still life

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    Col senno di poi ricordiamo tutto ciò che un tempo non avevamo apprezzato abbastanza. Come ad esempio la quotidianità, la routine, il moto perpetuo delle stesse azioni ripetute ancora e ancora all'infinito fino a farci venire la nausea. Come ad esempio il caos, l'incessante irrilevante suono di voci tutte uguali, intente e disquisire di argomenti pressoché stupidi e infinitamente scialbi. Ecco, questo bel estimatore del prezioso e dell'inedito, la sofferenza della mancanza di abitudinarietà sta iniziando a sentirla. Sente il peso di qualcosa che manca a fare da contrappeso al suo trovare la bellezza nelle piccole cose. Se tutto è particolare, non c'è nulla di particolare. Quel mondo alla fine era arrivato a sciupare ogni sua energia, la mancanza di pazienza, il rito calcolare e prettamente calmo delle sue giornate, del suo agire e persino del suo parlare e pensare. Lentamente anche Fitzwilliam veniva risucchiato dall'oscurità di quel posto, dal netto grigiume che iniziava a stagliarsi persino tra le crepe della sua mente creativa e del suo cuore pulsante di mille emozioni contrastanti. L'ultimo dominatore delle passioni umane, stava crollando a sua volta su stesso, corroso dal suo perdersi tra le lande desolate di quei luoghi altri. Provava un senso opprimente di solitudine, soprattutto da quando, la sorella si era dispersa nei meandri della sua mente. Dove sei? La chiama sempre. Buffo come, quell'essere che malamente aveva accolto nella sua mente ora gli era indispensabile alla sopravvivenza. Era sempre stata lì quando meno la voleva, e ora di colpa, nelle ore più buie, era sparita, quasi come se fosse morta. Non la sentiva più; sapeva fosse lì da qualche parte, ma non riusciva a trovarla e la cosa sembra destabilizzarlo più di quanto fosse pronto ad ammetterlo. La verità è che dell'immagine angelica di Gwen era stato a lungo geloso, del suo modo di catturare inesorabilmente le persone si era sentito intimorito, semplicemente perché, nessuna creatura tanto quanto lui era stato in grado di incantare i suoi giocattoli quanto lei. Due gocce d'acqua in un bicchiere, Gwen e Fitz; lei bianca, lui nero, ma pur sempre l'uno l'immagine speculare dell'altra. E ora non ci sei più. Corre in fretta e furia ora per i corridoi dell'antico castello, sprofondato in quell'aria di perenne buio, sorreggendosi il braccio con un certo vivido panico negli occhi. Stringe i denti e il pugno della mano sinistra, mentre si dirige verso un punto ben preciso. Sin da quando quelle tenebre hanno inghiottito l'area di Hogwarts, l'infermeria è tornata attiva in determinati segmenti della giornata. Non a quell'ora. Il coprifuoco indetto dai più grandi è già in atto, motivo per cui, l'infermeria risulta a quell'ora deserta. Che poi, che ore sono effettivamente? Quanto meno, quando le trappole erano ancora attive, tutti erano in grado di conteggiare l'effettivo susseguirsi dei giorni e delle notti. Ora tutto era uguale. Era tutto un caos primordiale, che paradossalmente, Fitz non apprezzava più. Non quando non ci fosse nulla a fare da perno contro quel perenne lasciarsi morire. Era diventato lentamente sempre più silenzioso, schivo, sempre più intento a starsene per i fatti suoi. Mal accoglieva la presenza altrui e persino quelli che un tempo considerava amici e fratelli, al momento erano ai suoi occhi niente più che estranei. Voleva loro ancora bene, ma voleva bene alle loro versioni del prima. Queste bestie infiocchettate da esseri umani, erano tutto fuorché i suoi compagni di bevute e malefatte. Provava in generale un profondo senso di delusione e spiccata voglia di morire. Ci sono certi giorni in cui vorrei semplicemente andarmene a quel paese. Letteralmente. Non che sappia effettivamente cosa ci sia - a quel paese intendo. Ma sarebbe sicuramente più interessante quel viaggio di questo statico moto perpetuo. La staticità lo rendeva morbosamente irritabile e approssimativo. Approssimativo come adesso, mentre cerca di estrarre da uno degli armadietti diligentemente ripopolato di qualche materiale di prima necessità, bende pulite e una boccetta di una delle tante pozioni curative. Il sangue sgorga dal suo avambraccio, obbligandolo a gemere appena, mentre disposto di fronte a uno dei lavandini in fondo alla stanza, cerca di manovrare il tutto per curarsi e bendarsi. Inutile. Tutto inutile. Le mani gli tremano a tal punto che la boccetta gli scivola dalle mani e le bende pulite prendono a scivolare sul sudicio pavimento. « Fanculo. » Asserisce di scatto mentre ormai frustrato e ancora terrorizzato per quello a cui ha appena assistito, si rannicchia a terra nero in faccia dalla rabbia. Mi è persino passata la voglia, capisci Gwen? Mi è passata la voglia di tenerci in vita. Ho come la sensazione che la bellezza ci abbia abbandonato. Senza la luce, il buio non è niente. Senza il sole, la luna mi appare ormai disgustosa. Senza il rumore, il silenzio fa schifo. Senza il solito, l'insolito mi sta altamente sulle palle.
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    Accasciato a terra, si passa le mani insanguinate tra i teneri riccioli d'ebano, sospirando affondo mentre chiude gli occhi con una certa veemenza. I movimenti sono scattosi, imperniati di una certa macchinosità e un tremolio che difficilmente potrebbero passare inosservati. Pensa e ripensa a quanto è appena successo. A come per sfuggire a quei cani ha dovuto lasciare il suo compagno indietro. Ripensa al modo in cui l'hanno afferrato e sbranato in un momento di disattenzione; ripensa a come lui per primo era stato sul punto di fare la stessa fine. Il graffio sul braccio ne è la prova. Le urla di Uriel lo stanno ancora perseguitando. Stanno ancora riecheggiando nella sua testa. Se non fossero stati impegnati a sbranare lui, Fitzwilliam non sarebbe vivo. Pensa e ripensa a quello, provando un moto di odiosa rabbia nei propri confronti. Sei un fottuto egoista Gauthier. Lo sei sempre stato. Ma prima andava bene. Prima al massimo spezzavi qualche cuore. Ora lasci la gente indietro. Per salvarti il fottuto culo da finto frocio metrosessuale. Se esci da qui dentro, lo schifo che proverai nei tuoi confronti sarà talmente ampio che non so come farai a guardarti ancora allo specchio. Il flusso dei suoi pensieri si ferma di scatto. La sente e sussulta appena. La porta dell'infermeria si apre e poi si richiude, e teneri passi riecheggiano nell'ambiente aggiungendo a quella scena tombale, suoni nuovi, qualcosa che ha tutta la parvenza di essere vivo. Diverso. Quasi spera si tratti di quei fottuti cani. E invece no. Ciò che si ritrova dopo un po' davanti e una slanciata figura dai lunghi capelli d'oro. « Elizabeth. » Apparentemente il tono è perfettamente controllato, mentre con una certa difficoltà si alza in piedi assottigliando appena lo sguardo per squadrarla dalla testa ai piedi. Solleva un sopracciglio prima che un sorriso leggermente sarcastico imperli il suo volto. Nasco istintivamente le braccia dietro alla schiena cercando di reprimere la leggera fitta di dolore che si dipinge sul suo volto. Scuote di scatto la testa sciogliendosi in un sorriso leggermente meno freddo. Un tempo lui e Betty erano grandi amici. Un tempo passavano tanto tempo insieme. Un tempo erano due ragazzi normali e godeva con grande stupore della sua leggiadra quanto innocente compagnia. Ora di quei tempi si ritrovò a rendersi conto di ricordare nulla, quasi come se, qualunque cosa riguardasse la sua vita prima di quel chiudersi delle porte del castello fosse un'altra vita avvolta in un fumo nero. « Ecco una cosa interessate: Elizabeth Branwell che sfugge alle regole dei nostri gentili protettori dalle spade infuocate. » Altamente suscettibile, le sorride affabile. Nemmeno lui si è mai sentito in dovere di seguire le indicazioni dei più grandi, se solo trovasse ci fossero modi migliori per restare in vita. Fitz faceva solo ciò che voleva, quando lo voleva, come lo voleva, prendendosi le responsabilità delle proprie azioni. Se devo crepare, vorrei avere la presunzione di aver scelto io quali precauzioni sono troppo o troppo poco adatte. Si inumidisce appena le labbra prima di squadrarla nuovamente dalla testa ai piedi. « E' da tanto che non parliamo. Come te la passi? » In fin dei conti un po' apprensivo lo è sempre stato, e nei confronti di lei, così delicata e buona per quel mondo, forse addirittura di più.
     
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    Betty era scivolata fuori dall'aula lasciandosi Albus e Mun alle spalle, se n'era andata senza voltarsi indietro, grata di sentire la vecchia Betty sprofondare nell'oblio. La sua poteva essere definita una transizione, l'emergere di una personalità completamente diversa, con cui condivideva solamente i ricordi. L'oscurità che aveva abbracciato Hogwarts aveva esteso le proprie grinfie anche su di lei, stringendole intorno al suo collo fino a soffocarla. Quella nuova personalità osservava il tutto compiaciuta, quasi come traesse forza dal dolore che veniva inflitto alla vecchia sé stessa; grata dell'indifferenza e dell'egoismo che sembrava andare per la maggiore. Avrebbe stretto le mani ad Albus e Mun, capaci di tradire e pugnalare alle spalle persone che aveva tentato di dar loro il mondo intero; che li avevano in qualche modo resi il loro baricentro. Riusciva a sentire quel dolore graffiante lacerare il cuore, come artigli che affondavano nella carne viva strappandola; un dolore che le dava forza e che le permetteva di mantenere il controllo. Povera piccola, uccisa dalla persona a cui avevi donato il tuo cuore. Quanto sei sciocca. Più passava il tempo e più riusciva a prendere il controllo, ad estendere il proprio controllo; bramando il momento in cui avrebbe potuto soffocare del tutto l'anima della tassorosso. Si beava di quel dolore che le permeava lo spirito, chiedendosi come fosse possibile donarsi totalmente a qualcuno di tanto sconsiderato da gettare al vento tutto; domande destinate a rimanere senza risposta. Vagò per i corridoi, sentendosi per la prima volta padrona di quel corpo; libera dalla vena combattiva che sembrava permeare lo spirito della ragazza. Doveva ammettere che mai avrebbe pensato di incontrare tanta resistenza da parte sua, ma nonostante tutto ciò che aveva tentato per soffocarla lei tornava sempre più forte di prima, se avesse saputo prima quali corde tirare non avrebbe perso tanto tempo. Il trucco è premere sui suoi affetti, isolarla e allontanarla da tutte quelle persone a cui lei sembra tenete con tutta sé stessa; una lista composta da amici e famigliari per cui Betty farebbe di tutto. Forse proprio per questo motivo si ritiene fortunata nell'esatto momento in cui varca la porta dell'infermeria; a pochi passi da lei Fitz sembra più che grato per la sua presenza. Il corvonero è esattamente una delle persone a cui la tassorosso tiene, nei suoi ricordi scova anche un bacio; un tenero bacio di conforto la sera prima che tutto andasse a rotoli. «Elizabeth.» Non proprio. vorrebbe rispondergli, ma subito dopo dovrebbe lanciarsi in una spiegazione sul come lei sia e allo stesso tempo non sia Betty. La ragazza percepisce il dolore del ragazzo, è quasi palpabile; come se permeasse l'aria. E non può fare a meno di mostrarsi come la creatura confortevole che tutti conoscono; la versione di Betty che tutti amano, ma che allo stesso tempo non si fanno mai problemi a lasciare indietro. «Ecco una cosa interessate: Elizabeth Branwell che sfugge alle regole dei nostri gentili protettori dalle spade infuocate.» E' un sorriso mesto quello del ragazzo, un sorriso fatto di rimpianti e ricordi; il sorriso di qualcuno che come Betty non aveva voglia di arrendersi. Povero Fitz, se solo tu sapessi come l'oscurità e l'insensibilità abbiano schiacciato la dolce e tenera Eliabeth. Il suo corpo era ancora vivo, ma la sua anima era stata prima piegata e successivamente spezzata dall'oscurità che aveva avvolto Hogwarts. Prende le braccia del ragazzo per costringerlo a mostrarle le mani che ha tenuto dietro la schiena dal momento in cui lei è entrata nell'infermeria. Sente un sussulto dentro di sé alla vista delle mani insanguinate, avverte chiaramente l'apprensione e la sofferenza che Betty prova. «E' da tanto che non parliamo. Come te la passi?» Porta le mani del ragazzo verso il suo volto e posa le labbra sulle nocche scorticate, incurante di come il sangue macchi le sue candide labbra. «Sopravvivo Fitz e tu? Che ne dici se curiamo queste ferite?!» Una domanda per cui non aspetta alcuna risposta. Prende la piccola sacca che tiene sempre legata invita e vi tuffa dentro la mano per prendere ciò che rimane dell'essenza di dittamo che ha trafugato giorni fa dall'aula di pozioni. Svita il tappo e ne lascia cadere alcune gocce sulla pelle del ragazzo, curandosi di versarle esattamente sulle
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    ferite. Ripone ciò che ne rimane nella sacca e strappa in due strisce uguali il candido fazzoletto con le sue iniziali ricamate, usa la morbida stoffa per fasciargli le ferite, per permettere al dittamo di ripararle e guarirle. «Così dovrebbe andare meglio.» Si morde le labbra innocente, assaporando quella breve traccia di sangue che mi era rimasta impressa. «Sembri così stanco Fitz...» Gli accarezza il volto, sottolineando in punta di dita le occhiaie sotto i suoi occhi, un chiaro segno della mancanza di sonno che sembra tormentare la maggioranza degli studenti. I letti dell'infermeria non sono più bianchi e inamidati come una volta, molti sono sporchi di sangue, altri ridotti in brandelli e altri ancora semplicemente rivoltati per terra. Betty lo tira su uno di questi per donargli un po' di sollievo, una volontà che non nasce dal suo buon cuore, ma dalla voglia di ferire qualcuno che tiene a Fitz più di lei; per allontanare un'altra persona e renderla piano piano sempre più sola. «Posso aiutarti a riposarti un po' sai? A chiudere fuori tutto il dolore e la morte che hanno contaminato Hogwarts...» Si sdraia al suo fianco e gli accarezza il volto, passandogli le mani tra i capelli, cercando di donargli un po' di pace. Una pace che prima o poi avrebbe spezzato il suore di qualcun altro, spingendolo ad odiare Betty, a rinnegarla. Nel frattempo avrebbe goduto di quel calore per confortare sé stessa. «Certe volte mi chiedo che senso abbia continuare a lottare, forse siamo destinati a morire qui dentro....» Pensieri cupi che quasi sicuramente affollavano la mente di ogni persona rimasta chiusa all'interno del castello. «Rischiamo di morire qui dentro senza aver veramente vissuto, come se tutti i progetti che avessimo fatto fossero semplicemente scomparsi in una nuvola di fumo.» La vecchia Betty si sarebbe aggrappata al suo petto e avrebbe pianto lacrime amare confessando il tradimento di Potter e della Carrow, ma di Betty non era rimasto abbastanza. Accarezzò le labbra del ragazzo con le dita, alla ricerca di un conforto di cui non aveva veramente bisogno, ma di cui aveva bisogno per sembrare piccola e indifesa. Poggiò le sue labbra su quelle del ragazzo, uno sfioramento delicato, quasi impercettibile.
     
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