Be my cane

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +1    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Corvonero
    Posts
    132
    Reputation
    +288

    Status
    Anonymes!
    « E devo... devo andarci da sola? Non pensi sia meglio che ci sia qualcuno altro? Sai, due mani in più, per portare tutti quei contenitori... » Sempre stata fin troppo brava nell'arte del tergiversare, la giovane Apple Scamander. Si tortura le mani quasi nervosamente mentre pone al proprio interlocutore quello che sembra in tutto e per tutto un problema di tipo pratico, un'inconvenienza. Come farà a trasportare da sola tutte le scorte d'ingredienti rimaste nell'aula di Pozioni? E in cuor suo, sebbene decida comunque di provarci, sa perfettamente che è difficile che una scusa del genere nasconda agli occhi del Grifondoro, che le ha appena chiesto questo favore, la vera ragione della sua titubanza. Infatti, seppure in queste condizioni un po' estreme, conserva sempre quella punta d'orgoglio, Apple, e non ha il coraggio di ammettere di avere troppa paura ad andare in giro da sola per i corridoi bui e sudici del castello, consapevole di poter essere attaccata da qualche mostro spaventoso da un momento all'altro.
    Conoscendola non si direbbe per nulla che è un tipo capace di impaurirsi tanto: è la classica ragazza che fa di tutto, che si lascia trasportare dalla scia di opportunità che le capitano davanti, che fa in modo di non farsi mancare nessuna esperienza. Sin dai primi anni dell'infanzia la sua è stata una presa di posizione chiara e netta, nei confronti della sua esperienza nel mondo: Apple ha scelto di vivere, prima di tutto, nel modo più vero e autentico, con un'intensità incredibile. Si è sempre sforzata, giorno dopo giorno, di trovare modi per provare emozioni nuove e forti, di immergersi completamente nelle persone, nelle storie, negli attimi. Di sentire da sempre la forza dell'energia vitale che la circonda. Forse è proprio questo attaccamento così viscerale alla vita che le fa compiere dei passi corti e sempre cauti, che le fa tremare le gambe ad ogni rumore sospetto e la fa sussultare all'improvviso quando le pare di distinguere una sagoma in fondo al corridoio.
    tumblr_inline_nkkiqofwWZ1r0uuni
    Non ha mai davvero temuto seriamente la morte, fino a quando non si è presentata alla sua porta nella forma più macabra, fino a quando non è stata costretta a ritrovare ai propri piedi, quasi per caso in mezzo alla tenuta del castello, corpi esanimi di suoi compagni di casata, amici, conoscenti. Non si è mai preoccupata dell'eventualità di abbandonare la vita fino a quando il pericolo non è diventato ovvio, tangibile, incredibilmente serio. Quando ha compreso che, sarà pur vero, è meglio bruciare che appassire, ma lei non ha voglia di essere stroncata così, quando non è ancora il tempo. Non è il suo tempo. Non è ancora arrivato, ne è certa, se lo ripete sempre, come un mantra, per tranquillizzarsi in quei momenti di panico che l'assalgono, di tanto in tanto, nel buio della notte perenne in cui è caduto il castello.
    Non è ancora il momento; lo sta ripetendo a bassa voce, con le labbra che si muovono in modo quasi impercettibile e i piedi che compiono passi leggeri, silenziosi, perché è sempre meglio non fare rumore, non si sa mai, non vuole attirare l'attenzione di niente che sia dietro l'angolo. Questi mesi di buio, e di terrore continuo, le hanno fatto comprendere che non avrebbe mai potuto essere smistata tra i Grifondoro, che preferisce di gran lunga essere una codarda piuttosto che essere stupida. Ragiona e pondera ogni mossa, lasciando l'istinto da parte, per una volta, perché in questo caso il prezzo da pagare sarebbe decisamente troppo grande. Ed è così, a passo felpato e silenzioso, che si avvicina ai pressi dell'aula di Pozioni, lì dove spera di trovare tutto il necessario che la Castillo ha richiesto per determinati intrugli.
    Qualche metro prima dell'aula lo vede: è di spalle, e sta zoppicando nella direzione opposta, pronto a imboccare un corridoio poco distante. Ed è in quel momento che i piedi della bionda prendono velocità per raggiungerlo, per poi prenderlo sottobraccio senza fare troppi complimenti. « Pssst, Artie » gli sussurra - sempre perché non si sa mai - quando gli è accanto, sollevando il capo per poter incontrare il suo sguardo e farsi riconoscere anche da lui, sotto il lumos flebile della propria bacchetta. Dal suo canto non ha avuto difficoltà ad identificarlo, anche da dietro, anche perché una camminata simile è proprio inconfondibile. Gli rivolge un sorriso gentile, anche se un po' a disagio. Lei e Artie non si parlano esattamente spesso. Anzi, a dirla tutta non è nemmeno certa di averlo visto in giro negli ultimi due giorni, quindi ritrovarlo sano e salvo in un corridoio a caso del castello le provoca anche una certa sensazione di sollievo, non appena realizza la cosa nella propria mente. « Sono contenta di vederti. » È sincera, e si sforza di assumere un'intonazione della voce che sottolinei le sue intenzioni. Il fatto, con Arthur, è che probabilmente, alla fine dei conti, nessuno dei due ha mai smesso di avere una certa cura per l'altro. E questo dovrebbe essere un aiuto, un modo per rendere le cose più naturali e meno strane, e nella maggior parte dei casi è proprio così - però ci sono volte in cui Apple non sa bene da dove iniziare una conversazione, né cosa dire. E il carattere spesso imprevedibile di lui non è d'aiuto, c'è da dire. Si mordicchia leggermente il labbro inferiore, mentre elabora nella propria mente qualcosa da dire. Qualcosa di semplice. In fin dei conti è un favore come un altro, quello che sta chiedendo. « Ti va di accompagnarmi nell'Aula di Pozioni? Devo prendere delle cose. » Breve e concisa. Ha senso. « E poi... e poi potresti farmi compagnia fino alla Torre di Corvonero? È che... » ho una paura matta « Mi sono fatta male ad una gamba, poco fa. Ho bisogno di appoggiarmi di tanto in tanto. » Complimenti. Tattica geniale, chiedere di farti da bastone ad un ragazzo mezzo zoppo.
     
    .
  2.     +1    
     
    .
    Avatar

    👿👿
    ★★★

    Group
    Member
    Posts
    357
    Reputation
    0

    Status
    Anonymes!
    « Dì un po' Cavendish, perchè sei quì? » La voce della signora Agnes, l'infermiera, attira la sua attenzione. Eccolo lì, Cavendish, i grandi occhi azzurri fissi su di una pozione ribollente, che si mescola da sola, in automatico. Gira la testa da un lato, poi dall'altro, nell'osservare come quel cucchiaio di legno vortichi prima in senso orario, poi in antiorario e viceversa. « Un grande altruismo? » Mormora sovrappensiero, prima di girare su sè stesso per lanciare uno sguardo sfarfallante alla donna. Andiamo Agnes, so che sei un cuore di panna, puoi resistere a questo faccino d'angelo? « ...Certo. Ed io sono Wonder Woman. » ..Non ha funzionato, ora sono triste. Fa il broncio per qualche istante, prima di stringersi nelle spalle ed avvicinarsi alla donna, trotterellando, al solito suo. « Hai anche il laccio come lei, quindi? Vecchia volpe. » Le fa l'occhiolino, con quel suo solito fare molesto che non trova un minimo di scrupolo neanche di fronte ad una donna di mezza età come la non più così giovane infermiera. Quest'ultima decide di ignorarlo, rigirandosi verso una brandina con sopra il malcapitato di turno. « Uhhh amico, paralisi? Dai su, guarda il lato positivo, adesso hai una scusa bella e buona se non ti si dovesse alzare a letto! » « CAVENDISH! » « Che c'èèèèèè? Lo sto consolando. » Si lamenta il biondo, con espressione innocente. Ormai l'avrete capito, dopotutto. Cavendish non è così cattivo, è semplicemente...Andato. Andato completamente, e intendiamo di testa. Dice cose, fa cose, e non pensa minimamente quando le dice o le fa. Se vi aspettavate che magari, forse e chissà, il lockdown sarebbe riuscito a cambiarlo, beh..Vi sbagliavate. « E poi a giudicare da come sta messo morirà massimo domani. Quindi perchè sprechi tempo a prenderti cura di lui? » Agnes gli lancia un'occhiataccia, che lo trapassa da parte a parte, ma che ovviamente il Serpeverde non comprende. Si stringe nelle spalle, e si rigira verso il povero malcapitato. « Capito amico? Non preoccuparti, aspetta a domani e sono certo che in Paradiso ti si rialzerà sicur-Ahia! » Squittisce, massaggiandosi la nuca laddove il malloppo di asciugamani sporche di sangue è stato lanciato dalla donna, beccandolo in pieno. Si china a raccoglierlo, un broncio ben visibile sul viso assai poco sveglio, e fa il broncio, visibilmente offeso. « La Castillo era più simpatica. » E più bona. Ah, mi mancano le tette della Castillo. Borbotta, acido. « Allora, non hai risposto alla mia domanda. Che ci fai quì? Morfina non te ne do. » « Ma come puoi anche solo pensare che io abbia certi doppi fini, Agnes, pensavo fossimo amici! Sono scioccato. Davvero, mi hai deluso.- Pausa. -.....Neanche un pochino? » Agnes lo ignora, ed Artie sbuffa, rigirando su sè stesso. Si passa una mano fra i capelli, poi si siede sulla brandina del ragazzetto, schiacciandogli le gambe col proprio peso. « Ti dispiace? Tanto non senti nulla. » Il poverino lo osserva per qualche istante, allibito, poi richiude gli occhi, senza la forza nemmeno per ribattere. Cavolo è messo davvero male, pensa per qualche istante, prima di scrollare le spalle e rigirarsi verso l'infermiera. « Vabeh, comunque. Mi annoiavo e volevo fare qualcosa. Alle ronde non mi ci mandano, nelle perlustrazioni nemmeno, a cercare cibo manco per sbaglio. Non mi vogliono da nessuna parte. » « Mi domando proprio come mai. » Commenta la donna, sarcastica. « Vero eh?! Anche io! » Squittisce dal suo canto il biondo, battendo una mano contro lo stomaco del ragazzo, che lancia un lamento di dolore. « Vero professor X? Tu che dici? ..Ops stai sanguinando. Agnes, questo quì è guasto! »
    TJCcBKW
    In pochi istanti la donna è lì, a tirarlo via dalla maglietta per poi chinarsi sul ragazzo. Armeggia con la bacchetta in un marasma di luci bianche ed azzurre, mentre Artie osserva dall'altra parte, la testa appena piegata di lato. « Vai fuori Cavendish! » « Era già così quando l'ho toccato, giuro, io non sono..- » « FUORI! » Sbuffa, facendole il verso ed avvicinandosi alla porta. « E comunque la Castillo aveva delle tette più belle delle tue. »

    [...] « Ehi ehi ehi, prima invitami a cena almeno! » Squittisce, non appena si sente tirare per un braccio. Cala lo sguardo, e quando la scorge tra la penombra generale, un sorriso gli illumina il viso sciupato. « Pssst, Artie » « Oh ma ciao. » Apple Scamander si materializza sotto la luce flebile della propria bacchetta, intenta a rivolgergli un sorriso gentile. Non la vede da un bel po' di tempo, a dire la verità. In quel caos generale, sono tante le persone che ha perso di vista. Ma con lei, beh, è piuttosto complicato. L'ha pensata in questi giorni, probabilmente l'ha pensata sin dal primo momento di caos lì al castello, eppure non ha mai fatto granchè per andarla a cercare. Si è sempre limitato a respirare di sollievo -ma questo, ovviamente, non lo ammetterà mai- nello scorgerla per caso di tanto in tanto, tra la folla generale di studenti. Il fatto è che seppur Artie sia generalmente..Beh, Artie, non ha mai smesso di tenerci a lei, in un certo senso. Ma proprio perchè Artie è Artie, non ha mai fatto nulla per dimostrare un tale interesse, nè per riconoscerlo. Eppure eccolo adesso, a non riuscire a smettere di sorridere, mentre la squadra attentamente, in silenzio. Tutta intera, nessun arto mancante, carina come sempre. « Sono contenta di vederti. » « Perchè sono uno dei sopravvissuti più belli che son rimasti sul mercato, vero? Grazie, grazie. » Si passa la mano libera tra i capelli, con fare teatrale, prima di tornare a guardarla. « Anche io sono contento di vederti. Tutta intera. E non morta. -Sì insomma sono contento. » Bofonchia, ed ecco che lo sente arrivare, quell'imbarazzo di fondo. Perchè Arthur Cavendish è un tipo strano. Passa la maggior parte del suo tempo a librarsi nelle più disparate molestie con chiunque, senza remora nè scrupolo alcuno, ma mettetelo di fronte a qualcosa di concreto e reale, ed eccolo che va in completo cortocircuito. E ciò che c'è stato tra lui ed Apple, è stato decisamente qualcosa di concreto e reale. « Ti va di accompagnarmi nell'Aula di Pozioni? Devo prendere delle cose. E poi... e poi potresti farmi compagnia fino alla Torre di Corvonero? È che... Mi sono fatta male ad una gamba, poco fa. Ho bisogno di appoggiarmi di tanto in tanto. » La osserva per svariati secondi, in uno dei suoi soliti sorrisi inquietanti. Quelli durante i quali ti chiedi sempre cosa diavolo gli stia passando per la testa. Poi scoppia a ridere, all'improvviso, e la stringe a sè con il braccio, riprendendo a camminare. « Quindi se tu hai male ad una gamba ed io all'altra, in due facciamo due gambe buone. Ci completiamo, ci sta! » Cinguetta, con un tono di voce fin troppo alto, rispetto al contesto non proprio così raccomandabile in cui si trovano. « Mi piace, come appuntamento. E' un modo originale per chiedermi di uscire. Certo avrei scelto il bagno dei prefetti come meta piuttosto che l'aula di pozioni ma... » Si stinge nelle spalle, rivolgendole un sorriso ambiguo. Mettere a disagio le persone per mascherare il tuo disagio, metodo made in Cavendish. « Conosco una scorciatoia per arrivare prima. » Asserisce allora, mentre continuano a camminare. Svolta qualche angolo, percorre qualche scalino scricchiolante, sino a giungere ad un bivio. « Ommioddio Apple è terribile ci siamo persi. » Annuncia ad una certa, l'espressione davvero preoccupata. Poi, di nuovo, scoppia a ridere. « Scherzavo, scherzavo, non morire. » Arriccia il naso, proseguendo lungo un cunicolo stretto e lungo che li conduce ad un vicolo cieco. « Tadààààà siamo arrivaaaaaaaa-eeeeeeeeee questa non è l'aula di Pozioni. » Guarda prima a destra, poi a sinistra, poi torna a lei. « Okay ci siamo persi. » L'espressione resta seria e quasi addirittura razionale per qualche istante, poi si stringe nelle spalle, con indifferenza. « Va beh, vale a dire che avremo più tempo per stare assieme mentre cerchiamo l'uscita, se i demoni non ci mangiano prima. ....Alloraaaa, come va? » Ordinaria amministrazione.
     
    .
  3.     +1    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Corvonero
    Posts
    132
    Reputation
    +288

    Status
    Anonymes!
    « Ehi ehi ehi, prima invitami a cena almeno! » Non può fare a meno di sorridere tra sé e sé, nell'udire per la prima volta, dopo quelle che molto probabilmente sono state settimane intere, la voce squillante di Arthur. È una persona che l'ha sempre messa di buon umore, nonostante tutto. Nonostante quegli sguardi inquietanti che è capace di lanciare, nonostante quella terribile malattia, che pure riesce a gestire con grande naturalezza, nonostante l'isolamento dal mondo a cui devi abituarti necessariamente, nel momento in cui decidi di stargli vicino. Ed Apple è sempre stata una persona per le persone, fatta per socializzare, essere amica di tutti e in generale molto espansiva; eppure è stata capace di farsi trascinare da quel mistero tenebroso che si nascondeva dietro ai sorrisi tetri del ragazzo, e alle sue risate quasi impressionanti. Quand'era con lui, Apple si è straniata dal mondo, in un modo che nessuno, nemmeno lei, avrebbe immaginato possibile, ma non è capace di pentirsi di quei momenti. Perché grazie a lui ha scoperto tante cose di sé stessa che forse mai avrebbe imparato, e quindi conserva tutto, nella sua mente, come un prezioso ricordo. Anche le cose brutte.
    « Credo di essermi arrogata il diritto di saltare questo step, che dici? » gli risponde divertita, sempre a bassa voce, mentre proseguono lungo il corridoio buio. « Appunto proprio perché sei il sopravvissuto più bello che ci sia, sarebbe proprio uno spreco se ci rimettessi la pelle: come farebbe Hogwarts senza il suo Adone? » Si stringe nelle spalle, pur attenta a controllare la sua reazione a quelle parole. C'era un tempo in cui una battuta sarcastica di questo genere non avrebbe avuto alcun peso tra loro due, ed è molto probabile che ancora non ce l'abbia, eppure Apple, dopo aver parlato, sente comunque di sincerarsi di non essersi spinta troppo oltre. È difficile, per una come lei, definire i limiti di qualcosa che prima non ne aveva. Non è da lei, e le sembra assurdo che due persone che prima condividevano così tanto, e che erano così vicine, debbano mettersi a misurare le parole che dicono, limitare gli sguardi per non apparire troppo insistenti o le dimostrazioni d'affetto, per non cadere nell'ambiguità. Ed è tutto così sbagliato, pensa sempre, perché l'amore, e il bene che ha voluto, non possono svanire di punto in bianco come se niente fosse. Ma così va il mondo, a quanto pare, e devono costringersi all'imbarazzo perché altrimenti stonerebbe.
    E poi va avanti con la sua richiesta decisamente strana, e sospetta, e che forse se ci pensa bene può sembrare perfino ambigua, ma che il biondo accoglie senza farsi problemi, e con tutta la sua tipica naturalezza. « Quindi se tu hai male ad una gamba ed io all'altra, in due facciamo due gambe buone. Ci completiamo, ci sta! » Gli sorride, grata che non abbia deciso di indagare oltre e porle altre domande perché sente che, per quanto sia una brava bugiarda, in questo momento non sarebbe in condizioni di portare avanti una menzogna ben costruita - tra l'imbarazzo, la tensione e la paura, Artie capirebbe cosa le passa per la testa in un istante. « Mi piace, come appuntamento. E' un modo originale per chiedermi di uscire. Certo avrei scelto il bagno dei prefetti come meta piuttosto che l'aula di pozioni ma... » Ridacchia, scuotendo leggermente la testa. Ecco, questa è la classica battuta irriverente tipica di Artie, alla quale un tempo avrebbe risposto con un bacio, uno sguardo provocante o un'altra battuta di questo genere, ma ora si ritrova interdetta, chiedendosi per un attimo cosa è lecito in queste situazioni.
    Ma alla fine segue comunque l'istinto, e dice quello che le passa per la testa in quel momento. « Non saprei, il bagno dei prefetti è sempre troppo frequentato. L'aula di Pozioni invece... » ammicca, incontrando per un istante gli occhi chiari di lui illuminati dalla luce debole emanata dalla punta della bacchetta, per poi distogliere lo sguardo e ridacchiare, tirando la testa all'indietro. Così, per sdrammatizzare un po'. Ma sì, che senso ha fingere di essere due estranei dopo tutto quello che hanno trascorso insieme? È determinata a fare di tutto perché possa sentirsi a proprio agio con lui, e perché per lui sia lo stesso: non le è piaciuto evitarsi, negli ultimi mesi, né rivolgersi quelle battute spicciole e fredde, decidendo così di gettare nella spazzatura un rapporto bello e autentico come il loro. Apple sostiene fortemente che le persone hanno bisogno delle persone, e, tra i tanti individui che vuole siano presenti nella sua quotidianità, Apple sente di aver bisogno anche di Artie. Soprattutto adesso, quando potrebbero tutti morire da un momento all'altro, lei non vuole rimpianti. Se deve andarsene, vuole farlo con la pace nel cuore e nemmeno un rimorso.
    Continuano a camminare, uno accanto all'altra, e più si addentrano nei corridoi bui e tetri dalle mura di pietra, che la bionda non crede di aver mai attraversato in vita sua, più sente la necessità di farsi vicina a lui, come a voler cercare una qualche protezione dal pericolo incombente. Non può vedere a più di un palmo dal suo naso, e perfino le luci delle loro due bacchette non aiutano più di tanto. E a lei il buio non è mai piaciuto. Mai. Da piccola era una di quelle bambine che piangevano di notte e che avevano bisogno della lucina accesa accanto al comodino; e tutt'ora, anche a diciassette anni, la notte sembra portare con sé una certa inquietudine ai suoi occhi, e non è mai tranquilla come durante il giorno. « Ommioddio Apple è terribile ci siamo persi. » A queste parole sussulta di colpo, prendendo a stringere il braccio del ragazzo con forza. Si rilassa solo quando lo sente ridere, e capisce che la sta solo prendendo in giro, per poi avvertire le proprie guance avvampare per la vergogna. Che credulona che è: ha sempre avuto una tale fiducia nelle persone, sin da giovane, che uno dei suoi più grandi difetti è non essere in grado di capire quando qualcuno la sta prendendo in giro o meno. « Scherzavo, scherzavo, non morire. »
    Sospira pesantemente, portandosi una mano al petto, non senza rivolgergli un'occhiata assassina. « Dai, smettila di scherzare con queste cose. Già sai che mi spavent- »
    « Tadààààà siamo arrivaaaaaaaa-eeeeeeeeee questa non è l'aula di Pozioni. » Lo osserva attentamente mentre si guarda intorno, confuso e un po' spaesato, e sente l'ansia montare sempre di più. Anche lei fa lo stesso, guarda a destra, poi a sinistra, poi dietro di sé, cercando di illuminare con la propria bacchetta più dettagli possibili, in modo da cercare qualche punto di riferimento che possa ricordarle dove si trovino, all'interno del castello. Ma niente. Sposta lo sguardo su Artie, mentre sente il proprio battito accelerare sempre di più. « Okay ci siamo persi. » Ed è questo annuncio definitivo che viene pronunciato dal biondo che le fa mancare per un attimo il respiro, mentre gli occhi celesti sembrano riempirsi di panico.
    « Come ci siamo persi? » ripete le sue parole, guardandosi ancora intorno, confusa e spaesata. E impaurita. « Non può essere, no dai, Artie... Non scherzare... » ma pian piano anche lei capisce che non sta scherzando, e allora deve costringere se stessa a respirare con regolarità, a prendere ampi sospiri per potersi calmare. Niente panico, si ripete fra sé e sé, e istintivamente la sua mano cerca quella del ragazzo e la stringe forte, per trovare un conforto. Non che la spaventi l'idea di non sapere dove si trovi in sé, quanto più di potersi ritrovare da un momento all'altro con di fronte qualche mostruosità che non sarebbero in grado di affrontare, senza nemmeno conoscere le vie d'uscita per scappare. Sarebbero in trappola. « Dobbiamo subito trovare l'uscita, Artie... » dice poi, decisa, cercando di mascherare la voce che trema. Stringe di più la sua mano. Questo buio accecante non l'aiuta per nulla.
    Lui invece, dal suo canto, le pare abbastanza tranquillo. « Va beh, vale a dire che avremo più tempo per stare assieme mentre cerchiamo l'uscita, se i demoni non ci mangiano prima. ....Alloraaaa, come va? » Inarca un sopracciglio, per poi guardarlo. È sorpresa di come riesca a mantenere la calma anche in una situazione in cui lei sarebbe capace di farsi prendere dal panico da un momento all'altro. Ma è meglio così, perché la sua serenità riesce a tranquillizzare un poco anche lei, ed il suo passo cadenzato, non troppo frenetico, sembra convincerla che andrà tutto bene: che niente di tremendo accadrà loro, e che, come ha detto lui, hanno tutto il tempo di trovare l'uscita. Con i loro tempi e con serenità. Comunque vada, sarà un'avventura. Pensa a Lucas, e a questa frase che le ripete sempre, ogni volta che lei si dimostra dubbiosa o spaventata, e anche questo riesce a rasserenarla di più.
    Continua a camminare, ad un passo un po' più rapido rispetto a quello di Artie, la mano sempre ancorata alla sua, e a illuminare con attenzione ogni angolo che ha di fronte, per evitare brutte sorprese. Sospira, prima di rispondere alla domanda di lui. Come va la vita? Non si vedono da tanto, loro due, eppure gli sviluppi che li riguardano non possono essere tanto particolari, considerato che hanno vissuto più o meno le stesse cose: ansia, terrore, paura. Si stringe nelle spalle.
    tumblr_inline_owakguiUvg1qlt39u_250
    « Va... come sempre in questi giorni, immagino. Ma questo... posto non mi piace. Mi sa che preferivo le trappole infernali e imprevedibili: erano terribili, è vero, ma erano meno... spettrali. » Ecco, spettrale, l'aggettivo perfetto per quel posto così orribile e pieno di morte. « Per il resto penso che vada come a tutti gli altri. Io mi trovo un po' più in difficoltà, di tanto in tanto. Mi vengono certi attacchi di panico che non so proprio gestire, mi manca il respiro e sento che starò per svenire. Tutti mi dicono che sto bene, ma io non mi sento bene. E non mi va nemmeno di lamentarmi troppo perché, sai, c'è gente che affronta di peggio di questi tempi. Credo di aver visto un ragazzo vomitare un liquido nero schifoso, l'altro giorno.» Scosta lo sguardo dal suo viso a di fronte a sé, mentre rabbrividisce al pensiero. Solo quando smette di parlare si rende conto di essere andata avanti un po' a ruota libera, e di aver condiviso, forse senza volerlo, anche cose che non avrebbe dovuto dire. Sì, insomma, per tutta quella questione del "Ormai siamo ex e non devi più preoccuparti dei miei problemi". Ma con Artie è sempre stato fin troppo facile parlare e condividere i propri pensieri, e per questo stavolta quasi non ci fa caso. Sospira, continuando a guardare avanti. « È... è proprio strano questo posto. » Scuote leggermente la testa, come a voler scrollarsi di dosso anche tutti quei pensieri curiosi e quelle visioni poco piacevoli alle quali è stata costretta, ultimamente. « E tu come te la cavi, Artie? Piede zoppo e salute precaria a parte, ovviamente. » Sorride, guardandolo. « Oh, sì, e tralasciando anche demoni pronti a ucciderci da un momento all'altro. »
     
    .
  4.     +1    
     
    .
    Avatar

    👿👿
    ★★★

    Group
    Member
    Posts
    357
    Reputation
    0

    Status
    Anonymes!
    « Non saprei, il bagno dei prefetti è sempre troppo frequentato. L'aula di Pozioni invece... » Sapete qual'è la verità? Che Apple gli è mancata. Dio, gli è mancata così tanto. A volte non ti accorgi di quanto possa mancarti una persona, fin quando non la rivedi. E' strano, è vero, è oltremodo paradossale, ma è così. Quando qualcuno scompare dalla tua vita, allontanandosi così tanto da svanire quasi completamente, volente o nolente, il suo pensiero verrà sostituito da altro. E' probabile che, se a quel qualcuno ci hai tenuto davvero tanto, rimarrà comunque stabile e fisso in qualche angolo del tuo cervello, pronto ad esser ripescato chissà forse un giorno, ma comunque sovrastato da tutto il resto. Dalla quotidianità, per esempio, quella quotidianità dove un tempo condividevi tanto, con quella persona, ma che adesso sei stato costretto ad abituarti a non farlo più. Poi però, quella nuova routine, viene interrotta. Nel caso di Artie, è andata in frantumi nell'esatto momento in cui le dita affusolate di Apple Scamander si sono strette attorno al suo braccio. E allora si ritorna al discorso iniziale: ti accorgi quanto una persona ti sia mancata quando te la ritrovi davanti. All'improvviso tutto ciò che avevi amato, tutto ciò che per qualche tempo aveva fatto parte di te, ti si materializza di fronte, di nuovo. Quegli sguardi, quei sorrisi, quei gesti: tutte quelle piccole cose che chissà, forse un tempo nemmeno notavi, ma che adesso sembrano così preziose. Apple ammicca, i suoi occhi chiari che incontrano i propri, ed Artie ridacchia, piacevolmente sorpreso da una certa confidenza nei suoi confronti. « Punto bonus all'originalità, davvero, mi hai sorpreso. E ce ne vuole, lo sai » Ecco che però, nonostante tutto, ritorna quell'imbarazzo di fondo. Sì, anche per uno come lui. Anche per Arthur Cavendish, che la discrezione non ha mai saputo dove sta di casa. Non gli piace, non gli è naturale, eppure c'è comunque. E' una sensazione che non riesce a controllare, che lo porta a mordicchiarsi l'interno della bocca, distogliendo lo sguardo. Arthur di limiti non ne ha mai avuti. Ha sempre detto ciò che gli passa per la testa esattamente quando e come gli passa per la testa. Ma con lei...Beh, è diverso, a quanto pare. Strano sì, ma diverso.

    [...] « Come ci siamo persi? » Si gira verso di lei, e vede il panico nei suoi occhi. Ecco un'altra cosa che gli era mancata di Apple. Lui, un cuore di leone, non lo è mai stato. Ma il fatto che lei lo fosse forse addirittura meno di lui, riusciva a farlo sentire un minimo coraggioso, tutte le volte. Per uno come lui, che volente o nolente -a causa della sua salute piuttosto precaria- nella vita era sempre stato protetto, proteggere a sua volta (anche se decisamente a modo suo) era..Bello. Anche quì, strano, ma bello comunque. « Non può essere, no dai, Artie... Non scherzare... » Prova a calmarsi Apple, respirando profondamente, mentre la sua manina esile va a stringersi attraverso la propria. Per qualche attimo si pietrifica, Arthur, che a gesti come questo non è più abituato, ma alla fine sorride, stringendola a sua volta. « Ehi, ehi, non preoccuparti okay? Ci sono io. » Le dice, sforzandosi per sembrare il più rassicurante possibile. Lui che rassicura qualcuno? Roba da guinness world record, ragazzi. « Che okay non è poi una gran bella garanzia, è vero, ma meglio di niente è, no? » Sorride, sinceramente, mentre la mano di lei si stringe ulteriormente contro la sua. « Dobbiamo subito trovare l'uscita, Artie... » Annuisce, riprendendo a camminare. La troveranno un'uscita, ne è sicuro. Perchè è come in uno di quei film catastrofici babbani. Se sono sopravvissuti fino a quel momento, significa che loro fanno parte di quei pochi fortunati che arriveranno a fine storia, in un modo o nell'altro, mentre tutti attorno a loro cadono, uno ad uno. Quindi camminano in cerca di un corridoio che sembri meno uguale rispetto agli altri, le mani ancora strette, in quel legame che più tempo passa, più gli è impossibile slegare. Diciamocelo, Arthur Cavendish non è mai stato incline ad un certo tipo di gesti. La tenerezza, la dolcezza e qualsiasi forma di gentilezza non hanno mai fatto per lui. Eppure eccolo lì, ad ogni modo, a sorridere come un cretino quando le dita esili di Apple si arpionano ulteriormente alle sue, di tanto in tanto. « Va... come sempre in questi giorni, immagino. Ma questo... posto non mi piace. Mi sa che preferivo le trappole infernali e imprevedibili: erano terribili, è vero, ma erano meno... spettrali. » Il passo di lei è più svelto rispetto al suo, claudicante, ma ciò nonostante riesce comunque a starle dietro. « Per il resto penso che vada come a tutti gli altri. Io mi trovo un po' più in difficoltà, di tanto in tanto. Mi vengono certi attacchi di panico che non so proprio gestire, mi manca il respiro e sento che starò per svenire. Tutti mi dicono che sto bene, ma io non mi sento bene. E non mi va nemmeno di lamentarmi troppo perché, sai, c'è gente che affronta di peggio di questi tempi. Credo di aver visto un ragazzo vomitare un liquido nero schifoso, l'altro giorno.» Piega appena la testa di lato, mentre prova ad immaginarsi la scena. Ne ha viste tante, Artie -fidatevi, ne ha viste davvero troppe- ma gente che vomita roba schifosa nera gli manca all'appello. Ed ha ragione Apple, a definire quel posto spettrale. Lui, dal suo canto, non ci ha mai fatto tanto caso. Un inferno simile lo ha già visto, nelle sue visioni, nei suoi sogni, in tutte quelle allucinazioni che l'hanno da sempre accompagnato. Ma riesce comunque a comprendere come per una come Apple, dotata di una purezza fuori dal comune nonostante tutto, dev'esser oltremodo difficile comprendere un tale caos. Perchè è di caos che si tratta, in fin dei conti. E gli dispiace, sentirla così. Preoccupata, frustrata, a tratti allibita. Perchè nonostante sia passato tanto tempo, i problemi di lei, sono ancora i suoi problemi, in un qualche modo. Gli basta anche solo sentirli, per immedesimarsi. E non è normale, questo. Cazzo se non è normale! Arthur Cavendish, l'egoista per antonomasia, che si identifica nei problemi altrui. Nei suoi problemi. « Samara che vomita liquido nero invece che verde devo ammettere che manca al mio catalogo di cose strane mai viste. » Scherza allora, ad un certo punto, mentre lo sguardo vaga attraverso il corridoio che stanno percorrendo. « È... è proprio strano questo posto. » Un sorriso amaro aleggia sul suo viso per qualche attimo, sfregiando quel solito alone di eccessiva serenità che lo caratterizza. « Hai ragione, è proprio parecchio strano. Ed è normale, non stare bene in questo posto. Perchè cazzo, se stai bene in un posto del genere, significa che hai qualcosa che non va. » Come me, ad esempio. « Però averne paura è peggio, Apple. So che non la controlli, quella, so che è impossibile, ma questo posto, queste creature, è della tua paura che si nutrono. » Fidati di me, io lo so. Percepisce un fremito interno, ma si sforza per ignorarlo. « E non concediamoglielo un bacchetto a questi bastardi, non se lo meritano. » Probabilmente la pagherà, per quelle parole, ma poco gli importa. « E tu come te la cavi, Artie? Piede zoppo e salute precaria a parte, ovviamente. Oh, sì, e tralasciando anche demoni pronti a ucciderci da un momento all'altro. » Ridacchia, sorridendo poi di rimando, prima di stringersi nelle spalle. La verità? Artie se la passa davvero di merda. Perennemente diviso tra bianco e nero. In bilico, ogni giorno, tra la vita e la morte. Questo posto, questi incubi, lo rendono debole. Riescono ad estirpargli quel poco di energia rimasta, riducendolo a quell'ammasso di droghe pesanti e non sa cos'altro che ormai si sente. « Bene. » Una merda.
    ycZd6w3
    « Me la cavo, insomma. » Annuisce, convinto. « Sì cioè, tutto regolare. Sono sopravvissuto fino ad ora e non mi davo neanche mezza giornata di vita, quando sono iniziate le trappole. Perchè insomma, mi conosci. » Ride « Della serie che mi accorgevo che una trappola era davvero una trappola quando come minimo avevo l'acqua alla gola. Letteralmente, alle volte » Breve storia triste. Si stringe nelle spalle, come se parlare della sua morte scampata per un pelo un giorno sì e l'altro pure sia la cosa più naturale al mondo. Sta per aggiungere qualcos'altro, quando qualcosa attira la sua attenzione. Un presentimento forse, uno scricchiolio, non saprebbe descriverlo. Succede sempre così, ultimamente più spesso del normale. Ci sono i presentimenti, ci sono le visioni, e poi tutto avviene. Ed avviene sul serio, quando le braccia di lui si stringono contro il corpo esile di lei, per tirarla verso dietro. Becca una porta alle sue spalle, forse quella di un ufficio di qualche professore, e vi si infila attraverso, trascinandola con sè. Qualcosa passa loro di fronte, a pochi metri. Striscia, forse cammina, non riesce a capirlo. Ma non è umano, decisamente non lo è. Per fortuna sembra non notarli, e quando quei suoni raccapriccianti sono ormai lontani, si premura a richiudere la porta con un colpo di bacchetta. Non che una porta serrata possa essere un rimedio contro i demoni, ma meglio di niente è, si autoconvince. « Non svenire okay? Non svenire. E' andato. Sei con me. » Mormora, lo sguardo che cerca il suo, per accertarsi che non sia in preda a qualche crisi. « E poi ecco dai, non puoi morire » Non di nuovo tra le mie braccia « ...Poi darebbero la colpa a me. » Scherza, per sdrammatizzare, ed è allora che si accorge dell'effettiva situazione in cui si trovano. Sono caduti per terra, e lui la sta stringendo ancora tra le braccia. Vicini, oltremodo vicini. E gli sembra così familiare, eppure al tempo stesso così estraneo. « Ahm.. » Farfuglia, distogliendo immediatamente lo sguardo e scostandosi appena. Se arrossisci ti uccido ripete a sè stesso « Scusa, non volevo assalirti. Non con così poco preavviso insomma, non è nel mio stile » Cerca di rendere la situazione meno imbarazzante di quanto non lo sia già. Peggiorando ulteriormente le cose, probabilmente, al solito suo. « E' che.. Sì ecco ci avrebbe mangiati. Quì dovremmo essere al sicuro, almeno il tempo di farlo andar via, qualsiasi cosa fosse » La cerca di nuovo con lo sguardo, mentre si mordicchia il labbro inferiore, imbarazzato. « Tutta intera? Stai bene? » Si guarda attorno. E' familiare, quel posto. Decisamente l'ufficio di un professore, seppur ne sia rimasto ben poco, di intatto. Lo sguardo cristallino si posa per terra, laddove giacciono i resti di una vetrina ormai sfasciata. Piega la testa di lato, setacciando ciò che resta tra le varie schegge di vetro, fin quando.. « Cavolo è l'ufficio di quel pazzo di Wilde! » Squittisce, a voce fin troppo alta « Ops, volevo dire, è l'ufficio di Wilde. » Ripete a bassa voce, allungando un braccio per agguantare..Una bottiglia. Sì proprio una bottiglia d'alcool. Che sia lodato quell'uomo. « Sembra whiskey..Ne vuoi un po'? Ti scalderebbe » Annuisce, con fare innocente, questa volta sul serio. Ha dell'alcool in mano e glielo sta offrendo senza doppi fini. Chi sei tu e cosa hai fatto ad Artie? « E rilasserebbe un po', credo. Non voglio ubriacarti giuro. »
     
    .
  5.     +1    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Corvonero
    Posts
    132
    Reputation
    +288

    Status
    Anonymes!
    « Ehi, ehi, non preoccuparti okay? Ci sono io. Che okay non è poi una gran bella garanzia, è vero, ma meglio di niente è, no? » Distende le labbra in un sorriso nervoso, tirato e quasi distratto, mentre si guarda intorno con una certa cautela. Le parole del biondo sono espressione di verità: la sua presenza, nella vita di Apple, non ha mai preannunciato niente di buono; eppure, al contempo, il calore della sua mano, e quelle sue attenzioni, riescono a tranquillizzarla almeno un po'. Sicuramente meglio di niente. Di certo la sua sola presenza aiuta: fosse stata da sola, avrebbe compiuto piccoli passi tutta tremolante, nel buio di quei corridoi che in sua assenza le sarebbero parsi di gran lunga più spaventosi; così invece, ad ogni piccolo rumore che avverte in lontananza ha la possibilità di stringersi di più al suo fianco, egoisticamente, alla ricerca di conforto e protezione.
    « Beh sì, direi meglio di niente » gli fa eco, gli occhi chiari che perlustrano lo spazio angusto alla loro destra, per accertarsi che non ci sia niente in agguato nemmeno lì. Lo ascolta parlare, nel frattempo, passo dopo passo, e man mano che avanzano le parole di lui sembrano darle un po' di coraggio - quel poco che le serviva per smettere di tremare, per lo meno.
    « Ed è normale, non stare bene in questo posto. Perchè cazzo, se stai bene in un posto del genere, significa che hai qualcosa che non va. Però averne paura è peggio, Apple. So che non la controlli, quella, so che è impossibile, ma questo posto, queste creature, è della tua paura che si nutrono. E non concediamoglielo un bacchetto a questi bastardi, non se lo meritano. » Riesce perfino a ridere piano, la piccola Apple, nel sentire quelle parole, mentre la sua mano pallida stringe di più quella del ragazzo. Può subito notare come gli sia facile collidere con i suoi pensieri, capire quello che le passa per la mente e trovare qualcosa da dire che possa farla stare meglio, anche solo un po'. La bionda vede la cosa come una sorta di dimostrazione del fatto che i mesi trascorsi insieme non sono stati solo una perdita di tempo, un autodistruggersi a vicenda fino al raggiungimento del limite massimo. Che c'era una vera sintonia nascosta tra i loro baci al sapore di alcol e quelle nottate insonni passate a delirare. Che esisteva un modo per capirsi, nonostante tutto, e che lui l'aveva trovato, imparando a leggere anche quegli indizi velati che lei lasciava trasparire da uno sguardo o con il linguaggio del corpo. Non è una grande rivelazione, la sua, perché in fondo l'ha sempre saputo, che lei e Artie erano sempre stati più di un semplice passatempo: eppure, nel rifletterci su, non può che sorridere tra sé e sé. « Bene. Me la cavo, insomma. Sì cioè, tutto regolare. Sono sopravvissuto fino ad ora e non mi davo neanche mezza giornata di vita, quando sono iniziate le trappole. Perché insomma, mi conosci. Della serie che mi accorgevo che una trappola era davvero una trappola quando come minimo avevo l'acqua alla gola. Letteralmente, alle volte »
    Solleva lo sguardo per guardarlo, un istante, per poi scuotere leggermente la testa. Quelle parole non la sorprendono quasi per nulla, perché Arthur è sempre stato così: svogliato, disattento, menefreghista. E per quanto Apple avrebbe sperato che il suo comportamento sarebbero cambiati in un contesto pericoloso come quello nel quale erano caduti, non ci aveva mai davvero creduto. Anche lei, come lui, conosce bene la sua indole, quell'atteggiamento autodistruttivo che lo contraddistingue da sempre, e che in determinati momenti è stato in grado di contagiarle. È sempre stato una cattiva influenza per lei, Artie, forse la peggiore - e gliel'hanno ripetuto in tanti: Lucas, sua madre, le sue amiche, e suo cugino in primis, ma è stato sempre inutile, perché la bionda, ai loro avvertimenti, si è sempre stretta nelle spalle, rispondendo con un commento magari anche poco elegante. « Dovresti prenderti di più cura di te stesso, Artie. Te l'ho sempre detto. » Un sospiro, e poi scuote la testa. Ed è quasi ironica questa cosa, perché la giovane Corvonero ha effettivamente trascorso del tempo a ripetergli quanto dovesse avere più amor proprio, ma d'altra parte chiunque avrebbe potuto risponderle, in quei momenti, con un serafico ed irridente "Da che pulpito!"; c'era difatti chi avrebbe potuto sostenere quanto la sua vicinanza con il Serpeverde problematico non fosse un tentativo di salvataggio, quanto piuttosto l'espressione di una voglia di vedersi affondare altrettanto. E forse Apple l'aveva avuto dentro, questo spirito distruttivo che in fin dei conti è tipico di chi, come lei, possiede un'indole creativa ed un'anima in costante movimento: non è raro per lei incontrare momenti in cui volersi annullare, o semplicemente diventare altro da sé, e in questi casi Arthur Cavendish sapeva essere il perfetto compagno di viaggio. È per questo motivo che ora, mentre lo guarda con fare quasi apprensivo, e pronuncia quelle parole stringendogli la mano, suona così poco credibile perfino alle proprie orecchie, e per poco non rotea gli occhi chiari al cielo, come a testimoniare quell'irritazione nei confronti di se stessa che prova in questi casi: quegli stessi occhi che l'hanno vista, quella sera, attraverso il riflesso distorto di uno specchio appena infranto, nelle peggiori condizioni, mentre se ne stava accasciata in quel bagno minuscolo e lercio e annaspava per cercare aria, appena prima di perdere i sensi completamente. Quegli occhi che la conoscono meglio di quanto lei stessa creda, ora quasi ridono al ricordo di quell'immagine, e davanti a quella falsa pretesa di cura. Con Artie stare bene è sempre stato qualcosa in secondo piano. Prima di tutto c'era l'essere, e il sentire, che non necessariamente era qualcosa di positivo. Erano semplici emozioni, l'una dietro l'altra, belle, brutte, angosciose, entusiasmanti, ma in ogni caso forti. Tanto da lasciarla quasi distrutta, alla fine di tutto; tanto da impedirle fisicamente di andare avanti. E adesso, sì, adesso si rende conto di quanto può risultare ipocrita e insulsa quella richiesta di fare attenzione, proprio da parte sua. Sta per aggiungere qualcos'altro, ma non fa in tempo perché all'improvviso le braccia di Artie avvolgono il suo corpo e la trascinano all'indietro, nel buio, oltre una porta rimasta aperta. Cerca di divincolarsi ma quel suo movimento inaspettato fa perdere l'equilibrio ad entrambi, che cadono sul pavimento, l'uno sopra l'altro: ma non hanno nemmeno il tempo di accorgersene, né di far caso ai dolori provocati dall'urto della caduta, perché in quell'esatto istante possono vedere, in controluce, una sagoma ben poco distinguibile avanzare verso sinistra, e sorpassare quella stanza.
    Apple, stretta tra le braccia del ragazzo, trattiene il fiato, mentre guarda, incapace di arrestare il battito involontario dei propri denti, la porta chiudersi di fronte a loro, grazie all'incanto non verbale di Artie. « Non svenire okay? Non svenire. E' andato. Sei con me. » Annuisce piano, mentre si costringe a smettere di tremare. È andato. Non svenire. Non svenire. « E poi ecco dai, non puoi morire... Poi darebbero la colpa a me. » Il sorriso di lui vuole far intendere, probabilmente, che si tratta di una battuta, e per quanto anche lei nella propria mente sia in grado di trovarla divertente, non riesce a ridere. Resta ferma allora, gli occhi sbarrati a guardarlo, ancora incapace di elaborare quello che è appena avvenuto. E lui probabilmente fraintende questo suo sguardo, scambiandolo per imbarazzo, causato dall'improvvisa vicinanza tra loro. « Ahm... Scusa, non volevo assalirti. Non con così poco preavviso insomma, non è nel mio stile »
    Lo guarda scostarsi da lei, e quella distanza improvvisa pare quasi dispiacerle. Scuote piano la testa, mentre si mette a sedere meglio per terra, con le gambe incrociate, e passa una mano tra i lunghi capelli, ora color cenere. La paura li rende grigi. « Non scusarti » lo rassicura, stringendosi poi nelle spalle. « Non mi ha dato fastidio. Ne avevo bisogno. » Ne ho bisogno. Il calore umano, di quello non se ne ha mai abbastanza, non in casi come questi, per lo meno. E Apple, lo ripete fin da quando aveva poco più di sette o otto anni, è fatta di colori e amore, e senza l'uno dei due non è in grado di andare avanti.
    « Tutta intera? Stai bene? » Si limita ad annuire brevemente a quelle parole, mentre si massaggia con una mano il braccio che ha urtato per terra, nella caduta. Sì, a parte la grande paura del momento, e qualche piccolo livido da qualche parte nel corpo, sta bene ed è tutta intera. Nessun mostro l'ha ancora divorata, il che è un gran traguardo, fino ad ora. Si guarda poi intorno, insieme a lui, e può constatare con facilità, come poi lui osserva ad alta voce, grazie alla presenza delle numerose bottiglie di alcolici in giro, che la stanza in cui si trovano è proprio l'ufficio del professore Wilde. La cosa non la colpisce più di tanto, ma Arthur sembra in qualche modo quasi elettrizzato da quella scoperta. Lo guarda agguantare una bottiglia a portata di mano e offrirgliela, l'aria incredibilmente innocente. Il che è davvero un ossimoro, se si considera che lui è proprio Arthur Cavendish con una bottiglia d'alcol in mano, che sono soli in una stanza al buio e che lei è di fronte a lui, spaventata e alla ricerca di conforto. « Ti scalderebbe. E rilasserebbe un po', credo. Non voglio ubriacarti giuro. » La giovane inarca un sopracciglio, e pare tentennare, per qualche istante, ma non troppo: senza dire nulla prende poi la bottiglia dalle mani del Serpeverde e, dopo aver tolto il tappo, la porta alla bocca, prendendone una lunga sorsata. Nell'avvertire quel liquido scenderle giù per la gola riesce anche a sentire un bruciore familiare, e a quel punto annuisce, mentre strizza leggermente gli occhi e gli porge la bottiglia a sua volta: sì, quello è decisamente Whiskey. E anche abbastanza forte, da quel che può capire.
    Lo guarda bere, appoggiando i gomiti alle proprie gambe e facendosi, quasi involontariamente, un po' più vicina a lui. « Sicuramente aiuta a riscaldarsi » osserva, un po' sovrappensiero, per poi sollevare lo sguardo dalla sua figura, e posarlo su altri dettagli della stanza: delle piccole piantine accanto alla finestra, alcuni libri sparsi per terra, un busto di marmo in un angolo, la scrivania disordinata. « Grazie, Artie » dice poi, poggiando una mano sul ginocchio di lui, rivolgendogli dunque un sorriso sincero. Inutile specificare il perché: è abbastanza palese come, in sua assenza, Apple sarebbe senza dubbio stata divorata da quell'essere che c'era là fuori. Nulla le dà la conferma che non avverrà in ogni caso, ma i riflessi pronti del biondo sono stati in grado di salvare entrambi dalle grinfie di quel mostro, almeno per ora. Sembra pensierosa per qualche istante ancora, gli occhi chiari persi in un punto imprecisato alle spalle del ragazzo, prima che riprenda a parlare, e questa volta con una certa sicurezza nella voce. « Stavo pensando che non ti ho mai davvero chiesto scusa. Per... sì, insomma, lo sai perché. » Si stringe nelle spalle. Per essermene andata così all'improvviso. Per averti lasciato, con quelle spiegazioni spicciole che non stavano né in cielo né in terra, nonostante la consapevolezza di entrambi che i motivi di tutto quanto fossero altri. Per essermi comportata come se fosse solo e soltanto colpa tua. « Non meritavi quel mio comportamento. Non meritavi che troncassi tutto in modo così brusco, specie dopo quello che è capitato. Che, per inciso, non è mai stato colpa tua. Mi dispiace se ti ho fatto pensare che fosse così. » Mi dispiace per averlo pensato io stessa.
    tumblr_inline_nlxsq0pfSa1sccn28
    Ci aveva provato, a scacciare quel pensiero, per i primi tempi, ma il suo atteggiamento un po' freddo nei confronti del ragazzo era anche dettato dalla sua convinzione, conscia o subconscia che fosse, che la colpa di quella notte fosse da attribuire solo a lui. I primi mesi, per lo meno, aveva navigato con una certa comodità in quella convinzione, che la scagionava da tutte le accuse nei confronti di se stessa: se ne era lavata le mani, per così dire, con un menefreghismo ed un disinteresse incredibili. Ma poi, ad un tratto, la realtà le era crollata addosso come un macigno, ed aveva avuto modo di capire, suo malgrado, che anche (e soprattutto) lei aveva messo del suo in quella situazione. Che si era tuffata a capofitto nella perdizione insieme ad Artie, e che, se per poco non ci aveva rimesso la pelle, quello era una conseguenza solo e unicamente delle sue azioni, e del suo libero arbitrio. L'autodistruzione non è mai solo frutto di una cattiva influenza. « La verità è che non sarei qui se non fosse per te. » Lui l'aveva soccorsa in quel momento, lui aveva cercato di farla respirare, per come poteva, e l'aveva portata di corsa in Infermeria, senza indugiare. « Mi dispiace se sono stata così infantile, stupida, e per non avertelo riconosciuto prima. Ti devo tanto. » Istintivamente, si ritrova ad allungare una mano per stringere quella di lui, mentre solleva gli angoli delle labbra, in un sorriso un po' timido. Non riesce più a sopportare quell'imbarazzo, e quelle loro stranezze, non se stanno a un passo dalla morte. Non possono permetterselo. Sospira, leggermente, per poi specchiarsi negli occhi chiari di lui. « Sono sempre stata bene con te, Artie. » "Bene" è inteso in senso lato e non assoluto, è ovvio, ma questi sono dettagli. Gli rivolge un altro sorriso, prima di rubargli la bottiglia dalle mani e prendere un altro sorso rapido, per poi appoggiare il proprio capo sulla spalla di lui. « E adesso sono contenta che ci sia tu qui con me » ammette infine, guardando di fronte a sé, con il solito candore che la contraddistingue. « Rendi le cose meno spaventose. »
     
    .
4 replies since 17/2/2018, 21:56   96 views
  Share  
.