Can you save my heavy dirty soul?

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    «Dovresti andare da Mun, lei sa sempre come calmarti.» Dopo giorni di silenzio stampa, Beatrix ricomincia a parlare. E' più rilassata, ha i nervi sempre in costante allerta, scatta al minimo rumore, ma è tornata abbastanza in sé da ricominciare a dire qualcosa. «Ah, ora mi parli? Hai ritrovato la lingua perduta?» Si era ripromessa che, se avesse ripreso a parlarle, non avrebbe fatto la stronza odiosa. Ma è inevitabile la sua reazione. La capisce, ha capito il perché di quel suo silenzio prolungato, ha capito tutto, eppure non le perdona di averla lasciata da sola a sentire tutto quel dolore. «Cominci ad essere più disperata di me, perciò ho pensato bene di intervenire per raddrizzare il tiro.» Sbuffa, Maze, mentre si incammina verso la porta della Sala Comune di Grifondoro. Quella torre è diventata ormai il suo rifugio, quando non si va a nascondere da qualche parte. Ha passato dei giorni noiosi, svuotati di qualsiasi emozione ed è un senso di inadeguatezza quello che prova. «Comunque ho già provato a cercarla, lo so che è la persona che mi servirebbe al momento. Non si trova.» Già, Mun sarebbe la persona più indicata alla quale raccontare tutto il casino che le è successo nelle ultime settimane. E' probabile che la chiacchierata durerebbe ore, ore che Maze non sa se riuscirebbe a sopportare, ma vorrebbe provare a farlo. Provare a raccontare tutta quella storia a qualcuno. Perché se è riuscita ad essere sincera con lei riguardo la sua vera natura, se è riuscita a parlare con altri degli altri piccoli segreti che hanno sempre costellato la sua esistenza, con nessuno è mai riuscita ad aprirsi sull'argomento più spinoso. Lucien. Non lo vede da qualche giorno. L'ultima volta l'ha incrociato per caso in un corridoio e Maze non sa se quale sia stata la cosa più dolorosa, se il passargli vicino, senza fermarsi o il mezzo sorriso che si sono rivolti. Lui le ha chiesto di essere felice, di vivere la propria vita e provare ad innamorarsi di qualcun altro e lei è lì, che vaga da giorni in solitudine, come una povera pazza che non riesce a trovare più un senso a nulla. Come una barca al largo alla quale è stato tolto il punto di riferimento. Il suo faro luminoso. «Morgan? Hai provato a cercare lui?» Le domanda Beatrix, interrompendo nuovamente il suo flusso di pensieri che è ormai continuo e senza senso, il più delle volte. «Te lo dico, sei davvero imbarazzante. Stare così per un uomo che decide finalmente di fare la cosa giusta, lasciarti andare per la tua strada come ti meriti.» «E' arrivata. Sai che non si trova più nemmeno l'amore tuo? Lo danno per disperso da giorni, dice Nate.» E fortuna doveva essere clemente con lei. La sente rimuginarci sopra un po', mentre capisce che sta cercando le parole giuste da dirle. Forse anche per insultarla, Maze un po' ci spera anche. «Cielo, mi sei quasi mancata. Quasi.» «Anche tu. Quasi.» Si ritrova a dire, guardandosi intorno. La Sala Comune è vuota, probabile che alla fine gli altri abbiano optato per un'altra delle sale per provare a dormire, quella sera. Meglio. Dormire con gli umani, nell'ultimo periodo, è più una tortura che un vero riposo. E' difficile continuare con la commedia "Ops, non lo so perché nessuno di questi mostri infernali non mi attacca. Devo essergli simpatica, evidentemente." E' più facile starsene in disparte allora, per non dare nell'occhio e per non dover rispondere sempre alla stesse domande quando rispondere a delle domande è l'ultima cosa che si vuole fare. «Come stai?» Beatrix le domanda infine, prima di sentire qualcosa di caldo e morbido carezzarle le gambe. Non ha bisogno nemmeno di abbassare lo sguardo per capire che quella palla di pelo nero e rossa è il suo adorato Cerby. Lo prende in braccio, stringendoselo forte al petto e affondando il naso nel suo pelo lungo e confortante. Deve ringraziare qualcuno per il dono di quel piccolo mostriciattolo che caverebbe gli occhi a qualsiasi persona, ma non a lei. Con Maze c'è qualcosa. L'ha capito subito anche Trixie. E' qualcosa che va al di là di qualsiasi spiegazione razionale. E' come se il gatto riuscisse a percepire le sue emozioni, tanto da diventare per lei il suo protettore. Quando è triste, è lì per confortarla. Quando è arrabbiata, si schiera al suo fianco, pronto, con le sue unghiette d'acciaio. Quando è felice, lui è felice con lei, con il suo morbido modo di fare le fusa. E in quel momento, si accoccola tra le sue braccia, ricercandone il viso con la punta del naso. Si guardano negli occhi per qualche secondo e un sorriso sincero si apre sul viso di Maze. «Cosa farei senza di te, Cerby? Cosa? Amore della mamma.» «Oh grazie, sono io che mi preoccupo e 'Fortuna che ci sei tu gatto!'» Ridacchia Maze, avvicinandosi di qualche passo alla porta che dà sulle scale che conducono ai dormitori. «Sto meglio di quanto avrei creduto e questo non so se sia un bene o un male. Mi confonde. Forse ne ho viste talmente tante da essere insensibile ormai? Credi sia possibile?» «L'abitudine al dolore è una brutta bestia. Eppure vorrei avere anche io questo potere, oggi.» E' in quel momento che la questione principale le torna in mente. E' il corpo di Beatrix che ha dovuto subire tutto quello che psicologicamente hanno subito in due. Per una volta, vorrebbe poterla abbracciare, veramente. Vorrebbe essere in un altro corpo e stringerla tra le proprie braccia. «Non ti chiederò come stai, ma ti chiedo scusa, Trixie, per tutto quello che hai dovuto sopportare. Io forse sarò anche abituata, ma tu, tu sei un fiore prezioso e delicato. E non meritavi tutto questo.» Se fosse possibile, la sente tirare su con il naso, imbarazzata e addolorata allo stesso
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    tempo. Seppur non sia lei a comandare il suo stesso corpo, lo sente ancora quanto le faccia male il sapere che qualcuno l'abbia profanato con così poco riguardo. «Per quanto io abbia detto il contrario, per quanto abbia detto che insegui disperatamente la morte, ora so che non è vero. Ha ragione lui, tu sei vita. E amore.» E tu sei tutto questo, con me. Rimangono in silenzio per qualche istante, per poi schiarirsi la voce all'unisono. «Allora, che si fa?» «Troviamo Morgan, no? Ho sentito qualcuno, in Sala Grande, dire che lo Zabini aveva dato di matto un'altra volta e che è venuto a rifugiarsi quassù.» Dice Maze, riponendo Cerby nella sua tracolla, prima di prendere a salire le scale. Il cappuccio dell'unica felpa che faceva parte del suo armadio calato fin sopra gli occhi. Apre ogni porta, va di camera in camera e non trova praticamente nessuno, se non qualche ragazzino già bello che addormentato con qualche candela ad illuminare la stanza, facilitandole la missione del riconoscere i volti. Ma nessuno è quello di Morgan. Incontra la prof di Divinazione, la Branwell, che sembra fare la guardia lungo il piano dei dormitori maschili. Si squadrano, si annusano per qualche secondo e lei lascia intravedere i canini allungati per l'occasione. Solo per me, quale onore. Maze scuote la testa. «No, tranquilla. Voglio soltanto riposarmi. Rimettile pure a nanna quelle due zanne affilate.» Continua per la sua strada, proseguendo nella sua ricerca, passando oltre la mora. E alla fine lo trova. La stanza è buia, ma il profumo che avverte al suo interno sembra proprio il suo. Accende con un lumos la bacchetta e avanza nella stanza. «Morgan!» Bisbiglia, chiamandolo, mentre si avvicina al letto. «Morgan, svegliati, sono io!» Carezza il profilo del suo corpo addormentato e, soltanto quando avvicina la bacchetta illuminata al volto, capisce che beh, non è Morgan. «Oh, non sei Morgan, decisamente no. A meno che tu non abbia trovato una tinta ramata in quei dolci pacchetti che arrivano ogni tanto dal cielo!» E' chiaro ed è evidente come il sole che dentro quel letto triste non vi è Morgan Zabini. C'è qualcosa di diverso in lui però. Come è stato con Albus la prima volta che le loro strade si sono incrociate, sente quella strana scarica elettrica che le fa drizzare i peli delle braccia e sulla nuca. Che la fa sentire strana e che l'attrae allo stesso tempo. Cosa ti è successo? Sei cambiato, tanto, troppo velocemente e io non ne sapevo nulla. «Beh, ben svegliato! Alzati e risplendi, raggio di sole, per così dire Lo saluta, accennando un mezzo sorriso, per poi togliere di mezzo la bacchetta illuminata che non deve essere un piacere averla davanti agli occhi, pronta ad accecarti. Lancia un'occhiata intorno a sé, puntando la luce contro la porta del bagno, aspettandosi di vederla spuntare fuori da un momento all'altro. Ma da lì dentro non proviene alcuna luce. Torna a guardarlo, socchiudendo appena uno dei due occhi. «Dov'è Mun? Pensavo vi foste nascosti da qualche parte per tutto questo tempo. E dove se non nella Torre di Grifondoro, il regno del leone dorato?» Prova a sorridere, ma non riesce a farlo del tutto, con un angolo delle labbra che rimane piegato verso il basso, deformando il suo tentativo e rendendolo più lugubre del dovuto. E' come se sentisse che c'è qualcosa che non va e per questo rabbrividisce, stringendosi nelle spalle. Cerby miagola da dentro la tracolla, allora lo tira fuori, tenendoselo stretto al corpo, per poi guardarsi nuovamente intorno. «Non è che in giro c'è quel tuo sacco di pulci in giro?» «Ritenta.» «Sì, insomma, il tuo cane, quello grosso, che solitamente è sempre dove non deve stare. Non vorrei che si ritrovasse faccia a faccia con Cerby. E lo dico per la salute del tuo cane.» Poggia il gattino sopra il letto e lo segue a ruota, decidendo che rimarrà là. Morgan si farà trovare quando vorrà, suppongo. Così come un po' tutti, nell'ultimo periodo. Decide di rimanere lì con lui, sicura che perlomeno non le farà troppe domande e che probabilmente si addormenterà nel giro di poco. Ma, in fin dei conti, Maze ha soltanto bisogno di sentire il respiro di qualcun altro, oltre il suo. Solo il battito del cuore di un'altra persona che la faccia sentire un po' meno sola. «Ti dispiace se rimango qua?» Gli chiede, sistemandosi meglio vicino a lui, per poi prendere in braccio il gattino che, dopo poco, prende a farle le fusa. Il capo ancora semi coperto dal cappuccio scuro. «Spero di no per te, perché non me ne andrei comunque. Sono sfinita e ho bisogno di avere qualcuno intorno, prima di peggiorare nel mio già palese problemino del parlare da sola. Com'è che avevi detto? Ah sì, che la mia salute mentale non sta messa tanto bene. Potrei sbagliarmi sulle parole precisa, ma sono abbastanza certa che questo fosse il concetto di base. Duro colpo per la mia autostima, devo ammettere. Sei riuscito quasi a ferirmi.» Commenta, stringendo le labbra per qualche secondo. «Quindi, per tornare a noi, spero non ti dispiaccia, perché insomma, faresti soltanto due fatiche. Così, giusto per avvertirti.»

     
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    Non riesce a dormire, da un po' di tempo a questa parte. Fred Weasley, lo stesso Fred Weasley che è riuscito a farsi bocciare a Storia della Magia per due anni di seguito a causa dei suoi ritardi perchè no mamma altri cinque minuti, non riesce a dormire. Si è ripreso, almeno un po', negli ultimi tempi. Certo, se ripresa può esser chiamata la sua. Si sente alla stregua di un lebbroso, non gli piace ciò che prova, non gli piace ciò che a quanto pare è, ma non può farci poi molto. Chi l'avrebbe mai detto, dopotutto, lui, proprio lui, una di quelle creature sovrannaturali con le quali, negli ultimi tempi, avevano un po' dovuto avere tutti a che fare. Ancora non ci credeva, e no, il fatto che per i primi tempi avesse vomitato persino l'anima, non era ancora riuscito a convincerlo. Una parte di sè sapeva ogni cosa. Quella parte di sè, la più razionale, aveva capito. Quella era una nuova situazione, un nuovo stato al quale, volente o nolente, avrebbe dovuto imparare ad abituarsi. Faceva parte di lui, tutto quanto. Quella sofferenza, quelle fitte allo stomaco, quell'empatia, e sì, persino quel dannato petrolio. L'altra parte, però, il solito Freddie di sempre, proprio non voleva saperne. Lui non poteva essere un sin eater, o come diavolo si chiamavano. A lui piaceva il quidditch, le torte al cioccolato, le ragazze coi capelli scuri. Gli piaceva volare, fare scherzi, guardare il trono di spade e starsene ore ed ore a letto durante le famose lezioni di Storia della Magia. In poche parole, Weasley era assolutamente e vergognosamente normale. Gli piacevano cose normali e aveva sempre fatto cose normali. Fino ad allora. Lì al castello, negli ultimi mesi, le cose erano cambiate. Probabilmente la normalità l'aveva abbandonato sin dal primo momento in cui quei dannati cancelli s'erano chiusi. Non era normale, dopotutto, affrontare la morte di giorno in giorno. Non era normale dover seppellire il corpo dei tuoi amici più cari. Non era normale affrontare tutte quelle trappole e, infine, non era normale quell'inferno che, alla fine, aveva compromesso ogni cosa. Vi si era abituato, in un certo qual modo, negli ultimi tempi. Lo faceva star male, gli causava un nodo alla gola che gli impediva persino di respirare, alcune volte, ma alla fin fine, ci si conviveva. Male, ma ci si conviveva comunque. «Morgan!» Una vocina sussurrata irrompe nell'atmosfera, ma lui, dal canto suo, non ci fa molto caso. Quel posto è sempre pieno di voci, ed in dormiveglia com'è, poco gli importa. Sto cercando di dormire, domani giocheremo. Ora fatemi dormire. Era stata una giornata piuttosto normale, quella -per quanto normali potessero essere le giornate lì al castello, ormai- ma alla fine si era ritrovato con una stanchezza addosso non indifferente. Si stancava fin troppo facilmente negli ultimi tempi. Il suo fisico era debole, martoriato da tutto ciò che in quell'ultima settimana era stato costretto ad affrontare, e la sua schiena funzionava sempre peggio. «Morgan, svegliati, sono io!» Percepisce qualcosa sfiorarlo, ed una luce lo investe in pieno viso, ed è allora che apre gli occhi. Bianco, completamente bianco. Non sa di chi si tratti, perchè si ritrova praticamente alla stregua di un cieco, ma gli altri non hanno bacchette, quindi deve trattarsi sicuramente di qualche compagno. Forse Rudy, a giudicare dalla delicatezza del piantargli quel lumos in pieno viso. Ma chi diavolo sarebbe Morgan, in quel caso? Oh Rudy, se tradisci Olympia giuro che ti ammazzo. « Mi stai accecando. » Bofonchia allora, la voce ancora impastata dal sonno, mentre batte numerose volte le palpebre, tentando di abituarsi a quel fascio di luce ed individuare chi vi si trovi al di là. Una sagoma minuta, slanciata, decisamente non Rudy. Si mette a sedere dunque, sbadigliando e stropicciandosi gli occhi con le mani. «Beh, ben svegliato! Alzati e risplendi, raggio di sole, per così dire E' allora che la riconosce. La sua voce, il modo in cui lo chiama...Sospira. « Maze. Che cavolo ci fai quì? » Mormora, mentre riacquista pian piano la vista e comincia a decifrarne le fattezze sempre meglio, nella penombra della propria camera. Lui e Maze non si sono lasciati nel migliore dei modi, l'ultima volta. Lei, gentilissima, lo ha abbandonato nella foresta in mezzo ai demoni, per poi rincontrarsi alla festa di Natale, dove lui, altrettanto gentile, l'ha accolta con parole non proprio così carine. Diciamo che tra di loro non scorre buon sangue, o almeno di ciò è stato convinto fino ad ora, Fred. Fino ad ora, appunto, perchè nel vederla, percepisce le sue labbra piegarsi comunque in un leggero sorriso. Non l'ha vista in giro per parecchio tempo, specie ultimamente, e vederla lì, viva, vegeta, e con la solita voglia di fargli saltare i nervi a quanto pare, gli fa piacere. In fondo, le vuole bene. Un pochino, soltanto un pochino. «Dov'è Mun? Pensavo vi foste nascosti da qualche parte per tutto questo tempo. E dove se non nella Torre di Grifondoro, il regno del leone dorato?» Si rigira verso di lui, l'espressione dubbiosa dopo aver rivolto -per fortuna sua e dei suoi poveri occhi- il lumos della bacchetta contro il bagno. Si irrigidisce d'istinto, a quella domanda, piegando appena la testa di lato. « Non sai nulla o vuoi rigirare il coltello nella piaga? » La guarda, confuso. Sa dell'amicizia che intercorre tra lei ed Amunet, e beh, insomma, è quasi del tutto impossibile che non le abbia raccontato gli ultimi...sviluppi. Sta per aggiungere dell'altro, quando un miagolio attira la sua attenzione. La vede dunque estrarre una palla di pelo dalla borsa a tracolla, per stringersela contro. Assottiglia lo sguardo, per poter decifrare meglio la nuova comparsa, sembra..Un gatto. Sì, un minuscolo gattino miagolante. «Non è che in giro c'è quel tuo sacco di pulci in giro?» Inarca un sopracciglio, scettico. «Sì, insomma, il tuo cane, quello grosso, che solitamente è sempre dove non deve stare. Non vorrei che si ritrovasse faccia a faccia con Cerby. E lo dico per la salute del tuo cane.» A quel punto, dopo qualche istante di iniziale silenzio, si ritrova a ridere. Di una risata cristallina come di poche, ultimamente, se ne sono sentite da lui. La vede poggiare il gattino sul letto, per poi sedersi anche lei.
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    « Se fosse stato qua dentro ti sarebbe già saltato addosso, quindi deduco sia in giro per la sala comune. Però ehi, entri quì, mi accechi e mi insulti pure il cane? Eddai. » Ridacchia ancora, poi lo sguardo si posa sul micino. « Quindi questa palla di pelo sarebbe una minaccia per il mio cane lupo, dici? Piccolo e graffiante allora, come la padrona. » La punzecchia, mentre si sistema meglio contro la testiera del letto. Si concede qualche minuto per osservarla. C'è qualcosa di diverso, in lei. Non sa esattamente cosa, e non è mai stato un tipo poi così sveglio ahimè, ma conosce quello sguardo. E' il solito da va tutto bene, quando in realtà non va bene un cazzo. Negli anni passati con Mun, un simile sguardo ha imparato a conoscerlo. Era il solito che presagiva chissà quale sopruso da parte di suo padre. Allora continua ad osservarla, seppur finga indifferenza, per non sembrare uno stalker. Ha il cappuccio della felpa a coprirle parte del viso, e se ne sta lì, ai piedi del suo letto, senza un motivo ben preciso. Forse le è successo qualcosa, o forse le sue sono soltanto pippe mentali, perchè in fondo si è appena svegliato. Eppure ciò nonostante tutto si preoccupa, un po', giusto un pochino. Perchè è fatto così, Freddie. Si preoccupa sempre per chiunque, non gli piace che la gente abbia qualche problema. Ah, tu non cambi proprio mai eh Weasley? No, probabilmente -e purtroppo per lui- non cambierà proprio mai. «Ti dispiace se rimango qua?» La guarda, mentre piega la testa di lato. Non è con Amunet, non è con quei due tizi inquietanti di Cavendish e Sanders, ma è lì, con lui, e proprio a lui sta chiedendo se può rimanerci. Okay, c'è qualcosa che non va sicuro. Fa per rispondere, aprendo la bocca, ma alla fine lei lo precede, in perfetto stile Maze. «Spero di no per te, perché non me ne andrei comunque. » « Chissà perchè non avevo dubbi. » « Sono sfinita e ho bisogno di avere qualcuno intorno, prima di peggiorare nel mio già palese problemino del parlare da sola. Com'è che avevi detto? Ah sì, che la mia salute mentale non sta messa tanto bene. Potrei sbagliarmi sulle parole precisa, ma sono abbastanza certa che questo fosse il concetto di base. Duro colpo per la mia autostima, devo ammettere. Sei riuscito quasi a ferirmi. Quindi, per tornare a noi, spero non ti dispiaccia, perché insomma, faresti soltanto due fatiche. Così, giusto per avvertirti.» La fissa per qualche momento, lo sguardo appena esasperato. Poi sbuffa, teatralmente. « La prima notte che riesco a dormire e tu e il tuo gatto sbucate dal nulla a occuparmi la stanza. That's Maze bitches. » Si finge scocciato per qualche istante, poi sorride, bonario. « Dai, certo che puoi rimanere. » Si smuove sotto le coperte, per spostarsi lato, sollevando poi il cuscino per poterlo poggiare alla schiena. Alza le lenzuola, tenendole alte con un braccio. « Vieni su, fa freddo, ci scaldiamo. » A dirla tutta, un po' di compagnia non farebbe male neanche a lui. Certo, probabilmente Maze sarebbe stata l'ultima persona che avrebbe mai pensato di invitare sotto le coperte, ma..Ehi, non in quel senso. Si accorge solo in quel momento di quanto ambigua possa esser sembrata la sua proposta. « ....Non in quel senso. Sotto le coperte -ma di nuovo non in quel senso. Sì, okay, insomma vieni? » Ora mi prenderai per il culo a vita, ma a sto giro me lo merito. « E comunque non pensavo davvero quelle cose che ti ho detto. » Se ne esce allora, dal nulla, dopo un po'. « Cioè sì, una stronza ad avermi lasciato nella foresta da solo lo rimani comunque, ma non sei pazza. Non del tutto per lo meno. Giusto un po'. Un po' è carino, ti rende interessante. » Complimenti gratuiti, Weasley? Distoglie lo sguardo, leggermente a disagio. « Non ti ho vista in giro ultimamente. Allora, cosa è successo che sei dovuta cadere così in basso da accontentarti della mia, di compagnia? Quel creepy di tuo cugino non l'hai trovato? » Torna a guardarla. « O Amunet. Non sai nulla di..Beh..Lei ed Albus? Andiamo non ci credo, vuoi solo vedere mi metto a piangere a sentirli nominare, ammettilo. » Una risata amara gli scuote il petto.
     
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    « Maze. Che cavolo ci fai quì? » Lo guarda stranita per qualche secondo. Okay, tu che dici, ha preso una botta in testa? E' diventato più balordo del solito? Cosa ci si dovrebbe fare in una camera da letto? «L'hai svegliato di soprassalto, l'hai accecato e pretendi pure che connetta dopo nemmeno 10 secondi?» Good point si ritrova a commentare, arricciando le labbra soddisfatta. «In realtà pensavo fossi Morgan, Morgan Zabini. Avete lo stesso profumo, a quanto sembra Strano, davvero davvero strano che lui porti profumi che potresti permetterti pure tu. Ma questo non lo dice, se lo tiene per sé. Insomma, non è in vena di dichiarargli guerra per l'ennesima volta e puntualizzare su quanto sia mediamente basso, a detta di tutti, il reddito della conigliata Weasley. Sta per aggiungere che in tutta onestà non ha la più pallida idea di dove sia finito il suo amico, quando lui l'anticipa. « Non sai nulla o vuoi rigirare il coltello nella piaga? » A questo punto si trova costretta a guardarlo e a riservargli tutta la sua massima attenzione, chiudendo le labbra per qualche istante di riflessione. Alcune pieghe vanno formandosi intorno ai suoi occhi, esprimendo così al meglio la sua perplessità di fronte a quella domanda. E' una domanda a trabocchetto? Perché se è una domanda a trabocchetto, non so cosa dovrei rispondere. Ovviamente Trixie ha ancora meno idee di lei riguardo quanto Weasley sta cercando di dirle, perciò continua a guardarlo con sguardo accigliato. «Ehm, non so nulla? Cosa dovrei sapere?» Gli domanda, prima che venga interrotta, nuovamente, dall'ennesimo miagolio della sua palla di pelo. Si siede, senza chiedere il permesso ovviamente, e lo comincia a carezzare. Sembra piuttosto imbizzarrito. Anche lui deve percepire la nuova natura di Fred e non le va molto a genio. Soffia, mentre lo guarda con quei suoi occhietti azzurri e lo sa, Maze lo sa che, se non ci fosse lei a trattenerlo, gli sarebbe già saltato addosso, cercando di cavargli i bulbi oculari con quei suoi deliziosi artiglietti d'acciaio. «Shh, tesoro, non mi vuole far del male. Almeno credo. E' dell'altra sponda, ma è tutto okay, tranquillo. Rimetti pure queste unghiette preziose a posto.» Bisbiglia al suo orecchio, con un tono talmente velato e basso, da poter essere udibile soltanto da quella soffice pallina di pelo. Si rilassa, il gatto, pian piano, rassicurato dalle parole della padrona e Maze torna a guardare Fred, dopo qualche istante. « Se fosse stato qua dentro ti sarebbe già saltato addosso, quindi deduco sia in giro per la sala comune. Però ehi, entri quì, mi accechi e mi insulti pure il cane? Eddai. » Si unisce alla risata che sembra scuotere il petto di lui. E' quasi intenerita da quella reazione ed è strano, ma è felice che qualcuno riesca ancora a ridere intorno a lei. E' una piacevole percezione quella di sentire, dopo giorni di silenzio o di semplice brusio di fondo, una risata, causata da lei, in prima persona. «Pacchetto completo, non ne sei felice?» Lo punzecchia. « Quindi questa palla di pelo sarebbe una minaccia per il mio cane lupo, dici? Piccolo e graffiante allora, come la padrona. » Alza un sopracciglia, inclinando la testa di lato. «Due complimenti in uno. Weasley, ci stai forse provando?» Assottiglia lo sguardo, fingendosi più sorpresa e sconcertata di quanto dovrebbe essere in realtà, di fronte a quella semplice constatazione dei fatti. «E sì, Cerby è una minaccia per chiunque mi voglia fare del male. E' la mia ombra, il mio protettore infernale. E chiaramente non ama i cani, specie quelli grandi, grossi e che vanno in giro a ficcare il naso ovunque. Troppo giocoso e candido, come il padrone.» Butta là, alzando le sopracciglia in maniera allusiva. Cerby, dal canto suo, si scioglie in un miagolio che sembra esternare tutta la sua approvazione per quanto appena detto. « La prima notte che riesco a dormire e tu e il tuo gatto sbucate dal nulla a occuparmi la stanza. That's Maze bitches. » Vi vede un richiamo a Britney Spears in quelle ultime parole, con quello spiccato accento marcato e questo la fa sorridere, morbidamente. « Vieni su, fa freddo, ci scaldiamo. » Trattiene una risata, cerca disperatamente di farlo, mordendosi il labbro inferiore con i denti. Ci scaldiamo? Veramente, Fred? « ....Non in quel senso. Sotto le coperte -ma di nuovo non in quel senso. Sì, okay, insomma vieni? » Si passa la lingua sui denti superiori in quel sorriso ambiguo che non riesce a non avere, quasi a volerlo schernire per l'imbarazzo che si è andato creando da solo. Non se lo fa ripetere comunque una seconda volta, visti i brividi di freddo che le attraversano la schiena e si lascia convincere facilmente a mettersi sotto le coperte, lasciando Cerberus libero di vagare al di sopra di esse. « E comunque non pensavo davvero quelle cose che ti ho detto. » Si tira su lenzuola e coltre oltre la testa, così da essere completamente investita dal calore che quel letto può donarle. Socchiude gli occhi e rabbrividisce ancora una volta, prima di cominciare a sentire il torpore. «Certo, lo so, era l'umore nero a parlare. Lo so, lo so, la sedia a rotelle, io che ti ho lasciato da solo nella Foresta, le tue paturnie con Mun. Avevi solo bisogno di riversare addosso a qualcuno la tua frustrazione. Non me la sono presa, tranquillo. Ti perdono Scrolla il capo, riaprendo poi gli occhi. Sono immersi nel buio più totale, date le coperte fin sopra i capelli, e anche se si volta a guardarlo, riesce soltanto a vedere il profilo del suo viso che appare più come un'ombra. Ma non ne registra i dettagli. « Cioè sì, una stronza ad avermi lasciato nella foresta da solo lo rimani comunque, ma non sei pazza. Non del tutto per lo meno. Giusto un po'. Un po' è carino, ti rende interessante. » Rotea gli occhi, divertita. «Mi rende interessante. Ci stai provando, okay, è ufficiale.» Sorride, mentre torna a puntare gli occhi contro il lenzuolo che le sfiora il naso. E' ruvido, non ha niente della seta alla quale è abituata Trixie, eppure è gradevole il calore che riesce a sprigionare. «Ovviamente, sappi che la cosa non è ricambiata. Io le pensavo sul serio le cose che ti ho detto.» E se le ricorda ancora alla perfezione.
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    «Niente smuove più il cuore umano che la sofferenza altrui.» Mai ha sentito più vere e vicine quelle parole. Se le sente entrare sotto la pelle, invaderla e cominciare a farle provare una sensazione di disagio. Niente smuove più il cuore che la sofferenza altrui. Si ritrova a pensare che deve essere stato questo che ha fatto smuovere anche il cuore di Lux: vederla sofferente. E, ancora una volta, la sua mente viene assalita dal dubbio esistenziale che ciò le provoca, perché, forse, come era nelle sue intenzioni quando aveva riportato questa frase a Fred, anche il suo interessamento era stato mosso soltanto da questo. Vedere il dolore altrui, specie di una persona con la quale si è condiviso tanto, riesce a sciogliere anche la peggiore delle lastre di ghiaccio. Almeno per qualche istante. « Non ti ho vista in giro ultimamente. Allora, cosa è successo che sei dovuta cadere così in basso da accontentarti della mia, di compagnia? Quel creepy di tuo cugino non l'hai trovato? O Amunet. Non sai nulla di..Beh..Lei ed Albus? Andiamo non ci credo, vuoi solo vedere mi metto a piangere a sentirli nominare, ammettilo. » Tira su il capo, scivolando sul cuscino, i capelli neri che le fanno da corona. Torna il discorso Mun, lasciato da parte per qualche minuto soltanto. Storce le labbra. L'ha chiamata con il suo nome completo. E l'ha accostata al nome di Albus. Mazikeen è furba quando si tratta di capire certe dinamiche e forse aveva già capito tutto, quando Mun le aveva raccontato di aver salvato proprio lui, di aver rischiato la vita proprio per lui, di averci rimesso gli occhi semplicemente per lui. «Ohhh, capisco.» E' curiosa la reazione che sente montarle dentro il corpo. Per una parta di pura indifferenza di fronte al palesarsi di quella storia piuttosto ovvia, c'è anche una parte di delusione. C'è un sentimento strano che si aggroviglia nel suo cuore e sembra tenerlo sotto tiro, stringendolo forte. La sua persona, la sua Mun. Non l'ha più vista in giro e ora ne capisce il motivo. Non c'è stata quando forse ne aveva davvero bisogno e ora capisce il perché. Deglutisce, un paio di volte, stringendo le labbra. E' amaro il sapore che sente in bocca. «Non sono stata troppo in vena di pettegolezzi, nell'ultimo periodo.» Si ritrova a dire, portandosi una mano tra i capelli. «Mi piacerebbe davvero dirti che lo sapevo e che te l'ho chiesto solo per vedere quanto tempo avresti impiegato per metterti a piangere, ma no..non lo sapevo!» Ma avrei dovuto immaginarmelo. «Sorpresa! Sei riuscito a cogliermi impreparata, ritieniti fortunato perché solitamente sono la prima a sapere certe cose. Quando saremo fuori, ti verrà consegnata la medaglia.» Sbuffa, ridacchiando. «Beh, mi sembra inutile chiederti come stai. Lo sento come stai.» Non si allunga, come farebbe di solito, ad avere un contatto fisico con lui. Non lo accarezza, non prova a donargli conforto con un abbraccio. Rimane ferma, impalata, mentre si scopre il viso e prende a guardare il soffitto, ora illuminato dalla punta della sua bacchetta lasciata incustodita sul comodino. «Ti offrirei le ultime birre che ho beccato della scorta di Ares, ma le ho finite un paio di giorni fa. Un'ubriacatura epica, devo ammettere.» Aveva bevuto tutto quello che le era rimasto, il giorno dopo Tom. Lucien se n'era andato, lei era rimasta da sola con se stessa e si era scolato tutto, fino all'ultima goccia. E aveva urlato e poi ballato e poi pianto e infine era stramazzata a terra, troppo stanca e priva di sensi. Prende un profondo respiro e si volta a guardarlo, con il naso all'insù per poter captare i suoi occhi aranciati. «Ho avuto uno scambio verbale, piuttosto acceso, con una persona, che mi ha procurato non pochi graffi e ferite. Sono volata di sotto dalla Torre di Astronomia. Storia lunga, non chiedere, sono ancora viva ed è questo l'importante.» Prende a rispondere alla sua domanda, cercando di essere più sincera e allo stesso tempo più elusiva che riesce a fare. «Poi sono inciampata, letteralmente, tra le grinfie di Tom Stevens. Non so se te lo ricordi.» Riprende. «Beh, anche se non te lo ricordi non fa niente, è morto, di una morte orribile.» Ed estremamente meritata. A quelle parole, sente Trixie smuoversi, insofferente persino a sentir pronunciare il suo nome. «Ma, ehi, ho avuto anche giornate di merda eh, non è stato tutto rose e fiori.» Il sorriso nasce e muore sulle sue labbra piene. Continua a fissarlo, mentre quell'aura candida, che lui emana, riesce quasi a carezzarla, tanto è la vicinanza. «Tu invece sei cambiato, eppure sei rimasto anche tremendamente te stesso. Sei ancora lo stesso ingenuotto che lascia entrare nel suo letto, per non farla morire congelata, la persona che ti ha lasciato vagare da solo per giorni nella Foresta Proibita.» Questa volta il sorriso è più acceso e vivido. «Tra parentesi, non mi pento nemmeno di questo. Ti ha fatto bene un po' di vita selvaggia, ti ha fortificato. Se non fosse per me, ora staresti qui, a piangerti addosso, piagnucolando su quanto la vita sia ingiusta perché la tua ex ragazza ha deciso di mettersi proprio con il tuo miglior amico, nonché cugino, se non erro.» Si ferma. «Ma non stai piagnucolando e questo lo devi anche a quei giorni passati in solitudine, con te stesso. Ti conosci meglio, hai affrontato prove da solo e sei più forte. Hai l'anima temprata. Puoi anche ringraziarmi, se ti va Uno sbuffo divertito lascia le sue labbra, prima di tornare seria, subito dopo. «Ma sei anche cambiato, molto.» Lo sento. «Che ti è successo? Come ti è successo? E' strano che non ti sia manifestato prima, con tutti i peccati e i peccatori pentiti che si sono andati riversando per mesi nel castello.» alza un sopracciglio, allusiva. E' strano che non ti abbia fiutato prima. Forse sto perdendo colpi. «Il gene del sin eater intendo, ovviamente
     
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    «Certo, lo so, era l'umore nero a parlare. Lo so, lo so, la sedia a rotelle, io che ti ho lasciato da solo nella Foresta, le tue paturnie con Mun. Avevi solo bisogno di riversare addosso a qualcuno la tua frustrazione. Non me la sono presa, tranquillo. Ti perdono La cerca attraverso il buio che quelle lenzuola da lei alzate fin sopra la testa hanno creato. Non è capace di distinguerne i lineamenti, ma riesce comunque a percepirne il respiro tiepido, vista la vicinanza in cui si trovano. Non è più abituato ad un certo tipo di..situazioni. Diciamo che nell'ultimo periodo, e specie negli ultimi tempi, ha evitato qualsiasi contatto se non visivo con la gente, parenti o amici che fossero. E probabilmente avrebbe continuato ad evitarlo per chissà quanto altro tempo ancora, conscio di quella consapevolezza oltremodo errata che, probabilmente, stare solo era la cosa migliore a cui potesse aspirare, in un momento del genere. Eppure adesso eccolo quì, a pochi centimetri di distanza da un corpo umano tanto quanto il suo, che respira, si muove e vive, proprio come lui. Avvolti entrambi da quelle lenzuola che sembrano poterli difendere ed isolare da tutto il mondo circostante. Eccolo sì, si trova proprio in una situazione che negli ultimi tempi non avrebbe neanche solo immaginato, e si riscopre..Compiaciuto, in una qualche maniera. Non gli dà fastidio quell'intimità improvvisata, nè tanto meno la vicinanza con una delle persone che meno si sarebbe aspettato di ritrovarsi nel proprio letto un giorno. ...Non in quel senso. « Beh grazie. » Mormora dunque. « ...Aspetta, tu perdoni me? » Sempre molto sveglio, Weasley. « Io non ho niente da farmi perdonare da te e..e.. » Fa i capricci, con tanto di broncio, seppur è più che sicuro che lei non possa vederlo. « E adesso perdonare è il mio lavoro a quanto pare quindi..Oh. » Quindi OH, argomentazione sublime. Resta offeso per qualche momento, seppur offeso non lo sia -perchè andiamo, è di Fred Weasley che stiamo parlando-, fin quando non è di nuovo lei a parlare. «Mi rende interessante. Ci stai provando, okay, è ufficiale.» La fissa per qualche momento, ed è allora che si sente le guance andare a fuoco, ringraziando tutti e sette gli dei per quel buio. Weasley che arrossisce ragazzi, questa è roba da ricordare. « Io non ci sto provando. Dicevo solo la verità. Perchè dovrei provarci? » Mica non concludo nulla con nessuna dall'anno del mai e tu sei proprio una ragazza. E nel mio letto. Nono. Scuote la testa, rigirandosi a pancia in su, mentre una risata nervosa gli scuote il petto, attua a metterlo in una posizione ancora più scomoda. Al solito. Grazie mondo. «Ovviamente, sappi che la cosa non è ricambiata. Io le pensavo sul serio le cose che ti ho detto. Niente smuove più il cuore umano che la sofferenza altrui. » La fissa per qualche momento, e si sente in vena di ribattere, ma alla fine si mordicchia l'interno della guancia, annuendo. Sono concetti piuttosto complicati quelli, per una mente semplice e talvolta piuttosto superficiale come è sempre stata quella di Weasley, eppure negli ultimi tempi sembra aver compreso qualcosa persino lui. E' maturato, a modo suo. E' entrato in contatto con quella sofferenza che, per tanto tempo, aveva creduto non sarebbe mai giunta a sfiorarlo. Non puoi comprendere qualcosa, dopotutto, quando non credi nemmeno nella sua esistenza perchè, a conti dei fatti, non ci hai mai avuto a che fare in maniera diretta. Si domanda allora a quale sofferenza sia stata sottoposta Maze, mentre la osserva, per parlare in una tal maniera. In fondo cosa sa di lei, Weasley? Pressochè nulla. Sa che prima si chiamava Beatrix, e che a seguito di una sospetta sparizione, ha deciso di cambiar nome. Sa che era una cheerleader, che è una serpeverde e probabilmente una delle ragazze più carine e popolari della scuola. Sa che gli è sempre stata piuttosto indifferente, se non quelle volte in cui l'ha intravista di passaggio a lezione o nella stanza di Amunet. Sa tutte queste cose, e al tempo stesso non sa nulla. « D'accordo, è vero, ma...E' triste. » Commenta dunque, sovrappensiero, mentre tenta di decifrare non sa nemmeno lui cosa dagli occhi cangianti di lei. Infine però desiste dall'idea, distogliendo lo sguardo. «Ohhh, capisco. Non sono stata troppo in vena di pettegolezzi, nell'ultimo periodo.» La guarda a quel punto, corrugando la fronte. «Mi piacerebbe davvero dirti che lo sapevo e che te l'ho chiesto solo per vedere quanto tempo avresti impiegato per metterti a piangere, ma no..non lo sapevo! Sorpresa! Sei riuscito a cogliermi impreparata, ritieniti fortunato perché solitamente sono la prima a sapere certe cose. Quando saremo fuori, ti verrà consegnata la medaglia. Beh, mi sembra inutile chiederti come stai. Lo sento come stai. Ti offrirei le ultime birre che ho beccato della scorta di Ares, ma le ho finite un paio di giorni fa. Un'ubriacatura epica, devo ammettere.» Ridacchia appena, stringendosi nelle spalle. « Sto bene.- E questa è una gran cazzata. -Sì insomma, credo il peggio sia passato. » E anche se non lo fosse, che altro potrei fare? Non ha idea di come sia possibile che lei, proprio lei, non sappia nulla di tutta quella storia. Sa della sua amicizia con Amunet, l'ha vista nel periodo di Halloween assieme ad Albus..I conti non quadrano. « Com'è possibile che tu non sapessi nulla? Cioè, insomma, è Mun. E tu sei Maze. Siete praticamente come me e.. » Albus. Cala lo sguardo, mordendosi il labbro inferiore. Non ha ancora pensato a cosa ne sia rimasto della loro amicizia ormai. Da un lato è sicuro che se lo vedesse in giro gli spaccherebbe la faccia con due o tre pugni, dall'altro far pace è forse l'unica cosa a cui aspirerebbe. Cerca di distrarsi, per non cadere in quell'orribile baratro in cui è rimasto intrappolato per troppo tempo, nelle ultime settimane, quindi si stringe nelle spalle, scioccando la lingua al palato. « Sì cioè so che siete molto unite. » Possibile che Amunet abbia abbandonato persino te? «Ho avuto uno scambio verbale, piuttosto acceso, con una persona, che mi ha procurato non pochi graffi e ferite. Sono volata di sotto dalla Torre di Astronomia. Storia lunga, non chiedere, sono ancora viva ed è questo l'importante.» Si gira di scatto verso di lei a quel punto, cercando di decifrarne i lineamenti del viso attraverso la penombra. « No aspetta, che? Ti hanno spinta dalla Torre? Chi diavolo potrebbe mai fare una cosa del genere? » Non può fare a meno di commentare, l'espressione terribilmente seria. Non riesce a crederci, eppure allo stesso tempo non gli sembra nemmeno poi così assurdo. Hogwarts ormai non è più sicura. Non è più casa. Non si stupirebbe se qualche compagno impazzito per via della prigionia o qualcuno di quei dannati demoni si sia macchiato di un tale gesto. Ma ciò non vuol dire però che non sia comunque estremamente sbagliato. Cerca di darsi delle risposte da solo, ma tutto ciò gli sembra così dannatamente assurdo ed ingiusto, che non riesce nemmeno a ragionare. «Poi sono inciampata, letteralmente, tra le grinfie di Tom Stevens. Non so se te lo ricordi.» Annuisce, sovrappensiero. «Beh, anche se non te lo ricordi non fa niente, è morto, di una morte orribile.» Batte numerose volte le palpebre, mentre tenta di ricollegare le sue parole. Letteralmente inciampata tra le grinfie di Tom Stevens. Se lo ricorda, quel ragazzo. Non ci ha mai avuto poi tutto questo gran rapporto, ma sembrava un tipo a posto. « Cosa intendi con... Cosa ti ha fatto? » Domanda, mentre delle orribili prospettive si palesano tra i suoi pensieri. Come già detto, Fred ha una mente pressochè semplice. Dotata di un'innocenza a dir poco illimitata. A parte una malizia classica della sua età, ironica e divertente a tratti, non c'è mai stata cattiveria in lui, non quella vera. Non il reale sadismo, quello capace di far male alla gente per il semplice gusto di farlo. E' per questo che, in un mondo come quello in cui si sono trovati catapultati all'improvviso, il Grifondoro si è trovato letteralmente schiacciato. Troppo dolore, troppa cattiveria tute assieme. Eppure lui delle persone si è sempre fidato. Lui non arriva nemmeno a comprendere il perchè qualcuno dovrebbe avere la voglia di macchiarsi di impensabili gesti come spingere qualcuno da una torre o...Altro. Scuote la testa. Impossibile, vorrebbe dire. Eppure c'è una parte di lui che sa quanto ogni cosa, persino la più degradante, persino la più crudele, sia ormai possibile. L'ha vissuto con Amunet, questo limbo. E proprio come faceva con lei, tutte quelle volte che tornava dalle vacanze con dei nuovi lividi sul corpo o chissà cos'altro, il rosso cerca di ricollegare gli indizi. E allora la guarda, in silenzio, i grandi occhi ambrati carichi di preoccupazione. Le hanno fatto delle cose. Delle cose terribili, e l'unica cosa che si sente di chiedere è perchè? Non se lo merita, Maze. Non la conosce, ed è vero gli è stata sulle palle per parecchio tempo, ma ciò che gli sta raccontando..No. E' assurdo. Non può aver subito tutto questo. Non vuole che lei l'abbia fatto. «Ma, ehi, ho avuto anche giornate di merda eh, non è stato tutto rose e fiori.» « Stai bene adesso? » Le domanda allora, spontaneamente. E' ancora confuso, non sa cosa sia vero e cosa invece frutto delle sue supposizioni, le quali, a dirla tutta, spera rimangano tali. Ricambia il suo sguardo, soffermandosi sui particolari del suo viso. Dietro quel debole sorriso, si cela un mondo a lui sconosciuto, ne è sicuro. «Tu invece sei cambiato, eppure sei rimasto anche tremendamente te stesso. Sei ancora lo stesso ingenuotto che lascia entrare nel suo letto, per non farla morire congelata, la persona che ti ha lasciato vagare da solo per giorni nella Foresta Proibita.» Al solito suo, riesce a distrarlo, almeno per ora. Si stringe nelle spalle a quel punto, sorridendo a mezza bocca. « Credimi, a volte mi strozzerei con le mie stesse mani per questo mio essere un completo coglione. Ma sono fatto così a quanto pare. Perdono troppo facilmente. » E' nel mio dna, visti gli ultimi riscontri. « E poi se morissi congelata sono sicuro che il tuo fantasma mi perseguiterebbe per l'eternità. E già sei insopportabile così, non oso immaginare sotto forma di spirito. » Scherza, per sdrammatizzare, sorridendo dopo un po'. «Tra parentesi, non mi pento nemmeno di questo. Ti ha fatto bene un po' di vita selvaggia, ti ha fortificato. Se non fosse per me, ora staresti qui, a piangerti addosso, piagnucolando su quanto la vita sia ingiusta perché la tua ex ragazza ha deciso di mettersi proprio con il tuo miglior amico, nonché cugino, se non erro. Ma non stai piagnucolando e questo lo devi anche a quei giorni passati in solitudine, con te stesso. Ti conosci meglio, hai affrontato prove da solo e sei più forte. Hai l'anima temprata. Puoi anche ringraziarmi, se ti va Inarca un sopracciglio, scettico. « Ma tu, tutta questa autostima, la compri da qualche parte? » La punzecchia, prima di tornare a sorriderle tuttavia. Al di là di tutto, e per quanto non lo ammetterà mai, Mazikeen ha ragione. Tutto ciò che gli è capitato negli ultimi tempi è successo fin troppo in fretta, ma ciò nonostante, probabilmente non ce l'avrebbe fatta a superarlo, senza una preparazione precedente. Hai l'anima temprata. Dal canto suo, non si sente nè più forte, nè tanto meno più coraggioso, ma è sopravvissuto, è questo l'importante. « Te lo puoi sognare un mio ringraziamento. Però.. » Sbuffa
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    « Hai ragione. Ma un po', giusto un po'. Stronza lo sei stata comunque. » L'ennesimo sbuffo, questa volta divertito. «Ma sei anche cambiato, molto. Che ti è successo? Come ti è successo? E' strano che non ti sia manifestato prima, con tutti i peccati e i peccatori pentiti che si sono andati riversando per mesi nel castello. Il gene del sin eater intendo, ovviamente A quel punto la fissa, in silenzio, mordicchiandosi l'interno della guancia. Non parla della sua nuova..condizione con qualcuno da..Probabilmente mai. Ha accennato qualcosa ad Amunet, quel giorno in cui è andata a trovarlo, ma per il resto, non ha mai voluto aprirsi con nessun altro. Perchè parlarne avrebbe fatto sembrare ogni cosa più concreta, reale, e lui ancora non voleva crederci. Ma con lei..E' diverso. Non lo sa perchè, ma se da un lato la sua presenza sembra metterlo a disagio, quasi in guardia, dall'altro sente che è forse l'unica persona con la quale confidarsi. E per quanto trovi assurdo che questa persona sia proprio lei, prende un lungo respiro. « Non so cosa tu veda di cambiato in me..Io mi sento pressochè uguale a prima, se non peggio, almeno. Molto più sfigato, senza ombra di dubbio. » Ride appena « Sono successe diverse cose, e tutte assieme. La Foresta proibita, la paralisi..Amunet. La sua cecità, il non esser stato capace di far nulla per aiutarla, o impedirlo. » E poi il demone della morte, l'omicidio di Abigail. « Mi ha confessato alcune..Cose. Cose che non avrei mai immaginato, e sicuramente mai sperato. All'improvviso mi sono reso conto che la persona che ho sempre amato, non l'ho mai conosciuta davvero. Che forse per tutto questo tempo mi sono ostinato a conoscerla, a crearmi un suo disegno mentale che corrispondesse ad una realtà che, a quanto pare, era solo un'illusione. Mi sono illuso per tutto questo tempo che le cose avrebbero potuto sistemarsi, nonostante tutto. Che io avrei potuto in un certo senso salvarla, nonostante tutto. Ma... » Sospira. « Beh, così non è stato. Non potevo salvarla da qualcosa che nemmeno conoscevo, e quando l'ho conosciuta era ormai troppo tardi. E poi lei mi ha tradito, di nuovo. » La guarda, facendo una piccola pausa. Parlarne gli fa male, ma in fin dei conti, è forse l'unica cosa di cui abbia mai avuto bisogno, negli ultimi tempi. « Si è manifestato quando lei ed Albus mi hanno confessato tutto. Il gene del sineater. Non so come abbia fatto a restare addormentato per così tanto tempo, forse perchè semplicemente non ci ho mai creduto a..un certo tipo di cose. » La guarda, ed uno strano presentimento inizia a scuoterlo dall'interno. Ripensandoci, come fa a saperlo, Maze? Non gliel'ha mai detto, non direttamente, e se davvero lei è rimasta fuori dai giochi per quelle ultime settimane, così come ha fatto lui, è piuttosto improbabile che sia venuta a saperlo da terze parti. Allora quella domanda gli sorge spontanea, mentre mentalmente sembra ricollegare non pochi punti. « Maze..Ma tu..Come fai a saperlo? Il gene, la manifestazione..e tutto il resto. » Cerca il suo sguardo, seppur non sappia esattamente cosa speri di trovarci all'interno. « C'entri qualcosa anche tu con l'aldilà? Come? » [...] Niente smuove più il cuore umano che la sofferenza altrui. Le sue parole ed il suo racconto su quanto le sia accaduto negli ultimi giorni gli ritornano alla mente. Allora rimane in silenzio per un po', poi si gira col proprio corpo verso il suo. « Ascolta.. Io-io di questo mondo paranormale ci capisco davvero poco. Ma non me ne frega niente di ciò che sei, se davvero sei altro. Se hai dovuto subire cose terribili in questi ultimi giorni mi dispiace comunque, a prescindere. » Allunga una mano, fino a sfiorare la sua. « Se hai bisogno di..Beh qualcosa, qualsiasi cosa, anche solo parlarne, puoi contare su di me. Non sono un granchè, è vero, e fino a poco tempo fa ci saremmo presi a schiaffi a vicenda... » Sorride. « Ma questo non vuol dire che sia giusto gettarti da una torre o farti chissà cos'altro. Quindi..magari non te ne frega un cazzo e mi riderai in faccia ma..Puoi contare su di me, quando ti serve. Voglio solo che tu lo sappia. In fondo sono quell'ingenuotto che ti ha accolta sotto le sue coperte per non farti morire congelata. Non ti farei mai niente di male. » Si stringe nelle spalle. « Non gratuitamente almeno! »
     
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    « Beh grazie....Aspetta, tu perdoni me? Io non ho niente da farmi perdonare da te e..e.. E adesso perdonare è il mio lavoro a quanto pare quindi..Oh. » Fa una smorfia impressionata di fronte a quell'argomentazione assolutamente ineccepibile. «Quindi, oh.» Lo cita, con fare assolutamente canzonatorio. «Quando usciamo, se riuscirai mai a diplomarti e sinceramente, non te la prendere, ma la vedo buia, dovresti proprio intraprendere la carriera da Magigiurista.» Non ci crede nemmeno lei, con quella sua espressione particolarmente vispa, accompagnata anche dall'ilarità scaturita nella sua testa, grazie alle risate sonore di Trixie. «Mio padre non lo farebbe entrare in tribunale nemmeno se riuscisse davvero a laurearsi.» E non può che concordare anche Maze. Si possono dire tante cose di Fred Weasley. Che ha buon cuore, che è forse un po' ingenuotto, ma è comunque assai coraggioso. Che se solo la smettesse di essere tanto imbranato, alle volte, risulterebbe ancora più figo, con quei capelli rossi e quello sguardo che sembra passarti da parte a parte. Che, a quanto dicono, è un ottimo giocatore di Quidditch - Maze non è molto sicura su questo punto, visto quanto in generale seguiva le partite contro Grifondoro, sempre più affascinata dal visitare gli spogliatoi con qualche giocatore rimasto in panchina, super affascinato dalla sua mise da cheerleader. Che è divertente, di certo a modo suo, ma sa esserlo. Si possono dire tante cose, nel bene e nel male, ma di certo non si può dire che sia un bravo oratore, visto il suo ritrovarsi con le spalle al muro per una mezza battuta alla quale non sa rispondere meglio che con un "Quindi, oh." «Con questa parlantina spicciola e priva di intoppi riusciresti a scagionare persino un pluriomocida. Saresti una valida aggiunta alla Corte del Wizengamot.» Di certo, Fred si imbarazza facilmente, eppure è più facile parlare con lui, probabilmente anche perché si diverte tanto a prenderlo in giro, che con molti altri che si è sempre ritrovata intorno Trixie. E' facile rimanere lì, sotto quel lenzuolo caldo e quella coperta pesante che fa loro scudo dal mondo. E' facile semplicemente punzecchiarsi, parlare praticamente di tutto e niente e non morire congelare. « Io non ci sto provando. Dicevo solo la verità. Perchè dovrei provarci? » Si porta teatralmente la mano a sbattere contro la propria fronte. «Se non lo sai tu..» prende a dire, con una risata a colorarle il tono di voce. «Dovresti preoccuparti, lo dico per te, eh! Mi chiedo come sia possibile che tu abbia anche solo avuto la possibilità di avere una ragazza in vita tua se non ti accorgi nemmeno di star facendo esattamente il gioco che serve a passare, eventualmente, in seconda e terza base.» Scuote la testa, mentre seriamente si domanda come sia possibile che Mun abbia scelto proprio lui come suo primo ragazzo. Se è così a diciott'anni, sia Maze che Trixie si domandano come fosse a sedici anni. «Sicuro più imbranato. Lo ricordo vagamente ed era il classico sfigatello che guarda solo Game of Thrones e che probabilmente si dava da fare con il calzetto di spugna.» Trattiene una risata a stento immaginandosi il giovane Weasley ancora più impacciato di quanto risulti in quel momento. Ma il discorso, da facile, allegro e sovrappensiero, si fa lentamente più serio e pesante. Dal pensare alla giovane Mun e il giovane Fred, si passa a parlare dei due attuali, decisamente meno spensierati e dai problemi più profondi, dalle ferite dalle quali è difficile riprendersi. « Sto bene.- Sbuffa Maze, girandosi su un fianco per avere quasi l'illusione di guardarlo in faccia. Lo sa che non sta bene, chi potrebbe stare bene dopo una cosa del genere? Lei non starebbe bene, seppur probabilmente non si rintanerebbe mai nella sua stanza, ma farebbe finta di nulla, indossando semplicemente i propri occhialoni scuri dietro i quali il mondo potrebbe dire di vedere una ragazza alla quale non frega nulla di nulla. Ma parlare è semplice, per esperienza lo sa. Poi però vengono i fatti e allora Maze lo sa che lui non sta bene. -Sì insomma, credo il peggio sia passato. » Già meglio, più vicino alla realtà. « Com'è possibile che tu non sapessi nulla? Cioè, insomma, è Mun. E tu sei Maze. Siete praticamente come me e.. » Riesce quasi a percepirlo il grosso sorso di bile che sta buttando giù Fred nel dire quelle parole. Si blocca, ma è chiaro di chi stia parlando. La mora immagina che sia peggiore quello rispetto al tradimento di Mun. Il perdere un amico, il proprio miglior amico. Ma se c'è una cosa che ha capito Maze dallo stare sulla Terra è che le persone che si vogliono davvero bene, anche se si perdono di vista per un po', alla fine riescono a tornare sulla stessa strada per rincontrarsi. Ed è certa che questa regola valga anche per Fred e Albus, talmente inseparabili da risultare la stessa persona alle volte. « No aspetta, che? Ti hanno spinta dalla Torre? Chi diavolo potrebbe mai fare una cosa del genere? Cosa intendi con... Cosa ti ha fatto? » Una cascata di domande la coglie all'improvviso. Ma non è sorpresa. E' nell'indole di un sin eater preoccuparsi per l'altro, specie se il sin eater in questione è Fred che, beh, era apprensivo e altruista già di suo. Così si stringe nelle spalle, mentre si sfrega nervosamente le mani. Lei, chiaramente, ha una percezione differente della cosa. E' una ferita, l'ennesima che si porterà dietro finché il mondo non imploderà su se stesso e la fine per tutti sarà impossibile da evitare. Le fa male, è vero, il ricordo di quanto si sia sentita inerme e vulnerabile, il ricordo di quanto tutto le sia sembrato senza senso, fin quando non le è stato ricordato chi è veramente. Li sente addosso tutti i lati più oscuri di quella faccenda, ma alla fine è diverso il peso che dà alla cosa. Per un demone che ha visto di tutto, che ha vissuto la sua intera esistenza in mezzo a patimento e tortura, quello è soltanto l'ennesimo profumo di dolore che sente. Quindi deve cercare le parole giuste per rapportarsi con lui e su ciò ne conviene anche Beatrix. «E' per questo che non sapevo niente di tutto quello che è capitato a te, Mun e Albus, fino a qualche istante fa.» Risponde infine, cominciando dall'informazione che le sembra essere migliore. «Sono rimasta fuori dal giro per qualche giorno e non vedo Mun da un po'.» In realtà non ho proprio idea di dove si sia andata a cacciare. «E per farla breve sai benissimo quanto possa tirare fuori il peggio delle persone tutto questo La mano che alza appena il lenzuolo per svolazzare e avvolgere l'idea del castello che ha in testa. «Potrei dirti che mi sono trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato, ma forse mi trovavo semplicemente dove dovevo essere. E Tom era ubriaco, era sopraffatto dall'adrenalina e forse ha sentito troppe cose in giro sul mio conto.» Decide di eludere bellamente la parte della torre, quasi a voler proteggere in maniera del tutto inconscia Lucien. «Cose probabilmente vere, per la maggior parte, ma cose che non giustificano nulla di quello che ha fatto dopo.» E' il caso di dirgli tutto? Domanda a se stessa e domanda a Trixie. La sente scuotere la testa, forse perché nemmeno lei è pronta a ripercorrere tutto ancora una volta. E Fred, Fred è troppo buono per meritarsi l'ennesimo peso cruento da portare. «Il peggio è passato.» Lo cita, alla fine. Lui è morto, oggi riesco persino a non sentirmi più il suo odore addosso, stiamo meglio, tutti decisamente meglio. « Stai bene adesso? » Annuisce, lasciando tremolare il letto sotto di sé. «Ora sì. Ho qualche problema ad addormentarmi da sola, ma fin quando trovo degli ingenuotti che mi albergano sono a posto.» Ci scherza su perché Maze è fatta così. Sdrammatizza per non essere compatita. Percepire la pena dall'altra parte è la cosa che più la fa arrabbiare e allora la butta sul ridere perché è meglio così. Sia per gli altri che per i propri nervi. « Credimi, a volte mi strozzerei con le mie stesse mani per questo mio essere un completo coglione. Ma sono fatto così a quanto pare. Perdono troppo facilmente. E poi se morissi congelata sono sicuro che il tuo fantasma mi perseguiterebbe per l'eternità. E già sei insopportabile così, non oso immaginare sotto forma di spirito. » Sbuffa, sonoramente a quelle parole. «Avrei tanto altro di cui occuparmi che venire a tormentare proprio te. Sei un esperimento divertente fin quando sono viva, ma da morte..no grazie. Il mio contratto finisce quando esalerò il mio ultimo respiro.» E poi tornerò a casa. E non so se la prospettiva mi fa più o meno paura. « Ma tu, tutta questa autostima, la compri da qualche parte? » Alza un sopracciglio con, ovviamente, già la battuta pronta sulla punta della lingua. «Chiaro. In un posto in cui tu non puoi permetterti di entrare, ovviamente. Esclusivissimo e di classe. Fiuterebbero le tue felpe e i tuoi pantaloni scuciti a chilometri di distanza, anche se ti mettessi un Armani addosso per mimetizzarti.» Ed è così che la giudice di moda che è in Trixie torna allo scoperto. Perché in fondo qualcuno lo doveva pur dire a quel roscio che un maglione con la propria iniziale sul davanti non è socialmente accettabile, così come continuare ad indossare jeans tutti i giorni della settimana. « Hai ragione. Ma un po', giusto un po'. Stronza lo sei stata comunque. » «Lo prenderò come un complimento, grazie.» « Non so cosa tu veda di cambiato in me..Io mi sento pressochè uguale a prima, se non peggio, almeno. Molto più sfigato, senza ombra di dubbio. » «Senza ombra di dubbio, mi hai tolto le parole di bocca.» Ridacchia, dandogli una leggera gomitata per alleggerirgli quello che è certa sarà un carico pesante da tirar fuori. « Sono successe diverse cose, e tutte assieme. La Foresta proibita, la paralisi..Amunet. La sua cecità, il non esser stato capace di far nulla per aiutarla, o impedirlo. Mi ha confessato alcune..Cose. Cose che non avrei mai immaginato, e sicuramente mai sperato. All'improvviso mi sono reso conto che la persona che ho sempre amato, non l'ho mai conosciuta davvero. Che forse per tutto questo tempo mi sono ostinato a conoscerla, a crearmi un suo disegno mentale che corrispondesse ad una realtà che, a quanto pare, era solo un'illusione. Mi sono illuso per tutto questo tempo che le cose avrebbero potuto sistemarsi, nonostante tutto. Che io avrei potuto in un certo senso salvarla, nonostante tutto. Ma...Beh, così non è stato. Non potevo salvarla da qualcosa che nemmeno conoscevo, e quando l'ho conosciuta era ormai troppo tardi. E poi lei mi ha tradito, di nuovo Ed è pesante davvero, forse più per lei che per lui. Rimane lì, immobile e in silenzio, con le labbra dischiuse in un gesto di stupore nel constatare quanto si riveda in quelle parole. All'improvviso mi sono reso conto che la persona che ho sempre amato, non l'ho mai conosciuta davvero. Si rende conto di quanta faccia male prendere consapevolezza di avere davanti una persona differente da quella che si è sempre immaginata nella propria mente. Mi sono illuso per tutto questo tempo che le cose avrebbero potuto sistemarsi, nonostante tutto. Che io avrei potuto in un certo senso salvarla, nonostante tutto. E' assurdo, è così assurdo quel discorso da risultare terribilmente vero e reale. Lui parla di Mun ma lei riesce a pensare soltanto a Lucien. Lei e Fred accomunati dall'amare ciecamente una persona senza vederne le vere sfumature, pensando che il proprio amore possa sovrastare qualsiasi cosa. Lei e Fred accomunati da qualcosa in generale. Assolutamente impensabile. « Si è manifestato quando lei ed Albus mi hanno confessato tutto. Il gene del sineater. Non so come abbia fatto a restare addormentato per così tanto tempo, forse perchè semplicemente non ci ho mai creduto a..un certo tipo di cose. Maze..Ma tu..Come fai a saperlo? Il gene, la manifestazione..e tutto il resto. C'entri qualcosa anche tu con l'aldilà? Come?» Ed eccoci di nuovo a dover affrontare il suo grande segreto di stato. E' stanca, stanca di fingere di non essere quello che è. Stanca di parlare di quello che è veramente. Stanca semplicemente del fatto che tutto debba essere più complicato del previsto. Tutto doveva essere più semplice: doveva vivere la vita da ragazza che ha sempre sognato, magari trovarsi qualche riccone da incastrare per farsi sposare e mettere su una famiglia fatta di tradimenti, gioielli, giardinieri e villone sparse per il mondo. Insomma, qualcosa di modesto e per nulla pretenzioso, ma sicuramente diverso da quello che le si presenta ora davanti. Sospira, muovendosi per tornare a pancia in su. «So cose. Conosco l'aldilà. So che è diviso in due parti. C'è la Loggia Bianca, alla quale sei legato tu. C'è la Loggia Nera, alla quale sono legata io.» E come un disco rotto riparte. «I colori usati per descrivere entrambe le Logge sono già un chiaro indizio. Buono e cattivo, ying e yang, angeli e demoni, Paradiso e Inferno.» Si gratta la testa, mentre parla ormai della sua vera natura con leggerezza spassionata, quasi non fosse più un problema rivelarsi al mondo. Non teme più il giudizio. Temeva quello di Mun, al tempo, ma quello di Fred non gli paura. Insomma, può fare a meno di lui nella propria vita, è questo che si dice. «E' tutto confuso, me ne rendo conto, ma un giorno capirai. La tua natura te lo impone. Dovresti anche sentire una certa repulsione nei miei confronti, credo.» Mentre io sono costretta a sentire questa magnetica attrazione verso questo bene che mi è stato negato e che mai avrò. Bella merda. «Io sono semplicemente altro, ti basti sapere questo. So fare del male, mi diverto a farlo, sono abituata a farlo alle persone. Sono sempre stata questo, altro. Se mi vedessi veramente per come sono, per quanto Grifondoro tu possa essere, mi cacceresti dal tuo letto e da questa stanza e mi intimeresti di starti lontana, per il tuo bene e per il bene di chi ti sta accanto. Non sono una brava persona, tutt'altro.» E tu non devi dispiacerti per me, io mi merito tutto quello che mi succede. Più male faccio, più ne ricevo. E' la legge del contrappasso. Sente la sua mano entrare in collisione con la propria e reprime l'istinto di allontanarla. Si lascia carezzare e rimane ferma, per qualche
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    secondo, mentre quella connessione cinetica le dà come l'impressione che la pelle le stia vibrando. È piacevole, strano, ma molto piacevole. « Se hai bisogno di..Beh qualcosa, qualsiasi cosa, anche solo parlarne, puoi contare su di me. Non sono un granchè, è vero, e fino a poco tempo fa ci saremmo presi a schiaffi a vicenda... » «Io ti ci prenderei volentieri anche adesso, vorrei precisare.» Dice, ma sa benissimo che non è così. « Ma questo non vuol dire che sia giusto gettarti da una torre o farti chissà cos'altro. Quindi..magari non te ne frega un cazzo e mi riderai in faccia ma..Puoi contare su di me, quando ti serve. Voglio solo che tu lo sappia. In fondo sono quell'ingenuotto che ti ha accolta sotto le sue coperte per non farti morire congelata. Non ti farei mai niente di male. Non gratuitamente almeno! » E', forse, per la prima volta in vita sua, imbarazzata. Non sa cosa dire, né cosa fare di fronte a quella prova gratuita e sincera di fiducia, di aiuto che non ha niente di interessato, ma ha tutto da perdere e niente da guadagnare. Stride i denti, in una smorfia di assoluta incredulità, mentre abbassa insoddisfatta il lenzuolo, così da lasciarle intravedere il soffitto lievemente illuminato dalla punta della sua bacchetta. Cerca Cerby con lo sguardo e lo vede sonnecchiare ai piedi del letto. Sorride, per poi voltarsi a guardare Fred. Questa volta incontra davvero i suoi occhi e i propri si tingono di un azzurro acceso, luminoso e vivace. Nell'ultimo periodo è stata troppo abituata ad essere un demone invece che essere la semplice umana che ha abbracciato di essere da quando è lì. Ha parlato troppo di sé e questo l'ha portata a distaccarsi da quella realtà terrena a cui sente di tenere ormai fin troppo. Lei vuole essere umana, più di quanto sia disposta a dire o credere. «E' proprio nel tuo DNA saper perdonare, hai ragione. Sei nato per questo. Alla fine perdonerai tutto e starai bene Forse una profezia, forse una semplice lettura dei fatti. Alla fine tornerà a parlare con Albus e anche con Mun. Alla fine tutto si appianerà perché lui è nato per amare senza limiti umani. «Dovrei dirti che anche tu puoi fare lo stesso, ma invece no, mi dispiace, non puoi contare su di me. Perché spero tu te la possa sempre cavare alla perfezione da solo, senza aver bisogno di me e del mio sarcasmo spicciolo che ti fa impappinare e ti fa sembrare ancora più imbranato di quello che sei in realtà.» Gli sorride con sincerità. «Ma se proprio avrai bisogno di qualcuno e avrai prima fatto il giro di tutta la rubrica degli amici, come minimo due volte prima di arrivare al mio numero, posso prometterti la mia spalla umana perché sono altro, è vero, ma sono stanca di essere altro. Voglio semplicemente essere qui e smetterla di preoccuparmi di tutte queste guerre cosmiche, del dolore, dei peccati, delle torture, di tutto.» «Cominci a blaterare, non capirà nulla di ciò che stai dicendo.» L'avverte Trixie, ma non le interessa. «Voglio trovare il mio spazio nel mondo e circondarmi di persone con le quali essere umana, semplicemente questo.» Pensa poi alla cosa più umana che le venga in mente. A ciò che le manca della vita prima che i confini di Hogwarts li bloccassero lì dentro. E senza dire nulla, prende la bacchetta dal comodino e la punta sul braccialetto che ha al polso, quello che mamma Julie ha regalato a Trixie per il suo sedicesimo compleanno. E' molto fine ed elegante, un filo d'oro bianco e un ciondolo di diamante incastonato sul mezzo. Ed è contro la pietra preziosa che punta la luce e lo spettacolo di luci ha inizio all'istante. Milioni di puntini bianchi, dai contorni colorati, quasi a voler ricordare un arcobaleno, si proiettano intorno a loro, puntini che si muovono, danzano allegramente e offrono loro ciò che non hanno da tempo sopra le loro teste. Maze guarda il soffitto e sorride. «Voglio essere così dannatamente e schifosamente umana da rimanere a bocca aperta di fronte ad un cielo stellato. Voglio guardare le stelle e non pensare ad altro se non a quanto possa essere bello il cielo in quel momento.» Voglio la semplicità, voglio le piccole cose, voglio il mondo visto dagli occhi di un bambino. E sì, in quel momento è stupefatta da ciò che vede, semplicemente a bocca aperta per la bellezza che le ruota intorno. «Rivedere le stelle dopo mesi è bello. E lo stupirsi di fronte a tutto ciò è così naturale, da piacermi. Ed è tutto così meraviglioso, non trovi?» Gli domanda, tornando a guardare lui. Ha il viso pieno di sfumature luminose, caleidoscopiche ed è così umano, in quel momento, con quei suoi occhi profondi e leggermente sgranati. Così umano da sentirsi costretta ad avvicinarsi scivolando verso di lui, per appoggiare la testa sulla sua spalla. E' caldo, terribilmente caldo, e umano. «A parte il volerti prendere a schiaffi, anche ora, e aver pensato di ucciderti, un paio di volte, ma vorrei precisare che alla fine non l'ho mai fatto, se sei ancora qui, e averti anche, in maniera del tutto ipotetica, s’intende, ingannato per farti venire con me nella Foresta Proibita.. - riprende a dire con un sorriso strano sulle labbra - ..non ti farei mai niente di male nemmeno io. Perché ne ho avuto occasione, ma non te ne ho mai fatto veramente.» E questo vorrà pur dire qualcosa. Rimane a fissarlo in silenzio, e passano i secondi e i minuti, prima di decidere di girare il volto e riprendere a guardare il gioco strano che si propone di fronte ai loro occhi. «Non ti senti già un po' meglio?» Gli chiede, rapita completamente da quello spettacolo. E se non è così, per te lo sarà. Tu starai meglio perché è così che deve essere. «Altra cosa che, tanto per la cronaca, aggiungo alla lista "Cose per le quali dovrei ringraziare Maze". Ti avverto, comincia ad essere piuttosto lunga.»


    Edited by wanheda‚ - 13/3/2018, 01:19
     
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    «E' per questo che non sapevo niente di tutto quello che è capitato a te, Mun e Albus, fino a qualche istante fa. Sono rimasta fuori dal giro per qualche giorno e non vedo Mun da un po'. E per farla breve sai benissimo quanto possa tirare fuori il peggio delle persone tutto questo La cerca attraverso il buio di quella cappa che si son creati, e per qualche momento riesce ad identificarne il profilo attraverso la penombra. Il peggio delle persone. Lo sa, Fred. Ha sempre cercato di negarlo, ha sempre provato a non crederci più di tanto, ma quel posto, a loro, a tutti loro, li ha distrutti. Li ha resi un po' meno umani, e un po' più bestie. Si è sempre chiesto se fosse sempre stato questo l'intento di Kingsley, sin dall'inizio. Può un cuore umano provare così tanta malvagità da imprigionare dei ragazzini e renderli, infine, mostri? Un tempo non ci avrebbe creduto. Nel mondo perfetto e incontaminato di Fred Weasley, una tale cattiveria non è mai stata neanche lontanamente immaginata. «Potrei dirti che mi sono trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato, ma forse mi trovavo semplicemente dove dovevo essere. E Tom era ubriaco, era sopraffatto dall'adrenalina e forse ha sentito troppe cose in giro sul mio conto. Cose probabilmente vere, per la maggior parte, ma cose che non giustificano nulla di quello che ha fatto dopo. » Si morde il labbro inferiore, mentre l'istinto di chiederle direttamente cosa le abbia fastto dopo è forte. Nella sua mente una miriade di prospettive orribili iniziano a vorticare. No, impossibile. Si dice. Non vuole crederci, non può crederci. Perchè per quanto fino ad allora non abbia mai avuto chissà quale rapporto con lei, non si meriterebbe mai una cosa del genere. Infliggere tanto dolore a qualcuno non è giusto, non è umano. Fa per parlare dunque, schiudendo le labbra, ma alla fine si morde la lingua, e non trapela nulla dalla sua bocca, se non un sospiro spezzato. « Il peggio è passato. Ora sì. Ho qualche problema ad addormentarmi da sola, ma fin quando trovo degli ingenuotti che mi albergano sono a posto. » Le sorride appena, mentre esita qualche minuto, non sapendo esattamente cosa dire o cosa fare. Vorrebbe abbracciarla, forse. Vorrebbe farle capire che a lui importa. Che ciò che ha passato fa schifo e che adesso è lì, al sicuro, e per quanto lui non possa far nulla per lei, può contarci. Vorrebbe semplicemente esserci, perchè per quanto Maze non lo ammette e forse non lo ammetterà mai, ne ha bisogno. E Fred è fatto così. Lui il dolore altrui proprio non lo sopporta. Lo fa proprio, in automatico, senza nulla da guadagnare ma anzi tanto da perdere. « Non insisterò oltre » Mormora allora, lanciandole qualche occhiata di sottecchi. « Ma questo non vuol dire che non mi importi, quindi, semmai vorrai parlarne..Io non scappo. » Si stringe nelle spalle, con fare del tutto naturale. « E qualsiasi cosa ti sia successa, non ti trovavi dove dovevi essere. Non devi mai pensare di meritare la sofferenza che ti viene inflitta, qualsiasi cosa tu abbia fatto in passato. Nessuno merita tanta cattiveria gratuita. Tu non meriti tanta cattiveria gratuita. » E' facile pensare il contrario ormai, in un mondo come quello in cui stanno vivendo. Hanno perso la concezione del tempo e dello spazio. Non vedono la luce del giorno da tempo immemore e sono costretti a vivere quotidianamente con orrori sino ad ora impensabili, per dei semplici ragazzini. Quando ti trovi in situazioni simili, con una sofferenza tanto opprimente quanto cruenta, ti domandi se forse, in fondo, non te la sei meritata. E' logica. «Avrei tanto altro di cui occuparmi che venire a tormentare proprio te. Sei un esperimento divertente fin quando sono viva, ma da morte..no grazie. Il mio contratto finisce quando esalerò il mio ultimo respiro.» Ed ecco che ritorna la solita Maze di sempre e, questa volta, non prova alcun fastidio nell'incassare le sue battutine sarcastiche. E' anzi un sospiro di sollievo ciò che esala, seppur in maniera del tutto impercettibile. Fin quando Maze avrà le forze di essere..beh, Maze, allora è tutto okay. Stiamo tutti bene. « Ah sì? Un esperimento? Per provare cosa esattamente? » Le domanda, con un sopracciglio inarcato, prima di ridacchiare sommessamente. «Chiaro. In un posto in cui tu non puoi permetterti di entrare, ovviamente. Esclusivissimo e di classe. Fiuterebbero le tue felpe e i tuoi pantaloni scuciti a chilometri di distanza, anche se ti mettessi un Armani addosso per mimetizzarti.» « Ah già, dimenticavo di star parlando con la regina. Perdonatemi vostra altezza. » La punzecchia, con una punta di malizia nel tono di voce. Perchè per quanto Fred possa essere buono, la maggior parte delle volte fin troppo buono, è pur sempre dell'erede dei gemelli Weasley, che stiamo parlando. Le confessa ogni cosa, successivamente, per poi rimanere in silenzio in attesa di una sua risposta. Non sa esattamente perchè glielo abbia chiesto. In fondo, Maze potrebbe sapere della sua natura tramite Albus, o i pettegolezzi ormai comuni tra i corridoi del castello. Forse lo prenderà per matto, forse lo ignorerà semplicemente, ma poco importa. Ha imparato che in quel mondo nulla è come sembra. Aveva delle certezze e sono scomparse, tutte all'improvviso. Quindi, ai conti dei fatti, tanto vale provare. In fondo, cos'ha più da perdere? «So cose. Conosco l'aldilà. So che è diviso in due parti. C'è la Loggia Bianca, alla quale sei legato tu. C'è la Loggia Nera, alla quale sono legata io. I colori usati per descrivere entrambe le Logge sono già un chiaro indizio. Buono e cattivo, ying e yang, angeli e demoni, Paradiso e Inferno. E' tutto confuso, me ne rendo conto, ma un giorno capirai. La tua natura te lo impone. Dovresti anche sentire una certa repulsione nei miei confronti, credo.» Scuote la testa, stringendosi nelle spalle. « Nessuna repulsione. Non più del normale almeno » La punzecchia, prima di ripensare silenziosamente alle sue parole. Angeli e demoni, paradiso e inferno. In tempi diversi, probabilmente sarebbe scoppiato in una fragorosa risata. Argomenti assurdi quelli, per uno come Weasley, che ha sempre visto nel trono di Spade il massimo del sovrannaturale. Eppure adesso gli sembra tutto così dannatamente reale. La guarda allora, mordicchiandosi l'interno della guancia. Non sa effettivamente cosa provare, di fronte ad una confessione del genere. Dovrebbe essere spaventato, forse. O provare repulsione davvero, come lei gli ha detto. Ma la verità è che al momento..non prova nulla. Perchè qualsiasi cosa lei possa essere, ai conti dei fatti, per lui rimane..beh, Maze. Sempre e solo Maze. «Io sono semplicemente altro, ti basti sapere questo. So fare del male, mi diverto a farlo, sono abituata a farlo alle persone. Sono sempre stata questo, altro. Se mi vedessi veramente per come sono, per quanto Grifondoro tu possa essere, mi cacceresti dal tuo letto e da questa stanza e mi intimeresti di starti lontana, per il tuo bene e per il bene di chi ti sta accanto. Non sono una brava persona, tutt'altro.» So fare del male, mi diverto a farlo, sono abituata a farlo alle persone. Non riesce ad immaginarla, nelle vesti di quell'altro di cui parla. La sua, dopotutto, è una mente fin troppo buona. Fin troppo semplice, per poter sfiorare un certo tipo di verità. Eppure per qualche momento, mentre cerca di individuarla nella penombra di quella stanza, sembra quasi provarlo, quello strano brivido che gli percorre la schiena. E' breve, dura giusto qualche frazione di secondo, ma c'è, lo percepisce, ed è reale tanto quanto reale è il battito del suo cuore, lievemente accelerato. E' come un presentimento, uno di quelli inaspettati ma piuttosto opprimenti. Gli intima di allontanarsi, cerca di aprire dei varchi in quei suoi pensieri immacolati, ma dura ben poco, il tempo di un battito di ciglia e di un sospiro, mentre le stringe ulteriormente la mano tra le proprie dita. « D'accordo, diciamo che sei quasi convincente. Ma io non ti ho mai conosciuta come quell'altro che dici di essere. Per intenderci, non riesco ad immaginarti con fruste e frustini a torturare la gente. Ergo, fin quando non avrai motivo di mostrarmi quest'altro -e mi auguro non lo farai, sono giovane per morire torturato, ti prego- per me rimani Maze. Niente demoni, niente loggia nera, niente nature opposte che collidono tra di loro- Perchè anche se fosse vero, se io voglio starti vicino, non me ne fregherebbe un cazzo di tutto il resto. -solo quella simpaticissima ragazza un po' creepy e con un gatto più creepy di lei che ha deciso di occuparmi stanza, letto, e di insultarmi il cane. » Le lancia un'occhiata che ha del dispettoso, prima di ridacchiare, stringendosi nelle spalle. Ed è sincero, Fred. E' assurdo quanto possa essere sincero, di fronte a situazioni di questo genere. Forse si tratta solo di ingenuità, forse si tratta di innocenza ancora non del tutto contaminata, ma ciò che dice lo pensa davvero. Forse Mazikeen un demone, o chissà cos'altro, lo è davvero. Ma in fondo, cosa importa? Ha visto gente proclamarsi angeli e compiere azioni da diavoli. Quanto possono contare davvero le etichette, in un mondo come quello in cui vivono? Infine lei abbassa il lenzuolo, scoprendo entrambi. La prospettiva non cambia poi molto, essendo la sua camera oscurata in egual modo, ma non appena si gira, riesce comunque a scorgere il profilo del suo viso. «E' proprio nel tuo DNA saper perdonare, hai ragione. Sei nato per questo. Alla fine perdonerai tutto e starai bene Si stringe nelle spalle, sorridendo appena. «Dovrei dirti che anche tu puoi fare lo stesso, ma invece no, mi dispiace, non puoi contare su di me. Perché spero tu te la possa sempre cavare alla perfezione da solo, senza aver bisogno di me e del mio sarcasmo spicciolo che ti fa impappinare e ti fa sembrare ancora più imbranato di quello che sei in realtà. Ma se proprio avrai bisogno di qualcuno e avrai prima fatto il giro di tutta la rubrica degli amici, come minimo due volte prima di arrivare al mio numero, posso prometterti la mia spalla umana perché sono altro, è vero, ma sono stanca di essere altro. Voglio semplicemente essere qui e smetterla di preoccuparmi di tutte queste guerre cosmiche, del dolore, dei peccati, delle torture, di tutto. Voglio trovare il mio spazio nel mondo e circondarmi di persone con le quali essere umana, semplicemente questo.» Non è capace di comprendere appieno le sue parole, eppure è un senso di profonda tristezza ciò che prova. Non riconoscersi nella propria natura, voler essere altro ma non riuscire ad esserlo, è..Beh, è triste. Quindi sospira, schiudendo le labbra come per dire qualcosa, ma lei lo precede. La vede muoversi, agguantando la bacchetta, per puntarsela al polso. Prima che possa anche solo accorgersi di cosa abbia intenzione di fare, un milione di lucine esplode nell'atmosfera buia della propria camera. Alza il viso allora, il rosso, il naso rivolto all'insù. Sembrano stelle, miliardi di stelle luccicanti che vorticano sulle loro teste. E di fronte a quello spettacolo, ridere è la cosa più spontanea che si ritrova a fare, mentre i suoi grandi occhi ambrati si riempiono di quello stupore tipicamente umano. «Voglio essere così dannatamente e schifosamente umana da rimanere a bocca aperta di fronte ad un cielo stellato. Voglio guardare le stelle e non pensare ad altro se non a quanto possa essere bello il cielo in quel momento. Rivedere le stelle dopo mesi è bello. E lo stupirsi di fronte a tutto ciò è così naturale, da piacermi. Ed è tutto così meraviglioso, non trovi?» Annuisce distrattamente, mentre continua a guardare il soffitto ed i muri della propria camera, la bocca appena schiusa. Si gira verso di lei soltanto quando la percepisce a contatto col proprio corpo. Gli poggia la testa sopra la spalla, e Fred sorride, guardandola, mentre si sistema meglio per farla stare più comoda possibile. «A parte il volerti prendere a schiaffi, anche ora, e aver pensato di ucciderti, un paio di volte, ma vorrei precisare che alla fine non l'ho mai fatto, se sei ancora qui, e averti anche, in maniera del tutto ipotetica, s’intende, ingannato per farti venire con me nella Foresta Proibita.. - Storce il muso in un'espressione contrariata. - ..non ti farei mai niente di male nemmeno io. Perché ne ho avuto occasione, ma non te ne ho mai fatto veramente.» La fissa per qualche momento, in silenzio, ed il viso di lei è tremendamente vicino al proprio. Ne osserva i particolari, quelli che prima d'ora non si è mai impegnato più di tanto a notare. Occhi chiari, dalle sfumature grigiastre, labbra carnose ed un accenno di lentiggini sul naso. E' carina, pensa, è umana. No, Maze, non riesco proprio ad immaginarti a torturare le persone. Si rigira dunque verso il soffitto, e mentre d'istinto poggia una guancia contro la testa di lei, delicatamente, si riscopre a sorridere.
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    «Non ti senti già un po' meglio? Altra cosa che, tanto per la cronaca, aggiungo alla lista "Cose per le quali dovrei ringraziare Maze". Ti avverto, comincia ad essere piuttosto lunga.» Una risata gli scuote il petto a quel punto, tanto da farlo sobbalzare. « Hai rovinato il momento sappilo. » Asserisce, prima di scostarsi quel tanto che basta per guardarla. « Non è vero, è bellissimo. E sì, mi sento già un po' meglio. » Ammette poi, sorridendo. « Certo, il tuo modo di consolare è piuttosto..singolare, ma..beh, grazie. Per non avermi ucciso nella foresta, non avermi preso a schiaffi, o tutto ciò che a quanto pare volevi farmi senza neanche conoscerci. Che per la cronaca...Carina.» Ridacchia. « Comunque... » Riprende dopo un po', tornando a distogliere lo sguardo « Io non sono saggio, e con le parole faccio davvero tanto schifo. Ma sono umano, e riconosco l'umanità quando la vedo, e tu, Maze, sei già più umana di quanto non credi. L'umanità non è un'etichetta di nascita, non è una razza. Noi nasciamo uomini, è vero, ma umani si sceglie di esserlo. Ci sono umani che hanno scelto di diventare mostri. Non vedo perchè dei mostri non possano scegliere di essere umani. » Torna a guardarla, l'angolo destro delle labbra piegato in un sorriso. « Non è la natura di una persona a fare di lei ciò che è, ma le sue azioni. » Si stringe nelle spalle, poi si mette a sedere, all'improvviso. Si protrae verso il comodino accanto al letto, aprendo il cassettino ed estraendone un minuscolo portachiavi a forma di valigetta, e la propria bacchetta. Ve la punta contro, ed in pochi secondi quel piccolo oggettino si trasforma in una valigia vera e propria. La apre, scrutandola attentamente. E' piena di roba, decisamente modificata con qualche formula magica per farci entrare dentro molte più cose di quante effettivamente il suo volume potrebbe contenerne. Vi fruga dentro allora, estraendo qualche cianfrusaglia, pressochè scherzi e giochi magici. « Tieni, intanto queste conservatele e non farle vedere a nessuno, potrebbero ucciderti, per della cioccolata » Asserisce distrattamente, mentre le posa in grembo alcuni pacchetti di cioccorane. « Oh e anche queste » Aggiunge una scatolina di gelatine tutti i gusti, fino a quando non lo individua, finalmente. Estrae dagli antri oscuri di quella valigia un sacchetto in velluto verde, poi la guarda. « Non avermi ucciso nella foresta proibita, è umano. Preoccuparti per gli altri, stupirti di fronte ad uno spettacolo simile, è umano. Persino il desiderio di diventare umana, è esso stesso umanità » La guarda, mentre richiude la valigia, poggiandola per terra. Le porge poi il sacchetto, lasciandolo scivolare tra le sue mani. « E' un deluminatore. Mio zio Ron ne aveva uno, io l'ho sempre voluto da piccolo, e ho rotto così tanto a mio padre da farmene costruire uno uguale. Può catturare le luci di un luogo per poi rilasciarle quando ti va. Se lo provi, dovrebbero esserci ancora alcune luci dentro, ho lasciato al buio diversi posti. » Ridacchia, stringendosi nelle spalle con fare innocente. « Io credo ci sia della luce in te, devi solo ricordarti di accenderla. Magari con questo, ti sarà più facile ricordartelo. » La guarda, poi distoglie lo sguardo, per celare dell'imbarazzo di fondo. « Lo puoi ritenere un regalo di Natale un po' in ritardo. No, no, dai, non c'è bisogno che mi ringrazi. »
     
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