Abandon all fun, you who enter here

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    Ma che, davvero? A metà tra l'incredulità e il fastidio, Andres se ne stava a fissare il grande portone con un'espressione corrucciata. Zaino in spalla, pantaloni della tuta e maglietta nera, il tedesco non sembrava intenzionato a spostarsi da quel punto. Man mano che il tempo passava, il Grifondoro era sempre meno convinto di quello che stava per fare, o meglio di quello che avrebbe dovuto fare, ma una forza uguale e contraria a quella che gli suggeriva di andarsene lo teneva con i piedi ancorati al pavimento impedendogli di fare dietrofront. Timore. Paura. Cosa spaventava così tanto il ragazzone? Un mostro spaventoso, informe, la cui presenza era sempre percepibile al di là della sua tangibilità: la bocciatura. Più di un professore aveva detto la sua sull'argomento, alcuni più di una volta, facendogli capire quanto fosse stato stupido il ragazzo a fare in modo di essere bocciato la prima volta solo per stare insieme a uno dei suoi amiconi. Quello che ai tempi Andres non aveva valutato, ancora riuscendo a sguazzare - chissà come - nelle tranquille acque della sufficienza, era che sarebbe arrivato a un punto in cui il livello del mare si sarebbe alzato e lui, anziché galleggiare, sarebbe andato giù, sprofondando come un sasso. Copiare lo aveva sempre salvato agli esami, i compiti se li faceva praticamente fare da altri promettendo favori in cambio, e l'intelligenza non era mai stata una caratteristica che gli apparteneva. Togliendo le prime due cose appena citate la situazione non poteva che degenerare. I professori ormai non si facevano più fregare dal suo bel faccino, lo tenevano sempre d'occhio, specie dopo la prima bocciatura! I suoi coetanei si erano ormai stancati di aiutarlo in continuazione, ritenevano che fosse giunta l'ora che si arrangiasse e provasse a cavarsela da solo. Andres, disperato, aveva addirittura provato a chiedere a studenti più piccoli, ma ovviamente l'idea faceva acqua da tutte le parti. Cosa ne sapeva uno del terzo anno di incantesimi studiati al sesto? Meno di zero. Ecco allora che arrivò quella che, nonostante si dicesse il contrario, appariva come una spaventosa minaccia: "un'altra bocciatura comporterebbe l'espulsione da Hogwarts". L'espulsione. Lo avrebbero buttato fuori se non avesse alzato i voti di... beh, praticamente tutte le materie tranne Trasfigurazione e Difesa Contro le Arti Oscure.
    Appena datagli la notizia, siccome il tedesco sembrava sul punto di morire asfissiato, la vicepreside si apprestò a tranquillizzarlo. Non era tutto perduto, la sua bocciatura non era già programmata - sebbene fosse sulla buona strada - e sarebbero stati presi provvedimenti per impedire che un valido portiere di Grifondoro (avete capito voi? altro che interesse per il prossimo, qua si badava alle scommesse sportive) venisse espulso. Ma dunque, quali erano queste precauzioni? Lezioni di recupero, sostegno dei professori e, apriti cielo, essere seguito da un tutor. Dramma. Un conto era un professore: con lui Andres avrebbe dovuto per forza impegnarsi, cercare di non distrarsi e via dicendo. Ma un altro ragazzo (o ragazza) della sua età? Non avrebbe mai prestato attenzione, avrebbe trovato scuse per saltare le lezioni, eccetera. E se poi il tutor non gli fosse piaciuto? E se fosse stato uno dei sopracitati individui che si erano stancati di fargli da balia? E se avesse puzzato? Oddio, e se fosse stato vegetariano? No, no. C'erano troppe incognite che dal primo momento avevano convinto il Grifondoro a tacciare l'idea della vicepreside come una pessima soluzione. Il problema era solo uno: la cosa non era facoltativa. Se Andres voleva diplomarsi doveva accettare di essere seguito da un tutor. Fine del discorso, nessuna voce in capitolo.
    Il motivo che lo immobilizzava in corridoio era dunque il tutor? Assolutamente no. O almeno, non solo quello. Il ragazzo era schifato - e forse anche un po' intimorito - dal dover entrare in biblioteca. Ah, la biblioteca! Luogo mitologico in cui il tedesco non era mai entrato, ambiente da lui schivato come la peste in cui erano raccolti tutti quei testi così noiosi, complicati, e a suo dire inutili, che lo obbligavano a leggere. Non aveva mai avuto un motivo per entrarci, non si era mai neppure posto il problema in realtà. Ora invece avrebbe dovuto aprire la porta, varcare la soglia e addirittura studiare! S-T-U-D-I-A-R-E. Roba da matti. Tutta colpa di quel maledetto tipo (sì, alla fine era un ragazzo) che aveva arbitrariamente deciso che il loro appuntamento di studio avrebbe avuto luogo nel locale meno preferito di Andres. Bah. Avrebbero dovuto chiedere anche la sua. D'accordo che, alla fine, era tutto un favore che professori e tutor stavano facendo al ragazzo, in modo da farlo uscire da Hogwarts con un pezzo di carta in mano, però... vabbè, non c'erano 'però' che tenessero. Andres era fortunato, solo che ancora non lo capiva. Al momento tutto gli sembrava una scocciatura, una noia, un'imposizione per fargli un torto.
    « Scheiße... » Borbottò tra sé e sé prima di lasciar cadere lo zaino a terra e buttare la testa indietro mentre teneva gli occhi chiusi. « Scheiße! Scheiße! Scheiße! » Sarebbe stato un luuungo pomeriggio.


     
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    Quest'anno sarà il mio anno. Sì, Hugo Weasley ripeteva quelle parole ogni Settembre, quasi fossero un mantra capace di esorcizzare i mesi che avrebbe passato lontano da casa, al castello di Hogwarts, e puntualmente finiva che il suo anno non arrivava mai. Ma se lo sentiva, in un moto di strana positività: quell'anno sarebbe stato davvero il suo anno! L'aveva perfino annunciato entusiasta a sua madre Hermione, durante una colazione informale. Ron era già uscito di casa per andare a lavoro e Hermione si stava godendo il primo caffè della giornata, all'altro capo del tavolo in cui Hugo finiva la sua scodella piena zeppa di cereali al cioccolato. « Quest'anno sarà il mio anno! » aveva esclamato di punto in bianco, con un sorriso entusiasta sul viso e il labbro superiore ancora sporco di alcune gocce di latte ormai scuro di cacao. La madre alzò gli occhi dalla Gazzetta del Profeta, con un'espressione divertita in viso di fronte a quella che doveva essere l'ennesima elucubrazione della mente svelta del suo ultimogenito. E cos'è che te lo fa pensare, signorino? le si leggeva negli occhi così simili a quelli di suo figlio. « Ho già buttato giù un piano "malefico" per accumulare crediti extracurriculari che mi portino più vicino all'obbiettivo. » virgolettò perfino il "malefico" con le dita, per rendere meglio il concetto. Non che comunque ci fosse bisogno di grandi spiegazioni, in casa sapevano tutti quale fosse l'obiettivo di Hugo. La spilla da caposcuola. Le figure dei prefetti erano state soppresse ma i caposcuola ancora gironzolavano per i corridoi del castello, con le loro ronde, le loro minacce di punizioni e la loro aria di superiorità. Hugo doveva arrivarci! Vedeva quella spilla come il perfetto finale di un'altrettanto perfetta carriera scolastica, e poco importava se mancassero ancora anni al vero finale di quest'ultima. La devo avere, punto ebbasta. In famiglia non ci si era mai formalizzati troppo sulle onorificenze ma dopotutto i sogni di gloria del piccolo Hugo erano comprensibili: entrambi i suoi genitori, ai tempi di Hogwarts, erano riusciti a conquistare la spilla da prefetto ed era certo che sua madre fosse arrivata a tanto così dal diventare caposcuola. Solo una guerra magica e la letterale distruzione del castello per mano di Voldemort gliel'aveva impedito! « Ovviamente la base è chiudere l'anno con tutte E, ovviamente. Ma quello era già messo in conto. Il punto focale del piano però consiste nei crediti extracurriculari. » Era un piano talmente fine e talmente studiato da avergli fatto meditare di iscriversi ai provini per la squadra di quidditch. Hugo Weasley che cavalca una scopa fuori dal giardino di casa insieme ai cugini, che indossa una divisa sportiva e gareggia per la coppa scolastica di quidditch? Follia, follia pura. Avrebbe giocato la carta suicida dello sport come ultima risorsa però, perché un'idea decisamente più incline alle sue corde e molto meno faticosa era scaturita in maniera totalmente inaspettata, il classico geniale fulmine a ciel sereno. Si sporse un poco in avanti per condividere con sua madre il più brillante dei piani: « Quest'anno mi propongo come tutor. » La strada dei club pomeridiani in fondo l'aveva già percorsa partecipando al corvoclub del libro del martedì sera fondato da Olivander ai tempi d'oro del suo regno ed era ormai uno storico tesserato del club degli scacchi magici. Il tutorato era la più furba delle scelte, per evitare di accumulare crediti grazie alle prestazioni sportive. Anche Hermione, alla fine, approvò con un certo sorriso soddisfatto l'idea di Hugo, che finì con una bella sorsata il latte ormai tiepido. I suoi occhi brillavano di diabolica soddisfazione, fomentata dal bruciante fuoco dell'ambizione. Già, se non avesse avuto più sale in zucca di una saliera, era certo che il Cappello Parlante l'avrebbe sbattuto dritto a Serpeverde come suo cugino Albus. « Quest'anno è il mio anno, già. La spilla da caposcuola è mia. » mormorò soddisfatto, senza essersi accorto dell'ombra scura di suo fratello Ben aleggiante dietro di lui. Fissava il fratellino minore con i suoi soliti occhi e un sorrisetto sornione. « Credici. » Per poco Hugo non saltò giù dalla sedia dallo spavento: perché non si era accorto della presenza del fratello maggiore alle sue spalle e soprattutto perché davanti a lui una cosa del genere non l'avrebbe mai detta apertamente. Se c'era qualcuno che avrebbe potuto soffiargli il posto di caposcuola, quello era proprio Benjamin: era più grande, era ben visto dal corpo docenti e soprattutto non gli era secondo in intelletto. Il più pericoloso dei competitor non poteva essere che lui.

    Lo spauracchio del fratello maggiore non aveva comunque mai fermato Hugo dal compiere i suoi propositi. Frenato, quello sì e molto spesso ma fermato no di certo. Così, una volta tornato a Hogwarts, una delle prime cose che aveva fatto era stato salire nello studio del Preside e lasciare il modulo di richiesta per poter diventare a tutti gli effetti un tutor. Ad attenderlo, mille altri moduli identici al suo, provenienti da altrettanti compagni di casata: i Corvonero ogni anno si distinguevano per ore di studio, voti altissimi e per quella intrinseca propensione a fare da maestrini. Era più forte di loro, non potevano fare a meno di sfoggiare la loro immensa cultura forgiata dal fuoco di mille libri e se per farlo potevano perfino essere legittimati da un possibile ruolo di tutor, perché no? Questo non scoraggiò comunque il piccolo Weasley, mosso dal pensiero che "tentar non nuoce" e dalla sensazione positiva che sentiva nell'immaginarsi per i corridoi con la sua bella divisa, la sua cravatta blu e bronzo e una bellissima spilla dorata sul petto. Le settimane passarono senza alcuna notizia, in modo placido e assolutamente normale. Le giornate di Hugo si altalenavano tra una lezione e l'altra la mattina, lo studio la sera e i fine settimana che spesso passava a Hogsmeade in compagnia di Malia, Fred e Albus. Tutto come sempre. Accadde solo qualche settimana prima delle vacanze natalizie che, mentre faceva colazione, un gufetto di proprietà della scuola gli planò davanti leggero facendogli cadere sotto il naso un rotolo di pergamena avvolto e chiuso dal sigillo scolastico. Gentillissimo signor Weasley, siamo lieti di informarla che la sua richiesta di tutoraggio è stata accettata. Lo studente che le è stato assegnato è Andres Weiss, Grifondoro. In allegato le forniamo i programmi dei singoli corsi. Le è data piena libertà nei metodi e nella frequenza delle lezioni di recupero, che stabilirà col suo assistito, col fine del superamento degli esami di riparazione che si svolgeranno nel mese di Giugno. Con l'augurio che si possa instaurare un clima di serena convivenza nello spirito che da sempre contraddistingue i rapporti tra casate, auguriamo a lei e al suo assistito buon lavoro. L'ufficio di Presidenza. Un sorriso di trionfo illuminò il viso del corvonero, che immediatamente lasciò da parte la sua scodella per correre ad organizzare il lavoro ma soprattutto a fissare un primo appuntamento con Andres. Sì, quell'Andres. Non poteva essere che lui, dato il cognome marcatamente tedesco. Conosceva Andres Weiss solo di vista e naturalmente di nome, dato che non erano state poche le partite di quidditch a cui aveva assistito: quando Grifondoro non gareggiava contro Corvonero, Hugo era sempre in prima fila per tifare suo cugino Fred. E alle porte c'era lui, una montagna di muscoli su manico di scopa. Il primo pensiero che gli passò in mente? Non mi stupisce che abbia bisogno di un tutor. Che non si dovrebbe giudicare un libro dalla copertina, Hugo lo sapeva eccome ma era stato naturale, per quella sua mente tanto acuta quanto cinica, rivedere nel tedesco il banale cliché dello scimmione tutto muscoli e niente cervello. Questo banalissimo pregiudizio non avrebbe comunque inficiato l'impegno che Hugo intendeva mettere nella causa, che era tanto di Andres quanto sua. Gli scrisse a metà mattina, presentandosi e fissando un appuntamento per il giorno successivo.. e dove, se non in biblioteca? Ventiquattr'ore dopo, Weasley era seduto davanti ad uno dei grandi tavoli della biblioteca, accanto ad una montagnetta di libri e a qualche grosso rotolo di pergamena dall'aria minacciosa. Tamburellava le dita sul legno massiccio del tavolo, lanciando di tanto in tanto occhiatacce all'orologio mentre le lancette scorrevano e scorrevano. E di Andres, nemmeno l'ombra. « Se m'ha paccato il primo giorno... » e giù a brontolare, come suo solito,
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    scarabocchiando ghirigori su pezzi di carta volanti. Alla fine, quasi quindici minuti dopo e senza il suo grifondoro a portata di mano, decise di andarlo a cercare. Sì, a costo di salire fino alla torre e farmi aprire da Malia, io lo trovo quello e lo trascino qua. Li passa gli esami, eccome se li passa! Lasciò tutto il materiale ad occupare il tavolo e, con la tunica scolastica svolazzante, prese a marciare fuori dalla biblioteca. Fu proprio fuori da essa, nel corridoio antistante, che trovò qualcosa che non si aspettava di certo: Andres, impalato come se un Petrificus Totalus l'avesse colto di sprovvista, che borbottava cose incomprensibili con sé stesso. Ma da quanto se ne sta qua? Rimase a fissarlo a sua volta, con quella sua classica espressione da "ma questo ci è o ci fa?" prima di farsi avanti con le braccia accartocciate al petto. « Tu sei Andres, vero? Ciao, sono Hugo. Il tuo tutor. »Nel caso non l'avessi capito dalla lettera che sicuramente ti avranno mandato dalla presidenza e dalla mia faccia per niente divertita. « Dai, andiamo. » Fece dietrofront per ritornare dentro ma Andres, ancora una volta, non accennò a fare un passo costringendo Hugo a ritardare di minuti preziosi. « Ma che hai? Non costringermi a spingerti.. guarda che lo faccio eh? » E l'avrebbe fatto, se non che sarebbe stata la più stupida delle mosse. Per quanto Hugo fosse più alto di Andres, in tutto il resto era la metà. Letteralmente. Smuovere Andres sarebbe stato come sollevare una delle immense rocce sulla riva del Lago Nero. Con quelle stecche al posto delle braccia? Buona fortuna Weasley. « ...chiaramente non sortirei alcun effetto, se non utilizzando un sofisticato sistema di specchi e leve per smuoverti dal tuo baricentro, ma penso possiamo convenire entrambi in maniera del tutto civile e pacata sul fatto che rimanendo qui in corridoio non concluderemo nulla, no? » Si sistemò meglio gli occhiali scivolati come al solito sulla punta del naso, squadrandolo da capo a piedi. Sembrava già confuso. Talmente confuso da colpirsi da solo. « Se sei qui, dopotutto, deduco che sotto sotto a passare gli esami ci tieni. Ti assicuro che là dentro non ci sono mollicci, solo qualche fantasma di tanto in tanto. Dunque.. andiamo? »

     
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    Tutta quella sensazione era assurda. Okay, era pienamente consapevole che non c'erano altre soluzioni, che la colpa era sua e solo sua se si era arrivati a quel punto, ma comunque era davvero scocciato di dover avere una balia. Sì, una balia. Non riusciva a vedere in altro modo una persona che lo bacchettasse e gli imponesse di passare il tempo nell'ultimo modo in cui il tedesco lo avrebbe impiegato. Giocare a Quidditch, mangiare hot dog, superare i suoi massimi in palestra, quelle erano le cose con cui ricopriva per intero i suoi momenti buchi, il suo tempo libero. Studiare non era contemplato nemmeno a lezione, figurarsi in altri momenti della giornata!
    Badate bene, non parliamo di una repulsione nata sul momento, sviluppata durante i suoi primi anni ad Hogwarts, bensì di qualcosa che va ricercata nella prima infanzia di Andres. Già dall'asilo il tedesco era sempre stato avverso ad ogni forma di insegnamento che prevedesse lo stare fermi e concentrarsi per più di due minuti di fila. In principio i suoi genitori pensassero che fosse solo un po' vivace, esuberante, quindi predisposto ad altre attività motorie e creative che lo stimolassero in maniera attiva. Più tempo passava però, più la coppia di neo genitori si rendeva conto che quella che pensassero fosse una fase iniziava a prendere la forma di una predisposizione mentale difficilmente modificabile. A un certo punto, quando il bambino aveva compiuto cinque anni, lo fecero anche visitare perché sospettosi che soffrisse di un qualche disturbo dell'attenzione, o patologie simili legati all'iperattività. Purtroppo per loro - o almeno credo - il loro unico figlio era semplicemente uno scansafatiche quando si trattava di attività intellettuali. Dure parole da sentirsi dire, soprattutto quando entrambi gli adulti ricoprivano ruoli accademici di un certo tipo in Germania, il padre professore universitario e la madre alchimista. Niente paura, non hanno rinunciato all'idea di vedere la loro progenie diventare uno dei futuri leader del mondo, magico e non, semplicemente hanno optato per provare con un altro figlio dato che il primo non sembrava particolarmente incline ai loro sogni di gloria. Ovviamente questa loro proiezione di ambizioni non diminuì l'affetto che provavano per Andres, semplicemente iniziarono ad accettare il fatto che fosse una persona da lavoro manuale, che utilizzava i muscoli più che affidarsi al cervello. Ma guardiamo il lato positivo: il ragazzo ci guadagnò un fratellino! E da questo si può facilmente intuire come anche il Cappello Parlante escluse subito la casa dei geniacci durante la cerimonia dello smistamento. Letteralmente. Il Cappello Parlante se ne uscì con un commento iniziale su come, mai nella vita, si fosse ritrovato in una circostanza tanto singolare da escludere a prescindere una casata di Hogwarts. Andres ovviamente si irritò del commento, più per l'imbarazzo che non per l'ovvia considerazione, e per poco non si strappò l'indumento magico dalla testa. Un secondo prima di perdere le staffe il cappello aveva fatto la sua scelta, e il tedesco venne mandato a sedere insieme ai Grifondoro. Questa è la storia di come anche un indumento si prese gioco della poca spigliatezza di Andres.

    « Tu sei Andres, vero? » Quella domanda, piovuta quasi dal cielo, distolse il ragazzo dalla sua contemplazione del nulla. Si sarebbe potuto dire di una porta chiusa, ma tanto era imbambolato il Grifondoro che non si era neppure accorto che si fosse aperta pi di una volta facendo entrare e uscire vari studenti. « Ja. » Riuscì a bofonchiare senza nemmeno rendersene conto. In momenti come quello, appena ripresosi da un sogno ad occhi aperti, da un pensiero profondo (per quanto gli fosse possibile) oppure anche appena sveglio, Andres non riusciva a non parlare in tedesco, la sua lingua madre. E' un po' come quando qualche straniero, esasperato da una situazione, iniziava a inveire e bestemmiare nel suo dialetto. Uguale. « Ciao, sono Hugo. Il tuo tutor. » Ecco, dramma. Il suo incubo era addirittura uscito dal luogo maledetto, ne aveva aperto le porte ed era lì per trascinarlo in quel luogo di disperazione. O almeno così era come il Grifondoro visualizzava la biblioteca. Ricordiamolo ancora una volta: luogo che mai aveva visto in prima persona, di cui aveva solo sentito storie. « Oh... ah... cioè... - bene così Andres, bene così - voglio dire, ciao. » Beh, almeno lo aveva salutato a sua volta. « Ich bin... » Ma non fece in tempo a finire la frase per due motivi. Numero uno, aveva interrotto il tutto alla seconda parola uscitagli in tedesco, pronto a riformulare tutto in lingua inglese. Numero due, il Corvonero aveva tagliato corto, visibilmente spazientito, pronto ad entrare in biblioteca. « Dai, andiamo. » Aveva detto, tutto autorevole nelle tono convinto che solo quello bastasse per schiodare il tedesco da quei centimetri quadri di pavimento. Povero illuso. Per spezzare una lancia a favore di Andres, lui ci provò anche a fare un passo avanti, ma poi venne assalito nuovamente dalla sensazione di nausea che provava sempre quando stava per mettersi davanti un libro, e quindi lasciò perdere. Bonus: il suo zaino era ancora per terra, avrebbe dovuto raccoglierlo per entrare e la cosa non gli andava bene. Parliamo di consapevolezza nel non volere raccogliere i libri, non di pigrizia. Tsk! Pigro lui? Ma l'avete visto? Non aveva di certo il fisico di un poltrone lui! « Ma che hai? Non costringermi a spingerti.. guarda che lo faccio eh? » E a quel commento anche l'indole da orso del Grifondoro non poté che farsi da parte, lasciando spazio a uno sbuffo divertito. « Voglio proprio vedere, mit diesen dünnen Armen! » Già comunicato che commenti sarcastici e ben più pesanti parole non potevano che uscire in un'altra lingua lingua germanica. Tedescaggini a parte, il ragazzo rimase immobile ad ascoltare il suo tutor blaterare su specchi, leve, e cavolate simili. Ma proprio uno strambo dovevano rifilargli? Già non era motivato di suo, farsi vedere con uno del genere poi... « Non so cosa c'entrano specchi e leve, non so cosa è 'baricentro' - con evidenti difficoltà a ripeterlo - ma non voglio entrare là » E questo era il meglio che Hugo Weasley poteva ottenere come motivazione. Non gli avrebbe mai rivelato il suo timore nell'entrare in biblioteca, la sua paura di sentirsi - ed essere - un pesce fuor d'acqua. Era sempre stato uno tosto Andres, soprattutto sul campo da Quidditch, ma quando arrivava l'ora di studiare... beh, diciamo che si trasformava in un goffo imbranato. Per non aggiungere ignorante, che sarebbe cattivo nei suoi confronti.
    Deliri insensati messi da parte, Andres rimase a fissare lo spilungone che aveva di fronte mettersi prima a posto gli occhiali sul naso, poi tirare fuori un'ottima motivazione sul perché bisognava che entrassero in biblioteca. « Se sei qui, dopotutto, deduco che sotto sotto a passare gli esami ci tieni. Ti assicuro che là dentro non ci sono mollicci, solo qualche fantasma di tanto in tanto. Dunque.. andiamo? » Touché. Se il tedesco avesse conosciuto il significato, o anche soo l'esistenza, di quell'espressione l'avrebbe senz'altro usata. Non voleva essere bocciato. Non voleva essere espulso. E se il primo passo verso un anno scolastico non disastroso doveva essere là dentro, beh, avrebbe potuto compiere quella fatica. Sì, fatica, perché solo come tale Andres riusciva a concepirla. Lui avrebbe fatto fatica a studiare, a passare gli esami e via dicendo, ma il suo caro tutor si sarebbe strappato i capelli nel processo. Oh sì, altro che! « E va bene. Però sappi che odio questo posto. Trova altri posti per studiare, grazie. » E con addirittura quel 'grazie' si decidette a seguire il Corvonero all'interno dell'ambiente in cui regnava il silenzio. Ah... altro problema. « Non sono capace a parlare piano. Sotto voce. Te lo dico. » Uomo avvisato. « C'è, di solito urlo in mezzo al campo, quindi mi viene naturale parlare come se dovessi farmi sentire molto lontano... ha senso? » Che avesse senso per lui non c'erano dubbi, che ogni cosa che dicesse dalla mattina alla sera nella sua testa fosse logica era scontato, ma bisognava poi interrogarsi se anche gli altri riuscivano a seguire il filo di tutto. « Io magari provo, ma poi mi dimentico subito che dovevo non urlare. » E se si scordava questo, immaginate voi le date degli spessi tomi di Storia della Magia! « Comunque ti immaginavo... diverso. Non so. Però mi pare di averti già visto. » Perché ricollegare i parenti di un suo compagno di squadra, noti soprattutto per il cognome, era al di là degli interessi del tedesco. « Ti sei beccato la cipolla bollente, eh? » Cercò di simpatizzare il ragazzo, non sapendo che lanciarsi in modi di dire era sempre un campo minato in cui finiva spesso per saltare in aria. A quel punto non sapeva più cos'altro inventarsi. Si allentò un attimo il collo della camicia con due dita iniziando a sentire caldo. Odiava indossare quella stupida camicia. La cravatta poi! Perché erano costretti a quella tortura? La sua divisa poi iniziava a stargli stretta, come al solito. Ogni anno doveva cambiare minimo due volte tutti i pezzi della divisa da Grifondoro, era ormai un'abitudine che non lo sorprendeva ma che continuava a infastidirlo. Badate bene, solo perché doveva nuovamente provarsi quelle camice e i pantaloni, farsi misurare e blablabla! Cambiare taglia significava che stava andando alla grande in palestra! I cori da stadio in camera quando riusciva a strappare il tessuto delle camice flettendo i muscoli! Ma questa è un'altra - e ben più divertente - storia. Ormai non c'era modo di tornare indietro: le porte della biblioteca si erano chiuse e Hugo Weasley avrebbe potuto bacchettare Andres come voleva per un gran numero di ore.
    E sicuramente nel corso del pomeriggio la bibliotecaria sarebbe accorsa più di una volta a riprenderlo, ma per quello si era già messo l'animo in pace. Capitava frequentemente che venisse ripreso per la sua disattenzione o per un comportamento inadeguato. Mai scorretto, sia chiaro, ma semplicemente ci metteva un po' a capire e a ricordarsi tutto.
     
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