fermarsi. Rimane lì, alzando talvolta le braccia per proteggersi da qualche colpo, o reagendo ad alcuni spintonandola. Ma lei torna, torna e torna ancora, in quella furia cieca che ormai la anima da dentro. Vlad è lì, da qualche parte, che continua ad urlargli di scappare. Ma Lux è fin troppo confuso, fin troppo scioccato da tutto ciò che sta cadendo. Insomma, la violenza non l'ha mai scandalizzato. Di violenza si è sempre nutrito. Ma la sua violenza, la sua ribellione...Quelle sono cose che mai avrebbe pensato di dover vivere un giorno. La sua piccola Maze, il suo soldatino più fedele, sta tentando di ucciderlo in ogni modo. Lo sta disintegrando, nello spirito e nel corpo. Si sente la faccia andare in fiamme, ed il gusto del proprio sangue invadergli la bocca. Ed è sangue, è rosso, tutto ciò che riesce a vedere. Maze ne è ricoperta, e anche lui. Sul viso, sui vestiti, sulle mani, persino tra i capelli, entrambi. E allora a quel punto ride, ride sotto le sue percosse e smette di reagire. « Continua, Mazikeen, continua! Cadi, cadi come ho fatto io. Macchiati del sangue della persona che più di tutte hai amato! Uccidimi, vendicati. Questa rabbia non è umana. Tu non sei umana, non lo sarai mai. » Sputa sangue, passandosi la lingua sui denti ormai sporchi. « E' questo che sei! Un mostro, come me! » E' questo ciò che ti ho reso. Se sei così, è per merito mio. Tutto ciò che sei, riguarda me.

    Poi, all'improvviso, la quiete dopo la tempesta. Le percosse finiscono, il dolore si riassesta, trovando un proprio equilibrio. Alza il capo, il sangue che sgorga dal proprio naso a bagnargli le labbra, e la vede ricadere verso dietro. E' sfinita, lo sente e lo vede. L'adrenalina sta scemando e con ogni probabilità, presto le forze la abbandoneranno. Sta perdendo sangue, troppo sangue per il corpo umano che si ritrova, ma ciò nonostante continua. Continua a guardarlo, quei suoi occhi di zaffiro fissi su di lui. Disgusto, odio, ribrezzo, ciò che vi legge attraverso. Si pressa una mano sulla ferita al costato, mentre con l'altra si asciuga il sangue che cola da entrambe le narici. Scusa Vlad, ti pago il chirurgo plastico. «Non ti ucciderò. No. Non avrai questa grazia da me. Non ho dimenticato come si tortura una persona. Sono famosa per questo, lo sai, e io ti condanno alla dannazione eterna.» Lei appoggia la testa sul parapetto, mentre lui tenta di rialzarsi da terra, mettendosi in ginocchio. «Se mi uccidi, io non tornerò da te. Ti deve essere chiaro. Non tornerò all'Inferno.» Poi quelle parole arrivano. Quella consapevolezza celata sopraggiunge. E sopraggiunge proprio da lei. Lo sa, l'ha sempre saputo. La sua anima non gli appartiene e, una volta riuscita a scappare, non gli apparterrà mai più. Ma sentirselo dire..E' tutta un'altra storia. Entrare a contatto con una verità che mai ha voluto valutare, non gli piace. Non vuole, fa male. E Lux al dolore, quel tipo di dolore, non è abituato. Lux ha sempre ottenuto tutto ciò che ha voluto nella sua esistenza. Ha sempre avuto ogni cosa a portata di mano, quando e come voleva. Come un dio. Ma adesso lei, proprio lei, gli sta sbattendo in faccia delle realtà che gli è difficile, impossibile, accettare o contrastare. L'ha fatto sin dall'inizio e continua a farlo, persino adesso, persino in punto di svenire. Le forza la stanno per abbandonare, ma lei continua a rigettargli addosso tutto quell'odio represso. A ribellarsi a lui. «E quindi ti conviene lasciarmi in vita. Ma sarà ancora peggio, perché sia in uno che nell'altro caso, non mi avrai più. Non sarò più tua. Mai più. Devi trovarti un'altra bambola con la quale giocare.» Qualcosa si spezza. « No, Lucien, no. » Non sa esattamente cosa, ma si sgretola. Il suo equilibrio, già di per sè dissestato, cade completamente a pezzi. E mentre ogni cosa precipita, Lucien si alza. Barcolla, sputa il proprio sangue, piega la testa prima a destra, poi a sinistra, lasciando scricchiolare le ossa del collo. E allora avanza, avanza come una furia verso di lei. Il pavimento sembra tremare sotto ogni suo passo, gli occhi rossi, iniettati di sangue. « No Lucien, non lo fare. E' rabbia, è solo rabbia, puoi controllarla. » Ma non lo ascolta. Lui non ascolta nessuno. E allora si getta in avanti, afferrandola per un braccio e scaraventandola da tutt'altra parte. « Oh, no no no. Non puoi svenire adesso. Non abbiamo ancora finito, baby. » Ringhia, prima di mollarle uno schiaffo in pieno viso. « Non lo fare, fermati. Non la uccidere. Te ne pentirai, Lucien, te ne pentirai! » « Tu mi appartieni. Se non mi appartieni più, allora sei inutile. E se sei inutile, muori. » Ruggisce, mollandole un secondo schiaffo, prima di affondare le dita tra i capelli e trascinarsela dietro. « Mi hai pregato di lasciarti andare, mh? Preferiresti morire piuttosto che stare con me? Bene, sei stata convincente. Eccoti la mia pietà! Porgi un saluto ai piani alti per me. » « No! Non farlo! Non essere un mostro solo perchè è così che funziona! Hai una scelta, hai sempre una scelta! E' questo che significa essere umani. » Libero arbitrio, già. Che gran bella stronzata.

    Yeah you can start over you can run free
    You can find other fish in the sea
    You can pretend it's meant to be
    But you can't stay away from me

    5CKl6li
    zb8B2i4
    Ed è allora che la spinge. La lascia cadere nel vuoto, osservandola mentre lo fa. La guarda, l'espressione tremendamente seria. Ed il tempo sembra fermarsi per quei pochi secondi che sembrano ore intere. Ricordi, voci, flashback annebbiano i suoi pensieri. La rivede, Mazikeen. La rivede la prima volta in cui l'ha notata, tra la schiera di altre anime. La rivede gettargli addosso quei suoi occhi smeraldini, sorridendo con quelle sue labbra carnose. La rivede poi stretta tra le sue braccia, completamente abbandonata a lui. Sente i suoi sospiri sulla propria pelle, i suoi gemiti, le sue parole sussurrate. E poi ancora la sente ridere, di quella risata cristallina, serena, innamorata. E la vede ballare per lui, muovere i fianchi, invitarlo a farle compagnia per poi lasciarsi stringere di nuovo tra le sue braccia. Rivede tutto questo in quella manciata di secondi, Lux, e capisce che no, lui non può perderla. E' vero, probabilmente la perderà comunque. Probabilmente tutto ciò non sarà mai più suo perchè l'ha già lasciato andare molto tempo fa. Ma non può finire così comunque. E allora impreca, in una lingua sconosciuta a qualsiasi umano, persino a Vlad, e mentre lancia uno sguardo al cielo che lo sovrasta, si lancia nel vuoto. Richiama a sè le ombre, per smaterializzarsi. Ma non rispondono. Ha perso sangue, è ferito e martoriato da tutto ciò che è accaduto in quei pochi minuti, e non riesce a smaterializzarsi. Merda. Allunga le braccia in avanti d'istinto, per cercare di recuperarla, ma è troppo lontano. Non riesce nemmeno a trasformarsi in quello stormo di pipistrelli, non riesce a fondersi con la notte tanto da diventarlo, non riesce a fare un cazzo. E allora urla, a squarciagola, urla di rabbia e di paura. Vlad aiutami! « Non ci riesco » Lo sente, anche lui sta provando a far reagire il loro corpo. Si sforzano entrambi, ma tutto ciò che ritorna è soltanto il dolore di quel loro sforzo, che fa aprire ancora di più le ferite sul corpo. Vlad cazzo aiutami! Morirà! Sarò stato io ad ucciderla e non la rivedrò mai più! « Ci sto provando, ci sto provando! » Vlad, ti prego. Sta pregando. Lucien sta pregando. Lo si è mai visto un dio, pregare? E' allora che qualcosa si muove. Le ombre rispondono al suo richiamo, e Lucien riesce a fondersi a loro. Scatta verso di lei, inglobandola e stringendola tra le braccia in una presa d'acciaio. E tenta di allontanarsi il più possibile da quel terreno che si avvicina sempre di più, ma non ci riesce. Il suo corpo muta forma continuamente, come una torcia rotta, che continua a lampeggiare, senza mai emettere però un fascio di luce completo. Quindi l'unica cosa che può fare è attutire il colpo. E lo attutisce sul serio, facendole da scudo umano non appena il suolo li raggiunge. Sbatte con qualcosa che non riesce a comprendere di cosa si tratti, rami probabilmente. Poi precipita al suolo, di schiena. Sente tutta le ossa del proprio corpo implodere, ma è sicuro si tratti solo di una sensazione. O almeno spera. Ma alza il capo comunque, e la vede. Lì, stretta tra le sue braccia, su di sè. E' svenuta, con ogni probabilità. Non sente il battito del suo cuore per qualche attimo, ed è panico. Si mette a sedere dunque, ignorando tutto quel dolore lancinante che ormai lo accompagna, e le dita gelide si poggiano sul suo collo, in direzione della carotide. « Dio, che paura. » Non nominarlo proprio adesso, grazie. Si rialza barcollando, tenendola tra le braccia. E' viva, ma ha bisogno di cure. Cure che lui non può darle. Si trascina allora verso il castello, il passo claudicante, le forze che vengono meno di tanto in tanto. Diavolo è messo proprio male. Non le stacca gli occhi di dosso per tutto il tempo, come a volersi accertare che lei non svanisca all'improvviso. « Sei una stronza. Hai capito? Una fottutissima stronza. » Asserisce, mentre si addentra tra i corridoi del castello, in cerca di qualcuno che possa fare al caso suo. « Ti odio, diavolo ti odio così tanto. Ma non morirai, non tra le mie braccia. E' il giorno sbagliato per morire, Mazey, mi dispiace. » I'm sorry, wrong way to die. Alla fine lo trova, qualcuno. Un professore, o almeno sembra. « Ha bisogno di cure, ha perso molto sangue. » Asserisce, ignorando qualsiasi domanda da parte dell'uomo. « Guariscila. Se morirà, sarai tu a risponderne. A me. » [...] Sono passate delle ore ormai. Lucien è lì, in uno dei corridoi del terzo piano, la schiena poggiata contro il muro. E' riuscito a fasciarsi le ferite, seppur non abbia dato granchè attenzione a quelle sul viso. E' rimasto in silenzio per ore. Vlad è ancora lì, da qualche parte. Ha provato a parlargli, ha provato a consolarlo, a dirgli di aver fatto la cosa giusta alla fine, ma non ha ottenuto alcuna risposta. Lui, dal proprio canto, è intento ad ascoltare il suo cuore. Batte in maniera regolare, ma a volte sembra fermarsi, e per quei momenti è il panico più totale ad assalirlo. Per secoli sono rimasta lì, al tuo fianco. La tua più fedele alleata, il tuo soldato. Per secoli sono rimasta lì, in attesa che tu aprissi gli occhi e che mi vedessi, veramente. Sono sempre stata io, Lucien. Non quelle che ti sei fatto alle mie spalle, non tutte le schiere di demoni che hai sempre avuto ai tuoi piedi. Io, sono sempre e solo stata io. Ti ho amato al di là di tutto, passando sopra tutto e a te non è importato mai niente. Si passa le mani fra i capelli, poi si strofina il viso, tastando le ferite che lei stessa gli ha inferto. Sei contento ora? Guarda come mi hai ridotto. Guarda in cosa mi hai trasformato. Un mostro, come te. Si sente sospirare, ed è allora che si rialza. Percorre il sentiero che lo separa da dove l'ha lasciata, e si insinua in quell'aula silenziosamente. Lo sguardo bicolore, spento e vacuo, vaga tra le varie brandine, fin quando non la nota. Eccola, la sua Maze, tremendamente umana. Le ferite sembrano risanate, seppur non abbia comunque una gran bella cera. E non prova piacere a vederla così. No. Lucien, il sadico assassino, il collezionista, lo squartatore, non prova piacere nel vedere i suoi effetti sull'ennesima sua vittima. Rimane dunque lì, ad osservarla nel silenzio più totale. Passano secondi, minuti, forse addirittura ore. Fin quando non si scosta, facendo qualche passo verso il letto. Le dita gelide le sfiorano il viso, sulle guance, là dove i segni delle sue percosse sono ancora piuttosto visibili. Guarda come ti ho ridotta. E allora lo capisce. E' una consapevolezza fittizia, forse durerà non più di qualche minuto. Forse durerà per sempre. E' tossico per lei, lo è sempre stato. Da lui, riceverà solo odio. Da lui riceverà solo sofferenza. Ma forse è stato questo il suo problema: una moglie non vuole soltanto essere scopata in modo sensazionale, ma vuole essere anche amata. E' un suo diritto. « Vorrei farlo, Maze, vorrei farlo davvero.. » Amarti. « Ma non so da dove cominciare, non so come si fa. » Scuote la testa, mentre si avvicina a lei. Le lascia un bacio impercettibile sulle labbra, veloce, leggero, velato. « Mi dispiace. » Mi dispiace per tutto. Mi dispiace per quello che ti ho fatto, per secoli. Mi dispiace di averti fatta soffrire. Mi dispiace di averti ingannata. Mi dispiace di non esser stato l'uomo che ti meritavi. Mi dispiace perchè tra qualche minuto, forse addirittura secondo, cambierò di nuovo idea e tornerò ad essere il mostro che ti ha fatto tutto questo. Chiude gli occhi per qualche istante, mentre sente qualcosa spingere per fuoriuscire. Si sente tremare, come qualche ora prima, quando si è stretto a lei in quell'abbraccio bisognoso. E allora si allontana. E cammina, cammina e ancora cammina per allontanarsi sempre di più da quella stanza e da lei. La lascerà andare. Almeno per ora, almeno fin quando non cambierà di nuovo idea. Perchè l'ha quasi uccisa, perchè lei non lo ama più, perchè tutta quella storia è fottutamente dannata. « Questo, Lux, significa tenere davvero a qualcuno. Lasciarlo andare, nonostante tutto. » Scuote la testa, ed una risata amara gli scuote il petto. « Oh sta' zitto. »
     
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