Wicked ones

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    Il significato della lotta, il significato vero, totale, al di là dei vari significati ufficiali è una spinta di riscatto umano, elementare, anonimo, da tutte le nostre umiliazioni. Ci passiamo mai davvero sopra alle nostre umiliazioni? La superiamo mai del tutto? Ci insegnano che ci sono tante cose belle nella nostra vita. Che non si può mai diventare stanchi di vivere, che non c'è situazione per quanto difficile e disparata che non si possa superare. Non desideriamo mai che tutto smetta per davvero, che tutto si fermi. Davvero? No. Non è vero. La verità è che per quanto la vita ci piaccia, farla smettere a volte sarebbe molto più semplice. So di aver provato a farlo; io so cosa significa vedersela scorrere davanti come acqua tra le dita, avere l'impressione che sia ancora lì senza mai riuscire ad afferarla. So cosa significa vedere il terrore negli occhi dei nostri cari di fronte alla palpabile sensazione di aver fallito. Tu Percy, con me, hai pensato di aver fallito più di una volta; io te l'ho lasciato credere. Ti ho lasciato pensare che non avessi fatto abbastanza per me, quando in realtà hai fatto più di quanto dovessi. Non ero una tua responsabilità. Nessun fratello dovrebbe prendersi sulle spalle un tale peso morto, caricarselo e portarselo appresso per così tanti anni. E nonostante questo tutti ti dipingono come un mostro. Lo fanno perché mi hai protetto. Una, due, dieci.. centinaia di volte. Se dovesse tirare a indovinare forse senza di me saresti diventato qualcos'altro. Saresti stato diverso. O forse no. Forse io non c'entro niente. Forse la mia presenza non ti ha danneggiato. Ma se c'è anche solo una possibilità perché il tuo più gran problema sia io, non voglio più renderti la vita ulteriormente complicata. « Amore, hai un aspetto orribile. » Trasalisce la ragazza. Non è più abituata a un contatto umano da sin troppo tempo. E forse è proprio per questo motivo che Greg ha iniziato a farle visita. « Disse il ragazzo morto.. » Fu l'unica risposta di Ophelia, mentre apriva la porta dell'ennesimo appartamento pronta a superare la notte. Riempie una bacinella d'acqua con l'ausilio della bacchetta, e inizia a lavarsi la fronte della polvere incrostata. Da quanto tempo vive là fuori? Troppo poco perché possa considerarsi una sopravvissuta, troppo per un esserino tutto sommato alquanto fragile. « Il fatto che io sia morto, non è un buon motivo per privarmi della migliore versione di te stessa, Merlino bbbbono! » Mentre si osserva allo specchio, intenta a passarsi il panno umido sulla fronte, quell'ultima parte del suo discorso la obbliga a girarsi deglutendo. Eccolo lì, in tutta la sua bellezza, seduto su quel divano consunto a gambe incrociate. Il solito sorriso smagliante che farebbe impazzire qualunque adolescente con la testa apposto. Sì, anche Ophelia ha subito quel fascino, ma alla fine, Greg è diventato semplicemente Greg, il suo confidente, la sua spalla, il suo migliore amico, la persona che probabilmente più di tutte è passata sopra a tutta la sua instabilità senza mai farla sentire fuori posto. Così diversi, eppure per certi versi in grado di aderire uno all'altro come fossero nati per stare insieme. « Non credo che tu sia in diritto di chiedermi di cosa posso o non posso privarti. » E' acida, indurita da quell'assenza di socializzazione. Seppur Ophelia e la solitudine fossero fatte per convivere come due chimere perfettamente compatibili, non era mai rimasta così lontana da qualunque forma di interazione sociale. Nemmeno nel lockdown era rimasto sola così a lungo. Forse le sue interazioni ai tempi erano tutto tranne che reali, ma lei qualcuno con cui parlare ce l'aveva avuto sempre. E ora, in assenza di quello, di tutto ciò che riusciva a fare la sua mente di stampo masochista, era riportarle l'unica persona che non avrebbe mai più riavuto.
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    « Cosa segue eh? La prima regola del Fight Club: non parlate mai del Fight Club? » « Per quanto Brad Pitt sia all'altezza - grazie per il complimento - trovo Tyler Durden decisamente troppo rozzo per i miei canoni. » « Non te l'ho chiesto, comunque.. » « Ma il combatti per sapere chi sei mi sembra alquanto adatto alle scelte che hai fatto. » Pausa, tempo in cui Ophelia si apre una lattina di diet coke, stendendosi sul divano, appoggiandovi i piedi sopra il tavolino di fronte a sé. La desolazione fa questo; ti scuote dalle fondamenta, cancella le tue tracce, le tue origini, qualunque cosa tu fossi stata prima di ciò. Questo wild west ci ha fatti tornare fottuti animali. « Non è questo ciò che volevi? » « Si beh volevo tante cose.. guarda com'è finita. » « Ophi, tesoro, tu una casa ce l'hai. Hai una famiglia. Un posto tutto tuo.. c'è tante gente che ti aspetta. » « No. Non è vero. » Taglia corto stringe i pugni e i denti. A livello subconscio sa che di avere ragione. Ma Ophelia, tutto ciò non vuole vederlo. Rinnega tutto ciò che di nuovo si è abbattuto nella sua vita dal giorno alla notte. « Non lo pensi davvero.. » Scoppia a ridere e a piangere contemporaneamente a quel punto Ophelia, dirigendosi a osservare estraneata fuori dalla finestra. Una strada deserta, al tramonto; un tempo quel quartiere residenziale era colmo zeppo di persone, bambini, cani scoppiettanti di gioia. Ora non c'è più.. « ..non c'è più niente. Lì non c'è niente per me. Io questo non lo voglio. Questa vita, questa proclamarsi salvatori della patria. Reclamare una giustizia divina che non ci appartiene. Se Dio esiste dovrebbe chiedere perdono. » E sa cosa direbbe Greg a quel punto. Greg direbbe che quando si è nati per qualcosa, non si può sfuggire per sempre. Ma Ophelia l'avrebbe fatto. Finché ne avrebbe avuto fiato nei polmoni e volontà l'avrebbe fatto. Volge lo sguardo verso il cielo a quel punto. « Se ci sei, spero tu abbia una buona scusa per farci questo. Semmai dovessimo incontrarci spero tu sia pronto a spiegarmi per quale motivo ci hai tolto tutto. Spero tu sia pronto a spiegarmi per quale motivo mi hai messa al mondo.. così. » Fragile, debole, inutile. Codarda e insignificante.

    La pioggia cade pesante mentre la figura incappucciata si sposta sulle strade di Londra. Lo fa in maniera del tutto casuale, senza un muovente, senza una meta precisa. In condizioni normali non lo avrebbe fatto, non si sarebbe avventurata così lontana da casa ma a quel punto non può fare altro se non tentare di contare sulle poche risorse che ancora ha. Tentare un approccio alla Gringott sarebbe stupido, oltre al fatto che non sa se i loro conti sono ancora in piedi. Il Ministero potrebbe aver congelato tutti i loro fondi. Con il mandato di cattura emesso a nome di Percy, le speranze perché possa tornare alla sua vecchia vita sono pressoché nulle. « E allora perché siamo qui? » La prima metà è quel negozietto dalle vetrate perennemente impolverate che Ophelia conosce sin troppe bene. Oltre il banco un giovane negoziante discute animatamente con Gawen Olivander il cui sguardo le risulta parecchio assente. Somiglia così tanto al figlio che Ophelia non può fare a meno di ricacciare automaticamente le lacrime con forza, convincendosi che non è il momento adatto per piangere. Nulla le darebbe maggiore gioia se non entrare in uno dei posti che considera più casa. Qui ho passato la mia adolescenza. Qui io e il mio migliore amico abbiamo sbavato dietro ai primi amori, ci siamo consolati a vicenda. Qui sono crollata in lacrime più e più volte, con la consapevolezza di essere al sicuro. Senza Greg tuttavia, non è la stessa cosa e allora distoglie lo sguardo e passa oltre. Avvolta sotto le vesti di una giovane strega i cui capelli ha sottratto al mercato libero scambiandola con metà delle sue razioni di cibo, si sposta ancora lungo una delle strade principali del quartiere di Diagon Alley, trovandosi di scatto di fronte a un negozio a lei ben noto. Molte volte in passato si è ritrovata a deridere gli strampalati Weasley. Troppo in basso sulla scala sociale rispetto ai rispettabilissimi Watson. Buffo come le cose si erano nettamente ribaltate. Incolla la fronte contro una delle vetrine del negozio, alla ricerca di una figura ormai a lei ben nota, ma non lo vede. « Oh.. certo.. sei venuta a cercare lui. Il barlume di speranza. » Si stringe nelle spalle Ophelia, mentre si avventura all'interno del negozio, guardandosi attorno con fare sospettoso. « Posso aiutarti? » I suoi occhi incontrano una figura particolarmente solare, che scende precipitosamente le scale dai piani più alti colmi di scherzi coloratissimi. Un paio di stelline colorate vorticano fastidiosamente attorno alla sua testolina, mentre si guarda attorno curiosa. Non ricorda di essere mai entrata lì dentro, per quanto effettivamente il negozio fosse famoso. Lo trovava di cattivo gusto, e ora inizio a capire anche perché. Non è che ci sia di qualcosa di veramente pessimo nell'ambiente. E' piuttosto Ophelia a cozzare decisamente con tutto l'arredamento. « Stavo.. stavo cercando Fred.. » Asserisce mentre il suo sguardo incontra una superficie riflettente alla sua sinistra. Gli occhi verdi della ragazza stanno assumendo il naturale colore di lei. L'effetto della polisucco sta svanendo, e allora la ragazza abbassa istintivamente lo sguardo mentre si schiarisce la voce. « Fred non c'è al momento. Posso lasciargli un messaggio? » Ci pensa su Ophelia in tutta la sua apatia. I suoi movimenti appaiono decisamente rallentanti rispetto all'allegro ambiente che la circonda. « Sai quando torna? » Il ragazzo si stringe nelle spalle. « Chiederesti mai al tuo capo quando va e viene? » Scoppia a ridere, ma Ophelia non lo trova divertente e lui percepisce la tensione che il disagio della ragazza provoca tra loro. Lei d'istinti immerge le mani nelle tasche della felpa. « Non lo so.. a volte è sempre qui, a volte non c'è per parecchio. » « Vive qui nei paraggi? » Le ha detto che tornava a Londra per occuparsi degli affari di famiglia. Lì lo avrebbe saputo al sicuro. Ma evidentemente sapeva troppo poco per stare tranquilla. « Ehi ehi Ophi, non avevi detto che non t'interessa questa vita? » Infatti non m'interessa. Risponde lei mentalmente, cercando di non mostrarsi infastidita dalla chiara provocazione di quel Greg immaginario che si ostina a torturarla. « Se si fa vivo nei prossimi due giorni, digli di chiedere del vecchio appartamento di Greg Olivander. Se ti chiede chi lo cerca, digli che ci trova qualcuno che odia le damigelle in difficoltà. »

    Non è cambiato di una virgola. E' esattamente come lo abbiamo lasciato prima del ballo. Ecco, qualcuno ha rovistato tra i tuoi documenti, probabilmente per mettere su l'atto di decesso, ma per il resto è esattamente come me lo ricordo. Ordinato, preciso, puntuale, con un tocco di classe che solo a te riuscirebbe. Le piantine sul davanzale del salotto solo appassite. E l'unica cosa che riesce a pensare, Ophelia, è che Greg si arrabbierebbe da morire. C'è una loro fotografia sul caminetto, assieme a tante altre. La prende tra le mani e vi accarezza la figura del biond con un sorriso intenerito. E infine, prima che possa rimuginarci troppo sopra, lo infila nello zaino assieme ai pochi cambi che ha appresso. Ormai è del tutto se stessa. L'effetto della polisucco del tutto svanito. Attende e attende ancora, mentre svaligia le poche scorte che Greg ha in casa - conscia del fatto che non sia un gran amante del cibo a lunga conservazione e infila altrettanto ciò che resta per l'imminente viaggio che l'attende una volta uscita dal distretto di Diagon Alley. Attende e attende, e ogni tanto si sente così giù di spirito che non può fare altro che fumarsi l'ennesima canna per rilassare i muscoli, stringersi nelle coperte sul divano, e rimettersi a dormire. Dorme più di quanto le sia concesso fare, recupera tutto il sonno perso in quelle giornate perpetue passate nei distretti di piombo. Là fuori tra sciacalli e bande di malfattori, coi ghermidori sempre in agguato e l'Inquisizione sempre alla ricerca di carne fresca da dare in pasto al Ministero, non si fa mai notte, nemmeno quando fa buio. Al tramonto del secondo giorno nessuna notizia ancora. E quindi, a quel punto si decide di lasciar perdere. O Fred ha ricevuto il messaggio e non vuole vederla, o semplicemente a Londra non ci è ancora tornato. E quindi tanto vale ripartire. Inizia quindi a ripulire l'appartamento dell'amico di tutto ciò che le può essere utile. Riesce a trovare un coltello svizzero, qualche cambio pulito, e nel suo ufficio, riesce persino a trovare alcune delle sue bacchette speciali. Quelle che fabbrica nel tempo libero per passione. Non sono in vendita, ha detto a Ophelia più di una volta. E quindi è certa la traccia non le ha mai toccate. E tra tutto quel mucchio riesce a trovarne una che fa al caso suo. L'estrema lealtà verso il migliore amico, la porta a richiudere l'armadietto e lasciare il restante lì dove sono. Poi però, qualcosa scatta nella sua testa. Forse l'istinto di sopravvivenza, forse l'idea che comunque Greg non tornerà mai più e allora tanto vale rendere il suo ultimo grande lavoro utile.
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    Mi perdonerai per questo, ma potrebbero fare davvero la differenza là fuori.
    E quindi, alla fine, dopo mille turpiloqui interiori decide di ficcarle tutte all'interno dello zaino colpito da un incantesimo di estensione. E alla fine è pronta. Pronta per tornare nel wild west. Sono quei tre battiti distinti sulla porta a metterla sugli attenti. Bacchetta pronta alla mano si dirige a piccoli passi silenziosi verso la porta, guarda nel mirino e sospira con fare infastidito. Ah e alla fine ce la fa. Stringe i denti e alla fine con uno scatto improvviso apre la porta. Gli occhi di lei incontrano lo sguardo infuocato del rosso, ma per un istante non è chiaro quale sia quello che brucia di più tra quello naturalmente predisposto del giovane Weasley, e quello rabbioso della Lancaster. « E quindi.. sei ancora vivo. » Asserisce in un filo di voce gelido mentre gli dà le spalle, intenzionata a concludere il rito dei suoi bagagli quasi come se non ci fosse. Per un istante lo squadra con la coda dell'occhio cercando di accertarsi che sia effettivamente intero, per poi sollevare entrambe le sopracciglia con aria di sufficienza sbuffando profondamente. « Mi fa piacere. » Ma dal tono di voce non lo si direbbe. Non sa più nemmeno con chi ce l'ha Ophelia. Probabilmente con il mondo intero, probabilmente con Fred, probabilmente con Percy o ancora con Greg per essere rimasto indietro. « Come hai fatto a trovare tempo per me? » Asserisce stringendo i denti mentre continua a piegare i vestiti riponendoli dentro lo zaino energicamente. « Ormai sei uomo d'affari.. così irraggiungibile che la gente non sa letteralmente dove trovarti. » E a quel punto getta la felpa che stava ripiegando sul divano voltandosi verso di lui. « Hai detto che stavi a Londra. Che pensavi di occuparti della tua eredità. Hai detto che sei al sicuro. » Compie un passo nella sua direzione squadrandolo con uno sguardo furibondo. « Se domani non ti presenti più in negozio, nemmeno il tuo dipendente sa dove iniziare a cercarti. » Figurati io. Io ormai non so più niente. Le tremano le mani e così costretta a chiudere i pugni e incrociare le braccia al petto. « Beh almeno stai bene.. quanto meno posso togliermi dalle palle con la consapevolezza che sai cosa stai facendo. » In ogni caso questo non è il mio posto. Se me lo chiedi, probabilmente non ce l'ho più.. un posto.

     
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    « Hola capo. » Si volta, il rosso, individuando la sagoma di Alfie a pochi centimetri da lui. Lo fissa, con quella sua solita espressione da brivido, mentre lui si gira sulla sedia, piano piano. Perchè con Alfie è sempre meglio non fare movimenti inconsulti. Non ha la più pallida idea del perchè suo padre abbia assunto un tipo come lui, lì al negozio. Con ogni probabilità, visto il suo rifiuto di tornare a casa, per fargli un dispetto. Sì, sarebbe molto da George in effetti. Non che Alfie abbia qualcosa che non va, davvero, è solo che...E' solo che lo terrorizza. E anche tanto. E okay che ormai Fred sembra aver perso gran parte del suo essere il leone di Grifondoro, ma Alfie è proprio inquietante, sfiderebbe chiunque a non averne paura. « Andiamo Alf, quante volte te lo devo dire di non chiamarmi capo? Fred, solo Fred. O Freddie se vuoi... » « Siamo già così intimi da poterti chiamare Freddie? Dici sul serio? » Il ragazzo fa per avvicinarsi, con due grossi occhioni da micio, e a quel punto il rosso balza via dalla sedia, sgusciando dietro il bancone. Fin quando sono quì dietro non può toccarmi. Funziona un po' come lo stare sotto le coperte la notte, vero? « ..Okay Fred. Chiamami Fred. » Aggiunge, causando un ben visibile broncio sul viso scarno dell'altro. « Che c'è? Cosa volevi? » Domanda dunque, per distrarlo. La cosa buona di Alfie è che, come i cani, è facile distrarlo. A volte gli sembra di avere a che fare con la versione umana di Ghost. In effetti tutto avrebbe un senso, se Alfie fosse davvero la versione umana di Ghost. Molesto e coglione allo stesso modo. « E' passata una ragazza a cercarti. » Inarca un sopracciglio, Freddie, assottigliando appena lo sguardo. « L'ennesima, oltretutto. Ma che gli fai tu a queste donne? » L'espressione di Alfie è ambigua, ma il rosso lo ignora. « Chi era? » Domanda dunque, mentre inizia a sistemare alcuni giochi sparsi qua e là sul bancone. Non ha mai eccelso nell'arte dell'ordine, Weasley, e seppur il suo negozio faccia del disordine una delle sue componenti base, a tutto c'è un limite. Dio, sta diventando davvero così maturo? Che schifo. « Non ne ho idea, non mi ha detto il nome. » « Grazie Alf, sempre un sacco utile... » « Ma di sicuro non era quella con le tette grosse. Merlino cosa ci farei con quelle- » « Stai sul serio parlando di cosa faresti alle tette di mia sorella con me? » Il ragazzo si morde la lingua, boccheggiando come per cercare una scusa, con scarsissimi risultati. « Ad ogni modo...Non era neanche la mora col didietro da urlo. » Lo guarda, confuso « Quella che ogni volta che entra ti fa diventare un deficiente. Più del solito, ovviamente, senza offesa. Ci sei già andato a letto? » Tutto ciò che aveva tra le mani gli precipita per terra, in un tonfo tanto rumoroso da far sobbalzare persino quel rincoglionito di Alfie. « ..Okay non ci sei andato. Ma dovresti, davvero. Io lo farei tipo subito, cazzo. Non capisco come con tutto questo ben di Dio che ti gira attorno, tu non l'abbia ancora fatto con nessuna. Mi nascondi qualcosa? » Lo fissa allibito, Freddie, battendo le palpebre un trilione di volte. « Hai finito? » Gli lancia un'occhiataccia, mentre sente le guance andare a fuoco, ma cerca di ignorarlo. E' tutto okay. Ovviamente. Perchè non dovrebbe esserlo? Ah. « Oltretutto la mora col didietro da urlo è la ragazza di Parker. O qualcosa di simile. Lo conosci Parker vero? » Alfie sbianca. « E lo sai che gira spesso quì e che sente tutto a km di distanza, vero? » Nota il panico accrescere nello sguardo di Alfie, e, inaspettatamente, ciò lo fa scoppiare a ridere. « Dovresti vedere la tua faccia! » « No Fred ti prego non scherzare! E se mi ha sentito davvero? Lo giuro signor Parker non la toccherei neanche con un dito! Non perchè non sia una gnocca stratosferica, davvero, ma...ma..Freddie non voglio morire squartatooooo » « Sei imbarazzante, ma un sacco divertente. » Continua a ridere, il rosso, balzando sul bancone per sedersi di sopra. Alla fine, quando Alfie sembra essersi calmato, smettendo di parlare a gran voce col nulla, il dubbio ritorna. Ed assieme al dubbio, uno strano presentimento. Lo stesso presentimento che si sente addosso da giorni. Non capisce nemmeno lui perchè, e seppur sia piuttosto bravo a nasconderlo, sono ormai settimane che è irrequieto. Dorme poco la notte, ed il giorno percepisce una strana quanto fastidiosa sensazione ad opprimergli il petto. Non sa a cosa si riferisca, non sa quanto possa appartenergli, ma la sente anche adesso, mentre assottiglia lo sguardo, setacciando il viso poco sveglio di Alfie. L'ha già conosciuta, una simile sensazione. E' come se ad avere un problema fosse lui, ma al tempo stesso non lo fosse affatto. « Alf, chi era? » Lo setaccia con lo sguardo, l'espressione che si fa seria, improvvisamente. « Non lo so, capo, non mi ha detto il nome, già lo sai.. Che è quella faccia? Che ti succede? Non sei te quello che morirà orribilmente sventrato da Parker... Alfie si stringe nelle spalle, poi il suo volto si illumina. « Ah, aspetta. Ti ha dato appuntamento, al vecchio appartamento di Olivander. » La risatina ambigua del ragazzo non sembra scalfirlo, mentre la consapevolezza inizia a palesarsi, e lui scivola via dal bancone, poggiando i piedi per terra. « Parlava di odiare le damigelle in difficoltà, o qualcosa del genere. Cos'è? Un gioco di ruolo? Posso partecipare? » « Devo andare. »

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    « E quindi.. sei ancora vivo. » Non sa nemmeno perchè si trovi lì. Ha lasciato il negozio così velocemente da non fare nemmeno caso alle urla di Alfie, confuso da un simile, repentino, cambiamento d'umore. In effetti, visto da un occhio esterno, sarebbe sembrato strano anche a lui. Un momento prima rideva e scherzava, quello dopo eccolo a sfrecciare tra le strade deserte del distretto dell'oro. In fondo, di strano, ormai Fred Weasley aveva tutto. Non è più lo stesso, da tempo. Non si riconosce più come tale, e non fa niente per cambiare lo stato delle cose. E' così e basta, non più il leone, non più quel coglione di Weasley, non più niente di tutto ciò, o quasi. Trascorre le sue giornate nella solitudine perchè è nella solitudine che ormai gli piace stare, scappa da tutti coloro che un tempo considerava amici per rifugiarsi da coloro che aveva al contrario additato come nemici. Il suo mondo funziona al contrario, in un vai e vieni di paradossi quotidiani. Non sa cosa cerca, non sa cosa troverà, non sa nulla di tutto ciò e la cosa peggiore, per uno come lui, è che non gli importa saperlo. Non appartiene più a nulla, nulla di ciò a cui un tempo apparteneva per lo meno, ed è così che vanno le cose, punto e basta. « E quindi..sembri dispiaciuta. » Poi però, tutto si annulla. Ricordate? I paradossi di cui parlavamo prima. Dice di non appartenere a nulla, eppure è un nonnulla che basta a farlo precipitare nuovamente in quel baratro di dipendenza. Da cosa? Non ne ha la più pallida idea. Si fa spazio per entrare in casa, squadrandola dalla testa ai piedi. Non saprebbe descrivere come sia andata tra di loro negli ultimi tempi. Sostanzialmente due mine vacanti, probabilmente fin troppo colpiti e delusi da un'esistenza ed un destino ormai avversi. « Mi fa piacere. » Inarca un sopracciglio, scettico, mentre con la schiena si poggia al muro. « Ah sì? Mi stupisci. » La punzecchia ulteriormente, non sa nemmeno lui perchè. E' lì, Ophelia, a frugare tra quei bagagli e tutte le varie cianfrusaglie che si trovano lì in quella casetta. E lui è felice di vederla, è felice di sapere che sia ancora tutta intera, che stia bene e che tutto vada una meraviglia. Ma sarebbe ancora più felice se tutto questo fosse vero. Lei non sta bene e lui lo sa. Lei lì non ci dovrebbe neanche stare. E' pericoloso, è letale, è uno dei suoi soliti rischiare tutto e per tutto. E lui è arrabbiato, tanto quanto lo è lei probabilmente. Perchè lei rischia la vita, e lo fa pensando che a nessuno possa importare. Ma non è forse ciò che stai facendo anche tu, di giorno in giorno, da un po' di tempo a questa parte? « Come hai fatto a trovare tempo per me? Ormai sei uomo d'affari.. così irraggiungibile che la gente non sa letteralmente dove trovarti. » Sospira, incrociando le braccia al petto. « Hai detto che stavi a Londra. Che pensavi di occuparti della tua eredità. Hai detto che sei al sicuro. Se domani non ti presenti più in negozio, nemmeno il tuo dipendente sa dove iniziare a cercarti. » E' nervosa, con le mani che tremano e lo sguardo di fuoco. « Beh almeno stai bene.. quanto meno posso togliermi dalle palle con la consapevolezza che sai cosa stai facendo. » A quel punto, un sorriso gli distende le labbra sottili. Ed è amaro, sarcastico, probabilmente scettico. « Quindi è questo ciò che sembra visto da fuori? Che io sappia cosa sto facendo? Wow, ironico. » Non so un cazzo, Ophelia, lo capisci? Non so più un cazzo. Respira a fondo e si morde la lingua, stringendo i pugni. Vorrebbe sfogare tutta quella rabbia ormai repressa, ma Fred, in fin dei conti, non è così che è fatto. Al suo male pone sempre prima quello degli altri, e così fa anche adesso, mentre respira a fondo, il tono di voce rassegnato.« Non dovresti essere quì... » Borbotta allora, lanciandole un'occhiata. Non sembra cambiato molto, eppure al tempo stesso sembra completamente diversa. « Ti ho scritto quelle cose perchè non ti volevo quì. Non voglio nessuno di voi quì. E' pericoloso. » Pericoloso per voi, l'unico modo per non pensare per me. « Ed io non voglio vi accada nulla. E' già successo abbastanza, e tu sai cosa vuol dire. » Il dolore della perdita, lo conosciamo entrambi, ormai piuttosto bene. Gli fa male parlare così. Gli fa male parlarle così. Non vuole ferirla, nè tanto meno farle la predica. C'è una parte di lui che vorrebbe abbracciarla, contento di vederla tutta intera per com'è, dopo tanto tempo. Chissà forse uscirci a prendere un gelato, per poi prenderla in giro per tutta la vita non appena si macchierà il naso di panna. Ed è una parte di sè che gli manca, quella, così come gli manca farle davvero o avere la consapevolezza di poterle fare, certe cose. Ma è uno strano mondo quello dove vivono, ormai. E se allontanare le persone a cui tiene significa ferirle, allora è ciò che deve fare, per quanto doloroso possa essere. « Ma a te continua a non importarti nulla di ciò che potrebbe accaderti, vero? » Cerca il suo sguardo, con quei due grossi fuochi ardenti. « Continui a pensare d'esser sola anche adesso che non lo sei più? Hai tuo fratello, hai la tua gente, perchè vieni a cercare me? » Non sono più buono a nulla. Ci ho provato, per un sacco di tempo, ma col senno di poi forse non lo sono mai stato. Succedono cose orribili alla gente a cui tengo e che cerco di proteggere. Mun, Betty, Maze, Hugo, Brando, Lucas. Probabilmente porto sfiga. O forse semplicemente sono soltanto inutile. « Che ti succede? Cos'è che cerchi? » Il tono di voce è severo per qualche momento, prima di rilassarsi, mentre l'ombra di un sorriso gli si dipinge sul viso, e la sua espressione assume quella nota beffarda di sempre, almeno per qualche momento. Per qualche momento, torna il solito Fred di sempre. « Lo sai che se menti me ne accorgo. Quella roba dei super poteri weird funziona. E quello che dice le stronzate di solito sono io, non tu. Quindi finchè non spari,e non potrò togliermi dalle palle con la consapevolezza che sai cosa stai facendo, non mi schiodo da quì. »
     
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    « Quindi è questo ciò che sembra visto da fuori? Che io sappia cosa sto facendo? Wow, ironico. » Non lo pensa davvero, Ophelia. Non lo pensa nemmeno lontanamente. Questo non è il tuo posto. Non lo può essere. Qui non sei al sicuro. Qui nessuno può proteggerti. Non possono capirti. Mi ci è voluto del tempo per capirlo, ma ora lo so. So che qui nessuno ci vuole più. Perché per quanto asfissiante potesse risultare la sua vita a Hogsmeade, Londra sembrava attirarla ancora meno di quel villaggio bucolico, intrappolato ai confini del mondo. Ciò che a Ophelia mancava era forse l'idea della Londra che conosceva prima di tutto quel caos. Prima delle mura, prima della guerra contro i babbani, prima che l'antagonismo coi ribelli rendesse tutto più complicato. Questa città, divisa a compartimenti stagni, popolata unicamente da maghi, nulla aveva a che vedere con ciò che le piaceva della grande metropoli di un tempo. Col il considerevole ridursi della popolazione restare invisibili era diventato sempre più complicato. No. Questa non è la Londra che mi piaceva. Questa non sono più le strade su cui perdersi in compagnia di uno sconosciuto. Qui tutti si conoscono, anche solo di vista o di nome. Ognuno sa qualcosa di te, la tua storia, a chi appartieni, da dove vieni e dove stai andando. Come lo sanno a Hogsmeade. Non ci sono più posti dove scomparire.. a parte il grigiume oltre le mura della civiltà.. « Non dovresti essere quì... » E dove dovrei essere Fred? Qual è il mio posto? Vorrebbe chiederglielo, ma non trova il coraggio di farlo. Stringe quindi i pugni tentando di frenare quel tremolio, mentre abbassa lo sguardo in segno di arresa. « Ti ho scritto quelle cose perchè non ti volevo quì. Non voglio nessuno di voi quì. E' pericoloso. Ed io non voglio vi accada nulla. E' già successo abbastanza, e tu sai cosa vuol dire. » E lì una risata sarcastica fuoriesce dalle sue labbra, mentre una frase in particolare le resta impressa nella mente. Non ti volevo qui. Benvenuto nel club. Gli rivolge le spalle mentre stringe le dita attorno ai propri capelli quasi volesse strapparseli. « E per te immagino sia sicuro no? » Non si rende conto nemmeno di quanto ci è rimasta male finché non sbotta e sente distintamente il tremolio nella propria voce mentre si volta nuovamente nella sua direzione, scuotendo la testa con un misto di ironia e delusione. « Bugiardo! Sei un bugiardo. Smettila di fare l'eroe.. » Asserisce con quella punta di veleno incontrastata. La lingua biforcuta della serpe. « Gli eroi non sono ipocriti.. e tu invece lo sei, Fred. » E nel dirgli quelle parole lascia intravedere tutta la delusione che si sente addosso nel esserselo visto sparire dal giorno alla notte. Mi hai detto un mare di cazzate. E per cosa? Credevi non fossi in grado di accettare la verità? Cosa pensavi? Che ti avrei chiuso in uno scantinato solo per saperti al sicuro e stare apposto con la coscienza? Ophelia sa cosa significa scappare. Sa cosa si prova a voler evadere; a volte si vuole semplicemente evadere, finire nell'unico posto in cui paradossalmente non dovremmo essere. Avrebbe capito - capiva - ma era anche ferita da quell'ammontare di belle favolette. Si era immaginata che in fin dei conti se Fred ci era andato, Londra doveva essere bella. Doveva essere ancora quella di in tempo, esattamente come se la ricordava. Grondante di turisti e persone interessanti, di gente intrapprendente e tante speranze. Immaginava che solo lei l'avrebbe vissuta male, in quanto gemella di un ricercato. Ma non era così; non si respirava più la stessa aria, non era più lo stesso luogo in cui perdersi senza mai ritrovarsi. « Ma a te continua a non importarti nulla di ciò che potrebbe accaderti, vero? Continui a pensare d'esser sola anche adesso che non lo sei più? Hai tuo fratello, hai la tua gente, perchè vieni a cercare me? » Solleva lo sguardo in quello del rosso. Un miso di colpevolezza e dispiacere si annida nelle sue iridi mentre indietreggia in posizione di difesa di un passo, incrociando le braccia al petto. Come se potesse davvero diffendersi da quel entrarle sotto la pelle, da quel entrarle in testa e scrollare ogni certezza labile di cui si è circondata. Smettila Fred, tu non hai il diritto.. Diritto di fare cosa? Di sbatterle in faccia quanto sia disfunzionale? Quanto sia allo sbando? Quanto crudele sia nell'aver abbandonato suo fratello dal giorno alla notte come se niente fosse? Lo sa che Percy non se la stia passando meglio. Sa che nemmeno per lui è facile. Lo sa, e nonostante ciò non ci ha pensato due volte prima di voltargli le spalle in un perfetto misto di egoismo e mancanza di riconoscenza. « Percy sta meglio senza di me.. » Asserisce infine in un sussurro mentre abbassa lo sguardo colta da un improvviso brivido lungo l schiena. Per lui sono sempre stata un peso. L'ennesima responsabilità di cui doveva farsi carico. E glielo resa difficile questa vita di merda.. più di quanto non lo fosse già di suo.. « Che ti succede? Cos'è che cerchi? Lo sai che se menti me ne accorgo. Quella roba dei super poteri weird funziona. E quello che dice le stronzate di solito sono io, non tu. Quindi finchè non spari,e non potrò togliermi dalle palle con la consapevolezza che sai cosa stai facendo, non mi schiodo da quì. »
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    Di fronte a quelle parole, Ophelia si sente stranamente messa a nudo; colpita soprattutto dalle prime due domande, messa con le spalle al muro dal restante del discorso. Cos'è che cerca? Probabilmente ciò che ha sempre cercato: casa. Un posto a cui appartenere, un posto in cui sentirsi accettata, che funga, che sia in un certo qual modo funzionale. Per molto tempo quella casa è stata Percy, poi in parte lo è diventata Greg. Ma con il fratello invischiato in questioni che andavano al di là della loro comune sopravvivenza e la scomparsa prematura del migliore amico, a Ophelia non rimane poi molto. Sempre martoriata, presa in giro, umiliata, trattata alla stregua di una puttana, di una psicopatica, di una persona altamente inaffidabile, di una tossicodipendente con problemi psicologici oggettivi, sente di non avere più ormai un posto dove andare. E allora nel dubbio, come ha sempre fatto si perde. Sembra quasi non aspetti altri che sentirsi dire ancora e ancora non ti voglio o questo non è il tuo posto, o qualunque declinazione di queste due ipotesi. Ci sguazza nel dolore della solitudine, nell'idea di essere una persona ormai perduta. Non c'è più speranza per me, questo pensa, mentre abbassa nuovamente lo sguardo e indietreggia fino a lasciarsi cadere pesantemente sul divano, raccogliendosi le tempie nelle proprie mani. La testa le scoppia mentre si sottopone ancora e ancora alla tortura psicologica di tentare di pensare in maniera lucida senza averne poi molto successo. « Non lo so.. » Asserisce impaurita, mentre si passa le dita tra i capelli stringendo le dita attorno a grosse ciocche quasi come se volesse strapparsele. « Non lo so.. » Continua scuotendo la testa quasi tentando di negare persino a se stessa di esser arrivata a toccare così pesantemente il fondo. « E' solo.. tutto è così complicato. Qui.. » E dicendo ciò si tocca la tempia in un moto disperato, fissandolo con disperata rabbia mentre contemporaneamente si batte il pugno sul petto. « ..qui dentro nulla funziona come dovrebbe. » Sono rotta, Fred. Sono fottutamente rotta e la cosa peggiore è che me ne accorgo e non riesco a fare nulla per sfuggire ala follia. « Non so più nulla. Non so più qual è il mio posto. La gente non mi dice nulla.. » Tutti sono troppo impegnati a fare altro. A Hogsmeade. A Londra. Ovunque. Ognuno sta tentando di ricostruire la propria vita quando io non so nemmeno quale sia la mia vita di preciso. « Mi trattate tutti come se non fossi in grado di fare niente. Come se non fossi capace di sopportare niente. Come se boh.. dal giorno alla notte potrei ficcarmi giù per la gola un flacone di pasticche per andare a dormire. » Sta alzando sempre di più la voce, mentre si erge nuovamente sulle proprie gambe tremanti, guardandolo con un dolore straziante insito in quelle iridi scure. « Perché dovrebbe importarmi di cosa mi accade Fred? Non ce l'ho un posto. Non ho niente. Ho perso casa mia, mio fratello è un ricercato, in giro devo nascondermi sotto un cappuccio. Ogni strada che prendo è un vicolo cieco. Persino la persona alla quale si suppone dovrei guardare le spalle non mi vuole. Tu, non ti fidi di me. Non sono niente per te. » Eppure ne ho visti altri. Si cercano, si proteggono, si spalleggiano. Cercano una connessione, un'intesa. Tentano di farla funzionare, qualunque cosa sia questa cosa. E nel dire ciò stringe i denti mentre incrocia le braccia al petto colta da un improvviso disagio interiore. « Anche tu mi hai detto.. una marea di cazzate. E per cosa. Per fare cosa? Puoi almeno dirmi perché? » Un improvviso sorriso sarcastico si staglia sul suo volto mentre alza gli occhi al cielo. « Oh giusto.. perché tu non vuoi che a nessuno succeda niente. EROE! GENIO! » E quello è veleno. Un grido disperato colmo di rabbia e frustrazione. « A me lo hai chiesto? A chi stai ipoteticamente proteggendo lo hai chiesto se voleva essere protetto? » A quel punto trova finalmente il coraggio di avanzare i passi che la separano da lui spintonandolo di botto verso la porta. « Se a te succede qualcosa, brutto figlio di puttana, io manco l'unico motivo per cui sono venuta al mondo. » Non me ne è concesso un altro se a te succede qualcosa. Questo l'ho capito. E ho capito anche che tu sei importante per me, tanto quanto lo sono io. Qualunque sia il nostro scopo. Per qualunque motivo ci abbiano portati insieme. « Di questo te ne accorgi? Te ne accorgi di quanto sei stupido, ed egoista, e codardo! Ti accorgi di quanto mi fai incazzare? Di quanto cazzo avrei voglia di ammazzarti con le mie mani per quanto sei.. - sei maligno, Fred. Lo sei davvero. E lo sei con me. Io, Fred, non ti ho fatto niente! Ma tu lo sei uguale. »

     
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    « E per te immagino sia sicuro no? Bugiardo! Sei un bugiardo. Smettila di fare l'eroe.. Gli eroi non sono ipocriti.. e tu invece lo sei, Fred. » La confuso, per qualche momento, prima di distogliere lo sguardo, e mordicchiarsi il labbro inferiore con un certo nervosismo. Vorrebbe ribattere, se solo sapesse cosa dire, ma così non è. Perchè, al di là di ciò che possa sembrare, Fred Weasley non è mai stato un eroe. O quanto meno, non si è mai sentito tale. Non sei un eroe, quando non ti accorgi di aver spedito la donna che dicevi di amare tra le braccia di chissà quale mostro. Non sei un eroe quando ti lasci alle spalle una parte di amici e parenti, senza esser riuscito a salvarli. No, Fred Weasley non era un eroe, forse un tempo ci era arrivato quasi vicino, con quel suo temperamento leonino, tanto da ricavarsi una tale nomina tra chi lo conosceva. Ma ciò era ormai passato, nient'altro che passato. E faceva male, così come fa male sentirsi risputare addosso quelle parole intrise di così tanto disprezzo, da lei. Ma non può farci poi molto, se non incassare l'ennesimo colpo e riprendere a respirare. Fin quando respiro, è tutto ok. « Percy sta meglio senza di me.. » La guarda e scuote la testa, con un certo vigore. C'è un'estrema solitudine nel suo tono di voce ed in ciò che dice. Una solitudine nella quale, negli ultimi giorni, al di là di qualsiasi apparenza, si è ritrovato a rispecchiarsi tante volte. « E' tuo fratello, non starà mai meglio senza di te. » Le risponde, ma il tono di voce è insicuro, nonostante ciò che dice lo pensi davvero. Può lui, proprio lui, sentenziare su una cosa del genere? Farle la predica sull'abbandono della propria famiglia? No, decisamente no. Un tempo non ci avrebbe mai creduto, e forse talvolta stenta ancora ad abituarsi, ma ci sono momenti in cui senti di non appartenere a niente e nessuno. Nemmeno a chi ti è sempre stato più vicino. E sono quelli, i momenti in cui l'esser solo si trasforma in vera e propria solitudine. E fa schifo, fidatevi, fa davvero schifo. Ma sospira, nonostante tutto, alzando lo sguardo giusto in tempo per vederla lasciarsi andare sul divano, la testa stretta tra le mani. E' nervosa, è confusa, spaesata e completamente spezzata. Non sa perchè, non sa come, ma lo sente. Forse perchè in fondo, è nello stesso stato che si trovano. Per motivi differenti, in dei modi diversi di affrontare la cosa probabilmente, ma uguali nonostante tutto. E noi siamo soli. Ma siamo soli assieme. Direi che fa meno schifo, vero? « Non lo so..E' solo.. tutto è così complicato. Qui.. » Si indica la tempia con una mano « ..qui dentro nulla funziona come dovrebbe. Non so più nulla. Non so più qual è il mio posto. La gente non mi dice nulla.. » La fissa in silenzio, lasciandola parlare. Non conosce alla perfezione la situazione che gli sta descrivendo, perchè lui, dal canto suo, se ne è allontanato già da un po'. In un moto di codardia che mai gli era appartenuto, ornata da un pizzico d'orgoglio, Fred aveva salutato chiunque e qualsiasi cosa, rintanandosi ovunque, ma non lì. Non in quel posto che per tanto tempo aveva definito casa, e che ormai stentava persino a riconoscere. C'erano fin troppe questioni irrisolte, fin troppi cambiamenti, in quel dannato posto. Che lui, l'ormai caduto in disgrazia leone di Grifondoro, non si sentiva più in grado di poter superare. Non ne aveva le forze, non anche questa volta, e allora aveva deciso di mollare tutto, senza contare gli effetti collaterali. Ed Ophelia, ad esempio, era un effetto collaterale. Non avrebbe mai voluto lasciarla, non era da lui. Ma lei aveva bisogno di forza, di stabilità. Aveva bisogno di qualcuno che fosse capace di tirarla fuori da quel baratro in cui era precipitata, e lui, al momento, non era la persona adatta. Lui, al momento, era semplicemente inutile. « Mi trattate tutti come se non fossi in grado di fare niente. Come se non fossi capace di sopportare niente. Come se boh.. dal giorno alla notte potrei ficcarmi giù per la gola un flacone di pasticche per andare a dormire. » Lei torna ad alzare la voce, mentre si alza sulle gambe. La rabbia le rimonta dentro, e non ci c'è bisogno di nessuna connessione paranormale per poter leggere in quelle iridi scure quanto lei abbia voglia di riversargli tutto addosso. Quindi, come lei si avvicina verso di lui, lui indietreggia istintivamente. Il leone di Grifondoro questo non l'avrebbe mai fatto, ma questo Fred Weasley non sa più chi o cosa sia, e tutto ciò che riesce a fare è scuotere la testa. Non di nuovo, non di nuovo, non di nuovo... E' stanco di litigare. E' stanco di avere a che fare con gente che vorrebbe, ma non può aiutare. Un tempo trovava nelle debolezze altrui un punto di forza. Un appiglio a cui aggrapparsi per mostrarsi forte dal canto suo e risollevare chi ne aveva bisogno. Ma adesso questo non lo riesce più a fare, e le debolezze altrui, se palesate con così tanta chiarezza dinnanzi al suo sguardo spento, si rivelano solo semplici coltellate in quel corpo ed anima ormai orribilmente dilaniati. « Perché dovrebbe importarmi di cosa mi accade Fred? Non ce l'ho un posto. Non ho niente. Ho perso casa mia, mio fratello è un ricercato, in giro devo nascondermi sotto un cappuccio. Ogni strada che prendo è un vicolo cieco. Persino la persona alla quale si suppone dovrei guardare le spalle non mi vuole. Tu, non ti fidi di me. Non sono niente per te. » Schiude le labbra e fa per dire qualcosa, mentre quelle parole gli penetrano sotto pelle dolorosamente. « Anche tu mi hai detto.. una marea di cazzate. E per cosa. Per fare cosa? Puoi almeno dirmi perché? Oh giusto.. perché tu non vuoi che a nessuno succeda niente. EROE! GENIO! A me lo hai chiesto? A chi stai ipoteticamente proteggendo lo hai chiesto se voleva essere protetto? » Boccheggia, mentre tutto l'ossigeno che aveva nei polmoni fuoriesce nell'esatto momento in cui la sua schiena va a sbattere contro la porta. Una fitta lancinante lo costringe a stringere i denti e socchiudere gli occhi per qualche momento, come succede sempre tutte le volte che la sua spina dorsale va a collidere con chissà cosa.
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    « Se a te succede qualcosa, brutto figlio di puttana, io manco l'unico motivo per cui sono venuta al mondo. Di questo te ne accorgi? Te ne accorgi di quanto sei stupido, ed egoista, e codardo! Ti accorgi di quanto mi fai incazzare? Di quanto cazzo avrei voglia di ammazzarti con le mie mani per quanto sei.. - sei maligno, Fred. Lo sei davvero. E lo sei con me. Io, Fred, non ti ho fatto niente! Ma tu lo sei uguale. » Quelle parole sembrano risvegliarlo da quello strano torpore in cui sembra esser precipitato da quando lei ha iniziato ad alzare la voce. E allora solleva le mani, e la spinge via di rimando, con forza, in un gesto dettato dall'istinto. « Mi devi lasciare in pace! » Ruggisce a quel punto, l'ombra di quel leone, mentre avanza verso di lei. « Non so un cazzo, lo vuoi capire? Non so da cosa sto scappando, da chi vi sto proteggendo. Non so niente! » Non ho più una cazzo di certezza. E' così che funziona ormai. E' così che funziono io. « Hai ragione, sono un codardo. Non voglio tornare in quel cazzo di posto dove ormai mi sembra di non conoscere più nessuno. Non ho più una casa, come te. Quindi non ti posso aiutare, non questa volta. Lo capisci? Sono inutile. » Ringhia. Il tono di voce è più simile ad un ruggito sommesso, mentre avanza verso di lei, in quelle continue spinte. Non ci impiega così tanta forza, perchè non vuole farle male, ma è nervoso. E' incazzato. E lo è parecchio. Rabbia repressa, ecco cosa. Così tante questioni irrisolte, così tante cose non dette, così tanti bocconi mandati giù amaramente. Un'esplosione che si abbatte su di lei, al momento, in ogni spinta che le dà, in ogni occhiata di fuoco che le lancia. « Vuoi ammazzarmi con le tue mani? Fallo. » Sbotta, dandole un'ulteriore spinta verso dietro, le mani che cozzano contro le sue spalle. « Avanti, fallo! » E nell'ennesimo colpo che le dà, ci mette più forza questa volta. E tutto succede fin troppo in fretta anche solo per capire. La vede barcollare verso dietro, pericolosamente, e d'istinto si protrae in avanti, per non farla cadere. Le mani che si arpionano alle sue braccia, mentre la stringe a sè, boccheggiando, il cuore che gli risale in gola, bloccandogli il respiro. La guarda per quei pochi istanti, prima di spingersi verso di lei. Le labbra si scontrano contro le sue, mentre il suo cervello va in completo standby. Perchè lo stia facendo? Non ne ha la più pallida idea. E' instabile, ecco cosa. Un momento prima la stava respingendo, un momento dopo la sta baciando. Ed è un bacio dai riscontri..sbagliati. Non dovrebbe farlo, non in quel momento. Non mentre litigano, non mentre i suoi pensieri sono così fottutamente confusi, e la sua mente ed il suo cuore appartengono ancora a qualcun'altro. Sei maligno, Fred, lo sei davvero. Quelle parole lo ridestano ed in pochi istanti si stacca da lei, come scottato, indietreggiando di qualche passo. Scuote la testa, fino a poggiarsi le mani sui capelli, stringendovi le dita attraverso. « Non è giusto. » Io non sono questo. Io non sono maligno. Non lo sono con te. « Non puoi starmi vicino, non adesso. Non quando ti userei per dimenticare tutto ciò che è successo ancora troppo poco tempo fa. Al castello, ai miei amici, ai miei parenti, Mun...-E' sbagliato, Ophelia, tu non vali così poco, non per me. » Scuote la testa, respirando stancamente. « Non ti meriti questo. Forse lo pensi, forse lo pensiamo tutti.. » Che tutta questa merda, in un certo qual senso, per chissà quale peccato passato, ce la meritiamo tutti. « Ma non è così. » La guarda, prima di lasciarsi cadere pesantemente sul divano alle proprie spalle, la testa stretta tra le mani, lo sguardo fisso in un punto non ben definito del pavimento. « E' per questo che non ti voglio vicina. » Forse è da me, che devo proteggerti. « Vali molto di più di stare accanto ad un codardo come me. »
     
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    Succede in un secondo, prima che se ne accorga, ed è un gesto che mai avrebbe immaginato potesse provenire da un ragazzo come Fred Weasley. Ed è come se quel gesto cambiasse la sua prospettiva sulla persona che ha di fronte. Certo, Fred non è mai stato una delle sue persone preferite, sempre intento a prenderla in giro in compagnia dei suoi amici di vecchia data, ma oltre a quello, le era sempre sembrato innocuo, una persona prettamente tranquilla. Insomma, il tipico cane che abbaia ma non morde. « Mi devi lasciare in pace! » La spinge e di fronte a quel gesto i suoi occhi si dipingono di sorpresa e frustrazione. Quasi non ci crede e sembra intrappolata in quella dimensione di ovvia contrarietà, seppur non trovi effettivamente la forza per opporsi al navigare al contrario. « Non so un cazzo, lo vuoi capire? Non so da cosa sto scappando, da chi vi sto proteggendo. Non so niente! Hai ragione, sono un codardo. Non voglio tornare in quel cazzo di posto dove ormai mi sembra di non conoscere più nessuno. Non ho più una casa, come te. Quindi non ti posso aiutare, non questa volta. Lo capisci? Sono inutile. » Sì; è decisamente sorpresa, perché un simile comportamento non se lo sarebbe mai aspettato da Fred Weasley. Lui era sempre il ragazzo solare, magari a volte sopra le righe, spesso spaccone, ma mai aggressivo, e in quel momento sembra trapelare un filo di paura nel suo sguardo, seppur coscientemente sente che non potrebbero mai nuocersi a vicenda. In un moto remissivo, si stringe nelle spalle incrociando le braccia al petto per proteggersi più che dalle spinte in sè, dal rifiuto che si sente addosso nel sentirlo parlare e comportarsi in quel modo. Eri la mia speranza. Si ritrova a pensare per un istante a sguardo basso. C'è delusione e rifiuto nell'andare oltre con quella situazione mentre indietreggia e non tanto perché avesse la presunzione di sapere cosa aspettarsi da Fred. Non di certo; in fin dei conti non lo conosceva. Non sapeva quasi nulla di lui se non quello che sapeva tutti. Che fosse uno dei più popolari, giocatore di Quidditch, tante conquiste al seguito, tante amicizie e tanti guai. Fred Weasley porta guai. Questo lo aveva sentito dire in tempi non sospetti e di certo non aveva stentato a crederlo. Ma ora, con lui ci era incastrata, in un modo o nell'altro a vita. « Vuoi ammazzarmi con le tue mani? Fallo. Avanti, fallo! » E con quell'ennesima spinta il suo tallone va a incastrarsi contro uno dei tappeti dando il via al precipitare che viene prontamente impedito dal ragazzo. Prima ancora che possa realizzarlo la sta baciando, e se sulle prime gli occhi le si spalancano di colpo, colta alla sprovvista da quella mossa, infine sembra sciogliersi di colpo, posando la mano contro la sua guancia, corrispondendo quel contatto umano che le è manco per sin troppo tempo. Non sa dire se sia il suo respiro caldo o il battito del suo cuore a sciogliere la tensione nei suoi muscoli, ma per un istante chiude gli occhi e annulla qualunque cosa sia attorno a loro. Qualunque litigio, scorcio di rabbia e risentimento svaniscono sotto un tocco che ha tutta l'aria di destabilizzarla. Ophelia non è mai stata timida, non è mai stata una che si tirasse indietro dall'approccio col genere maschile. Nei suoi giorni buoni è una tipa estremamente espansiva, a tratti esuberante, è spregiudicata e piccante. Ma da Fred non se lo aspettava, semplicemente non ci ha mai pensato, convinta che inseguito alle esperienze subite come minimo una ragazza non l'avrebbe più toccata per secoli. Lei per prima gli aveva detto fosse il caso di andare oltre. Chiodo schiaccia chiodo. Ma certo, non si era aspettata che il suo stesso consiglio si sarebbe rivoltato contro se stessa. L'odore di lui è piacevole, fresco, il sospiro caldo e seppur animato del pathos della rabbia le giunge stranamente come riappacificante. Per un istante non c'è nulla, ed è la concessione più gentile che le sia stata offerta negli ultimi mesi, sin dal momento in cui ha messo piede a Hogearts a settembre. Non se ne accorge lì per lì, ma è la prima volta che è così vicina a una persona da tempi immemori. Come se la svampita e al contempo maliziosa verve di cui disponesse si fosse annullata in tutto quel tempo e fosse stata scossa in quel preciso istante. Un promemoria del fatto che era ancora una ragazza, un essere umano pulsante, un groviglio di sensazioni in pieno scompiglio, degna estrinsecazione dell'età adolescenziale in cui volente o nolente era ancora intrappolata. « Non è giusto. Non puoi starmi vicino, non adesso. Non quando ti userei per dimenticare tutto ciò che è successo ancora troppo poco tempo fa. Al castello, ai miei amici, ai miei parenti, Mun...-E' sbagliato, Ophelia, tu non vali così poco, non per me. Non ti meriti questo. Forse lo pensi, forse lo pensiamo tutti.. » Lo osserva, ancora immobile, mentre tenta di mettere insieme i pochi istanti precedenti. Cerca di metterlo a soqquadro, di guardarsi attraverso gli occhi di lui e guardarlo al contempo, ma la verità è che confusa e non capisce.. non capisce niente. « Ma non è così. E' per questo che non ti voglio vicina. Vali molto di più di stare accanto ad un codardo come me. » Corruga la fronte la giovane Watson, colta in uno squilibrio a cui non sa nemmeno dare un nome, a metà tra la confusione e la negazione di quel momento. Sospira infine, dopo un tempo infinitamente lungo, tempo in cui con mani tremanti cerca il pacchetto di sigarette nella tasca dei pantaloni. Continua a osservarlo, sembra cercarne la vera natura tra le pieghe di quella sofferenza che volente o nolente percepisce. E non capisce fino in fondo dove finisce la propria e dove inizia quella di lui, quasi come se in quel preciso istante si fossero fuse, dando forma a una piaga se possibile ancora peggiore di quella che ciascuno di loro conservava separatamente nel proprio animo. Infine fa il giro del tavolino da caffé e si siede sullo stesso di fronte a lui, lo sguardo basso, ancora una volta remissivo. A dirla tutta non riesce nemmeno a guardarlo in faccia, come se improvvisamente i loro ruoli fossero cambiati, senza tuttavia sapere in quale senso. Per sua esperienza in quei casi, con ragazzi come Fred c'erano due alternative. O ciò comportava un definitivo allontanamento, o l'esatto contrario. O forse, era più lei a determinare quell'estremismo inconsapevolmente, colpevolizzando per ragioni di semplice autodifesa chiunque ne fosse il fautore.
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    « C-cosa dovrei farmene di.. questo.. Fred? » Asserisce infine deglutendo. Per quanto in quel caso la via di uscita più facile sarebbe semplicemente fare finta di niente, si rende conto che quelle ragazzate possono solo che essere relegate alla dimensione della scuola, una dimensione in cui, che piaccia loro o meno, non sono rivedranno più. Si stringe nelle spalle, alzando finalmente lo sguardo nel suo mentre la difficoltà in cui si trova viene altamente dimostrata dagli occhi espressivi di lei. Un leggero tremore alle mani segno che, sta mantenendo l'autocontrollo solo per grazia divina. Oh crollerò, ma non qui, non ora.. non finché non avrà capito, almeno. « Sapevi chi avresti trovato qui.. lo sapevi.. te l'ho fatto capire. Quindi.. se non volevi vedermi, bastava non venire. » Un singhiozzo riempie le sue vie respiratorie mentre alza gli occhi verso l'alto, scacciando via qualunque eventuale lacrima senta possa distruggere quel eloquente discorso che sta in tutti i modi cercando di fargli. « Non mi vuoi, ma vieni qui, poi mi baci, poi non mi vuoi di nuovo.. io.. io.. » Scuote la testa in maniera veemente, mentre la confusione si estrinseca ulteriormente una volta palesata attraverso le parole. « ..io non capisco.. non ti capisco. » Pausa. « Non mi sono sfogata con te perché volevo che tu facessi qualcosa in proposito.. l'ho fatto perché mi andava e basta.. perché alla gente piace anche dare fiato alla bocca pur di palesarsi.. » A me piace lamentarmi anche quando so che l'unica risposta di cui ho bisogno non posso trovarla altrove se non dentro di me. Gli psichiatri me l'hanno sempre detto. Nessuno può fare le cose al mio posto. Lo so. « E perché mi fido di te.. che mi piaccia o meno.. mi fido. » Una cosa che non avrebbe mai pensato potesse dire su Fred Weasley, ma quella sensazione era come un eco nella sua testa che non riusciva a scrollarsi di dosso. Era ciò che era, e quindi, cercare la sua vicinanza, il suo consiglio o anche semplicemente la compagnia, cercarne persino anche e solo lo scontro pur di sentirselo accanto le risultava quanto mai naturale.. strano, ma pur sempre naturale. Dicono di sin eater e lycan che tra loro ci si instauri uno strano legame del tutto peculiare. Qualcosa tra amore incondizionato e uno strano attaccamento simile al concetto di famiglia. Non seppe Ophelia quanto fosse vero in quel momento, in quale misura e cosa l'avesse portata lì, ma una parte di sé, per quanto Fred avesse fatto una cosa che su di lei, a conti fatti avrebbe avuto non poche ripercussioni, in quel momento riuscì a perdonargli persino quello. Ancora una volta, Ophelia si annulla. « Prima di Hogwarts.. prima di tutto questo casino.. i medici mi hanno diagnosticato un sacco di cose. Per lo più dicevano fossi anaffettiva - in senso clinico - maniaco depressiva. Prima di accompagnare Greg a quel ballo erano in bilico tra il bipolarismo e borderline. » Elenca quelle cose con un'apatia e un'indifferenza che volenti o nolenti non può che colpire. Si stringe nelle spalle scuote la testa. « Magari le ho tutte, magari non ne ho nessuna - fatto sta che in ogni caso se mi hai baciato perché non sapevi dove mettere le tue labbra, sei un deficiente. Se invece mi hai baciato perché cerchi un chiodo schiaccia chiodo.. » Una leggera pausa, tempo in cui la sigaretta trema tra le sue mani scandisce il suo discorso. « ..a me va bene. » Posso essere anche quello, se è ciò di cui hai bisogno. « Insomma, so che voi ragazzi di campagna avete quelle fisse sul colpo di fulmine, la scintilla, il corteggiamento, l'invito al cinema e a cena, ma sinceramente, per me nessuno l'ha mai fatto. Non m'importa. Se vuoi scopare, non ucciderò la tua futura poesia con chiunque sarà la donna della tua vita. » Pausa. « Ma non mandarmi via, Fred. Ti prego. Non costringermi a rinnegare la mia ragione di esistere più di quanto non lo faccia già. Non sparire dalla mia vita.. perché.. perché.. » E lì la sua voce trema. « Li ho visti gli altri.. i parabatai.. quella roba strana lì.. e tra loro c'è gente che si scazza tutto il giorno, non riesce nemmeno a passare cinque minuti senza sbraitarsi contro.. però non si perdono davvero mai di vista. Sono qualcosa.. tipo famiglia.. ma non proprio.. » Confusa all'estremo stringe i pugni sospirando a fondo. « Non ci riesco a gettare la spugna con te. » Anche se ciò significa annullarmi. Anche se mi sto umiliando a pregare una persona che non fa altro che scacciarmi. Non ci riesco.. non riesco a gettare la spugna.

     
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    « C-cosa dovrei farmene di.. questo.. Fred? » Non lo so. Lei lo guarda, con la confusione negli occhi ed un nervosismo non indifferente nel tremolio delle sue mani. Riesce a vedere tutto, riesce a percepire ogni cosa, ma ciò nonostante non ha la più pallida idea di cosa dire, o cosa fare. E' cambiato così tanto, dopotutto. E' cambiato pure troppo. Un tempo era capace di prendersi la responsabilità delle sue azioni che erano sì, spesso sconsiderate, ma che mai aveva denigrato in qualche modo. Era famoso per questo, dopotutto. Si buttava a capofitto, si rompeva l'osso del collo, e poi si rialzava magicamente, vantando l'orgoglio di esserselo rotto davvero, quel collo, perchè così aveva avuto voglia ed impulso di fare. Invece eccolo quì, ad oggi, ad essersi lanciato a capofitto, ma incapace di accettarne le conseguenze. Seduto su quel divano, la testa poggiata sulle mani, con le dita intrecciate tra i capelli. E' nervoso, è confuso, e non capisce un cazzo di tutto ciò che sta succedendo. Ad esser sinceri non lo capisce da un bel po' di tempo a questa parte. Un'insicurezza di base, che parte dalla sua testa ormai instabile, fino a diramarsi un po' dovunque. « Sapevi chi avresti trovato qui.. lo sapevi.. te l'ho fatto capire. Quindi.. se non volevi vedermi, bastava non venire. » Perchè Fred dice una cosa, ma poi ne fa altre centomila. Alza il capo verso di lei non appena percepisce un leggero singhiozzo ticchettare quel silenzio carico di tensione che si è instaurato tra di loro da qualche minuto. La fissa, mentre il panico si dipinge sul suo viso. « No, hey, non... » Non piangere, vorrebbe dirle, ma quelle parole sfumano ancor prima di trapelare dalle sue labbra sottili. Chiederle di non piangere dopo averla baciata, senza alcun motivo, dopo averla spinta ripetutamente, averle detto quelle parole..E' da vigliacchi. E' da insensibili, ipocriti. Quindi si limita a mordersi la lingua, sperando che passi da solo. Sperando di non averla ferita, rotta a tal punto. Per favore, non voglio aver rotto anche te. « Non mi vuoi, ma vieni qui, poi mi baci, poi non mi vuoi di nuovo.. io.. io..io non capisco.. non ti capisco. Non mi sono sfogata con te perché volevo che tu facessi qualcosa in proposito.. l'ho fatto perché mi andava e anche dare fiato alla bocca pur di palesarsi..E perché mi fido di te.. che mi piaccia o meno.. mi fido. » Continua a fissarla, poi sospira, distogliendo lo sguardo e scuotendo appena la testa. E' così che funziona tra loro. Non sa per quale legge, non sa per quale assurdo motivo, ma in un modo o nell'altro torneranno sempre a rincontrarsi. Possono trattarsi di merda, odiarsi, respingersi, ma alla fine dei giochi, torneranno sempre insieme, l'uno di fronte all'altro, a leccarsi le ferite a vicenda. Ricorda ancora quelle giornate passate nel buio di quella stanza che sapeva di muffa mista a petrolio, al castello. Il modo in cui lei aveva tentato di tirarlo su, strappandolo da quello stato comatoso nel quale era precipitato senza preavviso. Non era mai stato suo compito farlo, eppure lei c'era stata, comunque. E lui, invece? Cos'ha fatto lui? Respira a fondo, torturandosi le dita delle mani. Nella sua testa il suo piano aveva un senso, fino ad oggi. Non sapeva cosa voleva, non sapeva dove voleva essere o con chi. La sua mente era un miscuglio informe di pensieri, rabbia repressa e desideri nascosti o infranti. Una miscela letale che lo avvicinava di giorno in giorno a situazioni pericolose o inaspettate. Per questo l'aveva allontanata, aveva allontanato ognuno di loro, con la pena nel cuore ma la convinzione di proteggerli nel cervello. A chi stai ipoteticamente proteggendo lo hai chiesto se voleva essere protetto? « Per fidarti di me devi esser proprio messa male, mh? » Dice dunque dopo un po', l'ombra di un sorriso stanco ad illuminargli il viso leggermente scavato. « Prima di Hogwarts.. prima di tutto questo casino.. i medici mi hanno diagnosticato un sacco di cose. Per lo più dicevano fossi anaffettiva - in senso clinico - maniaco depressiva. Prima di accompagnare Greg a quel ballo erano in bilico tra il bipolarismo e borderline. » La guarda, mordicchiandosi il labbro inferiore. Ha sentito spesso parlare di simili patologie, nonostante non ne abbia mai provata nessuna personalmente. Non sa perchè lei gliene stia parlando, ma il solo fatto che lo stia facendo, è la dimostrazione di quanto si fidi, davvero. « Magari le ho tutte, magari non ne ho nessuna - fatto sta che in ogni caso se mi hai baciato perché non sapevi dove mettere le tue labbra, sei un deficiente. Se invece mi hai baciato perché cerchi un chiodo schiaccia chiodo.. » Schiude le labbra come per ribattere qualcosa, ma si ritrova semplicemente a boccheggiare, come un pesce fuor d'acqua. Chiodo scaccia chiodo, in fondo, perchè non dovrebbe farlo? Ha sofferto, in quegli ultimi mesi, e continua a soffrire ogni giorno che passa. Si era sempre considerato una persona forte, Fred, per poi riscoprirsi tutto il contrario. Fingeva di non pensare più a tutta quella situazione del cazzo, ma ai conti dei fatti, in un modo o nell'altro la sua mente ci tornava sempre. Come avrebbe potuto non farlo, dopotutto? Non tornava a casa dalla sua famiglia, una delle costanti più assolute della sua intera esistenza, proprio per quella situazione del cazzo. Era un comportamento da idiota, probabilmente immaturo o infantile, ma era così che si sentiva di fare. Orgoglioso e testardo come non mai, non voleva vedere le loro facce, o sentire i loro consigli. Non voleva nulla di tutto questo. Quindi, per concludere la questione, un chiodo scaccia chiodo sarebbe stato l'ideale, dopotutto. Lui ne avrebbe bisogno, e lei se lo meriterebbe. Ma dove sta Ophelia, in tutto questo? « Insomma, so che voi ragazzi di campagna avete quelle fisse sul colpo di fulmine, la scintilla, il corteggiamento, l'invito al cinema e a cena, ma sinceramente, per me nessuno l'ha mai fatto. Non m'importa. Se vuoi scopare, non ucciderò la tua futura poesia con chiunque sarà la donna della tua vita. Ma non mandarmi via, Fred. Ti prego. Non costringermi a rinnegare la mia ragione di esistere più di quanto non lo faccia già. Non sparire dalla mia vita.. perché.. perché.. » La voce di lei trema
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    « Li ho visti gli altri.. i parabatai.. quella roba strana lì.. e tra loro c'è gente che si scazza tutto il giorno, non riesce nemmeno a passare cinque minuti senza sbraitarsi contro.. però non si perdono davvero mai di vista. Sono qualcosa.. tipo famiglia.. ma non proprio.. Non ci riesco a gettare la spugna con te. » La fissa per quei minuti interminabili che gli sembrano intere ore. Non sa esattamente cosa stia cercando in ogni centimetro di quel viso che sta osservando così attentamente, ma non smette comunque di farlo. Fin quando non respira a fondo, mentre si infila le mani tra i capelli, per poi alzarsi. Cammina così, avanti ed indietro, fin quando non si blocca. « Avevo una ragazza » Mormora dunque dopo un po' « Che amavo, davvero parecchio- Seppur me ne sia accorto fin troppo tardi. -Anche lei aveva..delle cose sbagliate nella sua vita. Anche lei si fidava di me.. » Esita appena. « Fin quando non me ne sono andato. Non l'ho fatto con cattiveria, io pensavo di..pensavo di fare la cosa giusta...Ma quando sono tornato, lei era già fin troppo lontana. Fin troppo calata in quelle cose sbagliate. » Pausa. « Il fatto è che adesso quella ragazza ha qualcun'altro su cui contare, e ne sono felice, davvero, per quanto possa far male. Ma se non fosse stato per me...Non lo so. Tante cose brutte non sarebbero successe. Mi sembra solo di essere un disastro. » Sospira, stringendosi nelle spalle « Troppa gente conta su di me. Tu conti su di me. Ed io potrei spingere dall'altra parte pure te, prima o poi. E non voglio vivere di nuovo tutto questo » Respira a fondo, fin quando non decide di guardarla. Rimane a guardarla per un po', poi si avvicina, sedendosi infine vicino a lei, dandole una fiancata per fargli spazio, ridacchiando leggermente. « Siamo abbastanza nella merda tutti e due, a quanto pare » Se ne esce dopo un po' « Pensi sia nel nostro contratto? Se è nella merda uno, ci sprofonda automaticamente anche l'altro? » Il tono di voce è decisamente più ironico di prima, mentre si gira verso di lei. Lo sguardo che si sofferma sulla sigaretta e poi sulle sue occhiaie scure. Allora respira a fondo, e senza preavviso alcuno si spinge in avanti. La avvolge con quelle stesse braccia con cui prima l'ha spinta, con forza. Ed è la stessa che ci mette anche in quell'abbraccio, seppur si tratti di una forza ben differente. La stringe a sè, poggiando il mento sulla sua spalla, e rimane fermo in quella posizione per minuti che potrebbero sembrare ore. « Senti..scusa. » Borbotta, senza però scostarsi « Mi dispiace di averti cacciata, tu non c'entri nulla in tutto questo. Nemmeno io voglio gettare la spugna con te.. » Mormora, allungando un braccio per rubarle la sigaretta dalle mani. La spegne in un posacenere lì vicino, poi la guarda. « Quindi questa ti fa male e non la fumi. Mi vuoi vicino? Ti becchi il pacchetto completo. » Si stringe nelle spalle, l'espressione da folletto dispettoso. « E..no, mi dispiace, non si scopa oggi. » E dicendo ciò fa forza per alzarsi e sollevarla. Se la rigira tra le braccia, ridendo, fin quando non va a schiantarsi contro il divano, sprofondandovi sopra. La tiene prigioniera per qualche altro minuto, prima di allentare la presa. « Il fatto che per te nessuno abbia mai fatto qualcosa di carino non significa che debba continuare ad esser così, o che non te lo meriti. Se tu non fossi tu, potrei anche usarti come chiodo schiaccia chiodo. Ma sei tu, ed io ci tengo a te, e ne hai passate troppe, non ti meriti anche questa. » Le sorride, facendo spallucce. « E Cristo, di questo passo domani potrò prendere i voti! » Scuote la testa con fare teatrale, l'espressione rassegnata. « Non ti taglierò più fuori dalla mia vita, okay? Promesso. » Mormora dopo un po', incrociando il suo sguardo. « Ma tu devi permettermi di entrare un po' nella tua. Cosa ti passa per la testa? Possiamo uscire, se vuoi, ho alcune..conoscenze ai piani alti, capiranno che tu non c'entri nulla con i ribelli. Oppure possiamo dormire, che hai una cera spaventosa -senza offesa-. O parlare, o mangiare tristissima roba in scatola.. » Pausa. « Insomma, di cosa hai bisogno? Io ci sono. »
     
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    I minuti di attesa che la separano da una risposta da parte di Fred sembrano infiniti. Non sa nemmeno lei cosa vorrebbe ricevere come trattamento. Forse sbatterle la porta in faccia sarebbe la cosa che maggiormente confermerebbe la sua linea di condotta. Rientrerebbe nella sua confort zone e la giustificherebbe ulteriormente nel suo intento di scappare da ogni anima tenti di darle una mano. In quegli istanti la mente corre al fratello. Non sa come l'ha presa, tutta quella questione, essendo che, a dirla tutta, quel legame tra lycan, sembra in qualche modo bloccato nella sua testa. O questo, o è proprio lei a rifiutarsi di sbloccarlo a livello subconscio. Dammi solo una scusa. Voglio la scusa per scappare e non guardarmi più indietro di nuovo. « Avevo una ragazza. Che amavo, davvero parecchio. Anche lei aveva..delle cose sbagliate nella sua vita. Anche lei si fidava di me.. Fin quando non me ne sono andato. Non l'ho fatto con cattiveria, io pensavo di..pensavo di fare la cosa giusta...Ma quando sono tornato, lei era già fin troppo lontana. Fin troppo calata in quelle cose sbagliate. » Sa di chi sta parlando e in cuor suo vorrebbe alzare gli occhi al cielo. Non capisce che cosa ha la principessa di tanto speciale da far andare tutti in un bagno di giugiole. L'ha conosciuta davvero poco nel corso degli anni, ma quella Carrow, in un modo o nell'altro aveva per molto tempo vorticato attorno alla sua cerchia. Con un avvoltoio ha rubato le attenzioni di Percy nei suoi confronti più volte di quanto sia pronta ad ammetterlo. E seppur il fratello sia sempre stato particolarmente attento a Ophelia, a non mortificarla, a elevarla sopra a qualunque altro essere piombasse nella sua vita, la Carrow una fetta del suo affetto se l'è rubata lo stesso. E seppur non sembrasse, seppur Ophelia avesse sempre avuto la stoffa della menefreghista per eccellenza a cui tutto scivola di dosso come niente fosse, invidia e gelosia nei confronti di quel legame l'ha sempre provato. Lei non era di famiglia, ma era come se lo fosse, così come lui, a casa di lei non lo era, ma era come se lo fosse. Insopportabile. Non dice tuttavia niente, mordendosi automaticamente la lingua. Probabilmente manca il punto del discorso di Fred, ma il fatto è che non si capacita. « Il fatto è che adesso quella ragazza ha qualcun'altro su cui contare, e ne sono felice, davvero, per quanto possa far male. Ma se non fosse stato per me...Non lo so. Tante cose brutte non sarebbero successe. Mi sembra solo di essere un disastro. Troppa gente conta su di me. Tu conti su di me. Ed io potrei spingere dall'altra parte pure te, prima o poi. E non voglio vivere di nuovo tutto questo » Solleva un sopracciglio a quel punto portandosi la sigaretta alle labbra piuttosto impassibile di fronte a quei suoi tormenti. « Ti ricordi vero che a differenza sua, potenzialmente, volendo, potrei spezzarti l'osso del collo.. » E ne aveva già avuto un assaggio, Fred, al Lago, ai tempi in cui a malapena comprendevano che cosa fossero o cosa sarebbero diventati che piacessero loro o meno. Chissà perché finiamo sempre per fare a botte io e te. Tira un lungo sospiro infine, e seguendolo con lo sguardo inclina la testa di lato, fissandolo con uno sguardo eloquente. « Ok. Fatto di cronaca. Il primo ragazzo con cui sono stata ha deciso che per lui ero solo una botta e via. A me piaceva davvero. E poi pochi mesi dopo Percy mi ha trovato in una pozza di sangue. Posso incolpare lui per la mia mancanza di lungimiranza? » La risposta è piuttosto scontata. Non può incolpare Samuel Scamander per aver peccato di ingenuità. Non glielo resa nemmeno un po' difficile. Mi sono concessa come se niente fosse. Come se quello fosse l'uomo della mia vita, dopo un sorriso e un occhiolino durante una lezione. Che stupida! Tutti sapevano che Ophelia aveva tentato di togliersi la vita; nessuno sapeva tuttavia perché. Sarebbe stato facile puntare il dito contro Sam, quando in realtà, la verità era che Ophelia semplicemente si era sentita come se non fungesse all'interno di quella realtà. Niente di più, niente di meno. « Non possiamo incolpare nessuno per le nostre scelte. Questo vale anche per il tuo fare la testa di cazzo » Si stringe nelle spalle con naturalezza portandosi nuovamente la sigaretta alle labbra. Accompagnandola a una birra che trova nel frigo. Ne offre una anche al rosso e si risiede sul tavolino solo per poi sentirselo arrivare accanto. Sorride appena seppur con quella solita sua svogliatezza. « Siamo abbastanza nella merda tutti e due, a quanto pare Pensi sia nel nostro contratto? Se è nella merda uno, ci sprofonda automaticamente anche l'altro? » Sbuffa con un che di sarcastico alzando le sopracciglia con aria di finta superiorità. « Spero vivamente di no. Sono abbastanza sfigata di mio. Non ho bisogno di accollarmi anche la tua di sfiga. » Stranamente, Ophelia si irrigidisce di fronte al suo improvviso abbraccio. Quelle dimostrazioni di affetto le ha sempre tollerate solo da parte del fratello. Percy poi, in ogni caso, si è dimostrato col passare degli anni un tipo che difficilmente sapeva esprimere i suoi sentimenti tanto coi gesti che con le parole. E così la normalità per Ophelia è diventata quella specie di distanza di sicurezza rispetto al prossimo se non per bisogni strettamente fisiologici. Gira la testa appena per osservare quel gesto senza tuttavia distogliervisi. E' strano, ma in un certo qual modo piacevole. Caloroso. Spontaneo. « Senti..scusa. Mi dispiace di averti cacciata, tu non c'entri nulla in tutto questo. Nemmeno io voglio gettare la spugna con te.. Quindi questa ti fa male e non la fumi. Mi vuoi vicino? Ti becchi il pacchetto completo. » Alza gli occhi al cielo fissandolo con uno sguardo implorante. « Eddai Fred, non essere un palo nel culo, ora! » Osserva il suo gesto piuttosto infastidita mentre soffia pesantemente rendendosi conto di avergli appena permesso di interrompere il sacro rituale del fumo. « E..no, mi dispiace, non si scopa oggi. » Solleva un sopracciglio inclinando la testa di lato. Mi stai dando il palo. Ok. Posso starci. « Mi sembra chiaro; è facile provare un po' di ansietta da prestazione.. dai non fa niente. » Asserisce dandogli automaticamente una pacca sulla spalla. Perché Ophelia accetta con onore il suo appena esser stata rifiutata. E proprio quando è sul punto di alzarsi e tornare a sistemare i suoi bagagli per andare nemmeno lei sa dove, Fred prende a sollevarla prendendola alla sprovvista. E Ophelia scoppia a ridere finalmente divertita da niente meno che il ragazzo di campagna. « Eddai mettimi giù! » Ma non lotta davvero contro di lui, né in quel istante, né quando atterrano sul divano. Corruga appena la fronte, gettando lo sguardo sulle proprie mani che si tormentando inutilmente per il disagio del momento. « Il fatto che per te nessuno abbia mai fatto qualcosa di carino non significa che debba continuare ad esser così, o che non te lo meriti. Se tu non fossi tu, potrei anche usarti come chiodo schiaccia chiodo. Ma sei tu, ed io ci tengo a te, e ne hai passate troppe, non ti meriti anche questa. E Cristo, di questo passo domani potrò prendere i voti! » Sono parole che colpiscono. Nel profondo. Fred non ha nemmeno idea quanto. E pur di non accennare al fatto che effettivamente nel tempo lei di tutte quelle offese che ha subito ne ha sofferto e anche troppo, si sposta appena sedendosi sul divano, allungo le gambe sulle sue cosce, per poi sporgersi a sufficienza per riprendere le due birre, porgendogliene una. Butta la testa all'indietro e poi si gode un sorso. « Non ti taglierò più fuori dalla mia vita, okay? Promesso. Ma tu devi permettermi di entrare un po' nella tua. Cosa ti passa per la testa? Possiamo uscire, se vuoi, ho alcune..conoscenze ai piani alti, capiranno che tu non c'entri nulla con i ribelli. Oppure possiamo dormire, che hai una cera spaventosa -senza offesa-. O parlare, o mangiare tristissima roba in scatola.. Insomma, di cosa hai bisogno? Io ci sono. » Sospira affondo, Ophelia. Cosa vuole? Probabilmente solo un po' di pace. Un minuto di silenzio. Vorrei solo un luogo in cui non sentirmi a disagio, di troppo, oppure inutile. Vorrei solo dimostrare in primis a me stessa che non sono così inutile come tutti credono. « Grazie tante, Principe Azzurro! » Asserisce infine gettandogli addosso un cuscino del divano ridendo. « Quando è stata l'ultima volta che ti sei guardato allo specchio? Hai l'aspetto di uno a cui è passato sopra un treno. » Alla fine sprofonda in un silenzio assordante. Prende a guardarsi attorno con insistenza. Tutte quelle foto, quei ricordi, ogni dettaglio di quella casa se lo ricorda alla perfezione. « Mi manca Greg. » Comincia quindi ad un certo punto sull'orlo della claustrofobica necessità di esprimere quei concetti a voce alta. « Mi manca come l'aria. Hai presente com'è? Stare in apnea, soffocare. » Pausa. « Lui è.. era il mio migliore amico. Era il mio confidente, la mia stella polare. Quando non sapevo cosa fare scrivevo a Greg o m'intrufolavo nella Torre Corvonero. Lui aveva sempre la risposta a tutto - ottimi consigli che chiaramente non seguiva mai da sé. Non so nemmeno perché voleva così tanto stare insieme a me. Lui era perfetto.. ottimi voti, popolarità come se piovesse dal cielo.. era il golden boy che tutti vorrebbero con sé.. » Un leggero sbadiglio mentre si porta la bottiglia di birra alle labbra. « Abbiamo passato giornate intere qui dentro a scofanarci le riserve di gelato alla menta piperita e lamentarci.. e poi.. » Lentamente i racconti si addentrano sempre di più nella scia degli aneddoti senza senso, cose piccole di pura quotidianità, che lentamente la portano a sprofondare in un sonno pesante e senza sogni.

    I raggi del sole s'infrangono violentemente contro il suo volto che incontra la morbida consistenza di un cuscino. Non è più sul divano. Giace sotto una coperta calda nella camera da letto di Greg. Scende velocemente con i capelli tutti i scompigliati solo per ritrovarsi nel piccolo salotto un Fred addormentato e infreddolito tra i cuscini del divano. Ommioddio Weasley, ci mancava solo che sbavassi nel sonno. Alza gli occhi al cielo mentre velocemente si affretta ad afferrare la propria coperta gettandogliela addossa con premura, attenta a non disturbarlo dai suoi sogni. Resta per un po' lì a fissarlo a braccia incrociate, senza sapere esattamente quale fosse la sensazione predominante di fronte a quell'immagine. Timore, fiducia, diffidenza, incredulità e spaesamento si aggrovigliavano in quegli occhi più lucenti e riposati dopo una notte passata a non sentire il peso di alcun sogno. Sospira infine, e dopo essersi apprestata a preparare un veloce caffé di cui gli lascia una tazza di dimensioni importanti sul tavolino assieme a un biglietto con su scritto Torno presto, esce in fretta e furia indossando nuovamente la larga felpa di cui si tira sopra i boccoli castani il cappuccio. Seppur siano le prime luci dell'alba, Diagon Alley brulica già di gente. Passa sin troppo tempo tra quei negozi che conosce alla perfezione e dà fondo a tutti i risparmi che si è portata appresso sin da quando a lasciato Hogsmeade. Soldi che, Percy le aveva consegnato pochi giorni dopo esser usciti e che, Ophelia, colta dalla sua impressionante misantropia non aveva mai trovato la spinta di spendere. Si ferma di qua e di là, tra intrugli di bellezza vari e negozi di tessuti; ad ogni passo e come se Greg fossi lì con lei. Le parla, commenta le sue scelte, si affaccia alle vetrine. La tormenta; il suo ricordo è talmente vivido nella sua mente, la sua voce, le sue espressioni, le sue movenze. E' tutto lì come se non se ne fosse mai andato. Fa apprezzamento sui vestiti e chiaramente sui ragazzi come ha sempre fatto. E infine, sulla strada di ritorno, poche ore dopo, ormai sprovvista di cappuccio e con un abbigliamento leggermente più in linea con la vecchia lei, si ferma di fronte a Fortebraccio. Due ragazzi che potrebbero avere pochi anni in meno di lei escono dal negozio. Lui se la porta a braccetto mentre assaggia un gelato alla menta piperita. Lei le pende dalle labbra, come i migliori partner in crimes che esistano. Noi non ci siamo mai amati come un ragazzo e una ragazza dovrebbero amarsi. Ma eri comunque la mia anima gemella. [...]
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    Cascate di capelli color rame sostituiscono la precedente massa castana, un tacchetto non troppo alto e un vestito leggiadro prettamente adatto alla stagione quasi estiva; un cardigan nero copre la carnagione bianca come il latte della braccia. Un paio di occhiali da sole piuttosto ampi per coprirsi il più possibilmente il volto. Ha racimolato i suoi pochi contatti; persone di cui Greg si fidava e di cui si è guadagnato l'affetto. Dopo qualche spiegazione piuttosto approssimativa, si erano prestate ad aiutarla e le hanno fornito tutto il necessario per permetterle di operare quel cambio di look che quanto meno per un po' avrebbe destato meno sospetto e le avrebbe permesso di restare a Diagon Alley e in generale spostarsi con più facilità. « Ehi! Sono tornata. » Asserisce infine, dirigendosi in cucina, per posare i viveri comprati al mercato. Qualcosa da posare in frigo. Non sapeva per quanto tempo sarebbe rimasta effettivamente, ma in quel momento, sentiva Fred avesse bisogno più compagnia di quanto avessero bisogno di lei a Inverness. E in fondo, anche lei aveva bisogno di tutto ciò. Sentirsi utile, prendersi cura di qualcuno e lasciare che qualcun altro facesse lo stesso per lei. Prepara in fretta e furia un paio di toast, dirigendosi verso il salotto. E solo allora lo rivede. Si passa istintivamente la mano tra i capelli e dondola appena il piatto su cui ha adagiato i toast al formaggio e prosciutto. Niente di troppo elaborato. Pur sempre una Watson, con la cucina aveva ben poca destrezza, motivo per cui in realtà non sapeva nemmeno cosa fare con tutta quella materia grezza che aveva racimolato. « Ho pensato potessi avere fame e il cibo in scatola.. beh.. insomma. » Non ci fa nemmeno caso al fatto che pur restando la stella Ophelia di sempre, quel ripulirsi e mettersi a nuovo le donava un aspetto completamente diverso. Diverso da qualunque cosa avessero conosciuto persino i suoi compagni di scuola. Ai tempi, Ophelia, il più delle volte ha avuto un aspetto trasandato, legato al totale disinteressamento nel mostrarsi socialmente adatta. « Che c'è? » Chiede adagiando il piatto sul tavolino. « Ho pensato che se tanto devo fermarmi per un po', posso sempre passare per una tua parente lontana.. o qualcosa di questo tipo. » Uno strano silenzio sprofonda in mezzo a quelle spiegazioni mentre dondola sui talloni con le braccia incrociate al petto. « Sta mattina mentre dormivi, ci ho pensato. Non so.. potrei darti una mano nel negozio questi giorni. Se ti va. Oppure se hai bisogno di staccare la testa potremmo andare da qualche parte. Tipo un gita? Fuori città? Sono persino disposta ad.. andare in campeggio. Oppure possiamo andare a casa mia. E' poco fuori Londra e io quel castello non l'ho mai visitato per dirti. » Il castello dei Lancaster. Bell'affare. Di punto in bianco si erano risvegliati nobili e lycan e per tutto quel tempo non ne sapevano niente. L'idea che da qualche parte negli archivi Ophelia Lancaster aveva un titolo di contessina, la lasciava alquanto perplessa. « Oppure non so.. potremmo andare a prendere un gelato qui vicino.. o.. andare al centro; o boh. Se m'insegni potrei persino farti compagnia in quell'obbrobrio del Quidditch. » Si stringe nelle spalle piuttosto in difficoltà. Sono davvero pessima in queste cose. « Non lo so.. non ci so fare poi molto in queste cose. Se non ti va di fare niente, possiamo anche attaccare Netflix. Non so cosa fanno i ragazzi di campagna quando sono giù di morale. »


     
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    Si sveglia di soprassalto, aprendo gli occhi di scatto e guardandosi attorno, istintivamente. La camera vortica sotto il suo sguardo, coi suoi contorni ancora fumosi, mentre lui batte le palpebre, ripetutamente. Si trova ancora sul divano, laddove alla fine si era addormentato, dopo ore passate a fissare chissà cosa, in quel soffitto. Si muove dunque, per distendere i muscoli, e si accorge in quel momento della coperta che lo copre fin sopra al petto. Ne agguanta un lembo con le dita, l'espressione confusa, non ricordando di averne usufruito, durante la notte o prima di addormentarsi. Poi però capisce, dopo qualche istante, e un sorriso si distende sulle sue labbra, automaticamente. Dura qualche istante, prima che la consapevolezza giunga tutta d'un tratto. E allora balza a sedere, fino ad alzarsi dal divano, così in fretta che ha bisogno di qualche momento per riacquistare equilibrio. « Ophelia? » Domanda dunque, avanzando lungo il corridoio, lo sguardo che vaga attraverso le stanze. Non la trova, e allora la chiama una seconda ed una terza volta, il tono preoccupato. Non sa di cosa abbia esattamente paura, ma non vederla lì lo rende irrequieto. Dunque torna in salone, sedendosi sul divano e concentrandosi. Al di là di quel'ansia piuttosto normale, non percepisce nessun'altra sensazione particolarmente preoccupante. Quindi si rassicura, ed è quando riapre gli occhi che lo vede. Una tazza ed un bigliettino sul tavolo. Inarca un sopracciglio, poi si allunga per agguantare il pezzo di carta. Torno presto. Sospira a fondo, scuotendo la testa. In fondo avrebbe dovuto aspettarselo: le aveva detto che aggirarsi lì era pericoloso..Quindi lei aveva deciso di continuare a farlo. Un classico. Ridacchia allora, afferrando la tazza di caffè e buttando giù due o tre sorsi, mentre si siede a gambe incrociate sul divano, guardandosi attorno. Non conosce quel posto, così come non conosceva granchè il proprietario. Ma dai racconti di lei, gli è sembrato un tipo okay. Immagina come debba sentirsi, lei, ad averlo perso in quella maniera del tutto inaspettata, come è successo anche a lui, con tanta altra gente. Dunque si alza, continuando a bere, ed aggirandosi distrattamente qua e là. Curiosa per la casa, per cercare di scoprire qualcosa di più su quell'Olivander ed il suo legame con Ophelia, ed è così infine che passa il tempo, fin quando la porta d'ingresso non si riapre, con uno scatto. « Ehi! Sono tornata. » Sente la sua voce ma non la vede, mentre le dà le spalle attraverso il divano dove, di nuovo, si è compostamente parcheggiato. « Era anche ora! » Commenta dunque, mettendosi a sedere, mentre si stiracchia appena. Sente qualche rumore in cucina, poi il rumore dei suoi tacchi, segno che si sta avvicinando, e allora alza lo sguardo, per darle una rapida occhiata. « Però, vedo che ti sei vestita da femmina » La punzecchia, ridacchiando, fin quando il suo sguardo non si sofferma sulla parte superiore del corpo. Si blocca, restando imbambolato, la bocca schiusa a metà. Non l'ha mai vista così. Ha un aspetto differente, pur restando pressochè la stessa. I suoi occhi sono più accesi, così come tutto di lei, e quel colore di capelli così brillante rende il tutto ancora più..vivo. « Ho pensato potessi avere fame e il cibo in scatola.. beh.. insomma. » Non la sente nemmeno, mentre continua a fissarla, come un completo idiota, poi istintivamente alza un braccio, come a volerla indicare. « Sei..rossa » Si ritrova a bofonchiare, l'espressione confusa. Punto bonus alle affermazioni intelligenti, Weasley. « Che c'è? Ho pensato che se tanto devo fermarmi per un po', posso sempre passare per una tua parente lontana.. o qualcosa di questo tipo. » Sprofondano entrambi in un imbarazzante silenzio, con lui che continua a fissarla, e lei che dondola su sè stessa, probabilmente a disagio. « Sta mattina mentre dormivi, ci ho pensato. Non so.. potrei darti una mano nel negozio questi giorni. Se ti va. Oppure se hai bisogno di staccare la testa potremmo andare da qualche parte. Tipo un gita? Fuori città? Sono persino disposta ad.. andare in campeggio. Oppure possiamo andare a casa mia. E' poco fuori Londra e io quel castello non l'ho mai visitato per dirti. » Si riprende da quel momento di stasi più completa, battendo le palpebre svariate volte per ritornare alla realtà. E allora la sua espressione muta, assumendo la solita faccia piuttosto da schiaffi, mentre la osserva, trattenendo una risata sommessa. « Tu in campeggio, davvero? A fronteggiarti col dormire in tenda, gli insetti, le canzoncine tutti assieme attorno al fuoco. ..Non ci credo neanche se lo vedo. » Continua a ridacchiare, coprendosi la bocca con una mano, certo che tra poco probabilmente si ritroverà sfracellato dall'altra parte della camera, ma poco importa. « Oppure non so.. potremmo andare a prendere un gelato qui vicino.. o.. andare al centro; o boh. Se m'insegni potrei persino farti compagnia in quell'obbrobrio del Quidditch. Non lo so.. non ci so fare poi molto in queste cose. Se non ti va di fare niente, possiamo anche attaccare Netflix. Non so cosa fanno i ragazzi di campagna quando sono giù di morale. » La fissa per un altro po' con quella faccia che le tirerebbe dalle mani a chiunque, ma alla fine sorride, sincero. Non fa per lei tutto questo, e lui lo sa bene. Ophelia Watson, dacchè ne abbia memoria, non è mai stata una tipa particolarmente...social. Le volte in cui l'ha vista, e punzecchiata spesso, l'ha sempre beccata chissà dove, trasandata nell'aspetto e solitaria nel comportamento. Non ha mai saputo molto sulla sua vita personale, sui suoi amici, sui suoi fidanzati. Non ha mai saputo cosa facesse con loro o il modo in cui fosse solita divertirsi, ma se c'è qualcosa che sa è che tutto ciò che lei gli ha appena proposto, non è decisamente da lei. E' invece da lui, tutto così tremendamente da lui che non può far altro che continuare a sorridere, piacevolmente sorpreso da quello sforzo di lei. « Quindi stai facendo tutto questo per me? Potrei commuovermi. Mi inviti a casa tua, mi prepari pure la colazione..Mi stai corteggiando per caso? » La prende in giro bonariamente, fino a quando non si alza, agguantando uno dei due toast dal piatto ed addentandolo, mentre le sguscia accanto. « Non sono giù di morale, mi è già passata. » Beh, più o meno. « Ma niente Netflix, no, perchè so già che sceglieresti qualcosa di inquietante. Quindi prendi il tuo toast, e andiamo, forza! » Molla un altro morso -finendo il povero panino quasi completamente con due soli bocconi- ed apre la porta d'ingresso, aspettandola. « Non è stata una gran bella mossa passare per una mia parente, dato che in famiglia sono tutti ricercati, sai? » Le precisa, una volta vicina. Poi però le lancia un'ulteriore occhiata, incrociando il suo sguardo. « Però..Stai molto bene così. »

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    « Sono riuscito a recuperarne una soltanto, purtroppo. » Mormora, mentre continua a risalire quella piccola collinetta ricoperta di verde, con la sua nimbus in spalla. Alla fine, assai poco prevedibile, ha optato per quello, il Quidditch. Nonostante l'incidente, il volo è sempre stato terapeutico, per lui. In quei lunghissimi mesi in cui gli era stato impedito anche solo di avvicinarsi, ad una scopa, si era rivelato tutto un vero e proprio inferno. ..O forse no, dato che l'inferno ormai lo conosceva ed anche piuttosto bene, ma dettagli. « Anche perchè se mi fossi messo a cercare l'altra, Alfie avrebbe fatto troppe domande. » Annuisce, facendo spallucce. Una volta usciti dal piccolo localino di Olivander, si sono diretti verso i Tiri Vispi Weasley, dove -dopo averle attentamente raccomandato di restare all'ingresso, per evitarle di incontrare Alfie- è riuscito a recuperare una delle sgangherate scope di sua madre ormai in disuso. La sua è andata distrutta, al castello, o forse persa chissà dove, e di chiederne una nuova in periodi come questo non gli è sembrato il caso, quindi quello è tutto ciò di cui può accontentarsi. « E' okay, gli voglio bene, ma è il classico tipo che ti potrebbe far finire ad Azkaban per averti taggata con tanto di posizione in un selfie sui social. » Ridacchia, scuotendo la testa rassegnato, fin quando non allunga un braccio per aiutarla a superare una leggera altura della collina, e finalmente giungere in pianura. Un posto ricco di verde, quello, ben nascosto agli occhi esterni da quel fitto strato di vegetazione che lo ricopre. « Ci venivo spessissimo quì, da piccolo, specie lassù » Alza un braccio, per indicare una piccola casetta in legno sull'albero. « Fa tanto clichè, il ragazzo di campagna che si isola sulla sua casetta sull'albero, ma beh...è così. » Continua a ridere, prima di fermarsi, e lasciare andare la scopa, che rimane a qualche centimetro da terra, levitando da sola. « Almeno quì se cadi dalla scopa e muori non ti vedrà nessuno ed io non finirò in gabbia. » Scherza, prima di scoppiare a ridere per l'ennesima volta, fino ad incrociare il suo sguardo. « Mettiamola così. Ho una macchina volante, quindi se non ti abitui a stare a qualche metro da terra, non potremo fare nulla delle cose che hai proposto di fare. Non per qualcosa, perchè io guido benissimo, ovviamente » E questa è una grande stronzata. « Ma sì, insomma, hai capito. » Le passa accanto, sino a quando non si va a posizionare sul manico di scopa, alzando una gamba per potersi sedere. Si spinge verso dietro, per darle spazio, facendole poi cenno di seguirlo. Aspetta qualche minuto buono, fin quando anche lei non si posizione, davanti a lui. La guarda, per quanto possibile, e per qualche istante, vista la loro vicinanza, un leggero imbarazzo sembra colorargli le guance di uno strano alone più rosato del normale. Quindi scocca la lingua al palato. « Con la gonna non è super mega comodissimo, ma non c'è nessuno, ed io dall'alto non posso vedere nulla, quindi puoi ritenerti tranquilla. Al massimo renderai felice qualche scoiattolo » Ridacchia, prima di spingersi un po' in avanti, lasciando aderire il proprio busto alla schiena di lei, con le dita delle mani che si incrociano alle sue, per tenerle ben salde contro il manico. Quel contatto sembra farlo rabbrividire per qualche istante, con una strana sensazione che proviene dall'interno, ma ignora la cosa. « Prima regola: se lo lasci andare, ci sfracelliamo. » Poggia il mento alla sua spalla, soffermandosi ad inalare il suo profumo per qualche istante, prima di rivolgere lo sguardo verso la scopa. « Seconda regola: non ci sono regole. Volare è..non so, è magico. Ti libera la testa da qualsiasi pensiero del cazzo. Quando ti trovi in mezzo alle nuvole, così tanto distante da terra, sembra che i problemi che hai lasciato lì non ti appartengano più. » Questo è ciò che ha sempre provato lui, e che vorrebbe aiutare anche lei a provare. « Quando avrai voglia di staccare, prova a fare qualcosa che ti piace. Qualcosa che possa liberarti, non affossarti ancora di più. Non ti fa bene, e non voglio tu lo faccia. Capisci che intendo, vero? » Niente più pillole, fumo o cagate di quel genere. « Anche picchiarmi come ormai è ovvio ti piaccia fare, visti i recenti riscontri, va bene. » E questo è un modo per dirti che puoi contare su di me, in momenti i questo tipo. Ridacchia allora, poi stringe la presa sulle sue mani, aderendo ulteriormente contro di lei, con le gambe che si stringono alle sue, a mò di protezione, come a volerla mantenere ben salda lì sopra, nonostante non si siano ancora sollevati da terra. « Adesso dai, prova. Devi solo tirarlo un po' verso l'alto e poi..Andare dove vuoi. » Pausa. « Non avere paura, ci sono io. »
     
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    « Quindi stai facendo tutto questo per me? Potrei commuovermi. Mi inviti a casa tua, mi prepari pure la colazione..Mi stai corteggiando per caso? » In tutta risposta Ophelia Watson sgrana gli occhi, decisamente colta alla sprovvista, e in un certo qual modo contrariata. C'è una sorta di panico in quegli occhi penetranti, che sfuggono allo sguardo del giovane Weasley. Scuote infine la testa e tenta di assumere un'aria divertita. In fin dei conti la sta punzecchiando. Se ne rende conto.. più o meno. « Oh quindi è così.. vuoi trasformare la mia gentilezza la mia gentilezza in un'azione con secondi fini. » Si inumidisce le labbra prima di sorridere con un pizzico di fiducia in più; un sorriso che assume dei leggeri toni maliziosi, seppur resti nell'aria decisamente ambigua del buffo e impacciato. « Stai iniziando a capire come gira il mondo. E bravo il ragazzo di campagna. » Né un si, né un no, perché in fin dei conti, nemmeno Ophelia sa esattamente cosa sta facendo. Sa che non se la sente di tornare a Inverness, e sa di non avere altro posto in cui possa vivere un periodo a breve termine pressoché tranquillo, se non nella casa del defunto migliore amico. Non si sente del tutto al sicuro, non all'idea di essere comunque la sorella di un ricercato. Tutti conoscono il loro legame quasi morboso, tutti sanno quanto Percy e Ophelia siano legati. Ma tutto sommato quel fermarsi, chiudere gli occhi e rilassarsi anche solo per un istante, non le è mai sembrato più roseo di ora. « Non sono giù di morale, mi è già passata. Ma niente Netflix, no, perchè so già che sceglieresti qualcosa di inquietante. Quindi prendi il tuo toast, e andiamo, forza! » Solleva un sopracciglio con fare scettica mentre incrocia le braccia al petto. « Solo perché su instagram ho postato una storia su Saw L'Enigmista? » Si stringe nelle spalle. « Per un ragazzo di campagna ti fermi facilmente alle prime impressioni. » Un'amichevole accusa che nascondeva in sé più di un significato. Era certa che nella mente del rosso, Ophelia non doveva avere l'allure di una ragazza normale. Una cosa che a dirla tutta, da una parte le andava bene; non era mai stata prettamente convenzionale. Dall'altra però, sembrava in un certo qual modo disturbarla. Non sarò normale, ma anche io ho reazioni normali.. come qualunque ragazza. Alla fine prende il suo tosto, ne azzanna un pezzo per poi passargli l'altro, afferra la sua leggera giacchetta rossa, ed esce dalla porta guardandosi ancora con una certa diffidenza attorno. Calmati Ophelia, dovrebbero guardarti attentamente in faccia per accorgersi chi sei. Sei apposto. Puoi passare inosservata. « Non è stata una gran bella mossa passare per una mia parente, dato che in famiglia sono tutti ricercati, sai? Però..Stai molto bene così. » Mentre escono in strada, quella sensazione di sentirsi nell'occhio del ciclone continua, ma vedendo che nessuno fa caso a lei, sembra quasi iniziare a rilassarsi. Afferra il braccio di Fred e insieme si dirigono verso il suo negozio. « Posso sempre essere la cugina finlandese che l'inglese proprio non lo parla. Per xenofobo nessuno ci vuole passare, quindi dovrei stare apposto. Kaikki hyvin! » Tutto a posto! Asserisce infine, dandogli una leggera gomitata. [...] « Sono riuscito a recuperarne una soltanto, purtroppo. Anche perchè se mi fossi messo a cercare l'altra, Alfie avrebbe fatto troppe domande. E' okay, gli voglio bene, ma è il classico tipo che ti potrebbe far finire ad Azkaban per averti taggata con tanto di posizione in un selfie sui social. » C'è un'atmosfera di pace e tranquillità lì. Oltrepassati i varchi, usando il gap di cui Ophelia aveva bisogno per entrare e uscire senza farsi controllare i documenti, il mondo era sembrava fosse tutto a loro disposizione. Seppur dei distretti di piombo parlavano male, all'ora di punta, così silenziosi e lontani dal caos cittadino, sembravano a tratti quasi un'oasi. Non molti li avrebbero definiti tali, soprattutto perché il sopraggiunto deserto che ne caratterizzava l'attuale stato era alquanto inquietante. Si erano diretti verso la periferia, lontani dai palazzoni, e lì, Ophelia aveva visto di nuovo il verde. Lo stesso verde che dominava la sua Finlandia, lo stesso verde che dominava Hogwarts prima del grigio, e lo stesso verde che era stata così felice di rivedere e rivivere a Hogsmeade. Strano; dalla natura non era mai stata particolarmente attratta finché la belva non si era manifestata in lei. Ora sembrava cercasse il contatto con la terra, sembrava aver acquisito un rapporto quasi simbiotico con le altre creature che la popolavano. E se pur non la capisse, non riuscisse a comunicarvi, sembrava provasse nei loro confronti un certo grado di empatia. Una delle più esperte, una certa tedesca che a volta compariva senza preavviso nella sua mente, quando evidentemente il solito fuorviante quanto altalenante contatto sembra instaurarsi contro la sua volontà, le aveva spiegato che quel amore verso la natura in tutte le sue estrinsecazioni le provavano tutti, ne erano attratti, ma il quanto era un prodotto prettamente personale. Una variabile del tutto personale e caratteriale, dovuto al grado di emotività di ciascuno di loro. « Ci si può andare in due? » Chiede sgranando gli occhi mentre si fermano; c'è incertezza nel suo sguardo. Del tipo non lo so.. quella roba mi sembra un po' insolita. Ophelia non ha mai visto due persone andare su una scopa. « L'ho incontrato Alfie.. mi sembra un tipo a posto. Più o meno. Almeno non mi ha istillato l'istinto di saltargli alla gola. » Il che sembrava piuttosto facile. L'istinto di protezione, seppur non preminente, era sempre lì in agguato. In un certo qual modo si guardava attorno sempre vigile, non solo per la sua sicurezza, ma anche per quella di Fred. Intuiva fosse un pezzo importante, non sapeva perché né in quale misura per chi. Una voce sembrava emergere dalle sue viscere dicendole semplicemente è importante e lei non poteva fare a meno di darle ascolto, quasi come se fosse lei stessa a imporselo, pur non conoscendone le motivazioni. « Ci venivo spessissimo quì, da piccolo, specie lassù. Fa tanto clichè, il ragazzo di campagna che si isola sulla sua casetta sull'albero, ma beh...è così. » Solleva lo sguardo nella direzione dal rosso indicato e sorride, mentre di conseguenza gli rivolge uno sguardo intenerito. Riesce a immaginarselo, un piccolo Fred, intento a saltellare come una capretta su quel pratino fino al suo personalissimo covo. « Scommetto che le ragazze non potevano salirci nel covo. » Asserisce piuttosto divertita. Se li ricorda i tempi di quando era piccola. I ragazzi sembravano sempre più fighi. Avevano i loro luoghi di ritrovo che elevavano a pietre millenarie della storia dell'umanità. Posti a cui le femmine non potevano accedere, solo perché, appunto femmine. « Almeno quì se cadi dalla scopa e muori non ti vedrà nessuno ed io non finirò in gabbia. » Incrocia le braccia al petto mettendo su il broncio. « Grazie per l'incoraggiamento, genio! Ora si che mi sento più tranquilla. » « Mettiamola così. Ho una macchina volante, quindi se non ti abitui a stare a qualche metro da terra, non potremo fare nulla delle cose che hai proposto di fare. Non per qualcosa, perchè io guido benissimo, ovviamente. Ma sì, insomma, hai capito. » Ovviamente. Solleva un sopracciglio piuttosto scettica per poi annuire infine. Hai voluto la bicicletta, ora pedala. Si sente come in dovere di farlo; ha promesso che lo aiuterà a staccare la testa, e ha promesso che farà qualcosa che a Fred farà piacere. E seppur, Ophelia abbia partecipato a ben poche partite di Quidditch, se lo ricorda Fred alle partite. Quelle con i Grifondoro, per i Serpeverde erano sempre le più complicate. Con un Weasley, una Morgenstern e una Stone alle calcagna, c'era da stare molto attenti. I Serpeverde erano decisamente competitivi per quelle questioni. « Se guidi la macchina come la tua scopa, direi che forse è meglio che guidi io. » Asserisce mentre gli dà una leggera spallata. Non che Fred non sapesse stare su una scopa, chiaro. Era solo che.. la squadra Grifondoro le era sempre sembrava.. spericolata. Cuor di leone fino al midollo, portavano avanti le loro mosse con una certa aggressività. « Si Weasley, so guidare! Non guardarmi con quella faccia da pesce lesso! Abbiamo un garage piuttosto impressionante. Mio padre è un appassionanto. » Sospira a quel punto, colta da una leggera presa di coscienza. « Forse a questo punto.. avevamo. » Perché se i possedimenti dei Lancaster restavano intatti, non era certa lo stesso valesse per quelle dei loro genitori adottivi. Non aveva loro notizie da tanto tempo, ma era certa non avessero preso bene l'insubordinazione di Percy. Papà l'ha cresciuto per diventare un grande diplomatico. Qualcuno che contasse. Solleva dire spesso di avere in casa il futuro Ministro della Magia. Se lo ricorda ancora, quando diceva che per i suoi trentacinque anni se lo immaginava lì. Al vertice dell'istituzione più di spicco di tutti i paesi nordici. Alla fine sale sulla scopa, tentando di posizionarsi nella più comoda maniera possibile. Le spalle adagiate contro quelle del ragazzo mentre afferra piuttosto incerta il manico. « Con la gonna non è super mega comodissimo, ma non c'è nessuno, ed io dall'alto non posso vedere nulla, quindi puoi ritenerti tranquilla. Al massimo renderai felice qualche scoiattolo. » Sorride tra se e se mentre osserva il contatto delle mani di lui, decisamente più grandi, sulle proprie manine candide. Scuote appena la testa soffiando sul proprio viso per spostare una ciocca di capelli dal viso e si tira leggermente più indietro, quasi a cercare la sicurezza della sua vicinanza. « Prima regola: se lo lasci andare, ci sfracelliamo. » « Non mettermi per le mani questa responsabilità, Weasley. » Commenta leggermente impanicata mentre trema appena come una foglia. « Seconda regola: non ci sono regole. Volare è..non so, è magico. Ti libera la testa da qualsiasi pensiero del cazzo. Quando ti trovi in mezzo alle nuvole, così tanto distante da terra, sembra che i problemi che hai lasciato lì non ti appartengano più. Quando avrai voglia di staccare, prova a fare qualcosa che ti piace. Qualcosa che possa liberarti, non affossarti ancora di più. Non ti fa bene, e non voglio tu lo faccia. Capisci che intendo, vero? Anche picchiarmi come ormai è ovvio ti piaccia fare, visti i recenti riscontri, va bene. » Rabbrividisce appena di fronte a quelle parole. Non sono in molti ad avergliele esposte. Nonostante la comunanza dei lupi, Ophelia si è sempre sentita un po' al di fuori, complice chiaramente il suo personale di restare tale. In un certo qual modo si sentiva in colpa di negarsi l'opportunità di conoscere quella sua famiglia. Incredibile. Ho criticato una vita mio fratello per non riuscire a crearsi dei legami saldi, e alla fine quella che si è dimostrata meno costante sono sempre io. Predicare bene e razzolare male; una cosa che tutti noi esseri umani sappiamo fare sin troppo bene. « Non mi stai rendendo facile non picchiarti.. soprattutto ora.. » E infatti è chiaro stia provando non poca paura. Per una creatura che dovrebbe essere in grado di spingere i suoi limiti fisici ben oltre il comune pensare, Ophelia si sente ancora la ragazzina gracile che potrebbe spezzarsi con la stessa facilità con cui si piega un foglio di carta. Non me lo stai rendendo facile, ma voglio fidarmi. « Adesso dai, prova. Devi solo tirarlo un po' verso l'alto e poi..Andare dove vuoi. Non avere paura, ci sono io. » Volge appena la testa oltre la spalla solo per ritrovarsi il suo volto a pochi centimetri dal proprio. Il soffio contro il proprio viso. Deglutisce e tenta di rilassarsi. « Non mollare la presa, ti prego. » Una preghiera che contiene in sé tanto l'insicurezza di chi sta per mettersi alla prova in qualcosa che chiaramente non sa fare nemmeno lontanamente, quanto il bisogno di sentirsi dire che lui ci sarà. Esegue le sue istruzioni alla lettera tenendo entrambe le mani ben salde sul manico, mentre sente lentamente la terra mancarle letteralmente da sotto i piedi. Probabilmente questa è la sensazione che le stava descrivendo il ragazzo di campagna. Non avere assolutamente nessuna certezza mentre ci si libra in volo ma nonostante ciò provare il totale controllo della propria sorte, del dove andare, quanto velocemente e per quanto tempo. Si piega appena sul panico, come ricorda dalle lezioni di volo, per acquistare un po' di velocità, mentre continuano a salire, ben sopra la macchia di verde degli alberi posti qua e là sul terreno. E scoppia a ridere gettando appena la testa all'indietro mentre l'adrenalina si fionda come schizzi di una sostanza stupefacente nelle sue vene facendola sentire così bene, nonostante tremi ancora come una foglia, da farle scoppiare il cuore di gioia. Fa un giro del prato e un altro ancora, mentre si lascia guidare dalla fiducia e la sicurezza che istilla il sapere che Fred è lì, comunque vada. « Niente male per una che ha appena imparato a vestirsi da femmina. » Scoppia a ridere mentre continua a bearsi di quella sensazione che ha qualcosa di unico e inimitabile. « Sono quasi pronta a riconsiderare il vostro stupido gioco! E' bellissimo! » E immaginava che, giocare a Quidditch dovesse essere se possibile ancora più mozzafiato. La competizione, la folla impazzita, quel fomento che doveva far scoppiare il cuore a ciascun giocatore in parte come nessun altra cosa al mondo. Dopo un po' punta la casetta sull'albero assottigliando lo sguardo. E lì il terrore sopraggiunge. Non ha la più pallida idea di come tornare coi piedi per terra. Vuole davvero farlo? « Ok.. Fred.. ho un problema. Come si scende? »
    Trovatasi nuovamente coi piedi per terra resta un po', pensierosa, fissando prima la scopa e poi il ragazzo a intermittenza per un po' con un che di chiaramente strano. Socchiude le labbra, pronta a dire qualcosa e infine si morde le labbra. Compie quelle azioni sconnesse in una sequenza non ben stabilità per un po', sfregandosi le mani. E alla fine decide di dare sfogo ai suoi pensieri, mentre solleva lo sguardo per osservare la casetta sull'albero non molto distante. « Mi ha ricordato la prima volta - la prima volta che mi sono trasformata. » Non ricorda molto di quel momento. Era fatta come una pigna, motivo per cui ha persino pensato si trattasse di un'allucinazione. Ma quel momento se lo ricorda alla perfezione. « La sensazione era simile. Chiaramente io non ci avevo capito niente ma.. non so perché.. mi ha ricordato quel momento. » Si stringe nelle spalle mentre si avvicina alla corteccia di un albero posandovi la schiena contro.
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    « Ora ricordo.. ne avevo una paura folle. Ma allo stesso tempo.. non mi sono mai sentita così libera e in pace come allora. Ne ero terrorizzata, e non mi sembrava una cosa che potesse capitare a me.. ma al tempo stesso mi sentivo accettata e voluta. Da qualcuno, qualcosa.. qualunque cosa essa sia. » Si inumidisce le labbra mentre tenta di fare lo sforzo disumano di ricordarsi il proprio aspetto in quella forma. Si ricorda solo un paio di occhi profondi. Un manto folto, una muscolatura possente. « Mi sentivo.. potente. E consapevole. Come se questa cosa mi avesse dato una forma di lucidità sconvolgente. Quel momento è stato un po' come essere ciechi da sempre e vedere per la prima volta. » E lo è stato anche questo. Deglutisce, perché i pensieri successivi sono più che naturali. E poi ne ho avuto paura. L'ho rinnegata; la belva. Li ho rinnegati tutti. Sono scappata come un ladro, perché quella non è casa mia. E allora dov'è casa mia? Alza lo sguardo colta da una consapevolezza ulteriore. Dov'è casa nostra? Perché non c'è posto in cui quel duo non debba essere pensato quanto meno su un piano ideale come un solo individuo, un solo organismo. Io ho bisogno di lui e lui ha bisogno di me. Era stato come rinascere, solo che non se ne era accorta. Traumatico, esattamente come venire al mondo, eppure in un certo qual modo emozionante. « Non mi sono mai sentita così completa, come allora.. come se avessi cercato qualcosa per tutta la vita e non l'avessi mai trovato. Ho sempre provato questa sensazione.. come se mancasse qualcosa, come se fossi ancora alla ricerca di qualcosa a cui non sapevo dare un nome. E poi.. anche quando è successo.. » Quando è successo a tutti per la prima volta l'abbiamo sentito. Sa che anche gli altri lo avevano provato. « Mancava comunque qualcosa.. » Erano ancora alla ricerca. Si chiede tuttavia se ora è ancora in quello stadio. Se manca ancora qualcosa. Forse manca solo il suo accettarsi, il tornare sui suoi passi. Il lasciarsi alle spalle la paura e l'incompiutezza di cui sembra sia dipendente. « Ma.. non mi sento più così. Credo di averne bisogno.. ho bisogno di sentirmi così.. a metà.. ma è tutto qui dentro. » Si picchetta istintivamente la tempia. Perché ho paura che anche questa sia l'ennesima bella bugia. La promessa di una casa, di una famiglia, di una persona che ci sarà sempre e comunque indipendentemente da quanto le cose dovessero mettersi male. E lì lo sguardo si solleva automaticamente sul rosso. « Tu ci credi? » Pausa. « Lo senti? » Altra paura. « E' anche per voi la stessa cosa? » Lo è per te?


     
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