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Chi lo direbbe mai, dinnanzi ad uno spettacolo di tal genere, che Lucien Kai Parker sia davvero colui che per tanti anni, diverse culture o credenze, hanno sempre definito diavolo. Eccolo lì, nel bel mezzo di quel discretissimo ufficio, con un grembiule da cucina legato ai fianchi ed una teglia in mano. « Ma da che lato si usa? Amore tu lo sai? » Lancia uno sguardo ad uno dei suoi tre cani, che lo ignora completamente, i grandi occhioni azzurri fissi nel vuoto. « Sì vabeh, questo mi sta rincoglionito ancora per il gatto. Andiamo, tesoro, è un gatto! Se te lo scopi minimo lo sventri, lo vuoi capire? » La bestiola lo guarda, giudicandolo. « ...Okay, io non sono stato da meno con la padrona. Ma- Non mi interrompere e fammi parlare » Tutto tranquillo, se non fosse per il silenzio più assoluto che avvolge l'intero bunker « Ma quì non è una questione di forza. Cioè anche quella, ma si parla proprio di proporzioni. » Fa qualche gesto con le mani, che non vi descriveremo perchè fidatevi, è meglio così, per cercare di spiegare meglio il concetto al cane che, per la cronaca, ha deciso di ignorarlo da almeno cinque minuti. Ma non ottiene risposta, allora sospira, teatralmente affranto, lo sguardo che saetta verso la porta d'ingresso ancor prima che questa si apra. Un ragazzino fa la sua entrata in scena. Magro, occhi verdastri, capelli spettinati. « Eccoti, finalmente. Ma quanto ci hai messo? » Lo incalza immediatamente, senza dargli neanche il tempo di richiudersi la porta alle spalle. « No vabeh non rispondere. Perchè se mi dici che hai dovuto fare la fila alla cassa mi incazzo. Glielo hai detto chi ti mandava? Ellie quante volte devo ripetertelo? Sei il figlio di dio..Cioè mio. Devi sfruttarlo! Ma l'hai mai letta la Bibbia? » Lux e le eresie capitolo novemila. Il ragazzino lo fissa in silenzio per qualche attimo, l'espressione decisamente allibita, poi sospira, sollevando le buste. « Ti ho preso la farina. ..Ma dì un po', che ci devi fare, tu, con la farina? » Inarca un sopracciglio, Lucien, poi scuote la testa, l'espressione sconsolata. « Perchè sono un vampiro vero? Questo è razzismo Ellie, e lo sai che non mi piace. » Lo fissa tremendamente serio per qualche momento, mentre si avvicina a togliergli le buste dalle mani. Si sofferma allora qualche momento a guardarlo. Ellie, così come lo chiama, è un povero malcapitato che ha malauguratamente deciso di prendere sotto la propria ala protettiva. Lo stesso malcapitato al quale ha fatto saltare tutti i denti con uno schiaffo qualche tempo fa. Un ragazzetto di non più di quindici anni, fin troppo magro di fisico, piuttosto sfigato. Il tipo perfetto per i momenti da beneficenza forzata di Lucien Kai Parker. « Apri la bocca? » Asserisce dunque, improvvisamente, lo sguardo bicolore fisso sul visino del ragazzetto. Questi lo fissa, le labbra serrate, gli occhi che si spalancano ed il sangue che gli si agita nelle vene. « ....Che cazzo Ellie per chi mi hai preso? » Sbuffa, spazientito. « ...Ti avrei chiesto di inginocchiarti, in quel caso. E' ovvio. Ma anche stesso..No. Non le faccio più queste cose, mammina si arrabbia. » Indica con l'indice il soffitto. E' sicuro che Maze sia lì, da qualche parte. La percepisce, ma il rumore assordante riprodotto dalla musica ad alto volume del locale, gli impedisce di individuare la sua esatta posizione e cosa stia facendo. « Mammina? » « Maze. Quella che vorresti scoparti ogni volta che la vedi. Oh sì, puzzeresti d'erezione a mille metri di distanza. » Lo incalza, e ride nel notare le sue guance andare in fiamme. « Voglio vedere i denti nuovi. Ecco bravo ci voleva tanto. Mmh... » Le dita gelide si piazzano sulle guanciotte scarne del ragazzino, stringendo la presa per avvicinarlo a sè ed osservarlo da vicino « Visto come sei carino? I prossimi però te li faccio fare di diamanti. » Annuisce, solenne « Rimorchierai un sacco di ragazzine. Vedrai Ellie, ti trasformerò nel frocetto più desiderato di Londra. Sei mio figlio, in fondo, non posso avere un figlio sfigato. » Lo lascia andare, il tono di voce lontanamente affettuoso. « Adesso via dal cazzo. » Si riprende subito, scacciandolo con un gesto della mano mentre si dirige verso quello che sembra essere un piano da cucina. « Se vedi Maze, chiedile se i biscottini a forma di pene li vuole bianchi o neri. Dille che io opterei per l'interrazziale, ma insomma...Hai capito! »
E' girato di spalle, non appena lo sente arrivare. Percepisce il sangue nelle vene di Cerbero ribollire, nel vedersi il territorio invaso improvvisamente da un estraneo, dunque si appresta il più velocemente possibile a lanciargli un'occhiata rassicurante, prima che i tre grossi segugi possano scattare in piedi. E' Alek. E' okay. Non me lo mangiare, mi piace tutto intero. «Com'è che il tuo ufficio assomiglia, ogni volta che vengo, sempre di più al set di un film porno?» Solo allora si gira, un sorriso che si staglia sulla sua bocca che si schiude, già pronta a ribattere con qualcuna delle sue solite battute oscene. Ma l'uomo lo precede, alzando una mano. «Ti prego, non rispondermi. La sento già la cazzata che ti è salita sulla punta della lingua.» « Se adesso riesci a prevedere anche le mie battute porche, siamo proprio una coppia sposata. » Si poggia una mano sul petto con fare teatrale e sfarfalla le ciglia numerose volte, poi torna a guardarlo attentamente. Lo sguardo bicolore setaccia ogni angolo del suo viso, per accertarsi non abbia ferite o chissà cos'altro. Non sembra percepire nulla, neanche con gli altri sensi, e allora si rilassa, tornando a sorridergli. Il fatto è che gli è mancato davvero. Ci ha sempre tenuto particolarmente, a quello stronzetto. Non ha mai compreso sentimenti come l'affetto, almeno sino ad ora, ma Aleksandr Marchand è ciò che più si avvicina ad un amico, per lui, che di amici non ne ha mai avuti all'altro mondo. Per questo, nei mesi scorsi, Lucien si era sempre premurato a guardargli le spalle, tutte le volte in cui c'era bisogno di farlo. Non che Alek ne avesse mai avuto davvero bisogno, ben capace a difendersi da solo, questo è chiaro. Ma quello in cui vivono è un mondo particolare, violento a dir poco, e di nemici Marchand ne aveva sempre avuti tanti. «Sono felice di ritrovarti tutto intero. Sarebbe stato un peccato dover spiegare come il primo vampiro a camminare sulla Terra fosse caduto sotto i morsi della Mano di Dio.» Ride a quelle parole e ricambia la sua pacca con un'altra -ben attento a non rompergli un braccio-, con fare amichevole. « Te l'ho sempre detto, se dovessi morire in qualche maniera umiliante come cadendo dalle scale o, appunto, divorato da un branco di cani rabbiosi, voglio che tu racconti ai posteri che sono crepato tra le gambe della donna più bella del mondo, mentre scopavamo così fottutamente bene da farmi prendere un infarto. » Priorità. Ride dunque, mentre lo osserva vagare per il suo ufficio, e si avvicina alle tre bestiole sdraiate per terra, carezzando loro la testa. Sono ancora piuttosto diffidenti, ma si tranquillizzano sotto il suo tocco. «Potrei quasi ritenermi offeso che hai deciso di non appendere nemmeno una delle mie opere che hai comprato all'ultima mostra, qualche mese fa.» Si avvicina a lui di qualche passo, prima di fermarsi con la schiena poggiata contro la spalliera di uno dei tanti divanetti in pelle. « Tesoro i tuoi quadri li ho usati nelle mie stanze speciali, vuoi vedere? » Il tono di voce è ambiguo, mentre inarca un sopracciglio, con quel suo solito fare da stupro mentale. Ed in effetti le sue parole corrispondono a verità. Se si oltrepassano alcune porte del lungo corridoio, se non finite tremendamente squartati da chissà quale minaccia se doveste scegliere la porta sbagliata- potreste trovare proprio loro, le stanzette speciali di Lucien Kai Parker. E lì, i quadri di Alek. Gli è sempre piaciuta la sua arte, non avrebbe speso fior di quattrini per accaparrarsela, altrimenti. «Alcuni di essi renderebbero anche più affascinante questo antro dove...cos'è che fai, precisamente? Ci porti le ragazzine? Di sicuro le luci soffuse fanno la loro figura. Oppure hai deciso di intraprendere la strada della monogamia? » Piega appena la testa di lato, i lineamenti del suo viso scarno che si induriscono per qualche momento, prima di ridere, stringendosi nelle spalle. « Oh ti ho già parlato di lei? » Giusto una novantina di volte. « Credevo fosse più probabile una mia ascesa al paradiso con tanto di angioletti che cantano piuttosto che la monogamia ma beh...a quanto pare... » Sospira teatralmente. « Ma secondo te..E' considerata comunque monogamia anche se lei non sa che stiamo insieme? » Piccoli particolari. Non ci picchiamo da un po', il cuore mi batte quando mi è vicina, non la sto tradendo: più sposati di così? Percepisce un sospiro esasperato nell'antro più buio del suo cervello, ma decide di ignorarlo. «Come ti senti, veramente?» Quella domanda è inaspettata. Un essere immortale come lui, dopotutto, non è abituato a sentirsi chiedere come stai. Si ammutolisce dunque per qualche momento, calando lo sguardo. Com'è che sta davvero, Lucien Kai Parker, al di là di tutte le stronzate che si ostina a fare di giorno in giorno da quando è, letteralmente, tornato alla vita? Probabilmente una merda. « Bene. » Risponde, lapidario in un primo momento, com'è sempre tutte le volte che qualcuno tenta di oltrepassare la corazza di superficialità che lo compone, sfiorando quella sfera emozionale che tanto lo spaventa. Ma si ritrova a sospirare, qualche minuto dopo, rilassandosi e stringendosi nelle spalle. « Sono vivo e tutto intero, è questo che importa no? » Gli sorride dunque, allargando le braccia in un gesto teatrale, volteggiando su sè stesso. « Non lo so...Non ero mai quasi morto sino ad ora, per ovvi motivi. Ma..beh, le ferite si stanno rimarginando e inizio ad avere sempre meno bisogno di dormire. Quindi deduco di stare tornando vivo. ...Che nel mio caso significa morto » Annuisce « Però, ahm, grazie. » Ed è sincera gratitudine, per una volta priva di qualsiasi doppiosenso o malizia, ciò che traspare dal suo tono di voce mite. « Allora, maschione, mi abbracci adesso o dopo? Quanto devo aspettare? » Ma si riprende immediatamente, perchè è pur sempre di Lucien che stiamo parlando. Tiene le braccia aperte mentre lo fissa con una certa insistenza, poi le richiude, ridendo. «Com'è che andata, passo dopo passo? Voglio sapere tutti i particolari. Voglio sapere chi ti ha attaccato.» Assottiglia appena lo sguardo, mentre lo vede scostarsi dal tavolino per estrarre qualcosa dalle tasche del cappotto. Inarca un sopracciglio non appena individua le due bottiglie di vino. O forse no. L'odore del sangue lo investe quasi subito, ed istintivamente, si passa la lingua sulle labbra. Ha un eccessivo bisogno di sangue, ultimamente, per via di tutto quello che ha perso solo pochi giorni fa, tanto da essersi dovuto spesso accontentare delle sue scorte congelate. «Solitamente ad un paziente in remissione si è soliti portare un mazzo di fiori, dei peluche o dei palloncini. Ho pensato che preferissi qualcosa di più sostanzioso.» Gli porge la bottiglia, che il vampiro si rigira tra le mani, osservando il liquido rosso muoversi lentamente attraverso il vetro. «Zero negativo, è il più raro, ho supposto che potesse essere di gradimento ad un simile palato sopraffine.» Lo prende in giro, e Lux lo lascia fare, annusando a pieni polmoni il profumo che esplode dalla bottiglia non appena Alek le stappa entrambe con un colpo di bacchetta. « Oh tesoro ma così mi vizi. Mi fai sentire un po' pretty woman eh. » Lo guarda, poi annuisce, rassegnato. « Sì, me l'ha fatto vedere due giorni fa. Ho provato a dirle di no ma dovresti vederla quando mette su il broncio..Impossibile. » Scuote la testa con fare solenne. «A toi, che sei sorprendentemente ancora vivo. A differenza di molti altri.» « A me. Per essere ancora così splendido anche dopo dieci morsi di lupo. » Annuisce, alzando la bottiglia in aria « ...E anche a te dai, per essere ancora vivo, nonostante tutto. » I tradimenti. Manda giù due o tre sorsi di quel liquido, e lo sente percorrergli la gola lentamente, per poi fondersi al suo organismo, rinvigorendolo. Sì, Alek, mi stai decisamente viziando. Si ripulisce le labbra con la lingua, poi lo sguardo bicolore si posa sul vetro della bottiglia. « Imbottigliare il sangue sarebbe un'idea niente male, effettivamente. Le sacche dell'ospedale fanno così anni '90. » Beve qualche altro sorso per poi posarla sul tavolino in legno. L'istinto di finirla interamente è forte, ma se dovesse farlo tutto d'un fiato, non gli basterebbe, e se non gli bastasse, Alek si troverebbe in una situazione piuttosto...scomoda. «La prossima volta, giusto per cominciare ad organizzarmi, preferisci un peluche a forma di unicorno o magari, non so, a forma di gatto? Ero rimasto al fatto che ti piacessero i cani. Ma ora siamo anche tipi da gatti?» Si guarda le mani, poi torna a guardarlo. « Quella bestia malefica mi odia. E a me sta sulle palle, ma ti prego, non dirlo a gatto e padrona. » Altrimenti questa volta, col cazzo che resuscito. Al solo pensiero rabbrividisce, e di certo l'occhiata rabbiosa di Cerberino non aiuta. Decide di ignorarlo, tornando all'amico, mentre va a sedersi su uno dei divanetti in pelle. Lo sguardo si posa su di una lunga cesta accanto, contenente lame di ogni tipo. Estrae una lunga spada, passando le mani sulla lama per lucidarla, rimanendo illeso al contatto. « Mi hanno attaccato in gruppo. Il primo è stato Rudolph Black, o Weasley, a quanto pare. Si è fatto adottare, proprio da loro, che spreco del cazzo. Lui è il lupo dal manto nero e gli occhi gialli. Poi è intervenuta Beatrice Morgenstern, la nostra amichetta, lei è la lupa dal manto bianco, l'alfa, ovviamente, come ben sai. Si è unita anche Pervinca Branwell, manto rosso, occhi verdi. Non ho adocchiato Percy Watson, ma forse mi ha attaccato quando avevo già perso i sensi. Loro sono il branco, i principali, gli originali, e sicuramente quelli più vicini al loro alfa. » Lo guarda, mentre una mano si posa istintivamente sul proprio petto, laddove riesce a percepire ancora i bordi del grosso squarcio all'altezza del cuore, sotto la stoffa leggera della camicia. « Black ha molto a cuore Olympia Potter, e l'intera famiglia di traditori, ovviamente. Beatrice ha a cuore Watson, a quanto pare stanno assieme. Pervinca..Mh..Ha un figlio, l'ho percepito, ma non so come si chiama. Il padre è Alaric Wilde, non ho idea se stiano assieme, ma sono sicuro collegati. » Annuisce, poi lo sguardo bicolore si posa sull'uomo. « Io li voglio morti. Tutti, dal primo all'ultimo. Voglio la testa della Morgenstern, che ha tradito te, e quasi ammazzato me. Voglio avere tra le mani la Potter, o il figlio della Branwell. Voglio vederli supplicare mentre li torturo. Voglio che perdano ogni speranza, ogni lacrima, ogni inutile urlo di pietà, e che rimpiangano fino alla morte di aver sbagliato mira e non avermi ucciso, la notte della liberazione. » L'espressione è tremendamente seria, inquietante, demoniaca. Il tono di voce a tratti metallico, gli occhi rossi, mentre la presa delle sue dita gelide si stringe così tanto sulla lama da piegarla sotto la propria forza. E' proprio il rumore del ferro spezzato, a risvegliarlo. In pochi istanti i lineamenti del suo viso si addolciscono improvvisamente, mentre lui si alza dal divanetto con un balzo. « Anche io ho delle cose per te! » Lascia cadere la spada ormai spezzata per terra, e si avvicina al piano cucina, prendendo un cestino pieno di muffins e adagiandolo sul tavolo di fronte a loro. « Fatti con le mie manine benedette. Se non vuoi provare nuove esperienze, ti consiglio di non toccare quelli alla red velvet. Puoi immaginare perchè. » Ridacchia, guardandolo, agguantando un muffin rosso per addentarlo con una certa foga, terminandolo in due o tre morsi. « Sono tutti quì, Alek, ad Hogsmeade. » Riprende, leccandosi le dita una ad una « I traditori. Si stanno organizzando, ne sono sicuro. La guerra è un'altra, è vero, ma proveranno comunque a farti fuori. » Pausa. « Hanno un'ondata di studenti traumatizzati da manipolare a loro favore, oltre alla Mano di Dio. Si stanno riunendo, stanno aumentando, attaccheranno presto. » Lo guarda, di nuovo serio in volto. « Dobbiamo fare qualcosa. Dobbiamo trovare nuovi alleati. Com'è la situazione al ministero? Aggiornami su tutto quello che non so. » Dimmi che devo uccidere qualcuno, per favore. « E tu, tu come stai? » Sei ancora in piedi, dopo il tradimento. Ma so quanto è difficile accettarlo. Io ci sarò sempre, comunque. « Mi sei mancato, comunque. Mi fa piacere rivederti. E sto ancora aspettando quell'abbraccio! »
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