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    « Dovresti stare più attento. » « PORCA TROIA! » Sobbalza, il vampiro, lasciando volare tutto ciò che ha in mano. ..Un pacco di nachos rubati ad un tredicenne, qualche ora fa. « Diavolo, un infarto. ..Beh, se avessi un cuore » Si poggia una mano sul petto con fare teatrale, poi cala lo sguardo, verso il tappeto leopardato. Gran parte di quei preziosi nachos sono ormai lì, sparsi ovunque per terra. « Ohhh andiamo! Guarda cosa hai combinato! Sai quanto ho penato per trovarli? » Si lamenta, sbuffando sonoramente. Si china per terra per raccoglierne alcuni, rimettendoli dentro il pacco in plastica. « ...Che c'è? Regola dei cinque secondi. » Squittisce, stringendosi nelle spalle ed ignorando lo sguardo a dir poco scettico del rosho del diavolo. Questi scuote la testa, allontanandosi di qualche passo. Gli piace, quel demonietto. Faccino d'angelo, animo da diavolo. Uno degli altri che più preferisce, là dentro, beh a parte la Morgenstern simpatica, s'intende. « Sei serio? Patatine? » Il suo tono di voce è cinico, mentre lo trapassa da parte a parte con quello sguardo di fuoco che farebbe rabbrividire chiunque. Beh, tranne lui. « Beh tecnicamente sono nachos... » Ecco per l'appunto. Il rosho del diavolo lo fissa per qualche istante, in completo silenzio, l'espressione di chi sta per farti molto, ma molto male. « ...Sì okay non ti incazzare. Lo so, non posso mangiarne. Ma sono buoni, li vomiterò ma almeno li avrò assagg- » « LUCIEN! » Quella voce metallica irrompe nell'atmosfera silenziosa che li circonda e, di nuovo, il vampiro sobbalza. L'altro lo osserva, il viso trasfigurato in una maschera d'ira per qualche istante, prima di riacquistare una calma fittizia che poco gli appartiene. Non gli piace, che gli venga fatta la predica. Non certo da un ragazzino. Ma lo diverte, tutta questa situazione. Diciamocelo, da quando è lì al castello, lo diverte ogni cosa. La morte dietro l'angolo, le trappole, ragazzini innocenti e spaventati ovunque, il branco...Tutto così fottutamente divertente. « Oh andiamo calmati, stellina. Sei troppo nervoso, fatti una scopata. » Asserisce rialzandosi, servendosi di un nachos e porgendogli il pacco, venendo ovviamente ignorato. Sbuffa, poi si stringe nelle spalle. Vale a dire che ce ne sarà di più per me! « A giudicare dal tuo umore deduco che lei non ti abbia ancora... » Si libra in un gesto osceno che fidatevi, meglio non specificare, ricavandosi solo l'ennesima occhiataccia da parte del demonietto. Sospira dunque, teatralmente affranto, poi si siede sul divano in pelle, riprendendo a mangiare comodamente. Oh sì, vomiterà persino l'anima, ma diavolo sono così buoni. « Himmi herhè fei huì » Dimmi, perchè sei quì? Farfuglia, con la bocca piena di almeno una decina di nachos, sputacchiando un po' ovunque. « Sei imbarazzante. » Asserisce il rosso, scuotendo la testa visibilmente sconsolato. Lucien si stringe nelle spalle, mandando giù quel sostanzioso boccone e proferendo una delle sue espressioni innocenti più false in repertorio. Ordinaria amministrazione. Inizia a stancarlo, quell'atteggiamento, ma vuole capire dove il bimbo voglia arrivare. Ognuno di loro, ognuno degli altri, ha generalmente un proprio compito, lì. Lui li conosce pressochè tutti, ma ciò nonostante, gli piace giocarci comunque. Perchè è questo che fa da quanto è arrivato lì, giocare. Giocare col fuoco, la maggior parte delle volte, ignorando bellamente la paura di potersi scottare. Per quanto ancora rimarrai illeso, Lux? « Comunque, come ho già detto..Devi stare più attento. Non puoi esporti così, e lo hai fatto fin troppo, sino ad ora. Uccidere studenti, provocare loro, non sei stato mandato quì per farti- » « No, no, no, bimbo, adesso non confonderti. Io non sono stato mandato quì, io ci sono venuto di mia spontanea volontà. Non confondere me con voi. Potresti farmi incazzare. » Bingo! Se vi era mancato, eccolo di nuovo quell'ego divino. Si stringe nelle spalle, scuotendo la testa ed il dito indice all'unisono, mentre si alza dal divano, lasciandovi sopra il pacco di nachos. Si passa una mano fra i capelli, si ammira allo specchio per qualche istante, poi torna a guardare il suo amico. « Dovresti preoccuparti un po' meno di me ed un po' più di te. Dov'è, la tua controparte meno simpatica? Non sono ancora riuscito a fargli una visitina. » Gli fa l'occhiolino. E' carino, quel Weasley, davvero carino. E' quasi più che sicuro che abbia qualcosa a che fare con quell'ingrata della Carrow (perchè andiamo, è al castello da mesi, e ancora neanche un salutino!) e ciò lo rende ancora più appetitoso ai suoi occhi. « Credo non ci riuscirai ancora per un po'. L'ha trovata, si sono trovati. » Assottiglia lo sguardo, prima di annuire, mentre si poggia con la schiena contro la scrivania. « Quindi è per questo che sei così simpatico oggi. Ti hanno fottuto il giocattolino. » So bene come ci si sente. « Non capisci. Diventano ogni giorno sempre più consapevoli, e di conseguenza, sempre più forti. » Getta gli occhi al cielo, sospirando teatralmente, scocciato. Fa un gesto con la mano, lo sguardo che vaga lungo la stanza. « Per questo devi stare attento, Lucien. Non puoi farti uccidere proprio adesso. » « Ma chi sei, mia madre? » Domanda, prima di scoppiare a ridere. Tutta quella situazione si fa sempre più assurda. Balza giù dalla scrivania, facendo qualche passo per avvicinarsi alla porta d'ingresso. « Prometti di fare attenzione, quanto meno.. » « Promesso, mammina. Farò il bravo bambino d'ora in poi. » Schiocca la lingua al palato, le dita gelide della mano sinistra che vanno ad avvolgere la maniglia in ottone. « Ora però ho da fare. » « Ovvero? » « Vado a farmi menare dalla Morgenstern! Ci vediamo! » ...Tutto regolare.
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    [....] La individua al di là del corridoio del terzo piano. Ovviamente, sapeva esattamente dove trovarla e quando trovarla, ma questo non lo specificheremo per motivi di stalking. -..Ops. Fino ad ora non hanno avuto granchè modo di conoscersi, loro due. Ci ha provato, Lucien, ci ha provato davvero a farci amicizia! Ma dall'altro lato, non ha mai ricevuto poi così tanta collaborazione. Eppure l'altra Beatrice è così socievole. Non la vede da un po', quella santa donna. Sa che è lì, da qualche parte, ma non l'ha ancora potuta accogliere come i bei vecchi tempi. Ma dopotutto, a mali estremi, estremi rimedi. Toccherà accontentarsi della Beatrice antipatica. E allora svolta l'angolo, in quei suoi soliti movimenti privi di qualsiasi rumore a presagire la sua presenza. A volte sembra che fluttui, quando cammina, o che riesca a materializzarsi da quelle stesse ombre che paiono accompagnarlo costantemente. Tutta roba assai raccomandabile, insomma. Alza un braccio, agitando la mano in segno di saluto. « Ehilà tesoro! » Squittisce, avanzando verso di lei. Si concede qualche minuto per trovare il giusto modo di dirle ciao. Magari uno per non farsi uccidere? « Hai lasciato queste nel mio ufficio, qualche ora fa. » ...Come non detto. Estrae un paio di slip femminili dalla tasca della lunga giacca nera, per sventolarli di fronte al viso corrucciato della ragazza. « Pizzo nero, scelta sopraffina. » Un sorriso illumina il suo volto scarno, mentre si morde il labbro inferiore, in maniera assai poco discreta. « Questo mi fa sorgere spontanea una domanda: sei senza mutandine, adesso? Mmh, potrebbe essere interessante. » Si poggia due dita sotto al mento, come per pensare. Poi, dopo qualche momento di silenzio, l'espressione divertita muta forma. Sorpresa. « Oh, cavolo, non sei quella Morgenstern. Sei la Morgenstern antipatica! » Scuote la testa, riponendo la biancheria dentro la tasca. « Scusa, scusa, allora queste me le tengo. E' che siete davvero uguali. » Fa qualche passo indietro. Si sta preparando a giocare. « Anche tu hai quelle... » Le mani si muovono, nell'inequivocabile mossa per indicare il seno femminile « Sotto quei vestiti? Dovresti metterle più in mostra, davvero. Consiglio da amico. » Le fa l'occhiolino, inumidendosi le labbra con la lingua, in un gesto oltremodo ambiguo. « Allora Morgenstern antipatica, come va? Ti sono mancato ammettilo. »
     
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    Anche i migliori giungono al loro limiti massimo, e Beatrice Morgenstern ci stava arrivando con non poche ammaccature. Era stanca, frustrata e ormai sul punto di un crollo nervoso. Tenere la situazione a bada si dimostrava ogni giorno più complicato. Troppe variabili si stavano intromettendo tra loro tutti e l'idea di tornare a casa. Man mano che navigavano in mezzo a tutte quelle informazioni che stavano lentamente raccattando, più la situazione sembrava ai confini della realtà. Il rientro della sorella di Percy, aveva dato loro una nuova dimensione di ciò che stavano vivendo, nuove informazioni tutto fuorché rincuoranti sul posto in cui si stavano trovando. Non da meno erano poi i drammi che i più piccoli riuscivano in ogni caso a portare avanti nonostante quello fosse il momento meno adatto per darsi a gossip spicciolo. Fare la mamma era diventato un lavoro a tempo indeterminato, uno in cui Tris si era scoperta molto meno brava di quanto pensasse. Perdeva facilmente la pazienza nel tentare di capirli, nel tentare in ogni caso di stare ai loro giochi. Una parte di sé si diceva che la componente emotiva era importante, che se non si ha nulla per cui lottare tra quelle mura, crollare è più facile, che i rapporti interpersonali sono il perno su cui maggiormente bisogna far affidamento per restare integri. Famiglia, amori e amicizia, sono il motore che maggiormente spinge tutti avanti, finché non diventa una lama a doppio taglio. Dall'altra tuttavia, credeva fosse il tempo di lasciarsi alle spalle per un po' tutti quei piccoli inconvenienti, per poi riportarli in auge quando finalmente avrebbero rivisto la luce del sole. Solo allora avrebbero avuto effettivamente il diritto di crollare, di incazzarsi, persino di lasciarsi andare. Una volta fuori, ognuno di loro avrebbe finalmente potuto piangere i propri cari, quanto volenti o nolenti avevano perso tra quelle mura, sarebbero finalmente stati in grado anche di bearsi di ciò che si erano conquistati. E lì, oltre il velo della Loggia, ognuno avrebbe avuto il diritto di reagire a quanto aveva sperimentato in qualunque modo volesse, e non ne sarebbe stato condannato. Anche Beatrice sentiva a volte la necessità di crollare; da quando quel grigiume li aveva circondati, ancora di più. Non riuscire più a sentire nessuno dei suoi fratelli di sangue e di armi, rendeva tutto ulteriormente complicato. Quel legame non lo aveva mai voluto, all'inizio lo aveva addirittura denigrato, ma ora che lo aveva perso, temeva che non sarebbe mai più tornato, che quel luogo li aveva privati del loro più grande tesoro. E in un certo qual modo per questa ragione, riusciva a comprendere il dolore intrinseco di ciascuno di loro. Tra quelle mura, ciascuno dei presenti ancora in vita aveva perso molto. Legami, affetti. Alcuni in modo definitivo, altri semplicemente per via di circostanze più o meno favorevoli. La situazione sfuggiva loro di mano e tentare di arginarne i danni era l'unica cosa che potessero fare, in attesa di trovare una soluzione. Si erano mobilitati più del solito. Non si erano resi conto della necessità di smettere di sopravvivere finché tutti quei mostri non hanno invaso le loro vite, al posto delle solite trappole. Con le trappole, convivere era diventato facile. Ad un certo punto era diventata solo questione di abitudine, prima di provare in quella specie di agguato perenne una sorta di quotidianità, a tal punto che, se un giorno non ci si trovava tra le mani un qualche imprevisto, ci si sentiva improvvisamente inutili. Ma ciò che era seguito al banchetto di Natale, non se lo sarebbero mai aspettati. Quello era al di là della loro comprensione. Persino al di là della resistenza ferrea di Beatrice Morgenstern, la quale sembrava essere pronta ad affrontare sempre qualunque cosa. Era dimagrita ulteriormente, la pelle più sciupata, gli occhi perentori sempre colmi di una paranoia intrinseca e perpetua. Non si fidava più di niente, Tris; non si fidava più di nessuno. In ogni istante della giornata aveva paura di trovarsi di fronte a uno di loro. A una delle ombre. Le chiamava così, lei. Ombre. C'era chi li chiamasse doppi, chi invece li chiamava doppleganger. Per lei erano semplicemente ombre; le ombre di loro stessi, la loro parte più buia, a tratti addirittura più affascinante. Dotati di lingue biforcute e forti personalità, sembravano mettere in ginocchio chiunque li incontrasse. Conoscevano le regole del gioco, i doppi; sapevano dove si trovassero, sapevano come uscire, come muoversi. E non morivano. Per quanto uno tentasse di lanciar loro addosso incantesimi, pugnalarli o ingabbiarli, alla fine vincevano sempre loro. E Lei, la sua Lei, Beatrice la temeva più di ogni altro doppio; perché la conosceva. Perché ci aveva convissuto. « Ehilà tesoro! » Lo vede, e improvvisamente viene trasportata nuovamente nel mondo reale. Alza gli occhi al cielo e sospira. Ci mancava solo questo. Lucien Parker le sta sulle palle, non solo per il suo atteggiamento lascivo, il suo continuo prendere tutto sul ridere, come se si trovasse in un quiz televisivo. « Hai lasciato queste nel mio ufficio, qualche ora fa. Pizzo nero, scelta sopraffina. Questo mi fa sorgere spontanea una domanda: sei senza mutandine, adesso? Mmh, potrebbe essere interessante. » Solleva un sopracciglio con fare scettica, prima di incrociare le braccia al petto, appoggiando la spalla contro la finestra aperta alla sua sinistra. Te la spaccherei in testa anche solo per questo sguardo poco discreto. E lo farebbe davvero Beatrice, se solo non si costringesse a dare meno spettacolo possibile. Interviene ormai solo quando è assolutamente necessario farlo, quando non può farne a meno di ricorrere alla violenza. Deve riguadagnarsi la fiducia di tutti, se vuole tenerli in vita. Deve farsi rispettare, con gentilezza e premura. Questo tuttavia non esclude il fatto che le poche tangenze con Lucien Parker si sono dimostrate tutto fuorché opportune; e se c'è una cosa che Beatrice mal sopporta è proprio la poca serietà del giovane insegnante - anche se definirlo giovane è un eufemismo. « Perché non vieni a controllare, Lucien, così magari ti togli tutti i dubbi su di me, una volta per tutte. » Assottiglia lo sguardo, colta in pieno da un senso di repressione che le sale su per la gola fino a fotterle letteralmente il cervello. Non può fare a meno di provare odio nei suoi confronti, un sentimento repulsivo talmente forte da obbligarla a stargli necessariamente alla larga. « Oh, cavolo, non sei quella Morgenstern. Sei la Morgenstern antipatica! Scusa, scusa, allora queste me le tengo. E' che siete davvero uguali. » Le ci vuole un po' prima di collegare l'allusione. No. Non l'hai fatta. Un senso di disgusto difficile da reprimere si scaglia tutto contro di lei, mentre avanza di un passo con fare minaccioso. Sta facendo di tutto per provocarla e ci riesce particolarmente bene. « Anche tu hai quelle... Sotto quei vestiti? Dovresti metterle più in mostra, davvero. Consiglio da amico. »
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    Oddio, che schifo. Al solo pensiero, da questa finestra mi ci butterei io. « Sei sicuro di voler risvegliare il can che dorme, Lucien? » Chiede mentre stringe i pugni inclinando la testa di lato. Gli rivolge uno sguardo davvero spazientito, tipico di chi non gradisce né cosa sta sentendo, né tanto meno quello che sta vedendo e sta intuendo. Quella stronza. Al solo pensiero di quello che potrebbe essere successo si sente quel rigurgito ben distinto salirle su per la gola, e gli sguardi inopportuni di lui non la stanno aiutando ad attutire il colpo della questione. « Allora Morgenstern antipatica, come va? Ti sono mancato ammettilo. » Alza gli occhi al cielo. Potrebbe superarlo evitando di dargli corda, ma la verità è che sa che Lucien Parker sta diventando un vero e proprio problema. Sin da quando si è presentato alla rimessa delle barche, Beatrice ha compreso che avrebbe dato filo da torcere più di quanto non ne avrebbero dato altri. Lui alle malefatte dava corda, le istigava, quasi come se a quella realtà, che si ostinava a tirare fuori il peggio di loro, appartenesse e ne fosse legato a doppio filo. Non sei diverso da tutti i vari doppi, anzi, se possibile sei addirittura peggio. E io non gradisco i provocatori. « Ok. Finiamola con le sceneggiate. Credo che tu possa anche gettare la spugna e dirmi quali siamo di preciso i tuoi problemi. » Perché evidentemente ne hai e anche di pesanti. « E ti prego non ti sprecare con i dettagli, visto che non ho tempo da perdere. Specialmente non con te. » Compie una leggera pausa, tempo in cui gli mostra un leggero sorriso colmo di sarcasmo e spontaneo disprezzo. « Anche se, una persona - se così possiamo definirti, Lucien - che si accontenta di un'insulsa brutta copia, si merita ben poco del mio prezioso tempo. Ti concedo pochi minuti, solo ed esclusivamente per l'onestà intellettuale dimostrata nell'ammettere che una brutta copia è tutto ciò che puoi permetterti in questa tua.. vita. » Caustica e puntuale, sfodera senza troppi complimenti un pugnale dalla fodera agganciata attorno alla gamba sinistra, puntandolo contro il davanzale della finestra, iniziando a rotearlo noncurante contro la superficie in legno. « Quindi cosa vuoi? » E soprattutto, perché ti ostini a rompermi le palle a intervalli regolari?



     
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    « Perché non vieni a controllare, Lucien, così magari ti togli tutti i dubbi su di me, una volta per tutte. » E' incazzata, la Morgenstern, come sempre d'altra parte, ma ciò nonostante il vampiro sorride, stringendosi nelle spalle. Fa parte del gioco, dopotutto. Lui la punzecchia, e lei si incazza. E se c'è una cosa che Lux desidera parecchio, al momento, è vederla davvero incazzata. Ha assaggiato i pugni di suo fratello, qualche tempo fa. E' riuscito a fargli sanguinare il naso, seppur dopo un numero di colpi non indifferente. Ma lei, beh lei sarebbe sicuramente tutta un'altra cosa. Perchè lei è il capo. Lei è l'alfa. ..E lui deve stare attento a non pensarci troppo per non eccitarsi prima del tempo, già. « No amore dai, oggi ho malditesta non mi va. » La punzecchia allora, con tanto di teatrale broncio affranto. Lei gli sta lontana, e Lux lo percepisce, quello stato di repulsione che prova in sua presenza. E' istintivo. E' naturale. Ce l'ha nel dna, Beatrice. Bianco e nero che si incontrano. Bene e male, luce ed oscurità. Provano a coesistere, è vero, ma l'uno proverà sempre a contrastare l'altro. A sovrastarlo, per una legge di sopravvivenza insita nel proprio organismo. E' natura, è quell'ordine divino in cui entrambi sono calati, seppur in modi decisamente agli antipodi, tra loro. « Sei sicuro di voler risvegliare il can che dorme, Lucien? » A quel punto una risata spontanea, decisamente malsana -come tutto di lui- gli scuote il petto, mentre decide di poggiarsi al muro con la schiena, le mani che vanno a rinfilarsi tra le tasche. Si stringe nelle spalle, scuotendo la testa, la risata che scompare all'improvviso, lasciando sul suo viso scarno un cipiglio oltremodo serio. « Stuzzicare il can che dorme è ciò che mi sono sforzato di fare fino ad ora. Non sono stato abbastanza bravo o sei tu che ancora non l'hai capito? Andiamo, proprio tu, non puoi cadermi su certe piccolezze. » Asserisce con tono solenne. Lei stringe i pugni, lo guarda con quello sguardo privo di qualsiasi forma di pazienza, classico di chi potrebbe esplodere da un momento all'altro. Lui, completamente all'opposto, ritorna con quel suo solito ghigno di scherno e divertito a distendergli le labbra sottili, mentre con le dita giocherella con tutto ciò che, tastando, individua all'interno di quelle tasche. C'è sempre di tutto, lì dentro. Fidatevi, di tutto. Se le è fatte estendere con la magia, e con ogni probabilità, potrebbero fare concorrenza alla più rinomata Wunderkammer. « Ok. Finiamola con le sceneggiate. Credo che tu possa anche gettare la spugna e dirmi quali siamo di preciso i tuoi problemi. » Ci siamo. « E ti prego non ti sprecare con i dettagli, visto che non ho tempo da perdere. Specialmente non con te. » Gli rivolge un sorriso colmo di disprezzo, che Lucien ricambia con una mano sul petto e la bocca spalancata in un gesto di sincera -per quanto ogni sua azione possa essere sincera- sorpresa. « Perchè sei sempre così cattiva con me? » Si lamenta poi, scostandosi poi dal muro ed avvicinandosi a lei di qualche passo. Sa che non è prudente, come il rosho del diavolo gli ha suggerito qualche momento prima, ma beh, lui gioca in casa. Beatrice è sola, è più che sicuro che a lei e gli altri del branco quel posto dove sono calati abbia portato non pochi svantaggi e, infine, se solo volesse potrebbe richiamare a sè tutte quelle graziose bestioline che riesce a sentire, in lontananza. Sono lì da qualche parte, le percepisce, in cerca di carne fresca. Sente i loro latrati ed i loro sibili entrare a far parte di lui, tanto da diventarvi una cosa sola, per qualche momento. Oh guardate cosa vi ho portato, amori miei, un bel pezzo d'alfa dei soldatini dei piani alti. « Anche se, una persona - se così possiamo definirti, Lucien - che si accontenta di un'insulsa brutta copia, si merita ben poco del mio prezioso tempo. Ti concedo pochi minuti, solo ed esclusivamente per l'onestà intellettuale dimostrata nell'ammettere che una brutta copia è tutto ciò che puoi permetterti in questa tua.. vita. » Di nuovo ride, estraendo un braccio dalla tasca per passarsi una mano fra i capelli spettinati. Uno dei motivi per cui odia quel posto? Ha finito il gel per capelli. Cazzo e questi sì che sono guai seri. « Quindi cosa vuoi? » La vede sfoderare un pugnale, per poi rotearselo tra le dita, contro la superficie in legno del davanzale. « No ehi, ehi. Mi offendo. » L'espressione oltremodo seria, lo sguardo bicolore che si pianta sul viso di lei. « Se pensi di farmi paura con quel coltellino da burro, inizio a valutare l'ipotesi che tra di noi non potrà mai funzionare, tesoro. » Scuote la testa, deluso, mentre inizia a girarle attorno, osservandola attentamente. Tanto di cappello, non c'è che dire. Una valchiria, fiera nella postura e decisa nei movimenti. Non vede particolari armamenti, ma è più che sicuro possa nascondere almeno due o tre oggettini poco simpatici qua e là.
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    « Dunque, mettiamola così: io so molte cose. Davvero tante. Su dove ci troviamo, con chi e cosa abbiamo a che fare. » E' il mio mondo, lo conosco come le mie tasche. ..Anzi no, quelle le conosco davvero poco, ma dettagli. « E siccome so tante cose, so anche che voi, a questo mondo, appartenete come io apparterrei ad un convento di suore. ..Seppur la prospettiva sarebbe parecchio divertente, ora che ci penso -ma okay non è questo il punto! » Si perde per qualche momento in quei suoi pensieri, prima di tornare alla realtà. Sostenere un discorso serio che rimanga effettivamente tale per più di cinque minuti con uno come lui, è cosa impossibile. « Il punto è che tu e gli altri tuoi compagni d'arme, siete quì per mettere i bastoni tra le ruote a me e i miei compagni d'arme. Siete stati creati per questo. E allora mi domando: perchè voi? » Si ferma, di fronte a lei, le mani adesso dietro la schiena, le dita intrecciate tra loro. « Cosa avete di speciale voi contro di noi per esser stati scelti? Com'è che funzionate? » Di nuovo si muove, due dita che vanno a poggiarsi sotto al mento, come per pensare. « Sai qualcosa l'ho imparata, prima di venire quì, al castello. Ho fatto il bravo scolaretto. Ho imparato che non siete immortali, ad esempio. E che cazzo, sanguinate davvero un sacco. (Meredith mi ha rovinato un tappeto zebrato, porca troia, quando le ho falciato la testa.) Ronnie, quindici anni, in Irlanda, mentre gli spezzavo le dita una ad una mi ha confessato alcune cose. Angelica, vent'anni, in Italia, mentre le scuoiavo parte del corpo me ne ha dette altre. Alcuni sono stati piuttosto restii dal collaborare, ma a parte qualche morso ed un buon vaccino contro la rabbia, quando siete da soli siete piuttosto innocui. » Si stringe nelle spalle, un ghigno macabro a deformargli le labbra. Ha compiuto davvero delle tali oscenità, o è solo un modo per manipolare l'intera situazione? Questo probabilmente, non lo sapremo mai. Funziona così, con Lucien, dopotutto. Tutto il contrario di tutto. Un paradosso vivente, sempre in continua trasformazione. Non ci stupiremmo nemmeno, se per portare avanti una simile impresa, abbia deciso di cambiare aspetto ogni volta, andandosene a scegliere uno adatto per ogni occasione. Un bel ragazzone rossiccio per Meredith, un'affascinante biondina per Ronnie, un'avvenente latina per Angelica. Ci vuole fantasia, nella vita. « Quindi, cos'è che voglio? Te, probabilmente. » Ostenta indifferenza, con espressione innocente. « Sei il capo di questi sacchi di pulci. Sei l'alfa, e sappiamo tutti come funziona nei branchi, tu lo sai vero? » La guarda. « Uccidi l'alfa e lo diventerai a tua volta. » Pausa. « No tranquilla, non voglio ucciderti. Mi servi viva ancora per un altro po', per capire. Ed io ti servo vivo ancora per un altro po', per lo stesso motivo. Perchè non potete combattere l'ignoto, sarebbe sbilanciato, ed ogni cosa deve avere il suo equilibrio. Ed i segugi infernali non parlano, gli altri sono stati creati per non dirvi nulla, e gli umani infetti sono fin troppo compromessi. » Si appoggia nuovamente al muro, a quel punto, le braccia che ricadono a penzolare lungo i fianchi. « Sono uno dei pochi disponibili a darti le informazioni che ti servono per avere un minimo di speranza quando arriverà il peggio, ed arriverà presto. Tu informi me, io informo te.- Wow, quasi quasi ci credo anch'io. -Così quando la guerra giungerà, combatteremo ad armi pari. Il caos deve essere equo. Altrimenti diventa Apocalisse. » Come sono saggio, mi bacerei in bocca da solo adesso, seduta stante. « Allora ci stai? Lo so, mi sono sprecato coi dettagli. Se preferisci ignorarmi e iniziare a giocare fa' pure. » Alla fin fine, sarà comunque divertente. « Sono sicuro che ne hai una gran voglia al momento, in fondo. E potrei mai non accontentare una Beatrice vogliosa? »
     
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    « Stuzzicare il can che dorme è ciò che mi sono sforzato di fare fino ad ora. Non sono stato abbastanza bravo o sei tu che ancora non l'hai capito? Andiamo, proprio tu, non puoi cadermi su certe piccolezze. » Un sorriso sarcastico compare sulle sue labbra, mentre ascolta paziente le sue parole. Stringe i denti, Beatrice. Si trova tutto fuorché a proprio agio, e il suo corpo in completa tensione ne è la prova. Ma nonostante ciò, non si muove nemmeno di un passo dalla posizione assunta, ben consapevole, che dare la soddisfazione di vedersi spazientire da un tale pupazzetto come Lucien Parker, è l'ultima cosa che vuole. Vorrebbe potersi trovare in connessione con i suoi in quel momento. Percy e Holden, in proposito le darebbero utilissimi consigli. Savannah e Bobbie la intimerebbero a sbranarlo vivo ed è certa che Daniel e Rudy aggiungerebbero quel che in più che renderebbero lo scontro decisamente allietante. Ma Beatrice, ricorda ancora com'è essere per conto proprio. Ricorda tanto la forza che scorre indipendentemente tra le sue vene, tanto quanto il controllo che ha imparato ad alimentare in quei duri anni a Tatev. La sua nuova condizione ha reso tutto più difficile da quel punto di vista. Ma vedi, Lucien, tu conoscerai in parte l'alfa. Ma non conosci ciò che c'era prima. Di quello, nessuno parla. Quello che Beatrice era, resta pura chiacchiera annoverata nel giro del per sentito dire. E quindi lo squadra con sufficienza, disgustata dal suo modo di porsi, eppure al contempo, pronta a dargli ciò che sta cercando. Un vero assaggio di Beatrice Morgenstern. La situazione interna alla scuola l'ha portata a lungo a concentrarsi unicamente sul necessario, su ciò che andava fatto. Si è appiattita sul culto dell'utile; un po' perché provava sensi di colpa, un po' perché abbandonarsi alla bestia era spesso più facile che ricordarsi da dove fosse partita. La belva era istintiva, ma la cacciatrice sapeva ancora essere caustica, meticolosa e incisiva. E quella duplicità, se fosse stato necessario, se è ciò che desiderava, Lucien l'avrebbe gustata tutta. « Se pensi di farmi paura con quel coltellino da burro, inizio a valutare l'ipotesi che tra di noi non potrà mai funzionare, tesoro. » Solleva un sopracciglio con fare provocatorio, la Morgenstern. Ha imparato tante cose in quei mesi; cose che prima non sfruttava appieno. Come ad esempio il linguaggio del corpo. Scoprire se stessa l'aveva portata a scoprire anche le sue evidenti qualità fisiche, il fatto, che prima di essere guerriera, prima ancora di essere una cacciatrice, era una donna. Una che sapeva nutrire i propri avversari della forza bruta della malizia. « Questo? » Disse sollevando il pugnale elegantemente decorato di fronte agli occhi, lasciandolo brillare sotto la luce delle candele. « Oh no, Lucien.. ma cosa vai pensando. Questo serve per limarmi le unghie. » E dicendo ciò emulò quel gesto con infinita lentezza, mentre un altro sorriso sarcastico sfiorava le sue labbra. « Dunque, mettiamola così: io so molte cose. Davvero tante. Su dove ci troviamo, con chi e cosa abbiamo a che fare. E siccome so tante cose, so anche che voi, a questo mondo, appartenete come io apparterrei ad un convento di suore. ..Seppur la prospettiva sarebbe parecchio divertente, ora che ci penso - ma okay non è questo il punto! » Ma non mi dire. Continua. Stai rendendo la mia giornata migliore di quanto mi aspettassi. E annuisce Tris, mentre fissa con particolare interesse il pugnale che si rigira tra le mani. « Il punto è che tu e gli altri tuoi compagni d'arme, siete quì per mettere i bastoni tra le ruote a me e i miei compagni d'arme. Siete stati creati per questo. E allora mi domando: perchè voi? Cosa avete di speciale voi contro di noi per esser stati scelti? Com'è che funzionate? » Scuote la testa Beatrice, mentre sposta lo sguardo altrove con ilarità. Compare sul suo volto un sorriso teneramente genuino. Non ha ancora capito fino in fondo come funziona la loro cosa, ma almeno ora ha la certezza che di fronte ha un nemico. Uno vero, uno che appartiene all'altra barricata. Qualcuno che in un modo o nell'altro, si è venduto a qualunque cosa debbano combattere. Ne hanno parlato spesso negli ultimi mesi. Con Percy, con Rudy, con Pervinca e sono giunti alla conclusione che qualunque cosa ci sia nella foresta è nemico. Ora che quel grigiume si era esteso, si trovavano completamente immersi nel territorio del nemico. « Cosa abbiamo di speciale? Siamo più belli. E decisamente più.. letali. Il che ci rende ancora più belli. » Risponde con una chiara nota ironica mentre riposta lo sguardo in quello del proprio interlocutore. « Sai qualcosa l'ho imparata, prima di venire quì, al castello. Ho fatto il bravo scolaretto. Ho imparato che non siete immortali, ad esempio. E che cazzo, sanguinate davvero un sacco. (Meredith mi ha rovinato un tappeto zebrato, porca troia, quando le ho falciato la testa.) Ronnie, quindici anni, in Irlanda, mentre gli spezzavo le dita una ad una mi ha confessato alcune cose. Angelica, vent'anni, in Italia, mentre le scuoiavo parte del corpo me ne ha dette altre. Alcuni sono stati piuttosto restii dal collaborare, ma a parte qualche morso ed un buon vaccino contro la rabbia, quando siete da soli siete piuttosto innocui. » Non rispondere. Sta cercando di provocarti. E sa Beatrice, che a meno che non abbia beccato tutte quelle vittime nel primo periodo, quello in cui il legame non si era ancora completamente instaurato, tutte quelle vittime di cui parla, non avrebbe potuto farle. Lo avrebbero saputo. Avrebbero saputo che i loro morivano, e se ne sarebbero occupati, perché nessuno resta indietro. E anche se non lo avesse sentito lei - cosa assai impossibile - qualcun altro più vicino a loro lo avrebbe fatto. Oh Lucien, evidentemente non sai poi tutto sul nostro conto. E quel loro legame, il dono dell'ubiquità, l'uno nei confronti dell'altro, era l'arma migliore che avessero per preservarsi e portare avanti qualunque fosse la loro missione. Rimane seria, il volto non lascia trasparire alcuna emozione né positiva, né negativa. Ma il linguaggio del corpo, lascia vedere a Lucien qualcosa che non c'è. Stringe i pugni, mentre le labbra si stringono in una linea dritta, degna delle migliori prove di controllo. Si mostra spazientita, paradossalmente colpita da quelle parole. Ma non risponde. Se hai torto anche un capello a qualcuno di loro, te ne pentirai amaramente, più di quanto non ti pentirai già per quello che hai combinato qui dentro. E la resa dei conti arriverà Lucien. Quando meno te lo aspetti. « Quindi, cos'è che voglio? Te, probabilmente. Sei il capo di questi sacchi di pulci. Sei l'alfa, e sappiamo tutti come funziona nei branchi, tu lo sai vero? Uccidi l'alfa e lo diventerai a tua volta. No tranquilla, non voglio ucciderti. Mi servi viva ancora per un altro po', per capire. Ed io ti servo vivo ancora per un altro po', per lo stesso motivo. Perchè non potete combattere l'ignoto, sarebbe sbilanciato, ed ogni cosa deve avere il suo equilibrio. Ed i segugi infernali non parlano, gli altri sono stati creati per non dirvi nulla, e gli umani infetti sono fin troppo compromessi. » Oh, devo ammettere che un sacco di miei amici ti troverebbero molto divertente. Altri ti staccherebbero volentieri la testa a mani nude. « Sono uno dei pochi disponibili a darti le informazioni che ti servono per avere un minimo di speranza quando arriverà il peggio, ed arriverà presto. Tu informi me, io informo te. Così quando la guerra giungerà, combatteremo ad armi pari. Il caos deve essere equo. Altrimenti diventa Apocalisse. Allora ci stai? Lo so, mi sono sprecato coi dettagli. Se preferisci ignorarmi e iniziare a giocare fa' pure. Sono sicuro che ne hai una gran voglia al momento, in fondo. E potrei mai non accontentare una Beatrice vogliosa? » Plateale, Beatrice, osserva la sua controparte, inclinando la testa di lato, vividamente interessata. Azzarda un passo, e poi un altro, e un altro ancora, lentamente, alzando le mani a mo di pace, mentre si rigira ancora il pugnate attorno alle dita della mano destra con maestria.
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    « Se questo è il miglior burattino che avete, ho già vinto. » Confidente e decisamente divertita dalla situazione, si annota contemporaneamente tutte le informazioni che Lucien le ha fornito volente o nolente. Apocalisse. Umani infetti. Sono indizi importanti. Qualcosa da cui ripartire. « Devo farvi una gran paura se ti scomodi a infastidirmi così tanto. » Un sorriso colmo di soddisfazione imperla le sue labbra. « Oserei dire che ti stai cagando sotto, Lucien. » E anche molto delicata. « Se credi che mi sei utile in alcun modo, allora sei un grande, grandissimo sognatore. L'unico motivo per cui non ti ho ancora ficcato un palo grosso quanto un tronco d'albero nel cuore, è perché io, coi burattini, non me la prendo. » Punto molto più in alto, Lucien. Sarebbe disonesto lottare con esseri inferiori. E tu sei inferiore per antonomasia. Un vampiro. « Non me ne faccio niente delle tue offerte, Lucien. Mi hai appena dimostrato che saresti disposto a vendere persino tua madre pur di farmi crollare. Evidentemente, farmi crollare deve essere molto importante. Peccato che parli troppo e stai cercando di raccontare cazzate alla persona meno adatta sulla faccia della terra. » Si stringe nelle spalle con naturalezza. « Devi avere anche delle informazioni imprecise, se pensi che i tuoi servigi possono essere in qualche modo necessari o utili. » Una leggera risata scandisce la pausa che si prende per inumidirsi le labbra. « Vedi Lucien, tu potrai fare mille sceneggiate, minacciare la mia gente, tentare di far leva sulle mie debolezze - e sarebbe interessante chiederci per quale ragione - ma la verità è che non hai niente che possa interessarmi. Io, questo posto lo conoscevo bene già prima di entrarci, e voi eravate nella mia testa molto prima di sapere di dovervi combattere. Non saprò quale sia il mio scopo, ma ci conosciamo già. Io vi conosco già. » Pausa. « Ma vedi, mentre io mi sono evoluta, sono diventata altro, sono cambiata, questo posto, voi siete rimasti gli stessi. Quindi credo proprio che gli unici che devono capire taaaaaante cose siete voi. » Un'altro sorriso colmo di disprezzo e cinica freddura, mentre lo supera girandogli attorno, squadrandolo con disgusto dalla testa ai piedi. « E per tua informazione, a discapito delle tue informazioni errate e lacunose, qualcuno ha parlato. » Non te l'aspettavi questa eh? Non ti aspettavi che trovassimo un modo. E li lo sguardo trionfante della Morgenstern esulta in tutta la sua oscura lucentezza. « Presto saremo fuori di qui. E ti dirò: non vedo l'ora di essere fuori, per trovare un modo di sigillare questo posto una volta per tutte e lasciarvi marcire nel vostro letame, come voi avete sigillato noi tutti qui. » Credi che sia stupida? Credi che non ci sia arrivata al fatto che Edmund Kingsley è implicato? Non ci sono cadaveri che svaniscono dal giorno alla notte. E non ci sono morti che parlano una volta fatti fuori. « E ti dirò: ti lascio vivere solo perché voglio gustarmi la tua faccia quando lo farò. Voglio guardarti negli occhi e vederti soffrire. E quando sentirai che il dolore sarà così tanto da non poterlo più sopportare, farò in modo che diventi definitivo. Perché è questo ciò che fanno i cacciatori: girano attorno alla preda per bene, prima di stracciarla. » E tu ricordarti che prima di ogni altra cosa, io sono una cacciatrice.

     
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