And now I'm sitting here wondering why.

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    Sono le 2.30 e mi sono pentito.
    Sono le 2.30 e non smetto di aggiornare le chat di whatsapp, in attesa di vedersi trasformare quelle due spunte blu in un nuovo messaggio.
    Sono le 2.30 e gli sto scrivendo.
    Sono le 2.50 e, ormai, divoro il buio delle vie di Londra a grandi falcate, alla volta del parco abbandonato in cui mai avrei pensato di mettere piede.

    Non oggi, almeno.

    Inconsciamente, una risposta da parte di Sirius l'avevo aspettata per tutta la serata, avvertendo il puro fastidio montarmi dentro al pensiero di essere stato semplicemente ignorato e messo da parte. Ho passato la maggiorparte del mio appuntamento, avuto con una prosperosa biondona di circa dieci anni più grande di me, a fissare lo schermo spento del cellulare, senza godermi appieno l'uscita regalatami dalle generose tasche di Nate. « Ma ti vedi? Hai bisogno di scopare, Jude », ha esordito così prima di sbattermi in faccia la foto della slovena tuta curve che, poco dopo le ventuno, mi avrebbe atteso in un pub del quartiere. Annulare ciò che avevo in programma col piccolo Potter è stato automatico, nonostante ammetto di averla tirata un po' troppo per le lunghe visto il messaggio inviato solo quindici minuti prima dell'incontro. Non pensavo potesse prendersela, difatti in un primo momento l'idea che mi ero fatto del suo visualizzare e non rispondermi, era stata più quella di un vero e proprio affronto - o per meglio dire, di una vendetta nei miei confronti - più che di un innocuo giramento di coglioni donato dalla mia più totale indifferenza e superficialità. Ho compreso il suo punto di vista solo dopo essere tornato a casa, insoddisfatto e parecchio scazzato, quando le dita sono scivolate sulla tastiera del telefono prima ancora che potessi anche solo riflettere sull'impulsività dei miei gesti: ho alzato il volume dell'Ipod, scompigliato velocemente i capelli e - praticamente - elemosinato quella risposta che mi spettava in un patetico audio. Una volta inviato, mi sono fermato a chiedermi: "perchè?". Già, perchè? Per quanto mi sia sforzato a darmi una spiegazione plausibile, in quei minuti di stallo in cui osservavo lo stato di Sirius passare da online a sta scrivendo e viceversa, non sono riuscito a dirmi da dove fosse spuntata la cieca necessità per cui, con una certa quanto cruda enfasi, abbia avuto bisogno di avere questa sicurezza: la sicurezza di sentire Paperella ancora lì, in un posto virtuale a cui non mi sono mai sentito più vicino di adesso. Come non sospettavo, Sirius è stato schematico, monosillabico al punto da irradiare nell'intero perimetro della camera un'appicicaticcio senso di delusione. Palpabile addirittura per me, che non sono avezzo generalmente ad "inutili parentesi dell'umanità", così come Abraxis adorava definire tali default della sensibilità terrena. Benchè possa apparire strano, assurdo, pazzesco, a questo punto ho sentito l'urgenza di porre una toppa sul mio errore. Da parte mia, c'è davvero la voglia di rimediare a ciò che è accaduto ad Hogsmeade - più per una questione di orgoglio che per altro -, quindi farmi sfuggire un'occasione simile non era una possibilità minimamente contemplata. Ma ancora una volta, perchè? Non ho dato modo a Sirius di liquidarmi, e questa volta la mia innata disonestà ha giocato a favore di entrambi. In realtà, per la copertina che Amunet mi ha chiesto d'inviarle avevo altri progetti, eppure è bastata guardarla un attimo per cambiarne il destino. Fai leva sulle sue debolezze, è così che l'ho convinto a non darmi buca.

    P.s. Se trovi qualche scusa mi incazzo, sto uscendo.

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    Ogni passo che compio verso i cancelli del parco, è un battito di cuore in meno. L'aria frizzantina, madida ancora di una brezza invernale che pare non riuscire a cedere il posto alla primavera, m'infiamma il petto ad ogni nuova boccata, rendendomi vagamente teso. Sulla schiena, sotto alla maglietta, mi sorprendono un paio di brividi che riesco ad ignorare egregiamente, convinto siano dovuti al mio abbigliamento troppo leggero per il clima ancora abbastanza rigido e non ad un effettivo nervosismo. Mi stringo maggiormente nella giacca di pelle mentre mi arrampico su uno dei recinti in ferro battuto, per scavalcarlo e cadere dalla parte opposta. Solo adesso mi rendo conto di aver forse corso per tutto il tragitto, proprio per questo non mi aspetto che Sirius sia già qui ad aspettarmi. Una parte di me, seppur la speranza di vederlo saltare fuori da qualche giostra dismessa sia già sotterrata, inizia a cercarlo alla penombra di qualche lampione traballante e, infine, sulla via di ciottoli che conduce alla vecchia casa degli specchi, riconosce la sua figura smilza appollaiata su una panchina. No, quello che ho difronte non è il Sirius di sempre. « Mun deve starti davvero tanto a cuore » Miagolo con un sorriso poco rassicurante stampato in volto, provando invano a pescare la sua concentrazione e ad imporla su di me. E' incazzato, e quasi mi diverte percepire la strana inversione di ruoli, lui nei miei panni, ossia da burbero perennemente imbronciato, e io nei suoi da rompipalle per professione. La scusa di Amunet, a quanto sembra ha sortito l'effetto sperato; se c'è una cosa che ho capito di Sirius, è che mai e poi mai si tirerebbe indietro per la sua famiglia, e mia sorella ormai ne è diventata parte integrante. « Credevo saresti rimasto a casa visto che non ti sei degnato nemmeno di rispondermi...La seconda spunta blu della serata che mi sono guadagnato. » Scherzo, avvicinandomi giusto per concedermi con audacia una confidenza che difficilmente credo Sirius si aspetti, soprattutto in una situazione simile. Dopo il bacio, dopo il gelo sceso per giorni interi e che tutt'ora persiste. Lo scatto fluido che la mano compie a mezz'aria, andandogli a pizzicare una guancia quasi a schernirlo, è imprevedibile. « Andiamo, sei ancora offeso? » Mi siedo al suo fianco, osservandolo minuziosamente fino a perdermi sui contorni del viso affilato, appena più adulto. Il filo di barbetta che si è lasciato crescere, s'intravede appena, ma riesce comunque ad ipnotizzarmi piacevolmente. Ancora una volta, come la notte di qualche settimana fa, sento le viscere attorcigliarsi fino a darmi il voltastomaco mentre le voci nella mia testa, lentamente, diventano solo un vago ricordo. Adesso, non esiste nessun altro se non Sirius, se non il buio che ci inghiotte ed il silenzio insopportabile che ci avvolge. Voglio che dica qualcosa, qualsiasi cosa. Che mi provochi, che spari qualche cazzata delle sue o mi rimproveri per i miei comportamenti, non m'interessa, ma non voglio che innalzi fra di noi un muro insormontabile di cui fallirei la scalata. Così, rimanendo nel tacito silenzio che ha imposto ad entrambi, forse in attesa dell'unico motivo per cui è qui - motivo che io ancora non ho intenzione di cedergli per poi vederlo andare via -, faccio quasi un profondo sforzo d'animo a tirare fuori il cellulare e temporeggiare con qualche chat invece di sbraitargli contro la mia impazienza. Rimango così qualche altro secondo, puntellando i talloni a terra, ritmicamente « Non sono venuto perchè avevo da fare, Sirius, non per farti un dispetto. E' stato un imprevisto, gli imprevisti capitano a tutti, no? Quindi potresti smetterla di tenermi il broncio e ritornare quello di sempre, per favore? » No, ad infastidirmi non è il fatto che lui preferisca rimanere in silenzio o che sia offeso, ad infastidirmi è la possibilità che sta sfuggendo via come sabbia, granello dopo granello. Nemmeno io so dirmi cosa ne uscirà fuori da tutto questo, ma so che qualcosa ne uscirà, perche qualcosa ho da dire, effettivamente. Che questa sia la verita o l'ennesima bugia, qualcosa di troppo scomodo da accettare e che non avrei neanche il coraggio di ripetere allo specchio. E forse non ho messo in conto la cosa più fondamentale di tutto il contesto: io mi sento intimorito davanti alla sua completa innocenza. Innocenza che io non ho mai posseduto nemmeno a quattordici anni, quel tipo di sensibilità così pericolosa da maneggiare che diventa fuoco nella mente di chi non ha tatto. Di chi è come me. E' paradossale pensare che solitamente sono colui che le cose le sistema mentre, in questo caso, il brillante Judah Carrow che tutto potrebbe, non è capace di proteggere un semplice bocciolo fra le dita. Forse lo invidio, forse invidio il suo modo di percepire il mondo; forse mi sto anche sforzando il più del dovuto per immedesimarmi in lui per riuscire a raccogliere un alito di vita in cui gli psicofarmaci, l'alcol ed il sangue non siano all'ordine del giorno. Vivere una vita lontana dai sospetti e prendere ciò che viene senza particolari esitazioni ma con domande lecite. Semplici. Come per la storia del bacio, su cui Sirius non ha avuto sospetti su una mia eventuale omosessualità, già abbondantemente negata. Sei ancora ubriaco, Judah; infatti aveva scelto la scusa più bonaria con cui giustificare l'accaduto, benchè chiunque altro al posto suo avrebbe inneggiato ad un'omofilia latente.
    Anime innocenti che non hanno ancora avuto modo di essere distrutte dal mondo.
    E qui, seduto sulla panchina a tarda notte, mi chiedo ancora perchè.
     
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    Ma cosa speravi, Siri? Cosa ti eri immaginato in quella tua testolina? Non lo sapeva neanche lui, onestamente. Non l'aveva saputo nel momento in cui aveva messo su quel finto appuntamento, che sapeva di gioco e innocenza come un po' tutto quello che Sirius faceva. Perfino l'essere andato a vivere da solo sembrava tanto l'ennesima avventura di un bambino che esce in giardino e sogna di stare in una foresta, pronto ad incontrare un drago. Allora perché non incontrare un Carrow? Ci dobbiamo chiarire, sì, ma perché non mangiare insieme in un parco abbandonato? Così, per ridere. Gli era sembrata un'idea carina, lì per lì: solo lui, un ragazzo con cui avrebbe avuto tanto da discutere, due kebab belli farciti e un universo di giochi a loro disposizione. Cose semplici. Non ci aveva visto nulla di male in una serata passata spalla a spalla con Judah perché era vero, Siri nonostante tutto l'aveva davvero perdonato. Forse, tutto ciò che si era immaginato in quella sua testolina era la possibilità di ricominciare: Sirius credeva davvero tanto alle seconde possibilità, perfino alle terze quando si sentiva in vena di rischiare. Si era immaginato di cominciare una nuova avventura in una città che gli era ostile, complici i suoi fratelli appesi al muro sui manifesti, ed era stato davvero un bel volo di fantasia quello di sognare un amico in più, in quella città ostile. In fondo, le parole di Judah non gli erano scivolate addosso inascoltate, quelle brutte ma soprattutto quelle belle. Forse ho bisogno di un amico. Gli era sembrato sincero, perché quale mente malata imbroglierebbe su una cosa tanto sacra quale il voler trovare un amico? Gli aveva creduto proprio come aveva creduto che una seconda possibilità la meritasse anche Judah. In fondo gliel'aveva detto lui stesso, stringendolo nel buio di una cameretta a Hogsmeade, che c'è sempre modo di rimediare ad uno sbaglio e che toccare il fondo non è poi la fine del mondo: hai una base da cui darti la spinta per risalire su. Ma tutto questo, Siri non l'aveva neanche metabolizzato nel momento in cui era uscito da casa, dalla palazzina che dava su Grimmauld Place, e aveva iniziato ad incamminarsi nel piccolo parco divertimenti che lui stesso gli avrebbe fatto scoprire. Aveva il sorriso di un bimbo sulle labbra ed era eccitato, lo era davvero: farsi un nuovo amico è sempre un'esperienza entusiasmante, pensava il piccolo Potter, ma in quel sorriso che aveva a tratti il sapore del nervosismo, si nascondeva anche la curiosità e la voglia di scoprire che cosa covasse Judah, cosa pensasse, perché avesse salvato la partita. Si erano baciati e non poteva che essere colpa dell'alcol - è etero, Siri, te l'ha ripetuto cento volte! - ma il solo fatto che ancora Jude ne volesse parlare, che volesse chiarire cosa ci fosse tra loro riusciva a generargli scariche pulsanti di adrenalina, le stesse che senti prima di un incontro di quidditch tanto atteso. Intimamente, forse, la fantasia aveva volato un po' troppo, tanto da creare una dicotomia tra ciò che la mente continuava a ripetergli - la seria volontà di dare una possibilità a Judah e diventare suo amico - e una voce nascosta, una piccolissima e quasi invisibile pulce nell'orecchio che però non la smetteva di parlarne. L'alcol non ti fa baciare qualcuno che non ti piace, al limite ti fa smettere di dire bugie. Ma come tutte le voci e i buoni consigli, anche quella pulce era stata bellamente ignorata a favore di un sempreverde "cogli l'attimo". Purtroppo per Sirius, tuttavia, quella sera non era stato l'unico a cogliere l'attimo. Quando arrivò il messaggio vocale di Judah, ad un quarto d'ora esatto dal loro appuntamento, il grifondoro si trovava oramai più che a metà strada e, impalato sul ciglio di una strada deserta, ascoltò come l'altro senza fatica lo lasciasse appeso là. Proprio lui, che aveva voluto quell'incontro, ad una manciata di minuti si tirava indietro. E di chi è quella voce di donna che ti chiama? Sì, anche questo pensiero aveva fatto capolino insistente e imprevisto, lasciandolo forse ancora più turbato. Tutto del messaggio di Judah l'aveva lasciato turbato: il suo tono strafottente di gettare all'immondizia il loro incontro come se fosse una cosa da poco, come se non avessero nulla da chiarire per ricominciare; il fatto che l'avesse lasciato letteralmente senza cena; la sua voce. Erano tanti giorni che non la sentiva e riavvicinarsi ad essa in quel modo così brusco fu come un pugno allo stomaco. Ancora una volta Sirius rimase dov'era, immobile, colto dalla consapevolezza di essere stato preso in giro per l'ennesima volta. Fool me twice, shame on me. Si cacciò le cuffiette nelle orecchie, cambiando repentinamente direzione con lo sguardo chino e le gote sempre più rosse. Procacciarsi una cena che fosse decente quanto quella che si era pregustato per tutto il pomeriggio non sarebbe stato affatto semplice, non nel distretto del piombo dove i rimasugli della vita babbana ormai spenta parevano tante lapidi messe in fila indiana. Era solo, Sirius. Si sentiva maledettamente solo.

    [...] Grimmauld Place era un luogo molto speciale, la cui storia Sirius l'aveva appresa da bambino. Era stata la dimora londinese della famiglia Black, da cui discendeva il padrino di suo padre Harry da cui aveva preso il nome, e proprio a suo padre era andata in eredità dopo la morte di Black. Di tanto in tanto, Harry tornava a Grimmauld Place e portava anche suo figlio. In quei momenti, nei pomeriggi delle primavere inglesi, Harry e Sirius uscivano di casa e passeggiavano fino ad un piccolo parco giochi distante poco meno di venti minuti di camminata. Erano giostre gestite da babbani, una famiglia di nomadi circensi che si era stanziata e aveva fatto del parco la loro fonte di sostentamento, abbellendolo mese dopo mese, anno dopo anno di nuovi giochi. Erano apparse così le autoscontro, la casa degli specchi e perfino quella delle streghe! C'erano le macchine dello zucchero filato, quelle del tiro a segno per vincere ogni volta un pupazzo diverso e quelle per le fototessere. C'era la vita, nel parco dei fratello Zlatovich. Quando Sirius arrivò al luogo dell'incontro, superando con un salto i tornelli in acciaio della biglietteria, una morsa al petto l'afferrò violentemente nel constatare come tutto ciò che ricordava con tanto affetto fosse morto insieme ai proprietari e a tutti i babbani colpiti dal morbo. Il parco era in palese stato di abbandono, perfino sciacallato dai maghi in stato di indigenza che abitavano la zona. Erano cambiate tante cose, a cominciare dall'alto ragazzetto che calcava l'acciottolato del parco, stretto dentro la sua giacca in jeans preferita e un berretto al contrario. Aveva indossato le prime cose che aveva trovato, giusto un paio di jeans e una maglietta, quando Judah si era fatto sentire nuovamente - e con sua grande sorpresa. Lì per lì, quando era stato bidonato, Sirius ci era rimasto male e poco più.. ma pian piano che passavano le ore, un profondo e quasi alieno senso di offesa era sorto fin dalle viscere e l'aveva completamente pervaso. Non era affatto un ragazzo permaloso ma quel giorno, in quel momento, con quel messaggio da parte di quel ragazzo, Sirius pareva essere diventato una persona completamente estranea: dal semplice ignorarlo era passato a rispondere a monosillabi stringati. Se pensi che come un cagnolino uscirò quando me lo ordini tu, che quando schiocchi le dita io accorra al volo, ti stai proprio sbagliando. Non si sarebbe mosso di un millimetro e sarebbe rimasto spanciato sul letto matrimoniale della sorella, a guardare video divertenti per prendere sonno, se Judah non avesse usato la carta infame del nipote. Ecco perché, a notte fonda e in uno scenario potenzialmente molto pericoloso, Sirius Potter se ne stava seduto su una panchina sporca e fredda, con le mani infreddolite cacciate nelle tasche della giacca e un muso lungo mezzo kilometro. Lo faccio per la mia famiglia, lo faccio per Fagiolino e un po' anche per Mun. Perché in fondo non è tanto male. Come un richiamo ancestrale, pensare ad Amunet fece in modo che comparisse tra le ombre della notte suo fratello gemello.
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    Giacca in pelle e sorriso di gatto, era bello dannazione.. e quanto l'avrebbe preso a schiaffi, in quel momento. « Mun deve starti davvero tanto a cuore » aveva esordito Carrow avvicinandosi a lui, in modo da farsi colpire dalla prima occhiata storta di Sirius. Su una cosa Judah aveva sempre avuto ragione, fin dall'inizio: Sirius Potter è un libro aperto, per chi ha voglia di leggerlo. Non sarebbe riuscito neanche volendo a nascondere la rabbia che covava dentro. « E' stata sempre buona con me, lei. Non mi ha mai fatto sgambetti. » Al contrario tuo. Abbassò il viso, scuotendo il capo come di fronte ad una missione impossibile. Judah non avrebbe capito, pensava; Judah non avrebbe voluto capire. Judah stava cercando il proprio tornaconto personale, anche a costo di farsi mezza Londra a piedi, nel cuore della notte, in un distretto oramai in stato apocalittico e pieno zeppo di pericoli. Eppure, soli nel parco giochi, tutto sembrava tranquillo intorno a loro. « Credevo saresti rimasto a casa visto che non ti sei degnato nemmeno di rispondermi...La seconda spunta blu della serata che mi sono guadagnato. » E ci ho pensato, credimi. L'avrebbe fatto assolutamente, al mille per mille, se il suo solito e stupido, empatico spirito d'altruismo non l'avesse costretto ad uscire di casa. Si limitò allora a sputare fuori dalle labbra un leggero sbuffo, senza neanche guardarlo. Allungò completamente le gambe e restò a guardare un punto imprecisato di fronte a sé. Che sia chiaro, sono qui ma non per te. Quel treno è passato stasera e l'hai perso. Sì, era talmente facile leggere sul viso di Sirius che perfino Judah ci riuscì. « Andiamo, sei ancora offeso? » Lo era, palesemente, e il fatto di scostare il viso al tocco buffo del serpeverde non fece altro che confermarlo. Ne sarebbe stato divertito, in altri momenti, forse ne sarebbe stato perfino grato se quel semplice gesto fosse bastato a smorzare un po' di tensione. Ma non stasera. Stasera il mio spazio vitale è sacro. Off limits. Si voltò a guardarlo, proprio mentre Judah lo fissava con insistenza in attesa di qualcosa che non avrebbe ricevuto mai, e con un'ultima sprezzante occhiataccia lo lasciò per tornare a fissare il vuoto, in religioso silenzio. Spunte blu in 4D. Ti piacciono Jude?! Le hai cercate e le hai trovate. Faticava a riconoscere sé stesso, allungato oltre il bordo di quella panchina, lui che così astioso e risentito non lo era mai stato.. mai, tranne che con Daphne, che però era stata capace di pungerlo nel vivo dei propri sentimenti scoperti. Con Judah era diverso, eppure era uguale, e da ragazzetto bonario e incline al perdono pareva cambiare faccia come fosse il Mr Hyde del proprio dottor Jeckyll: al suo posto, un Sirius dispettoso e vagamente vendicativo prendeva il sopravvento, uno che malgrado tutta l'impazienza e l'iperattività sarebbe stato capace di stare fermo nel freddo di una notte londinese, a congelare e a digrignare i denti, pur di non dargliela vinta. Sei un testardo, cocciuto bambinetto Siri, sei una testa di legno che cammina e parla. Un Pinocchio che non sa dire bugie. Alla fine, costretto dall'incredibile perseveranza di Potter, Jude si ritrovò a dover riprendere parola. « Non sono venuto perchè avevo da fare, Sirius, non per farti un dispetto. E' stato un imprevisto, gli imprevisti capitano a tutti, no? Quindi potresti smetterla di tenermi il broncio e ritornare quello di sempre, per favore? » Quelle parole riuscirono a smuovere l'impassibile Sirius, che impassibile proprio non era; era una molla, al contrario, pronta a saltare. « Imprevisti? Si chiamano così ora? » commentò, lapidario e velenoso come raramente era stato in vita sua, forse troppo per giustificare un semplice pacco. Afferrò dalla tasca il cellulare e, con poche semplici mosse, aprì la conversazione con Jude e avviò il messaggio vocale che gli aveva mandato qualche ora prima. Impercettibile ma udibile, oltre il rumore del traffico e il calpestio da marciapiede, una voce con uno strano accento chiamava la voce di Judah. Una voce di donna. Gli aveva fatto girare parecchio le scatole, quel piccolo particolare, sebbene non gli fosse chiaro se fosse stato proprio il particolare in sé o le circostanze a farlo scattare. Si voltò sulla panchina verso il ragazzo, guardandolo dritto negli occhi con una tempra da leone. « Volevi che diventassimo amici? Bòn, allora lascia che ti ricordi la regola #1 dell'amicizia: gli-amici-non-si-dicono-cazzate. » Ma noi non siamo amici, questo è chiaro. « Te l'avevo detto che ero stufo, Judah. Te l'avevo detto che questi giochetti mi stavano mandando in pappa il cervello. Beh, questo era l'ultimo. » Scosse ancora il capo, ritornando a sedersi al lato opposto della panchina. « ...e poi che cazzo te ne fregherà del mio broncio. Il "me di sempre" manco ti piace. Almeno una cosa chiara l'hai detta. » Sì, di bugie Judah ne aveva dette tante, fin troppe per i gusti di uno come Potter. Sarebbe stato però particolarmente difficile discernere quali fossero davvero bugie e quali invece verità nascoste. Siri aveva dato per buono che Judah fosse ciò che voleva mostrare al mondo: un bulletto scontroso e uniforme ai dettami della società. Il perfetto rampollo etero e bianco. Amen. « Forza, dammi quella roba che devo portare a Mun e facciamola finita, che fa pure freddo. » Incontrarsi in un posto caldo, io e te, mai. Appropriato, visto il gelo che c'è fra noi.
     
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    Non amo particolarmente i cambiamenti: sono una di quelle persone che sguazza bene nelle proprie abitudini, che segue degli schemi sacrosanti per avere tutto sotto il proprio controllo. Io sono un vero e proprio maniaco del controllo, difatti quando un tassello scivola fuori posto per un qualsiasi motivo, io mi ritrovo a boccheggiare come un pesce fuor d’acqua alla ricerca d’ossigeno. Non ho mai posseduto una mente pratica, che sul momento sa trovarti una soluzione a tutto e sa affrontare qualunque imprevisto gli si presenti davanti, io sono più metodico. Ho necessariamente bisogno di una preparazione psicologica, di una prevedibilità che possa tenermi costantemente preparato e mai cogliermi di sorpresa. Sono abituato a studiare le situazioni, ad anticiparle, così come sono abituato ad osservare attentamente i comportamenti delle persone, ad assorbirli come una spugna per poi poter calibrare le mie azioni e reazioni di conseguenza. Necessariamente, devo avere una profonda conoscenza di tutto ciò che mi circonda, sempre, altrimenti potrei impazzire all’idea di venire semplicemente sommerso dal capitolare degli eventi, senza che io possa far nulla per impedirlo e condurre i giochi a mio favore. Lo ammetto, pecco in narcisismo, ma divertirmi a fare Dio in questi casi è una mia priorità per sopravvivere. Dopotutto nessuno potrebbe biasimarmi, al posto mio. Benchè solitamente riesca egregiamente nei miei intenti, con Sirius il mio voler prevenire e prevedere non avviene così semplicemente come vorrei. Il piccolo Potter di primo impatto pare un libro aperto, così intuibile che anche io ci sono cascato come un povero illuso, immaginandomi di avere il lavoro facilitato. Cosa potrebbe mai combinare di tanto imprevedibile? Infatti, cosa? Niente. Nella mia testa, già dal primo incontro avuto con Paperella, le cose sono state chiare fin da subito. Avevo carpito la sua personalità e l'avevo classificato con tre aggettivi: appiccicoso, sempliciotto e pacifico; in poche parole, uno a cui potresti far di tutto senza aspettarti ritorsioni di sorta, che può essere tranquillamente rigirato come un pedalino e sfruttato a proprio beneficio. Io dai tipi così detti ASP - appiccicosisempliciottipacifici - sono sempre stato alla larga, ed ecco spiegato il motivo per cui Sirius, nonostante abbia frequentato sua sorella per un po’ di tempo, dal sottoscritto non abbia mai ricevuto attenzioni di alcun genere, a partire dal più innocuo dei saluti. Eppure mi sono sbagliato, e solo adesso riesco a rendermene conto, ora che è follemente arrabbiato e cerca di starmi il più lontano possibile. Non m’immaginavo potesse reagire così, perché dopotutto io e lui non siamo nemmeno amici, non siamo niente. Siamo all’inizio di qualcosa che nemmeno io so definire, ma sono sicuro al cento per mille che di tutto si tratti all’infuori di amicizia. Le amicizie non iniziano con un bacio, né con un Judah Carrow che vuole sterminarti l’intera famiglia. Attualmente, mentre l’osservo, ho due pensieri angoscianti che si materializzano sulla mia pelle alla pari di una fredda, viscida e fastidiosa nebbiolina umidiccia: da una parte desidero sapere cosa abbia scatenato in lui tanta ira, tanta frustrazione, mentre dall’altra parte preferisco rimanere col dubbio perché non ho la benché minima idea cosa possa scatenare in me una verità scomoda. Siri per me è un concentrato di verità scomode, a sua insaputa. La vedo, la calma che inizia a far cilecca mentre il piccolo Potter scuote il capo e si fissa le dita, le quali non smettono di giocherellare nervosamente fra di loro. Vacilla in un torpore che nessuno dei due è in grado di definire e, nel buio della notte, in un posto tanto spettrale quanto questo, isolato e lontano dal mondo, inumano e surreale, non può solo che trovare consistenza. E’ vicino all’esplosione, che infatti arriva non appena insisto e calco maggiormente la mano sugli atteggiamenti che mi riserva « Imprevisti? Si chiamano così ora? » Sono questi i cambiamenti di cui parlavo poco fa, quelli che odio profondamente. Aggrotto la fronte mentre lo vedo afferrare il cellulare fra i polpastrelli diventati ormai violacei per il freddo, senza capire dove voglia davvero arrivare. Se mi aspettavo una simile reazione? No. Ed eccolo lì, spiattellatomi in faccia l’audio inviatogli qualche ora fa, dal quale emerge un dettaglio che non avrei mai colto da solo: la voce femminile. E’ stata proprio questa voce a renderlo così irascibile? « Volevi che diventassimo amici? Bòn, allora lascia che ti ricordi la regola #1 dell'amicizia: gli-amici-non-si-dicono-cazzate. » Effettivamente sono stato io a chiedergli di fare un passo avanti, di lasciarci la storia del bacio alle spalle per poter essere amici, anche se in comune abbiamo ben poco. Entrambi sappiamo perfettamente che per un’amicizia non ci sia futuro, eppure lui ci aveva sperato, così come c’ho sperato anche io; forse per motivi differenti, il mio era ed è sicuramente più meschino del suo. Io volevo fare una sorta di sostituzione con la storia del diventare amici: “Okey, Sirius. Se io e te diventassimo amici, non ci sarebbe più ragione per cui ricordare quel bacio.” La storia sarebbe passata in secondo piano, secondo i miei accuratissimi calcoli da maniaco perfezionista. Oltre che Giuda, adesso anche il Ponzio Pilato dei baci: me ne laverei le mani « …Fai sul serio? » Sbotto, alquanto scioccato dal colpo di coda che mi ha colto totalmente alla sprovvista. Perché dovrei giustificarmi con lui, anche se fosse? Questa scenata insensata sembra assurda quanto logica, ed è una verità tagliente che mi si è ficcata nello stomaco alla pari di una lama affilata.
    Io e lui non diventeremo mai amici, perché in amicizia non c’è gelosia. Sono fin troppo avvezzo della gelosia per non riconoscerla, è il mio pane quotidiano, la mia compagna di vita. E’ una scintilla che negli occhi di Sirius non manca, seppur impercettibile e nascosta. Magari nemmeno ne è a conoscenza, ma c’è, insinuata fra le sue pupille chiare, accese come fuochi.
    Io e lui, per quanto possa negarlo, siamo già oltre. Il danno è già fatto.
    Deglutisco e lo sgomento inizia ad impadronirsi del mio volto, i battiti sono appena più accelerati, la gola improvvisamente secca mentre Sirius continua a parlare: io già non lo ascolto più da un pezzo. Ed ora ogni cosa che ho fatto fino ad adesso, anche la più stupida, inizia ad acquisire un senso. Lentamente, le domande che mi hanno accompagnato fin qui, si risolvono come perfette equazioni matematiche; trovo una risposta ad ogni quesito e si sta rivelando ciò che temo. Che cazzo mi è successo? Perché non sono in grado di allontanarmi semplicemente da questa condizione schifosa che mi incatena ad una realtà che non voglio per me. Io non sono gay, non sono gay, non sono gay, non sono gay. « Avevo bisogno di scopare, ok? Non ti sembra un imprevisto sufficiente? » Sbotto a scoppio ritardato, incominciando a sentire il desiderio di provare cose di cui non mi credevo capace. Se solo mi fossi impegnato di più con quella bionda, magari a quest’ora avrei dimenticato Sirius, ed adesso non reagirei come se mi abbia punto sul vivo. La realtà dei fatti è che ormai passo la maggior parte del mio tempo a pensarlo, ho passato la maggior parte dei miei giorni ad aspettare che fosse lui a dissipare il gelo sceso fra di noi, così come avevo ascoltato a ripetizione la stessa canzone per notti intere perché aveva il suo sapore. Mi sono ritrovato a cogliere l’occasione offerta da Nate al volo solo perché ero cosciente che tutto questo, una volta arrivato a comprendere cosa ci fosse di più sotto, non lo avrei accettato. Mi stavo difendendo preventivamente, eppure da coglione ho voluto comunque vederlo per poter rimediare all'errore dell'errore compiuto: un’altra debolezza fra le tante. Il bacio è stato solo una dimostrazione, solo l’inizio, la punta dell’iceberg che pian piano sta venendo a galla. Le cose non possono che peggiorare, il cervello in pappa lo abbiamo entrambi ed io ho davvero giocato con lui, anche se a mia insaputa. « Non ti costringo a rimanere, sai che cazzo mi frega, tanto io e te non abbiamo un punto in comune. Zero... » e non so dirmi se la cosa mi ferisca o mi renda felice . « …sei un bambino, ti piangi addosso, mi parli di regole dell’amicizia quando sai perfettamente che fra me e te non possa mai essercene una e che stiamo fingendo entrambi. Hai voluto mettere su piazza una scenata di gelosia con i fiocchi mascherandola perfettamente con una scusa differente, ma ti sei scordato...Ti sei scordato che io sono molto più bravo di te in questo. Ti sei scordato che far passare una cosa per un’altra, è quello che so fare meglio: perchè un mese fa mi sono finto amichevole, perché un mese fa ti ho raccolto da sotto la pioggia solo per raggirarti e fartela sotto al naso…» Ho un attimo di esitazione, un istante in cui metto a fuoco le distanze fra i nostri corpi mentre tiro fuori la copertina di Amunet, gettandola a metà panchina « Perché questa è stata l’ennesima montatura per farti fare quello che volevo, per farti uscire di casa a quest’ora per raggiungermi fin qui. » Non mi preoccupo se il mio discorso abbia senso o meno, ma gonfio il petto come se ne avesse. Come se abbia tutte le ragioni di questo mondo per essere incazzato con Sirius, che di male non ha fatto nulla se non piegarmi ad una pulsione che non so controllare e che non ho mai provato prima di adesso. Mi ha avvicinato ad una novità che né riesco né voglio far mia, perché io non sono come Mun. Io sono più forte degli istinti e dei sentimenti. « Nulla di ciò che ho detto è ciò che penso; io ho troppa paura di quello che penso.» Solo adesso riesco a riprendere fiato, alzandomi dalla panchina per calciare un sasso e, senza guardarlo, indietreggiare di qualche falcata come solo un pazzo farebbe. Completamente fuori controllo, bipolare visto che inizio ad alternare sorrisi a sguardi completamente vuoti, incapaci di trasmette qualsiasi cosa. « Quel bacio...Ti stavo solo ringraziando di ciò che sei, Sirius, nonostante fossi completamente ubriaco. Ecco perche non mi piace il "te di sempre", mi rende qualcuno che non conosco. » E’ un discorso contorto che spero possa comprendere, poichè non ho la forza d’animo per dirgli limpidamente come stanno i fatti. Probabile non lo sappia nemmeno io, ed il mio sia più un patetico tentativo di spiegare cose a cui non so dare un nome. Socchiudo gli occhi per un momento, quanto basta a riprendere padronanza di me stesso e, più mi allontano da lui, più le voci riempiono nuovamente la mia testa. L’aurea sprigionata da Sirius non si estende per tanto, basta stargli lontano qualche passo per perderne la totale influenza…almeno fisicamente parlando. « …Sta' attento mentre torni, vorrei quell’oggetto arrivasse fra le mani di Amunet, dalle anche il mio numero di telefono appena la vedi, i messaggi via gufo sono diventati troppo rischiosi per entrambi. Io credo rimarrò qui devo…devo…non lo so nemmeno io Scuoto il capo, arrendevole, passandomi una mano fra i capelli per poi girare sui tacchi e proseguire lungo il vialetto di ciottoli, sedendomi a terra non appena svoltato l’angolo. Spero abbia scelto di andarsene e non di seguirmi, al momento non avrei altro da dirgli. Sono entrato in una fase in cui sparo una verità dietro l’altra, e sono cosciente di non aver dato la possibilità a Sirius di poter replicare o incassare il colpo.
    Non mi accetto, è stato il succo di tutta la storia.
    Insieme all’orgoglio, forse, ho perso la possibilità di sentirmi al sicuro.



    Edited by the soul of morthacci yours. - 7/5/2018, 09:56
     
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    Era partito con le migliori intenzioni, Sirius, o almeno credeva di averlo fatto. Eppure avrebbe dovuto capirlo fin da subito che non avrebbe ottenuto nulla, perché in realtà era arrivato al parco divertimenti letteralmente sul piede di guerra. E la guerra non porta che sconfitta, di questo ne era certo. Lui, poi, la guerra non la sapeva neppure fare: avrebbe combattuto con le unghie e con i denti per ciò in cui credeva, fosse la propria famiglia, i propri principi o la propria felicità, ma sarebbe stato solo il muovere armi di un bambino che gioca con le spade dei grandi. Sapeva fare molte cose, Sirius, ma non la guerra. E anche se ci aveva creduto fino a quel momento, riuscendo a svestirsi dei panni del ragazzo sempre sorridente che quotidianamente era per vestire quelle di un risoluto battagliero, alla fine di fronte alla reazione di Judah si ritrovò inerme. Una foglia nella corrente, spaesato. Fu la prima, scottante rivelazione a fargli perdere l'equilibrio. « Avevo bisogno di scopare, ok? Non ti sembra un imprevisto sufficiente? » No, non è né sufficiente né valida , pensò così su due piedi, fermamente convinto che qualunque fosse stato il motivo del suo presunto imprevisto, non sarebbe cambiato una virgola del fastidio che provava. Era una questione di correttezza, aveva pensato all'inizio. Se prendi un impegno, lo devi portare a termine e se non lo fai, significa che la tua parola vale quanto la cartastraccia. Aveva creduto che il fatto che l'impegno di Judah fosse in realtà un banale spassarsela in giro con qualcuno che non fosse lui, un impegno futile e banale, fosse la vera motivazione di quel turbamento che l'aveva accompagnato per tutta la sera e che non aveva accennato a scemare. Ci aveva creduto davvero.. fino all'esatto istante in cui Judah non aveva svelato il segreto di Pulcinella, qualcosa di così facilmente intuibile che Sirius neppure si era soffermato a pensare. Non ha solo visto quella ragazza.. ci ha scopato. Quella fu la vera chiave di volta, quello il giro di boa, quella la folgorante epifania. No, scopare non era un imprevisto sufficiente ma a conti fatti a Siri non avrebbe dovuto importare; non avrebbe importato, se si fosse trattato di chiunque altro. Se Fawn avesse disdetto all'ultimo una loro serata, raccontandogli poi di essere riuscita ad adescare un bel ragazzo in un bar, la stizza avrebbe lasciato subito il posto alla curiosità. Fammelo vedere, ora! L'avrebbe fatto con chiunque, perché Sirius Potter in fondo non era mai stato una persona gelosa, a stento lo era all'interno delle - assai poche - relazioni che aveva avuto. Quando Daphne gli raccontava, con tono provocatorio, di aver ricevuto avances da questo o quel damerino, Sirius si faceva una risata dicendo che si sarebbe fatto anche lui i capelli a leccata di mucca per corteggiarla meglio! Nulla di tutto ciò nacque nel suo cuore, innanzi alla triste verità di Judah su come avesse trascorso il pomeriggio. Si ritrovò semplicemente a stringere i denti e sentirsi stupido, stupido come mai si era sentito prima. Stupido e confuso. « Non ti costringo a rimanere, sai che cazzo mi frega, tanto io e te non abbiamo un punto in comune. Zero... » ...eppure continuiamo a ronzarci intorno, senza alcun motivo. Zero. « …sei un bambino, ti piangi addosso, mi parli di regole dell’amicizia quando sai perfettamente che fra me e te non possa mai essercene una e che stiamo fingendo entrambi. » Solo a quel punto, il viso corrucciato di Sirius si voltò verso Judah, alla ricerca di una chiave di lettura per parole che lì per lì riuscirono a lasciarlo basito. Decifrare la Stele di Rosetta gli sarebbe venuto più semplice che capire ciò che intendeva il serpeverde, dal momento che era assolutamente convinto di non aver mai finto con lui, neanche una volta. Ed era vero: Sirius non aveva mai finto con Judah. Con sé stesso, però, continuamente. Tacque ancora. « Hai voluto mettere su piazza una scenata di gelosia con i fiocchi mascherandola perfettamente con una scusa differente, ma ti sei scordato...Ti sei scordato che io sono molto più bravo di te in questo. Ti sei scordato che far passare una cosa per un’altra, è quello che so fare meglio: perchè un mese fa mi sono finto amichevole, perché un mese fa ti ho raccolto da sotto la pioggia solo per raggirarti e fartela sotto al naso… » Il cuore del giovane Potter sussultò, allo stesso modo in cui, durante l'appello in classe, senti improvvisamente il tuo nome pronunciato a voce alta. Un appello era stato fatto, in effetti, e un nome fra tutti era stato pronunciato. Gelosia? Presente. Talmente poco la provava, talmente alieno era questo sentimento al suo carattere che a momenti neppure l'avrebbe saputa riconoscere. « G-gelosia?! » bofonchiò Sirius, l'espressione una maschera di sincera sorpresa. Geloso io? No che non sono geloso! Di chi, di uno che credevo di conoscere e che invece mi ha voltato la spalle? Geloso di un ragazzo per cui non conto nulla? Geloso di uno che diceva di voler chiarire con me, di voler essere mio amico, e che invece ha preferito spassarsela con la prima scema di turno? E ancora quel fuoco intestino lo bruciò, solo un pochino, un pizzicore profondo e fastidioso. Non aveva senso, non per Siri almeno, eppure si ritrovò costretto ad ammettere a sé stesso che quel pizzicore c'era, che qualcosa era nato dalla rivelazione ricevuta. Che ogni altra scusa del mondo l'avrebbe infastidito, ma quella scusa lo infastidiva di più. Quella scusa parve allontanarli anni luce, distanti il tanto di una panchina. « Perché questa è stata l’ennesima montatura per farti fare quello che volevo, per farti uscire di casa a quest’ora per raggiungermi fin qui. » Sì, era esattamente quello a cui aveva pensato Sirius fin dal primo momento, fin dal primo passo fatto fuori dalla porta di casa. Era convinto che non ci fosse nessuna commissione per Amunet, eppure aveva percorso quei venti minuti di tragitto pericoloso nel cuore del distretto del Piombo, solo per dargli una lezione. Abbassato però lo sguardo verso una copertina da neonato, un poco sgualcita, vi ritrovò su di essa la prova del fatto che aveva toppato. E anche in quello, per ironia della sorte, Judah aveva mentito: non era stata affatto una montatura. Che bugiardo patologico. Sirius allungò una mano, gelata dalle temperature notturne, per tastare il tessuto morbido della copertina che probabilmente era appartenuta a Mun e che avrebbe saltato una generazione, arrivando ad avvolgere il nuovo cucciolo Potter. C'era così tanta dolcezza in quel semplice oggetto e così tanto caos nel cuore e nella testa di Judah, che per più di un attimo parve perdere il controllo: Sirius non ne ebbe paura, forse scioccamente, ma ne fu ugualmente preoccupato. Preoccupato per lui, che in tale stato non l'aveva mai visto. Di Judah Carrow, Siri credeva di aver visto le ombre fatte di menzogne, falsità e doppiogiochismo.. ma il vero buio, talmente autentico da far paura, si dipanò di fronte ai suoi occhi sotto le sembianze di un tracollo psicologico. « Nulla di ciò che ho detto è ciò che penso; io ho troppa paura di quello che penso. » Judah si alzò, come fosse sul punto di fuggire via, e Sirius si sporse sul bordo della panchina, inseguendo una verità che gli era passata davanti agli occhi ma troppo veloce per essere veramente focalizzata. Come la prima volta di ogni mago su un manico di scopa, in quel momento in cui ci si sente un po' cercatore e si senta di afferrare il boccino d'oro: è impossibile al primo colpo. Sarebbero serviti tanti tentativi e tanto allenamento, a Sirius, per capire ciò che Judah provava nei suoi momenti più bui. In quel momento, fu un'impresa impossibile. « Quel bacio...Ti stavo solo ringraziando di ciò che sei, Sirius, nonostante fossi completamente ubriaco. Ecco perche non mi piace il "te di sempre", mi rende qualcuno che non conosco. » Qualcosa, però, Siri credette di averla capita. Capì che il famoso bacio, che in maniera brusca e totalmente inaspettata aveva cambiato le cose tra loro, non era stato un capriccio o l'ennesima macchinazione. Non era stato l'approfittarsi di un bullo contro un ragazzetto che aveva solo voglia di aiutare. Judah aveva davvero bisogno di essere aiutato: il bacio non era stato che uno sfogo, il vapore che sbuffa quando la pressione si fa critica. E io, questo, non sono riuscito a capirlo. Non ho capito così tante cose. E mi sento così tanto stupido. « …Sta' attento mentre torni, vorrei quell’oggetto arrivasse fra le mani di Amunet, dalle anche il mio numero di telefono appena la vedi, i messaggi via gufo sono diventati troppo rischiosi per entrambi. Io credo rimarrò qui devo…devo…non lo so nemmeno io. » Carrow sparì tra le ombre e Sirius, schizzato in piedi come una molla impazzita, rimase impalato sul vialetto con gli occhi sbarrati e le labbra socchiuse di qualcuno che in quel momento, come in generale nella vita, ci ha capito ben poco. Una vocina nella testa continuava a ripetergli che il tuo dovere l'hai fatto, hai ottenuto l'oggetto prezioso di Mun, è pericoloso star fuori di notte ed è doppiamente pericoloso con Judah Carrow fuori di sé a pochi passi di distanza. Lo fece, si voltò in direzione dell'uscita secondaria del parco, con la copertina arrotolata tra le mani e pronta per essere infilata nello zaino che si era portato dietro. Fece un passo, ne fece due, arrivò a farne perfino cinque prima che il ricordo degli occhi allampanati di Judah arrivasse a tormentarlo quasi fisicamente. Stai davvero lasciando un ragazzo fuori di sé da solo, in un posto che non conosce, in un distretto pericoloso? Con l'avanzare dei passi sul vialetto, però, le file di pensieri mutarono. E non poco. Stai davvero lasciando un ragazzo che ti ha appena detto di non aver mai pensato tutte le cose brutte che ti ha detto, che ti ha "ringraziato per ciò che sei"? Si bloccò, voltandosi lentamente verso il buio della notte, mentre una lampadina si accendeva nel suo cervello con un click. Non era mai stato un genio, Sirius, e non aveva mai spiccato di acume.. ma in quel momento, perso nei pensieri, dalla parte più profonda di sé mani invisibili emersero e disposero i pezzi del puzzle in maniera tale che perfino lui avrebbe potuto capire.
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    Capire che forse, forse, c'era la remota speranza che valesse la pena scommettere di nuovo di Judah Carrow.

    Ritornò sui propri passi con la stessa risolutezza con cui era arrivato al parco, ma con un cuore completamente diverso. Era tornato a riconoscersi. Aveva creduto che Judah avesse percorso chissà quanti metri, eppure voltato l'angolo lo trovò seduto rannicchiato su un basso gradino nel perimetro della casa infestata, o ciò che ne era rimasto. Era un bozzolo di carne e pensieri e una pesante cappa nera aleggiava su di lui. Una sensazione terribilmente spiacevole impegnò le viscere del giovane, che tuttavia non si lasciò frenare dall'avvicinarsi a lui. Gli si inginocchiò davanti, mentre Judah si teneva la testa fra le mani pallide, disperato come non avrebbe mai pensato di vederlo. Proprio lui, quel Judah Carrow che in tanti a scuola avevano ammirato da lontano, quel ragazzo che pareva invincibile tra i corridoi di scuola e che ora sembrava così maledettamente umano. Gli prese entrambe le mani, stringendole alle sue, per allontanarle dal viso che però rimase chinato, sotto un peso che né Sirius né chiunque altro avrebbe potuto capire. « Guardami. Guardami, Jude. » Una certa, bizzarra autorità permeò la voce di Sirius, il quale tuttavia non sembrava più arrabbiato o offeso. L'avrebbe capito anche Judah, nell'istante in cui sollevò il viso e incrociò gli occhi di cristallo di Siri. Non lasciò andare le sue mani, le tenne strette con la speranza, l'illusione forse, di riuscire a tenere entrambi ben piantati per terra. Il rischio di volare via, sopraffatti dalla bufera nascosta nei loro cuori, era troppo forte. E ora, che diavolo gli dico? Non aveva pensato a quel piccolo, insignificante dettaglio. Tipico di Sirius: pensare dopo aver sparato, un difetto che sembrava essere ereditario all'interno della sua famiglia. O non pensare affatto. « Io.. sono confuso abbestia.. e credo anche tu. Quindi, che ne dici se proviamo a capirci qualcosa insieme? Piano piano.. e con sincerità. » E' l'unica cosa che ti chiedo, Jude. Almeno stavolta, potrebbe essere l'ultima volta per chiarire davvero fra noi. Si sistemò meglio sull'erba su cui era inginocchiato, senza abbandonare il contatto con le mani dell'altro. In qualche modo, gli infondevano sicurezza. Un appiglio. « Inizio io. Ero davvero convinto che saremmo potuti essere amici.. in qualche modo strano, boh. Perché con te mi sono trovato bene, mi piace parlare con te, sentirti, scoprire cose nuove. Hai tanto da insegnarmi. Ero perfino passato sopra quel bacio.. credevo non contasse nulla, per te.. » Credevo non volesse contare nulla, per te. Perché non ti piacciono i ragazzi, perché sono un Potter e avevi appena spaccato la faccia a mio fratello. Perché tutto è super stramaledettamente complicato. « ...ero arrabbiato prima perché ci tenevo a chiarire con te e.. e poi ho sentito quella voce e.. boh, non lo so. Non sono geloso.. cioè.. perché dovrei? » Perché forse quel bacio ha contato qualcosa? Un pensiero troppo lucido, troppo elaborato per essere messo nero su bianco in un discorso coerente. Non era certo il caso di Siri, che in quel preciso momento si stava mangiando le parole, girando su sé stesso come un cane che si morde la coda. « Ecco, sì.. sono confuso perché non ti capisco. Ti comporti in un modo, mi allontani.. ma poi ritorniamo sempre allo stesso punto, qui, vicini. E in questi momenti.. mi viene da pensare che.. non lo so, sarò stupido.. ma mi viene da pensare che un po' io ti interessi. » Quelle parole erano talmente dirette, talmente chiare, talmente gay che a Sirius parve di sentire le mani di Judah tremare. Le strinse più forte tra le dita. « Non dire niente.. non pensare niente, se ti spaventa. Ascoltami e basta. Ho avuto questo pensiero, quando mi hai baciato quella volta.. ma se ti ho fermato non è perché.. perché la cosa non fosse reciproca, ecco. Mi è piaciuto quel bacio.. ma non volevo fosse un errore di cui ci saremmo pentiti entrambi. » L'alcol gioca brutti scherzi, su questo scottante argomento Sirius ne sapeva qualcosa. Ma se non fosse stato un errore? Un'eventualità del genere non l'aveva neppure, scioccamente, tenuta in considerazione. Per la prima volta, s'azzardò a giocare la carta dell'eventualità. « ...ma se quel bacio non era un errore.. se era un ringraziamento.. ecco, allora ho capito che di te non ho capito un accidenti. Forse ho conosciuto solo una parte di te.. forse non ti ho conosciuto affatto.. non mi importa. Voglio conoscerti, Judah. » Non ebbe alcun timore nel pronunciare quelle parole, non dopo aver raccolto tutte le riserve di coraggio che teneva nascoste, da onorato Grifondoro. C'era una parte di sé, insistente, che reclamava una sincerità emotiva, che gli imponeva di non aver paura di ciò che il cuore sentiva. Il cuore non mente mai. « E allora pensavo.. se anche tu scopri parti di te che non conosci, che ti spaventano o che ti confondono.. e se anche tu volessi conoscermi un po'.. perché non proviamo a conoscerle assieme? Mettendo da parte tutte le paranoie, tutti i pregiudizi o, boh, tutte le altre scemenze. Solo io te, come due normalissimi ragazzi? » E' questo che siamo, che ti piaccia o no. Siamo solo due ragazzi. Cos'abbiamo fatto per negarci l'occasione di essere felici? « Non voglio più essere confuso, Jude. Voglio un motivo plausibile per sentirmi strano quando mi arriva un tuo messaggio. » E scusa se straparlo, è l'emozione.
     
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    « Sei un coglione, Judah! » Non riuscivo a trattenere le risate mentre Jessica Quaentin, colta da una disperazione viscerale, agitava a mezz'aria la propria borsetta e mi schifava col solo sguardo. Se non fosse stata così misurata com'era, mi avrebbe volentieri sputato addosso o riempito di schiaffi; invece no, come immaginavo la ragazza si è fermata ad un semplice "sei un coglione". La liquidai con una mano, in un gesto tanto superficiale quanto lascivo mentre tornavo al motivo di tanto odio: Viky Fergus che, ubriaca fradicia, mi sventolava il reggiseno color carta da zucchero sotto al naso. Avevo i pantaloni scesi per metà ed ovviamente non mi ero risparmiato atteggiamenti poco pudici davanti agli occhi della povera malcapitata - l'ennesima - con cui uscivo all'incirca due estati fa. Jessica, non è stata nè la prima nè l'ultima ragazza trattata con superficialità dal sottoscritto, esiste una lista infinita di ragazze prese per i fondelli, perchè mai nella mia vita mi sono sentito realmente coinvolto in qualcosa. E' una condizione insopportabile da gestire quella che ti costringe a restare sempre un po’ sotto alla soglia del pieno e soddisfacente piacere, senza mai raggiungerne l’apice. Le mie storie sono sempre durate poco, perchè puntualmente ho sempre cercato altro per noia. La prevedibilitá uccide i rapporti, è una cosa che ho sempre pensato, e difatti questi sono i risultati. Quando le persone iniziano a diventare scontate, in fin dei conti è come se iniziassi a frequentare te stesso, perchè tutto ció che puó accadere nella realtá è giá accaduto nella tua testa. Preciso, esatto, senza alcun margine di errore. Anche se non sembra, io metto in continuazione alla prova chiunque mi circondi, silenziosamente chiedo a chiunque di sorprendermi anche nelle cose piú stupide. Quando vedo che le situazioni vanno come il mio spirito di osservazione aveva predetto, riesco a storcere il naso e cambiare direzione, andando alla ricerca di qualcosa di nuovo. Siri, adesso, è quel qualcosa, ed io sto mettendo alla prova anche lui. Fin ora, niente di ciò che è accaduto è stato previsto dal sottoscritto, e questo difatti mi ha destabilizzato: amo stringere il controllo fra le mani, ma mi annoia; allo stesso modo riesce ad uccidermi non averne, ma mi eccita. Sirius Potter, con fare maestrale, è riuscito ad amalgamare un combo vincente fra il predicibile e l'immaginabile, e beh...non mi era mai capitato prima. Ancora una volta, illuso, credo di poterlo anticipare, sapere con certezza che no, non mi seguirà fin qui, che se ne ritornerà a casa ancora più confuso di quanto già non fosse appena arrivato. Che mi cancellerà dalla sua testa, così come il mio numero dalla rubrica del suo cellulare. Judah Carrow? Capitolo chiuso; ed ogni volta che poserà gli occhi su Amunet l'unica cosa che sarà capace di pensare sarà "certo che hai un fratello proprio coglione". Coglione, già, perchè forse è l'unico aggettivo fra tanti aggettivi che si permea perfettamente alla mia personalità. Perchè, in fin dei conti, anche io di tutto questo ci sto capendo ben poco. Come un soldato ferito, appena svoltato l'angolo della casa infestata, crollo seduto sullo scalino d'ingresso. Una prima fitta mi raggiunge la testa, alla pari di una stilettata punitiva che le voci, adesso più infuriate che mai, mi somministrano per penitenza, essendomi forse permesso di accedere ad una parte di me a cui non ho mai permesso di influenzarmi. La legge del TU non puoi, mi martella fra i pensieri, perchè tecnicamente quando la Loggia si è impadronita del mio corpo, siamo scesi a patti. Patti che ero sicuro di poter mantenere, almeno prima di incontrare il piccolo Potter. Se voglio il potere, i sentimenti sono fuori discussione, e a quanto sembra non posso nemmeno retrocedere dal contratto semmai volessi. Davvero sei disposto a buttare via una vita di potere per accontentarti di una vita di emozioni? Non lo sono, no, anche perchè chi decreta da cosa nasca la felicità? Chi mi dice che le emozioni, i sentimenti, possano fare di me un uomo felice? Come, del resto, chi mi dice che tutto ciò che sto perseguendo con tanta tenacia mi renderà davvero soddisfatto, un giorno. Sarò mai in grado di guardarmi allo specchio e dirmi: Judah, hai fatto le scelte più giuste che potessi fare in vita tua; oppure mi lascerò lentamente mangiare dai rimorsi per un'esistenza intera? E' come trovarsi davanti ad un bivio senza saper bene che strada dover prendere per non arrivare alla soluzione finale di togliersi la vita con le proprie mani, giusto per mettere fine alle sofferenze che ti sei inflitto tu stesso. E' una ruota, un loop infinito che ti vede artefice e arma di distruzione dei problemi di cui potresti benissimo fare a meno se solo facessi le scelte giuste. Purtroppo non lo scoprirò a breve se quella che ho appena fatto fuggire fosse la mia scelta giusta, ciò di cui sono certo è che non posso tornare indietro. Non ho la forza nemmeno di ripetermi quanto sia stupido rimanere seduto a terra a rimurginare sul nulla, ma quel peso pressante nel centro del petto non riesco ad ignorarlo. Non mi fa muovere, mi rende succube ed appesantito; non ho la più fottuta idea di chi sono e di cosa voglio. Serro le ciocche corvine fra le dita, rannicchiato su me stesso quasi a riassorbire l'intero malessere, ricacciarlo dentro per farlo sparire in un qualche scantinato buio solo per poter ritornare il JJ di sempre. Eppure tremo, eppure inizio a sentire la necessità impellente di far ricorso ai metodi poco ortodossi usati anche mia madre, di quelli che ti liberano la mente facendoti dimenticare addirittura in quale secolo sei stato ficcato. Il fatto di non avere con me quei particolari flaconcini color carota, mi butta ancora più giù, ed ecco salire la nausea. Socchiudo gli occhi, così forte da riuscire ad avvertire il dolore dei muscoli contratti, abbandonando la realtà tattile a cercare una qualche via di scampo nel labirinto folto di pensieri e paure che mi annebbiano la vista ed ovattano l'udito. Forse sono troppo ottimista a pensare che ci sia una via di ritorno, forse sono troppo ottimista a pensare di possedere ancora la chiave che mi consente di fare avanti ed indietro tra ciò che ero e quello in cui mi sto trasformando. « Guardami. Guardami, Jude. » Non l'ho sentito nemmeno avvicinarsi, tanto che credo la sua voce sia solo frutto della mia immaginazione. Difatti rimango accartocciato come un foglio di carta, sussultando solo nell'avvertire la pressione fredda dei polpastrelli di Siri sulle mie mani, con cui mi copro il volto. « Io.. sono confuso abbestia.. e credo anche tu. Quindi, che ne dici se proviamo a capirci qualcosa insieme? Piano piano.. e con sincerità. » Ed ecco che, ancora una volta, Paperella riesce a prendermi alla sprovvista, strappandomi via la possibilità di cadere nel baratro in cui mi stavo cacciando. Vorrei chiedergli perche non sia ancora scappato, perchè non si sia concesso l'occasione di liberarsi dello schifo che come petrolio lo imprigionerà fino a farlo annegare. Inizio a respirare a fatica, perchè io so con assoluta certezza di non portare nulla di buono a nessuno, perchè da quando ho messo piede a quel ballo di Halloween e sono rimasto imprigionato ad Hogwarts, la mia vita è radicalmente cambiata. Non ricordo nulla dei mesi passati all'interno del castello, ma ogni tanto qualche ricordo riaffiora ed arrivo sempre alla stessa identica conclusione: ho le mani sporche di sangue. Non faccio altro che chiedermelo, se io sia stato il motivo per cui alcuni miei compagni non sono riusciti ad uscire di lì. E se ho ucciso? E se fossi in grado di uccidere di nuovo? E se questo tira e molla dei demoni nella mia testa sia solo un giochetto di cui presto mi presenteranno il conto? Non fidarti di me, Sirius. Qualunque cosa ti dica, qualunque cosa faccia, gira alla larga e non lasciarti abbindolare. Vorrei urlarglielo, se potessi, ma non ne ho il coraggio. La gola mi arde ad ogni tentativo che faccio per esprimere un parere, qualunque esso sia. Così resto in silenzio, a passare lo sguardo terrorizzato dai suoi occhi alle sue dita che stringono ancora le mie e che, lentamente, mi stanno riscaldando. « Inizio io. Ero davvero convinto che saremmo potuti essere amici.. in qualche modo strano, boh. Perché con te mi sono trovato bene, mi piace parlare con te, sentirti, scoprire cose nuove. Hai tanto da insegnarmi. Ero perfino passato sopra quel bacio.. credevo non contasse nulla, per te.. ero arrabbiato prima perché ci tenevo a chiarire con te e.. e poi ho sentito quella voce e.. boh, non lo so. Non sono geloso.. cioè.. perché dovrei? » Per lo stesso motivo per cui me la sarei presa io sentendoti in compagnia di qualcun altro, ma ancora una volta non lo dico. « Ecco, sì.. sono confuso perché non ti capisco. Ti comporti in un modo, mi allontani.. ma poi ritorniamo sempre allo stesso punto, qui, vicini. E in questi momenti.. mi viene da pensare che.. non lo so, sarò stupido.. ma mi viene da pensare che un po' io ti interessi. » Questa sola frase è capace di spezzare l'incantesimo, di smascherarmi e scoperchiare il vaso di Pandora. Questo è il motivo per cui tendo a proteggerlo, anche se incosciamente, anche senza farlo realmente: perchè mi interessa. Mi piace l'idea che mi ronzi attorno, che mi cerchi, che ogni tanto mi spari una cazzata delle sue. Mi piace guardare il suo profilo instagram, scorrere le foto anche se non l'ho mai degnato di un like. Mi diverte guardare le sue storie demenziali, contare le volte in cui è online su whatsapp, sentirmi letteralmente riempire quando si accende la lucina blu jeans sullo schermo del cellulare, ed ammetto di far la conta dei minuti che passano tra una visualizzazione e l'altra per non sembrare troppo coinvolto. Per non dare ulteriore valenza a quel bacio che mi fa sentire malato, ingiusto. Per non esserlo, malato. « ....Hai... » Cosa, capito male? Sirius ha davvero frainteso o sei tu, Judah, a voler continuare a nascondere qualcosa di così palese? Quando mi guarda così mi rendo conto che non ho mai voluto essere così cattivo con lui. Che la mia intenzione non è mai stata quella di approfittarmi di quelle qualità che sono solo di Sirius, di cui io non possiedo nemmeno una briciola. « Non dire niente.. non pensare niente, se ti spaventa. Ascoltami e basta. Ho avuto questo pensiero, quando mi hai baciato quella volta.. ma se ti ho fermato non è perché.. perché la cosa non fosse reciproca, ecco. Mi è piaciuto quel bacio.. ma non volevo fosse un errore di cui ci saremmo pentiti entrambi...ma se quel bacio non era un errore.. se era un ringraziamento.. ecco, allora ho capito che di te non ho capito un accidenti. Forse ho conosciuto solo una parte di te.. forse non ti ho conosciuto affatto.. non mi importa. Voglio conoscerti, Judah. E allora pensavo.. se anche tu scopri parti di te che non conosci, che ti spaventano o che ti confondono.. e se anche tu volessi conoscermi un po'.. perché non proviamo a conoscerle assieme? Mettendo da parte tutte le paranoie, tutti i pregiudizi o, boh, tutte le altre scemenze. Solo io te, come due normalissimi ragazzi? Non voglio più essere confuso, Jude. Voglio un motivo plausibile per sentirmi strano quando mi arriva un tuo messaggio. » Mi sta offrendo l'ennesima possibilità, forse Sirius sta nuovamente scommettendo su di me. Mi sta offrendo di ritornare sul podio, concesso che nella sua testa ce ne sia uno. E' una cosa che non mi sento di meritare, che mi infonde di una tristezza tale da sentire gli occhi bruciare, il cuore annodato. Adesso, più che mai, siamo due semplici ragazzi in un qualsiasi luogo dell'intero universo. Due insignificanti granelli di sabbia persi fra tanti altri. Siamo gli stessi ragazzi che, settimane fa, avevano avuto una serata di merda, ritrovandosi a condividere uno stesso letto; e quello stesso ragazzo, che forse aveva osato troppo con un bacio, adesso sente che un bacio sia davvero l'unica chiave di volta per tutta la faccenda. Le parole sono già state dette, perchè ribadirle? Perchè continuare a girarci attorno senza mai raggiungere il nocciolo della questione? Forse fin troppo arrendevolmente, di nuovo, faccio appello a quello strano velo di empatia che oscilla fra una decisione e l'altra. Il piccolo Potter ha fatto del suo, probabile più di quanto potesse permettersi, peccato però le parole non siano il mio forte. Non sono in grado di mettere nero su bianco la verità, perchè me ne vergogno. Mi passo il dorso della mano sugli occhi, continuando a fissarlo sul filo dell'indecisione, forse per interminabili minuti. Riprendo fiato, mi concedo del tempo tra occhiatacce scettiche ed esitanti. Mollo la presa sulle sue mani, quasi lo scanso mentre poggio la schiena contro la parete, con tutta la calma del mondo. Riprendo colorito, così come riprendo totale controllo dei miei pensieri e soprattutto delle mie volontà. Forse posso ancora permettermi di non fare scelte, di rimanere in stallo fra la novità e ciò che ormai è assodato. Posso ancora permettermi di giocare due ruoli differenti, perchè ancora non è arrivato il momento di prendere una decisione netta che, in qualche modo, comprometta l'altra. « Puoi avvicinarti?»
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    Snocciolo in un filo di voce appena udibile, attendendo che Sirius si sbilanci verso di me unicamente per agguantarlo dal colletto della felpa e trascinarmelo addosso, tra le ginocchia divaricate che non creano alcun impedimento fra i nostri corpi. Cerco le sue labbra ancor prima di trovare il contatto fisico, socchiudendo gli occhi cerulei mentre mi concentro unicamente sul suo sapore. Qui, in mezzo a nulla, fra l'odore di morte e la distruzione, ho la presunzione di far nascere un raggio di sole. Qui, dove forse tanti altri baci sono stati dati prima del nostro, dove mai avrei pensato di baciare una persona. Fra un sospiro e l'altro, le nostre lingue si sfiorano quasi sia la cosa più naturale del mondo, quasi non sia la prima volta, quasi le nostre bocche siano state fin da sempre destinate a questo. Il mio braccio avvolto attorno al suo fianco per tenerlo stretto a me e non lasciarlo scivolare via « Cerca di capire senza fare domande» Biascico infine, non appena mi stacco per riprendere fiato sul suo volto, passandogli il polpastrello del pollice sul labbro inferiore. « Io ho sempre avuto un motivo plausibile per sentirmi strano ad ogni tuo messaggio.» motivo per cui me la sono presa tanto all'idea di non riceverne più. « ...Devi promettermi che questa cosa non salterà fuori, mai, con nessuno. Nessuno dei due è in grado di reggerne le conseguenze semmai ne facessi parola con qualcuno, sono stato chiaro? Potremo conoscerci, ma alle mie condizioni, e le mie condizioni non prevedono un coming out, perchè sono ancora straconvinto di non essere gay.» Sono staconvinto che tu sia l'eccezione alla regola, per qualche assurdo motivo « Siamo semplicemente due ragazzi qualunque che, in un parco qualunque, hanno deciso di conoscersi perchè evidentemente nessuno dei due ha capito un cazzo dell'altro. Possiamo rimanere semplicemente questo, Sirius, senza che qualcuno rovini tutto; solo io e te in un mondo tutto nostro, qualcosa che si distacchi dalla realtà...perchè forse non abbiamo bisogno di una realtà. » Perchè forse ho paura di avere una realtà, con te, e di certo io non sono Amunet. Mi umetto le labbra a trattenere il suo sapore impresso nella mente, tirando indietro la testa, contro la parete alle mie spalle per mettere distanza fra i nostri volti. Tremo ancora, ma adesso non voglio avere paura, non voglio essere confuso, quindi nascondo le mani nelle tasche della giacca per stare con la coscienza a posto. Respirarlo da così vicino, è come scendere nel peggior inferno, scivolare immerso fra i peccati capitali che scalpitano per essere soddisfatti. Mi pulsana nelle vene la voglia di baciarlo di nuovo, di poter osare ancora di più ora che il reciproco interesse è stato smascherato. Lo spoglio dei vestiti con la brama dei soli occhi, qui, senza pudore nè rimorsi di alcun tipo. Sono febbricitante, come mai mi sono sentito prima, ma mi dico di non potermi concedere troppo per ora. Non ne sono in grado, non sono preparato. Così, per mettere a tacere qualunque idea malsana mi faccia capolino in testa, decido di alzarmi da terra, appena barcollante, quasi abbia nuovamente esagerato con l'alcol. Sul volto, senza volerlo, mi si è appena dipinto un sorriso smagliante che non riesco proprio a mandare via, semplicemente entusiasta. « Adesso abbiamo un motivo per vederci più spesso.» Senza i miei inganni.


    Edited by the soul of morthacci yours. - 13/5/2018, 18:43
     
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    Sulla sua tomba avrebbero scritto: "Qui giace Sirius Cedric Potter. Era un ragazzo semplice." E lo era davvero. Con una semplicità disarmante si era approcciato a qualcuno che forse gli altri - più assennati? - avrebbero evitato. Judah non stava bene in quel momento, Judah non era lucido e si stringeva i capelli tra le dita quasi fossero l'ultima ancora che potesse tenerlo a terra, col rischio di volare via. I suoi stessi occhi, nei minuti che Sirius gli aveva dedicato, parevano tremare di una luce instabile. Ma non pericolosa, sentiva in cuor suo il giovane Potter. Per quanto ancora sentisse quella sinistra sensazione di disagio intestino, che a contatto con le mani del ragazzo si faceva quasi pulsante, sempre di più col passare del tempo Sirius si rendeva conto di quanto Judah in realtà non fosse una minaccia, non nel senso più diretto e feroce del termine. Pericoloso sarebbe potuto esserlo davvero e in una infinita quantità di modi, tutti diversi, ma dietro la maschera del cattivo ragazzo viziato che amava indossare perennemente, dietro quel viso da menefreghista incurante di tutto e di tutti, si nascondeva una persona che ancora non aveva tagliato i ponti con i propri affetti. L'amore che Judah nutriva per Amunet era palese e, folle idea, perfino nell'essere trattato male a parole Siri pensò che Judah un po' ci tenesse. E allora, con tutta la semplicità del mondo, glielo disse. Si inginocchiò di fronte a lui, gli prese le mani grandi, si specchiò nei suoi occhi di ghiaccio e gli aprì il cuore con una semplicità, una spontaneità, una naturalezza tali da stordire. Perché erano solo due normalissimi ragazzi, loro due, ma i mondi da cui provenivano erano lontani galassie intere e nell'universo dei Carrow, non sempre la spontaneità era di casa. Ogni gesto di Judah, da che Siri ne avesse memoria, era sempre stato posato e misurato, una fine strategia che puntava ad anticipare il passo successivo, una partita a scacchi. Avrebbe sempre dovuto avere tutto sotto controllo, il rampollo dei Carrow, e chissà quale catastrofe sarebbe accaduta se anche solo per un attimo si fosse lasciato andare senza pensieri! Non c'era alcuna strategia, al contrario, nelle parole di Sirius che sapevano quasi di preghiera. O di azzardo. Il grifondoro aveva oltrepassato un limite, se ne rese conto, e solo sulla base di una sensazione che non riusciva proprio a scacciare, lui che in fondo di sensazioni ne aveva fin troppe ma vere e proprie deduzioni ben poche. Se lo sentiva che Judah potesse non essere totalmente disinteressato nei suoi confronti, se lo sentiva che una delle sue bugie - come lui stesso aveva detto - potesse vertere proprio sui sentimenti, quell'argomento tanto spinoso; ma poi sopraggiungeva la ragione e là Sirius si ritrovava a cadere dalle nuvole, perché proprio su di esse avrebbe dovuto ergere le proprie convinzioni. Judah Carrow non gli avrebbe mai dato certezze.. ma in fondo, Sirius non gliele aveva chieste né l'avrebbe fatto. Un azzardo, sì: una scommessa, la seconda che vedeva Judah come protagonista. La scommessa parve persa una volta ancora, quando Carrow scansò le proprie mani da quelle ormai tiepide dell'altro, come se al contrario fossero divenute bollenti, insopportabili. Allora, il silenzio calò e Sirius non osò fiatare, non più. Ho detto tanto. Ho detto troppo, forse. Ma non mi vergogno e non me ne pento. Aveva scelto deliberatamente di seguire la via della semplicità, una via che a tratti può rivelarsi tortuosa, perfino impervia: è tanto più facile mentire, nascondersi, modellare sé stessi alla realtà che ci circonda per essere sempre pronti ad incassare il colpo. No, Sirius non l'avrebbe mai fatto, sarebbe rimasto sé stesso anche di fronte alle sfide più grandi.. come un ragazzo visibilmente coinvolto ma che avrebbe preferito tagliarsi la lingua, piuttosto che ammetterlo. Non aveva bisogno di un grande ingegno per capirlo, Siri, ma nonostante tutto rimase immobile sulle ginocchia, pronto perfino ad incassare un pugno o, peggio ancora, parole velenose. « Puoi avvicinarti? » Posso.. cosa? Confuso com'era stato fino a quel momento, aggrottò la fronte sporgendosi un poco in avanti per eseguire quella richiesta che gli era stata fatta, in fondo, in maniera molto gentile. Un battito di cuore fuggì nel sentirla, perché anche un ingenuo patentato come lui avrebbe potuto capire le pericolose complicanze dell'immergersi nello spazio vitale altrui. Ci sono solo due occasioni per cui lo si fa: per guerra o per amore. Non ebbe neppure il tempo di metabolizzare in quale dei due campi si trovasse - forse entrambi - quando le mani di Judah gli afferrarono saldamente i vestiti, macinando avidamente l'ultimo spazio rimasto tra loro. Scivolò contro il suo corpo, tenuto fermo da un braccio, e là rimase: il tempo di un bacio, molto più lungo del primo fugace errore di una notte qualunque, molto più ragionato. A dispetto di ogni aspettativa, Sirius non rifuggì le labbra di Judah che al contrario accolse tra le proprie, scoprendole con la curiosità di un esploratore in un territorio inesplorato: così fece la lingua contro la sua, così una mano che si posò distratta tra i capelli della nuca di Judah. Tutto parve sciogliersi, nel calore dei loro respiri uniti: tutte la paura di essere giudicati, tutti i preconcetti, perfino il loro recente passato che a tratti sembrava essere stato capace di allontanarli. Il loro primo, vero bacio, forte di sobrietà e intenzioni comuni, fu quanto di più semplice avrebbero potuto sperare in una notte come quella e per questo motivo, forse, fu tanto efficace. Quando infine si separarono, Sirius rimase adeso al corpo di Judah, ancora immerso in quegli occhi che così da vicino non aveva visto mai. Le dita di JJ gli sforarono le labbra, che si schiusero involontariamente al tocco. Ne era ipnotizzato. « Cerca di capire senza fare domande. Io ho sempre avuto un motivo plausibile per sentirmi strano ad ogni tuo messaggio. » Annuì senza fiatare. Non ho bisogno di fare domande. Ho capito tutto. Aveva capito che ci sono sentieri che Judah non aveva mai avuto il coraggio di percorrere, sentieri che fanno paura, da verso i quali aveva compiuto qualche passo. Il pericolo delle sabbie mobili era continuamente in agguato e non poteva sapere, il serpeverde, che Sirius non gli avrebbe mai permesso di affondare. « ...Devi promettermi che questa cosa non salterà fuori, mai, con nessuno. Nessuno dei due è in grado di reggerne le conseguenze semmai ne facessi parola con qualcuno, sono stato chiaro? Potremo conoscerci, ma alle mie condizioni, e le mie condizioni non prevedono un coming out, perchè sono ancora straconvinto di non essere gay. » Eppure siamo qui, siamo abbracciati, ho ancora il tuo sapore sulle labbra. Era quella la differenza tra Judah e Sirius: se quest'ultimo non vedeva altro che il bicchiere mezzo pieno, l'altro aveva già istintivamente iniziato a razionalizzare. A Sirius delle etichette non era mai importato nulla, motivo per cui anche definirsi questo o quello gli pesava, lo faceva sentire stretto, da bravo millennial. Perché non posso essere, semplicemente, tutto ciò che mi fa felice? Aveva tessuto relazioni con ragazze ma questo non l'aveva fatto sentire etero; aveva baciato Judah e aveva una disperata voglia di baciarlo ancora e ancora e ancora, ma questo non lo faceva sentire gay. In entrambe le situazioni, però, si era sentito felice: l'unica etichetta che gli stesse a cuore. « Siamo semplicemente due ragazzi qualunque che, in un parco qualunque, hanno deciso di conoscersi perchè evidentemente nessuno dei due ha capito un cazzo dell'altro. Possiamo rimanere semplicemente questo, Sirius, senza che qualcuno rovini tutto; solo io e te in un mondo tutto nostro, qualcosa che si distacchi dalla realtà...perchè forse non abbiamo bisogno di una realtà. » Sì, forse Judah aveva paura, forse le etichette lo aiutavano a dormire più tranquillo la notte.. ma nelle sue parole, Sirius percepì il grande passo avanti che il ragazzo aveva compiuto. Non doveva essere facile, per lui, accettare ciò che aveva provato baciando un altro ragazzo eppure si era concesso il lusso di vivere il momento e di viverne altri. Il mondo non avrebbe mai saputo accettarlo, se prima non si fosse accettato da solo e quel percorso non era che agli inizi. « Andata. Solo io e te, in un mondo tutto nostro. » sussurrò, con un sorriso sulle labbra. Per ora mi basta, è tutto ciò di cui ho bisogno. Conoscerti, anche se alle tue condizioni. Tuttavia, Judah non era l'unico ad averne. « In cambio, però, c'è solo una cosa che voglio. Sincerità. Promettimi che con me sarai sempre onesto.. niente inganni, niente sotterfugi o cavolate. Forse non avremo bisogno di una realtà.. ma ho bisogno di sapere che tu sarai tu, in qualunque occasione. » Non voglio più dovermi chiedere chi ho davanti, un manipolatore o un ragazzo spaventato dai cambiamenti. Il patto, dunque, venne suggellato. Sincerità in cambio di segretezza.
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    Sarebbe stato difficile per uno come Sirius, che le bugie proprio non sapeva dirle, nascondere a tutti il perché di quei sorrisi che spontaneamente sarebbero nati sul suo faccino, nel ricevere un suo messaggio. Eppure l'avrebbe fatto: non sarebbe stato giusto imporre a Judah qualcosa capace non solo di metterlo in imbarazzo, ma perfino in pericolo. Nel suo mondo, queste cose sono tanto frequenti quanto malviste. Si allontanò da lui, suo malgrado, per rimettersi in piedi e lo stesso fece Jude pochi secondi dopo, barcollandogli davanti per rimettersi poi in equilibrio, finalmente tranquillo. « Adesso abbiamo un motivo per vederci più spesso. » Quelle parole furono capaci di colpire nel profondo il piccolo Siri, ma mai quanto il sorriso di JJ, talmente grande e sincero da non lasciare spazio a dubbi. Sì, forse sarebbe potuto essere un ragazzo buio e musone, sicuramente non era la persona più semplice con cui aver a che fare, ma in quel sorriso Sirius vide una speranza di cambiamento: non in Judah - conoscerlo significava accettarlo così com'era, pregi e difetti - quanto più nel loro rapporto. Vide, nel suo sorriso, la speranza di un rapporto che finalmente non fosse basato sull'utilità. « Tutte le volte che ci va! » gli rispose a tono, mostrandogli un sorriso ugualmente sincero ed entusiasta, perché lo era. La prospettiva di conoscere un ragazzo carino come JJ Carrow, forse perfino di frequentarlo!, riusciva ad elettrizzarlo. E si sa, un Siri elettrizzato è uno tsunami annunciato. « Tipo... ora! » Con una mano si sistemò meglio lo zaino che aveva sulle spalle e con l'altra, da abile cacciatore, acciuffò la mano di Judah per tirarselo contro mentre iniziava a correre per il vicolo acciottolato.

    Perché sprecare una notte così bella?, si era detto lì per lì Sirius. Oramai anche l'ultimo barlume di stanchezza era evaporato dal suo corpo giovane e l'ebbrezza di avere a portata di mano proprio quella persona che aveva ruotato nei suoi pensieri da tempo, non riusciva a farlo stare calmo. Non era mai stato un tipo paziente, Siri: voleva tutto e subito, ma senza strafare, senza capricci. Voleva meritarsele, le cose. E voleva meritarsi Judah, ogni racconto che lui avrebbe voluto donargli, ogni piccolo spiraglio sulla sua vita e sulla sua persona. Seguendo i ricordi del bambino che era stato, lo trascinò lungo il vialetto virando di tanto in tanto, oltrepassando i baracconi che negli anni dopo venivano usati per i tiri col fucile e infine, davanti ai loro occhi, apparve una grande giostra. Era buia, impolverata e triste ma si era tenuta per sé, in gran segreto, alcuni tra i ricordi più belli dell'infanzia del piccolo Sirius Potter. Lanciò un'occhiata luminosa a Judah, prima di lasciargli la mano e balzare oltre la bassa recinzione in acciaio, per salire sulla grande giostra rotonda. A passo felpato, Potter si mise a camminare tra macchinine e animali vari, fino ad arrivare all'unico che veramente parve interessargli: un piccolo cavallino bianco, su cui montò a dispetto della polvere e del leggero strato di ruggine sulle maniglie. Quando Judah lo raggiunse, Sirius aveva ancora sul viso quel suo sorriso così particolare, che anche nella malinconia e nella nostalgia riusciva a pescare qualcosa di dolce. Qualcosa di buono. « Questa era la mia giostra preferita.. e volevo salire solo su questo cavallo. Facevo finta che fosse un unicorno. » Già, la prima informazione che voglio darti è quanto poco sia cambiato negli anni. Sono rimasto lo stesso concentrato di fantasia. « Non ho scelto a caso questo posto, sai? E'.. speciale, per me. La casa in cui sto abitando.. che è di mia sorella, ora.. è sempre stata della mia famiglia. Mio padre lavorava qui a Londra e quindi di tanto in tanto ci occupavamo della casa, sai.. cioè, c'è sempre qualcosa da fare, è un po' vecchia. E nei pomeriggi, mi portava qui. » Travolto da un fiume di ricordi, prese a parlargli allora di quegli anni che ancora riuscivano a farlo sentire sereno nonostante fossero ormai ricordi lontani. Gli raccontò di quella famiglia che aveva avuto modo di conoscere stando accanto ad Olympia ma di cui Siri gli offrì uno spaccato diverso, intimo. Gli raccontò di come fosse un bambino vivace, fin troppo vivace, e di quella volta che si era perso nella casa degli specchi e l'avevano dovuto tirare fuori, in lacrime, perché non riusciva più ad uscire. Gli raccontò perché, a conti fatti, quel luogo fosse tanto speciale per lui: perché, in un mondo fatto di magia e cose incredibili, quel parco divertimento così piccolo e intimo gli aveva sempre ispirato normalità. Si accoccolò con le braccia incrociate sulla criniera di plastica dura del cavallo, guardando Judah nella penombra. « Tu ce l'hai un posto speciale? Dai, raccontami qualcosa di te, quello che vuoi.. senza vergogna! Tanto, dopo averti raccontato di quella volta che mi stavo strozzando con una nocciolina e mi hanno dovuto mettere a testa in giù perché stavo diventando color mirtillo, cioè.. non c'è niente di più imbarazzante! » Voleva riuscire a vederlo, il bambino che si nascondeva dietro il viso di quel giovane uomo che già gli piaceva così tanto. Aveva potuto intravedere stralci di infanzia nella bambola di pezza che Mun aveva donato a Jay.. ma di Judah, ammise, non sapeva proprio niente. Qualcosa a cui voleva porre assolutamente rimedio.
     
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