I didn't want to be the one to forget

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +1    
     
    .
    Avatar

    Slytherin pride

    Group
    Ricercati
    Posts
    2,563
    Reputation
    +2,283
    Location
    the void of metamorphoses

    Status
    Anonymes!
    Non sa quanto tempo sia passato. Per quanto ne sa un'eternità. Il suo orologio biologico segna all'incirca una settimana, forse leggermente di più. Una settimana in cui è incorsa fuori dai sotterranei per sprazzi di tempo davvero ridotti, un po' per una rimarcabile vergogna, un po' per un senso di colpa lampante, un po' semplicemente perché nella sua bolla di sapone stava bene. Non c'erano problemi là sotto, non c'erano sguardi indagatori o curiosi, non c'erano tanto i suoi conoscenti quanto quelli degli altri contendenti in quel gioco masochista a porre domande o gettare sguardi indagatori che semplicemente non voleva lasciarsi affibbiare. A mozzichi e bocconi una settimana era passata; una settimana in cui lì sotto i problemi si erano come congelati nel tempo. Ma alla fine sapeva Mun che nascondersi come un topo di fogna non significa effettivamente affrontare le conseguenze delle sue azioni. Era piuttosto un ritardarli, eluderli, scacciarli. Ma era solo questione di tempo prima che tornassero in auge, prima che le conseguenze delle sue azioni si facessero sentire in tutta la loro irruente presenza. « Ehi Jimmy guarda chi si vede. La puttana di Potter. » Una risata fragorosa mentre si scambiano un'occhiata veloce d'intesa. « Ma è la Carrow a essere la puttana di Potter o Potter a essere la puttana della Carrow? » Un'altra risata che Mun elude un'altra volta continuando a scorrere con un vivido interesse i libri rimasti nelle librerie Corvonero, alla ricerca di qualcosa di utile per aggiungere indizi a quell'incessante cercare di trovare una soluzione all'uscire da quel posto. « Trovato qualcosa? » La figura imponente di Beatrice Morgenstern si appoggia contro la libreria sorridendole con sufficienza mentre si pregusta una mela. « No. Non veramente. » Taglia corto. Non hanno mai avuto confidenza e una delle uniche cose che hanno in comune è il fatto che sia la donna di un suo caro conoscente. « Se sapessimo cosa cerchi, qualcuno potrebbe sai.. per esempio darti una mano? » « Hai fatto abbastanza non ti pare? » « E tu Carrow? Fatto abbastanza? » Mun alza gli occhi al cielo. « Non ti facevo una da gossip Morgenstern. » « Infatti non lo sono, ma stai in qualche modo a cuore a una persona a me cara. Anche se non ne capisco il motivo a questo punto.» « Watson.. » « Weasley. » La corregge dunque la lupa bianca obbligando la Carrow a tirare un lungo sospiro. Scuote la testa e continua a scorrere i titoli cercando di mostrarsi noncurante. « Ehi, senti, non giudico. Ognuno prende le proprie decisioni, ma quanto meno.. » « COSA MORGENSTERN? Cosa? Sto vivendo sottoterra per non sbattergli in faccia l'aver tradito la sua fiducia. Mi faccio vedere ogni morte di papa e per giunta sono una troia. Cosa altro dovrei fare di preciso? » La mora continua a masticare il proprio frutto tutto fuorchè impressionata dall'effusione della Caposcuola. « Crescere sarebbe un inizio. Con me la tiritera della vittima sacrificale non funziona. » No va beh ma chi ti s'incula, Morgenstern. « Potter come sta? » Ma che cazzo te ne frega. La preoccupazione della ragazza pare tuttavia sincera. Quasi una strana forma di protezione che sembra guizzare nei suoi occhi di punto in bianco. « Vaglielo a chiedere se t'interessa. » Acida e prevenuta fino al midollo. In cuor suo sa che qualunque risposta darebbe, verrebbe usata contro di sé in un tribunale. « Lo farò. Ah Carrow, il tuo ex ragazzo si è dato alla macchia. Lo tengo d'occhio da un po' nella Torre Grifondoro. Credo abbia una qualche forma di influenza intestinale. Una zuppina da farti gettare in faccia sono certa sarebbe il massimo per il suo umore. » La Serpeverde alza gli occhi al cielo, con fare esaurito. Quello della Morgenstern le appare come un tono altamente accusatorio. Le sta dicendo questa roba è colpa tua. Adesso risolvila. Rimetti in ordine i tuoi casini, Carrow. « Siete incredibili. Il mondo attorno a voi sta crollando e riuscite comunque a rimpolpare un dramma che potreste benissimo risparmiarvi, visto che da un momento all'altro, qualche animale potrebbe farci restare secche entrambe. » « Disse la Signora la cui lama ci ha strangolati qui dentro. » Ed ecco che fu così, che Amunet Carrow si trovò spalle al muro, un braccio a incatenarle la figura contro la libreria, e un soffio colmo di rabbia a colpirle il volto. Rispetto a lei la Morgenstern era decisamente più alta, e decisamente più forte. E non solo; la metteva in soggezione per via di quella fiera sicurezza che esalava da tutti i pori, un'eleganza innata che non aveva bisogno di artifici affinché risultasse splendida. Il tipico esempio di ragazza che ti mette paradossalmente paura e invidi a prescindere anche solo per esser entrata nel tuo campo visivo. E la Carrow che nello scontro fisico tanto quanto nel paragone con gli altri era pessima, si ritrovò a storcere il naso, distogliendo istintivamente lo sguardo. Stringe i denti e tenta di dire qualcosa, ma la Morgenstern le ferma letteralmente l'aria nei polmoni. « Di chi ti scopi, Carrow, non interessa a nessuno. Ma se fai la testa di cazzo e inizi a creare caos in giro, ecco, lì.. lì inizio ad avere qualche problema. » « Ma.. » « ..non m'interessa. Watson vi ha portato da mangiare, ha tenuto d'occhio quel dannato ingresso delle celle, ci siamo assicurati che voi non crepiate - cosa che per quanto siete stupidi sarebbe potuta succedere in qualunque momento visto che - ti do un'informazione Carrow: le sbarre non tengono lontana la Loggia Nera. » « Si ma.. » « Non ho detto che puoi parlare. » Stringe ulteriormente la presa sullo sterno della Carrow, e allora lei chiude la bocca, ben consapevole di trovarsi in netto svantaggio. « Dunque da ex Caposcuola a Caposcuola, ti dico che detesto quando si fa del male ai miei cuccioli. Tendo a diventare molto intrattabile. » Lo abbiamo notato. « Quindi vediamo di sistemare questa faccenda in termini civili; la mancanza di concentrazione in questo momento mi sembra alquanto inopportuna, tanto quanto il dover farvi da balie. » A quel punto molla la presa e Mun e finalmente libera di respirare. « Mi raccomando. Chiedi scusa. E sii convincente almeno quanto lo sono stata io. » Ma va al diavolo.

    I've missed your calls for months it seems
    Don't realize how mean I can be
    'Cause I can sometimes treat the people
    That I love like jewelry

    Essere messa con le spalle al muro. Un concetto di fronte al quale Amunet Carrow è sempre stata ostica e che paradossalmente ha sempre bramato. Immagino sia sempre stata un po' masochista sai? Essere sempre più orribile nella speranza che la gente iniziasse davvero ad accorgersene di quanto lo ero in realtà. Ma pare proprio che un bel faccino sia in grado di eludere tutto. La speranza e la fiducia nel prossimo a volte sono l'unico irrefrenabile moto che ci mantiene in vita. Crogiolarsi nelle proprie convinzioni ci rende più propensi a canalizzare le nostre energie positive. Ma poi quando tutto esplode, esplode di botto, e la valanga ti colpisce in pieno. E così era successo con Mun. Il Lockdown l'aveva deturpata di tutte le sue convinzioni, spogliata delle sue sicurezze, per lasciar spazio a una serie infinita di domande e crudeli verità su se stessa. Non sei la persona che vuoi raccontarti di essere. Ciò che vedi di fronte allo specchio è solo la somma di una miriade di cazzate che hai raccontato prima di tutto a te stessa. Una bugia ambulante, che si sgretolava ad ogni passo. Dopo il primo cedimento, le persone iniziano lentamente a vedere oltre. Iniziano ad accorgersene di tutte le varie crepe. E tu non puoi fare altro che stare lì e chiederti, davvero non ve ne ne eravate mai accorti? Che Mun fosse maestra dell'inganno, una manipolatrice nata, era poco ma sicuro, che avesse effettivamente nascosto qualcosa in proposito, non è altrettanto chiaro. « Vengo in pace! » Asserisce infine varcando la soglia della Sala Comune Grifondoro. « Fuori. » « Mi manda il tuo.. capo.. » « Io non ho capi. » « La Morgenstern?.. » Compie una leggera pausa scuotendo la testa con insistenza. « Senti Black, levati dalle palle. Ho cose più importanti che stare a discutere con te. » « E invece si. » Le si para davanti pur mantenendo una certa distanza, incrociando le braccia al petto. Lei sbuffa e alza gli occhi al cielo. « Che cosa avete voi di tanto peculiare che vi porta allo scontro con una persona che chiaramente sta sbandierando una bandierina bianca? No, senti non rispondere. Sono qui per vedere come sta. Se mi butta fuori, giuro di non tornare, di non provare ad avvicinarlo mai più e come bonus non dovrò nemmeno rivedere i tuoi occhietti colmi di giudizio. » Fa una leggera pausa, mentre assottiglia lo sguardo. Perché forse tu come tanti altri non mi giudici a viso scoperto, ma sicuramente in merito ti sarai fatto un'idea piuttosto chiara. « Con permesso! » Dicendo ciò lo supera, senza aggiungere altro dirigendosi verso il corridoio che porta verso i dormitori maschili, iniziando a guardarsi intorno con fare confuso. « Carrow? E' la sua vecchia stanza. » Grazie. Oddio grazie. Annuisce velocemente mentre si dirige verso la specifica porta che conosce sin troppo bene e bussa due volte timidamente. Nessuna risposta. Si sente il cuore esplodere nel petto; la netta sensazione di non avere il diritto di trovarsi lì l'assale tutta ad un tratto, e tutto ciò che riesce a fare e ripetersi ancora e ancora non è giusto. Si rende conto che la sua sia una forma di egoismo. Accertarsi che Freddie stia bene è solo l'ennesima dimostrazione dei profondi egoismo che dominano il cuore della Carrow, e lei ne è consapevole. Lo sa, e proprio per questo si sente terribilmente in colpa. Eppure, nonostante ciò, non riesce a fare a meno di premere la mano sulla porta della maniglia chiudendo per un istante gli occhi. Vorrebbe raccontarsi ancora una volta che va tutto bene, che in un modo o nell'altro andrà tutto bene. Che questa situazione si risolverà da sé e lei riuscirà a sistemare tutto. Tempo, si tratta solo di tempo. Davvero Mun? Davvero. Ispira profondamente, mentre si convince ad aprire quella porta col martellante senso di oppressione a premere sul suo petto.
    tumblr_p3xvddX8Q01qfg6byo4_250
    Non vede Freddie da quella sera; e seppur non sappia con esattezza quanto tempo sia passato, le sembra sia passata un'eternità. Un'eternità da quando non calpesta le pietre millenarie del castello con la stessa confidenza e sicurezza che aveva un tempo; un'eternità da quando non si sente nel giusto, da quando ha perso qualunque forma di presa sulla realtà circostanze, da quando ha smesso di controllare l'opinione delle persone, il loro guardarla o meno in un determinato modo. Si schiarisce la voce e con un'espressione prettamente imbarazzata compie quel primo passo all'interno dell'ambiente. « Freddie? » La voce fuoriesce tremante e appena spezzata mentre si chiude la porta alle spalle, incollandovi istintivamente la schiena contro, non appena sente quel netto click della maniglia che scatta. La prima cosa che la colpisce è un forte odore pungente che conosce sin troppo bene; le riporta alla mente orribili ricordi di momenti insensati, al limiti del logico e dell'umanamente possibile. Lo sguardo scatta istintivamente verso il bagno. E a quel punto si fa coraggio. Irrompe nell'ambiente col suo passino corto e gli occhi prettamente allarmati, dando una veloce occhiata al bagno. Lo sciacquone è già stato tirato, ma incrostazioni di quel profondo petrolio che ha già visto sono rimaste un po' ovunque sulle piastrelle. Scuote la testa con fare confuso, prima che lo sguardo si concentri per la prima volta sulla figura del rosso. Non riesce a guardarlo dritto negli occhi, non trova il coraggio di farlo. Ciò che riesce a fare e richiudere velocemente la porta del bagno per attutire quell'odore, sedendosi istintivamente per terra, con le ginocchia incollate al petto. Si abbraccia istintivamente le gambe, mentre lo sguardo continua a scorrere con una premura irrazionale sulla figura di lui, intenta ad accertarsi delle sue effettive condizioni. Sedersi è un chiaro messaggio: non vado da nessuna parte. Deglutisce pesantemente prima di dischiudere nuovamente le labbra. « Come stai Freddie? » Intuisce tutto. Le è bastato vedere quello scempio per intuire che, stava accadendo anche a lui. Non sapeva spiegarsi per quale motivo, come o perché, ma la parola le balenò nella mente prima ancora di comprendere appieno le implicazioni naturali di quella connotazione. Sin eater. « Ti prego.. parlami. » Lo implora con voce spezzata, prima di spostare lo sguardo alla sua destra, sentendo una profonda vergogna di fronte a quella preghiera che sembra farla crollare appena. Io in questa situazione con te non mi ci sono mai trovata. Io non ti ho mai pregato. E ora so, so cosa significa. So come ci si sente a pregarti. E fa male. E tu avresti tutte le ragioni del mondo per non ascoltare le mie preghiere.

    And so it seems I broke your heart
    My ignorance has struck again
    I failed to see it from the start
    And tore you open 'til the end



     
    .
  2.     +1    
     
    .
    Avatar

    --
    ★★★

    Group
    Member
    Posts
    416
    Reputation
    0

    Status
    Anonymes!
    C'è già passato. Non in una cosa di questo genere, ma c'è già passato. Il dolore, la sofferenza, l'impotenza, Weasley li ha già provati, tutti. Stipato in quel letto d'ospedale, immobilizzato dal bacino in giù, ad osservare con sguardo spento quella sua vita spezzata passargli davanti agli occhi. Quando stai male, quando sei costretto al nulla più totale perchè il nulla più totale è l'unica cosa che puoi permetterti, pensi. Pensi, pensi ed ancora pensi, anche se non vuoi farlo, anche quando l'unica cosa che vorresti fare sarebbe eclissarti, sparendo in quel buco nero che, tutto ad un tratto, non ti sembra poi così spaventoso. « Dovresti mangiare. » La voce di Rudy trapela attraverso l'atmosfera oltremodo silenziosa di quella camera sempre più buia, sempre più opprimente. Non sa esattamente da quanto tempo sia lì, nè come abbia fatto ad entrare. Diciamocelo, in questi ultimi giorni, Weasley non è stato poi così tanto socievole. Si è rintanato nella sua vecchia camera, lì nella sala comune di Grifondoro, e non ne è più uscito. Ha trascorso le sue giornate fermo lì, in un moto di staticità che mai gli è appartenuto, e che a dirla tutta ha odiato sin dal primo momento. Ma se c'è una cosa che ha potuto imparare in quegli ultimi tempi, è che per quanto tu possa odiare qualcosa, per quanto tu possa ostinarti a lottare affinchè non succeda, accadrà comunque. Perchè è così che va, è così che funziona. Della tua opinione, di ciò che vuoi o non vuoi, al destino non frega proprio un cazzo. Quindi, per quanto Fred odi, odi e ancora odi con tutto sè stesso quel senso di debolezza che lo costringe a sopravvivere in quei pochi metri quadri di stanza, è così che va. « Mi hanno dato un sacco di cose per te, fuori. C'è anche del pollo, dico, come se lo sono ricavati del pollo? Devono volerti proprio bene. » Da quando parli così tanto? Lancia uno sguardo infastidito verso il cugino, ma rimane in silenzio, le ginocchia strette al petto. Devono volerti proprio bene. Già, un tempo lo pensava anche lui. Un tempo pensava che l'affetto, l'amore, fossero parti integranti di quella sua giovane e fantastica esistenza. Oh perchè era stata una vita davvero figa la sua. Circondato da amici, bravo nel quidditch, popolare a scuola, situazione familiare più o meno tranquilla, tutte le ragazze che aveva sempre voluto, a portata di mano. Tranne una. Lei, a portata di mano, non lo era mai stata. C'era stato un tempo in cui lo era sembrata, e Cristo se erano bei tempi, quelli. Sembrava passata un'era, ormai, e non sapeva neanche perchè. Aveva trascorso gran parte del lockdown con quel suo solito, umiliante ottimismo ad animarlo. Aveva trascorso gran parte di quella prigionia senza mai smettere di essere..beh, Fred Weasley. Poi, però, tutto era cambiato, e l'aveva fatto contemporaneamente. La paralisi, la scomparsa di Hugo ed Albus, la verità sulla morte di Abigail ed infine la confessione di Mun ed Albus. Un susseguirsi di avvenimenti, una sequenza ben poco equa che aveva decisamente distrutto gran parte di quel suo equilibrio pre costruito. E così si sentiva, Weasley, a pezzi. Completamente spezzato. Quel liquido nero che ormai fin troppo spesso fuoriusciva dalla sua bocca, poi, ne era la prova. Era la prova che qualcosa era cambiata, in lui. La prova che qualcosa era andata in frantumi, inevitabilmente. Assieme a quel petrolio denso, Fred rigettava sempre gran parte di ciò che era e che era stato. Più vomitava, più si richiudeva in quel guscio, e più si richiudeva, più quel suo fuoco andava dissolvendosi. Di amici e parenti, in quella dannata camera che puzzava ormai di tutto quello schifo che proprio non voleva saperne di lasciarlo in pace, ne erano passati tanti. Persino Beatrice si era prodigata in qualche visita, forse per accertarsi che non avesse tirato le cuoia, una volta e per tutte. E Fred apprezzava il loro interesse, lo apprezzava davvero, ma non riusciva più ad accaparrarselo per farne un punto di forza. Non riusciva più ad essere la solita persona per le persone che era sempre stato, e allora tutto ciò che riusciva a fare era cacciare chiunque tentasse un approccio con lui. Rudy era forse quello che finora, non si era mai arreso. Forse perchè di merda anche lui ne aveva passata tanta. Forse perchè semplicemente non aveva paura di lui. Chi, in fondo, ne avrebbe mai avuta? Il leone di Grifondoro si era ridotto ad una mera proiezione di sè stesso, più che deprimente. Non aveva la forza di parlare, non aveva la forza di camminare, talvolta neanche di respirare. Si sentiva una pianta, si sentiva inutile, e probabilmente era proprio per questo, che alla fine dei conti, riusciva sempre a farsi lasciare in pace. Perchè no, non faceva paura, ma faceva pena. Alla fine, probabilmente, aveva fatto pena anche a Rudy, tanto da costringerlo a lasciare la camera. Sapeva che probabilmente era rimasto lì, nei paraggi, a difendere il perimetro da eventuali mostri o chissà quale piaga. Si sentiva un peso, ma gli era impossibile fare qualsiasi cosa per evitarlo. Quindi, rimasto immobile ad osservare la porta che il cugino si era richiuso alle spalle per minuti che gli erano sembrati ore intere, aveva richiuso gli occhi, poggiando la testa contro il materasso alle sue spalle. Non riusciva neanche a dormire, ormai da giorni. Tutte le volte che ci provava, incubi sopra incubi glielo impedivano. Visioni orribili, che mai prima d'allora avrebbe pensato. Visioni di dolore, di morte, di sofferenza. Qualcosa di umido, sulla sua guancia, attira la sua attenzione. Riapre gli occhi, e lo vede: Ghost. Non l'ha lasciato neanche per un attimo. E' rimasto lì per tutto il tempo, seguendolo ad ogni passo, persino tutte quelle volte in cui è stato costretto a scappare in bagno. Sorride appena, lo sguardo spento che si posa sul cane. Allunga una mano per accarezzargli il pelo morbido della testa, e, come animato da quelle attenzioni, l'animaletto inizia a leccargli tutta la faccia. Allora ridacchia, Fred, seppur debolmente. Si poggia una mano sulla pancia, mentre quella risata cristallina, ormai così rara in lui, aleggia nell'atmosfera cupa di quella stanza. Ghost balza giù dal letto, a quel punto, ponendogli le zampe sulle spalle ed assalendolo completamente. E per qualche istante, per qualche frazione di secondo, intento per com'è a ridere sotto le feste del suo cane, Fred riesce quasi a dimenticarsi di ogni cosa. Dei demoni, delle voci, del sin eater, di Amunet e di Albus...Poi però una fitta allo stomaco lo riporta alla realtà, seguita da un colpo di tosse. E poi un altro ed un altro ancora, fin quando Ghost non si allontana, e lui tenta di rialzarsi. Non ce la fa, e ricade per terra, continuando a tossire, mentre spera di non stare attirando l'attenzione di Rudy, o di chiunque altro sia nei paraggi. Un primo pugno si schianta contro il pavimento. E poi un secondo, ed un terzo ed un quarto. Segue quei colpi con le gambe, che sbattono per terra in quel raptus di rabbia pura e cieca. E continua, continua fin quando non gli fanno male le gambe e le braccia, mentre Ghost si avvicina a leccargli una mano, le nocche insanguinate a causa di alcune schegge di legno saltate via. C'è così tanta di quell'ira repressa, in lui, tanto di quell'odio che mai nella vita aveva provato, che lo sfinisce addirittura. E si sente stanco, mentre alza la mano meno indolenzita per accarezzare il muso di Ghost. « Sono difficile da sopportare, eh?» Sussurra, amaramente. Ed è allora che qualcosa attira la sua attenzione. Uno scatto alla porta, rumore di passi. Qualcuno è entrato nella sua camera. Non si domanda chi sia, nè -stipato al di là del materasso, con le spalle rivolte verso l'ingresso- si preoccupa di accertarsene. Forse Rudy sta provando l'ennesimo tentativo per farlo mangiare. Forse qualche curioso vuole davvero vedere se Weasley è diventato un lebbroso.
    tumblr_inline_oxzposzZRQ1rqq37j_400
    « Freddie? » Poi però, quella voce. La sua voce. Qualcosa dentro di lui scatta, ma si costringe ad ignorarla. Non le risponde, mordendosi la lingua a sangue, ma Amunet decide di avanzare comunque per la stanza, tanto che la vede dirigersi verso il bagno. Richiude la porta, attutendo quell'odore pungente che ne proviene, poi il suo sguardo cristallino si posa su di lui. E c'è qualche momento, dei semplici attimi, in cui il rosso è felice di vederla. Sta bene, non l'hanno uccisa, è quì. Ci sono degli attimi in cui la sua presenza è forse l'unica di cui avrebbe bisogno, al momento. Ma durano poco, giusto il tempo di un battito di ciglia. Durano poco e non appena svaniscono, lo lasciano preda di tutta quella rabbia repressa. Di tutto quel dolore, che gli annebbia la mente e ne compromette il modo di pensare. La vede sedersi, di fronte a lui, e allora distoglie lo sguardo, ignorandola. « Come stai Freddie? » Resta in silenzio, stringendosi ulteriormente le gambe al petto e poggiandovi il mento, lo sguardo rivolto verso il muro al lato opposto di dove si trova lei, che tutto ad un tratto sembra aver acquistato un particolare fascino. Non la vede da quel giorno. L'ultima cosa che ricorda di lei, è quell'ultimo sguardo che gli ha lanciato, prima che lui lasciasse quella maledetta aula. Pentimento. Al solo pensiero, la nausea rimonta. E' lì, che tutto è iniziato. E' dopo averli lasciati, che ha iniziato a vomitare quel liquido nero simile a petrolio. E' dopo averli lasciati, che Fred Weasley è caduto. « Ti prego.. parlami. » Non l'ha mai sentita pregare. Non l'ha mai sentita rivolgergli quel tono di voce spezzato, implorante. Tante volte è stato lui a farlo. Oh, l'ha pregata tante di quelle volte, Fred. Eppure adesso Amunet è lì, in una situazione che lui non avrebbe mai immaginato. Non voleva niente di tutto questo, dopotutto. Non l'avrebbe mai voluto. Litigare col suo migliore amico, abbandonare colei che per tanto di quel tempo aveva amato, e che forse mai avrebbe smesso di farlo. No, non voleva proprio nulla di tutto questo. Giocare a quidditch, guardare qualche telefilm da nerd assieme alla sua famiglia, mangiare una vagonata di cioccorane fino a sentirsi male. Organizzare scherzi con Albus, parlare di quel finale di stagione del Trono di spade che proprio non era andato a genio assieme a Malia ed Hugo, e perchè no, tormentare Amunet fino a farsela dare, chissà forse un giorno, una dannata possibilità. Ecco, questo è ciò che avrebbe voluto. Dov'è finito tutto questo? Cosa gli è rimasto, di tutto questo? Nulla. Alza lo sguardo verso di lei, trapassandola da parte a parte con quei due occhi di fuoco. « Cosa vuoi? » E' la prima cosa che le dice. Il tono di voce è tagliente, simile ad un ringhio. Non si è mai rivolto a lei in questo modo. Chissà forse se ne pentirà, tra qualche giorno, o addirittura minuto, ma adesso è così che funziona. « Vattene. » No, non andartene. Si morde il labbro inferiore, distogliendo di nuovo lo sguardo. Ghost, rimasto sino ad ora vicino ad Amunet, gli si avvicina. Gli ripone il muso sotto la mano insanguinata, distendendosi per terra. « Sto male. » Ammette. Finora, non l'ha mai ancora ammesso. Sono parole nuove quelle, per uno come Weasley, che è sempre stato bene, anche quando ogni cosa di lui urlava il contrario. « Ce l'hanno fatta, a ridurmi a niente. Tutti quanti. » Poggia il mento contro le ginocchia, lo sguardo fisso in un punto non ben definito della stanza. Da un lato, guardarla sarebbe l'unica cosa che vorrebbe fare. Accertarsi che lei stia bene. Vederla, come ha sempre fatto. Ma dall'altro, non riesce a farlo. Perchè forse non l'ha mai vista sul serio, e se la guardasse adesso, sa cosa troverebbe nel suo sguardo. Pena. « Non riesco nemmeno a stare in piedi. Non mi va di mangiare. Non riesco a dormire. Sono un peso, per tutti coloro che ci tengono un minimo a me. Ho costretto Rudy a perlustrare ventiquattrore su ventiquattro la mia fottuta stanza perchè io non sono capace di farlo. » Si poggia entrambe le mani fra i capelli, stringendovi le dita attraverso, tanto da pizzicarsi la cute. « Faccio pena alla gente. Mi trattano come fossi fatto di vetro, mi guardano con quel dannato sguardo di compassione. » Si morde il labbro inferiore « E provo odio, rabbia, delusione, tutte assieme. Sono... » Prende un lungo respiro. « Rotto. In maniera irreparabile, a quanto pare. » Mi avete rotto. « Allora, speri ancora che io ti parli o forse sarebbe stato meglio che non lo facessi? » A quel punto si gira verso di lei, l'espressione indecifrabile, spenta. « Perchè sei quì, Amunet? Cosa vuoi? » Non lo capisci, non lo capisci che anche solo guardarti, mi fa male? « Ci sono tante buone azioni da fare per avere la coscienza pulita, di questi tempi. Non sprecare l'occasione scegliendo proprio me. » Sospira « Cosa vuoi, ancora, da me? »
     
    .
  3.     +1    
     
    .
    Avatar

    Slytherin pride

    Group
    Ricercati
    Posts
    2,563
    Reputation
    +2,283
    Location
    the void of metamorphoses

    Status
    Anonymes!
    « Cosa vuoi? » Ecco, vorrebbe dire Mun di essere sorpresa di ricevere un simile trattamento da Freddie, vorrebbe poter pensare che nulla debba necessariamente cambiare tra loro. Ma in cuor suo, seppur quel nuovo rapporto che si sta dispiegando tra loro, non ha avuto modo di metabolizzarlo, sa che le cose in un certo qual modo debbano andare così. Vorrebbe dire che non gliene importa niente, che tutto sommato ha fatto la sua scelta, e di conseguenza tutto il resto è ininfluente. Ma non è così; prima di essere il suo ex, prima di essere la prima volta di tante cose per la Carrow, Freddie è stato per molto tempo un punto di riferimento per Mun, un amico, un confidente, qualcuno su cui un tempo contava in tutto e per tutto. Anni di lontananza e una buona dose di risentimenti, nonché il continuo cambiar rotta della vita, avevano mutato molte delle loro condizioni privilegiate, ma certo ciò non era bastato perché smuovessero l'affetto alla base che Mun avrebbe continuato a provare indipendentemente da come Fred avrebbe deciso di condurre i giochi. Sei in diritto di fare ciò che vuoi, ciò che ti fa stare meglio. Non ti biasimerò, qualunque cosa decidessi di fare. « Vattene. » Abbassa lo sguardo Amunet, ma di spostarsi dal punto in cui si trova, seduta per terra con la schiena incollata contro la porta del bagno, non ne vuole sapere. E forse sarebbe la cosa più facile da fare: seguire il suo consiglio e scappare come ha fatto per anni. C'è solo una cosa, un naturale impedimento. Ha imparato ultimamente che scappare dai problemi e dalle proprie responsabilità non farà altro che ritardare gli effetti di fenomeni inevitabili. Ma se una cosa deve accadere, prima o poi accadrà in ogni caso. « Sto male. » Osserva le sue nocche ammaccate, e per un istante il suo primo istinto naturale e avvicinarsi per occuparsene. Lo ha sempre fatto, Mun. Vedere qualcuno in pena non è mai stata una cosa che sopporti con faciloneria, e nonostante di tempo ne sia passato, il dolore altrui la colpisce ancora nel vivo. Masochista all'estremo a trovarsi in quella stanza con lui, a lasciarsi rigettare addosso tutto quel malessere. Ma immagino che me lo meriti. Quindi lo accetterò senza battere ciglio. E infatti, a sguardo basso sospira, mentre si stringe le ginocchia al petto con più forza, tentando di muoversi il meno possibile. Sprazzi della notte del confronto le tornano nella mente. Lo sguardo ferito di Fred, la sua indiscutibile sofferenza e delusione nel vedersi sfuggire come acqua tra le dita due delle persone più care che abbia. Si sente istintivamente mostruosa, perché sa in cuor suo di aver provocato tutto ciò e lo ha fatto anche con cognizione di causa. Non tenta nemmeno di giustificarsi; ha smesso di farlo. Trovare una scusa significherebbe rigettare le proprie colpe su qualcun altro, e per una volta, Mun non ha il cuore di farlo. « Ce l'hanno fatta, a ridurmi a niente. Tutti quanti. Non riesco nemmeno a stare in piedi. Non mi va di mangiare. Non riesco a dormire. Sono un peso, per tutti coloro che ci tengono un minimo a me. Ho costretto Rudy a perlustrare ventiquattrore su ventiquattro la mia fottuta stanza perchè io non sono capace di farlo. » Lo ascolta Mun; lascia che si sfoghi senza tentare in alcun modo di contraddirlo. E quell'immagine la colpisce nel vivo. Vedere Fred distrutto è un po' come vedersi sfuggire una delle poche certezze nelle vita. Lui, sempre implacabile, sempre pronto a prendere la vita con leggerezza anche quando le questioni si fanno angoscianti. Sei crollato anche tu. E quella realizzazione le fa realizzare quanto sia indispensabile slegarsi da quel posto. Lei per prima, Mun, in quella gabbia è completamente crollata. Ha perso tutta se stessa, e pur riscoprendosi, ora più che mai è priva di certezze, priva di punti cardinali che la guidino. E' allo sbando, come tutti quanti. Non è che questo posto ci trasformi in animali, non è nemmeno che ci obbliga a tirar fuori le nostre vere nature. Questa gabbia ci sta facendo marcire dall'interno. Ogni giorno un po' di più ci sgretoliamo inesorabilmente. « Faccio pena alla gente. Mi trattano come fossi fatto di vetro, mi guardano con quel dannato sguardo di compassione. » Scuote la testa Mun di fronte a quelle parole. Le uniche che non riesce ad accettare. Fred Weasley non ha mai fatto pena a nessuno. « Questo non è vero. » Sussurra in un moto di puro negazionismo. E infatti, Mun non prova pietà nel vederlo in quelle condizioni. Prova senso di colpa, una strana forma di odio verso la propria persona, si sente egoista e prettamente spietata, ma lui, Fred, pena non le fa, perché la mora, in fondo, ben conosce la natura audace di lui. Ti rialzerai. Forse adesso sembra che tutto sia finito, ma arriverà un momento in cui di stare male tu non ne potrai più, e allora comincerai a reagire. E lei quel sentimento ben lo conosceva. E a quel punto sarai irriverente, e penserai unicamente al tuo bene. E risorgerai come una fenice dalle tue stesse ceneri. « E provo odio, rabbia, delusione, tutte assieme. Sono... Rotto. In maniera irreparabile, a quanto pare. Allora, speri ancora che io ti parli o forse sarebbe stato meglio che non lo facessi? » Alza lo sguardo verso di lui sospirando, corrispondendo il suo sguardo, ma non sa esattamente cosa dire. Vorrebbe riuscire a trovare qualcosa di abbastanza eloquente e intelligente da dire, ma la verità è che non c'è. « Ecco.. io.. » « Perchè sei quì, Amunet? Cosa vuoi? Ci sono tante buone azioni da fare per avere la coscienza pulita, di questi tempi. Non sprecare l'occasione scegliendo proprio me. » Storce il naso, prima che un leggero sorriso amaro imperli il volto tanto pallido quando sciupato. « Amunet.. siamo già a quel punto.. » E che cosa ti aspettavi di preciso, Mun? Non sa nemmeno perché le dà così tanto fastidio, ma quel prendere le distanze la mette a disagio. « Cosa vuoi, ancora, da me? » Lungo il tragitto che la divideva dalla torre Grifondoro, Mun si è convinta di star andando a trovarlo perché quell'infame della Morgenstern non le avrebbe permesso di fare altro. E' questo ciò che meglio sa fare, Mun; raccontarsi cazzate. Si dice spesso di fare cose solo perché altri l'hanno costretta a farlo. Sono finita per uccidere innocenti perché Ryuk mi ha costretta. Sono finita per tradire una delle persone più importanti della mia vita col suo migliore amico, perché le circostanze mi ci hanno costretto. Sono finita per trattare male mio fratello, perché lui non mi dà altra scelta. Sono finita per allontanare tutti, perché nessuno mi capisce. Ho ucciso mio padre, perché mi torturava. Scuse, migliaia di scuse; perché un altro modo c'era sempre. Purtroppo, la presenza di Ryuk nella sua vita, l'ha portata a vedere le cose in maniera molto estrema. O le cose vanno in una certa maniera, oppure vanno nella direzione opposta. Nessuno spazio di contrattazione. Mun o perde tutto, o si prende tutto. Qualunque soluzione di compromesso pare semplicemente un'inesorabile perdita.
    tumblr_ozmhlc1VyJ1ubn6jto8_250
    Sospira lungamente prima di scuotere la testa con una certa veemenza. « Io.. io.. non lo so. » Ammette infine con una certa frustrazione tipica di chi ha già gettato la spugna, e ha smesso di cercare di raccontare bugie. Anche perché a quel punto della storia era alquanto inutile. « Immagino volessi solo vedere come stavi.. » Una punizione autoinflitta, quella della Carrow, dato che non c'era nessuna possibilità perché Fred stesse bene. Lo sapeva, prima ancora di premere la mano su quella maniglia, che ciò che avrebbe trovato dall'altra parte non sarebbe stato il solito Fred. Sarebbe stato strano in ogni caso. Che lo avesse trovato a pezzi, arrabbiato, o semplicemente all'opposto indifferente, non sarebbe stato comunque il solito Fred, quello che lei conosceva. « Non per ripulirmi la coscienza.. » Continua quindi, stringendosi nelle spalle. « ..a questo punto della storia nessuno crede che io ne abbia una.. » E quell'idea le fa male. Le fa male pensare che la gente possa pensare che sia così irriverente di fronte all'altrui destino. Non lo è mai stata; ha fatto forse scelte sfortunate e infelici, ha peccato di ingenuità e spesso di prepotenza, ma non lo ha mai fatto davvero con cattive intenzioni. Il problema è che in parte, di quanto facesse male alle persone, Mun non se ne accorgeva. E questa era la parte peggiore; per quanto tendente all'empatia, sembrava a volte non ne possedesse nemmeno un briciolo. « Ecco.. credevo fosse giusto dirti delle cose.. ora come ora non so nemmeno come dirtele.. » Pausa, tempo in cui si inumidisce le labbra. « Tu non fai pena Fred. I leoni sono felini fieri e cadono sempre in piedi. Come ogni felino anche tu hai sette vite.. e ne uscirai vincente anche da questa.. » Mi dispiace solo di esser stata io ad avertela spezzata. Ne hai affrontate di peggiori. Sei caduto da grandi altezze e sei ancora qui. Hai resistito di fronte a perdite importanti e hai comunque ritrovato il tuo sorriso. Lo ritroverai anche questa volta. « Non è la fine del mondo.. e mi sento un'ipocrita a dirtelo, perché so che quando è toccato a me, l'ho pensato. » Si stringe nelle spalle abbassando lo sguardo. « Ma tu in questo sei sempre stato migliore di me.. di tutti noi. Devi esserlo. » Lo sei, lo sei sempre stato. Molto più forte e impermeabile di tutti noi altri. Non puoi lasciarti andare alla deriva. E forse, io sono qui proprio per questo. Per evitare che tu ti lasci andare. Rivolge lo sguardo alle sue spalle, per un istante, e ricorda quanto ha visto nel bagno; l'odore che ha sentito provenire dall'ambiente chiuso. Deglutisce appena. Non sa nemmeno da dove iniziare. Non era venuta lì per quello, ma a quel punto, il suo personale tentare di migliorare la propria situazione agli occhi del ragazzo passa in secondo piano. « Hai capito cosa ti sta succedendo? » Chiede quindi, trovando il coraggio di guardarlo negli occhi. « Perché io penso di saperlo. » L'ho già visto, e non so se ti piacerà. Non sarà facile.. accettarlo. « E' la stessa cosa di cui ti abbiamo parlato l'altra sera. » Gli rivolge uno sguardo eloquente, mentre si morde l'interno della bocca frustrata. Se solo lo avesse saputo prima, sarebbe corsa per dirgli quanto meno che non era questo il modo di affrontarla. « Devi lasciare che qualcuno ti dia una mano. Non allontanare le persone che vogliono aiutarti.. credimi.. avere qualcuno al proprio fianco a volte è.. » Non riesce a portare quella frase fino alla fine. Sei fortunato. Sei un fottuto sculato e io non posso nemmeno odiarti per questo, perché tu l'affetto della gente che vuole darti una mano te lo sei guadagnato e te lo meriti, per tutto ciò che hai sempre fatto per loro. « Questa è una cosa pesante, di cui a dirla tutta, si sa ancora poco. Ma quel poco che sappiamo.. » Compie una leggera pausa non sapendo come portare avanti quel discorso. « Non sto dicendo che debba essere io o Albus a spiegarti cos'è o come affrontarla, ma almeno lascia che trovi qualcuno che ti dia una mano. Io.. » Sospira lungamente. Quel ferreo abbassare la testa le calza ben poco a pennello. Non riesce semplicemente a non essere invasiva, a non fare di testa sua, a non ostinarsi a remare contro se stessa e tutti gli altri. E quindi alla fine dice esattamente ciò che le passa per la testa. « Senti, le cose stanno così; ho fatto una scelta, che so quanto ti ha fatto male. Ti ho deluso, e ferito, e ti ho messo in una situazione di merda. E non ho intenzione di tentare di cercarmi scuse o di giustificare la persona di merda quale sono. Ma questo Fred, non significa che tu non esisti più per me. » Dio se è sbagliato tutto ciò. « Non significa che a me non importa nulla di te, che mi piace vederti star male o che la tua sorte mi è diventata indifferente. Quindi se vuoi mandarmi via, lo rispetto. Ma non puoi impedirmi di continuare a preoccuparmi per te. » Ecco, l'ho detto.


     
    .
2 replies since 16/2/2018, 08:45   86 views
  Share  
.