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« Ne sei sicuro? Al cento per cento? Ho bisogno di altri dettagli, Richard. Ti prego, vedi di farmi sapere al più presto. » Di questo genere sono le frasi che, per l'intera mattinata, possono essere udite fuori dalla porta dell'ufficio di Julie Andromeda Greengrass, che per una volta abbandona la discrezione, non preoccupandosi troppo di sussurrare nell'interloquire con la propria controparte, il cui viso appare quasi evanescente tra le fiamme del suo camino. Richard Hall, impiegato al Dipartimento del Trasporto Magico, durante una riunione nell'Aula Dieci, è venuto a sapere di una possibile apertura dei cancelli di Hogwarts, e come prima cosa ha pensato di avvertire proprio lei. Il minimo che potesse fare, in ogni caso: d'altra parte è stata proprio lei a risolvere quella spinosa questione della licenza della doppia bacchetta per sua moglie, non senza disturbare oltremodo alcuni suoi colleghi. Glielo doveva. Le informazioni che la raggiungono sono ancora poche, purtroppo: non si sa se i ragazzi siano usciti sani e salvi, quanti siano, e soprattutto se Beatrix sia tra loro. Si accorge, Julie, di aver trascorso gli ultimi mesi desiderando ardentemente l'arrivo di questo momento, sperandolo con tutta se stessa: e quando arriva non può che essere spaventata dei risvolti finali. Man mano che le notizie e le informazioni verranno accumulate, si avvicinerà sempre di più al sapere che cosa è successo a sua figlia, e se - e al solo pensiero le vengono i brividi - potrà ancora considerarsi una madre. Sono momenti d'alta tensione, questi, che la Greengrass trascorre con il cuore in gola e le mani che non fanno altro che torturare qualunque cosa le capiti di fronte: dai documenti da firmare, al manico della propria ventiquattr'ore, finanche la propria bacchetta, che si ritrova a rigirarsi tra le dita, come per tenersi occupata. A lavoro è distante, fredda, come se si trovasse in un altro mondo: l'arrivo di chiunque la fa sobbalzare, nella speranza che sia ambasciatore di buone notizie, o semplicemente notizie in generale, perché annegare nel dubbio e nell'ignoranza, per una come lei, che è abituata ad avere sempre tutto sotto controllo, la uccide. Ma le ore trascorrono e della sua Beatrix non si sa nulla, così come pochissime sono le informazioni che al Ministero giungono da Hogsmeade, tenuto sotto scacco da quel branco di riottosi, incapaci di provare anche solo un briciolo di compassione per le famiglie che soffrono. « Non hanno aperto le porte? Nemmeno adesso? E come facciamo a sapere se i nostri ragazzi stanno bene o no, con la Divinazione? » Branco di barbari. Tra le tante emozioni che prova, sicuramente la rabbia è una di queste, oltre all'evidente delusione nei confronti della povera performance dei membri dell'Inquisizione. Tante le cose che non riesce a sopportare, e altrettante sono quelle che è costretta a mandar giù, in modo da mantenere intatta la propria figura diplomatica, non sfigurare, non far capire a nessuno che anche all'interno del Ministero ci sono delle difficoltà e dei disaccordi, anche tra chi lo governa. È con il cuore pesante e la testa completamente da un'altra parte, ancora immersa nelle proprie divagazioni mentali, che si materializza alle cinque di fronte all'entrata del Capital, uno degli hotel magici più belli di tutto il Distretto dell'Oro. Non è esattamente dell'umore di prendere un tè, come se nulla fosse appena accaduto, ma per quanto le possa essere difficile, a volte, Julie si ricorda che, all'atto effettivo, di figlie ne ha due. Per quanto Olivia possa aver cercato da sempre di distanziarsi dalla famiglia, per quanto si sia sforzata di trovarsi una strada da sé, e per quanto non possa essere la sua figlia biologica, Julie le vuole bene come se lo fosse - okay, magari un po' di meno, a essere sinceri. Non l'ha portata in grembo e questa è una grande differenza: non ha con lei la stessa connessione che ha da sempre avuto con Beatrix, e i rapporti non sono mai stati facili e lineari, ma con il tempo si sono distesi. Adesso che Olivia è grande e matura, Julie ha l'opportunità di trattarla come un'amica, una confidente, una sorella maggiore piuttosto che un genitore severo. E d'altra parte, considerate le grandi aspettative che ha sempre Basil nei riguardi delle ragazze, essere indulgente è il compito che le spetta necessariamente. E d'altro canto, Olivia non avrà i suoi geni ma è pur sempre una donna bellissima, forte e indipendente, proprio come lei stessa ha cercato di insegnarle. Perché anche il fascino non è necessariamente qualcosa d'innato, ma si educa, con il tempo e con l'esercizio. Quest'ultimo pensiero in particolare le balena in testa nel vedere la giovane donna fare il proprio ingresso nella piccola sala dedicata al loro incontro, nel notare la sua mise deliziosa ed il suo aspetto impeccabile. Le rivolge un sorriso, forse un po' stentato, mentre si alza dalla propria posizione per andarle incontro, e salutarla con un bacio su ciascuna guancia. « Perfetta al tuo solito. » Di fronte a quel complimento, forse fatto più per abitudine che altro - anche perché, diciamocelo, non esiste un momento in cui Julie Greengrass non s'impegni per essere assolutamente perfetta - Julie le rivolge un sorriso sincero, per poi scuotere rapidamente la testa. « Oh, questo? Lascia stare tesoro, ché oggi non ho avuto la testa nemmeno per guardarmi allo specchio. » Sì, insomma, quasi. « Tu sei davvero bellissima invece. » Ed in un momento qualsiasi dilungherebbe quei suoi complimenti, le domanderebbe a quale boutique di Londra appartengono le sue scarpe tanto chic, o dove abbia acconciato i capelli questa volta. Ma questo non è un momento qualsiasi, oggi è una giornata particolare e Julie ha la testa tra le nuvole più del solito. Tutto quello che la circonda è di importanza secondaria rispetto a quello che sta avvenendo al villaggio vicino Hogwarts, e di cui non sa ancora praticamente nulla. Si accomoda al tavolo di fronte alla ragazza, e lascia che i camerieri sistemino il tutto. Con occhio apparentemente clinico osserva uno di loro versare del tè nella sua tazza, per poi allontanarsi verso la porta. Si chiama Will, ha ventisei anni e un corpo da paura. Se la figlia di suo marito non fosse lì davanti a lei, e se oggi non fosse così distratta da altri pensieri, probabilmente lo seguirebbe con lo sguardo, non senza lanciargli un'occhiata lasciva. Ma oggi è tutto diverso, e dunque i suoi occhi chiari restano fissi sulla superficie dell'acqua colorata all'interno della sua tazzina. Prosegue con movimenti meccanici, mentre con il suo cucchiaino d'argento aggiunge un po' di zucchero. « Ho letto dell'apertura della scuola. E' successo stamattina, vero? » Si limita ad annuire, silenziosamente, mentre solleva lo sguardo su di lei. « Non sono riuscita a sentire ancora papà sulla questione, ma immagino che sarà molto contento. A quando è previsto il rientro di Beatrix? » Si stringe nelle spalle. Si accorge, d'improvviso, quanto parlarne ad alta voce, con Liv in particolar modo, sia doloroso per lei. Prende un sorso del proprio tè, avvicinando sia la tazzina che il piccolo piattino di più al viso. « Siamo... non so dirti nemmeno io se siamo contenti, Liv. » comincia, dopo aver preso un profondo respiro. Sì, decisamente doloroso. « Non possiamo esserlo d'altronde, se non sappiamo nulla di quello che sta avvenendo lì dentro. Chi è riuscito a uscire dal castello o cosa sia effettivamente successo. È da questa mattina presto che cerco di racimolare notizie, ma al Ministero si sa poco e niente, tanto per cambiare. E in tutto ciò anche Chuck è sparito. » Sbuffa, esasperata. Riflette qualche istante, le labbra dischiuse e lo sguardo perso apparentemente ad osservare i dolcetti che sono di fronte a loro, per poi aggiungere: « Non che mi aspetto che lui sappia qualcosa, è chiaro. Ma... » Ma la sua compagnia in un momento del genere non le dispiacerebbe. Sa che Olivia può capirla, da questo punto di vista. Si stringe nelle spalle. « Insomma, non sarò del tutto serena fino a quando non avrò delle notizie certe sulla questione. Per adesso ci sono soltanto voci e storie poco definite. Niente a cui potersi aggrappare con certezza. Quindi no, non ho proprio idea di quando sia previsto il ritorno di Beatrix. » Ammesso che sia ancora viva. Rabbrividisce. « Se dovesse servire un mediatore per il passaggio sicuro, sai di poter sempre contare su di me. Anche se immagino che quei provincialotti, la diplomazia non sanno nemmeno come cercarlo come termine sul dizionario. » Scuote piano la testa, con aria contrariata, mentre si allunga a prendere un pasticcino alla fragola. Sembra esaminarlo per qualche istante, come se volesse decidere da che parte iniziare, per poi darvi un piccolo morso e abbandonarlo su un piattino di fronte a sé. « Oh, non hai idea, tesoro » dice, allungandosi nuovamente verso la propria tazzina, e inframezzando il discorso con un altro sorso del proprio tè. « Più che provincialotti io li definirei veri e propri criminali. Non stanno permettendo l'accesso a Hogsmeade nemmeno adesso, che Trixie e tutti gli altri ragazzi sono fuori dal castello. Non sappiamo nemmeno in che condizioni siano, non ci sono comunicati. Un muro. Ci ritroviamo ad avere di fronte un vero e proprio muro, senza il minimo tatto o compassione per quello che tutti noi stiamo provando in questi momenti. Non riescono a concentrarsi su nient'altro che non sia la loro stupida causa. » Serra le labbra, mentre allarga le narici e prende un altro enorme respiro. Non crede di essere mai stata tanto alterata in vita sua per qualcosa di simile. Ma d'altra parte nessuno prima di adesso si era messo letteralmente in mezzo tra lei e sua figlia. « Per qualunque cosa, nel processo, sono qui. Fremo all'idea di rivederla a casa, dove avrebbe dovuto essere per tutto questo tempo. » A quelle ultime parole l'espressione di Julie pare rilassarsi, mentre le sue labbra si distendono in un sorriso intenerito. Nella sua vita, nonostante tutto, si è sempre ritenuta una donna fortunata: ha avuto grandi difficoltà, certo, e altrettante enormi delusioni, ma una delle cose di cui è più fiera sono le sue ragazze, il modo in cui le ha educate e come entrambe stiano diventando delle donne forti e piene di carattere. Olivia in primis. Lei e Basil non hanno mai approvato alcune delle sue scelte di vita, e sono state numerosissime le volte in cui entrambi l'hanno guardata con aria vagamente delusa, le braccia incrociate al petto e sulle labbra le classiche parole "Te l'avevo detto", tipiche in quel genere di situazioni. Ma nonostante tutto riesce ad essere fiera anche di lei. Sorride, allungando una mano sul tavolo, per stringere la sua. « Oh, tesoro. Sono così contenta che ci sei almeno tu. Questi mesi non sarei riuscita ad affrontarli senza il tuo aiuto, ma questo devi saperlo già. » Fin troppe sono state le volte in cui la giovane Olivia era stata costretta a ritornare, insieme alla piccola Meredith, per qualche sera di nuovo a casa, solo per farle compagnia, nei periodi d'assenza di Basil. Le carezza il dorso della mano con il proprio pollice ancora per qualche istante, sorridendole, per poi distaccarsi e prendere un altro piccolo morso del proprio pasticcino. « Io spero davvero che vada tutto a posto, e che la rivedremo presto a casa. Non sai che stress con cui sto dovendo fare i conti ultimamente. Come si chiamava quella massaggiatrice che mi avevi consigliato la settimana scorsa? Mi sa che le chiederò un appuntamento » riflette, mentre infila un mini bignon in bocca, coprendosela poi mentre mastica. « In ogni caso come stai tu, dolcezza? Le cose come procedono a lavoro? Scommetto che sei impegnatissima di questi tempi... Meredith come sta? Dovresti portarla a casa, uno di questi giorni. Le ho promesso che Lucy le farà i biscotti, e non posso non mantenere certe promesse proprio con lei. »
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