There is a light that never goes out

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +2    
     
    .
    Avatar

    🦆


    ★★★★★

    Group
    Member
    Posts
    2,616
    Reputation
    0

    Status
    Anonymes!
    La festa a Hogsmeade aveva aiutato molte persone a proseguire nel lungo e doloroso processo per lenire le ferite che Hogwarts aveva inferto loro, chi come ostaggio al suo interno e chi come inerme spettatore davanti ai suoi cancelli. Non sarebbe bastata una serata di divertimento a cancellare quelle ferite, destinate a divenire cicatrici: solo uno sciocco di avrebbe creduto. Era chiaro però come la serata avesse dato a molti lo spunto per tenersi impegnati il più spesso e a lungo possibile. Stare fermi con le mani tra le mani avrebbe significato dare spazio alla mente per pensare e pensare avrebbe significato ricordare: chi la propria sofferenza, chi la morte altrui. Era ciò che lo stesso Sirius, in un moto di infantile superficialità, stava cercando di fare. Ogni sera si ficcava gli auricolari nelle orecchie e alzava il volume delle proprie playlist al massimo, talmente alto da non riuscire a sentire i suoi stessi pensieri, o si piazzava sul divano con la console portatile tra le dita, cercando di imporsi ogni volta un obiettivo diverso per tenersi impegnato. Ancor più spesso usciva senza dir nulla a nessuno, come suo solito, e si ficcava senza preavviso a casa di Fawn per cincischiare del più e del meno o dietro la gonnella di nonna Tonks, perché in fondo in fondo farle compagnia non le dispiaceva poi così tanto: sopperiva alla mancanza di nonna Molly, che ancora non era riuscito a reincontrare. Anche quella sera, una tranquilla serata di fine marzo, apparentemente come tante altre, Sirius aveva cenato insieme ai fratelli ed era poi sgattaiolato fuori casa per passare la serata in compagnia di Tommy Prince. Avevano bevuto una birra insieme, appollaiati su una collina poco distante dalle ultime case del villaggio magico, e spalla contro spalla erano rimasti a fissare il castello che per sei anni li aveva fatti sentire a casa, protetti. Quello stesso castello che li aveva uniti, come compagni di stanza, e che poi li aveva divisi, da sopravvissuti. « Ci torneresti? » gli aveva chiesto di soppiatto Sirius, senza distogliere lo sguardo dal profilo nero dell'imponente castello sopra la rupe. Tommy buttò giù il generoso sorso di birra che aveva in canna e lo guardò come fosse un pazzo.. ovvero come al solito. « Che? Tornarci? Manco morto! » Da morto ci saresti restato direttamente. Non c'era però l'ombra di alcun divertimento sul viso del Potter, neanche lontanamente. « Intendevo, tipo, quando tutto sarà finito, cioè.. » Tommy si grattò il mento, su cui aveva lasciato lo strato di barba che durante i mesi del lockdown si era fatto crescere. Sono diventato un uomo, andava a dire in giro gonfiando il petto. Eppure, sotto la barba rimaneva lo stesso ragazzino confuso con cui Sirius era andato a dormire ogni santa notte per anni e che, non così raramente, aveva svegliato con sonore russate. « Scherzi? Come minimo mamma mi fa finire l'ultimo anno nel collegio magico delle suore di Santa Morgana. » Il famigerato collegio dove Ginny aveva minacciato di spedire Sirius almeno un centinaio di volte al mese fino a non pochi anni fa: esisteva veramente, applicavano una disciplina severissima e forse, forse se la giocava con la Loggia Nera in quanto ad appetibilità. Sirius si strinse le ginocchia al petto, rigirando tra le dita la bottiglia di vetro ormai vuota. Non faceva che pensarci, da quando aveva aperto gli occhi al limitare della Foresta Proibita, da quando era uscito: pensava a loro, gli amici che aveva perso, pensava a suo cugino Hugo, pensava a quanto fosse meraviglioso non doversi guardare continuamente le spalle.. e poi quel pensiero, un tarlo che come un'ossessione non riusciva a scacciare. Ma allo stesso modo, come una perversione, non aveva il coraggio di pronunciare ad alta voce neppure a sé stesso. « Io ci tornerei. » mormorò con un filo di voce, quasi ne avesse vergogna. Una sfumatura che Tommy Prince di certo non colse, mentre ghignava divertito e mollava una spallata contro l'amico. « Che fegato, bro! Sicuro i prof saranno super clementi e te lo fanno passare per carità il M.A.G.O.! » Gli sorrise, Sirius, lanciandogli un'occhiata affilata, quella da scimmia furbetta che gli riusciva così bene, prima di ritornare a guardare il castello. Non disse mai a Tommy del particolare che veramente gli dava vergogna. L'ossessione, la perversione. Io ci tornerei ora. E non so perché.

    tumblr_mi6eree1cJ1qew1k2o7_250
    « Partitella a quidditch domattina? Sto radunando gente. » Sirius si bloccò davanti alla porta di casa di sua sorella, con la mano già sulla maniglia. L'ennesima occasione di svago, l'ennesimo motivo per non pensare. « Dai, se mi sveglio. Dillo anche a Malia, mi raccomando, che se gioco solo con gentaglia del tuo livello mi pare di tornare all'asilo con le scope a rotelle! » E non a caso la Stone è titolare e Prince no. « 'notte Tommy! » Il ragazzone si allontanò con un grugnito e Sirius si infilò in casa, dove venne accolto da un silenzio tombale. Sapeva che Evie doveva uscire con Dash e anche Albus doveva avere impegni di tipo romantico. Avrebbe detto la stessa cosa di Olympia se, fatti due passi oltre l'ingresso, non l'avesse trovata sul divano del salotto. Era sola - per fortuna, interrompere una deliziosa parentesi amorosa con Rudy non faceva parte dei suoi piani per la serata - ma, ancor più importante, era come se quella solitudine l'avvolgesse come un mantello pesante. Non era la prima volta che Sirius, che non era mai stato il più sagace della famiglia, si accorgeva di momenti nei quali sua sorella sembrava chiudersi in una bolla di tristezza, la stessa che per poco non l'aveva lasciata a casa la sera della festa. « Ey-yo, Pizzicottina! » si lasciò cadere senza troppa grazia nel posto libero dai piedi della sorella e la fisso con un sorriso incoraggiante, inclinando appena il caso quasi potesse vedere meglio la verità celata dietro i suoi grandi occhi. « Non te ne sarai rimasta qui tutta la sera, vero? L'avessi saputo, ti avrei trascinata con me! Ero con Tommy a bere una cosetta, abbiamo fatto anche a gara a chi faceva il rutto con l'eco più lunga. » Roba da veri uomini! Strisciò verso di lei, pizzicandole la pancia. « Magari vincevi, zitta zitta! » Se la rise, prima di accoccolarsi insieme a lei. « Vuoi compagnia? Mh.. ho un'idea! Ci guardiamo qualcosa su Netflix? Dai.. » Sbatté gli occhioni da cerbiatto, il piccolo Sirius, arricciando le labbra e puntellando i fianchi di Olympia. « Daaaai dai dai dai daAaAaAaAai! Sì? E' un sì? » Era un sì. Siri sapeva essere particolarmente persuasivo, quando ci si metteva. In fondo, aveva sperimentato una tecnica specifica con ogni suo fratello per farsi dire di sì e con Olympia la raffinata e antica arte del solletico era pressoché superefficace. « YAASSS! Prendo il pc! » Schizzò via come una saetta e la rossa, dal salotto, poté sentire con particolare cura ogni spostamento del fratello: era come se il branco di gnu fosse uscito direttamente dal dvd del Re Leone del piccolo Jay per fiondarsi a casa Potter. Qualche minuto dopo, Siri tornò con il portatile già acceso in una mano e un pacco di biscotti saccheggiato dalla dispensa nell'altro. Si buttò accanto a Olympia, tenendo vicino a lei lo schermo del computer per renderla parte integrante del momento più importante: scegliere cosa guardare. Le dita di Sirius si bloccarono, nel momento in cui il cursore prese a lampeggiare sulla barra di ricerca. « Solo.. ti prego, non "Le pagine della nostra vita" per la trentordicesima volta, please. » allungò una mano per stringergliela, guardandola dritto negli occhi. « E' inutile, sperare in un Ryan Gosling tutto per noi è, tipo, utopia. Il massimo che ci è capitato è Dash, che gli somiglia un pochino, e non è nostro lo stesso. Facciamocene una ragione! » Chiamala scema, Evey. Iniziò quindi una lunga sessione di contrattazione davanti al catalogo di Netflix: l'horror giapponese proposto da lui venne scartato senza possibilità di appello - e a nulla erano valsi i numerosi "dai, fanno ridere!" di Siri - e lo stesso accadde per i docu-film storici proposti da lei, perché "oh ascò, ho portato pure i biscotti, non ci possiamo addormentare dopo dieci minuti!". Alla fine, senza sapere bene come, la scelta ricadde sul magistrale "La casa sul lago del tempo", verso il quale Sirius non seppe trovare valide argomentazioni per opporsi: si sorprese da solo nel riscoprirsi fan di Sandra Bullock, senza tra l'altro averne mai visto un solo film. In effetti, straordinariamente, gli piacque e tra un "ma è il tipo di Matrix quello?" e un "cioè la cassetta delle lettere è una macchina del tempo? cos?!", intervallati da uno scrocchiare di biscotto tra i denti, la visione del film andò avanti. Non seppe dire però se Keanu e Sandra fossero riusciti ad incontrarsi alla fine: con gli occhi pesanti, si accoccolò sulla spalla di Olympia e senza neanche accorgersene si appisolò.

    * * *


    La Sala Grande del castello di Hogwarts era pronta, splendida come poche volte la si era vista. In fondo, del ballo in maschera di Halloween ne parlavano ormai anche le armature nei corridoi e il preside aveva dato fondo al suo estro per superare anche le più floride aspettative. Non solo la Sala Grande ma l'ingresso e la Sala Trofei, perfino gli esterni sembravano usciti dalla copertina di una qualche rivista d'arredamento. Sul fondo della sala, troneggiava uno specchio imponente e tutt'intorno la musica la faceva da padrona. Volteggiavano coppie sulla pista da ballo, districandosi tra un lento e balli più movimenti. Olympia Potter li fissava seduta poco lontano dal bordo pista, splendida nel suo abito diamantato, con i lunghi capelli che come lingue di fuoco le accarezzavano le spalle.
    JbcZeP4
    Li fissava, senza però riconoscerli veramente. Non c'era Malia tra quei visi in vista di cui a stento le riusciva di carpire i lineamenti, né vedeva Fawn o Beatrice. Non vedeva neppure Rudolph, che pure sarebbe dovuto essere il più riconoscibile tra tutti, vestito a lutto com'era. Elegante, certo, ma scuro come al solito. E Albus? Non vedeva neppure lui. Non c'erano i suoi cugini o anche solo un viso familiare che le potesse far tornare la voglia di alzarsi e buttarsi al centro della pista da ballo. Sola, in mezzo a tanta gente. Olympia voltò il viso e notò, seduto sulla sedia accanto, un ragazzo bizzarro: indossava un completo color rosso fuoco e una vistosa maschera da medimago medievale a coprirgli il viso, una di quelle col lungo becco. Le mani grandi del ragazzo si alzarono lente per scostare la maschera dal volto, rivelando due grandi occhi nocciola e un mezzo sorriso dietro di essa. « Non riesco a trovare Scout. Era qui, giusto un minuto fa, e poi è scomparsa. Un bel mistero. » Hugo fece spallucce, accantonando su una sedia libera la maschera ingombrante. « Peccato, mi ero preparato psicologicamente all'emozione dei piedi pestati. » Fred e Albus avevano sparso in famiglia, e con grande divertimento, la notizia di come il loro timido e impacciato cuginetto fosse riuscito ad invitare una bella ragazza come Scout Gallagher al ballo, sotto gli occhi di tutti! Ci doveva tenere molto al ballo, a giudicare dalla cura con cui aveva scelto il suo abito. Chi l'avrebbe mai detto? Hugo Isaac Weasley, animale da festa! Il corvonero si alzò in piedi, sistemandosi meglio il panciotto sotto la giacca cremisi, e allungò una mano verso Olympia. « Balliamo? Come da piccoli, quando dicevamo di doverci esercitare per il ballo delle debuttanti! » Sventolò la mano e si abbandonò ad un inchino solenne, di quelli che così tanto contrastavano con la sua figura di secchioncello impettito. Perché nascondeva un umorismo tutto suo, Hugo, acuto e pungente; nel suo cinico mondo di vedere il mondo, possedeva ancora gli occhi di un bambino. « Milady, mi concederebbe l'onore di un ballo? » Uno solo, prima che le luci si spengano. Arriverà mezzanotte e l'incantesimo verrà spezzato.
     
    .
  2.     +1    
     
    .
    Avatar


    ★★★★★★★

    Group
    Member
    Posts
    10,337
    Reputation
    0

    Status
    Anonymes!
    Sono giorni strani, quelli, per Olympia. E' come rivivere, attimo dopo attimo, i suoi giorni di clinica. Quei giorni nei quali suo padre non aveva fatto altro che piangere, costretto ad uscire dalla stanza per paura di svegliarla, quei giorni nei quali Evie non lasciava mai il suo capezzale e sua madre e sua nonna cercavano di dare forza a tutti, costringendola anche a mangiare per forza. Quei giorni nei quali Sirius le raccontava le barzellette, sparava cazzate su cazzate sperando di strapparle un sorriso, anche semplicemente una smorfia di assenso. Ma la perdita che era certa non avrebbe mai e poi mai superato, il disturbo post traumatico da stress e quello che avevano definito un disturbo della personalità borderline la portavano a quello strato di fredda apatia che la facevano stringere nelle spalle, di fronte a tutti quei gesti d'amore inaspettato, per poi rigirarsi nel letto, sentenziando di voler stare da sola, per riposare. Al tempo non sentiva niente, immersa com'era nel suo essere distante da tutti e tutto. Ora sente fin troppo, mentre si raggomitola su se stessa, con Anna Karenina stretto tra le dita, pronto ad essere riletto per l'ennesima volta. Ci sono momenti buoni, dove riesce a non pensare ad altro, ma poi ci sono momenti come quello, in cui l'unica cosa che vorrebbe fare è correre via, lontano da tutti, per raggiungere il posto più lontano possibile, lì dove potrebbe accasciarsi a terra e permettersi di sentire a fondo qualsiasi cosa, distante da qualsiasi possibile distrazione. Perché tutti cercano di tirarle su il morale, ora come tre anni prima, tutti cercano di parlare di altro, tutti provano a tappare i buchi di silenzio inserendo aneddoti freschi freschi da Londra, tutti eludono alla perfezione gli argomenti spinosi. E se anche riesce a far buon viso a cattivo gioco, quando si ritrova ad essere da sola, come lo è in quel momento, Olympia non riesce a non pensare ad Hugo e Lucas. Perché, anche se non se ne parla o se lo si fa il meno possibile, loro sono rimasti comunque indietro. Ed è in questi momenti, che la rossa rimugina e rimugina su quel senso di colpa che l'accompagna fin dalla liberazione, un senso di colpa sempre crescente che la costringe e rimanere in silenzio, in quella sua cappa di tristezza inutile che riesce a rendere spenti persino i suoi occhi smeraldini. Un sentimento che, di tanto in tanto, non si sa come, viene oscurato completamente dal ricordo della sera della festa, quella festa al quale non sarebbe voluta nemmeno andare, ma nella quale aveva ritrovato un po' di speranza. Perché aveva guardato la lanternina di carta volare verso l'alto, si era rispecchiata nelle lingue di fuoco che le dava vita e aveva sentito qualcosa di differente dallo strappo, tipico delle sue visioni funeste, che aveva avvertito non appena il portale si era chiuso alle loro spalle. No, quella sera aveva avvertito una sensazione completamente differente dalla solita. Aveva sentito la speranza, aveva sentito qualcosa scrollarla dall'interno, come a volerla risvegliare da quel torpore che si auto infliggeva. E ne era stata talmente convinta da indirizzare un arrivederci ai suoi cugini, e non un addio, come tutti coloro che aveva intorno.
    Sta sfogliando l'ennesima pagina, stiracchiando i piedi, quando sente rientrare qualcuno in casa. Lancia un'occhiata alle sue spalle e vede delinearsi la figura di Sirius. « Ey-yo, Pizzicottina! » Gli sorride, cercando di sottrarsi a quello che, ormai lo conosce bene, è in tutto e per tutto l'inizio di un'indagine che il fratello cercherà di portare avanti, osservando i particolari. Non di nuovo, Siri, ti prego. Lo sappiamo entrambi che sono fatta così, ormai. « Non te ne sarai rimasta qui tutta la sera, vero? L'avessi saputo, ti avrei trascinata con me! Ero con Tommy a bere una cosetta, abbiamo fatto anche a gara a chi faceva il rutto con l'eco più lunga. Magari vincevi, zitta zitta! » Arriccia il naso, mentre si unisce alla sua risata, per poi fargli posto, affinché si possa stendere di fianco a lei. «Apperò, mi stai dicendo che mi sono persa la serata dell'anno. Che peccato essere rimasta a casa a leggere il mio libro preferito, mi sarebbe tanto piaciuto venire con te e Tommy a fare una bella gara di rutti!» Scrolla il capo, con i boccoli ramati che le ricadono sulle spalle. Da che mondo e mondo, Olympia era conosciuta come la figlia dei Potter che aveva preso sicuramente la percentuale maggiore di eredità veela, vista la sua indiscutibile eleganza. Per questo motivo, da piccoli, i suoi meravigliosi cugini avevano la stramba abitudine di scommettere su ciò che Olympia avrebbe fatto o non fatto. "Secondo voi rutta mai? E soprattutto, quando va al bagno sarà vero che tutto profuma di rosa? Quanto ci vogliamo scommettere?" Per questo motivo, negli anni, la rossa aveva provato, un paio di volte e con scarsissimi risultati, a scendere un po' sulla terra, per provare l'ebrezza di essere una ragazzina selvatica come tutti i suoi cuginetti. E dopo aver preso la nomea di "Trilly", perché al posto di ruttare, ne era uscito uno starnutino da fatina, aveva abbandonato definitivamente la missione, per tornare ad essere, per tutta la famiglia, "quella la cui cacca profuma di fiori appena raccolti." « Vuoi compagnia? Mh.. ho un'idea! Ci guardiamo qualcosa su Netflix? Dai..Daaaai dai dai dai daAaAaAaAai! Sì? E' un sì? » Non fa in tempo a mettere il segno sulla pagina che stava leggendo, che il fratello decide di attaccarla con l'arma micidiale: il solletico, una bomba per lei, considerato il suo passato problemino con il contatto fisico. «No, Siri, fermooo!» Urlicchia, decisamente poco convincente, mentre tenta di divincolarsi, tra una risata e l'altra, non riuscendo a tirare il fiato. «Okay, okay, mi arrendo.» Con le braccia strette contro la pancia per proteggersi, alza di qualche centimetro le mani, in segno di resa. «Va bene, sì, è un sì. Voglio compagnia, in maniera assolutamente non forzata da fattori esterni, nope!» « YAASSS! Prendo il pc! » Sospira, Olympia, mentre si passa le dita sotto gli occhi per raccogliere quelle lacrime di ilarità. Ricerca, poi, la pagina che ha appena abbandonato, vi infila in mezzo il segnalibro appena in tempo per il ritorno in tutta fretta del fratello. « Solo.. ti prego, non "Le pagine della nostra vita" per la trentordicesima volta, please. » Sbuffa, sonoramente, affinché il fratello possa capire alla perfezione il suo disappunto a riguardo. « E' inutile, sperare in un Ryan Gosling tutto per noi è, tipo, utopia. Il massimo che ci è capitato è Dash, che gli somiglia un pochino, e non è nostro lo stesso. Facciamocene una ragione! » Aggrotta le sopracciglia, visibilmente in disaccordo. «A parte che non gli somiglia per niente, si vede proprio che non sei fisionomista, che ne dici di quel documentario, che dovrebbe essere uscito un paio di giorni fa, che parla dei lati oscuri del commercio alimentare globale?» C'è silenzio per qualche secondo, sullo stile dei vecchi western, nei momenti in cui passa anche la palla di fieno rotolante. Lui ribatte con della roba strana giapponese a cui la rossa controbatte con una smorfia decisamente poco convinta. «Assolutamente no, già sono abbastanza bipolare, non mi ci mettere anche l'ossimoro "horror che fa ridere" che finisce malissimo.» Passa il dito sul cursore del mouse e scorre verso il basso. «Ohhh, "Una mamma per amica"! Che ne dici di ricominciare la maratona? Ecco, magari saltiamo le stagioni di Jesse e Rory insieme, che lo sai che mi è stato sempre un po' sulle palle lui. Team Logan for the win!» Lo vede poco convinto e allora si ricomincia la ricerca e passano altri minuti buoni, così come accade sempre quando decide di guardare qualcosa su Netflix con Sirius. Si passa un'ora a cercare quel qualcosa e poi quando lo si trova, si vedono soltanto i primi trenta minuti o giù di lì, perché poi entrambi sprofondano sempre in un sonno pesante, facilitato dai grattini tra i capelli del fratello. E questa volta, a quanto pare, non fanno eccezione.

    Sbatte gli occhi, energicamente, come risvegliata da un sonno profondo. Li abbassa poi, dopo qualche secondo, ad incontrare quel vestito damascato di cui si è innamorata immediatamente. Si porta una mano al viso, lì dove, pian piano lo ricorda, ha costruito magistralmente, con le proprie mani, un reticolato di glitter e punti luci, che andasse a formare una fantasiosa maschera attaccata alla sua pelle. E' il ballo di Halloween e lei se ne sta seduta, ai lati della pista, così come ha sempre fatto. Dopo l'incidente, le piace starsene in disparte, lontana dal mondo e dal contatto fisico. No, sei migliorata, sei sulla via della guarigione ormai. Sente la voce razionale della sua mente ricordarle l'ovvio. Annuisce, allora, guardandosi intorno, alla ricerca di Rudy, di Malia o di qualsiasi altro volto famigliare. E pian piano c'è una scintilla di eccitazione che le fa tremare le membra, all'idea di ciò che accadrà da lì a poco. Così riprende a guardare con maggiore impazienza la folla di fronte a sé, ma non riconosce i volti, non riconosce i lineamenti di coloro che ha di fronte e allora si incupisce, abbacchiandosi su quella seggiolina che l'ha fa sentire ancora più piccola e vulnerabile. Dove sono tutti quando si deve stare uniti e compatti? Quando ho bisogno di loro? Si ritrova a pensare, fin quando non avverte una presenza al suo fianco. Si volta, curiosa e si ritrova di fronte una maschera a dir poco singolare. Aggrotta la fronte, fin quando il suo nuovo amico non svela il proprio volto e si ritrova di fronte a suo cugino. « Non riesco a trovare Scout. Era qui, giusto un minuto fa, e poi è scomparsa. Un bel mistero. Peccato, mi ero preparato psicologicamente all'emozione dei piedi pestati. » Gli sorride, arricciando il naso in tutta risposta.
    stydia5
    «Se ti può consolare, io pure non ritrovo nessuno. Sembrano essersi volatilizzati tutti nel nulla, lasciando solo..» persone che non conosco, a parte te. Gli sorride nuovamente, prima di voltarsi a guardare la pista. Ballano tutti, allegri, al pensiero di poter passare una serata di puro svago, così come non capita da tanto, per colpa di quella reclusione forzata. «Sembrano diversi tutti così tanto, anche se non riesco a riconoscere nessuno di loro. Ma vengono a scuola con noi?» Domanda, più a se stessa che a lui, guardando la coppia che volteggia davanti a loro. Lei, una mora che non ha mai visto prima di quel momento, lui, un biondo che ha tutta l'aria di essere più uno studente di Durmstrang che di Hogwarts. «A proposito..» prende a dire, tornando a guardarlo. «Hugie, Il rosso ti sta particolarmente be-.. si blocca, istintivamente, mentre sente che qualcosa non va. Sente che tutto quello che sta accadendo è un grandissimo déjà vu. Stringe gli occhi, non riuscendo a comprendere, si guarda intorno spaesata, cercando appoggio negli occhi color nocciola di Hugo. Ma lui si è alzato con un balzo e la sta guardando dall'alto, con la mano ben tesa verso di lei. « Balliamo? Come da piccoli, quando dicevamo di doverci esercitare per il ballo delle debuttanti! » Ridacchia, al pensiero di loro da piccoli, al centro della sala della Tana. Lei con addosso una tovaglia, per far finta di avere un vestito da sera, lui con il fiore all'occhiello e sui piedi le scarpe lucide - le uniche che non avevano ancora bisogno di essere rattoppate - di nonno Arthur, che erano di quattro o cinque misure più grandi dei suoi piedi bambineschi. « Milady, mi concederebbe l'onore di un ballo? » Percepisce un groppo in gola farsi sempre più pesante, mentre la sua testa annuisce, come slegata dal resto del corpo, in pieno libero arbitrio. Si alza in piedi e si lascia guidare da lui al centro della pista. «Devo avvertirti, l'incidente ha nettamente peggiorato le mie già precarie doti ballerine.» Si ritrova ad avvertirlo con un sorriso mesto, mentre senza pensarci due volte, si stringe a lui, lasciando che il proprio viso si ritagli il suo spazio nell'incavo del suo collo. Respira a fondo il suo profumo e rilassa la schiena, quasi completamente nuda, dopo aver accettato il tocco delle sue mani su di essa. «Quindi è probabile che non ti priverò dell'inebriante emozione di avere i piedi pestati per tutta la durata del ballo. Che non si dica poi che non ti voglio bene.» Detto ciò, si lascia cullare dalle braccia di lui, mentre seguono il ritmo di quella canzone che le ricorda qualcosa. «Ma non è la canzone che usavamo sempre per i nostri balli? Quella che adoravo suonare con il violino.» Quando ancora potevo farlo. Che coincidenza particolare. Sembra che tutto si incastri alla perfezione, come se tutto ciò fosse stato già vissuto in una vita passata. O come se tutto fosse frutto del subconscio. E' a quel pensiero, che Olympia si immobilizza, paralizzata. Si scosta da quell'abbraccio, per guardarlo in volto e il terrore è evidente nei lineamenti dolci del suo volto. «Hugo, ma tu..» non sei qui, non ci sei davvero qui con me. «Com'è possibile? Tu, io..è un incantesimo?» O forse, più semplicemente è un sogno. E' il desiderio che risiede nella mia anima da giorni. Lo guarda dritto negli occhi e sente i propri farsi lucidi, ma trattiene le lacrime con un arricciamento di naso e la mano che, lenta, si muove verso il suo volto. Lo carezza, dolcemente e lo sente vero e reale sotto i propri polpastrelli. E' caldo, è umano, non è un sogno. E' lì con lei, davvero. «Questo vuol dire che sei ancora vivo?» Gli domanda poi, continuando a muovere la mano delicatamente lungo il suo collo, fino a scendere verso il suo cuore. Batte, regolare e stabile, sotto le sue dita. «Vuol dire che la mia sensazione è vera, non è così?» Forse sta cercando di autoconvincersi, forse è davvero tutta una finta della propria testa danneggiata, ma poco le importa perché finalmente è lì con lei. E seppur la sua parte razionale continui a dirle che è tutto un frutto onirico, lei decide che va bene così. Le va bene rincontrarlo nei sogni. Sorride, infine, per poi abbracciarlo nuovamente, ora più consapevole. «Devi resistere, mi hai capito, Hugo? Devi farlo, anche per me.» Sussurra al suo orecchio, lasciandosi andare a quelle lacrime che ora, inevitabilmente, le rigano le guance. «Puoi farcela, nessuno meglio di te riuscirebbe a farlo. Sei troppo intelligente per non tornare indietro.» Considerazioni fatte a fior di labbra, tirando su con il naso, di tanto in tanto. «Abbiamo bisogno di te, tutti. Io, Albus, Malia, Fred. Rudy. Sai che senza di te è perso, non lo ammetterà mai ad alta voce, ma sei stato il suo punto fermo, da quando zia Hermione l'ha riportato a casa, come un vagabondo in cerca di un posto da chiamare casa.» E lui l'ha trovata, in voi, in te. «E poi, come potresti anche solo pensare di fare il testimone di nozze, se non resisti?» Scoppia a ridere, nel dirlo per la prima volta ad alta voce. Si scosta da lui per guardarlo in volto e sorride, imbarazzata, sentendosi le guance andare a fuoco. «Sì, è una storia davvero lunga. E sì, non ho nemmeno diciotto anni ancora, ma sono pazza, i dottori l'hanno sempre detto e Rudy mi ha chiesto di sposarlo e...» E le manca il fiato, mentre elenca tutti quegli avvenimenti di seguito. «E so che non vorrebbe nessun'altro se non tu, al suo fianco. E lo vorrei tanto anche io perché sei uno dei tasselli che meglio si sono incastrati ai miei, dai bordi frastagliati e taglienti.» Sospira, stringendogli forte la mano, come a volerne ricercare la sua piena concentrazione. «Resisti, ti chiedo solo questo. Al resto ci pensiamo noi, ti tireremo fuori e tu potrai diventare finalmente il più famoso detective di tutti i tempi.» Una lacrima silenziosa si va perdendo tra le pieghe delle sue labbra color pesca. «We can be heroes, just for one day..» canta allora, seguendo le note di quella musica. «Ma io lo so che tu lo sarai. Ma non per un giorno soltanto, no. Tu sei destinato a grandi cose, Hugo Weasley.»


     
    .
1 replies since 31/3/2018, 23:23   153 views
  Share  
.