Always and forever

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    er bacchetta


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    « Guidami. » Greagoir Olivander se ne stava chino, davanti ad una tenue fiammella di fuoco fatuo che aveva evocato e lasciato levitare a mezz'aria perché rischiarasse il buio nel quale era immerso e infondesse un po' di calore. Solo un poco, per contrastare il gelo abissale nel quale erano immersi da chissà quanto tempo. Aveva perso il conto perfino lui, tra i più metodici e maniaci del controllo. Non che fosse ormai umanamente possibile controllare qualcosa: il dilagarsi dell'oscurità della Loggia aveva reso chiaro a tutti loro come alcune cose fossero semplicemente incontrollabili agli esseri umani. Col viso abbassato, più di un ciuffo color dell'oro gli ricadeva sopra il viso, il prezzo da pagare per gli ormai tre mesi che l'aveva visto recluso in un castello così tragicamente sprovvisto di parrucchieri. Eppure aveva smesso ormai da tempo di preoccuparsi dei propri riccioli biondi, il rampollo degli Olivander, messo al muro dalla profonda serietà di ciò che lo circondava. La morte era un'inevitabile componente della vita con cui sia Greg che la sua famiglia avevano sempre fatto i conti con una calma quasi surreale, tanto da saper convivere spensieratamente con il fantasma di nonna Flora su e giù per le scale. Ma l'incubo in cui erano stati catapultati da Ottobre in poi nulla aveva di naturale, di razionalizzabile o semplicemente di comprensibile, perché i cadaveri di ragazzi poco più piccoli di Greg si erano moltiplicati, giorno dopo giorno. Vite spezzate molto prima del loro tempo. Solo un essere senza cuore avrebbe saputo farsi scivolare sulla pelle una bruttura simile e, no, Greagoir Olivander non era un uomo di quelli. Al contrario, mosso da un'emotività forse troppo spiccata, fin dagli albori della tragedia aveva messo a disposizione tutto sé stesso per la causa, aiutando i pochi professori rimasti e il famigerato Branco a tenere in ordine la situazione. Se non riusciremo noi adulti a farli uscire di qui, pensava l'ex corvonero con le braci della propria speranza nel cure, quanto meno li proteggeremo fino alla fine. Per questo motivo aveva iniziato a pattugliare i corridoi che così tanto bene conosceva, proprio come aveva fatto in passato da caposcuola in compagnia di Evie Potter - la cui voce orgogliosamente aveva innescato il moto della rivoluzione, e non senza un moto di sorpresa e ammirazione nel cuore di Greg; per questo motivo aveva fatto un bel ripasso di Pozioni e dei rudimenti di Medimagia per aiutare in infermeria; per questo si era raccolto spesso con i più piccoli e di tanto in tanto aveva insegnato loro qualcosa che potesse tornare utile - un incantesimo Testabolla ai più piccoli o alcuni trucchi per castare un Incanto Patronus ai più grandicelli. Ma c'erano momenti in cui perfino lui, una tra le più esuberanti personalità della vecchia guardia, preferiva stare da solo. Come quella sera, in cui davanti al proprio fuocherello magico, se ne stava rannicchiato con la bacchetta magica posata sul palmo della mano. Al suo comando, la bacchetta non si era mossa: era dal momento in cui le porte di Hogwarts si erano blindate che l'incantesimo Guida aveva smesso di funzionare, insieme a tutte le apparecchiature più o meno tecnologiche che gli studenti avevano, come se le diavolerie di Kingsley avessero mutato perfino il magnetismo terrestre. Per questo motivo l'estro di Greagoir, piccolo inventore magico, si era attivato e nel corso di tutte le settimane passate in clausura aveva studiato per modificare l'Incantesimo Guida: non voleva più che puntasse verso il nord, ma verso una persona specifica. Grazie a quella trovata, di tanto in tanto Greg e il resto dei soccorsi erano riusciti a trarre in salvo dalle trappole qualche studente scomparso. Dentro i confini del castello, l'incantesimo funzionava egregiamente ma non riusciva a trovare le persone al di fuori dei cancelli. Notizie meno belle arrivavano quando però la bacchetta, nominato e pensato fortemente il soggetto da trovare all'interno delle mura, non si muoveva. L'incantesimo non può trovare i morti. « Guidami da mia madre. » La voce del ragazzo, oltre la condensa del proprio respiro congelato, era minuta, sconsolata come non lo era mai stata, priva di speranza. Era un giochino che si era ritrovato a fare spesso, chiedere alla propria bacchetta di riportarlo da persone che sapeva perfettamente essere troppo lontano da lui. Al sicuro, certo. Il viso di sua madre Melinda gli apparve nella mente, col suo solito sorriso che da lei aveva ereditato, bella e radiosa: la immaginava a casa, a Diagon Alley, sfiorire giorno dopo giorno per la scomparsa del suo unico figlio. Melinda Nott aveva sempre mantenuto la regalità dell'aristrocrazia da cui proveniva ma come amplificata dal calore che aveva ritrovato, puro e genuino, solo dopo il matrimonio con Gawen Olivander. « Guidami da mio padre. » E Gawen? Quel pazzo, pazzo uomo era un incognita. Lo immaginava ridere e scherzare per sdrammatizzare la situazione - "vedrai come ne uscirà bello muscoloso dal castello, riuscirà a trasportare almeno cinque casse di legna alla volta!" - per poi scendere tranquillamente le scale di casa ed entrare nella bottega che sarà stato costretto a riprendere in mano. Laggiù, tra un cliente e l'altro, lo immaginava piangere: da lui Greagoir aveva ereditato la sincerità della mente e del cuore, proprio come Gawen che non era mai riuscito a nascondere troppo a lungo le proprie emozioni. Così era Greg, che di tanto in tanto si era concesso il lusso di piangere la propria disperazione, in disparte per non trascinare nella propria tristezza anche gli altri. In un luogo come la nuova Hogwarts la tristezza, la disperazione, la bassa motivazione e l'assenza di speranza uccidono. « Guidami da mio nonno. » Era certo che Garrick Olivander non si fosse scomposto, alla notizia che il suo pupillo fosse rimasto chiuso in una trappola mortale. Sarebbe rimasto stabile e sicuro come tutte le altre volte che il male aveva bussato alla sua porta, lui che aveva vissuto in prima persona l'ascesa e il declino del più terribile mago oscuro di tutti i tempi. Lo immaginava guardare fuori dalla finestra, sulla sua sedia a dondolo preferita, con gli occhi lucidi misti di apprensione e coraggio. Lui più di tutti aveva sempre creduto in Greagoir e continuava a farlo. "Se c'è qualcuno che può sopravvivere, quello è mio nipote" pensava dandosi il coraggio. D'altra parte, la più grande paura di Greg era di ritornare a casa - perché sarebbe ritornato - e scoprire che nel frattempo suo nonno, ormai più che anziano, si era spento. Non essere al suo fianco nel momento dell'ultimo respiro era qualcosa che non si sarebbe mai perdonato, mai. E ancora una volta, alla terza invocazione, la bacchetta non si mosse. Sorrise mesto. Siete lontani, siete al sicuro. Vi raggiungerò presto. Tutto ciò di cui aveva bisogno era la propria vita di un tempo, ritornare indietro anche solo di qualche mese. Anche rivivere le proprie disavventure amorose se necessario, anche sorbirsi l'odio di Rocket, pur di riabbracciare i propri cari, la famiglia, gli amici. Che stava facendo Dash? E Ophelia? « Guidami da Ophelia. » Gli ritornò in mente il bel viso dell'amica più esuberante che avesse mai avuto, la stessa che aveva sorpreso con un invito spettacolare a Diagon Alley: il tappeto rosso, i diamanti nel cielo, i pavoni, una canzone ed era meglio se me ne stavo a letto quel giorno. Sperò che anche lei fosse al sicuro chissà dove, lontana da tutto quello. Lo sperava con tutto il cuore, eppure la bacchetta si mosse. No. Animatasi inaspettatamente, iniziò a ruotare su sé stessa fermandosi poi di colpo, puntando all'uscita del dormitorio dei Corvonero nel quale si trovava. Non può essere. « Guidami da Ophelia Watson. » scandì con più decisione, concentrandosi meglio sull'ultima immagine che aveva della sua migliore amica, meravigliosa nel suo abito da cerimonia durante il ballo di Halloween. Ancora una volta, la bacchetta vorticò rapidamente per fermarsi nello stesso punto in di prima, dritta verso l'uscita della torre ovest. No, anche tu no! Per mesi era stato convinto che Ophelia avesse lasciato il castello in compagnia dell'aitante cavaliere con cui l'aveva lasciata, prima di andare a caccia dell'ultimo ballo con Rocket Dragomir. E invece?

    « Ehi, tu! » La voce squillante di Greg bloccò il passo cadenzato di Tommy Prince, zelante membro della guardia. Aveva fatto la sua conoscenza solo qualche settimana prima, quando il grosso grifondoro gli aveva coperto le spalle mentre cercava di mettere in sicurezza la torre ovest con tutti gli incantesimi difensivi che gli tornavano in mente. Aveva scoperto in Tommy un grande cuore che lo spronava a far sempre meglio il suo lavoro di cadetto in guardia: se c'era qualcuno che avrebbe potuto vedere cose, quello era Tommy Prince. « Tommy, ciao. Senti, è importante, molto importante. Fai mente locale: hai visto per i corridoi Ophelia Watson? » scandì lentamente il nome dell'amica perché non ci fossero dubbi su chi fosse la ragazza in questione. « Ophelia Watson? » grugnì il ragazzone, massaggiandosi il mento avvolto da un filo di barba. « Ophelia Watson. Alta più o meno così, capelli lunghi, sguardo.. particolare? » Perché di certo non avrebbe mai e poi mai ammesso neanche a sé stesso che la sua più cara amica, il più delle volte, aveva degli occhi veramente allampanati e inquietanti, da svitata. Sì, era vero, Ophelia Watson era da tempo che aveva perso qualche venerdì ma di certo Greg non avrebbe preso quel suo particolare aspetto come metro di giudizio. Eppure, proprio quel dettaglio bastò a Tommy per far accendere la lampadina. « Aaaah, Ophelia Watson! La pazza! » Le dita di Greagoir si strinsero sulla bacchetta, mentre i grandi occhi di cobalto si socchiudevano in un'espressione apertamente spazientita. Ti giuro che non ti schianto solo perché mi servi, deficiente. « Nope, mai più vista. Ce ne saremmo accorti tutti penso! Sai com'è.. » fece un fischio mentre ruotava l'indice contro la tempia. "Sai com'è, è fuori come un balcone." Senza troppe cerimonie, Greg spintonò il grifondoro, puntandogli l'indice della mano libera contro. « Sei Prince solo di nome. Idiota. »
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    Lo lasciò impalato dove l'aveva trovato, confuso su quanto era successo, e si allontanò di corsa lungo il corridoio di fronte alla torre ovest. Di tanto in tanto, superati ostacoli e scacciate creature pericolose, il bacchettaro era costretto a fermarsi e ripetere l'incantesimo. Guidami da Ophelia. Percorse velocemente i corridoi del sesto piano poco lontani dall'aula di Rune Antiche, arrivò alla rampa di scale centrale e salì i gradini di un piano. La bacchetta, che ad ogni suo spostamento si muoveva magicamente sopra il palmo della mano aperta, lo stava lentamente conducendo di fronte ad un ritratto ormai scardinato, oltre il quale era nascosta un'apertura nella spessa parete di pietra. La sala comune dei Grifondoro? Rallentò il passo e superò circospetto l'entrata della torre dei grifondoro, castando un Lumos non verbale. Il chiarore della punta della bacchetta gli restituì l'immagine di una sala comune rovinata, com'era prevedibile. Radici e muffe avevano ricoperto quello che ricordava essere uno degli ambienti più caldi dell'intero castello, ora freddo e spento. Non era più il luogo in cui da studente si era infiltrato, per qualche festa organizzata da quel delinquente ripulito di Dean Moses, che Merlino l'abbia in gloria. Un brivido freddo gli percorse la schiena, ogni angolo di quel luogo non gli piaceva. Alzò la bacchetta illuminata sopra la testa per ampliare il cono di luce, di Ophelia non c'era traccia. « Ophy? sussurrò, quasi avesse paura di risvegliare con il rumore della propria voce qualcosa che era rimasto sopito nella torre. Solo successivamente prese coraggio e, con le mani a coppa intorno alla bocca, urlò il nome dell'amica più volte. « Ophelia, sei qui? Sono Greg! » Ma nulla si mosse, almeno all'apparenza. Mosso da una forse eccessivamente confidenza nelle proprie capacità, non pensò neanche per un attimo che il proprio Incantesimo Guida modificato potesse essersi sbagliato: non l'aveva mai fatto e l'immagine di Ophelia nella sua mente, resa viva dall'amore che provava nei suoi confronti, era talmente vivida e reale da essere sicura che verso lei e solo lei la magia l'avrebbe condotto. Forse era spaventata? Forse era confusa? Chiuse gli occhi, sferzando l'aria con la bacchetta bianca. Rcordo quando Rocket mi ha lasciato senza dirmi neanche una parola, ricordo come sono stato per tutto quel periodo.. e ricordo che tu eri là, accanto a me. Mi hai risollevato Ophelia, in un modo che non credevo possibile. Nonostante tutti i tuoi problemi, tu eri là. Ricordo che mi hai reso di nuovo amato, mi hai fatto sentire di nuovo bello Mi hai reso felice. « Expecto Patronum! » Un puledro argentato impennò di fronte alla sagoma del mago e iniziò a galoppare in cerchio nella sala comune, prima di salire verso i dormitori. Se sei davvero qui, se sei sola, se sei spaventata, forse non ti fidi della mia voce. Chissà quante ne hai sentite di voci? Ma questo è reale, questo sono io e sono qui per te. Rispondimi Ophelia.



     
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