A place where I can go

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    Inverness è sempre stato un posto speciale per Daniel Herondale. Qui è cresciuto, qui ha conosciuto ciò che di più umano un uomo possa scoprire. I primi amori, le prime delusioni. Qui ha imparato ad essere un uomo forte e a diventare una persona migliore; le esperienze più significative del suo esistere e confluire nel mondo iniziano tra queste strade tempestate di sampietrini e una pace quasi innaturale, tra il rumore delle spade che cozzano e i falò serali con i ragazzi. A Inverness, Daniel si è fatto le spalle grasse, si è spaccato la schiena e ha scoperto che la vita è più di quanto lascia a vedere a un primo occhio. E nonostante ai più potesse sembrare il contrario, qui è cresciuto, anche più di quanto sia pronto ad ammettere. Questo è anche il posto in cui per la prima volta la sua vera natura si è manifestata. Quegli artigli che si sono materializzati al posto delle sue mani imponenti non sono stati un bel colpo all'inizio, per Daniel. Diventare ciò che maggiormente aveva combattuto nei suoi giorni da giovane cacciatore, fu come rinnegare in parte ciò in cui aveva creduto per molto tempo. Col passare del tempo tuttavia si era dato da fare, e aveva scoperto che in fin dei conti, quella sua nuova vita, aveva da offrirgli più di quanto dava a vedere a una prima occhiata e così, anche un carattere apparentemente superficiale e ottuso come quello del giovane Herondale si era lentamente adattato a quel processo di metamorfosi, rendendosi uno con gli altri. Essere un lycan era più di quanto sembrasse; era appartenere a una famiglia allargata, qualcosa di estremamente profondo e delicato che si ramificava in maniere che a tratti nessuno di loro conosceva appieno. Significava essere se stessi e al contempo centinaia di altre personalità. Significava entrare in sintonia con la natura a tal punto con la natura da diventarne inesorabilmente un pezzo integrante della stessa. Un'estensione naturale della terra sotto i suoi piedi; così si sentiva. Un'emozione quella, ancora a tratti complicata da comprendere. Ed era bello; condividere così tante esperienze e al contempo lasciarsi scavare dentro da altrettante. Aveva scoperto Daniel che il mondo era fatto di molte più sfumature di quanto sembrasse. Quella loro natura, li rendeva predisposti alla curiosità e all'ascolto, a un intuito che andava ben oltre le comuni convenzioni. A volte era un condividere talmente intimo, che nessuno riusciva davvero ad essere da solo, ad avere la privacy necessaria per pensare come un semplice io. Diverse sfaccettature di una sola prospettiva comune, di obiettivi condivisi e di una coscienza comune che volente o nolente risaltava ai suoi occhi con particolare forza. Aveva scoperto di essere duro come una roccia, come Beatrice, intuitivo e leggiadro come Lyanna, leggero e a tratti sciocco come Jo, liberino e al contempo sensibile come Pervinca, irremovibile come Percy, irascibile e irrequieto come Rudy; era combattuto come la sorella, e confuso come Ophelia, poteva essere persino inflessibile come Holden e premuroso come il vecchio Matthews. Era tutto ciò e molto altro ancora, personalità pulsanti che ruotevano assieme a lui e dentro di lui, ma era anche se stesso; padre, figlio, ex marito, scapolo d'oro, irresponsabile per eccellenza e uno dei migliori guerrieri che Inverness avesse cresciuto. Aveva scoperto di amare in ugual misura chiunque amassero loro, seppur non a un livello altrettanto personale. Aveva imparato a fare proprie tanto tutti i loro pregi quanto tutti i loro difetti e ora, dopo tutto quel tempo, non farebbe nulla per tornare indietro. Ce ne erano tanti nel mondo come loro. Molti che prima di agosto non sapevano nemmeno di appartenere a quel loro mondo, e ciascuno di loro aveva portato a tutti gli altri un valore aggiunto. Una lama a doppio taglio appunto, perché assieme ai pregi di ciascuno, arrivavano anche tutti i loro difetti e anche la perpetua confusione che a tratti si trainava appresso quel legame talmente esteso. E poi c'era quel comune sentire, quella specie di missione altra che tutti si sentivano nelle vene e per la quale sentivano di doversi preparare. Non aveva nulla a che fare né con gli scontri politici attuali, né tanto meno con la verve di ribellione. Era qualcos'altro. Qualcosa di più grande, che Daniel si sentiva strisciare nelle vene ogni qual volta guardasse da lontano il castello di Hogwarts. La nostra battaglia è lì, si ritrovava spesso a dirsi guardando da una delle torri di guardia di Hogsmeade. Anche ora che tutti quanti erano al sicuro, fuori dalle mura del castello, nel entrare in contatto con gli altri, lo sentiva il richiamo dell'istinto. L'idea che nonostante tutti i loro fossero al sicuro, la battaglia non era nemmeno lontanamente cominciata. Ma a dirla tutta, in quel momento non ci pensò. Attraversando la Città Santa a piedi da un capo all'altro, camminando lungo le strade battute di sampietrini, per un po' Daniel si perse piuttosto nella distesa dei ricordi. Gli era mancata Inverness, in quei mesi in cui era rimasto in pianta stabile a Hogsmeade. Lasciato Desmond a casa dell'ex moglie e subitesi le sue solite mille rimostranze su quanto fosse dimagrito e su quanto poco si facesse sentire, prese il turno di guardia ai cancelli principali. Il suo compito preferito, perché da vera comare di paese, quale in fondo era diventata, soprattutto grazie alle influenze di Jo, amava vedere chi venisse e andasse via dalla città, solo per perdersi in commenti più o meno opportuni nei confronti delle proprie vittime.
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    Posti gli occhiali da sole sul naso, si lasciò inebriare dal clima estivo, osservando in lontananza i gruppi di bambini intenti a scorrazzare in giro verso le varie piazzette della città, spostandosi di tanto dalla mente di un compagno a un'altra, saltando da un tetto all'altro, solo per osservare la città verdeggiante da ogni angolazione. Si perse in una serie infinita di chiacchiere mentre svolgeva il suo turno, seppur sulla sua torretta fosse da solo. Si fece grosse grasse risate su questo e quell'altro gossip, lasciandosi inebriare da racconti a tratti persino piuttosto sconci. C'era chi per sbaglio capitava nella stanza da letto di questo e quell'altro mal capitato, chi finiva nella testa di qualcuno che tracannava troppo alcol e chi invece svolgeva in giro per il mondo lavori davvero discutibili. Di scatto una corvina chioma ai cancelli, attira la sua attenzione portandolo naturalmente a esibire un bel sorriso paraculo pronto all'uso. « Ma tu guarda chi si vede dalle nostre parti. » Scende velocemente dalla torretta, attivando il pesante meccanismo che regola la porta principale, lasciando che quest'ultima si apra lasciando entrare la ragazza. Non una qualunque; quella era la parabatai di sua sorella. Dei parabatai era sempre stato incuriosito, soprattutto perché, del suo non ce ne era nemmeno lontanamente il sentore. A dirla tutta, non ci teneva nemmeno più di tanto trovarlo. Aveva visto certe esperienze, quella della Morgenstern per prima, che a dirla tutta, gli aveva fatto comprendere che non tutto era rose e fiori nel paradiso delle controparti purificatrici. « Lo sai che a Inverness non ci piacciono gli ospiti indesiderati vero? » La incalza tutto scherzoso prima di farle cenno di entrare. Chiaramente le protezioni della città per quelli come lei non valgono. La Città Santa è predisposta naturalmente ad accogliere i suoi. E alina, in quanto sin eater ormai, è a tutti gli effetti come tanti altri una dei loro. Non era stato facile inizialmente ammettere la presenza di quegli estranei tra loro, ma accettarli, tenerli al sicuro, vegliare su di loro - non solo sui propri, ma su tutti quanti - sembrava essere diventata una delle tanti predisposizioni del branco. Volenti o nolenti si sentivano responsabili nei loro confronti, tanto quanto, immaginava, il loro compito rendeva i sin eater responsabili nei confronti del branco. « Dovrei dire.. benvenuta a casa? » Asserisce infine, facendo un leggero inclino scherzoso al suo cospetto. Solito burlone, anche di fronte alle facce più toste, Herondale non si lascerà mai intimidire da uno sguardo minaccioso. Nemmeno una figa coi denti riuscirà mai a spaventare questo Herondale. « Sei finalmente venuta per la visita guidata? Tra un po' mi farò pagare dai Morgenstern per questi lavori aggratis prestati alla comunità. » Si stringe nelle spalle prima di affiancarla con un sorriso marpione stampato sul volto. « Allora cosa ti porta da queste parti Carstairs? Curiosità o missioni top secret di cui comunque saprei tutto, perché da queste parti, tutti sanno tutto? » Illuminami principessa.




    Edited by 99 Problems - 24/6/2018, 12:13
     
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  2. black hawk
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    Casa. La Carstairs non ne aveva mai avuta una. Certo, nel corso della sua vita aveva indubbiamente avuto un tetto sopra la testa, ma non le era mai capitato di stanziarsi in pianta stabile da qualche parte. La sedentarietà non le era permessa, non faceva parte della sua quotidianità perché, a conti fatti, quel che la scandiva altro non era che il suo impiego. Ed una persona come lei non poteva nemmeno pensare di fare di un posto - o delle persone che quel posto lo abitavano - una certezza. Di conseguenza, inevitabilmente, la sua esistenza non aveva mai avuto effettive colonne portanti. L'unica costante, il solo legame sul quale avrebbe scommesso, altro non era che quello con la propria parabatai. Ecco: Bobbie era sempre stata la sua personale costante nonché l'unica persona per la quale, dal suo punto di vista, valesse la pena mettere a rischio qualcosa di proprio. L'unica persona per la quale valesse la pena mettersi in gioco. Che si trattasse di privarsi di beni materiali o tempo; che si trattasse di accantonare un proprio bisogno per soddisfare quello della Herondale non importava: l'altra l'avrebbe fatto in un battito di ciglia. Per sua impostazione mentale, tuttavia, colpa anche di un certo scetticismo che la contraddistingueva, Alina non avrebbe fatto la stessa cosa per chiunque. Più che "vivi e lascia vivere", la sua filosofia di vita somigliava ad un "vivi e lascia morire", condito di un "traine vantaggio quando possibile." Ed era proprio perciò che, in fin dei conti, il suo nuovo ruolo l'aveva disorientata fino all'impossibile. Una volta sfumato il divertimento iniziale, che comunque altro non era che un primo strato di sarcasmo atto a schermarla dall'assurdità della situazione, si era sentita disorientata. E quella confusione non era dovuta soltanto al fatto che un avvenimento del genere sradicasse in via automatica tutto ciò in cui aveva creduto fino ad allora - o sarebbe stato più corretto dire non aveva creduto? -, no; si trattava anche di una crisi esistenziale in piena regola. Come poteva essere adatta? Lo era, adatta, oppure il fatto che il gene si fosse attivato, persino che fosse presente in una persona come lei, non era altro che un bizzarro scherzo del destino? Aveva provato a rifletterci. Ci aveva prima rimuginato per conto proprio, poi aveva provato ad affrontare il discorso con Bobbie. Infine, accortasi del fatto che di vere e proprie risposte non ce ne fossero - o che, perlomeno, lei non era stata in grado di trovarne - si era data all'osservazione. Inutile nascondersi dietro il nulla: Alina Carstairs non aveva mai accettato di aiutare i ribelli ad allenarsi per altruismo. Si era sapientemente nascosta dietro un vago fastidio per la disorganizzazione, certo, cosa che non era neanche una bugia, vista la sua impostazione mentale prettamente militare, ma il motivo vero e proprio era ben lontano dall'essere soltanto quello. Alina Carstairs voleva capire. Alina Carstairs, una donna che avrebbe presto compiuto trent'anni, si era vista togliere ogni certezza e si sentiva in dovere di capire cosa potesse avere in comune con tutte quelle persone. Voleva chiarezza. Per quanto sospettasse di non avere poi molto in comune con nessuno di loro, voleva almeno capire se un punto di contatto, un territorio comune, potesse esistere. Se fosse contemplato. A ben guardare, le sarebbe andata bene anche una terra di nessuno. Un punto neutrale dove potersi fermare per comprenderli. Ma più provava, e meno questo le riusciva. A Hogsmeade c'erano troppe persone, troppo caos, troppi confusi come lei. Molti degli altri sin eater erano soltanto ragazzini e per molta della gente presente sul territorio del villaggio, quella guerra era anche politica. Ma lei non si sentiva parte di quel mondo. Quella non era la sua terra, la sua gente; il concetto di avere qualcosa di proprio, da proteggere ad ogni costo, era lontano anni luce dalla sua indole.
    E così non era passato molto prima che la stessa Hogsmeade cominciasse ad irritarla. E così, al primo giorno libero del suo personale calendario, aveva deciso di cercare altrove. Aveva deciso di sfruttare l'unico appiglio a sua disposizione, l'unico posto dove forse avrebbe potuto giungere ad una qualche conclusione: Inverness. L'aveva accennato prima a Bobbie e poi a chi di dovere, si era fatta preparare una Passaporta e semplicemente era andata. Un sopralluogo, ecco come l'aveva definito nella propria testa. In fondo le era stato messo il tarlo che quella dovesse essere casa; quello di dare un'occhiata era soltanto un diritto.
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    Ad accoglierla all'ingresso, una voce stranamente familiare. Ma certo: Bobbie mi ha detto di lui. Ed in effetti, durante quella loro chiacchierata immediatamente successiva all'arrivo della Carstairs, nell'elencare i nomi degli appartenenti al branco, la parabatai aveva citato anche suo fratello. Il branco. Un'altra di quelle cose che un'Alina di qualche mese prima non avrebbe nemmeno preso in considerazione. La mora era una persona concreta. Una persona che non perdeva troppo tempo a farsi domande su cose che ad un primo impatto non sembravano niente di diverso dai voli pindarici di un individuo con qualche rotella fuori posto. Diciamocelo: se cresci a pane e cose concrete, la teoria dell'esistenza di un branco, non è esattamente tra i tuoi pensieri. Ma quella aveva smesso di essere una teoria nel momento stesso in cui Bobbie si era trasformata. E lei, che ne avrebbe volentieri fatto a meno, si era trovata a ricoprire il ruolo di prete confessore. « Ma tu guarda chi si vede dalle nostre parti. Lo sai che a Inverness non ci piacciono gli ospiti indesiderati vero? » Si limitò a guardarlo per qualche frazione di secondo, gli occhi chiari che sembravano quasi soppesare la sua figura. « Ho avuto modo di accorgermene, sì. » Sebbene non avesse effettivamente sorriso, l'angolo sinistro della bocca era scattato verso l'altro ed il tono della voce suggeriva che ne fosse alquanto divertita. Si riferiva, ovviamente, a quanto fosse stato complicato raggiungere la città per via dei complessi meccanismi di difesa. E quegli stessi meccanismi di difesa, paradossalmente, l'avevano ben disposta. Volevano dire organizzazione. Il che significava automaticamente una cosa: forse alcuni di loro, lo sapevano effettivamente cosa stavano facendo. « Dovrei dire.. benvenuta a casa? » Di fronte a quel suo inchino improvvisato, inarcò semplicemente le sopracciglia. Si incupì per un attimo. Casa, di nuovo quel concetto alieno. Di nuovo quel qualcosa che la Carstairs non aveva mai avuto. Avere una casa non significava forse provare un minimo attaccamento nei confronti del luogo fisico, o delle persone che questo luogo lo abitavano? Lei aveva avuto l'accademia, certo, ma quella non era mai stata una casa. Era stato un luogo di formazione. E la scuola, un altro luogo di formazione. Ma una casa... no. « Sei finalmente venuta per la visita guidata? Tra un po' mi farò pagare dai Morgenstern per questi lavori aggratis prestati alla comunità. » Un attimo di silenzio e uno sguardo indecifrabile dopo, Alina stava già rilanciando con un: « Ma davvero? Se le tue doti di Cicerone sono allo stesso livello di quel benvenuto - appena sufficiente, se me lo chiedi -, mi sa tanto che dovrebbero essere loro a farsi pagare. » E quello era l'umorismo della Carstairs, signore e signori, perché l''affermazione era stata accompagnata da un sorriso sghembo. « Da qui la mia domanda per te: lo sei, un bravo Cicerone? » Un modo come un altro per rompere il ghiaccio. Dopotutto, sebbene i contatti diretti tra i due non fossero stati molti, la russa sapeva benissimo che il suo accompagnatore ci fosse nato e cresciuto, in quel posto. Era automatico, dunque, che a meno di un senso dell'orientamento inesistente, non potesse sperare in una guida migliore. Soprattutto perché - e Alina se lo riconosceva piuttosto tranquillamente - stabilire un contatto con un completo estraneo, sarebbe stato più difficile. Soprattutto se si partiva dal presupposto che, in fin dei conti, la donna non fosse l'essere più convenzionalmente amichevole del creato. « Allora cosa ti porta da queste parti Carstairs? Curiosità o missioni top secret di cui comunque saprei tutto, perché da queste parti, tutti sanno tutto? » La verità è che non lo so, perché sono venuta qui. E non lo sapeva davvero. O forse, molto semplicemente, non voleva capirlo. Forse, altrettanto semplicemente, aveva bisogno di stare per conto proprio. Di capire qualcosa da sé, invece di trovarsi in un ambiente dove, in fin dei conti, quasi tutti avevano già avuto modo di comprendere il necessario per abbracciarla, quella causa. C'erano gli ex studenti di Hogwarts, che avevano affrontato il lockdown e quella parte del branco che era rimasta entro i limiti del castello, avevano quindi qualcosa in comune; c'erano tutti gli altri che, bene o male, avevano potuto fare gruppo nel cercare una soluzione. E poi c'era lei che non soltanto non aveva altra certezza all'infuori della propria parabatai, ma che con quella gente non sentiva di avere molto in comune. « Avevo bisogno di cambiare aria. » Rispose semplicemente, scandendo quella risposta con una stretta di spalle. « Dunque? » Chiese, voltandosi per un attimo a guardarlo « Com'è che funziona, questa cosa? Supponiamo che io voglia spostarmi qui un giorno: mi presento, mi faccio confessare qualcosa per provare la mia identità, un po' di vomito e divento cittadina naturalizzata? Come l'hanno presa da queste parti? Fa un po' invasione del territorio altrui persino a me. » E diciamocelo: non è che abbia poi tanti scrupoli. « E tu che mi dici? Hai già trovato il tuo » mimò le virgolette con le dita, prima di proseguire « confessore personale? »
     
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    « Ma davvero? Se le tue doti di Cicerone sono allo stesso livello di quel benvenuto - appena sufficiente, se me lo chiedi -, mi sa tanto che dovrebbero essere loro a farsi pagare. Da qui la mia domanda per te: lo sei, un bravo Cicerone? » Abbiamo a che fare con una simpaticona. Ma quello non era certo un problema. Probabilmente si sarebbe integrata meglio Alina Carstairs nel panorama di Inverness di quanto non lo facesse lui. Il carattere dei cacciatori si dimostrava spesso burbero, terribilmente sarcastico e rigido, e questo sarebbe certo stato un vantaggio per la ragazza per sentirsi più a suo agio. A prima vista non le sembrò una particolarmente fiduciosa, e già ciò bastò perché il livello di simpatia nei suoi confronti crescesse. Seppur Daniel sembrasse un tipo accomodante, la verità è che ci pensava due, tre, dieci volte, prima di concedere la sua fiducia a chiunque. Poteva mostrarsi amichevole, come incollare una persona al muro nel giro di pochi istanti. Una facciata quella dell'amicone di tutti, che indossava con grande maestria, e che gli permetteva sempre e volentieri di avere un vantaggio su molti suoi interlocutori. « E buongiorno anche a te, Miss Simpatia. » Asserì infine affiancandola, mentre le faceva segno di seguirla, non prima di aver già chiamato mentalmente qualcuno che gli desse il cambio a guardia dell'entrata principale. « Facciamo così; me lo dirai quando avremo finito. Sono un tipo cauto; non mi piace alzare troppo le aspettative della gente per poi deluderle. »
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    Dietro il sorriso solare e gli occhi colmi di aperta sfida, si celava una verità piuttosto profonda. La paura di deludere e di non essere all'altezza. Membro di una delle famiglie più importanti di Inverness, Daniel ha sempre dovuto subire il peso delle aspettative che gravavano sulla sua testa. Il figlio maschio della famiglia, colui che avrebbe dovuto tramandare il cognome a posteri, a mettere su famiglia, curarsi della futura prole, e tutte altre cose che poteva sembrare a prima vista piuttosto antiquate e di stampo patriarcale. E lo erano; lo erano per davvero, ma avevano una più che tangibile utilità nel contesto piuttosto esclusivo della società della Gilda. « Avevo bisogno di cambiare aria. » Annuisce in attesa di una risposta forse più esaustiva. Ma evidentemente la sua nuova amica non è una gran chiacchierona. « Ci sono tante cose di cui lamentarsi qua su, ma non dell'aria. » Asserisce dal canto suo cercando di mantenere il tasso della discussione su un campo prettamente positivo; resta in superficie, non osa chiedere altro e attende mentre la conduce lungo la via principale verso la Michael's Citadel, la piazza principale della parte antica della città, da loro denominata il Santuario. « Dunque? Com'è che funziona, questa cosa? Supponiamo che io voglia spostarmi qui un giorno: mi presento, mi faccio confessare qualcosa per provare la mia identità, un po' di vomito e divento cittadina naturalizzata? Come l'hanno presa da queste parti? Fa un po' invasione del territorio altrui persino a me. » Scoppia a ridere di fronte a quelle parole. Il vecchio Richard Morgenstern si sta probabilmente ribaltando nella tomba di fronte a tutte quelle novità che la figlia sta lentamente introducendo in una società che è rimasta pressapoco immutata per secoli. Ma Daniel, per quanto titubante lo sia stato all'inizio, deve ammettere che la ragazza ha polso, e sa il fatto suo. Non è mai troppo invadente, pur imponendosi con una certa prepotenza degna di una vera leader; lei era probabilmente lycan molto prima di essere cacciatrice. « Non credo che sarà necessario. La vedi quella porta lì? » E dicendo ciò le indica la grande porta che separa il mondo là fuori dal loro privato santuario. « Se tu fossi una persona non gradita alla Città, un sacco di allarmi e trappole piuttosto rognose ti darebbero filo da torcere. Le difese di Inverness sono misteriose per molti di noi. Fatto sta che con la guerra civile in corso sono state alzate al massimo delle loro capacità; fidati, è già come se lo fossi - naturalizzata intendo. » No pressure. Si stringe nelle spalle non dando poi molto peso alle sue stesse parole. « In ogni caso non sei la prima che giunge; da quel che so la gestiscono in maniera piuttosto tranquilla su di voi. Figurati! Abbiamo ormai persino un outsider - quella ragazza incinta e il figlio.. di lui o di lei; non ricordo a dirla tutta. Però insomma.. » Compie una leggera pausa tempo in cui si guarda intorno e saluta una delle guardie appostata sul tetto di una delle costruzioni lunga la via principale. « Con voi credo sia questione di.. istinto. Per me non sei un'estranea. » Nessuno di loro lo era. Perché se era vero che nei confronti del proprio parabatai si provava una devozione sacrale, era altrettanto vero, che un istinto di protezione si instaurava con tutti. I sin eater sembravano in qualche modo fondamentali affinché loro potessero restare integri, motivo per cui, tenerli al sicuro, considerarli parte della propria famiglia era istintivo quanto considerare tale uno dei loro. « E tu che mi dici? Hai già trovato il tuo confessore personale? » Tasto dolente. Dolentissimo. Sin da quando quella faccenda dei sin eater era diventata di dominio pubblico, Daniel ha avuto il desiderio di conoscere il proprio. Così non è stato, e infatti, la risposta arriva silenziosamente, mimata con un veloce scuotere la testa e un repentino incupirsi. « Si nasconde per paura di tutta la merda che dovrebbe vomitare, il bastardo. » Un sorriso leggermente amaro prima di fermarsi al centro della piazza. Di fronte a loro la Cattedrale di San Michele. La culla del loro credo, con sotto di essa nei sotterranei, il centro operazionale di tutte le loro missioni. « Questa è la Michael's Citadel - la piazza principale. Da qui partono le quattro arterie principali della città. Quella che abbiamo percorso fino a qui dall'entrata è la Prudentia; di fronte a te la Fortitudo, porta alla zona amministrativa, ai campi e agli allevameti; a destra la Iustitia, porta ai quartieri dei pezzi grossi, ma in realtà anche di un sacco di altra gente e poi a sinistra la Temperantia porta nell'ex centro babbano. » Gli indica infine l'imponente cattedrale mentre si siede su una delle panchine in piazza, non prima di aver colto la palla al balzo scambiando una moneta d'oro per due birrette tipicamente scozzesi - produzione autoctona di Inverness. « Insomma.. come hai scoperto che tu e quell'altra simpaticona di mia sorella sareste state legate per sempre? »


     
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  4. black hawk
         
     
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    Cercare di calarsi in quello che era un ruolo del tutto nuovo, come già ribadito, e scoprire un mondo tutto nuovo, per una persona scettica come Alina, non era stato semplice. La sua vita, per quanto in apparenza piena di imprevisti, era sempre stata piuttosto ordinata. Ai suoi doveri, per quanto specifici, era abituata; allo stesso modo, era abituata alle persone. Quando si presentava qualcuno di nuovo, non soltanto era per una ragione ben specifica che questi faceva il suo ingresso, ma aveva pure, almeno di solito, una vita piuttosto breve. Alina Carstars, come forse lasciava intuire il suo modo di fare, ad avere troppe persone attorno, non era affatto avvezza. Ed era anche per questo che si era spinta fino ad Inverness. A pesarle non era stato soltanto quel nuovo ruolo e, con esso, l'essere stata di fatto scaraventata in un conflitto che non riusciva ancora a percepire come proprio; c'era anche la costante presenza di perfetti sconosciuti. Una presenza che, a lungo andare, per qualcuno che, come lei, non si era mai trattenuto troppo a lungo in un unico posto senza una vera ragione, era diventata insopportabile. Quindi, in fin dei conti, lei cosa cercava ad Inverness? Chiarezza? Una qualche illuminazione sulla via di Damasco sul suo nuovo ruolo? O semplicemente, e banalmente, un attimo di respiro? Un momento di riposo non tanto dai ritmi del villaggio - non era difficile immaginare che il lavoro, in un certo senso, fosse la sua unica ancora perché in quello si sentiva competente - quanto da tutta la confusione che quella scelta aveva portato. Sì, forse era questo ciò che cercava. « Se tu fossi una persona non gradita alla Città, un sacco di allarmi e trappole piuttosto rognose ti darebbero filo da torcere. Le difese di Inverness sono misteriose per molti di noi. Fatto sta che con la guerra civile in corso sono state alzate al massimo delle loro capacità; fidati, è già come se lo fossi - naturalizzata intendo. » Volse lo sguardo su Daniel, piuttosto interessata a quei particolari. Era stupido trovare <i>sollievo in qualcosa che sentiva di poter comprendere? Sebbene con la sua famiglia d'origine avesse condiviso poco tempo, rendersi conto di trovarsi in quella che era a tutti gli effetti una città-fortezza, per lei era di conforto. « In ogni caso non sei la prima che giunge; da quel che so la gestiscono in maniera piuttosto tranquilla su di voi. Figurati! Abbiamo ormai persino un outsider - quella ragazza incinta e il figlio.. di lui o di lei; non ricordo a dirla tutta. Però insomma.. Con voi credo sia questione di.. istinto. Per me non sei un'estranea. »» Per la verità, ad un certo punto, la donna aveva distolto lo sguardo. Si era trovata a guardarsi intorno con un certo interesse, nel tentativo di memorizzare quanto più possibile sia della strada che stavano percorrendo, sia delle fattezze di quel luogo nuovo ma che, in un modo che non sapeva nemmeno spiegarsi, non sentiva del tutto estraneo. E parte del suo problema rappresentava proprio l'estraneità. E fu all'ultima affermazione di Daniel che tornò a guardarlo. « Sarò onesta: questa è forse uno degli elementi più strani di tutta questa storia. Insomma, che io non sia proprio Miss Simpatia è cristallino, e temo non sia neanche solo un'impressione. » Fece una breve pausa per assicurarsi che lui la stesse seguendo, prima di riprendere. « Quando sono arrivata a Hogsmeade, non sapevo né mi aspettavo niente. L'ho fatto perché c'era questa consapevolezza, anche piuttosto razionale e precisa, che avrei preferito tirare le cuoia prima di lasciare sola tua sorella. Ma non ci vedevo nulla di strano, niente di mistico. E non ho mai preso troppo sul serio neanche l'idea di essere una sin eater: per come è successo e per quel poco che ho avuto modo di comprendere, a me è sembrato uno squallido scherzo del destino. E non ci ho nemmeno mai creduto troppo. Nel destino, intendo. Se devo essere ancora più onesta, non ho mai neanche preso in considerazione l'idea che potesse esistere niente di simile. Non sono stata cresciuta così. » Si passò le dita tra i capelli, distogliendo nuovamente lo sguardo per riportarlo sulla strada davanti a sé. « Non pensavo qualcosa mi avrebbe fatto cambiare idea. Ed invece, mi sono trovata in mezzo a degli sconosciuti che, paradossalmente, non sento essermi estranei. » Scosse la testa, quasi dar voce a quel pensiero la lasciasse ancora confusa. Ed in effetti si poteva dire che fosse così. Alina Carstairs non era mai stata brava a gestire le relazioni interpersonali, ma era sempre stata ancor meno capace di parlarne. Il disagio era palese, ma altrettanto palese era quella volontà di arrivare alla soluzione di quello che per lei era un vero e proprio rompicapo. Dopotutto, che trovasse meno strano il vomitare melma rispetto a quello strano senso di appartenenza, era indice di un sacco di cose. Sì, forse trovava una beffa il fatto che lei, cecchino di professione, fosse stata schiaffata nella posizione di dover espiare i peccati altrui, ma quello era il minore dei mali. Far entrare delle persone nuove nella propria vita, ed accettare l'idea che potessero restarci soprattutto, quello era faticoso. Ma, e anche questo fu piuttosto paradossale, riuscì a sentirsi sollevata all'idea che quella strana consapevolezza non fosse univoca. « Si nasconde per paura di tutta la merda che dovrebbe vomitare, il bastardo. » Quest'affermazione, evitò di commentarla. Stavolta non tanto per mancanza di empatia, quanto perché davvero non avrebbe saputo come commentare. Per come la vedeva lei, ed era consapevole del fatto che il suo fosse un punto di vista piuttosto particolare, abituarsi ad un completo estraneo poteva rappresentare un problema. Per lei avrebbe rappresentato sicuramente un enorme problema. « Questa è la Michael's Citadel - la piazza principale. Da qui partono le quattro arterie principali della città. Quella che abbiamo percorso fino a qui dall'entrata è la Prudentia; di fronte a te la Fortitudo, porta alla zona amministrativa, ai campi e agli allevameti; a destra la Iustitia, porta ai quartieri dei pezzi grossi, ma in realtà anche di un sacco di altra gente e poi a sinistra la Temperantia porta nell'ex centro babbano. » Si guardò attorno, annuendo a quelle nuove informazioni. « Mi sembra tutto molto ben organizzato. » Cominciò, per poi accettare la birra e seguirlo sulla panchina. « Mi ricorda un po' dove abitavo da bambina, prima dell'Accademia. Era tutto molto più grigio, meno mistico, e con molti più palazzoni, ma l'idea è quella. » Poi, come a spazzare ogni dubbio a riguardo, aggiunse: « Mio padre era contrammiraglio. » Sollevò leggermente il bicchiere e fece un cenno col capo in direzione dell'Herondale, prima di prendere un sorso della bevanda. « Insomma.. come hai scoperto che tu e quell'altra simpaticona di mia sorella sareste state legate per sempre? » Un altro sorso, forse per schiarirsi le idee al riguardo.
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    « Quando il gene si è attivato, non eravamo nemmeno vicine abbastanza da poterci confrontare a riguardo. » Cominciò, con un mezzo sorriso, come a preannunciare la rivelazione successiva. « Che tu ci creda o no, pensavo si trattasse di una sbronza particolarmente brutta. Infatti, almeno per un po', non ne ho fatto parola con anima viva. Insomma: come te lo immagini un discorso del genere? » Sbuffò una risata al solo pensiero. In effetti, ancora adesso, se spegneva la parte consapevole, tutta quella storia le pareva un delirio. « Ma poi è venuto fuori. E tua sorella mi ha spiegato la sua parte. » Ovvero tutta la questione del branco, che Alina ricordava di aver accolto con ancora un'altra dose di scetticismo, e che avevo preso per vera semplicemente perché sapeva per certo che Bobbie non avrebbe avuto ragione di mentirle. « E anche per me, alla fine, credo sia stato istinto. Anche se, razionalmente parlando, non penso riuscirei a ricoprire questo ruolo per nessun altro. Figurati che da profana credevo fosse così per tutti: prendi la persona più fidata che hai e scopri che è il tuo sin eater. Invece, a quanto pare... » Si strinse nelle spalle, come a sottolineare l'idiozia di quella conclusione tirata su due piedi. Perché, da quel che aveva avuto modo di capire, non tutti avevano avuto la sua stessa fortuna. Era come una roulette - veniva estratto qualcuno a caso. A lei e Bobbie era semplicemente andata molto bene. « Insomma: io ho sempre coperto le spalle a tua sorella, negli anni. Questa conclusione mi sembrava più ovvia di quanto non sia in realtà. » Un altro paio di sorsi dopo, si trovò a rilanciare. « E tu come hai preso tutte queste novità? L'essere un Lupo, il branco... » Si mise più comoda sulla panchina, poggiandosi contro lo schienale ed accavallando le gambe un attimo dopo. «...o ne avevi già una mezza idea? »
     
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