Brave new world

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    "Non hai nemmeno idea di quanto sei stato cattivo con me, amore. Mi hai un sacco indispettita." Albus e Mun: due persone che la vergogna non sapevano nemmeno dove stesse di casa. Lui col mento alzato in aperta sfida, lei a stringere il cavallo dei suoi pantaloni con decisione, il tutto mentre attorno a loro la gente vorticava ignara nel godersi quella serata di svago. Non che loro non se la stessero godendo - anzi, su un piano prettamente tecnico del termine, erano quelli che lo stavano facendo più di tutti. Ma nessuno dei due sembrava intenzionato a cedere terreno, rilanciando di volta in volta la posta in gioco come fosse una partita a poker tra gente fin troppo possidente per preoccuparsi di un'eventuale perdita; non si fece infatti alcuno scrupolo, Albus, a strisciare un po' più giù sulla superficie della sedia, premendo la propria intimità contro la mano di Mun senza mai distogliere lo sguardo color smeraldo dai suoi occhi. "Mmh..davvero?" calcò, decisamente sardonico nel tono di voce, ma con una punta di curiosità sulla meta a cui la ragazza stesse andando a parare. "Adesso sono un sacco triste e delusa. Ma è colpa mia..Mi scordo sempre che le principesse sono future sovrane.. crudeli. Queste in tanto non te le meriti. Sono mie.." A quelle parole, e al suo improvviso gesto di sfilargli gli slip che aveva riposto nella sua tasca, Albus aggrottò immediatamente la fronte, sollevando un dito di fronte al viso come in fare di monito. "Attenta principessa. Lo sai cosa succede ogni volta che mi fai arrabbiare." Eccome se lo sapeva! Ma aveva come l'impressione che non le importasse o che, addirittura, fosse proprio ciò di cui andava in cerca. Non che ad Albus dispiacesse: lui stesso desiderava segretamente che Mun lo sfidasse, così da poter alzare sempre un po' più l'asticella fino alla massima sopportazione possibile. "Ricorda che ti amo tanto.. e ti amerò ancora di più quando mi porterai a casa." Suo malgrado, preso un sospiro, si alzò a sua volta dalla sedia, frugandosi le tasche alla ricerca del pacchetto di sigarette, estraendone una per mettersela tra le labbra. "E a quel punto lo saprà tutta Inverness, quanto mi ami." aggiunse infine, rivolgendole un occhiolino prima di accedere la cicca e allontanarsi verso un punto in cui il fumo non l'avrebbe raggiunta. [..] "Daniel, non ci provare nemmeno. Lo sento che stai cercando di vedermi le carte." Nel calare una scala di re, regina e fante, Albus si ritrovò a ridacchiare sommessamente al tono di estrema minaccia, coronato da un ben riuscito sguardo assassino, che Lyanna Branwell rivolse al compagno di branco. "A parte che mi offende questa tua sfiducia. Ma comunque, se mi avessi dato retta e avessimo fatto le coppie di gioco su una linea di branco contro sin eater, a quest'ora avremmo già vinto." "Barando schifosamente come dei dilettanti, però." Burraco, tavolo da quattro: Albus in coppia con Lyanna, Daniel con Sam. Questa era stata la decisione, proprio per scongiurare la disparità che il legame mentale tra i due lupi avrebbe creato. Ulteriore criterio di scelta, poi, era stata l'esperienza dei giocatori: Scamader. esperto per definizione che sapeva giocare a qualsiasi gioco di carte come un vero pro, era stato messo assieme a Daniel, che nello specifico del burraco era un po' meno ferrato; Albus, che in quanto a perizia in quel particolare gioco era accomunabile al cacciatore, era stato invece messo in coppia con Lyanna, che da brava signorina dell'alta società, il burraco se lo mangiava a colazione. Un testa a testa non indifferente, quello che si era andato a creare tra le due squadre, perfettamente bilanciate tra loro. Con una partita vinta ciascuno, stavano disputando la terza, quella che avrebbe decretato la coppia vincente del tavolo. Calate le carte, scartò e passò la mano a Daniel, che raccolse la carta da lui scartata per calare un tris di assi. "Che sculato di merda." "Ah, e non ho finito, Branwell. Guarda un po' cosa gli attacco al mio amato compagno - quello che, per inciso, tu non hai voluto essere. Toh, burraco pulito." Istintivamente Albus rivolse un'occhiata divertita a Sam, che si limitò a scrollare le spalle. Da che il gioco era iniziato, la sfida sembrava essersi incentrata più su una competizione tra i due lupi che sul vero e proprio gioco. In tutta risposta la rossa alzò un dito medio in direzione del cacciatore, rivolgendo poi un'occhiataccia minacciosa ad Albus. "Se non vuoi che tuo figlio nasca orfano, ti conviene concentrarti." Un giro di tavolo e diverse punzecchiature più tardi, tornò nuovamente ad essere il turno del Serpeverde. Un turno decisivo, in cui tutti i presenti avevano ormai rimasto tra le mani poche carte e che si avvicinava a un finale ancora difficile da decretare per quanto labile fosse la discrepanza tra le due squadre. Estrasse la carta dal mazzo, ritrovandosi ad analizzare con attenzione le scelte che aveva in mano. Fu quasi per sbaglio che le sue iridi verde acqua si sollevarono dal ristretto ventaglio, incontrando alle spalle di Lyanna, poco più lontano, lo sguardo di aperta sfida di Mun. Istantaneamente i suoi occhi andarono a captare la situazione che la vedeva protagonista: lo scollo più in vista del solito, una Morgenstern decisamente brilla e due ragazzi ancora più brilli di lei a un tavolo da biliardo. Nel giro di mezzo secondo la spina dorsale del Serpeverde si raddrizzò come una molla e le sue iridi andarono a tingersi di un verde più intenso. La risposta istantanea delle persone al suo tavolo fu quella di voltarsi nella direzione in cui lo sguardo di Albus era fermo. "No eh. No cazzo, Potter, no." "Oh sì. Ooooooh sì. Quanto ti amo, Carrow. Uuuuuh, che bella sensazione questa. Vai, Albus, gioca gioca, che mi sembri ispirato." "Daniel, non ti ci mettere anche tu, eh. Te ne stai approfittando, brutta testa di cazzo." "Non è vero, lo sto incoraggiando." "Zitto! Devi stare zitto. Non parlare, non respirare, non lo guardare nemmeno." "Ti si stringe il culetto, Branwell? Paura di perdere?" "Non accetto che tu faccia pressione psicologica sul mio partner. Albus, per piacere, lo sanno pure i muri che Mun se la cucirebbe piuttosto che metterti mezzo corno, dai. Finisci questa cazzo di partita in grazia di Dio e poi ti lascerò andare a pisciare intorno alla tua ragazza." Ma era chiaro, ormai, che la concentrazione di Albus fosse totalmente andata nel cesso. E a poco servì il suo sforzo di rimettere la testa nel gioco quando, per pura leggerezza, scartò la carta sbagliata. "IL CIELO E' AZZURRO SOPRA LOCH NESS! CAMPIONI DEL MONDO!" "NOOOOOO, POTTER! SEI UN IMBECILLE." La rossa gettò le proprie carte sul tavolo con evidente astio, frugando poi indispettita nella borsetta per mettersi in bocca una lunga sigaretta sottile e sbuffarne il primo tiro con aria tutto tranne che serena. "Guarda, vai via, non ti voglio vedere per almeno un mese Potter." Normalmente ci avrebbe scherzato sopra, cercando di riconquistare terreno con la compagna, ma a quel punto della situazione era troppo preso da ciò che avveniva al tavolo da biliardo per curarsene. E infatti si congedò velocemente dai compagni di gioco, lasciando una pacca sulla spalla a Scamander prima di mettersi in un angolo dell'ambiente e accendersi un'altra sigaretta. Rimase lì per tutto il resto della partita, fissando Mun con un'espressione totalmente neutrale in volto, segno che qualcosa stava frullando nel suo cervello e che non era di certo un buon auspicio. Come non lo fu anche la maniera in cui le sue iridi si scurirono notevolmente nel vedere il modo in cui la ragazza si chinò sul tavolo da gioco in maniera decisamente eloquente. La festa finisce qui, Carrow. Stava per avvicinarsi al gruppetto quando l'ultima mossa decretò la vittoria delle ragazze e il cellulare di Albus vibrò nella sua tasca. Don't be too angry daddy but I really enjoy my time as a big girl. Velocemente, le dita di Albus scivolarono sui tasti. That's it. We are going home. Secco e conciso. Hope you're proud of me. A quell'ultimo messaggio nemmeno rispose, riponendo il cellulare in tasca con un certo cipiglio irritato prima di vedersi arrivare Mun con la propria vittoria tra le mani. "Sono nei guai?" Senza dire nulla, ma visibilmente adirato, afferrò le chiavi della macchina con un movimento veloce. Quell'ultima mossa di Mun gli aveva dato anche più fastidio del dovuto, al punto da togliergli completamente l'umore di rimanere lì anche solo per altri cinque minuti. Se a livello cosciente sapeva che nulla sarebbe mai potuto accadere a quel tavolo da biliardo, d'altra parte il vedere quei due ragazzi sbavare come cani sulla sua donna - tra l'altro pure incinta - non gli aveva fatto di certo piacere, così come non gli aveva fatto piacere nemmeno guardare come Mun desse loro spago per il puro gusto di innervosirlo. Con quell'umore ben palese sul suo volto, dunque, si diresse di gran carriera verso la nuova macchina, assicurandosi che la ragazza fosse salita prima di salire a sua volta, sbattendosi vigorosamente dietro la portiera prima di allungarsi ad allacciare la cintura di lei e in seguito la propria. Rimase in silenzio per tutto il tragitto, guidando con gli occhi ben puntati sulla strada senza prestare in alcun modo il fianco a Mun, che a quel punto della storia doveva già aver capito di essersi messa nei guai.
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    Una volta giunti a casa, con doverosa sbattuta di porta alle spalle e lancio di chiavi sul mobile dell'ingresso, il moro si decise finalmente a voltarsi verso di lei, fronteggiandola faccia a faccia. "Della partita a carte che mi hai fatto perdere con il tuo comportamento non me ne frega nulla, ma della figura che mi hai fatto fare di fronte ai miei amici..quella non te la lascio passare." Con sguardo cinereo si avvicinò a lei di un altro passo, fermandosi a pochi centimetri dal suo volto, così che le sue parole, pur se sussurrate a fior di labbra con voce roca, potessero essere sentite comunque con chiarezza. "You made daddy look really bad. Now they'll think he can't handle his little girl." Parole che forse, in diverse circostanze, avrebbe pronunciato più goliardicamente, o che non avrebbe pronunciato affatto, ma che in quel momento uscirono tremendamente serie dalle sue labbra. Velocemente le sue dita scattarono a catturare il mento della mora, stringendolo per sollevarlo quanto bastava a impedirle di guardare qualunque altra cosa non fosse il suo viso. "Guardami quando ti parlo." Fece una breve pausa, lasciando che il silenzio con cui la fissava venisse scandito solo dai propri pesanti respiri, ritrovandosi poi a inumidirsi le labbra diventate secche da quel desiderio piuttosto palese nel modo in cui i suoi occhi si erano tinti di un brillante color smeraldo. Si morse il labbro senza pensarci, inclinando appena il capo di lato per passare lo sguardo lungo il suo corpo e riportarlo pigramente ai suoi occhi. "So you think you're a big girl now, mh?" chiese dunque, più retoricamente che altro, sollevando un sopracciglio con aria evidentemente scettica. Scosse il capo, mordendosi il labbro inferiore con più decisione nel contrastare una piccola risata sbuffata tra le narici. Solo a quel punto si allontanò da lei, colmando a passi misurati la distanza che lo separava dal divano per sedervisi sopra a gambe divaricate e, una volta riportato lo sguardo al suo volto, picchiettare una mano sulla propria coscia, come a farle cenno di avvicinarsi. Una volta lì, lasciò che si fosse seduta comodamente sulle sue gambe prima di ribaltarla con una semplice mossa, facendo sì che si ritrovasse con la pancia appoggiata al divano. "Lift your ass up for me, babygirl." mormorò piano, chino al punta da poter parlare al suo orecchio mentre con una mano cominciava ad accarezzare la stoffa di vestito che copriva le sue natiche. Con lentezza, passò la mano verso la propria cintura, slacciandola e sfilandosela dalla vita per allungarsi ancora una volta su di lei, usando la striscia di cuoio per legarle i polsi. A quella visione, un piccolo sorriso affiorò sulle sue labbra, portandolo a sbuffare un piccolo bacio tra i suoi capelli. "For now, you're not allowed to touch daddy." Prese dunque un sospiro, raddrizzando la schiena e arrotolandosi meglio le maniche della camicia sopra i gomiti prima di cominciare a passare la propria mano lungo le sue gambe fino alle natiche, sollevando la gonna del vestito al suo passaggio. Istintivamente un gorgoglio risalì dal suo petto, portandolo a spingere il bacino contro quello di Mun alla visuale del suo fondoschiena nudo sulle proprie ginocchia. Un'eccitazione senza pari, quella di accarezzarne la candida pelle scoperta, preparandola al suo tocco prima di assestarle una prima sculacciata. La prima di diverse altre, date senza fretta alcuna, alternate a carezze dai lenti movimenti circolati atti a lenire il lieve bruciore dei suoi colpi più secchi, dati con una forza calibrata - sempre sulla linea di un dolore che non doveva mai essere eccessivo, ma sempre equilibrato, sempre al limitare di un piacere la cui sola esistenza era quasi paradossale. Solo dopo essersela presa comoda e una volta reputatosi soddisfatto, l'ultimo massaggio lenitivo sulla sua natica arrossata andò a virare lentamente direzione, scendendo tra le sue cosce fino a chiudersi a coppa attorno alla sua intimità, accarezzandola in un lento motivo circolare. Pian piano lasciò che il dito medio scivolasse con facilità dentro di lei, esalando un mugolio compiaciuto nel piegarsi nuovamente sul suo collo. "You're so wet, babygirl. You're making daddy so happy." soffiò a fior di labbra, sul limitare di un sorriso, contro la pelle candida e accaldata del suo collo, da cui poteva sentire il battito cardiaco di lei farsi più potente mentre il suo tocco si faceva di secondo in secondo più ritmato e approfondito. Col respiro pesante spinse il naso ad accarezzare il profilo della sua mandibola, poggiando le labbra nell'incavo del suo collo per stamparvi un leggero bacio, lasciando che i suoi sospiri si infrangessero proprio su quel punto. Lasciò tuttavia scivolare le dita fuori da lei poco dopo, limitandosi ad accarezzarla ancora una volta prima di liberare i suoi polsi dalla stretta della cintura, aiutandola a rimettersi sulle sue ginocchia. Con un sorriso più serena, avanzò una mano ad accarezzare dolcemente il suo viso, scostandole i capelli dietro le orecchie per poter meglio poggiare il palmo sulla sua guancia, avvicinandosi poi a lasciarle un bacio di pura tenerezza sulle labbra. L'altra mano, nel frattempo, andò a raggiungere quella di Mun, conducendola verso lo spazio del proprio petto che la camicia lasciava scoperto. Un altro bacio si posò più a lungo sulle sue labbra prima di distanziarsene appena, strofinando il naso contro il suo. "Fai la brava bambina: togliti i vestiti." Sorrise, sporgendosi ancora una volta verso di lei, quanto bastava a poggiare le labbra sulla sua guancia "Piano." poi sul suo suo collo "Molto.." e infine sul suo orecchio "..molto piano."
     
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    the void of metamorphoses

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    E fu il viaggio più lungo della sua vita. Un viaggio in cui Mun non fece altro che osservarlo nel buio della macchina, non prestando minimamente attenzione a quanta strada avessero fatto. Giocherellava volutamente con la cintura, lasciandola sbattere contro il proprio sterno per ricrearne un rumorino fastidioso, atto forse ad attirare la sua attenzione. Ma Albus, non si voltò nemmeno per un istante e lei non tentò di dirgli niente. Per qualche istante le sue insicurezze arrivarono al punto tale da chiedersi se fosse seriamente arrabbiato per quella bravata, e l'idea che lui non potesse fidarsi di lei abbastanza riuscì a mortificarla a tal punto da distogliere lo sguardo da lui e mettere su un'espressione apertamente offesa. A quel punto se ne pentiva; forse semplicemente quel gioco non faceva al caso loro, forse aveva superato troppo il limite. In cuor suo si era detta non ci fosse nulla di male, ma se il prezzo era quello.. fu tentata di provare a spiegarsi più di una volta durante il relativamente breve tragitto, ma alla fine, per un motivo o per un altro non lo fece. Sei arrabbiato con me? avrebbe voluto chiedergli con un tono di voce decisamente infantile e tutto fuorché malizioso. Più e più volte aveva schiuso le labbra tirando un sospiro frenandosi dal farlo. E qui c'era il confine tra ciò che veniva relegato unicamente al loro gioco, e ciò che effettivamente persisteva indipendentemente. Se aveste chiesto a Mun, avrebbe tranquillamente detto che era un modo come un altro per tenere viva la passione. Lei Albus lo amava tanto quanto facevano l'amore sotto le coperte, troppo stanchi fisicamente e anche psicologicamente per impegnarsi nell'intavolarla troppo, e lo amava altrettanto quando assumeva quel ruolo apertamente dominante. Ma era davvero solo quello? Tanto per? Tanto per avere qualcosa di cui ridere durante la sessione di coccole successiva? Non a giudicare dalla ritualità con cui inconsapevolmente reagiva in determinati frangenti. C'erano momenti in cui entrambi sapevano di giocare, e altri in cui senza nemmeno accorgersene, non lo facevano affatto. C'erano momenti in cui ricercavano quel pallino fisso che sembravano avere, con un sorriso sulle labbra, e altri in cui lo espletavano nei gesti più semplici, senza nemmeno esserne pienamente al corrente. Giunti a casa è ormai certa che litigheranno e la porta sbattuta alle sue spalle è solo il primo dei segnali. A quel punto incrocia le braccia al petto pronta a mettersi in posizione di difesa, ben consapevole che non avrà molto da ribattere a qualunque rimostranza lui avrà da mettere sul piatto. « Della partita a carte che mi hai fatto perdere con il tuo comportamento non me ne frega nulla, ma della figura che mi hai fatto fare di fronte ai miei amici..quella non te la lascio passare. » Abbassa lo sguardo profondamente mortificata, mentre cerca un appiglio da qualche parte sul pavimento in legno, intenta a inumidirsi le labbra, aspettando il momento in cui le sarebbe stato concesso il momento di spiegarsi. E' stranamente paziente, aspetta di lasciarlo sfogare, perché immagina partire all'attacco prima di aver capito cosa gli abbia dato così tanto fastidio da non rivolgerle nemmeno uno sguardo per tutta la durata del tragitto, sia controproducente. Ed è questo che l'ha mortificata maggiormente; l'idea di averlo innervosito a tal punto da negarsi, da negarle metaforicamente uno dei motori della sua esistenza. Le sue attenzioni. « You made daddy look really bad. Now they'll think he can't handle his little girl. » Si morde istintivamente il labbro inferiore mentre il corpo si tende all'estremo colto da un improvviso calore che sale dal bassoventre per propagarsi in ogni cellula di se stessa. « Guardami quando ti parlo. » Colta di sorpresa si ritrovò a scontrarsi con i suoi occhi accesi di una luce maliziosa; deglutì pesante mentre corrugava appena la fronte in una smorfia mortificata, non sapendo esattamente cosa dire. L'autorità esalata da quei pochi gesti, le impedì persino di respirare e colta nuovamente da quella ritualità che sembrava montarle nel petto in quei frangenti si ridusse a cercare di chiedergli scusa con quei grandi occhioni di ghiaccio attraversati da una luce sommersa di una certa servilità e accondiscendenza. Si perde in quello sguardo mortificante e al contempo sembra bramarlo con tutta se stessa, beandosi al contempo del suo ammirarla e ammirandolo a sua volta come fosse l'estrinsecazione stessa del sacro e del profano. « So you think you're a big girl now, mh? » E lo era Mun; lo era nella maggior parte delle situazioni di vita vissuta. Sapeva essere crudele, prepotente e manipolativa. Molta gente l'aveva annoverata nella categoria delle persone che non poteva fare a meno di mettere i piedi in testa a chiunque e passar sopra alle persone come un carro armato. Con Albus invece, grande, non lo era mai del tutto. Nemmeno quando litigavano, nemmeno quando erano colti in un momento prettamente serio. Non lo era stata nemmeno quando ne andava della loro stessa vita. Per una qualche ragione che non sapeva spiegarsi, prevaleva su di lei in ogni aspetto della loro quotidianità. « Mi dispiace.. » Fu l'unico sussurro a malapena udibile quando finalmente la liberò dal suo sguardo dandole le spalle per muoversi nel grande salotto della loro nuova casa. Ed era un tono così mortificato e apertamente docile da farla sentire se possibilmente ancora più in colpa. Come se si sentisse masochisticamente colta dalla consapevolezza di volerlo impietosire. Perché sapeva di essere nei guai e sapeva che non gliel'avrebbe fatta passare liscia. E seppur quella reazione l'avesse istigata volutamente, non poteva fare a meno di lamentarsene nel suo intimo. Trasgredire volutamente le regole, pur conoscendone le conseguenze e lamentarsene lo stesso; un complesso che sembrava quanto mai aderente a molti aspetti della vita di Amunet Haelena Carrow. Lo segue nell'ambiente e ogni suo passo sembra corrispondere a un battito violento del suo cuore. E quando viene invitata a seguirlo, si siede sulle sue ginocchia osservandolo con un timore pregno di attesa, già pronta a mettere gli artigli sul suo busto. Ma non le viene data quella possibilità. Ribaltata di colpo, è costretta a mordersi il labbro così violentemente da sentire il sapore salmastro dei suoi stessi capillari che si spezzano sotto quella pressione, mentre un sospiro decisamente pesante gonfia il suo petto. « Lift your ass up for me, babygirl. » Un brivido reso noto da un leggero tremolio nelle gambe, mentre cerca il suo sguardo da oltre la spalla. Ed esegue, senza se e ma, mentre stringe i pugni non sapendo cosa aspettarsi nel sentire il tintinnio della cintura slacciarsi. Un'attesa lenta, disseminata da un leggero panico, prima che i polsi vengano stretti dalla morsa del cuoio. « For now, you're not allowed to touch daddy. » Un leggero brontolio attraversa il suo petto mentre inarca ulteriormente il corpo verso l'alto. « Ma non è giusto.. » Un lamento talmente infantile, reso noto dallo sguardo frustrato che gli getta da dietro la spalla, senza perdersi lo spettacolo di un rito preparatorio che sa è atto solo a farla impazzire ulteriormente. E poi il primo scocco, contrassegnato dal completo tendersi del suo corpo, mai del tutto pronto al suo arrivo. La cascata di lunghi capelli color ebano costretta sulle spalle dal suo improvviso gettare la testa all'indietro, colta da un gutturale suono esalato sulla scia di un sospiro. Ad ogni colpo, il suo fondoschiena protende un po' più verso l'alto mentre il busto di lei viene colto ulteriormente da profondi spasmi colmi di desiderio. E sulle ultime battute, quella tortura più psicologica che fisica la costringe a piccoli mugolii che si concludono con un gemito prolungato nel sentirlo finalmente parte di sé. « Do you feel better, daddy? » Un gattino che fa le fusa ad ogni piccolo movimento di lui, così pronta e così libera da ogni freno inibitorio nel lasciarlo realizzare quanto la sua azione punitoria l'ha resa ancor più pronta di quanto non lo fosse già. L'attesa e la mortificazione, il motore che più facilmente li corrompeva a rendersi così disposti a tutto. Contrari a qualunque forma di vergogna, Albus e Mun sperimentano l'eros nella sua estrinsecazione più vicina al confine con la malattia. Io di te di certo sono malata. « Spanking me, made you feel better? 'Cause it felt so fucking good to me. » Soave e dolce si stringe attorno a lui, con la consapevolezza che non gliela renderà così facile. « You're so wet, babygirl. You're making daddy so happy. » Un mugolio di piacere sull'orlo di un sorriso colmo di fierezza nel sentire la sua approvazione. Qualcosa che aveva tutta l'aria di una gioia che poteva protrarsi solo ed esclusivamente da un amore che le montava in petto sempre di più. « That's you. It's always you. Only you. » Ad ogni frase il sospiro si fa sempre più pesante mentre la schiena s'inarca ulteriormente. Ma prima che possa concentrarsi su quella sensazione in crescendo, Albus si ferma, obbligandola a posare la fronte contro la superficie in pelle del divano, rilassando lentamente il corpo, fino a incontrare nuovamente col proprio busto il desiderio di lui. Scoppia a ridere appena, lasciandosi liberare i polsi dalla stretta di cui si era persino scordata. I pugni rimasti in tensione per tutto quel tempo, lasciano intravedere sottili linee marcate dall'affondo delle sue stesse unghie smaltate contro la pelle candida sui palmi. E' così facile per lui distrarla. Rimessa a sedere fu finalmente in grado di guardarlo nuovamente in volto. E sulla scia di quel leggero bacio nel frangente del quale chiuse gli occhi, la mano da lui condotta sul proprio petto, la portò a scivolare dal cuore martellante di lui, leggermente più in basso fino a sbottonare il primo bottone utile, e poi un altro ancora, scorrendo infine le mani sul suo addome, fino a raggiungere la schiena. Carezze che s'interruppero assieme al loro bacio. « Fai la brava bambina: togliti i vestiti. Piano. Molto.. molto piano. » Che il suo corpo fosse attraversato da spasmi non era ormai un segreto, e quello fu l'ennesimo, mentre ricercava le sue labbra per l'ultima volta volta, alzandosi. Una leggera spinta contro il suo busto accompagnata da uno sguardo di sfida. « Mettiti comodo. Molto comodo. » Asserisce al suo orecchio mentre posa le mani sulle sue ginocchia. « What daddy wants, daddy gets. » Si muove con estrema lentezza nell'ambiente fino a raggiungere uno degli angoli più remoti della stanza dove hanno istallato il giradischi, così come la loro collezione di dischi, arricchita non poco da quel continuo gironzolare dei ribelli nelle zone più disparate della Scozia. Scoperto quel feticismo dai più vicini alla coppia, chiunque trovasse qualche disco a random glieli portava. E così la loro collezione era stata estremamente rimpolpata, vantando addirittura pezzi decisamente pregiati. Piegatasi con estrema lentezza sulle ginocchia, gettandogli uno sguardo da dietro la spalla, prese a scorrere i dischi fino a trovare uno di suo gradimento inserendolo nel giradischi. Uno dei suoi vinili preferiti. Mae West, un barlume della sensualità degli anni Trenta, un modello di femminilità e attrazione fatale. Si allontana dall'apparecchio, buttando la testa all'indietro mentre torna a fissare intensamente il ragazzo con un sorriso eloquente sulle labbra; giunta di fronte al tavolino in prossimità del divano, vi si siede sopra, accavallando le gambe. Un momento, due, tre, tempo in cui si concede di guardarlo come se volesse mangiarselo vivo, con una passione leonina. « What it is about old fashioned music - soul, blues, jazz - that makes me so fucking slutty? » Una domanda quanto mai retorica scandita nel più elegante british prettamente londinese mentre abbandona quella posizione per divaricare le gambe e togliersi uno alla volta gli stivaletti dal tacco vertiginoso, spostando le mani verso il limitare delle parigine scure, pronta ad abbassarle, prima di ripesarci, scuotendo appena la testa, mentre gli occhi di lei si perdono in quelli di lui. Si alza quindi in piedi, sempre lentamente, salendo sulla superficie in legno senza abbandonare il contatto visivo nemmeno per un istante. Ed è come se avesse un deja-vu. Vinili, lui seduto sul divano, lei intenta a ballare di fronte a lui. Ogni volta con te è la prima volta; e la rievocazione della scena nelle celle, è inevitabile. Ai tempi non sapevano quanto sarebbero durati, non sapevano nemmeno quanti giorni ancora era loro dato vivere. E guarda dove siamo arrivati.
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    C'è una non indifferente tenerezza nel suo sguardo mentre si slega la camicia di lui ancorata in vita, lasciandola cadere lentamente sul pavimento. Ogni movimento attentamente calibrato, mentre muove i fianchi sulle note decisamente rievocanti di Mae. I bottoni sul corpetto del vestito vengono ad uno ad uno liberati, seppur non sia necessario, mentre imperla quella scena con un leggero mugolio atto solo ad attirare ulteriormente le sue attenzioni su di sé. E infine, afferrati i lembi del vestito, quest'ultimo scivola sul pavimento, scoprendo un corpetto di pizzo nero, perfettamente intonato con le mutandine che gli ha sottratto dalla tasca tempo addietro. Lo sguardo si abbassa sul suo stesso corpo con una certa fierezza, mentre le mani accarezzano l'evidente rotondità del suo ventre. Si morde quindi il labbro mentre sospira profondamente. « I don't know, daddy, I really like this one. » Una mano accarezza il pregiato pizzo all'altezza del seno, mentre la voce docilmente infantile torna all'attacco. « But I also like what's under't. They're never getting better then now. Maybe we can find some kind of agreement.. until you'll really need to rip it off. » Salta giù dal tavolo e in una piena rievocazione di un momento che hanno già vissuto, posa nuovamente le mani sulle sue ginocchia e lo guarda dal basso verso l'alto. E a quel punto, le dita staccano le due bretelle, buttandosele alle spalle, per poi scoprirsi lentamente entrambi i seni, senza provare vergogna alcuna nel accarezzarseli nel punto più sensibile, con un teatrale sospirino di troppo. Senza fretta alcuna a quel punto posa le ginocchia a terra finendo un lavoro lasciato a metà, sbottonargli l'immacolata camicia. Ad ogni bottone, si allunga per posare un bacio sulla nuova parte di pelle scoperta, soffermandosi in maniera decisamente cruente al livello dell'ombelico. Mantiene il contatto visivo mentre cerca le sue mani per intrecciarvi le dita, premendo al contempo col proprio petto contro la sua intimità, ben consapevole di muoversi volutamente avanti e indietro col proprio sterno contro di lui. « Does it hurt to be so hard for your babygirl? » Un sussurro prima che la punta della lunga disegni una leggera linea lungo l'orlo dei pantaloni. E a quel punto morso il bottone afferrando un lembo di pelle, pare stia andando oltre. Ma a quel punto si allontana, strofinando la guancia contro l'interno della sua coscia mentre le mani corrono lungo le sue gambe fino a raggiungere le sue scarpe. Ne slega i lacci con estrema lentezza mentre un sorriso divertito affiora sulle sue labbra. « Bisogna fare le cose per bene. » Lo libera di una delle due sfilandogli il calzino per abbassarsi e posare un leggero bacio sulla sua caviglia. Con lo stesso ritmo decisamente atto a una lenta tortura psicologica, compie lo stesso rituale per l'altra gamba prima di raddrizzare di scatto la schiena in un gesto improvviso. Mun nutre Albus della sua stessa medicina, ben consapevole di non essere da meno. Ed è questa la loro più grande peculiarità. Seppur in un moto continuo di gelosie e insicurezze, nel profondo, sanno che da nessuna parte starebbero meglio. E ogni volta è la prima volta, ogni volta è una tabula rasa con solo in più una consapevolezza sempre maggiore di loro stessi e un amore sempre più crescente l'uno nei confronti dell'altro. Ed è questo ciò che prova Mun in quel preciso istante, mentre lascia scorrere le dita lungo le sue gambe fino a raggiungere l'orlo del suoi pantaloni, sbottonandoglieli finalmente, per aiutarlo a liberarsene, tanto di quelli quanto dei boxer. E a quel punto si prende un momento per osservarlo, in tutta la sua bellezza marmorea. Camicia completamente sbottonata, capelli arruffati, e quello sguardo che promette il mare e le stelle. Protratto il volto in avanti, lo stuzzica, ci gioca, soffia sopra alla sua intimità posando candidamente il mento contro la sua coscia. La mano prende a stuzzicarlo con movimenti sempre più ritmati, mentre sbatte le ciglia in modo eloquente, lasciandogli intendere che è sul punto di andare oltre più e più volte. Arriva persino a strofinarvi appena in un movimento leggero come una piuma la guancia contro di lui, prima di allontanarsi, spingendosi velocemente con le gambe lontana dal divano. « Non so se te lo meriti.. » Asserisce infine con un sorriso decisamente eloquente mentre inclina la testa di lato. « Sei sempre cattivo, ridi sempre di me.. tu mi prendi in giro. » Un broncio colmo di pathos sostituisce il sorriso prima di inumidirsi le labbra. « E poi mi metti in difficoltà quando siamo con i nostri amici. » Annuisce tra se e se con fare convinto. Un teatrino decisamente adorabile, considerando che divarica le gambe sempre di più, mano mano che striscia all'indietro sul pavimento. « Maybe daddy should be punished too. » Uno sguardo eloquente, mentre allunga le gambe sul pavimento, accavallandole una sopra l'altra. « Maybe daddy should finish by himself. » Uno sguardo di aperta sfida nella sua direzione mentre si morde il labbro inferiore dondolando le gambe da una parte e dall'altra con un sorriso divertito.




    Edited by blue velvet - 17/6/2018, 19:36
     
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    "Mettiti comodo. Molto comodo. What daddy wants, daddy gets." Albus avrebbe sempre detto che era un gioco, quello che stavano facendo anche in quel momento. Uno stupido gioco da camera da letto buttato lì per il puro gusto di mettere un po' di pepe alla loro quotidianità. Eppure entrambi i giocatori sembravano prenderlo con fin troppa serietà per farlo rimanere solo un gioco. Tutto era iniziato nelle celle, quando Mun lo aveva chiamato per la prima volta con quell'ambiguo appellativo: daddy. Sul momento, il ragazzo ne era rimasto sorpreso: non se lo aspettava, non lo aveva programmato, di certo non era stato suo intento il sentirselo dire. Eppure gli era piaciuto. Aveva provato un piacere tutto nuovo nel parlarle in quel tono, nel darle un paio di sculacciate e nel sentire la sua tenera risposta a quei suoi comportamenti. Un piacere che aveva del soddisfacente, come se finalmente avesse raggiunto ciò che per anni e anni aveva cercato senza nemmeno sapere di cercarlo. E tutt'ora, Albus, queste cose non le avrebbe sapute dire a parole, ne' tanto meno comprenderle in maniera lucida all'interno della propria testa. Avrebbe continuato a spiegarle come un gioco che iniziava e finiva nel momento in cui loro lo decidevano. Ma in realtà quella dicotomia impregnava la loro vita quotidiana sin dai gesti più piccoli; anche il solo modo in cui lui le aveva allacciato la cintura una volta salita in macchina ne era la prova - e come quello, tanti altri piccoli gesti apparentemente di poco conto. Alcuni avrebbero potuto pensare che un simile comportamento fosse indice di un'indole bisognosa di sottomettere il prossimo per esaltare se stesso, quando a ben vedere, nel suo profondo era tutto il contrario. Quel modo di parlarle, quel modo di toccarla, tutto era un muto atto di venerazione nei confronti di Mun, tutto ruotava intorno a lei - alla sua principessa. Non importava se si trattasse di una punizione o di un premio, lei ne era comunque il centro focale, messa su un piedistallo dal quale Albus poteva ammirarla in ogni sua sfaccettatura, beandosi di rimando delle certezze che lei gli dava in cambio. Non era un'arcaica cultura del possesso quella a prendere il sopravvento nel Serpeverde, quanto piuttosto il bisogno di esprimere un tipo di affetto così tenero e incondizionato da andare particolarmente vicino a quello paterno. A lui piaceva sentirsi importante per lei, gli piaceva sentire di poterla proteggere, di potersi occupare di lei, di poterla rendere felice con le proprie attenzioni. Gli piaceva più di qualsiasi altra cosa, e quindi le dava tutto, ricevendo in cambio i suoi sorrisi, le sue carezze e soprattutto il suo amore incondizionato. Nient'altro aveva davvero più importanza di ciò. Tutto si riduceva a questa dinamica, a questo tipo di bisogno. Quello che succedeva nella loro intimità altro non era se non un'estrinsecazione portata all'estremo di questi sentimenti che del perverso avevano ben poco. E infatti, sebbene i suoi occhi fossero illuminati di malizia, non c'era alcuna perversione nella maniera attenta in cui la seguivano passo per passo nell'ambiente, accarezzando con lo sguardo ogni suo movimento e beandosi della sensazione che ciascuno di essi fosse fatto solo ed esclusivamente per lui. "What it is about old fashioned music - soul, blues, jazz - that makes me so fucking slutty?" Un sorriso sardonico andò a tingere le sue labbra mentre, istintivamente, si chinava in avanti, poggiando i gomiti sulle proprie ginocchia per godersi lo spettacolo di lei più da vicino. Scosse appena il capo, come a scansare le sue parole. "You're not slutty, princess..but you're my little slut for sure." disse, rivolgendole un veloce occhiolino sull'orlo di quel sorrisino sghembo, maliziosamente compiaciuto tanto dai suoi movimenti quanto dalle sue parole. E forse, ad occhio esterno, qualcuno avrebbe visto le sue come frasi degradanti, atte a stabilire un certo predominio - ma non era assolutamente quello il suo obiettivo. Stuzzicarla, e farsi stuzzicare di rimando, anche con espressioni colorite, era la cifra di un rapporto in cui il rispetto e la premura vicendevole erano così forti da far sì che parole del genere venissero prese da entrambi come una sfumatura eccitante, senza mettere a repentaglio in alcun modo i valori che entrambi avevano. Lasciò rilassare la schiena sul divano solo quando la vide salire sul tavolino, ondeggiando al ritmo della musica nel mentre di togliersi i vestiti con la lentezza che lui le aveva chiesto. Non abbassò nemmeno per un istante lo sguardo dai suoi occhi, fissandola con uno sguardo tra il famelico e il deliziato, con la testa appena inclinata e un sorrisino compiaciuto sulle labbra. Puro istinto, quello di divaricare appena le gambe, scivolando un po' più giù sulla superficie del divano, come a voler mettere ulteriormente in evidenza ciò che evidente lo era già. "I don't know, daddy, I really like this one. But I also like what's under't. They're never getting better then now. Maybe we can find some kind of agreement.. until you'll really need to rip it off." Scandagliò il suo seno con espressione pensosa, mordendosi l'interno del labbro inferiore come se stesse cercando di decidersi sul da fare. "Maybe you should get a little bit closer, so daddy can see what to do about it." E in perfetta risposta a quelle parole, pronunciate sull'alzare eloquente di un sopracciglio, Mun scese dal basso tavolino, posizionandosi in ginocchio nello spazio lasciato libero tra le sue gambe. Non proferì parola nel guardarla disfarsi dell'ultimo capo di abbigliamento, non ne aveva bisogno: tanto la luminosità delle sue iridi quanto il suo respiro pesante parlavano più delle mille frasi che avrebbe potuto pronunciare a riguardo. Si limitò semplicemente ad inclinare un po' più il capo, compiaciuto da quel piccolo spettacolo che faceva pompare il sangue nelle sue vene con una forza prepotente, defluendo al di sotto del suo addome al punto da fargli avvertire il fastidio della costrizione dei pantaloni come quasi piacevole. Tutte sensazioni che non fecero altro che acuirsi nel momento in cui sentì le mani di lei scivolargli sulla pelle del busto, slacciando un bottone dopo l'altro della camicia al loro passaggio. Istintivamente, quando arrivarono al suo ombelico, il moro cominciò a boccheggiare, emettendo un piccolo suono gutturale di aspettativa prima di mordersi con violenza il labbro inferiore, tuffando le dita di una mano tra i capelli corvini di lei per stringere appena la presa. Ma lei non glielo lasciò fare, intrecciando le proprie mani alle sue mentre lo torturava col proprio busto al punto da provocargli un altro gorgoglio di piacere, questa volta in un suono che fuoriuscì dalle sue labbra simile a un ringhio animalesco di pura eccitazione. "Does it hurt to be so hard for your babygirl?" E in quel preciso istante, la risposta venne dalla semplice reazione del ragazzo al contatto della lingua di lei sulla sua pelle: si tese come una corda di violino, andandole incontro con il proprio bacino mentre un sommesso mugolio di frustrazione fuoriusciva dalle sue labbra. "Bisogna fare le cose per bene." "You are acting very bratty, babygirl." fu il suo unico commento prima che lei cominciasse lentamente a svestirlo, prendendosi tutto il tempo del mondo in quella che sembrava una vera e propria tortura per il ragazzo, che continuava tuttavia a tenere lo sguardo ben piantato su di lei, mentre nelle sue iridi si muoveva un mare tempestoso che andava a scurirne il colore, iniettandolo di desiderio nel suo stato più selvaggio. Una volta libero dai propri indumenti, il suo sguardo sembrò andarsi a piantare con più decisione sul volto di Mun, sorridendole con una certa certa compiacenza: mai come in quel periodo, e mai come con Mun, Albus si era sentito davvero sicuro di sé e del proprio corpo. Fino a qualche mese prima, prima ancora del lockdown, si era sempre visto come il tipo di ragazzo che per forza di cose doveva puntare su un'attrattiva più mentale, fatta di movenze e parole, di personalità piuttosto che di fisico. Brutto, chiaramente, non ci si era mai visto - anche perché i fatti lo avrebbero smentito apertamente a riguardo. Ma di sicuro aveva sempre pensato che il suo viso fosse l'unica vera parte del proprio corpo ad essere in un certo senso attraente. Mun aveva cambiato la percezione che il ragazzo aveva di se stesso, e pian piano quella visione che si stampava negli occhi di lei era diventata sempre più reale, andando a disegnarsi anche nello specchio ogni qualvolta Albus vi incontrasse la propria immagine riflessa. Mun lo aveva cambiato, il lockdown lo aveva cambiato, e infine anche l'Ordine della Fenice lo aveva cambiato. L'insicurezza del confronto con i più prestanti compagni sportivi era andata pian piano a sbiadire, modellando il suo corpo asciutto in una forma più aitante, più simile al canone di una statua di gusto classicista. E ne andava tremendamente fiero, senza nemmeno prendersi la briga di nasconderlo. Infatti non lo fece, lasciando tranquillamente trapelare l'orgoglio che provava nel farsi guardare da lei, nel mostrare in tutta la propria interezza il prodotto di quel lungo viaggio più mentale che fisico. Pian piano fece scivolare la mano dalla sua, tornando ad accarezzare i suoi capelli, scostandoglieli dal viso e stringendoli tra le proprie dita mentre lei lo stuzzicava senza pietà alcuna, provocando gemiti e gorgoglii risalenti dal suo petto fino alle sue labbra. "Please baby..I need your mouth." esalò quasi senza voce, col tono di un lamento doloroso, ottenendo come solo risultato quello di vederla scivolare lontano da lui - gesto che fece comparire una smorfia decisamente contrariata sul suo volto. "Non so se te lo meriti..Sei sempre cattivo, ridi sempre di me.. tu mi prendi in giro. E poi mi metti in difficoltà quando siamo con i nostri amici. Maybe daddy should be punished too. Maybe daddy should finish by himself." Sollevò automaticamente un sopracciglio, come a interrogarla su
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    ciò che aveva appena detto, lasciandole intendere quanto lo ritenesse sfrontato da parte sua. "Ah, quindi è così?" chiese, più retoricamente che altro, con un misto di offesa e ironia sardonica nel tono di voce mentre si alzava dal divano, lanciandole uno sguardo carico di sottintesi prima di sparire oltre la porta della cucina. Con le idee già ben chiare si avvicinò al largo frigorifero, aprendo lo sportello del congelatore per estrarne il secchiello in cui tenevano un mucchietto di cubetti di ghiaccio pronti per ogni occasione. Normalmente si trattava di tenere in fresco il vino sulla tavola, o di lenire alcune more con cui di tanto in tanto Albus tornava a casa dopo un'intensa giornata di lavoro; ma in quel caso era evidente che l'uso che ne avrebbe fatto sarebbe stato per tutto tranne che per necessità. Quando tornò in salotto col proprio bottino, poggiò il secchiello di alluminio sul tavolino basso con un botto sonoro atto a preannunciarle ciò che stava per avvenire. E, ad annunciarlo, fu tanto quello quanto il suo sguardo fermo coronato da un piccolo sorrisino sghembo su cui aleggiava una sfumatura di malizia. "It looks like this little girl hasn't yet learnt how to behave properly. Maybe daddy wasn't clear enough with her." cominciò a dire, chinandosi sulle proprie ginocchia per portare il viso di fronte a quello di lei, allungando una mano ad accarezzarle con tenerezza una guancia, sebbene sul suo volto fosse dipinta un'espressione dai tratti ironicamente delusi. Si ritrovò anche a scuotere il capo, sospirando tra sé e sé. "You always take advantage of daddy's soft spot for you." riprese, a voce estremamente bassa e roca, prima di allungarsi verso di lei con lo stesso andamento di un felino, insinuandosi tra le gambe fino a intrappolarla tra il proprio corpo e il bordo del tavolino. Col viso a pochi centimetri dal suo e lo sguardo costantemente fisso nei suoi occhi, soffiò le parole successive a una distanza millesimale dalle labbra della mora "So now he'll take advantage of yours." E con quelle parole marcò la mossa seguente, avvolgendole un braccio attorno alla vita e facendo presa con la mano libera sulla sua coscia per sollevarla con facilità da terra, ponendola sul tavolino e spingendo il corpo contro il suo quanto bastava a farle aderire la schiena contro la superficie di legno. Nel frattempo allacciò le gambe di lei attorno al proprio busto, muovendo il bacino in un movimento atto a stuzzicare la sua intimità con la propria. A quel contatto piacevolmente calcato, il sorriso sul volto di Albus si fece leggermente più largo, trasformandosi poi in un'espressione di simulato stupore. "Fuck! You really want daddy to take you right on this table." soffiò sul suo viso, ridacchiando tra sé e sé. "You are fucking dripping all over me right now." parole che andarono a calcare ulteriormente quel movimento sempre più pressante contro l'esterno della sua intimità, illuminando i suoi occhi di pura delizia alle reazione che suscitava nel corpo di lei. In un moto di eccitazione si avventò famelico sulla sua bocca, lasciandovi trapelare prepotentemente la propria lingua prima di morderle il labbro inferiore, tirandolo appena. Lo sguardo guizzò istintivamente nel suo, rivolgendole un veloce occhiolino e un sorriso sardonico per poi distanziarsi quanto bastava a raggiungere il secchiello per tuffarvi dentro una mano, estraendone un cubetto di ghiaccio. Con una mano poggiata sullo sterno di lei a tenerla ancorata al tavolo, raddrizzò la schiena, osservandola per qualche istante a capo inclinato, scandagliando attentamente ogni centimetro del suo corpo. Solo allora avvicinò il cubetto alla punta del suo seno, passandovelo sopra in lenti movimenti circolari, facendo attenzione a mantenere il bacino lontano dal suo per non darle soddisfazione in quell'atto. Lentamente fece scivolare il cubetto verso l'altro seno, accarezzando con una mano quello che aveva appena lasciato. "Hold still, babygirl." sussurrò piano, tutto intento ad osservare con interesse famelico il modo in cui il ghiaccio si scioglieva a contatto con la sua pelle calda e il modo in cui quest'ultima rispondeva a quel tocco. Tutte cose che provocavano in lui una compiacenza piuttosto evidente dalla maniera in cui si passò la lingua a inumidirsi le labbra, mordendosi quello inferiore nell'atto di osservarla attentamente. Una volta che il cubetto si fu totalmente sciolto, lasciò scivolare entrambe le mani sui suoi seni, stringendoli e accarezzandone con il pollice i punti più sensibili. Solo allora si chinò nuovamente su di lei, avvicinando le labbra alla punta di uno di essi, avvolgendola quanto bastava a permettergli di attuare un accennato risucchio, passandovi sopra la lingua con instancabile lentezza. Lo sguardo sempre sollevato nel suo era tutto intento ad assorbire ogni sua attenzione, ogni sua reazione, nutrendosi dell'eccitazione di lei come se fosse il cibo più dolce al mondo. E lo era, almeno per lui. Albus viveva letteralmente per quegli sguardi, per sentirla provare piacere nella consapevolezza di essere lui quello a provocarglielo. Non c'era nulla al mondo che preferisse a quella sensazione: compiacerla, in una maniera o in un'altra. Solo dopo essersi assicurato di averla portata al punto di saturazione si distanziò da lei, stampando un bacio leggero su ciascuna delle due punte dei suoi seni prima di allungarsi a prendere un altro cubetto, questa volta scoccandole uno sguardo che tradiva l'eccitazione del prossimo passo. Perché a quel punto era chiaro dove sarebbe andato a parare. Tuttavia non lasciò che la foga lo travolgesse, lasciandola a marinare per qualche istante nella sua stessa aspettativa prima di poggiare il ghiaccio sul suo ombelico e trascinarlo lentamente verso il basso a disegnare una linea che arrestò la sua corsa sull'intimità di lei. A quel punto, facendo scivolare le ginocchia indietro per crearsi più spazio, chinò il capo su di lei, inglobando tanto il cubetto quanto la pelle su cui poggiava tra le proprie labbra. Senza pietà alcuna, lasciò che quel contrasto tra caldo e freddo si fondesse sulla sua lingua, stringendo la presa delle mani sulle gambe di lei per porsele sulle spalle, intensificando quel contatto che si tradusse in un lento risucchio di quel ghiaccio che si scioglieva ad alta velocità, mischiandosi agli umori di lei. Un gorgoglio di approvazione sfuggì dalle sue labbra impegnate, portandolo a passare la mano sulla sua coscia in una lenta carezza fino a raggiungere il punto in cui la sua bocca si muoveva a creare un contatto profondo. Una volta sciolto completamente il ghiaccio, se ne distanziò di pochi centimetri, giusto il tempo necessario a far scivolare prima il medio e poi l'anulare dentro di lei, con una facilità ormai evidente. "You taste so good, babygirl." disse piano, con lo sguardo fisso nel suo, mentre si passava platealmente la lingua sulla labbra prima di chinarsi su di lei ancora una volta, coordinando il movimento delle dita a quello della lingua. Non c'era alcuna pietà nella lenta tortura che le stava imponendo, ma che di secondo in secondo si faceva più profonda e pressante, aumentando gradualmente anche in velocità fino al punto in cui le sue dita furono completamente immerse in lei, muovendosi a ritmo veloce e costante solo al suo interno. Ancora una volta, staccò le labbra da lei solo per alcuni istanti necessari a parlare. Please baby, daddy needs you to come for him. He really wants to taste your sweet princess' cum. Poche parole, dette senza fiato, prima di tornare a lei con ancora più intensità di prima, usando la mano libera per stringere la presa sulla sua coscia con morbosità. Perché in fin dei conti era quello il succo di tutto quanto: il desiderio lancinante di sentirla completamente sua, dandole nell'atto stesso la prova evidente del fatto che lui, a sua volta, non era altro che suo.
     
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    Nessuno prima di Albus Potter le ha mai mostrato un desiderio tanto ardente. Un motore senza precedenti che sembra spazzar via persino le insicurezze più profonde della giovane Carrow. Lei che allo specchio si è sempre guardata con un misto di disapprovazione e autocritica sfrenata, riusciva finalmente a scoppiare a ridere ogni qual volta lui alzasse gli occhi al cielo di fronte alle sue continue lamentele su quanto non le andasse bene questo e quell'altro di se stessa. E poi c'erano quei momenti, i momenti più intimi, quelli in cui vuoi non vuoi sei vulnerabile e potente allo stesso tempo; in quei momenti Mun si sentiva la donna più bella del mondo, la più fortunata, perché il modo in cui Albus la desiderava non era nemmeno lontanamente paragonabile a qualunque altra esperienza avuta prima. Se le dovessero mai chiedere che cosa ama di più di lui, risponderebbe senza se e ma che fisicamente più di ogni altra cosa ama i suoi occhi. Naturalmente espressivi, ma soprattutto incapaci di mentire. Quella loro natura mutevole, all'inizio era stata difficile da comprendere per la Carrow. Ne restava sempre affascinata dal modo in cui reagivano a determinate situazioni, il modo in cui naturalmente lasciavano trasparire emozioni che la piccola Carrow ancora non era in grado di decifrare. Poi, lentamente, col progressivo conoscerlo, ne era rimasta ancor più rapita della loro natura; c'era nelle pieghe delle sue iridi una sostanza che semplicemente rispondeva in maniera decisamente sorprendete a lei e solo a lei. E così, ogni qual volta li vedeva così sgargianti eppure illuminati da una luce di pura malizia, Mun si sentiva così tanto desiderata da non riuscire nemmeno a contenere l'orgoglio che le provocava sentirsi l'oggetto di così tanta necessità e urgenza. « Ah, quindi è così? » Uno sguardo immacolato, degno delle migliori interpretazioni delle attrici di Hollywood, quello sbattere le ciglia mentre gli sorride angelicamente stringendosi nelle spalle. Lo vide sparire oltre l'ingresso della cucina e lì sospirò gettando la testa all'indietro, massaggiandosi al contempo con la solita premura quel lieve pancione che le suscitava sempre un misto di amore e tenerezza. « Amooooore! Eddai non te la prendere. » Asserisce in un lamento apertamente divertito, sospirando appena prima di vederlo ritornare con il secchiello del ghiaccio. Una scena che la porta a scoppiare a ridere senza nemmeno volerlo. E prima che lui potesse raggiungerla, si portò una mano alla bocca osservandolo intenerita. « Lo trovo un rimedio un po' estremo.. » Asserisce fissando prima il secchiello del ghiaccio e poi la specifica parte di lui che era stata in precedenza mortificata più del necessario. Un insinuazione che sapeva già da sé fosse quanto mai lontana dalla realtà, ma quel permettersi di prenderlo in giro fu quanto mai necessario di fronte a una dinamica in cui entrambi ridevano l'uno dell'altro, in un misto di amore e tenerezza. Stavano imparando Mun e Albus insieme, persino a ridere di se stessi, prendersi un po' meno sul serio. Tutto ciò che prima mi dava fastidio, con te non mi dà fastidio. E non era un permettere all'altro di approfittarsene delle debolezze dell'altro, quanto piuttosto paradossalmente superarle. « It looks like this little girl hasn't yet learnt how to behave properly. Maybe daddy wasn't clear enough with her. You always take advantage of daddy's soft spot for you. » Il siparietto finì con la stessa velocità con cui era iniziata riportandola a un'espressione seria, colma di un'attesa ben dipinta negli occhi espressivi che non riuscivano a smettere di vagare senza vergogna ancora lungo ogni centimetro del suo corpo. La distanza quasi inesistente tra le loro labbra, la portò istintivamente a inarcare la schiena e protrarsi sempre di più in avanti alla ricerca delle sue labbra. « So now he'll take advantage of yours. » Un sospiro decisamente troppo pesante si infranse sul volto del ragazzo mentre chiudeva gli occhi cercando in tutti i modi di tenere fede a quel gioco senza avventarsi come un piccolo felino su di lui. Lo lasciò insinuarsi tra le proprie gambe, muovendo la testa a destra e a sinistra, per tentare di rilassare i muscoli. Albus la teneva tesa come una corda di violino. « Does it mean you'll take advantage of yourself? » Chiese mentre si lasciava sollevare da terra con un sorriso malizioso. « 'Cause you are my soft spot, daddy. » Lo sguardo si fece più eloquente nel ricercare il suo su quelle parole. La malizia venne traforata per un istante da una dichiarazione che andava ben oltre il loro semplice gioco. Parole che Mun sentì con una potenza viscerale mentre ricercava le sue braccia per ancorarvisi, accarezzando la sua pelle con un misto di necessità e urgenza. Ma non appena lo sentì toccare il suo punto più debole, quella dichiarazione d'intenti scemò sotto forma di un improvviso mugolio sulla punta di un sospiro pesante. « ..maybe that too. » Spingendo istintivamente il bacino contro il suo alla ricerca di un contatto più approfondito, mentre la sola idea di essere a vicina un'unione completa delle loro singole individualità le provoca dolci tremolii in tutto il corpo. « Fuck! You really want daddy to take you right on this table. You are fucking dripping all over me right now. » Quelle parole, se possibile la uccisero letteralmente ancora di più, a tal punto che non poté fare altro che abbandonarsi con la schiena sul tavolo gettando uno sguardo implorante tanto a quei gesti quanto a lui, guardandolo dritto negli occhi nella speranza che mettesse fine a quella agonia. Ed era una tortura talmente colma di pathos da obbligarla a gettare la testa all'indietro, abbandonandosi a una serie di gemiti che ancora una volta la portarono così vicina al culmine da aggrapparsi con le mani ai bordi del tavolo, tentando di farlo avvicinare ulteriormente grazie alle gambe ancorate attorno ai suoi fianchi. Evidentemente il ragazzo aveva tuttavia piani diversi, e interrotto quel contatto si obbligò e mordersi il labbro inferiore in una morsa ferrea, impossibilitata dal dire alcunché. Venne letteralmente catturata dalle sue labbra, portando il braccio attorno al suo collo per trattenerlo il più a lungo possible in quel bacio che non si vergognava di esplorare la sua bocca all'ennesima potenza. A quel punto l'attesa era diventata tale da far confluire nel suo corpo una serie di scariche elettriche che avevano tutta l'aria di renderla decisamente impaziente. E tremolante continuò a esserlo anche quando il cubetto di ghiaccio prese a mortificarle i seni, obbligandola a inarcare nuovamente la schiena nonostante la pressione esercitata sul suo sterno. « Hold still, babygirl. » E osservò quel cubetto sciogliersi riuscendo a contare i secondi del suo veloce consumarsi mentre tentava inutilmente di attirarlo a sè. « You are.. fucking.. ruthless. » Parole spezzate da sospiri pesanti e da un battito del cuore sempre più martellante, mentre tentava di rilassarsi con una certa difficoltà. Nell'ordine della tortura, non sapeva se fosse peggio chiudere gli occhi, osservare il ghiaccio sciogliersi, oppure osservare lui così interessato al passaggio di stato di stato dell'acqua. Tortura che s'intensificò non appena il ghiaccio venne sostituito dalle sue labbra. Intrecciò istintivamente le dita tra i suoi capelli lasciano aderire completamente il proprio corpo contro quello di lui; il calore da lui emanato andò a sommarsi al proprio, provocandole paradossalmente la pelle d'oca ancor più di prima. Così sensibile a ogni movimento volontario e involontario di lui, era completamente assoggettata e ogni contatto fisico lo riguardasse. Quello stuzzicarla, lento e costante, non faceva altro che provocarle sensazioni sempre più burrascose, tremiti che richiedevano un contatto che evidentemente lui non aveva ancora intenzioni di soddisfare. Non aveva idea, Mun, se aveva voglia di scoprire cosa intendesse fare il ragazzo con il secondo cubetto di ghiaccio. Era stata stuzzicata così a lungo sin dagli esordi della festa che ormai ogni piccolo passo falso l'avrebbe portata all'apice di quel climax che di certo era durato più che mai. Volente o nolente il suo corpo era in tensione; scattò infatti come una molla quando il ragazzo poggiò il cubetto all'altezza dell'ombelico, lasciandolo scendere lentamente finché non raggiunse il suo punto più sensibile. E lì sulle prime la sensazione fu strana, di conforto e per un secondo gettò la testa all'indietro rilassando i muscoli mentre accarezzava lascivamente il braccio del ragazzo. Ci volle tuttavia poco prima che il carico da mille incalzasse all'attacco. E così, quando al freddo che bruciava sulla sua pelle si aggiunge la bocca di lui, Mun esalò un primo mugolio acuto che venne velocemente sostituito da un altro e un altro ancora mentre sentiva il bisogno di spingersi sempre di più contro la sua bocca impigliando le dita tra i suoi capelli, dapprima impegnate in una dolce carezza per poi esercitarne una presa sempre più prepotente man mano che i suoi muscoli si tendevano sempre di più. « You taste so good, babygirl. » Un complimento che trovò la sua risposta in un lamento contraddistinto da poche semplici parole. Please daddy, could you please make me come? C'è una bellezza indescrivibile nel modo in cui si prende cura di lei, un topos quello, che Mun ha provato molte meno volte di quanto l'ha visto provare. Non ha mai giudicato nessuno per non sentirsi di scendere tra le gambe di una donna, ma la Carrow dal canto suo, era certa che non ci fosse cosa più eccitante del vedere un uomo pronto a inginocchiarsi al cospetto della propria donna. Denota carattere, altruismo, e anche un'intrinseca dose di egoismo. Perché lasciar che l'altro goda di se stesso a tal punto mentre lo si osserva, è il momento di massima potenza di colui che è artefice di quel piacere. Del suo piacere Mun si è spesso vergognata, non che ci fosse uomo al mondo che trovasse fuori luogo l'apice di una donna. Tuttavia alle ragazze, soprattutto a quelle della loro società, viene spesso insegnato che eleganza e bellezza sono la naturale estensione della discrezione o viceversa. A quel punto non le importava più quale fosse la progressione di quel ragionamento, forse se lo era volutamente scordata. E quindi pur presa in quel giro di sospiri spezzati, col labbro intrappolato tra i denti e le dita ancorate ai bordi del tavolo, Mun riesce comunque a osservarlo, a godere di quell'immagine più di quanto goda delle stesse non indifferenti scosse che percorrono il suo corpo in un crescendo sempre più ampio. Please baby, daddy needs you to come for him. He really wants to taste your sweet princess' cum. E se Albus pensava ne avesse ancora per molto si sbagliava, perché quelle parole, pochi movimenti e quello sguardo, bastarono perché Mun non riuscisse più a trattenersi, dando sfogo a un gemito che risuono contro le pareti del salotto, portando il suo corpo a tendersi talmente tanto da impazzire, riversando senza vergogna alcuna tutta quella tensione e desiderio che aveva accumulato per tutta la giornata, sognando e fantasticando solo ed esclusivamente su quel momento. Non ricordava se il suo corpo aveva mai risposto a qualcuno in quella maniera, al di fuori di se stessa, ma sapeva che se anche fosse stato in grado di farlo, ad arrivarci non ci era mai arrivata, sentendosi messa perennemente a soqquadro dalla società impostata in cui viveva. Il sesso, a Mun, è sempre piaciuto, e le voci su quanto le piacesse erano corse a sufficienza perché vi restassero ben pochi dubbi in proposito. Ciò che Mun non aveva ancora imparato, è che far l'amore è ancora più bello. Ci sono persone che giudicano l'amore intimo tra due persone, quanto meno in dinamiche prettamente meccaniche, diverso da una sveltina. La verità è che far l'amore nel vero senso della parola, non è dover modificare se stessi e appianare le dinamiche del gioco per abbandonarsi a contenziosi più soffusi; far l'amore significa invece forse avere migliaia di sveltine con la stessa persona di cui ci si fida a tal punto da non trattenersi indipendentemente dalle risposte fisiche che si danno e si ottengono. Quella differenza Mun l'aveva capita passo passo, a forza di fidarsi sempre di più di Albus.
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    La loro sfrontatezza, unita alla fiducia che si era instaurata tra di loro aveva dato origine a un rapporto che a tratti soffriva di sin troppa fantasia. Ma non c'è mai troppa fantasia quando si sa di poterla proporre senza sentirsi giudicati. E dopo una pausa abbandonata sul tavolo, tempo in cui non riuscì a fare altro se non chiudere gli occhi e lasciare che tanto il respiro affannato quanto i tremori venissero lentamente meno, aprì finalmente gli occhi tirando un ultimo sospiro sulla scia di una sorriso. Rialzatasi sui gomiti, si spostò in avanti per raggiungere le sue labbra in un bacio colmo di pathos, circondando il suo volto con le proprie mani, attirandolo al contempo a sé, mentre ritrovava la forza per lasciar crollare le gambe a terra. E in quel preciso istante scoppiò a ridere sulle sue labbra. « Sorry for the floor, Morgenstern. » Un sospiro sulle sue labbra mentre incolla la fronte contro la sua intrecciando le braccia attorno al suo collo. « Maybe we'll repay it.. » Si morde il labbro inferiore, mentre lascia cadere lo sguardo sulle labbra di lui con un desiderio indescrivibile. « This family always pay his debts. » E in quel momento la frase sembra assumere dei connotati ben diversi, mentre poggia i piedi contro il suo addome, nel chiaro intento di allontanarlo, prima di rimettersi in piedi. « Thank you.. » Asserisce infine mentre posa un leggero bacio sulla sua fronte prima di afferrare le sue mani per dargli un punto stabile di appoggio contro il quale darsi la spinta per rimettersi in piedi. E Mun a quel punto indietreggia di un passo, due, tre, prima di fermarsi incrociando le braccia al petto. Scuote la testa con una chiara aria di stupore e meraviglia mentre il sorriso si fa sempre più largo sul suo volto nell'osservarlo in tutta la sua bellezza. « You know.. it's really easy to thank someone with words. "Thank you daddy for making me such a happy princess." » Quelle ultime parole assumono un connotato decisamente troppo infantile, scimmiottando se stessa, mentre appoggia la schiena contro lo stipite della porta finestra che dà sull'ampio giardino ai confini delle foreste delle Highlands. La fresca brezza estiva accarezza la sua pelle nuda, mentre inclina la testa a guardare il buio oltre il salotto. « Does it hurt? » Chiede di scatto deglutendo mentre lo guarda da quella distanza decisamente troppo ampia, prima di mordersi il labbro inferiore. « You never answered me. » Sta giocando con lui mentre l'indice gli fa cenno di avvicinarsi. « Does it hurt to be so hard for your babygirl? » Abbassa lo sguardo in un plateale gesto che sembra pronto a emulare una specie di imbarazzo che non prova. Non appena è abbastanza vicino, gli accarezza la guancia in un moto colmo di affetto e apprensione per lui. E quei stessi polpastrelli esplorano dolcemente il suo busto, soffermando sulla sua pelle, con una ritualità indescrivibile. Mun sta rendendo onore al suo uomo, o ammira, si bea nella sua immagine, lo venera come il fottuto re che gli ha promesso sarebbe diventato. « You took great care of me, so now I'm gonna take care of you. » E dicendo ciò gli si avvicina abbastanza da poter posare un bacio sulla sua spalla ben attenta a non sfiorarlo col proprio corpo se non nei punti in cui le sue labbra iniziano a tracciare una lenta discesa dal suo collo e fino all'ombelico. Intrecciate le proprie dita a quelle di lui, indietreggiò quindi verso l'esterno, sorridendogli in un moto tenero. « I need to see you in the moonlight. » Asserì infine conducendolo verso la scalinata del portico e poi sull'erba fino a una delle statue angeliche che apparivano di volta in volta in tutte le proprietà di Inverness. In punta di piedi attirò a sé il suo volto, abbandonandosi a un bacio talmente profondo da avere tutta l'aria di estrinsecare tutta la possessività che provava nei confronti di lui. Talmente malata da consumarla e prosciugarla dall'interno. In fine, lo spinse fino ad aderire contro il marmo freddo portando la mano destra alla base della sua intimità, esercitando una leggera pressione. You have to know how I'm gonna thank you.. Iniziò lasciando scivolare le dita su di lui con impressionante lentezza, compiendo quel percorso inumidendosi le labbra. The thing about being a quick learner is that I actually learn everything from you, baby. Always. And right now, you have to let me be. Pausa, mentre continua quel percorso, stampando baci leggeri lungo la sua mascella, lasciandosi sfuggire un lamento debole. Right now daddy, I'm in control. E non ci fu alcuna richiesta, solo una pretesa, sulla punta di un sorriso scandito da uno sbattere intenso di ciglia. Non interruppe quella lenta agonia nemmeno per un istante, mentre ricercava il suo sguardo, colta dal piacere di vederlo così teso. And that's what we're gonna do. I'm gonna go on my keens and suck that beautiful cock of yours like no other slut has done it before. And I'm gonna do everything to make you come so hard you'll scream my name; you'll forget every other mouth has touched you before this one, because you - daddy - are not going anywhere. You're mine. And because you're mine, I will taste every last drop of you, and then I will let you try for yourself how good you are on my mouth. At last, I will make you hard again, I'll do whatever you want me to do and I will beg you to fill every single hole of my body, because it's all yours, as this body of yours is mine. Un discorso tutto di fila imperniato unicamente da quel lento movimento fattosi a tratti decisamente più leggero. E in pieno stile Albus Potter, infine, Mun alzò lo sguardo nel suo, sorridendo. Is that clear daddy? Gli stampò quindi un ultimo bacio sulla mascella, prima di scendere lentamente con una scia di baci che indugiò sul petto per qualche istante in più stuzzicandolo appena con due piccoli morsi, scanditi da una leggera risata, prima di scendere ancora e ancora con baci sempre più ravvicinati fino alla zona dell'inguine. Piantato saldamente lo sguardo nel suo, posò le labbra sulla zona appena al lato della sua intimità, stuzzicando la sua sensibilità con la lingua. That's it, daddy. You begged for it, now you have it. E con quell'ultimo sorriso compiaciuto sulle labbra lo avvolse misurandone l'intera lunghezza più e più volte con ritmi a tratti incalzanti, a tratti più lenti, pregustandosi appieno tutte le sue reazioni, una ad una. Piantò istintivamente le dita contro le sue natiche, stringendone la carne con una possessività inimmaginabile, mentre si spingeva sempre più in profondità, senza lasciarsi sfuggire l'occasione di fermare il proprio tragitto più in fondo possibile. E lo fa con dedizione, con uno sguardo che ha tutta l'aria di stuzzicare le sue fantasie più inibite; innocente eppure malizioso, colto dalla delizia di ciò che sta facendo per lui. Quando percepisce il suo corpo così teso da sentirsene soddisfatta, si abbassa ulteriormente rilasciando la presa sulle sue natiche. Please daddy, come for your babygirl. You make me so fucking wet right now. Cambiò allora movimento posando le labbra alla base della sua intimità ricreando un leggero risucchio mentre una mano percorreva ritmicamente tutta la sua lunghezza, senza vergognarsi affatto di gemere sommessamente sotto il proprio tocco del punto più sensibile di se stessa. Nessuna vergogna infine di scendere con la punta della lingua appena al di sotto, aumentando sempre di più tanto il ritmo su di lui quanto su se stessa. Lo sguardo reso palesemente colmo di desiderio, attesa e una certa docilità tipica di chi implorava di avere tutto e subito, come una bambina capricciosa che di aspettare oltre non voleva saperne.


     
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    Albus era sempre stato un ragazzo dalle pulsioni troppo potenti per essere trattenute. Ogni suo sentimento era sempre portato all'estremo, percepito con un'intensità alle volte agghiacciante, talmente tanto energico da poter portare alla follia chiunque altro al suo posto. Quando Albus voleva una cosa, state pur certi che nessuno al mondo la voleva più di lui. Non aveva mezze misure, non conosceva un'equilibrio, ne' tanto meno il concetto di moderazione. Con Mun, tutto ciò non aveva fatto altro che ingigantirsi. Quella nei suoi confronti era una vera e propria fame insaziabile, una forma di avidità senza precedenti. Era come se la ragazza fosse la sua personale droga, e lui ne fosse talmente assuefatto da confondere la vita sotto il suo effetto per pura normalità, solo per poi sentirsi male a livello fisico ogni qualvolta se ne allontanasse. Quell'avidità era la stessa che lo portava a stringere la presa sulla sua coscia sotto i gemiti di lei, spingendosi sempre più in avanti per approfondire quel contatto in ogni maniera possibile, attento a tenere lo sguardo ben puntato sul viso di lei in modo da non perdersi nemmeno la più piccola delle sue espressioni. Perché quelle cose, per Albus, erano ossigeno allo stato puro. Non c'era nulla al mondo che preferisse al piacere di lei, specialmente perché cosciente di essere lui quello che lo provocava, nonché l'unico fortunato destinatario e spettatore. Quando il corpo di Mun cominciò a tendersi sotto di lui, dunque, il cuore iniziò a martellargli nel petto con potenza, convincendolo solo a portare quei movimenti all'estremo fino a sentirla raggiungere il culmine. Solo una volta scemata la sua reazione si ritrovò finalmente a rilassare le proprie membra, sorridendo teneramente nello stampare un leggero bacio sull'intimità di lei prima di portarsi le due dita incriminata alla bocca, quasi non volesse lasciare indietro nemmeno una goccia del suo sapore. C'era poco da dire e poco da fare: il sesso non era mai stato tanto bello quanto lo era con Mun. E forse non si trattava nemmeno delle singolari esperienze dei due, quanto piuttosto del fatto che a entrare nell'equazione, in quel caso, c'erano sin troppe variabili che non avevano avuto modo di verificarsi con altri partner. Con un sorriso deliziato stampato sul volto la aiutò a sollevarsi, rispondendo al suo bacio con non meno ardore di quello che lei ci aveva messo, solo per poi distanziarsi di pochi centimetri, accarezzandole dolcemente la guancia. "You're so beautiful when you come. I don't think I will ever get enough of it." parole che questa volta disse senza malizia alcuna, sussurrandole come un soffio contro le sue labbra. Non era un tentativo di stuzzicarla, ma una semplice constatazione di ciò che sentiva realmente, di quanto lui per primo fosse felice di provocare in lei quelle emozioni e di potervi assistere. "Sorry for the floor, Morgenstern. Maybe we'll repay it..his family always pay his debts." Rise genuinamente, cercando al contempo di riprendere fiato mentre incorniciava il viso di lei con le proprie mani, fronte a fronte, guardandola negli occhi con la stessa espressione di un cieco che vede la luce del sole per la prima volta. "I'm more sorry that all this sweetness of yours was wasted on a stupid floor..but yeah..whatever." sentenziò ironicamente, scrollando le spalle prima di lasciarsi spingere leggermente all'indietro di lei. "Thank you.." Un veloce occhiolino fu la sua risposta, come a farle intendere che non aveva di che ringraziarlo. Scherzi? E' stato un piacere. Quelle le parole implicite ai suoi gesti e alle sue espressioni. Poggiò entrambi i palmi delle mani a terra, stendendo le gambe di fronte a sé mentre la osservava muoversi nell'ambiente con un misto di aspettativa e tenerezza, curioso di sapere cosa stesse frullando nella testa della Serpeverde. Perché ormai la conosceva abbastanza bene da sapere che stava escogitando qualcosa. "You know.. it's really easy to thank someone with words. 'Thank you daddy for making me such a happy princess.' " Annuì, tentando il più possibile di fingersi serio nel seguire la scia dei suoi pensieri, sebbene quello sguardo venisse facilmente smentito dal lento e progressivo disegnarsi di un piccolo ghigno sardonico sulle sue labbra. "Does it hurt? You never answered me. Does it hurt to be so hard for your babygirl?" Per contrastare l'espandersi di quel sorriso si ritrovò a stringere le labbra, storcendole in una piccola smorfia prima di prendere un lungo sospiro e far leva sui palmi delle proprie mani per alzarsi in piedi, colmando a passi calibrati la distanza che lo divideva da lei. Si arrestò a pochi centimetri dal suo volto, prendendosi qualche istante di silenzio per passare lo sguardo lungo il suo corpo, quasi stesse cercando di memorizzare ogni piccolo dettaglio di quel fisico che tanto amava in ogni sua sfaccettatura. Avanzò una mano ad accarezzarle teneramente una guancia, lasciando pian piano scivolare quel tocco leggero sul suo collo, lungo la sua spalla, sull'appena accennata rotondità del suo ventre e infine a poggiarsi sul suo fianco, richiamando l'altra mano a fare lo stesso. Nel riportare lo sguardo nei suoi occhi, prese un altro sospiro, avvicinando il volto al suo per lasciare che i due nasi si strofinassero leggermente tra loro senza tuttavia mai abbassare le iridi da quelle cerulee di lei. "It hurts like hell. But it's a pain I love to feel." rispose finalmente, con tono basso e soffuso, senza vergognarsene nemmeno un po'. Una mezza verità. Perché di per sé, l'atto meccanico dell'eccitazione non comportava alcun dolore, al massimo un leggero fastidio se ti ritrovavi a doverlo nascondere, ma nulla di più. Una sensazione diversa, sì, ma non spiacevole nella sua alterità. A far male, tuttavia, era l'agonizzante e famelica aspettativa di quei giochi che loro due portavano fino all'estremo. Un dolore più psicologico che altro, che tuttavia andava a somatizzarsi al di sotto del suo addome in una sensazione di tensione massima. "You took great care of me, so now I'm gonna take care of you." Nel sentirla così vicina a sé, il suo corpo cominciò a vibrare sotto i colpi di piccoli tremiti involontari, incendiandolo del desiderio di annullare ogni distanza lì, in quel preciso istante e luogo, contro lo stipite della porta finestra. Era una sorta di ubriachezza quella che lo faceva sentire come se la sua testa non fosse in grado di produrre un singolo pensiero articolato a causa di quell'afflusso di sangue che andava a confluire nella sua quasi totalità verso il bassoventre. E infatti cercò di tendersi, in un movimento più involontario che altro. Cercò disperatamente di approfondire quel contatto, ma lei non glielo lasciò fare, e presto prese le distanze da lui, lasciandolo boccheggiante. "I need to see you in the moonlight." A quel punto della storia, Albus non aveva nemmeno la forza di opporsi o di escogitare qualche risposta furbesca alle sue parole; si lasciò semplicemente guidare da lei verso l'esterno, assecondando ogni suo movimento pedissequamente senza riuscire a distogliere la pressione del suo sguardo da lei. Al contatto con le sue labbra rispose con tutta la foga che aveva, tradendo quell'eccitazione che ormai era già sin troppo evidente; strinse le mani attorno ai suoi fianchi, cercando di attirarla a sé il più possibile mentre approfondiva quel bacio con passione, esplorando ogni angolo della sua bocca e lasciando che vi affiorasse un piccolo gemito che suonò quasi come un lamento. Lamento che lei parve cogliere immediatamente, spingendolo contro una delle tante statue che adornavano il grande giardino della loro nuova dimora. Quando finalmente la mano di Mun andò a ricercare il contatto con la sua intimità, quel gemito si andò a fondere con un ringhio più potente che lo portò a scattare col viso in avanti per mordere il labbro inferiore di lei e tirarlo appena. You have to know how I'm gonna thank you. The thing about being a quick learner is that I actually learn everything from you, baby. Always. And right now, you have to let me be. Right now daddy, I'm in control. Come se a quel punto Albus non le avrebbe lasciato fare qualunque cosa lei desiderasse fare. Era completamente alla merce' delle sue carezze e dei suoi baci, contatti che lentamente iniziarono a tracciare la loro scia verso il basso, rendendo il suo respiro più affannose e obbligando il suo sguardo a seguirla centimetro per centimetro lungo quel tragitto straziante. And that's what we're gonna do. I'm gonna go on my keens and suck that beautiful cock of yours like no other slut has done it before. And I'm gonna do everything to make you come so hard you'll scream my name; you'll forget every other mouth has touched you before this one, because you - daddy - are not going anywhere. You're mine. And because you're mine, I will taste every last drop of you, and then I will let you try for yourself how good you are on my mouth. At last, I will make you hard again, I'll do whatever you want me to do and I will beg you to fill every single hole of my body, because it's all yours, as this body of yours is mine. Is that clear daddy? "Oh fuck!" fu la sua naturale quanto involontaria risposta, mormorata a bocca aperta, sull'orlo di un gemito, per quel discorso che era riuscito a risvegliare ogni singolo nervo del suo corpo, eccitandolo a un livello a cui dubitava di essere mai arrivato. Non sapeva di preciso come Mun ci riuscisse, ma era capace di risvegliare in lui un desiderio famelico senza nemmeno aver bisogno di toccarlo. Please baby, open your lips, I need to fuck this pretty little mouth of yours. Una preghiera pronunciata in un filo di voce roca contro la secchezza di cui la propria bocca iniziava velocemente a soffrire. I'll let the neighbours know how good you are at sucking my cock. Furono le sue ultime parole prima che il contatto con le labbra di Mun lo portasse ad emettere un primo forte gemito, obbligandolo a reggersi con una mano alla statua e a portare l'altra, febbricitante da quegli spasmi di desiderio, a intrecciarsi ai capelli di lei, racchiudendoli tra le proprie dita in una morsa ferrea. Una presa atta tanto a toglierla dall'impiccio, quanto al proprio stesso piacere nell'assecondare il ritmo che lei imponeva con il capo. Il tutto mentre si vietava inconsciamente anche solo di sbattere le palpebre, quasi ritenesse imperdonabile perdersi un singolo istante di quella visuale. Oh fuck, you're so good at this babygirl..you're such a good girl..daddy's so proud of you. Mormorii che uscirono a fior di labbra mentre i tremori si spargevano lungo il suo corpo, portandolo a mordersi violentemente il labbro inferiore nel cominciare ad andarle incontro col bacino per approfondire ancora di più quel contatto di cui non sembrava essere mai del tutto sazio. Please daddy, come for your babygirl. You make me so fucking wet right now. E lì fu semplicemente troppo: tra quelle parole, il contatto con le sue labbra e la maniera sadica in cui lei lo rendeva partecipe dello spettacolo di sé stessa e della propria intimità, trattenersi divenne impossibile per Albus. Scosso da gemiti tanto forti da poter tranquillamente svegliare tutta Inverness, il ragazzo strinse ulteriormente la presa sui capelli di lei, intensificando il movimento del proprio bacino contro il viso di lei per approfondire quel contatto verso il punto estremo che fosse capace di raggiungere in lei. E tanto bastò a far defluire ogni tremito, raggiungendo l'apice del proprio piacere in maniera così prepotente da fargli girare la testa, senza nemmeno rendersi conto di quanta forza stesse applicando con le proprie dita per tenerle la testa ferma in quel preciso punto mentre pian piano i suoi arti cominciavano a distendersi e i muscoli a rilassarsi un poco per volta. Senza parole e senza fiato iniziò pian piano a sciogliere la presa dai suoi capelli, abbandonando la testa all'indietro ad occhi chiusi nel tentativo di riprendere respiro. Lentamente si lasciò scivolare verso il basso, ancora bisognoso dell'appoggio della statua per via dei lievi spasmi muscolari che stavano cercando di liberarsi dalla troppa tensione accumulata. Quando finalmente riaprì gli occhi, trovandosela di fronte, allungò debolmente una mano per ricercare il contatto col suo viso, sorridendole teneramente nell'attuare una piccola pressione sulla sua nuca atta a portarla più vicina a sé per stamparle un bacio leggero sulle labbra, poi uno sulla guancia, sulla mascella e infine sul collo, appoggiandovisi appena. Sorrise, sbuffando un tenero soffio sull'incavo del suo collo. Do you like it when daddy comes inside you? Chiese piano, lasciando che il suo sorriso si allargasse per alcuni istanti prima di continuare. 'Cause daddy loves it more than anything else. And now that he did, he can fuck the shit out of his babygirl for hours before filling her again. Is that what you want, princess? For daddy to make you purr like a kitten while he pounds that tight little pussy of yours on every surface of this house? Con ancora il sorriso sulle labbra si scostò dal suo collo, ricercando lo sguardo di lei mentre continuava ad
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    accarezzarle teneramente i capelli. Pian piano lasciò che le proprie mani scorressero lungo il suo corpo, agganciandosi alle sue cosce per attirarla più vicina a sé e aiutarla a sedersi sulle proprie gambe. "I love you, babygirl." disse semplicemente, sussurrando quelle parole contro le sue labbra prima di baciarla con una passione amorevole, piena tanto di desiderio quanto di premura, stringendola a sé nel vortice di quei sentimenti inestinguibili. Non ci volle molto prima che quel contatto così ravvicinato con lei cominciasse pian piano a innescare in lui la naturale risposta fisica, portandolo a premere leggermente il bacino contro il suo nella ricerca ulteriore della sua vicinanza. Tuttavia, quando scostò le labbra ormai lievemente gonfie da quelle di lei, una piccola risata vi affiorò cristallina, facendogli scuotere appena il capo. "I wasn't kidding, I really am going to fuck you so hard you won't be able to walk for days." E detto ciò, sull'orlo di una leggera risata, fece pressione sull'incavo delle ginocchia di lei, sistemandole meglio le gambe attorno al proprio busto prima di alzarsi in piedi coadiuvato dal sostegno della statua alle sue spalle. Non che poi ne avesse così tanto bisogno, dato che incinta o meno, Mun pesava davvero una piuma, e come se non bastasse lui diventava un po' più forte ogni giorno, rendendogli quei compiti decisamente più semplici. Inutile dirlo: da quando si era unito all'Ordine della Fenice, i primi miglioramenti si erano visti soprattutto nella vita sessuale, espandendo di gran lunga il ventaglio di scelte a loro disposizione per quei momenti e aumentando i benefici di entrambi. Con in mente l'idea precisa di dove volesse andare a parare, la portò in quella maniera fin dentro casa, dirigendosi verso quella piccola stanzetta che avevano adibito a bagno di servizio. A differenza degli altri bagni, l'arredamento non era il suo punto forte, ma d'altronde a questo serviva: ad avere il minimo indispensabile per essere definito un bagno senza i fronzoli di abbellimento che si mettono per gli ospiti. Era lì che tenevano la lavatrice per fare il bucato: un aggeggio tecnologico di cui spesso e volentieri entrambi si lamentavano. Non era infatti proprio dell'ultimo modello, faceva un po' troppo rumore e i suoi movimenti li portavano spesso a scherzare sul fatto che prima o poi quell'elettrodomestico si sarebbe messo a camminare per tutta casa. Tuttavia, durante l'ultimo lavaggio, le considerazioni di Albus nel guardare quell'aggeggio avevano cominciato a scivolare pian piano su altri livelli, facendogli spuntare un piccolo sorrisino sul volto mentre si riprometteva di tener bene a mente la cosa per il futuro. Il futuro, a quanto pareva, sembrava essere arrivato piuttosto presto. E infatti, aperta la porta del piccolo bagno con un calcio, lasciò finalmente scendere Mun a terra, scoccandole un'occhiatina maliziosa prima di indicarle con la coda dell'occhio l'elettrodomestico aperto, all'interno del quale giacevano alcuni panni sporchi in attesa di essere lavati. "Sai..penso proprio di aver giudicato questo affare un po' troppo presto. Superficiale, da parte mia. Ma non è mai troppo tardi per iniziare a ricredersi." Mentre l'eccitazione cominciava a risalire velocemente in lui al solo pregustare l'idea che viaggiava tra i suoi pensieri, chiuse il coperchio della lavatrice con uno schiocco sonoro, spingendo il pulsante atto a farla partire. E a quel punto le sue attenzioni tornarono ancora una volta tutte a Mun, colmano a passi lenti e felini la loro distanza fino a stringere le braccia attorno ai suoi fianchi, attirandola a sé nel premere leggermente il bacino contro il suo, cominciando a stampare una scia di piccoli baci sul suo collo. Contatti leggeri come il battito d'ali di una farfalla, coronati nel loro culmine da un sonoro colpo con entrambe le mani alle sue natiche, affondandovi le dita ad afferrarle con una certa morbosità mentre un sommesso gorgoglio eccitato risaliva dal suo petto. Since you were so nice to let me know what you were going to do, I'll return you the favor. Pronunciò piano, spostando le proprie labbra verso il suo orecchio mentre la conduceva in una leggera rotazione, compiendo piccoli passi atti a spingerla contro l'elettrodomestico. Fece aderire il petto alla sua schiena, accarezzandole la pancia in un lento movimento dal basso verso l'alto, come a prepararla al contatto successivo. Un contatto che arrivò presto, un po' alla volta, quello dell'intimità di lei contro il bordo tremolante della lavatrice. Now I'm gonna bend you over this thing, making sure your beautiful clit and nipples feel every single shiver of it till you're soaking wet. Then I'm gonna drive you insane with just the tip of my cock untill you beg me to fuck you like the little wet slut that I made you. You won't come till daddy lets you. And when daddy will finally let you take every inch of him, he won't stop untill he feels every drop of your sweet cum dripping on his cock while you scream his name. You will come with daddy's name on your pretty mouth, and with his cume inside your tight cunt. Understood, princess? Finito di parlare, sorrise, passando la lingua in un tocco leggero lungo il suo orecchio prima di spingersi ulteriormente contro di lei, aiutandola a piegarsi lentamente fin quando il suo busto non fu poggiato sull'elettrodomestico, dando modo ad Albus di ancorare una mano sul suo fianco e raggiungere con l'altra la propria intimità, stuzzicandola appena prima di adempiere alla promessa che le aveva fatto. Un uomo di parola, Albus Potter. E fu proprio con lentezza chirurgica che avvicinò la punta della propria estensione all'intimità di lei, accarezzandone l'apertura in un lento movimento instancabile, accentuando di tanto in tanto la pressione con un certo sadismo, senza tuttavia andare mai fino in fondo. Oh babygirl, you have no idea how much I love watching you get wet. Daddy can even hear that beautiful sound your little pussy makes when you want his cock. E continuò, imperterrito, senza alcuna pietà, accertandosi che la parte più sensibile di lei aderisse bene alla superficie sempre più vibrante dell'elettrodomestico. But I think you'll have to let him know just how bad you want it. Ricalcò, stuzzicandola un po' più ostinatamente. Ask him nicely like the good girl that you are.
     
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    Deglutì platealmente, con un orgoglio difficilmente quantificabile, non appena i suoi occhi incontrarono nuovamente quelli di lui, dopo una lunga visuale del ragazzo che le parve strappata alle migliori opere d'arte. Ne avrebbe scattato una foto per ricordarselo sempre così bello se avesse avuto un modo per farlo; di certo, quell'immagine come tante altre sarebbe rimasta ben salda nelle pieghe della sua memoria. Prese ad accarezzargli i capelli, stampandogli un bacio dietro l'orecchio, nel momento esatto in cui posò la testa contro l'incavo del suo collo. Un gesto atto a dargli conforto che non necessitava di altre parole. Un gesto così apertamente contrastante rispetto a quanto avevano precedentemente compiuto. Tendevano a essere particolarmente estremi, per poi sciogliersi in quel dolce indugiare l'uno nelle braccia dell'altro. E non sapeva di preciso Mun se fosse più bello tendersi a vicenda all'estremo per l'altro, o semplicemente gettare in quel dolce naufragare. Do you like it when daddy comes inside you? La domanda le fa scattare naturalmente un sorriso colmo di sorpresa; la meraviglia dell'innocenza, che nulla ha di malizioso. E' il piacere di conversare in maniera così libera su argomenti considerati al di fuori del loro intimo così spinosi. 'Cause daddy loves it more than anything else. And now that he did, he can fuck the shit out of his babygirl for hours before filling her again. Is that what you want, princess? For daddy to make you purr like a kitten while he pounds that tight little pussy of yours on every surface of this house? Si morde istintivamente il labbro inferiore, abbandonandosi a un sospiro pesante, chiaro segno di quanto quell'immagine riesca a farla scattare di nuovo e rimetterla nell'ottica dell'attesa. Maaaaybe..? Un'espressione chiaramente intrigata mentre scoppia a ridere lasciandosi trascinare più vicina a lui, circondandogli il volto con le proprie mani per riempirlo di una serie di dolci baci. Prende a sistemargli premurosamente i capelli spettinati, prima di posare un bacio sulla punta del suo naso. « I love you, babygirl. » Stranamente sentì il bisogno di abbassare lo sguardo, le guance dolcemente infervorate di un improvviso rossore che andò a intensificarsi man mano che il bacio di lui si intensificava a sua volta, rispondendo con la stessa foga mentre si stringeva sempre di più a lui. Un sorriso compare progressivamente tra un respiro e l'altro man mano che lascia vagare le mani sulla sua schiena, facendogli leggeri gratini. « Looks like someone else loves me more. » Asserisce abbassando lo sguardo sulla sua intimità nello staccarsi dalle sue labbra. « I wasn't kidding, I really am going to fuck you so hard you won't be able to walk for days. » E prima che possa realizzarlo si stanno già muovendo. « Babe, for god's sake, do you remember I'm like soooooo pregnant.. be nice! » Ma scoppia a ridere subito dopo, perché è ben consapevole che entrambi sono al corrente non solo della mancanza di rischi per fagiolino, ma anche del fatto che paradossalmente quello è un periodo che ricapita ben poche volte. Posa il mento contro la sua spalla, lasciandosi portare senza nemmeno chiedersi dove, mordicchiando prepotentemente la sua pelle. E sulle prime, resta piuttosto delusa, fissandolo con uno sguardo interrogativo. Non appena i suoi piedi toccano nuovamente terra, le viene indicata la lavatrice, e sulle prime non riesce davvero a capire dove stia andando a parare. « Davvero? » Gli chiede scettica incrociando le braccia al petto mentre lo osserva con un sorriso divertito mettersi davvero a fare il bucato. No va beh, non ci posso credere. Non ci arriva sulle prime. « Sai..penso proprio di aver giudicato questo affare un po' troppo presto. Superficiale, da parte mia. Ma non è mai troppo tardi per iniziare a ricredersi. » E lì inizia finalmente a realizzare che le sue azioni sono funzionali. E solo quando fa partire la macchina che inizia a realizzare dove sta andando a parare. Il respiro si fa pesante, mentre quel sorriso divertito cambia lentamente connotazione facendosi decisamente più che mai intrigato. Non riesce a immaginare precisamente la dinamica della questione che ha in mente, ma conoscendolo, sa già che ha da temere e paradossalmente solo che da attendere da brava bambina. « You are so fucked up! » Asserisce prima ancora che la raggiunga. E quando le distanze vengono colmate getta lo sguardo nel suo lasciandosi travolgere involontariamente da quell'aria autoritaria di nuovo. « But you're my fucked up perv. » Since you were so nice to let me know what you were going to do, I'll return you the favor. Si morde istintivamente il labbra mentre lo fissa con una certa intensità non indifferente, conscia che le parole che verranno non faranno altro che aumentare ulteriormente il suo desiderio. Trovatasi di spalle rispetto a lui, la situazione iniziò a farsi sempre più chiara, man mano che insieme compivano piccoli passi nella direzione della lavatrice. E poi, Albus le tolse qualunque dubbio in merito, incollandola all'elettrodomestico in un gesto che la portò inizialmente a ritirarsi, solo per incontrare nel tragitto al contrario la sua schiena. Now I'm gonna bend you over this thing, making sure your beautiful clit and nipples feel every single shiver of it till you're soaking wet. Then I'm gonna drive you insane with just the tip of my cock untill you beg me to fuck you like the little wet slut that I made you. You won't come till daddy lets you. And when daddy will finally let you take every inch of him, he won't stop untill he feels every drop of your sweet cum dripping on his cock while you scream his name. You will come with daddy's name on your pretty mouth, and with his cume inside your tight cunt. Understood, princess? Esala un gemito piuttosto evidente a contatto con l'apparecchio mentre le gambe iniziano già a cederle al solo udire quelle parole. Si sente talmente pronta per ogni singolo passaggio di quanto le è stato appena narrato che si costringe a stringere i pugni e annuire sommessamente in un moto di completo assoggettarsi al suo cospetto. Yess daddy. Riesce a sussurrare con una vocina acuta e già tremante mentre si lascia sollevare appena per posare il busto contro la superficie dell'elettrodomestico, sentendosi subito pervasa ulteriormente da calore proveniente tanto dall'altezza del petto che dal bassoventre; un misto che si concentra all'altezza dello stomaco e la obbliga a sollevare appena il busto. Costretta tuttavia a restare incollata lì non può fare altro che tentare di aggrapparsi ai bordi dell'elettrodomestico, respirando con sempre più difficoltà. Please daddy, I really need you. I need you to fuck me so hard. E man mano mano che quella sensazione si intensifica, sente il bisogno di spingersi verso l'alto. E poi lo sente, a tratti più prepotente, a tratti dal tocco così soffice la obbligarla a tentare di spingersi all'indietro col bacino nella sua direzione, non facendo altro che peggiorare la sensazione sul suo punto più sensibile. I mugolii sempre più pressanti, mentre si aggrappa istintivamente al suo polso, erto sul suo fianco per tenerla ferma. Oh babygirl, you have no idea how much I love watching you get wet. Daddy can even hear that beautiful sound your little pussy makes when you want his cock. Ad ogni movimento di lui, si morde il labbro con ancora più forza. Resa già sensibile in precedenza, sente quel gorgoglio arrivare sempre più prepotentemente. Preme sul suo ventre sempre di più gonfiandole il petto. E le sue parole, quella voce profonda colma di promesse, non fa altro che aumentare quello stato precario. But I think you'll have to let him know just how bad you want it. Ask him nicely like the good girl that you are. La sensazione è così pesante che riuscire a parlare è davvero difficile. Perde lentamente quella ragionevolezza tipica di chi sa come giocare a quel gioco; il battito del cuore aumenta e sente quel bisogno di lui dentro di sé sempre più prepotente. I want you so bad.. E non ci pensa nemmeno Mun di non dargli ciò che desidera, cosciente del fatto che non farà altro che torturarla ancora e ancora finché non otterrà ciò che vuole. Daddy.. Inizia riuscendo a trovare la forza per accarezzargli il polso, prima di stringerlo tra le proprie dita, posando la guancia contro la lavatrice in uno dei pochi momenti di respiro che la diavoleria elettrica le dà. Gli getta un tenero sguardo implorante da oltre la spalla, colmo dell'esaurimento che evidentemente sta iniziando a provare. ..could you please, please, fuck my pussy like you promised? I want you so bad deep down inside of me. Un lamento acuto che fuoriesce dalle sue labbra a intervalli irregolari. I promise I'll make you so proud of your dirty babygirl. E quando la sua richiesta viene esaudita e il loro corpi si uniscono, Mun prova una sensazione vicina all'essere catapultati di scatto in paradiso. Stringe le dita attorno a entrambi i suoi polsi quasi a volergli far capire di volerne sempre di più mentre i gemiti si fanno sempre più pressanti. Non riesce a trattenerli e non vuole nemmeno trattenerli. La sensazione più vicina al sentirsi una belva, priva di alcuna razionalità, costretta in quel girone del piacere che le provoca vere e proprie convulsioni, mentre sembra ormai premere di spontanea volontà contro la tortura a cui Albus la sottoposta, alla ricerca di quell'apice tanto agognato sin dal primo contatto con la macchina. Il cuore martellante nel petto, i muscoli sempre più tesi mentre istintivamente si spinge sempre di più nella sua direzione assecondando i suoi movimenti a tratti in una lenta tortura, a tratti in movimenti sempre più pressanti. Every inch of you, daddy, you promised! Asserisce ad un certo punto costretta a slanciarsi ulteriormente nella sua direzione alla ricerca tanto di soddisfare se stessa quanto di dargli tutto, di rendersi devotamente in tutto e per tutto a lui. E quando finalmente preme il tasto giusto, Mun si sente di stringe ulteriormente la presa contro i suoi polsi. I'm so close. Poche spinte e si sente contrarre molto più di prima, con una violenza spasmodica, mentre si stringe istintivamente attorno a lui con prepotenza. Can I come? Nel ritmo martellante, attende sempre più impaziente, intenta in tutti i modi possibili di non mancare fede alla sua promessa, perché Albus le ha promesso tutto a condizione della sua ubbidienza. E Mun a quelle regole si sente talmente assoggettata, talmente fedele, da sentire il bisogno di fare qualunque cosa pur di renderlo felice. Mun desidera stare alle sue regole. L'idea di seguire la eccita se possibilmente ancora di più. Please.. daddy.. I beg you.. can I come? Un respiro sempre più smorzato. I don't think I can handle.. E un'ulteriore spinta la obbliga a non riuscire nemmeno a finire quella frase. E alla fine l'apice è talmente prepotente da sentirsi letteralmente scoppiare il cuore nel petto, mentre il ragazzo non accenna a fermarsi, constatando con estrema lentezza psicologica di entrare in una specie di loop del piacere in cui quest'ultimo è talmente tanto da sentirsi morire. Si può morire di piacere? Di cotanta complicità? Di così tanta bellezza? La si può raggiungere una tale perfezione? A giudicare dai due protagonisti in scena, si. E seppur a giudicarli dall'esterno, ciò che poteva essere noto al grande pubblico era solo un'estrema dipendenza dal sesso, la verità era che, Mun provava solo un tale amore per l'uomo che riusciva a disintegrarla così tanto, da non desiderare nient'altro più di lui al mondo. E restò alla sua mercé in quel loop finché lui non se ne sentì soddisfatto, gemendo e pregando, implorando, gridando il suo nome, finché non fu talmente stanca da sentire necessariamente il bisogno di scendere.
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    E' colta da un tremore talmente forte negli arti da dover necessariamente appoggiarsi alle sue braccia, accasciando la testa contro il suo petto, prima di premere il tasto di accensione della diavoleria, spegnendola pur non avendo compiuto il proprio ciclo. Restò lì, mettendosi a sedere sulla stessa a gambe penzolanti per un po', nascondendosi il volto nelle mani. « That was.. » Non trovo le parole adatte per descriverlo mentre, colta da un leggero senso di tenerezza, lo afferrò per un braccio attirandolo a sè, posando le labbra sulle sue in un bacio che si trasformò ben presto nell'essenza stessa della passione. Man mano che riacquistava le forze nelle gambe, prese a stringere i fianchi di lui tra le proprie ginocchia intrecciando le dita tra i suoi capelli ormai leggermente umidicci. « I'm really making you sweat. My my! ..you're so hot I could die watching you. » Si morde il labbro inferiore prima di squadrarlo dalla testa ai piedi, posando i palmi sulle sue spalle ancora intenta a prendere un respiro. « I'm actually pretty sure I will.. some day.. in a very far future. » Una frase quella che anticipa l'arrivo di un sorriso colmo di tenerezza di fronte all'idea che effettivamente pensa a un loro a lungo termine. E non tanto perché a quel punto il loro destino sembra indissolubilmente intrecciato, quanto perché, Mun, di spontanea volontà difficilmente penserebbe a un futuro insieme a qualcun altro. E mentre esordisce con quel ragionamento, corruga di scatto la fronte mentre assottiglia lo sguardo. Un sorriso sornione e decisamente malizioso si dipinge sul suo volto nel riporre gli occhi su Albus. « Were you serious when you said you can go along with it for hours? » Si morde di scatto il labbro mentre scoppia a ridere gettando appena la testa all'indietro. Si avvicina iniziando a stuzzicare lentamente il petto di lui con la punta della lingua mentre accarezza con un certo piacere intrinseco le braccia di lui. « 'Cause babe, what I'm thinking will need soooooo much time. » Si stringe nelle spalle mentre gli bacia la punta del naso, restaurata da quella nuova idea che ha tutta l'aria di rispecchiare quel suo bisogno di personalizzare ogni luogo in cui finisce per passare più di una notte. Si guarda attorno nell'ambiente, fino a individuare la cassetta degli attrezzi rimasta lì dopo gli ultimi aggiustamenti della casa. Estrae un piccolo cacciavite e lo dondola di fronte ai suoi occhi, scoppiando istintivamente a ridere. « Don't you dare think we'll use this. It's not for me.. pretty sure you don't want it either.. » Scherzò prima di girare attorno alla lavatrice per fermarsi in un punto preciso piegandosi appena per incidere nel metallo una sola parola. Freedom. « This spot is for our freedom. We're free to do whatever we want, without thinking it could be filthy or wrong.. or whatever are saying these days about us. Pretty sure they can fuck themselves.. in between I will fuck you. » Si stringe nelle spalle con una certa innocenza, prima di avvicinarsi a baciarlo nuovamente. Un colpetto sulla lavatrice prima di fargli cenno di seguirla di nuovo in salotto. Non si risparmia nemmeno una pacca sulle sue natiche, facendogli l'occhiolino. « Oh, and just to be clear, we're never changing that thing. Old stuff is always better; god we really have to remember that more often. » Uno sguardo lungimirante mentre fissa il salotto. Un gran casino ormai quel salotto. Carezza leggermente il braccio di lui prima di slanciarsi verso il tavolino sgomberandolo con una manata di ogni piccolo oggetto posato sopra, per ribaltarlo su un fianco pronta a incidere di nuovo. Trust. « This one is for trust. Because I'm trusting you with my life. » Si dirige nuovamente verso di lui, si alza in punta di piedi soffiando sulla sua pelle, mentre stuzzica la sua intimità con estrema lentezza. « ..to make the rules. To give me orders. To teach me. » Strofina la guancia contro il suo braccio, portandosi la mano alle labbra, per mordicchiare appena il suo medio con uno sguardo decisamente ambiguo, mentre continua a stuzzicarlo. « The spot in the garden is for faith. We made it to the Holly City. Maybe there is actually something out there.. or someone. And we have our little miracle right here. » E nel dire ciò posa la mano di lui sul proprio pancione, deglutendo con un'emozione indescrivibile che monta alla bocca del suo stomaco. A quel punto lo prende per le mani e lo conduce verso la scalinata che porta al piano di sopra. Si ferma in capo alle scale e si siede. Non si vergogna di ondeggiare con un certo pathos i fianchi mentre percorre quelle scale. Infine gli fa cenno di sedersi accanto a lei, prima di sederglisi sopra le gambe a cavalcioni. « Do you understand what I'm doing? » Chiede quindi con una voce dolce, mentre percorre il suo profilo con i polpastrelli sollevandosi a sufficienza da stuzzicare la sua intimità con la propria. Incastra di scatto le labbra tra le proprie, mentre cerca la posizione adatta per ricongiungersi a lui. E quando è sul punto di farlo, la mano destra raggiunge la sua intimità scuotendo la testa mentre lo fissa con orgoglio ed eccitazione negli occhi. I think it's time for daddy to try an even more tight place to stay in. E nel dire ciò sposta la sua intimità leggermente più indietro e si lascia calare lentamente su di lui, stringendo le dita attorno alle sue spalle, mentre ad ogni movimento prova un piacere viscerale. Un dolore così piacevole che la fa impazzire, a tal punto da aggrapparsi con sempre più forza alle sue spalle affondando le unghie nella sua carne mentre si spinge sempre più prepotentemente verso il basso lasciandosi sfuggire mugolii di un delizioso piacere agonizzante; mantiene il contatto visivo con lui, incastrando a tratti le sue labbra tra le proprie, cercando di catturare ogni sua reazione, ogni sua respiro, ogni sua espressione faciale. I.. love.. you.. so much. Everything.. every god sake thing of yours. Can anyone be so crazy about someone else? Quelle le parole tra sospiri smorzati e una sempre più ampia necessità di fargli provare quello stesso piacere che lui ha fatto provare a lei. Col fiato corto, infine, resta ancorata a lui, lasciandolo scavare sempre più profondamente, mentre sorride soddisfatta. « This one is for success. Because we will succeed. Don't know why or how, or even when, but I promised you, you'll be fucking king. And you will succeed. I feel sorry for them, for how they took away your chances, because they will pay. And I will not ask either.. They're guilty. Each and one of them. We will get everything back. What we had and much more. » Guarda la scalinata al contrario e le sembra la giusta metafora della salita che hanno compiuto e anche di quella che devono ancora compiere. E così, staccatasi da lui, incide sul corrimano, nella parte interiore la nuova promessa. Success. Ma non ha finito la Carrow perché a quel punto giunta sul corridoio al piano di sopra può andare verso la zona notte della stanza padronale a destra o verso il resto delle stanze a sinistra. Ed è proprio quest'ultimo corridoio a imboccare dirigendosi con una certa nota colma di desiderio negli occhi verso la stanza del bambino già presente nella casa. Vi spalanca la porta e si dirige lentamente verso il davanzale della finestra lasciandogli notare ogni proprio movimento mentre si accarezza la pelle diafana indugiando sul proprio seno, esalando un leggero mugolio atto ad attirare la sua attenzione mentre si posa sulla superficie in legno, poggiando la gamba sinistra sul comodino appena oltre lo squarcio sui boschi. Please daddy, could you please fuck me again. I promise to let you choose your favorite spot. E lo lascia fare Mun, lo lascia fare e si abbandona tra le sue braccia, mordendo la sua spalla, esercitando tutta la propria possessività contro il collo di lui, marchiandolo a fuoco con la propria passione. « This is for loyalty. To this family, to each other, to our friends, to everyone who ever helped us to make it trough. But mostly I promise to be loyal to you and to our kids. Both of them. » Perché Mun, quella sorte non solo l'aveva accettata e abbracciata appieno, ma la desiderava anche. Non c'era cosa che volesse di più di sapere che il suo piccolo ragazzo si considerasse anche il piccolo bambino di lei. E quindi incise anche quella parola sul davanzale della finestra. Loyalty. L'ultimo passaggio fu spostarsi dalla stanza del bambino nel bagno adiacente alla stanza. Lasciò scorrere l'acqua per qualche istante finché l'acqua non divenne piacevolmente tiepida, immergendosi sotto il getto dell'acqua, trascinando a sua volta il ragazzo sotto lo stesso. Intrecciò le braccia attorno al suo collo attirandolo a sé in un lungo bacio mentre l'acqua scorreva sopra le loro teste. Con cura prese ad accarezzare il suo fianco, la sua guancia, fermandosi ad osservanlo sotto la brillante luce fiocca delle candele che sembrava rendere ogni centimetro di lui ancor più perfetto ai suoi occhi. E di scatto si girò dandogli le spalle, incollando completamente il corpo contro la superficie in vetro delle ante, girando solo la testa per guardarlo da dietro le spalle. Uno sguardo innocente, che contiene in sé una supplica mentre protende leggermente il fondoschiena nella sua direzione. Make it hurts, daddy. Please. E nel dire ciò, tende la mano verso la propria intimità, incollando la guancia contro il vetro, pronta a rendersi ancor più pronta per lui. E alla fine ancora una volta esausta, si volta verso di lui, appoggiandosi alle sue braccia. « This one is for fogiveness. For the sins we already washed away and those who will have to scrub from each other. Because baby, our greatest sin is yet to come, and it's called revenge. » E per un istante la luce nei suoi occhi si trasforma, mentre traspare tutta la voglia intrinseca di emergere, assieme a lui. E incide alla base dell'ampia vasca anche quella parola. Forgiveness. E a quel punto gli allunga l'attrezzo rigettandosi nuovamente sulle sue labbra. « There it is, babe. Make your vows. Fuck me like you never did before. »




    Edited by blue velvet - 19/6/2018, 23:17
     
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    Un uomo di parola, Albus Potter. Aveva esposto un programma, e quello avrebbe rispettato. Fu così che, non appena sentì le parole che desiderava udire dalle labbra di Mun, un piccolo sorriso andò ad espandersi di rimando sulle sue, esaudendo la richiesta della ragazza e adempiendo alle promesse che le aveva preventivamente fatto. I gemiti di entrambi andarono a fondersi già dal primo contatto: un contatto esaltato dall'anticipazione, dalla carica che entrambi avevano posto su di esso fin dall'inizio della giornata. E non c'era nulla di migliore, specialmente ora che tra loro non aveva più senso mantenere una barriera di lattice o il pensiero costante di una protezione. Liberi, fino in fondo, di fare ciò che volevano senza alcuna preoccupazione, sperimentando la totalità della fusione tra i loro corpi. Una totalità che andò ad estrinsecarsi anche nel modo in cui Albus ricercò ulteriormente la sua vicinanza, chinandosi con il busto su di lei per lasciare che i propri respiri si infrangessero sul suo collo, talvolta sulle sue labbra, mentre col bacino le imponeva un ritmo man mano crescente. Every inch of you, daddy, you promised! Sbuffò una piccola risata a contatto col suo orecchio, stringendo nel contempo la presa delle mani sui suoi fianchi. As you wish, babygirl. E non fece in tempo a finire quelle parole pronunciate col fiato mozzato, che subito i suoi movimenti andarono a tenergli fede, approfondendo ulteriormente la loro unione sino al punto in cui non c'era più alcuno spazio tra i loro corpi. Attorcigliati tra loro come due entità indissolubili, legati da quella che a tratti sembrava quasi un'angoscia della separazione; Albus sapeva di non poter fare a meno di Mun, e sapeva anche di non volerlo. Col cuore a mille ricercò le sue mani, intrecciandovi le dita per trascinarle sulla superficie dell'elettrodomestico, sempre più avanti, sempre più intento a non lasciare nemmeno un millimetro di spazio tra loro due: un contatto totalizzante, quasi soffocante. I'm so close. Can I come? Nel sentire quelle parole, un gemito forte fuoriuscì dalle labbra di Albus, imponendo al suo bacino una spinta maggiore, sebbene il fine tattico fosse diverso. Ma d'altronde, a quel punto della situazione, controllarsi era più facile a dirsi che a farsi. Not yet, baby, please. Poche parole farfugliate contro il suo orecchio, mentre le dita si stringevano tra le sue con una forza tale da fargli diventare le nocche bianche. Un crescendo che continuava a costruirsi fin quasi a diventare fisicamente doloroso, preannunciando un apice che probabilmente non aveva precedenti da entrambe le parti. E questo suo chiederle di attendere era proprio per questa precisa ragione: perché voleva che lo provassero insieme, nello stesso momento, condividendo pienamente ogni sensazione l'uno dell'altra. Please.. daddy.. I beg you.. can I come? I don't think I can handle.. Fu probabilmente il gioco di concomitanze tra il ritmo sempre più pressante, le parole di lei e infine il suo climax e scatenare in lui la medesima reazione, impedendogli di trattenersi ancora ed esplodendo in un piacere talmente intenso che per quei pochi istanti ogni altro pensiero andò a cancellarsi completamente dalla sua testa, lasciandola vuota se non per le immagini, i suoni e le sensazioni di quel preciso momento. Fuori controllo al punto da non sapere se la stretta delle sue dita le stesse facendo male, o se il suo modo di premersi completamente su di lei la stesse soffocando; tutto ciò che conosceva era quella disperazione immateriale con cui bramava di essere una cosa sola, di sentire i loro arti attorcigliarsi e le loro pelli fondersi come metallo fuso sul braciere. Un loop continuo che sembrava rigenerarsi di secondo in secondo, calando e rimontando con tanta velocità da fargli girare la testa per quel piacere così intenso senza precedenti. Quando poi la tensione andò a sciogliersi, un lieve tremolio attraversò gli arti di Albus una volta rilassati, portandolo a dover riprendere pesantemente il fiato perduto per quell'attività fisica non indifferente. Con una mano poggiata sulla lavatrice, avvolse l'altra attorno alla vita di lei, aiutandola a rimettersi in piedi mentre una piccola risata fuoriusciva dalle sue labbra per la goffaggine che entrambi stavano dimostrando in seguito a quel piacevole sforzo. "That was.." Si passò una mano tra i capelli, ridacchiando incredulo prima di lasciarsi attirare da lei, facendosi spazio tra le sue gambe per avvolgerla in un abbraccio in una ricerca di sostegno vicendevole. Ma non fece in tempo a dare risposta alle sue parole, che subito Mun lo catturò in un bacio che per la sua stessa essenza si ergeva a prova del fatto che nonostante tutto, quella fame che l'uno aveva dell'altra era semplicemente inestinguibile, continua, incapace di essere saziata. Le sue braccia si strinsero con ancor più vigore attorno al suo busto, attirandola a sé fino a sentire il suo battito cardiaco rimbombare contro il suo petto, conscio di regalarle la medesima sensazione. Completamente sincronizzati. "I'm really making you sweat. My my! ..you're so hot I could die watching you. I'm actually pretty sure I will.. some day.. in a very far future." Sorrise, guardandola con un misto di ironia e struggente tenerezza che brillava all'interno delle sue iridi celesti come il cielo estivo. Sbuffò una piccola risata contro le sue labbra, strofinando teneramente il naso contro il suo in un gesto docilmente affettuoso. Non riuscì a far altro che sospirare, avanzando una mano ad accarezzarle il volto per scostarle i capelli leggermente inumiditi dal viso mentre continuava a guardarla in silenzio, sorridente. "You are the mos beautiful thing I've ever laid my eyes on. I'll never get tired of looking at you, baby." disse piano, in un filo di voce smorzato da respiri pesanti, lasciando che la propria fronte si appoggiasse contro la sua così da poter vedere nient'altro che i suoi occhi. "Were you serious when you said you can go along with it for hours?" Di scatto sollevò un sopracciglio, come se la stesse interrogando riguardo la sua serietà. "You think I'd joke about it?" "'Cause babe, what I'm thinking will need soooooo much time." Improvvisamente la sua espressione si fece più intrigata, lasciandola muoversi nell'ambiente indisturbata, senza tuttavia mai distogliere lo sguardo pieno di curiosa malizia dalla sua figura. "What are you gonna do with that thing, honey?" domandò ironicamente nel vederla estrarre un cacciavite dalla cassetta degli attrezzi. "Don't you dare think we'll use this. It's not for me.. pretty sure you don't want it either." Scosse velocemente il capo, pur con un sorriso, come a farle capire che, no, lui poteva fare tranquillamente senza. Ma comunque la risposta ai suoi interrogativi arrivò presto, quando Mun si accovacciò accanto alla lavatrice per incidervi sopra una parola. Freedom. "This spot is for our freedom. We're free to do whatever we want, without thinking it could be filthy or wrong.. or whatever are saying these days about us. Pretty sure they can fuck themselves.. in between I will fuck you." E a quelle parole, una risata spontanea fuoriuscì dalle sue labbra, portandolo a scuotere appena il capo. "Well, can't say I'm disappointed." Un lieve bacio e subito lei lo invitò a seguirla verso un nuovo scenario, nello specifico il tavolino del salotto, complice degli avvenimenti di poco prima. "This one is for trust. Because I'm trusting you with my life..to make the rules. To give me orders. To teach me." Altro giro, altra corsa. Gli bastò quel nuovo contatto inaspettato con lei per cominciare a sentire nuovamente il proprio respiro farsi più pesante, desideroso di andare oltre ma interrotto prontamente nel suo intento. "The spot in the garden is for faith. We made it to the Holly City. Maybe there is actually something out there.. or someone. And we have our little miracle right here." Fagiolino. Quella felice deviazione di percorso che in molti avrebbero potuto pensare li avrebbe divisi ma che, in realtà, li aveva uniti ancora di più, diventando il centro delle loro vite e accrescendo spropositatamente tutto ciò che rendeva il loro rapporto unico e prezioso. Tratti più teneri furono quelli che assunse questa volta il suo sorriso, portandolo a chinarsi quanto bastava a stampare un bacio sul ventre di Mun prima che lei lo conducesse verso la scalinata principale della casa, sedendosi sopra di lui a cavalcioni una volta arrivati al gradino più alto. "Do you understand what I'm doing?" La guardò in volto con una certa curiosità, come se non ne fosse del tutto certo. Difficile anche mettercisi a ragionare, dato il modo in cui lei lo stuzzicava nel frattempo, portandolo a premere le dita sui suoi fianchi nel tentativo di controllarne il ritmo con respiro pesante. I think it's time for daddy to try an even more tight place to stay in. A quelle parole i suoi occhi brillarono di sorpresa ed eccitazione al contempo, stringendola a sé con maggior vigore mentre un gemito sommesso abbandonava le sue labbra a quel nuovo contatto e le sue mani si spostavano a stringere le natiche di lei con veemenza. Per ultime, le labbra, le quali andarono incontro alle sue in un bacio che lasciava ben poco al desiderio e all'immaginazione. I.. love.. you.. so much. Everything.. every god sake thing of yours. Can anyone be so crazy about someone else? Un respiro pesante misto a un gemito andò a gorgogliare nel suo petto, stringendola quanto fosse umanamente possibile mentre ripeteva in loop le stesse tre parole come un disco rotto. I love you. "This one is for success. Because we will succeed. Don't know why or how, or even when, but I promised you, you'll be fucking king. And you will succeed. I feel sorry for them, for how they took away your chances, because they will pay. And I will not ask either.. They're guilty. Each and one of them. We will get everything back. What we had and much more." Sospirò, stringendola a sé mentre tentava di riprendere il fiato. Un sospiro che andò ad accarezzare la pelle del suo collo, lì dove posò un tenero bacio. "I already succedeed. Can't you see it? I've got everything. Every single thing anyone could possibly want from life. I'm the most lucky bastard in the whole world, and it's all thanks to you." Davvero Albus non avrebbe saputo cosa chiedere in più. Aveva presto scoperto che la libertà era un concetto relativo, e che quei manifesti, così come la gente che li aveva appesi, aveva il potere di togliertela solo se tu per primo glielo concedevi. Si era ritrovato a chiedersi, Albus: ho davvero bisogno di quel luogo? Di quella vita? Di quelle persone? Ho davvero bisogno di tutto ciò per sentirmi in pace con me stesso. E la risposta era stata un secco no. Un no che non lo aveva fatto comunque desistere dalla lotta, perché al mondo non c'era solo lui, e perché non si combatte per ciò che è giusto solo quando ti fa comodo o ti tocca in prima persona, ma dovrebbe essere un dovere di tutti. Tuttavia lui, a dispetto di ogni cosa, era felice, e semplicemente non riusciva più a fare a meno di esserlo.
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    E una dietro l'altra andarono a scriversi le seguenti promesse nei luoghi più significativi di quella che ormai era casa loro a tutti gli effetti. Ognuna col proprio tempo, ognuna con la propria spiegazione, ognuna con la dose di amore, dolcezza, malizia e desiderio che li contraddistingueva. Loyalty. Forgiveness. Promesse che forse non c'era bisogno di esternare, perché forti anche nel loro essere implicite, ma che contribuirono comunque a rendere quel luogo un po' più loro, ponendo le basi di quello che ormai era chiaro fosse il progetto di una vita insieme. Tu la vuoi una vita con me? Questa era la domanda che lui le aveva posto sotto i fumi dell'alcool la sera della feste, e che pur se detta con la leggerezza dell'inconscio, Albus non aveva mai ritrattato o ritirato. Perché magari non gliel'avrebbe voluta porre in quel momento e in quei termini, ma ciò non significava che non ne fosse convinto. E infatti, una volta ripreso respiro e stabilità, avanzò una mano per farsi dare da Mun il cacciavite. "There it is, babe. Make your vows. Fuck me like you never did before." Con un sorriso intrecciò le dita della mano libera a quelle di lei, conducendola ad avvolgersi attorno al proprio collo prima di piegarsi quanto bastava a far pressione sull'incavo del suo ginocchio e sollevarla da terra. Una scelta piuttosto singolare e un modo decisamente evocativo di portarla in braccio, che rimandava a una precisa tradizione e che Albus non smentì ne' confermò. Altrettanto tradizionale fu la sua decisione di condurla in quella maniera oltre la porta della loro camera da letto, chiudendosela poi alle spalle con un piede prima di aiutare Mun a rimettersi in piedi. Senza fretta alcuna le posò un tenero bacio sulle labbra, incorniciando il volto di lei con le proprie mani prima di dirigersi verso il comodino, aprendo il primo cassetto. "Typical Inverness style: having a Bible in the first drawer beside the bed." disse, sghignazzando e scuotendo il capo tra sé e sé mentre sfogliava le pagine alla ricerca del passo tanto noto del Nuovo Testamento. Una volta trovato si schiarì la voce, alzando per un istante gli occhi su di lei prima di iniziare a leggere. "1 Corinthians 13." pronunciò solennemente, facendo guizzare una seconda volta lo sguardo a Mun, sollevando un sopracciglio nel citare le sue parole di poco prima "Do you understand what I'm doing?" Sorrise sornionamente, passandosi la lingua sulle labbra a inumidirsele prima di riportare lo sguardo alle pagine, cominciando a leggere il passo interessato. "If I speak in the tongues of men or of angels, but do not have love, I am only a resounding gong or a clanging cymbal. If I have the gift of prophecy and can fathom all mysteries and all knowledge, and if I have a faith that can move mountains, but do not have love, I am nothing. If I give all I possess to the poor and give over my body to hardship that I may boast, but do not have love, I gain nothing. Love is patient, love is kind. It does not envy, it does not boast, it is not proud. It does not dishonor others, it is not self-seeking, it is not easily angered, it keeps no record of wrongs. Love does not delight in evil but rejoices with the truth. It always protects, always trusts, always hopes, always perseveres. Love never fails. But where there are prophecies, they will cease; where there are tongues, they will be stilled; where there is knowledge, it will pass away. For we know in part and we prophesy in part, but when completeness comes, what is in part disappears. When I was a child, I talked like a child, I thought like a child, I reasoned like a child. When I became a man, I put the ways of childhood behind me. For now we see only a reflection as in a mirror; then we shall see face to face. Now I know in part; then I shall know fully, even as I am fully known. And now these three remain: faith, hope and love. But the greatest of these is love." E concluso il passo richiuse il libro, riponendolo lì dove lo aveva trovato per rigirarsi il cacciavite tra le mani e chinarsi verso la testiera del letto, sul cui punto più alto incise una parola semplicissima: Love. A quel punto, completata la sua opera e messo da parte l'attrezzo, si riavvicinò a Mun, poggiandole le mani sulle spalle per farle scendere in una lenta carezza lungo tutte le sue braccia fino a intrecciarsi alle sue dita, portandosi infine entrambe le sue mani alle labbra per poggiarvi alcuni baci leggeri. "It might seem like the most obvious, predictable and overrated thing in the world. It might look like a lack of originality, but the point is that I could use every turn of phrase in the world, trying to say something unique to you, and still there would be nothing more accurate than to say these three simple words: I love you." Sospirò, avvicinandosi a lei di un altro passo, lasciando così che i loro petti aderissero l'uno all'altro, creando un battito cardiaco unico, che procedesse secondo uno stesso ritmo sincronizzato. "I love you, Amunet Carrow. I love you and I will never get tired of saying this to you every time I get the chance to. I love you with every inch of my body, my heart and my soul. I love you like I've never loved anything else and like I'll never love anything else again. I love you now as I loved you yesterday and as I will tomorrow. I love you for a lifetime, because that's the exact amount of time I will be yours. 'Till death do us part." Un altro sospiro, questa volta dai connotati quasi sognanti, sull'orlo di un sorriso colmo di serenità, gioia, ma soprattutto un amore così viscerale e insondabile che Albus per primo non avrebbe mai potuto immaginare nemmeno nelle sue riflessioni più astratte. "You are the woman I love, the one I want to spend my life with. All of it. This is the sole promise I know I can keep as long as I live, and the only one I want you to never forget." E infine suggellò quelle ultime parole con un bacio, abbandonandovisi ad occhi chiusi con la stessa facilità con cui ci si addormenta, lasciandosi cullare dalla sensazione di essersi completamente donato a qualcun altro senza timore, senza forzature, senza l'angoscia dell'essersi messi a nudo con la persona sbagliata. Perché Albus sapeva che quella di fronte a lui fosse la persona giusta, e sapeva che un giorno lo avrebbe reso ufficiale, ma voleva anche che prima di tutto quella cosa fosse solo loro. Perché io non sento il bisogno di giurarti amore di fronte a una platea di persone per avere la certezza che tu mi appartenga tanto quanto io appartengo a te. Quel giorno arriverà, ma per me non sarà altro che una formalità. L'unica cosa che mi serve è questa: me e te. E vale tanto quanto ciò che verrà, se non di più. Tutte parole che non disse, ma che erano piuttosto implicite in tutto ciò che aveva appena fatto e detto, e che culminarono nel suo trascinarla con sé verso il letto, stringendola tra le proprie braccia nella più classica e scontata delle maniere, con la semplice intenzione di fare l'amore con lei. Nulla di più, nulla di meno. Perché a volte non c'è bisogno di orpelli o giri pindarici. La sostanza, a difetto dell'apparenza, è semplice, è chiara - e, come le gemme più preziose, è sempre la più piccola, quella che all'occhio del superficiale passa inosservata.
     
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    A ben guardare, ciascuna di quelle promesse, nascondeva un universo complesso. Qualcosa di altamente ridondante che rientrava nell'indole di Mun. Di esprimerle ad alta voce, non ce ne sarebbe stato bisogno, ma in un contesto in cui parte della sua disfatta era stata rimessa alle parole non dette, aveva quasi un bisogno spasmodico di dire qualunque cosa le passasse per la testa in qualunque momento si sentisse di farlo. Quasi come un promemoria costante, un continuo rinfrescare la memoria prima di tutto a se stessa del perché lei da lì non si sarebbe schiodata nemmeno sotto tortura. Ma c'era una motivazione ancora più profonda, qualcosa che non aveva compreso appieno a livello cosciente, ma che si ricollegava molto alla reazione che lo stesso Albus aveva avuto nei confronti di Jude non più lontano di un paio di mesi prima. Il riscatto; quel bisogno di riscatto costante, che sembrava a volte esser diventato un pensiero fisso, più simile a un'ossessione che a una vera e propria necessità di riabilitarsi. Perché da riabilitare non c'era poi molto; ogni strada che aveva chiuso e che le era stata chiusa, era una via che Mun non avrebbe in ogni caso intrapreso nuovamente. Non sarebbe mai più tornata a quella vita di feste, sfarzo e personalità sopra le righe, nemmeno se le porte di quel paradiso lussurioso le si fossero aperte aggiudicandola i titolo di regina. Perché Mun aveva conosciuto altro, aveva visto altro, desiderava altro, aveva già molto altro. Un tesoretto tutto suo che in così poco tempo era riuscito ad arricchirla molto più di quanto avesse fatto la sua vita precedente in diciotto lunghi anni. Ciò che muoveva i suoi passi lungo quella via dell'ostinazione era l'ottemperante necessità di ordine e disciplina, di giustizia. Un complesso quello dell'eroe tutto particolare, che aveva a tratti sfumature machiavelliche piuttosto evidenti. Oh, Albus Potter, sai davvero cosa ti sei messo in casa. Riesci davvero ad amarmi anche quando percepisci i miei tratti peggiori? Albus, in parte, di Mun aveva già visto il peggio; altrettanto si può dire di Mun nei confronti di Albus. Ma a volte pare ci sia un prima e un dopo; una prima e un dopo che si sono visti per davvero. E ogni qual volta quel contrasto si palesa in tutta la sua ovvietà, Mun si chiede se Albus ricorda ancora. Si chiede se è ancora consapevole del fatto che in quel animo convive tanto la ragazzina follemente innamorata, quanto l'arpia assetata di vendetta. È facile dimenticarsi da dove sono partiti quando quella favoletta sembra cristalizzarsi in ogni istanza della loro vita, avvolgendo le loro giornate di sapori dolci e immagini dipinte in colori tenui, tipiche di un confluire spassionato del tempo. Nella loro bolla, Albus e Mun vivono l'idiolio che qualunque loro coetaneo sogna nel profondo di sperimentare. Ma anche lì succede a volte che la loro quintessenza più veemente si manifesti. Come appunto quella notte a Hogsmeade, come adesso con Mun. Sotto la coltre di amore idilliaco si nascondono due personalità che vivono al confine tra bene e male, due personalità che, più che errare, sembra perseverino diabolicamente. Si salvano a vicenda, Albus e Mun, da quelle contorte spinte che consapevolmente spesso sembrano spingerli verso lidi tutto fuorché pacifici. « I already succedeed. Can't you see it? I've got everything. Every single thing anyone could possibly want from life. I'm the most lucky bastard in the whole world, and it's all thanks to you. » Eppure appunto, bastavano poche parole per ricordare alla piccola Carrow che in realtà quelle manie di grandezza, quel apparire ridondanti, con Albus non era assolutamente necessario. Per quanto non si sentisse mai abbastanza e per quanto avrebbe continuato sempre a cercare di fare sempre di più, addirittura strafare, per effetto dell'imprescindibile precaria percezione di se stessa, quelle parole riuscivano ogni volta a distoglierla da quel continuo ostinarsi a demonizzare ogni cosa e ogni situazione. Con il cuore a mille, scoppiò a ridere non appena il ragazzo la prese nuovamente in braccio, affondando il volto nell'incavo del suo collo, ispirandone affondo il profumo come se non ne avesse mai abbastanza. Sentirsi piccola e grande allo stesso tempo tra le braccia della stessa persona, non le era mai successo. Assumere tanto un carattere di guida quanto sentirsi guidata. Solitamente in qualunque tipo di rapporto, di qualunque natura ed intensità, Mun ne aveva sperimentato uno solo alla volta, forse anche e soprattutto per effetto della sua stessa ostinazione nel non dare e ricevere sempre nella piena totalità. Non si era mai permessa di entrare così tanto in sintonia con una persona, non al di fuori della famiglia. E a ben guardare, spostato su piano nettamente diversi, nemmeno i rapporti coi fratelli potevano paragonarsi con la complicità che sperimentava con Albus. Giunti in camera da letto le venne permesso rimettersi in piedi, e in tutta risposta sembrò piuttosto riluttante nello staccarsi da lui per premettergli di fare qualunque cosa avesse in mente quella volta. Inizialmente nel vederlo allontanare lo sguardo assunse quei tipici toni d'attesa e malizia, uno sguardo apertamente intrigato e sugli attenti, che tuttavia cambiò sfumature sotto la tenue luce delle candele non appena il ragazzo palesò l'oggetto di cui si sarebbe servito. Il volto di lei divenne apertamente confuso, mentre corrugando la fronte si ritrovò ad assottigliare lo sguardo. « Typical Inverness style: having a Bible in the first drawer beside the bed. » « Really? Biblical studies? Right now? » Scettica e prevenuta al solito, seppur il tono sia apertamente divertito. « 1 Corinthians 13. Do you understand what I'm doing? » Assottiglia istintivamente lo sguardo mordendosi il labbro inferiore, colta dalla sorpresa e dalla curiosità. Capisce cosa sta facendo? Non finché le prime parole del passaggio non giungono alle sue orecchie. Solo allora lo riconosce. Mun ha assistito a poche cerimonie a sfondo religioso in tutta la sua vita. Non era nemmeno certa se i Carrow fossero soliti battezzare i propri figli; di certo ricorda che quando sua cugina si era sposata era stata la prima volta che aveva assistito a una cerimonia che richiedeva la presenza di un pastore. Molti altri in famiglia, le unioni di stampo prettamente ritualistico, le denigravano. Uno dei tanti motivi per cui, aveva scherzato sul fatto che Inverness sarebbe crollata non appena ci avesse messo piede. Lo osservò nell'incidere l'unica parola che forse più di tutte dovevano promettersi. Love. Una sola parola che racchiudeva tutto il resto. La forza rigeneratrice che li aveva così profondamente cambiato, a tratti in meglio, a tratti forse anche in peggio. « It might seem like the most obvious, predictable and overrated thing in the world. It might look like a lack of originality, but the point is that I could use every turn of phrase in the world, trying to say something unique to you, and still there would be nothing more accurate than to say these three simple words: I love you. » Si sentì il cuore riempito di così tanta ammirazione da non riuscire nemmeno a contenerla. Non avrebbe saputo spiegare a quel punto a parole quanto tutto ciò significasse per lei, quanto si sentisse completa e appagata ogni qual volta Albus Potter decantava il suo amore nei confronti di lei. Era la forma di ossessione ultima, l'unica a cui non avrebbe saputo rinunciare. « I love you, Amunet Carrow. I love you and I will never get tired of saying this to you every time I get the chance to. I love you with every inch of my body, my heart and my soul. I love you like I've never loved anything else and like I'll never love anything else again. I love you now as I loved you yesterday and as I will tomorrow. I love you for a lifetime, because that's the exact amount of time I will be yours. 'Till death do us part. » Fu così sopraffatta da quelle parole che l'unica cosa logica da fare fu semplicemente fare eco a quelle parole, con il fiato corto; un cuore galoppante, prossimo alla tachicardia. « 'Till death do us part. » Solo allora si rese conto di aver bisogno di tirare su col naso, colta da un pianto leggero, degna espressione di tutta quella gioia incontenibile che si sentiva sgorgare dal cuore. « You are the woman I love, the one I want to spend my life with. All of it. This is the sole promise I know I can keep as long as I live, and the only one I want you to never forget. »
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    E non ci fu bisogno che Mun rispondesse a quelle parole. Tra quelle lenzuola amò Albus con la stessa intensità con cui l'aveva amato mille altre volte, rafforzata ancora e ancora da parole che in cuor suo già conosceva, eppure con la loro forza rievocativa, avevano fatto vacillare il suo mondo ancora una volta. Aveva il potere il giovane Potter di scuotere il suo mondo dalle fondamenta ancora e ancora. Quando penso di aver visto tutto, tu colpisci ancora. E probabilmente non era la forza delle parole a colpire davvero; probabilmente a quel punto dei giochi, Albus avrebbe potuto dirle qualunque cosa, ma alle sue orecchie sarebbero comunque suonate come le parole più bella del mondo, le più pregiate, le più consone. Gli pendeva dalle labbra a tal punto da accettare consapevolmente il suo universo come il migliore e il più singolare che potesse conoscere. [...] « Ti odio.. » Asserisce ad un certo punto mentre sdraiata sulla schiena di lui fissa il cielo prossimo all'alba fuori dalla finestra. E' così esausta e così felice che non riesce nemmeno a prendere sonno. Continuano così da ore, tra frasi ingarbugliate, baci e carezze, tra piccoli pisolini e altri abbracci, quasi come se il mondo potesse finire da un momento all'altro e loro non hanno abbastanza tempo per consumare ognuno di quei gesti. « Sarà sempre così tra noi due, eh? Ogni qual volta mi sforzi a essere profonda, tu troverai sempre parole più belle e più semplici per mettere tutto a sistema. » Non è certo un rimprovero. Posa di rimando un bacio sulla sua pelle, accarezzandogli dolcemente i capelli. A quel punto si stacca, mettendosi a sedere, mentre si passa le mani sul volto. « Lo so che è stupido.. ma ti odio. » Il volto colto da un'ondata di una frustrazione infantile, tipico di chi si imputa a fare qualcosa che volente o nolente farà in maniera maldestra. « E so anche che tu non ne hai bisogno, so che lo sai già. So che tutto questo parlarne è.. superfluo.. ma io ho bisogno di trovare le parole giuste, capisci? Devi sentirle, devo pronunciarle. Renderle palesi. Voglio che tu sappia precisamente cosa mi passa per la testa. » Una trasparenza talmente profonda che desiderava così tanto e a cui tuttavia non riusciva ad arrivare. « E' che non sono capace. L'ultima volta che ho detto tutto ciò che mi passava per la testa, avevo quindici anni, e sono stata scaricata per averlo fatto. E.. oltre al fatto che ai tempi ero decisamente diversa, ne sono rimasta.. terrorizzata. E ora non so quando è troppo, o troppo poco, e.. » Si copre gli occhi colta da un velo di imbarazzo all'idea di portare avanti un discorso tanto stupido. « Voglio che tutto sia perfetto - anche se per definizione nulla è perfetto. Se domani dovesse succedere qualcosa non voglio che mi rimanga il rimpianto di essermi dimenticata qualcosa. E può succedere. » Gli getta uno sguardo eloquente prima che possa dibattere. Lo conosce abbastanza da sapere che a quel punto cercherà di ribattere tranquillizzandola sul fatto che nulla di male potrà mai succedere. Perché questo è il suo compito. Assicurarla che tornerà a casa, che andrà tutto bene, che loro invecchieranno insieme e che per quanto la situazione possa sembrare disperata, ogni sera andranno a dormire nel loro lettone come se niente fosse successo. « Può succedere.. a me.. a te.. non dico che sono pronta; non lo sono nemmeno lontanamente. Ma ogni giorno, tu esci da quella porta e vai lì fuori a proteggere le persone. » Cita volutamente Jay, mentre gli accarezza con dolcezza il suo volto. A quello Mun ci ha fatto l'abitudine, o meglio, si è convinta che non può fare nulla per fermarlo da proseguire una causa che lo appaga, che lo fa sentire completo. Tutto ciò che può fare è appoggiarlo, e restargli accanto, sostenerlo, attenderlo a casa lasciandogli la parvenza che mentre lui è fuori, non ha nulla di cui preoccuparsi tra le mura domestiche. « Ed io sto in pensiero, perché potresti non tornare. » Pausa. « Anche a me potrebbe succedere qualunque cosa. Non c'è posto infallibile al mondo. » Per quanto Mun si senta al sicuro a Inverness, è certa che ogni luogo abbia le sue crepe; non c'è magia o ritualità che non possa essere disfatta. « Quando eravamo lì sotto ed io.. dormivo.. ecco quello è stato il primo momento in cui ho avvertito il peso di questa cosa. Era strano quel posto; Percy dice che ho dormito per giorni, ma per me si è trattato di.. ore? » Quell'aneddoto non gliel'aveva mai raccontato, forse perché in fin dei conti, le è sempre sembrato troppo preso per liberarsi di quel peso. E così, non potendone parlare con lei non ne aveva parlato con nessuno. « Lì dentro sono finita in questa stranissima stanza. Il perimetro era fatto di tende di velluto rosso al posto delle pareti e il pavimento era bianco e nero a zig zag.. era una specie di sala da cabaret, con tanto di artista anni 50'. Lì dentro c'era un sacco di gente.. tutta ammassata su divanetti e poltroncine. Uno sopra l'altro.. » Un'immagine a dir poco raccapricciante. « Ho visto Ben, Arthur, Edric.. ho visto me stessa.. Beatrix, e sono certa che c'erano anche altri di cui adesso sinceramente non mi ricordo. » Corruga la fonte prima di alzare lo sguardo nel suo con un certo timore. « C'eri anche tu.. solo che per quanto cercassi di attirare la tua attenzione là dentro, tu eri più interessato alla mia me presente lì dentro. » Compie una leggera pausa tempo in cui si morde il labbro inferiore. « Tentasti di avvicinarti all'altra me, che tra l'altro era piuttosto orrenda perché non aveva un volto.. credo. Sono andata nel panico e ti ho spinto via.. e.. sei sparito. Non oltre le tende. Sei proprio sparito. In quel sogno ho realizzato che tu non sapevi niente. Che non ti avevo detto cosa pensavo e cosa provavo, e cosa volevo.. e nonostante ciò io ti ho spinto via. E dovevo farlo, perché.. quel posto non era il tuo.. ma mi dispiaceva anche per me.. perché non te l'avevo detto. » Si stringe nelle spalle colta dalla stessa frustrazione di allora, rabbrividisce e stringe le mani di lui tra le sue. « E' stupido.. è davvero stupido mi dispiace.. ma vivo nel terrore che un giorno non potrò mettere su nemmeno il mio troppo o troppo poco e qualcosa mancherà e io non avrò avuto modo di dirtelo.. o dimostrartelo.. » Compie una leggera pausa, tempo in cui si avvicina abbastanza da strofinare il naso contro la pelle sul suo braccia, adagiandosi contro il suo busto lasciva, in un gesto che ha tutto il sapore dell'abbandono completo tra le sue braccia. « Promettimi solo un'altra cosa. Quando fagiolino nascerà.. se le cose saranno più complicate, prometti che non mi lascerai indietro. Siamo una squadra, io e te. Io voglio essere là con te.. anche se non ti piace. Noi due ci copriamo le spalle a vicenda.. insieme siamo più bravi, siamo migliori. E senza uno di noi.. non c'è famiglia. » Stringe con più forza la sua mano intrecciando le dita alle sue. C'è del puro egoismo in quelle parole, un egoismo opprimente di cui è consapevole e che sembra corroderle le vene, per quanto poca considerazione abbia nei confronti di ciò che in ogni caso ciascuno di loro si lascia alle spalle ogni qual volta esca da quella porta. Si copre di scatto gli occhi colta da una leggera crisi di pianto. « E adesso che devo stare sempre qua, non fare il coglione, Albus Potter. Perché io ho ancora cose da dirti.. e anche se dovessi finirle, me ne inventerò di nuove da dirti anche a rischio di farti stufare. » Patti chiari, amicizia lunga, Potter. « Finché morte non ci separi - però tra tantissimo tempo. Davvero tanto. Glielo lascio fare solo quando non riuscirai più a distinguere la mia faccia tra le rughe. » Però insieme. Perché io non mi immagino più per molto lontana da te.


     
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    "Ti odio.." Abbassò lo sguardo in direzione di quello di Mun, aggrottando la fronte con un'espressione a metà tra il divertito e il curioso, inclinando il capo in un cenno interrogativo. "Sarà sempre così tra noi due, eh? Ogni qual volta mi sforzi a essere profonda, tu troverai sempre parole più belle e più semplici per mettere tutto a sistema." E fu allora che alzò gli occhi al soffitto, scuotendo lentamente il capo prima di sospirare pesantemente e avvolgerle un braccio attorno alle spalle per stringerla meglio a sé e posarle un bacio sui capelli. "Pft, è una stupidaggine." "Lo so che è stupido.. ma ti odio." Un'altra alzata di occhi al soffitto, un'altra risata sommessa. Sei impossibile, Carrow. "E so anche che tu non ne hai bisogno, so che lo sai già. So che tutto questo parlarne è.. superfluo.. ma io ho bisogno di trovare le parole giuste, capisci? Devi sentirle, devo pronunciarle. Renderle palesi. Voglio che tu sappia precisamente cosa mi passa per la testa." Assumendo questa volta un'espressione più seria, fece per aprire bocca, come a volerla interromperla e dirle che - appunto - quelle parole erano superflue, che non gli interessavano, e che già tutto ciò che lei gli dava quotidianamente era più di quanto si sarebbe mai immaginato di poter ottenere a un'età così giovane. Ma lei lo andò a precedere sui tempi, continuando per la propria strada. "E' che non sono capace. L'ultima volta che ho detto tutto ciò che mi passava per la testa, avevo quindici anni, e sono stata scaricata per averlo fatto. E.. oltre al fatto che ai tempi ero decisamente diversa, ne sono rimasta.. terrorizzata. E ora non so quando è troppo, o troppo poco, e..Voglio che tutto sia perfetto - anche se per definizione nulla è perfetto. Se domani dovesse succedere qualcosa non voglio che mi rimanga il rimpianto di essermi dimenticata qualcosa. E può succedere." Con lo sguardo accigliato e l'espressione ormai della più totale serietà, Albus si mise meglio a sedere con la schiena contro la testiera del letto, come se si stesse preparando a un lungo discorso atto a ribadirle ancora una volta tutte le cose che mano a mano le diceva nella speranza di farla sentire più tranquilla - più protetta, a suo modo. Ma ancora una volta, fece solo in tempo ad aprire la bocca prima che lei potesse intercettarlo, probabilmente conscia di cosa stesse passando per la mente del ragazzo. "Può succedere.. a me.. a te.. non dico che sono pronta; non lo sono nemmeno lontanamente. Ma ogni giorno, tu esci da quella porta e vai lì fuori a proteggere le persone. Ed io sto in pensiero, perché potresti non tornare." Un tenero sorriso si andò a dipingere involontariamente sulle labbra del moro, accompagnato dal passaggio delle dita attraverso i capelli di Mun in una carezza dolce, in un certo senso appagata da quelle attenzioni che - pur se connotate da preoccupazioni infondate - riuscivano comunque a infondergli un senso di calore nel petto. "Anche a me potrebbe succedere qualunque cosa. Non c'è posto infallibile al mondo." Ed ecco che subito quel sorriso si andò a spegnere. "Quando eravamo lì sotto ed io.. dormivo.. ecco quello è stato il primo momento in cui ho avvertito il peso di questa cosa. Era strano quel posto; Percy dice che ho dormito per giorni, ma per me si è trattato di.. ore?" Quello che Mun spiegò in seguito a tali parole fu il resoconto di un sogno che Albus ascoltò in silenzio, con la fronte aggrottata, come se tra quelle parole riconoscesse qualcosa di noto che tuttavia non riusciva a identificare con precisione. Déjà vu. Fu così che se lo spiegò, nella mancanza di quel ricordo che gli sfuggiva, del sogno che lui stesso aveva fatto, identico a quello descritto da Mun, ma visto sotto la propria prospettiva. E infatti l'impressione che ebbe fu quella di un già visto, un già vissuto, che tuttavia aveva però i connotati dell'astrazione dipinti dall'intercessione di una rimozione nel suo subconscio. Albus quel sogno non se lo ricordava chiaramente, non in quel momento almeno. Eppure la netta sensazione di conoscerlo si stagliò comunque in lui, facendolo rabbrividire impercettibilmente per un istante. "In quel sogno ho realizzato che tu non sapevi niente. Che non ti avevo detto cosa pensavo e cosa provavo, e cosa volevo.. e nonostante ciò io ti ho spinto via. E dovevo farlo, perché.. quel posto non era il tuo.. ma mi dispiaceva anche per me.. perché non te l'avevo detto. E' stupido.. è davvero stupido mi dispiace.. ma vivo nel terrore che un giorno non potrò mettere su nemmeno il mio troppo o troppo poco e qualcosa mancherà e io non avrò avuto modo di dirtelo.. o dimostrartelo.." Sospirò a fondo, socchiudendo le palpebre nel movimento di stringerla al proprio petto, racchiudendole una guancia col proprio palmo mentre il polpastrello del suo pollice accarezzava teneramente la linea dello zigomo di lei. "Promettimi solo un'altra cosa. Quando fagiolino nascerà.. se le cose saranno più complicate, prometti che non mi lascerai indietro. Siamo una squadra, io e te. Io voglio essere là con te.. anche se non ti piace. Noi due ci copriamo le spalle a vicenda.. insieme siamo più bravi, siamo migliori. E senza uno di noi.. non c'è famiglia." Una promessa difficile da fare, per Albus, perché una parte di lui sapeva quanto facile fosse pronunciare le parole in quel preciso momento - quando la prospettiva da lei dipinta si stagliava ancora troppo in lontananza per preoccuparlo troppo -; ma l'altra parte di lui sapeva che quel giorno, presto o tardi, sarebbe arrivato, e che Mun non si sarebbe dimenticata di ciò che gli stava chiedendo ora. E se già Albus si sentiva restio adesso, a prometterle di non opporsi a quella sua volontà, figuriamoci quando sarebbe giunto il momento di metterla pure in atto, quella promessa. Serrò dunque le labbra, storcendole come a volersi frenare dal dire qualcosa di affrettato. "E adesso che devo stare sempre qua, non fare il coglione, Albus Potter. Perché io ho ancora cose da dirti.. e anche se dovessi finirle, me ne inventerò di nuove da dirti anche a rischio di farti stufare. Finché morte non ci separi - però tra tantissimo tempo. Davvero tanto. Glielo lascio fare solo quando non riuscirai più a distinguere la mia faccia tra le rughe." Nell'abbassare lo sguardo vide il volto di Mun solcato di lacrime, indistinguibili nel gomitolo di emozioni che le avevano scatenate. E alla stessa maniera, negli occhi di Albus si susseguirono stati d'animo diversi, tutti connotati da un minimo comune denominatore riconducibile alla confusione, al non sapere esattamente cosa dirle in quel determinato momento per non urtarla e, allo stesso tempo, non mentirle. Un'equilibrio difficile da trovare, soprattutto per uno come Albus, che le cose le aveva sempre dette in maniera brutale in qualsiasi circostanza, belle o brutte che fossero. Questa volta, infatti, non fece eccezione. "Non posso promettertelo." disse dunque a bassa voce dopo una lunga pausa, ritrovandosi a prendere un grosso sospiro prima di allontanarsi di poco, quanto bastava per guardarla in volto e racchiudere le sue mani nelle proprie "So che lo farai lo stesso, e so che non riuscirò a convincerti a fare altrimenti, ma non posso prometterti che non ci proverò. E' semplicemente contro la mia natura." Parole dette con serietà, ma anche con tono estremamente tranquillo, cosciente di come quella storia sarebbe andata. E infatti gli angoli delle sue labbra si sollevarono involontariamente a tratteggiare un millimetrico sorriso consapevole, mentre si stringeva nelle spalle. "Io cercherò sempre di fare tutto ciò che è in mio potere pur di saperti al sicuro. E sì, è vero, la certezza di sapertici al cento percento non me la può dare nessuno, ma ciò non mi impedirà di tentare, quanto meno, di tenere quella percentuale quanto più alta possibile." Inclinò il capo, come a scivolare nell'inciso successivo con tono più ironico, sollevando entrambe le sopracciglia. "Cosa che tu certamente non mi rendi facile, fattelo dire. Quando ti intestardisci su una cosa, Dio ce ne scampi e liberi! Ed è per questo che ho la certezza - che io te lo prometta o meno - che tu, a prescindere, non mi ascolterai. Con ogni probabilità finiremo per fare una litigata epocale, mi vedrai scapocciare per giorni, alzare un polverone enorme, polemizzare su ogni cosa e tutte quelle cose bellissime del mio carattere che tu ami più di qualsiasi altra cosa." Sghignazzò, chinandosi velocemente a stamparle un piccolo bacio sulle labbra, incorniciando il viso di lei con le proprie mani e poggiando la fronte contro la sua. "Questo per dire che, al massimo, posso prometterti di farmene una ragione..prima o poi. Piacermi non mi piacerà mai. A incazzarmi mi incazzerò lo stesso..ma ti conosco troppo bene per sapere che a te, della mia incazzatura, non te ne fregherà nulla." Sospirò. "E va bene così..perché a parti inverse, nemmeno a me fregherebbe niente della tua." Vorrei solo tenerti al sicuro, anche a costo di farmi tenere il muso per una vita. Proprio come lo vuoi anche tu. Lo capisco. Sarò sempre di parte, applicherò sempre due pesi e due misure, ma lo capirò lo stesso. Siamo fatti così: ci taglieremmo un braccio l'uno per l'altra ma ci incazzeremmo come delle belve se l'altro avanzasse anche solo l'ipotesi di tagliarsi un braccio per noi.
     
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    Le parole di quella sera, fagiolino, non furono altro che la degna dimostrazione di una verità che stavamo cercando di evitare per la maggior parte del tempo. Vivevamo ancora nella condizione del sogno; un posto sospeso lontano dalla realtà, nella nostra bolla di sapone in cui ogni difficoltà sembra giungerci in un certo qual modo ovattata. Quelle parole ce le siamo dette in fin dei conti, sulla scia di una convinzione che avevamo assunto come un mantra. Quella secondo cui tutto sarebbe andato bene, perché se fino lì eravamo giunti, allora chiaramente da qualche parte, una qualche stellina stava vegliando costantemente su di noi. Eravamo ancora due bambini, scaraventati prematuramente in un mondo che non sapevamo esattamente né come affrontare, né come avremmo affrontato man mano che le cose si sarebbero complicate. Io e tuo papà, andiamo avanti, imperterriti, ma la verità è che vaghiamo alla cieca. Siamo solidi, quanto precari, perché se è vero che la nostra famiglia è la nostra più ampia realizzazione e anche il nucleo che ci mantiene sui binari giusti, è altrettanto vero che non potevamo scegliere un periodo peggiore per decidere di farlo. Sarei ipocrita se dicessi che non ho paura. Sarei ipocrita se ti raccontassi che, persino quella sera, nel pieno della nostra quasi irrazionale felicità, non ho provato una strana forma di angoscia. La parte peggiore era che.. non avevamo ancora visto niente. Quel presentimento che ci aveva spinti sulla scia di discorsi così astratti, non era altro che la punta dell'iceberg di ciò che sarebbe venuto. Ora lo so, e temo che ho cantato troppo presto vittoria. A quei tempi non ero a conoscenza del fatto che il passato sarebbe tornato a bussare alle nostre porte, forte e chiaro, con una forza persino superiore a quella utilizzata in passato. La prima nota stonante in quel paesaggio roseo e soleggiato era stato l'arrivo dei primi due emissari in catene alle porte di Inverness. Distrutti e logorati non solo dal orrore che avevano visto là fuori ma anche delle ripercussioni che lentamente le loro scelte avevano avuto su di loro. La seconda nota stonante era stato quell'insistente bussare alla porta poco dopo la mezzanotte del quindici luglio. Tuo papà in groppa a una creatura candida, i cui occhi mi avevano incatenata sull'uscio della porta. La terza nota stonante sarebbe arrivata assieme alla consapevolezza di aver fatto ancora una volta una cazzata. Ma per quest'ultima bisognerà attendere qualche giorno e la scoperta di un groviglio di mostri, nascosti sotto il nostro vecchio letto, giù al Quartier Generale. Credevo che l'uomo nero nell'armadio era finalmente scomparso. Speravo che l'impiccato sotto la finestra non si sarebbe più fatto vivo, che gli artigli sotto il letto avrebbero smesso di graffiare il mio pavimento. Credevo che l'infinito spazio profondo oltre la nostra dimensione prettamente umana, non avrebbe più bussato alla nostra porta. Mi sbagliavo. E noi non siamo affatto pronti. Strappa la pagina e la getta tra le fiamme della piccola candela profumata sul tavolino da caffé di fronte al divano, prima di portarsi la tazza di tè alle labbra accarezzando dolcemente il manto di Arthas, il cui muso posa ora sul suo pancione. E' più irrequieto del solito, ma nonostante ciò, non si muove di un centimetro, mentre soffia tra i capelli di Jay, la cui testolina adagiata invece sulle sue gambe si muove appena impercettibilmente, probabilmente per sistemarsi meglio nel sonno. Mun fissa il paesaggio fuori dalla finestra. E' vicino. Ormai la notte è visibile non molto oltre le mura della città.

    Luglio
    Ding. Dong. Fa freddo a tal punto da doversi stringere nel capotto nero, prima di afferrare nuovamente la manina di Jay. Una neonato stretto al petto, cerca il calore nell'incavo del suo collo, mentre dorme profondamente. Qualche singhiozzo alle sue spalle attira la sua attenzione, prima di realizzare il luogo specifico in cui si trova. Godric's Hollow. E' già stata lì per accompagnare Freddie alla tomba del padre. Riconoscerebbe quella precisa successione di tombe e mausolei tra mille. Il cimitero di Godric's Hollow è particolarmente antico. Nessuna tomba è uguale alle altre. « Mun? Vuoi dire qualcosa? » Corruga la fronte mentre di fronte a lei si affaccia Percy Watson; nell'avvicinarsi, lascia scoperta la fotografia di Albus posta in un'elegante cornice color mogano. La piccola Carrow si stranisce mentre abbassa lo sguardo verso il mucchio di terra appena rinvangato, che stona con il restante terreno ricoperto di erba appena germogliata e fiori selvatici. Qui giace Albus Severus Potter, eroe, padre, figlio e inestimabile compagno. Panico. Non capisce. « Mun? » Indietreggia di un passo, mentre si stringe al petto il neonato, tanto quanto stringe la mano di Jay. Non è vero.. è la prima cosa che pensa. Non è reale.. continua a raccontarsi, mentre man mano la giornata soleggiata assume connotati sempre più grigiastri. Il vento prende a soffiare violentemente mentre un po' alla volta, il panico sopprime ogni forma di sua razionalità, sotto le sempre più colorite risate che rimbombano nella sua testa. La fluttuante ombra nera si accinge pian piano a farsi più vicina, finché non ingloba completamente la lapide incriminata. I soliti occhi rossi che ha imparato a conoscere alla perfezione, compaiono nel buio, e di scatto la risata le appare così famigliare da non poterla non riconoscere. Ha qualcosa di prettamente disumano, ultraterreno. S'intensifica, ancora e ancora mentre parole di una lingua sconosciuta fuoriescono dalle sue fauci spalancante, pronto a raggiungerla con i suoi artigli; ma prima che possa farlo.. [...] Tre colpi sulla porta. Sopraffatta trasalisce incontrando lo sguardo di figura che sorge sull'uscio della stanza padronale al secondo piano. « Scusa.. non volevo svegliarti. » Spalanca gli occhi con una certa difficoltà, prima che quest'ultimi si rivolgano verso un Albus ancora addormentato sul letto. Era rimasta sveglia sulla sedia dondolo al suo capezzale per tutta la notte e anche per parte del giorno successivo. Chi di dovere aveva detto che stesse bene. Era solo esausto e lei a quella speranza si era aggrappata con le unghie e i denti, stringendo la sua mano per tutto il tempo in attesa del suo risveglio. Alla fine si era infilata sotto le coperte accanto a lui e quando di dormire non ne aveva più voluto sapere e la posizione era diventata scomoda, si era sposata nuovamente sulla sedia. Così per un po'. Tris si schiarisce la voce. « Come sta? » « Bene. Ha solo bisogno di riposare. » Lo aveva già visto in quelle condizioni; aveva dormito altrettanto dopo l'uscita da Hogwarts, ma in quel frangente di tempo non aveva avuto modo di realizzare quanto fosse estenuante fare ciò che Albus era in grado di fare, semplicemente perché Mun a sua volta aveva dormito altrettanto, se non addirittura più di lui. Lo aveva visto in simili condizioni - esausto - anche nella foresta, ma a quei tempi ignorava di proposito qualunque influsso potesse provocarle, spostando deliberatamente lo sguardo dall'altra parte. Nelle ultime ore il rossore era tornato a ravvivargli le guance segno che lentamente quel immane sforzo che lo prosciugava ogni volta veniva lentamente meno. « Ci stiamo preparando là fuori. La Cattedrale è pronta ad accogliere gli anziani e i piccoli. » James gliene aveva parlato. Le voci correvano in fretta e pareva che le poche aree già rimangiate dall'upside down non avevano raggiunto le chiese e i cimiteri. Le avevano come.. bypassate. Westminster, nonostante la zona circostante fosse completamente grigia e buia, era ancora intatta; erano stati i monaci presenti in pianta stabile nell'abazia, a mandare notizie sul conto a Inverness, per aiutarli a prepararsi al meglio. Nei pochi frangenti che aveva lasciato il capezzale di Albus era venuta a conoscenza del fatto che secondo calcoli del tutto ipotetici, Inverness ne sarebbe stata rimangiata in meno di due settimane, calcoli quelli che non rassicuravano nessuno e che potevano essere del tutto errati. Ma cosa altro avrebbero potuto fare d'altronde se non farsi cogliere il meno impreparati possibile?
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    « Ci hai pensato? » Asserisce infine immobilizzandola con uno sguardo eloquente. « Dicono che sia sicuro. Molto più sicuro dell'incertezza in cui viviamo qui di certo.. » Sa bene di cosa sta parlando; anche quella è una delle decine di cose che la pettegola James e la sua ombra le hanno riferito durante un breve spuntino in cucina. « Sono già vissuta nella Loggia, ricordi? » « Era diverso. E non è andata comunque bene.. ricordi? » Sa cosa intende. Ai tempi Mun non era incinta e né lei, né Albus avevano poi molto da perdere se non l'un l'altro. Le cose si era decisamente complicate. « Lo so che ormai non dovrebbe più essere una cosa personale, ma quella gente mi ha voltato le spalle; hanno rinnegato me, braccato come un animale Albus e deriso mio figlio. Questa è casa mia ed io non nasconderò la testa sotto la sabbia.. per quanto posso. » Non me ne vado. Istintivamente i polpastrelli raggiungono il punto esatto in cui si è fatta tatuare il simbolo dei ribelli. Un tratto che al momento sembra avere più che mai un significato infimo di fronte alle prove ben più complicate che li aspetta. « Il suo posto è qui.. » Asserisce infine tornando a osservarne in volto con un affetto impossibile da nascondere. No - non affetto - amore. « ..e il mio posto è accanto a lui. » « Non è una giustificazione abbastanza - » « Ho scelto i Ribelli, Morgenstern. E' questo ciò che vuoi sentirti dire? Che sono una di loro? » Sembra ormai spazientita da quel continuo mettere in discussione le sue scelte come se dipendessero unicamente dalla sua impossibilità di tornare tra la sua gente. Sa che è ciò che hanno pensato per molto tempo, tanto di lei quanto in parte di Albus. « Lo sono - anche se probabilmente non avrà più alcuna importanza. » Cala il silenzio mentre la giovane si avvicina per osservare meglio il proprio parabatai. Pochi istanti e il suo sguardo è di nuovo su Mun. « Giù al centro operativo potrebbero aver bisogno di aiuto nelle settimane a venire. A Percy farebbe piacere se ogni tanto passassi. Ci servono tutte le teste pesanti disponibili e poi.. abbiamo persone a sufficienza che possono pensare ai marmocchi. Tra l'altro credo che ti farà tanto piacere tentare di sabotare i turni di questa testa calda pur di tenerlo al sicuro.. » Si stringe nelle spalle con naturalezza. « Pensaci e fammi sapere.. » Ma prima che la Morgenstern abbandoni la stanza dopo la breve visita, Mun si alza in piedi fermandola sull'uscio. « Ci sto.. » Una nota di eccitazione e coinvolgimento trapelò dalle sue labbra nel momento esatto in cui proferì quelle parole. « Bene. Ma non dirgli che te l'ho proposto io. Se lo sento far polemica anche su questo, mi getto dritta tra le fauci del kraken. » E dicendo ciò abbandona la stanza, condotta fuori dalla casa, forse da uno tra James e Janis che ormai, negli ultimi giorni hanno piantato le tende a casa loro, senza contare tutti gli altri parenti che ogni tot si presentavano con qualcosa da mangiare oppure semplicemente per capire se potessero fare qualcosa. Incredibile ma, per la prima volta la più calma era stata Mun, forte del fatto che tutto ciò lo aveva già visto. L'unico favore che aveva chiesto era stato di tenere Jay con loro per qualche giorno, per non farlo preoccupare sulle condizioni di Albus. Gli aveva raccontato una bella storia su quanto ai nonni mancasse stare un po' con lui promettendogli che sarebbe tornata a prenderlo prima che se ne accorgesse. Si sarebbe divertito così tanto che non avrebbe avuto nemmeno il tempo di accorgersene del tempo passato. « Ok, ora puoi smettere di far finta di dormire. » Asserisce infine, strattonando il suo braccio con un leggero sorriso sollevato. Lo aveva visto muovere le palpebre già durante le ultime fasi del discorso a cuore aperto con Tris, ma aveva semplicemente deciso di far finta di niente. « Abbiamo conquistato la furia. » Asserisce spostandosi sul letto al suo fianco per stampargli un leggero bacio sul naso. « E' proprio disfunzionale. Se siamo apposto senza di lei, si sente in dovere di renderci miserabili, ma non appena parte il minimo disagio, si scioglie come un ghiacciolo al sole. » Solo allora sospira sollevata, accarezzandogli premurosamente la guancia. Seppur abbia mantenuto il controllo per non mandare in paranoia nessuno, non poteva dire di esser stata tranquilla. Quella brutta cera l'aveva spaventata, così come l'aveva fatta arrabbiare e preoccupare anche solo l'idea di saperlo a Hogsmeade in mezzo alla bolgia. Sul momento era stata arrabbiata con lui - forse lo era ancora - ma in cuor suo sapeva avrebbe potuto fare ben poco. Relegare Albus Potter a una vita sedentaria dentro le mura domestiche in quelle circostanze era come tentare di tenere a bada un toro durante la corrida. Mun dal canto suo non sembrava altrettanto entusiasta all'idea di mettersi in gioco. Sapeva che, tanto prima quanto ora, il suo unico vantaggio decisamente sopravvalutato di fronte a certe entità, era la sua astuzia, la capacità di pensare fuori dagli schemi e di sfruttare l'elemento sorpresa. Ma tutto ciò, contro creature che andavano infilzate non era sufficiente, e lei, lo stomaco per quella vita non ce l'aveva. A quel punto vorrebbe chiedergli che cosa ha visto, cos'è successo di preciso, com'è andata, ma a dirla tutta non sa nemmeno se vuole saperlo. L'idea di immaginarsi da capo tutto quell'incubo, vissuto per due mesi di fila, la fa rabbrividire e, scossa ancora dal sonno tutto fuorché rigenerativo, poggia la guancia contro il suo petto accarezzandosi dolcemente il pancione. « Non muoverti. » Asserisce infine con un sorriso a trentadue denti mentre sparisce oltre la porta per tornare pochi minuti dopo con uno di quei enormi muffin al cioccolato di nonna Tonks, su cui ci ha fissato una candelina. « Tanti auguri, Fagiolino. Oggi sono venti settimane. » Siamo già a metà. Oltre la metà, a dirla tutta. Non le sembra vero che così tante cose sono successe in così poco tempo. Rivolge il dolce verso di lui, intimandolo a soffiare assieme a lei. Sulle ultime, quel festeggiamento viene troppo presto caricato dal sorriso amaro di lei, sfoggiato mentre intreccia le dita a quelle di lui. Vorrebbe trovare parole adatte per dirgli quanto sia stata in pensiero e quanto l'attesa l'abbia consumata dall'interno, ma in quel momento decide di non rovinare tutto, di non concludere con il solito te l'avevo detto, fai sempre di testa tua.

    « ..che poi lo so che non tutti scalciano dalla sedicesima e che potrebbe essere solo estremamente pigrone, ma sto iniziando a pensare che ho fatto qualcosa di male.. o magari l'ho mortificato.. » Tenergli il muso per essere tornato a casa raccolto in un cucchiaino sarebbe stata una mossa così da Amunet Carrow; ma non quella volta, sia perché quello era un giorno speciale, sia perché non le sembrava il momento prettamente adatto per litigare. Quindi, aveva semplicemente deciso di approfittarsi di quei momento di respiro ignorando di proposito che là fuori era in corso una vera e propria apocalisse. Se qualcuno avesse anche solo tentato di nominarle l'eterna notte in procinto di minacciare le Highlands, probabilmente Mun si sarebbe tappata le orecchie facendo una delle cose che da sempre faceva meglio. Vivere di negazione. A ben guardarla, nel modo in cui si stava aggrappando al braccio del giovane Potter, sembrava non aver nemmeno realizzato, né perché si era sentito male, né cosa stavano facendo gli altri nel bel mezzo dei preparativi per la guerra. Stretta nei suoi vestiti estivi, con il solito tacco dodici, la piccola Carrow sembrava voler arbitrariamente vivere ancora nella sua bolla di sapone evitando qualunque variazione sul tema Loggia Nera. Nemmeno sentire dell'arrivo in città dei prigionieri di cui tutti parlavano, l'aveva smossa. A ben guardare la tentazione di scendere nei sotterranei per parlare con Ben Weasley era quasi insopprimibile, ma, nonostante ciò, ogni qual volta le venissero idee strane sul punto si ripeteva che lei con tutta quella faccenda non aveva più nulla a che farci. Ho scontato ciò che dovevo scontare. E' finita. Nonostante il vociare attorno a loro preannuncia uno scontro tra titani, Mun cammina a fianco del suo uomo, come se si trovassero in vacanza, col suo bel pancione in vista, gli occhiali da sole sul naso intenta di tanto in tanto ad accarezzarsi i lunghi capelli lucenti o regalargli qualche carezza degna del migliore fresco idillio della vita. Un atteggiamento quello che stona non poco con l'ansia patologica di cui la vita di Mun è imperniata persino per le cose più stupide, figuriamoci per lo sgorgare della Loggia Nera nel mondo terreno. « Ah ma lo sai chi mi ha contattato? » Discorsi di una quotidianità persino ridicola di quei tempi. « Miss Andrews! Accidenti! Sembra stia al Quartier Generale. Dice che quando si trasferisce ci vuole invitare per merenda a casa sua. Sembra le sia giunta voce di.. un po' tutto.. e le farebbe un sacco piacere vederci. » Miss Andrews, la maestra del loro cuore. Al solo pensiero gli mostra un sorriso sornione, stringendosi al suo braccio con più insistenza. « Comunque, lasciando da parte i piani per le innumerevoli cene, pranzi, merende e colazioni a cui continueremo a dover presenziare - quindi - andiamo a fare questa cosa, e poi dritti a scegliere quello che ci manca. Voglio una montagna di cose non più unisex - che si tratti di una femmina o di un maschio. Questo cucciolo deve avere roba almeno fino al compimento del terzo anno di età. » L'ennesima dimostrazione che Mun dell'upside dawn non sembrava nemmeno essersene accorta. Il piano restava invariato. Dopo la morfologica, sarebbero saltati in macchina e guidato fino al centro commerciale più vicino per tornare a casa possibilmente con un camion di cose che non avrebbero nemmeno saputo dove mettere. D'altronde, se irrazionalmente dovevano temere qualunque cosa stesse uscendo dalla voragine di Hogsmeade, dall'altra, Mun avrebbe negato la sua presenza finché non le si fosse palesata di fronte agli occhi, senza contare che, finché il sole splendeva sopra il cielo delle Highlands, era piuttosto certa nulla sarebbe accaduto. Quelle creature prediligevano il buio e il fresco. Scappavano piuttosto mortificate persino sotto l'effetto di un Lumos Maxima, persino ai tempi del Lockdown. E infatti, eccoli poco dopo sotto l'insegna dell'ospedale principale di Inverness, che era stato lentamente riattivato e rimesso a nuovo. I medimaghi accorsi tra i Ribelli si erano infine impegnati per riattivare la struttura e renderla nuovamente funzionale a un ritmo pressapoco negli standard del miglior grado di sanità possibile. « Eccoli! In perfetto orario.. » Come sempre. Si sente Mun di aggiungere mentalmente. Nelle questioni importanti che vanno al di là degli appuntamenti romantici, Mun è più precisa di un orologio svizzero, e seppur sembrasse stessero perdendo tempo per le strade di Inverness, il suo occhio non aveva smesso di controllare elettrizzata l'orologio al polso di Albus per tutto quel tempo. « Siamo alla.. » « Ventesima settimana. » Il suo tono tradisce impazienza e non poca eccitazione, mentre intreccia le dita a quelle di Albus, lasciandosi condurre verso il reparto neonatale; quello pressapoco più deserto. Albus e Mun restavano l'eccezione alla regola nella decisione di mettere su famiglia in mezzo a tutto quel disastro. « Bene, controlliamo che tutto proceda normalmente, facciamo un paio di test e le analisi del sangue e capiamo indicativamente la data.. » Ommioddio, la data! Di già? Gli occhi color ghiaccio di lei si sollevano verso il volto di Albus, non riuscendo a contenere la felicità mischiata al panico che esplode sul suo viso. « Vi siete decisi? Volete sapere se è maschio o femmina? » Mun viene fatta accomodare sul solito lettino ricercando in automatico la mano del ragazzo. Si morde il labbro inferiore decidendo arbitrariamente di lasciare a lui l'onore della risposta. Lo vogliamo vero? Sì ti prego, lo vogliamo.


     
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24 replies since 19/5/2018, 14:27   609 views
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