Enjoy the silence

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    Lo stormo di bambini radunati in cerchio attorno a Mun sembrano catturati da quella vocina che sotto il sole di un mese di maggio gentile e tiepido, ascoltano l'ennesima favola che la ragazza racconta loro. Ci ha fatto l'abitudine con quel compito, e sembra piacerle particolarmente. I bambini sono sottovalutati. Sono estremamente sinceri e intrepidi, e non si tirano indietro da domanda alcuna. Spesso sono ben più svegli e curiosi degli adulti e sanno farsi valere con il coraggio che spesso alle loro controparti più matura mancano. Il più delle volte si trova in difficoltà. Non ha la più pallida idea di come gestirlo, non sa quale parole evitare e più di una volta si ritrova a essere inopportuna. Non è come tenere gli undicenni a Hogwarts - cosa che, sotto richiesta di Albus ha fatto per parecchio; è più complesso, perché quelli che ha di fronte sono davvero bambino, non preadolescenti, non piccole personcine già pronte a sbocciare. Si rende conto di avere per le mani una responsabilità piuttosto grossa. Forse Mun non combatterà in prima linea, non farà nulla di rilevante, ma quanto meno così si sente utile e riempie gli spazi vuoti della sua giornata, quando il giovane Potter ha effettivamente cose più importanti che orbitarle attorno. « Oh Raperonzolo, sciogli i tuoi capelli che per salir mi servirò di quelli! » Le bambine hanno gli occhi brillanti di eccitazione, i maschi aspettavano intrepidi la fine della storia e la disfatta della maga che teneva Raperonzolo nella torre. Ha scoperto che le favole sono un ottimo modo per tenerli tranquilli, oltre al fatto che le offre tanti spunti per parlare con loro di cose interessanti e spiegare loro cose nuove. Stimola la loro fantasia, li spinge a fare domande e sono teneramente incuriositi da così tante cose. « Come fu sorpreso il principe quando trovò la maga al posto dell'amata Raperonzolo! "Sai una cosa?" disse la maga furibonda "per te, ribaldo, Raperonzolo è perduta per sempre!" Il principe, disperato, si gettò giù dalla torre: ebbe salva la vita, ma perse la vista da entrambi gli occhi. » E qui ecco che qualcuno si copre la bocca con le manine, non volendo accettare la triste sorte del principe. Jay, si stringe al suo fianco, avvolgendo le manine attorno al suo braccio, mentre Julie poco più in là corruga la fronte piuttosto contrariata. « Ma non finisce così vero? » Mun sorride abbassando lo sguardo sul biondino accanto a sé. Sta fissando intensamente con un leggero ghigno Matty. Sento una leggera tensione da poppanti qui in mezzo. E sapeva già che sin da quando Mun aveva avuto il compito di occuparsi dei bambini, Jay aveva gonfiato leggermente il petto. Io vivo con la "maestra". Mun è la ragazza di papà. Mun e papà mi hanno fatto un fratellino o una sorellina. Anche se era certa che Jay non avesse la più pallida idea di cosa significasse. Per lui Mun era la ragazza di Albus perché si danno i baci in bocca. Alexis le aveva raccontato di quanto il piccolo di casa Potter si pavoneggiasse in giro sulla questione di essere il fratellone maggiore. Mun sospira carezzando dolcemente i capelli di Jay al suo fianco. « Alcuni anni più tardi, capitò nello stesso deserto in cui Raperonzolo viveva fra gli stenti con i suoi bambini. La sua voce gli parve nota, e nello stesso istante anch'ella lo riconobbe e gli saltò al collo. Due lacrime di lei gli inumidirono gli occhi; essi si illuminarono nuovamente, ed egli poté vederci come prima. » Le bambine sospirano e Mun non può fare di sciogliersi dalla tenerezza. Istintivamente si massaggia il ventre con un radioso sorriso stampato sul volto di porcellana. Non vedo l'ora che anche tu senta tutte queste storie, fagiolino mio. Sciolte le fila per il pranzo, si dirige a passo lento verso gli esterni in compagnia di Arthas e Jay, salutando di rimando alcuni dei ragazzi che a loro volta stano lasciando il proprio lavoro per dirigersi verso la mensa. Mun dal canto suo ha deciso che è una giornata troppo bella per restare al chiuso e così ha proposto al bambino di farsi un bel picnic all'esterno. Mai stata una grande amante del sole, mai avuto una predisposizione naturale all'idea di stravaccarsi come un lucertolone al sole, finché non ne era stata privata per quattro mesi. Da allora l'idea di stare all'aria aperta aveva iniziato a piacerle molto di più, a stimolarne la fantasia, la creatività, la voglia di fare mille cose. Il sole è vita, e non ce ne accorgiamo mai abbastanza finché non arriviamo a comprendere che il buio ti fa impazzire prima o poi.
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    « Tu e Matty non andate molto d'accordo eh topolino? » Asserisce d'istinto ad un certo punto mentre gli passa un cornetto soffice allungo poi qualche avanzo anche ad Arthas, pur consapevole che il cane sia più che capace di procacciarsi il cibo da solo. Non si è mai troppo autonomi per essere viziati. « E' amico di Amelie. Non mi piace. » Risponde il bambino a bocca piena provocando in un Mun un'inaspettata reazione che la porta a inarcare le sopracciglia con fare piuttosto sospettosa. Si porta il frullato di fragole alle labbra e lo guarda di sottecchi. « Sono noiosi e poi non gli piacciono i miei dinosauli. » « A lui o a lei? » « A entlambi.. fanno sempre quei puzzle bluttissimi. » « Ehi i puzzle sono bellissimi! A me piacciono tantissimo. Magari possiamo farne uno insieme un giorno, così vedrai quanto sono divertenti. » « Gno.. io voglio andare con la moto.. » Chiaro. « Comunque non è bello trattare male i tuoi amichetti solo perché non vi piacciono gli stessi giochi. Ti va se li invitiamo un giorno da noi? » « Gno. » Deciso e preciso nelle sue convinzioni. Ecco, questo è uno di quei momenti difficoltosi con Mun. Albus ha una predisposizione naturale nel far credere ad Jay che ogni idea in realtà è sua. Mun dal canto suo viaggia in alto mare e il più delle volte si ritrova a procedere barcamenandosi nel buio con lui. Mio dio, faccio schifo con i bambini. « Pelò se tu vuoi ci puoi salie sulla mia moto.. » « Ah, ma grazie, topolino. Non me lo perderei mai.. » E a quel punto inizia una lunga disquisizione su quanto sia bella la moto che nonno Arthur gli ha costruito partendo dal suo vecchio triciclo. E quanto ne andava fiero Jay. E quando ne soffriva la mancanza, ora che non si trovavano più a Hogsmeade e non poteva più andarci in giro come il suo papà. Ad un certo punto, osserva non molto lontana da loro, sulle sponde di Loch Ness, una figura che dopo poco riesce a mettere a fuoco. E così, cosciente del fatto che Jay è impegnato a dare di nuovo il tormento ad Arthas, si allontana, dandogli un bacio sui capelli dirigendosi nella direzione del Grifondoro. « Chi non muore si rivede! » Asserisce alzando appena il tono della voce per annunciarsi prima ancora di essersi avvicinata a sufficienza. Non sono pochi color che, finito il lockdown hanno scelto di orientare i propri passi verso la causa dei ribelli, ma col fatto che se ne è andata per quasi un mese a Londra - il viaggio più fallimentare della storia dei viaggi diplomatici - ha perso il conto di chi effettivamente vivesse con loro e chi no. « Anche tu qui eh? » Quanta perspicacia, Carrow. Le fa ancora strano rapportarsi coi ribelli. Non li comprende fino in fondo, sono tutto il contrario degli ambienti signorili che Mun conosce. Finché era a Hogwarts, seppur dovesse spesso ritrovarsi in mezzo a persone non all'altezza, ai tempi poteva quanto meno affermare tutta la sua superiorità. Ora non se lo poteva più permettere, e anche se avesse voluto farlo, probabilmente l'unica a sentirsi in ogni caso a disagio sarebbe stata lei. D'istinto si porta la mano sul ventre, lisciandosi il vestito primaverile di un rosa pallido delicato, carezzando il lieve accenno di quel rigonfiore che sembrava ormai sfoggiare con un certo orgoglio. Agli occhi dei più era quasi impercettibile, quasi della portata dell'introdurre nel organismo una birra di troppo. Ma per la Carrow, ossessionata dalla pancia piatta e la linea perfetta, quello era un chiaro segno dell'arrivo del suo piccolo fagiolino. « Tutti stanno andando in mensa. E' ora di pranzo. Sei così misantropo da saltare i pranzi di Esme? Folle. » Un leggero sorriso si allarga sul suo volto prima di indicargli la copertina poco più in là su cui sono disposte ancora parecchie pietanze che andrebbero sprecate a quel punto, se nessuno dovesse ancora favore. E chiaramente, con lei e Jay, sul risparmio delle risorse dei ribelli, non ci si poteva certo lamentare. « Perché non ci fai compagnia? C'è ancora un sacco di cibo. Magari nel mentre mi racconti come va. » Si stringe nelle spalle con naturalezza. « Con l'occasione mi spieghi anche qual è la tua scusa per essere finito.. tra le pecore. » Il mio ragazzo è ricercato e io senza di lui non vado da nessuna parte, ma tu ricercato non sei.. potresti essere ovunque.


     
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    Sostenere che tutto andasse bene sarebbe stato falso. Non c'era nulla che fosse normale da quando erano - Dio sia lodato - usciti dal lockdown. Sarebbe presuntuoso dire che quell'esperienza, quella terribile, indelebile esperienza, fosse stata traumatica esclusivamente per Andres. C'erano stati molti studenti che avevano perso la testa, superstiti ancora in stato di shock nonostante usciti da quella dimensione; alcune persone non ce l'avevano fatta, di altre invece non si avevano più notizie... Quando il ragazzo pensava a quella specifica circostanza aveva dapprima una serie di brividi, poi si sentiva un incredibile peso sulle spalle che, ovviamente, gli rovinava l'umore ma, stranamente, gli apriva lo stomaco. Questa circostanza era nuova per Andres: non era mai stato uno che mangiava perché ansioso o triste, lo faceva semplicemente per necessità legate all'attività fisica, lo faceva a volte perché sfidato, ma mai come mezzo utile per cercare di scacciare i brutti pensieri che gli attanagliavano la mente. Giorno e notte. Riviveva quegli orrori giorno e notte... Pensava a Hugo giorno e notte. Pare un cliché anche solo pensarlo ma è proprio vero che ci si rende conto del valore di qualcosa solamente quando lo si perde. Il 'piccolo' Weasley era diventato per Andres un punto fermo, una certezza su cui poter fare affidamento. Era stato il Corvonero ad impedire che il Grifondoro venisse espulso per via dei suoi pessimi voti; era stato Hugo a far si che Andres riuscisse a scrollarsi dalle spalle quella reputazione di cosa perso e irrecuperabile, aiutandolo ad affrontare ogni materia, esame dopo esame, in modo che non fosse più visto come il solito ragazzone tutto muscoli e zero cervello. Hugo aveva fatto tanto per lui, c'era sempre stato negli ultimi anni, e ora... ora il tedesco era da solo. No, dire che fosse solo è errato, si poteva dire che si sentisse solo anche quando circondato da persone. La verità era sempre sotto i suoi occhi e non lo lasciava neppure dormire: quel mondo stava andando avanti senza Hugo Weasley, e lui, testardo com'era e come sempre sarebbe stato, non poteva e non voleva accettarlo. Hey, tutto bene? Quella era la frase standard che, più volte al giorno, si sentiva rivolgere da persone random di cui dimenticava subito il volto. Per quale motivo? Ogni tanto Andres aveva iniziato a isolarsi dal mondo, rimanendo a fissare un punto indefinito scollegandosi completamente dall'ambiente che lo circondava. Ripensava a tutte le cose orribili che erano accadute negli ultimi tempi: pensava alla festa di Halloween, pensava a quella trappola che era diventata il castello, ai morti, ai dispersi, pensava a quello strano mondo che aveva quasi portato tutti alla pazzia. Sicuro di non aver bisogno di aiuto? Le preoccupazioni da coloro che lo circondavano aumentavano giorno dopo giorno, per non parlare di quelle dei suoi genitori. Anche quello era un argomento abbastanza delicato da affrontare. Da quando sua madre non aveva più avuto sue notizie si erano tutti preoccupati, talmente tanto che suo padre si era sentito male. Il cuore, aveva scritto la madre di Andres in una lettera, lettera a cui il figlio aveva risposto in maniera concisa e relativamente fredda. "Sto bene. Non tornerò a casa per adesso." Tutto qui. Nessuna risposta alle domande poste, nessuna domanda a sua volta per conoscere come stavano i suoi famigliari, il suo fratellino.
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    Non era cattiveria quella di Andres. Non aveva risposto così perché di quello che accadeva ai suoi genitori, alla sua famiglia in generale, non gli importasse. Ciò che aveva frenato il ragazzo dal tornare dritto a casa era il senso di colpa. Non appena libero, il Grifondoro era stato sommerso da una serie infinita di quesiti. Perché non ho fatto nulla per salvare gli altri? Perché non ho mai pensato ad altri se non a me stesso? Non ho mai pensato a mio fratello. Non ho mai ripensato al viso di mia madre. Perché io sono fuori e altri no? Perché io sono vivo e loro no? Perché io? Quelle domande che si poneva non erano banali, bensì estremamente serie, pesanti, e decisamente senza una risposta facile o senza una risposta del tutto. Interrogarsi sul perché le cose fossero andate in quel modo non avrebbe risolto nulla... ma questo il ragazzone non lo aveva ancora capito.

    In quello stato Andres ci aveva vissuto per quasi due mesi, fino a questo giorno, in cui se ne stava, tanto per cambiare, per le sue a guardare lo specchio d'acqua che era il lago di Loch Ness. Occupava così i suoi momenti liberi - che stranamente non erano tanti - trovando l'attività incredibilmente rilassante. Già, di pace e tranquillità ne aveva un disperato bisogno, visto e considerato il casino che era la sua testa. In quel posto aveva più o meno ritrovato un equilibrio, aveva delle mansioni che lo tenevano impegnato, iniziava a sentirsi rassicurato dalla presenza di altre persone intorno a lui, e soprattutto aveva cibo a disposizione. Sempre. Il dramma di essere rinchiuso prima a scuola con razioni limitate e poi in quel mondo orribile stava proprio nella pochezza di viveri che Andres si ritrovava. Lui, che era abituato a mangiare sei volte al giorno, a volte digiunava. Può far sorridere la cosa, può sembrare un'esagerazione, ma la fame ha davvero esasperato il ragazzo; tanto che tutti i chili che aveva perso, una volta uscito dall'Inferno, li aveva recuperati con tanto di extra. Prima ancora di venire sommerso da tutte le già citate domande esistenziali, una volta uscito dallo stato di shock iniziale, il tedesco si era lanciato sul cibo con una foga animalesca. Non era mai stato un bello spettacolo vederlo a tavola, aveva poco ritegno davanti alla carne, ma in quel momento pareva un animale. E così, volta dopo volta, pasto dopo pasto, il ragazzo non si alzava da tavola prima di arrivare a un passo dall'esplodere. Si era ripromesso di non patire più la fame che aveva patito in quel periodo. E ora, dopo più di sessanta giorni di quel ragionamento, la cosa era piuttosto evidente. Sotto la barba era evidente che si celasse un doppio mento, ultimo arrivato tra i dettagli fisici che la gente evitava di sottolineare quando, basita, se ne usciva con frasi tipo 'ti vedo bene!', 'sempre in forma, eh!'. E così via.
    Quando tornava dalle sue capatine da Londra, il tedesco aiutava Rocket con gli addestramenti, pratiche di combattimento corpo a corpo e così via, tutta roba che lo relegava in palestra per parecchie ore. Non aveva smesso di fare pesi, nossignore, mai nella vita, ma l'importo calorico che assumeva era comunque minimo il doppio di quello che bruciava. E quindi benvenuta alla pancia non più occultabile sotto le felpe, pancia che gli dicevano anticipasse il suo arrivo quando entrava nelle stanze. Esagerati. Non era poi così grande... però va detto che, considerato che prima il ragazzo sfoggiava pancia piatta con addominali, decisamente l'upgrade era decisamente notabile. Ovviamente al pacchetto si aggiungevano braccia e gambe decisamente più grosse, non più definite da solamente il muscolo, e pettorali che ora assomigliavano più a cuscini imbottiti che non a pezzi di marmo.
    Ma veniamo al fulcro della questione? La cosa gli importava? Assolutamente no. L'aver superato la soglia dei cento chili non frenava in alcun modo il suo volersi gettare sul cibo per ignorare le sue angosce, anzi, vedeva nel cibo un modo per esorcizzare e allontanare la paura. Può sembrare una cosa poco sensata, ma per lui ne aveva eccome di senso.
    « Chi non muore si rivede! » Quella battuta infelice diede subito fastidio al ragazzo che, senza troppo entusiasmo, girò la testa per vedere di chi fosse la voce che lo aveva sottratto alla sua contemplazione del nulla. Di tutti i posti in cui si sarebbe potuto immaginare di vedere la Carrow quello era senza dubbio piazzato agli ultimi posti della lista. « Anche tu qui eh? » Mentre la ragazza sottolineava l'ovvio, Andres si ricordò pian piano di alcune voci che aveva sentito riguardo una gravidanza, riguardo a Potter, beh, riguardo a tante cose. Ma, come sempre, a lui del gossip interessava meno di zero. « Già. » E badate bene che quello era un incredibile sforzo per il ragazzo, che si era risparmiato grugniti vari o semplicemente un cenno della testa. Sfido chiunque a dire che non fosse parzialmente socievole. « Tutti stanno andando in mensa. E' ora di pranzo. Sei così misantropo da saltare i pranzi di Esme? Folle. Perché non ci fai compagnia? C'è ancora un sacco di cibo. Magari nel mentre mi racconti come va. » Come un gatto che drizzava le orecchie sentendo aprire un sacchetto di croccantini, così Andres drizzò la schiena e le orecchie alla parola pranzo e, ancora di più, a quella cibo. Sempre rimanendo seduto, il ragazzo si voltò ad osservare, al di là del vestito della ragazza, le vettovaglie sistemate sopra ad una coperta. Alzarsi e parlare con qualcun altro valevano il cibo e lo sforzo? « Non ci sono verdure... vero? » Perché sì, alla fine era quello l'elemento che avrebbe decretato il suo spostarsi dal punto A al punto B. Perché faticare per una ciotola d'insalata? Anche no.
    « Con l'occasione mi spieghi anche qual è la tua scusa per essere finito.. tra le pecore. » Il tedesco non era mai stato un esperto nel celare le proprie emozioni, se ne accorgevano sempre tutti, e sicuramente anche alla Carrow non doveva essere sfuggita la sua espressione a metà tra l'infastidito e lo stupito. « Mi importa fino a un certo punto di quelle che tu definisci pecore. » E alla fine decise di alzarsi - con alcune difficoltà d'equilibrio - per il nervoso che quella conversazione stava facendo nascere. « Sono qui perché... » E qui si fermò. Dirglielo? Non dirglielo? Avrebbe fatto differenza svelarle il perché di tutto quel gironzolare tra i ribelli con aria affranta? « In realtà non ho voglia di parlarne. Tanto meno con qualcuno che conosco appena. » Ciò detto si sistemo meglio il cappuccio della felpa nera (che sì, un po' iniziava a fargli caldo) e si diede delle pacche sui pantaloni della tuta, sempre neri, per togliersi quel po' di polvere rimasta. « Ora però mi è venuta fame, quindi accetto la parte relativa al pranzo. » Per il resto si vedrà. « E per la cronaca, io i pasti non li salto mai... solo non amo la compagnia ultimamente. »
    Si incamminò con la ragazza verso la tovaglia, risparmiandosi di girarsi per osservare la pancia che era soggetto di tante chiacchiere. « E' vero quindi? Aspetti un Kleinstkind? » Gli ci volle più del solito per realizzare di avere fatto uno switch involontario alla sua lingua madre. « Un bambino. Volevo dire un piccolo bambino, un bebè! » Ed eccolo lì, a impanicarsi come al solito perché aveva dimenticato una parola sul momento per poi sparare a raffica tutti i sinonimi che gli venivano in mentre per rimediare. Era una cosa che aveva sempre fatto, i suoi primi anni ad Hogwarts furono pieni di questi momenti. « Non sono molto aggiornato riguardo a... beh, riguardo a tutto direi. » E la colpa di chi era?


     
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    « Mi importa fino a un certo punto di quelle che tu definisci pecore. » Una risposta netta e secca che fece per un istante sgranare gli occhi alla giovane Carrow. Ok, niente buone maniere. Possiamo lavorarci. Non era prettamente da lei fare l'avvocato delle cause perse o la salvatrice della patria, ma man mano che passava più tempo in quell'ambiente si rendeva conto di non poter semplicemente restarsene ai margini per sempre. Aveva necessità di imparare a conoscere le persone assieme alle quali stava, semplicemente perché, al di fuori di loro non aveva altro posto in cui andare. Per quanto poi, Albus le fosse più che sufficiente per non lamentarsi del suo tenore di vita, si rendeva conto la Carrow, che non poteva riempire la sua vita solo di sbaciucchiamenti e tenere parole. La guerra era in agguato, e lei tanto quanto tutti gli altri, aveva necessità di iniziare a fidarsi di quelle persone, poiché sarebbero state - forse - le uniche disposte a proteggerla e tenerla al sicuro, soprattutto in quel momento delicato, in cui sarebbe stato sempre più complicato farlo da sé. « Sono qui perché... In realtà non ho voglia di parlarne. Tanto meno con qualcuno che conosco appena. » Severo ma giusto. Alzò le mani a mo di arresa, conducendolo verso la piccola area da picnic dove Jay e Arthas si stavano concedendo una pausa, arrotolandosi al sole, sotto un intenerito sorriso di Mun. Oh, c'era decisamente tanto gioia e orgoglio nel prendersi cura di quel nanetto. Al solo pensiero che un paio di mesi fa aveva persino paura di parlarci, non può fare a meno di darsi della stupida da sola. Così tante convinzioni sbagliate alleggiano in quella testolina corvina. « Ora però mi è venuta fame, quindi accetto la parte relativa al pranzo. E per la cronaca, io i pasti non li salto mai... solo non amo la compagnia ultimamente. » Annuisce la ragazza a quel punto, mentre con una certa dose di istinto materno gli serve una copiosa porzione di spaghetti proveniente direttamente dalle cucine della maga dei fornelli per eccellenza. Con la Proietti in mensa, si mangia italiano più spesso di quanto si possa immaginare. Certo, lei direbbe che non è italiano 100% perché gli ingredienti di quelli che lei definisce visi pallidi non sono nemmeno lontanamente all'altezza dei prodotti tipicamente mediterranei. A Mun però sembra tutto delizioso, così tanto che a volte la paura di ingrassare troppo è talmente forte da rifiutarsi di continuare su quella strada del degrado a cui l'italiana la costringe. E poi non c'è solo il cibo in mensa; oltre a quello ci sono i pranzi e le cene sin troppo ricchi della famiglia Potter - Weasley. Roba che qui se resti magro, hai solo che un metabolismo di ferro.
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    « Nemmeno a me piace la compagnia.. » Inizia con un tono pacato, mentre armeggia con un po' di patatine mettendosele nel piatto per sgranocchiarle durante quella chiacchierata. « ..ma Esme insegna che il cibo è più buono se condiviso. Vai a dirlo tu a quella donna, se ne hai il coraggio, che non hai condiviso il suo cibo. » Scoppia a ridere tra se e se prima di gettare lo sguardo sul lago. Dall'altra parte in lontananza, riesce quasi a individuare le torri più alte della Città Santa. Il sogno. L'ultima roccaforte del mondo, probabilmente il posto più sicuro in cui chiunque potrebbe trovarsi. Per un istante, si chiede, perché lui non sia là, ma vista la sua non propensione a parlare, decide di tenersi quella domanda per il momento per se stessa. « E' vero quindi? Aspetti un Kleinstkind? Un bambino. Volevo dire un piccolo bambino, un bebè! » Di scatto il suo sguardo si concentra sul suo ventre, alquanto sorpresa, mentre un sorriso radioso le compare sul volto. Non sa perché, ma adora quando la gente glielo chiede, quando si accerta che stia bene, quando si interessa delle sue condizioni. Qualunque cosa legata a quella gravidanza sembra semplicemente metterla estremamente di buon umore. « Già! Siamo nel bel mezzo delle dodici settimane. Un paio di giorni fa abbiamo fatto l'ecografia e abbiamo anche sentito il suo cuoricino per la prima volta. » E io non so perché ti sto dicendo tutto questo, ma in ogni caso ho tanta voglia di raccontartelo. « E' una delle cose più belle al mondo sentire il battito del bambino nella pancia. » Si stringe nelle spalle mentre il sorriso sulle sue labbra si allarga sempre di più. « Sapere che quel cosetto diventerà un bambino e ha già un cuoricino, è un'emozione unica. Albus ha persino chiesto una coppia dell'audio.. aspetta.. » E dicendo ciò, tira fuori il cellulare dalla tasca e fa partire il riproduttore per fargli sentire quel battito con attenzione. Ma si rende conto che forse a lui non interessa più di tanto. « Ma non rende più di tanto.. non è la stessa cosa, come quando sei lì. Però.. questo è lui.. o lei.. » A quel punto si rivolge a Jay, ben intenzionata a distogliere il ragazzo da quel muso lungo. Lo fa, prendendo spunto dai suoi nuovi strampalati quasi-parenti che praticamente non ti danno il tempo di essere triste o anche solo di pensare. « Topolino, perché non racconti al nostro nuovo conoscente, com'era il tuo fratellino nella pancia? » E a quel punto ecco che il biondino si avvicina con il suo musetto curioso, guardando la prima lo sconosciuto mastodontico con uno sguardo diffidente. « Io sono Jay e ho tle anni.. e mio papà ha detto che devo plendelmi cula di Mun quando lui non c'è. » Solita filastrocca. Getta uno sguardo divertito al ragazzo, prima di permettere a Jay si sedersi tra le sue gambe mentre armeggia risolutamente con uno dei suoi peluche dinosauro. « Ti piacciono i dinosauli? » Oh e da questa domanda Jay avrebbe chiaramente decretato la sua simpatia o antipatia nei confronti del nuovo arrivato. E alla fine dopo un po' di tempo in cui riflette, lasciando che Jay gli faccia il suo personale terzo grado, Mun sembra risvegliarsi da quel continuo fissare a intermittenza Inverness, oltre il lago. « Come mai non sei là? ..voglio dire.. ti ho visto lì dentro. A Hogwarts. Sei uno di loro vero? » Getta lo sguardo in quello del ragazzo cercando di sembrare il più rassicurante possibile. « Albus è un parabatai.. quello della vostra.. non so come la chiamate voi.. la capetta, insomma. » L'insopportabile rompicazzo col palo nel culo, detta comunemente Beatrice Morgestern, insomma. « Credevo quella fosse casa vostra.. ne andate anche piuttosto fieri. Come mai non ci vivi? Si presuppone sia uno dei posti più sicuri.. » Una curiosità niente di più.

     
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    Perché mentire? Benché le sue parole potessero farlo sembrare egoista e/o menefreghista, non era abituato a dire il falso. Forse perché non era capace, forse perché non ne vedeva i vantaggi, fatto stava che non ne vedeva la necessità. C'erano davvero poche persone di cui gli importasse qualcosa, ma la maggior parte non si trovavano nel Regno Unito, quella più importante invece era dispersa. « Nemmeno a me piace la compagnia.. » Ironia della sorte voleva invece che ad Andres piacesse la compagnia. Lui era un animale sociale - da branco si poteva dire, ironicamente -, sguazzava in mezzo ai gruppi di persone, la squadra di Quidditch era diventata importante tanto da reputare ogni singolo membro come parte della sua famiglia, e poi... beh, ora anche solo rispondere a una semplice domanda che richiedesse un sì o un no lo affaticava in maniera incredibile. I motivi dietro questa insofferenza verso il genere umano non gli erano totalmente oscuri, si era reso conto di almeno un paio di motivi che lo portavano ed essere burbero con tutti, ma non aveva il coraggio di esplicitarli a voce. Se lo avesse fatto si sarebbe sentito in colpa, avrebbe ammesso che in fondo era colpa sua e non degli altri. Ma non era il momento di pensare a quello. « ..ma Esme insegna che il cibo è più buono se condiviso. Vai a dirlo tu a quella donna, se ne hai il coraggio, che non hai condiviso il suo cibo. » Era il momento di non pensare affatto e finire tutta la pasta che gli era stata gentilmente messa nel piatto. Non era abituato a mangiare italiano, ma quando gli capitava si gustava i piatti con gran soddisfazione - e decisamente poco galateo nei modi. Si limitò infatti a un ringraziamento un po' bofonchiato prima di iniziare a spalare con la forchetta gli spaghetti. Era riuscito addirittura a porgere una domanda a Mun prima di avventarsi sul suo secondo pranzo, il che può essere segnato come un traguardo giornaliero. Da leggersi anche: visto che a parlare sarebbe stata lei lui avrebbe potuto spazzolare via tutto senza dover intervenire e interrompersi... sì, va bene, non prenderemo in giro nessuno dicendo così. Probabilmente avrebbe risposto a una qualsiasi domanda senza smettere di mangiare, con mugugni o addirittura con la bocca piena. Durante i pasti non dava il meglio di sé Andres Weiß. Ma, ciò detto, non significava che il tedesco non stesse ascoltando la ragazza mentre gli raccontava, con un'evidente nota di entusiasmo, della sua gravidanza e del suo futuro pargoletto. Era bravo ad ascoltare lui... forse perché spesso non aveva nulla da raccontare o, ancora, perché non aveva voglia di parlare. « E' una delle cose più belle al mondo sentire il battito del bambino nella pancia. » Andres la prese in parola, del resto non avrebbe potuto sostenere di sapere che cosa si provasse in un momento simile; le sorrise sinceramente, probabilmente sporco in faccia ma non interessato dall'eventualità. « Sapere che quel cosetto diventerà un bambino e ha già un cuoricino, è un'emozione unica. Albus ha persino chiesto una coppia dell'audio.. aspetta.. » Figurarsi! Se l'era un po' chiamata semplicemente pensando. Mun si apprestò ad estrarre quel diabolico aggeggio che era lo smartphone e, in un modo che il tedesco ignorava e avrebbe continuato a ignorare, fece partire la registrazione dell'ecografia. « Ma non rende più di tanto.. non è la stessa cosa, come quando sei lì. Però.. questo è lui.. o lei.. » « Mh? Non volete sapere di che se- » « Topolino, perché non racconti al nostro nuovo conoscente, com'era il tuo fratellino nella pancia? »
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    Niente, non riuscì a completare la frase che un vivace bimbetto biondo si avvicinò alla ragazza guardando il ragazzone con aria incerta, quasi stesse decidendo se essere affabile oppure no. « Io sono Jay e ho tle anni.. e mio papà ha detto che devo plendelmi cula di Mun quando lui non c'è. » Come già si era detto, Andres non era immerso nella vita sociale di quel luogo talmente tanto da sapere i fatti di tutti nel loro continuo evolversi, ma se la sua memoria non lo stava ingannando, il 'papà' di cui si stava parlando era sempre Albus. Le sue informazioni riguardo la questione si fermavano lì e la cosa gli andava bene. « Ciao Jay, io sono Andres e ho diciannove anni » Benché ne dimostrasse molti di più sia per la stazza che per la barba. Ciò detto, che cosa interessasse poi al bambino di quanti anni avesse lui non si sapeva, però il ragazzo aveva sempre risposto ai bambini - quelle poche volte che gli era capitato - restituendo le stesse informazioni che loro condividevano. Approfittò del momento di assestamento del piccoletto sulle gambe di Mun per finire finalmente i suoi spaghetti. Sì, aveva mangiato in tempi record una montagna di pasta: normale amministrazione ragazzi, normale amministrazione. « Mi passeresti l'acqua? » Poteva chiederlo prima che la ragazza avesse sulle gambe un bambino? Indubbiamente, sarebbe stato meglio, però l'acqua si trovava proprio vicino alle sue gambe e il tedesco non se la sentiva di esibire il suo nuovo muoversi pesante e sgraziato. « Ti piacciono i dinosauli? » Attenzione! Domande di un certo spessore sia per importanza che per valenza affettiva. Andres aveva sempre adorato i dinosauri da piccolo, perciò si animo di un'allegria che mai gli era appartenuta in quell'ultimo periodo e rispose al bimbo sorridendogli entusiasta. « Ma certo che mi piacciono i dinosauri! Mi sono sempre piaciuti, da quando era grande come te! » Accurata scelta di termini: 'grande come te' non era 'piccolo come te'. Il tedesco si offendeva sempre quando, durante la sua infanzia, gli ricordavano pedissequamente quanto non fosse un adulto, uno dei 'grandi'. « Qual è il tuo preferito? Il mio era il T-Rex, ma ora preferisco lo Stegosauro, ci assomiglio di più! » Esclamò dandosi due pacche con la mano destra sulla panza. In quel momento, tra lui e Amunet, quella incinta non sembrava assolutamente lei.
    Nonostante quell'exploit di spensieratezza, ecco che la ragazza gli tolse nuovamente il sorriso dalle labbra. Non era colpa sua personalmente, assolutamente, solo che aveva tirato fuori un argomento particolarmente spinoso. « Come mai non sei là? ..voglio dire.. ti ho visto lì dentro. A Hogwarts. Sei uno di loro vero? » Era di Inverness che stava parlando. Ovviamente. « Albus è un parabatai.. quello della vostra.. non so come la chiamate voi.. la capetta, insomma. » Altra roba strana che si aggiungeva alle cose senza senso dell'ultimo periodo. Benché vivessero in un mondo permeato di magia, tutti gli eventi dell'anno in corso sembravano ad Andres incredibilmente assurde. « Credevo quella fosse casa vostra.. ne andate anche piuttosto fieri. Come mai non ci vivi? Si presuppone sia uno dei posti più sicuri.. » Rimase in silenzio ad ascoltare tutte le domande che Mun aveva da fare, si passo una mano sulla barba evitando per tutto il tempo di guardare la ragazza negli occhi. Era a disagio, tanto. « Tornare a parlare della tua gravidanza sarebbe un metodo di svincolarsi dalle domande fin troppo palese, sì? » Hugo sarebbe stato fiero del suo utilizzare parole come 'svincolarsi' in una frase. Peccato non poterglielo far sapere. « Se con 'loro' intendi un grosso - e grasso - cane, sì sono uno di loro. » Non aveva ancora preso bene la cosa del lupo in effetti, soprattutto sapendo che quella era una cosa ereditaria e quindi sua madre aveva omesso il particolare in quegli ultimi vent'anni. « 'Capetta' magari non è il termine corretto, ma mi pare tu ne sappia abbastanza. Probabilmente anche più di me. » Probabilmente no, ma gli piaceva continuarsi a lamentare di tutta quella questione del branco. « Casa. Casa. Tu chiameresti 'casa' un posto mai visto prima, un luogo che vogliono importi come casa? » Anche con una certa insistenza tra l'altro, puntando su cose ridicole come la storia, l'onore e minchiate del genere. « Sembrerò una femminuccia, ma sono dell'idea che 'casa' non sia un luogo, penso siano le persone a definire dove si trovi la casa di qualcuno. Io, al momento, sento di non averla una casa, figurarsi quel luogo laggiù! » Indicò svogliatamente in lontananza. « Non mi piace che la gente mi impone un determinato stile di vita solo perché sono nato... così. Non è mia intenzione vivere come un cane da guardia, non voglio essere relegato in quell'angolo di mondo quando fuori c'è così tanto... nemmeno se quel posto è incredibilmente sicuro. » Bevve tutta l'acqua che aveva nel bicchiere, la conversazione necessitava idratazione. « E poi, ci sono troppe persone che pregano. Mi infastidisce la cosa. » Ogni riferimento a Holden Morgenstern è puramente casuale. « Aggiungici che vogliono farmi correre, ah ah! Mai. » A quel punto si fece scappare una risatina sarcastica. « Ciò detto, ti interessa sapere altro? » Tipo la taglia di mutande che porto, mh? Spoiler alert: non le portava. Ma di base la XXL. Purtroppo non riuscì a non farsi uscire quelle parole risparmiandosi quel tocco di acido nel tono. « Altrimenti possiamo parlare di qualcos'altro, tipo del fatto che in questo posto non ci sia abbastanza gelato. Del fatto che molta gente non si avvicini al lago per paura della creatura che dicono viverci dentro, fantasie a mio avviso. Possiamo parlare del tempo che mi ricorda quello di Berlino a volte, oppure... » A quel punto Andres si rivolse nuovamente al piccolo Jay « ...possiamo parlare ancora di dinosauri! »
     
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    Assiste al palese ingurgitare famelico di Andres con un aria stranamente materna. Lo osserva divertita, lasciando che concili il pesante respirare con i bocconi decisamente esagerato, mentre dal canto suo si dà al mordicchiare alcune piccole carote disposte in un piatto non molto lontano. Ne è passato di tempo da quando Mun si gustava quei sontuosi pasti nel salone principale di casa Carrow a Cambridge. Se solo le avessero detto che da lì a qualche anno avrebbe mangiato stesa su una coperta con un bimbo non suo stretto tra le braccia, in compagnia di una persona con cui difficilmente avrebbe avuto in circostanze normali tangenze, si sarebbe messa a ridere. Lei, tanto quanto tutta la sua comitiva. Nessuno se lo aspettava da Mun, lei per prima. D'altronde nessuno si sarebbe aspettato che il florido futuro della ragazza avrebbe subito una tale inversione di rotta. Diciotto anni, incinta, accolta da persone la cui bussola morale distava anni luce dall'ambiente altamente impostato in cui aveva vissuto per tutta la sua vita. Ascolta con altrettanta tenerezza anche il breve dialogo tra Jay e il giovane Grifondoro; alla fine il bambino si sistema per bene sulle sue gambe, tornando a mangiucchiare non propriamente di buon grado a sua volta le verdurine che Mun gli mette sotto il naso. Ormai conosce le regole. Se non mangia le verdure, niente gelato per lui, tanto meno i biscotti o la torta della nonna. Non l'avrebbe mai detto, ma nonostante non fossero destinati, Mun e Jay, insieme, anche in assenza di Albus si trovano bene. La piccola Carrow sembra avere una naturale predisposizione nell'imporsi con dolcezza; forse era solo questione di abitudine, imparare a conoscerlo e lasciarsi a sua volta conoscere dal biondino. « Ma certo che mi piacciono i dinosauri! Mi sono sempre piaciuti, da quando era grande come te! Qual è il tuo preferito? Il mio era il T-Rex, ma ora preferisco lo Stegosauro, ci assomiglio di più! » Scoppia a ridere la mora a quelle parole, prima di passarsi le dita tra i capelli, raccogliendoseli in una veloce treccia che la liberi dal caldo che sta iniziando a sentire. Anche lì, nella profonda Scozia, l'estate stava iniziando a sentirsi; seppur si fosse detta che avrebbe fatto freddo, era chiaro che il clima non era poi così aspro come narravano i libri di geografia. « Papà mi ha fatto vedere quello che vola. Lo pelo.. ptelo.. pelodattilo. » E ogni qual volta Jay si sforza a pronunciare parole decisamente troppo complicate, Mun non può fare a meno di provare un estremo moto di tenerezza. « Chiaro.. chissà perché questa fissa dei pterodattili! Ma cosa avete voi maschietti con questa fissa dei dinosauri? A me da piccola piacevano i cavalli, e gli unicorni.. e i pony. » Alla fine l'hanno letteralmente gettata ai corsi di equitazione, sospetta pur di farla stare zitta. O forse, l'hanno fatto perché qualunque ragazza dell'alta società che si rispetta deve fare necessariamente un'attività sportiva estremamente esclusiva, e il club in cui andava Mun, era probabilmente il più costoso di tutto il Regno Unito. Il club dei royals, quelli che nascono letteralmente dentro Buckingham. Alla fine, costretto a dedicarsi alle sue carottine, Jay mette il muso e continua a mangiare come un piccolo coniglietto in silenzio, sotto le attenti carezze di Mun che lo incoraggiano a continuare con la silenziosa promessa che dopo quella tortura, arriverà il bello e il buono. « Tornare a parlare della tua gravidanza sarebbe un metodo di svincolarsi dalle domande fin troppo palese, sì? » Ride Mun, prima di posare un leggero bacio sui capelli biondi del bimbo seduto sulle sue gambe. « Non so quanto ti convenga. Sono piuttosto pedante quando si tratta di questo fagottino. » Uomo avvisato mezzo salvato.
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    « Se con 'loro' intendi un grosso cane, sì sono uno di loro. 'Capetta' magari non è il termine corretto, ma mi pare tu ne sappia abbastanza. Probabilmente anche più di me. » Di fronte a quelle parole Mun si stringe nelle spalle. E' piuttosto esclusa da qualunque giro, non solo tra i Ribelli e tra i Lycan, ma anche a Londra. Il suo giro sono Albus e Jay al momento, e la sua decisamente soffocante famiglia. Di tutto ciò che è al di fuori capta veramente poco, non solo perché molti tendono a tenerla un po' a distanza, ma anche perché lei stessa non sa esattamente come comportarsi per guadagnarsi effettivamente la loro fiducia. Di molti si è guadagnata l'empatia, forse addirittura la simpatia. Una ragazza incinta, soprattutto in quelle circostanze, era pur sempre un fatto più unico che raro. Ma sapeva Mun che in fin dei conti, la sua posizione privilegiata, non era tanto data da qualche suo merito particolare, quanto dall'esserino che portava in grembo, e forse in parte, dal impegno che Albus ci metteva tutti i giorni per non farsi rimproverare nulla dalla società in cui stavano cercando di inserirsi. « Ne parli come se lo disprezzassi.. » Asserisce infine, inclinando leggermente la testa per osservarlo con più attenzione. Lei i lupi li ha visti qualche volta in giro per Hogsmeade e prima ancora dentro Hogwarts; mai nessuno da troppo vicino, ma ne ha osservati, appunto da lontano alcuni di loro. « Vi trovo delle creature estremamente singolari. A Hogwarts ho avuto modo di vederne più di uno di voi più e più volte.. siete creature.. estremamente eleganti e fiere. » Irriverenti di fronte a qualunque intemperia; questo aveva visto Mun. Il suo tono di voce tradiva da una parte una certa estraneità, tipica di chi fino in fondo non avrebbe mai capito quel mondo, dall'altra l'ammirazione e persino una punta di invidia. « Ho visto lì dentro Beatrice e Percival. Una candida come la neve, l'altro dal colore grigio perlato. Correvano sui prati spenti della tenuta come il vento; quel manto sembra illuminare il loro tragitto . E poi c'era Miss Branwell.. l'ho vista diventare quella meravigliosa creatura dalla chioma fulva. Il modo in cui proteggeva i più piccoli.. c'era qualcosa di estremamente materno in quella sua postura pronta a frapporsi tra quei bambini e qualunque cosa tentasse di nuocere loro. E poi ricordo Rudolph.. nero come la pece, un temperamento irascibile irriverente di fronte a qualunque cosa. » Una grande osservatrice, la Carrow, lo è sempre stata. « Nobili e letali. » Sembra perdersi nel ricordo di certe notti, mentre tenta di ripercorrere quei manti estremamente lucenti che anche nelle notti più buie, seppur macchiati di sangue, brillavano di una beltà immensa. La beltà delle sentinelle nella notte perpetua. « Sembrerò una femminuccia, ma sono dell'idea che 'casa' non sia un luogo, penso siano le persone a definire dove si trovi la casa di qualcuno. Io, al momento, sento di non averla una casa, figurarsi quel luogo laggiù! Non mi piace che la gente mi impone un determinato stile di vita solo perché sono nato... così. Non è mia intenzione vivere come un cane da guardia, non voglio essere relegato in quell'angolo di mondo quando fuori c'è così tanto... nemmeno se quel posto è incredibilmente sicuro. » Non sa cosa rispondere, Mun. Per lei Inverness è una specie di terra promessa. Forse uno dei pochi posti al momento in cui si sentirebbe al sicuro e in cui potrebbe dormire sogni tranquilli, senza preoccuparsi che prima o poi Albus verrà prelevato da qualche Inquisitore o Ghermidore direttamente dal suo letto nel sonno. Su una cosa concorda. Casa è dove hai il cuore; non è un posto prestabilito. Un posto vale un altro. Non a caso, nella casetta di Hogsmeade, così come nella stanza decisamente troppo stretta, tutto sommato, Mun si sentiva comunque a casa; erano Jay e Albus a rendere ogni ambiente tale. « E poi, ci sono troppe persone che pregano. Mi infastidisce la cosa. Aggiungici che vogliono farmi correre, ah ah! Mai. Ciò detto, ti interessa sapere altro? » Ahia tasto dolente. « Non volevo essere invadente. » Asserisce le mani a mo di arresa, prima che Andres passi troppo sulla difensiva. Deve ammettere che non gli dispiace la sua compagnia. E' buffo. Ma è chiaramente anche molto contrariato da qualcosa.. Non lo conosce più di tanto, ma lo ha visto spesso e volentieri in compagnia di Fred e degli altri della squadra di Quidditch Grifondoro. Era molto diverso allora. Insomma, il tipico giocatore di Quidditch che volente o nolente si attira addosso una certa fama. « Altrimenti possiamo parlare di qualcos'altro, tipo del fatto che in questo posto non ci sia abbastanza gelato. Del fatto che molta gente non si avvicini al lago per paura della creatura che dicono viverci dentro, fantasie a mio avviso. Possiamo parlare del tempo che mi ricorda quello di Berlino a volte, oppure... » « ...possiamo parlare ancora di dinosauri! » Chiaramente. Dinosauri sempre, a ogni ora del giorno e della notte. « Tu devi finire prima di mangiare le tue carottine, Signor Pterodattilo. Non fare il furbo. Ti vedo che te ne stai approfittando della compagnia. » Ed eccolo di nuovo il muso di chi è altamente insoddisfatto della propria vita da bambino costretto a mangiare le verdurine. « Non sono mai stata a Berlino.. » Asserisce ad un certo punto, corrugando la fronte. Le sembra alquanto ridicolo il fatto che, nonostante la sua famiglia fosse estremamente ricca, non abbia mai permesso a Mun di lasciare l'Inghilterra. Persino la Scozia, al di fuori di Hogsmeade e Hogwarts era un territorio inesplorato per lei, prima di quel distacco. Non ha mai visto poi molto, al di fuori delle principali città della sua madrepatria. Sempre costretta a rimanere vicina a casa. Forse in realtà hanno sempre avuto paura che appena avrei avuto modo di vedere un po' oltre i salotti, sarei scappata senza guardarmi alle spalle. « In ogni caso, secondo me lo stai guardando nella maniera sbagliata.. » Si stringe nelle spalle, prima di gettare lo sguardo di ghiaccio in quello del ragazzo. « Io ci vorrei andare.. nel senso che.. credo al momento sarebbe il posto migliore in cui far nascere un bambino. Ma non lo vedo come un punto di arrivo.. più come un punto di partenza. » L'inizio di una nuova vita. Una nuova chance. La speranza di migliorare la propria esistenza. « Non c'è niente di male nel avere delle persone che - da quello che posso capire - si preoccupano per te. Fattelo dire da una che negli ultimi tempi si è vista solo chiudere porte in faccia. » Non sa perché gli sta dicendo tutte quelle cose. Forse perché immagina che non gliene freghi nulla. E' sempre più facile parlare dei propri problemi a una persona estranea alla propria situazione, qualcuno che non proverà a priori pietà nei confronti della propria situazione. « Usando un eufemismo, io non piaccio più alla mia gente giù a Londra. Sono certa di non piacere a molti ribelli, e di certo non piaccio alla gente di Inverness. » Si stringe nelle spalle con un misto di amarezza e accettazione. « La gente è convinta che vivo su una qualche specie di nuvoletta e che non ci capisco niente. Probabilmente sono anche sicuri che io non mi accorgo di essere un po' scomoda.. non solo per chi sono, ma anche per la mia attuale condizione. Però.. se loro sono disposti a darmi un'occasione, a tentare almeno di accettarmi a discapito di chi ha deciso di rivolgermi un no secco, anche io sono disposta a dare loro una chance. » Si stringe nelle spalle prima di servirgli un piatto del secondo, facendo altrettanto con il biondino, aiutandolo a mangiare senza sporcarsi. « Forse anche tu dovresti dar loro una possibilità.. soprattutto se non ti senti di avere una casa. Nessuno dovrebbe essere privato dal diritto inalienabile di avere una casa. » Si stringe nelle spalle scacciando di scatto il nodo nella gola che è certa stia per portarla alle lacrime, versandosi velocemente un bicchiere d'acqua, buttandolo giù tutto d'un fiato. « Se ho imparato qualcosa è che di questi tempi non possiamo più permetterci il lusso di restare troppo fissi sulle nostre convinzioni. » Una leggera smorfia di fastidio a quelle parole, chiaramente sintomo di una persona che immobile nelle proprie convinzioni lo era stata per sin troppo tempo. « Bisogna adattarsi e reinventarsi per sopravvivere. E ad essere sincera, questa roba ti occupa anche un sacco di tempo, oltre a tenerti la testa occupata dal pensare troppo a tutte le varie ed eventuali pippe mentali che la nostra comune condizione di fenomeni da baraccone post lockdown ci impone. » « Ora lo prendiamo il gelato? » « Se Andres ci sta.. possiamo prendere il gelato. » Si stringe leggermente nelle spalle gettandogli uno sguardo divertito e un leggero sorriso di incoraggiamento.


     
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    « Papà mi ha fatto vedere quello che vola. Lo pelo.. ptelo.. pelodattilo. » Come faceva quel bambino a mettere Andres di buon umore? Non era mai stato circondato da marmocchi, escluso suo fratello piccolo, ma pensando a 'bambino' come entità generica pensava soltanto ai pianti. Quell'idea che si era formata nella sua gli aveva fatto credere che tutti i bambini fossero delle casse d'amplificazione per piagnistei spacca timpani. Nulla di più inesatto. Quel biondino, forse per via delle difficoltà nel pronunciare qualche parola, alleggeriva il cuore del tedesco. Anche lui aveva problema con alcune parole, ma a differenza del bimbo cercava sempre di evitare paroloni per risparmiarsi l'imbarazzo dello storpiare vari termini lessicali. Già, anni e anni che stava nel Regno Unito e ancora non ce la faceva. Non aveva mai brillato d'intelletto, era sempre stato un tipo fisico lui. Ad altri l'uso della testa, Andres si accontentava di essere il braccio. « Eh sì, anche quello è davvero un gran bel dinosauro! » Perché ovviamente pterodattilo rientrava nelle parole che era meglio non pronunciare, o forse anche lui se ne sarebbe uscito con una parola inventata. « Chiaro.. chissà perché questa fissa dei pterodattili! Ma cosa avete voi maschietti con questa fissa dei dinosauri? A me da piccola piacevano i cavalli, e gli unicorni.. e i pony. » Commento Mun che, mentre il ragazzo parlava con Jay, aveva fatto qualcosa ai capelli. Tipo legarseli. « Beh, forse perché i cavalli possono vedersi, e i pony, mentre un dinosauro no. Questo li rende fantastici, ho ragione? » Con quell'affermazione indubbiamente logica, il ragazzo chiese conferme al bimbo, che sicuramente lo avrebbe appoggiato in quella sua dichiarazione. Purtroppo però, benché ci fosse da parlare per ore e ore suoi dinosauri, la conversazione non poté che divergere e finire col trattare argomenti un po' fastidiosi, almeno per Andres, che si ritrovava in una posizione scomoda. E no, non perché per rialzarsi da terra gli sarebbe servita una gru. Non era servito neppure ritirare in ballo la gravidanza della ragazza, anche se qualcosa nell'angolino della testa del tedesco gli suggeriva di riprovare più tardi, nel caso le domande e gli argomenti fossero diventati spiacevoli al punto da non voler più rispondere. « Ne parli come se lo disprezzassi.. » Quanto di distanziava dal vero quell'affermazione? Sebbene probabilmente non fosse disprezzo quello che Andres provava, sicuramente non provava sentimenti positivi verso il Branco e tutti quei nuovi aspetti della sua vita. Si limito quindi a inspirare profondamente, incrociando le braccia contro il petto. Che rispondere? « Vi trovo delle creature estremamente singolari. A Hogwarts ho avuto modo di vederne più di uno di voi più e più volte.. siete creature.. estremamente eleganti e fiere. » Okay, a quello sapeva come rispondere, e lo fece quasi ridendo. « 'Elegante' e 'fiero' sono due aggettivi che non mi rispecchiano minimamente. Ti sembro una persona elegante? - a quel punto rise davvero - Non lo sono mai stato in passato, figuriamoci ora. » Anche se, a onor del vero, una volta spuntatagli la coda riusciva a non sembrare un elefante in cristalleria. Che dire, neppure in quella circostanza il lupo perde il vizio. « Ho visto lì dentro Beatrice e Percival. Una candida come la neve, l'altro dal colore grigio perlato. Correvano sui prati spenti della tenuta come il vento; quel manto sembra illuminare il loro tragitto . E poi c'era Miss Branwell.. l'ho vista diventare quella meravigliosa creatura dalla chioma fulva. Il modo in cui proteggeva i più piccoli.. c'era qualcosa di estremamente materno in quella sua postura pronta a frapporsi tra quei bambini e qualunque cosa tentasse di nuocere loro. E poi ricordo Rudolph.. nero come la pece, un temperamento irascibile irriverente di fronte a qualunque cosa. Nobili e letali. »
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    Andres rimase ad ascoltarla senza interrompere, interessato da quelle parole che tradivano un sentimento d'ammirazione, o invidia, da parte della Carrow. Descriveva quei lupi che aveva visto quasi fossero un'opera d'arte, leggendo e trovando significati al di là del mero colore del loro manto.
    « Nobile dici? Parliamo di portamento o di nobiltà d'animo? Perché credo ci sia da distinguere fra le due cose. » Mai gli era capitato al ragazzo di intrattenere una conversazione tanto seria, utilizzando frasi tanto elaborate come stava facendo. Si era sempre limitato a mantenere tutto facile, semplice, a partire dalle conversazioni con le persone. Questa cosa, c'è da dire, lo mise più volte nella situazione di sembrare un po' tonto, ma aveva sempre affrontato la questione con disinteresse. Quando voleva riusciva persino a sorprendersi da solo. « Io, per esempio, non credo di possedere né una né l'altra cosa. » Questa era un'amara verità. Se di portamento è inutile parlare, anche la nobiltà d'animo era una qualità estranea al tedesco. Aveva mai fatto qualcosa di nobile? No. Rientrava nella sua indole? Ancora no. Andres era una persona che si buttava nelle situazioni senza riflettere, rendendo ancora più indistinto il confine tra coraggio e avventatezza - un modo carino per non dire stupidità. Ciò detto, se lui non rispecchiava l'immagine che Mun stava dipingendo, era corretto fare di tutta l'erba un fascio? « Non volevo essere invadente. » Oh beh, ormai. Seppur l'argomento di conversazione non fosse tra i prediletti del ragazzone, esternare i propri pensieri con qualcuno gli aveva sicuramente fatto bene. Aveva imparato a sue spese che tenere tutto dentro, a lungo andare, diventava controproducente. Già. lo sapeva, se ne rendeva conto, ma c'erano cose che non era ancora pronto a condividere. « Non ti preoccupare. » Rispose Andres alzando le spalle con finto disinteresse. « Se non mi va di rispondere non lo faccio, mi sarei fermato prima. »
    « Tu devi finire prima di mangiare le tue carottine, Signor Pterodattilo. Non fare il furbo. Ti vedo che te ne stai approfittando della compagnia. » Maledizione. Ancora una volta i dinosauri erano stati allontanati dalla conversazione. Prima o poi lui e Jay avrebbero colorato gli album di dinosauri insieme in santa pace, ma quello non era evidentemente il momento. Almeno lui non aveva delle carote da mangiare. Povero bambino, se fosse stato lui sicuramente sarebbe scappato pur di non morsicare quello schifo arancione. « Non sono mai stata a Berlino.. » Preeego? Incredibile ma vero, Andres rimase un filo sorpreso. « No? Ti facevo una che aveva viaggiato molto. Non so perché. Berlino è molto bella, mi ci sono sempre trovato bene. Mi manca a volte... incredibile a dirsi, anche il suo clima mi manca! » E se non era una dichiarazione d'amore quella, un esempio di amor di patria. « Ironico come ci siano più divisioni qui piuttosto che là, non trovi anche tu? » Tutto il suo soggiorno nel Regno Unito era stato caratterizzato, sempre, da un noi e un loro. Sia a scuola che fuori, soprattutto nell'ultimo periodo.
    « In ogni caso, secondo me lo stai guardando nella maniera sbagliata.. » Eccola là, pronta a tornare su quell'argomento che sembrava interessarle tanto, forse troppo. Che l'interesse di Andres per Inverness fosse confluito in Mun e ora lei ne avesse per due? Quello avrebbe spiegato tante cose. « Io ci vorrei andare.. nel senso che.. credo al momento sarebbe il posto migliore in cui far nascere un bambino. Ma non lo vedo come un punto di arrivo.. più come un punto di partenza. » Il tedesco si grattò la barba, chiaramente in disaccordo con quello che stava dicendo la ragazza. Il mondo era bello perché vario, no? « Lasciami dire una cosa. Capisco quello che dici, mi fa piacere che tu veda il tutto in maniera ottimista... ma per me non è così. Tu puoi avere un nuovo inizio, hai le basi per partire con una nuova vita, io no. Io non voglio. Ci sono ancora tante cose, troppe, che mi tengono ancorato a una vita che non voglio abbandonare. » Ogni riferimento a cose o persone disperse è puramente intenzionale. « Quel luogo sarebbe perfetto per te, sono d'accordo, ma per me sarebbe come stare in prigione. » Una vita disegnata per altri, imposizioni che lui non voleva avere, tutto facendo finta che non ci fossero altre cose al di fuori di quelle sacre mura. No, non avrebbe mai accettato Inverness, non per come era messa la sua testa, la sua vita in quel momento. « Non c'è niente di male nel avere delle persone che - da quello che posso capire - si preoccupano per te. Fattelo dire da una che negli ultimi tempi si è vista solo chiudere porte in faccia. » Altra questione, risposta diversa. « Oh beh, ma non rifiuto queste cose, queste persone. Nonostante molte delle persone che tengono a me, o almeno immagino, siano lontane da qui. » La sua famiglia, per esempio, suo fratello nello specifico, poi Hugo. « Non sono bravo con le persone, ma non le odio, sebbene possa sembrare dal grugno che mi ritrovo sempre. » Sorrise autoironico. Che non fosse una persona socievole era universalmente riconosciuto. L'unico motivo per cui ora stava parlando così apertamente era perché c'era cibo da mangiare. Quello e perché ormai era davvero tanto tempo che non parlava così con qualcuno. Ecco, era un'eccezione. « Usando un eufemismo, io non piaccio più alla mia gente giù a Londra. Sono certa di non piacere a molti ribelli, e di certo non piaccio alla gente di Inverness. La gente è convinta che vivo su una qualche specie di nuvoletta e che non ci capisco niente. Probabilmente sono anche sicuri che io non mi accorgo di essere un po' scomoda.. non solo per chi sono, ma anche per la mia attuale condizione. Però.. se loro sono disposti a darmi un'occasione, a tentare almeno di accettarmi a discapito di chi ha deciso di rivolgermi un no secco, anche io sono disposta a dare loro una chance. » « E' un ottimo modo di porsi il tuo, io non ne sarei in grado probabilmente. Questione di carattere, suppongo. » Bugia. Andres avrebbe fatto di tutto per entrare a fare parte del 'gruppo', lui la solitudine l'aveva sempre odiata, allontanata e combattuta; quelle parole erano sintomo dei passati avvenimenti che avevano come oscurato tutta la positività che aveva in corpo. Ci sarebbe voluto tempo per tornare come prima, oppure no. Avrebbe di nuovo visto il mondo in maniera ottimista e spensierata come prima? Poco probabile, ma sicuramente poteva acquisire nuovamente un'attitudine migliore. « Per quel che vale... a me piaci. » A quel punto le sorrise, guardandola forse per la prima volta davvero negli occhi. « Mi hai anche offerto del cibo! » Che era la mossa giusta. Il modo per arrivare al cuore di un uomo era attraverso il suo stomaco, era universalmente nota la cosa.
    « Forse anche tu dovresti dar loro una possibilità.. soprattutto se non ti senti di avere una casa. Nessuno dovrebbe essere privato dal diritto inalienabile di avere una casa. Se ho imparato qualcosa è che di questi tempi non possiamo più permetterci il lusso di restare troppo fissi sulle nostre convinzioni. » Il problema non era 'loro', il problema era tutto quanto. « Non posso permettermi di cambiare idea, non al momento per lo meno. E ripeto che non ho nulla contro nessuno, non personalmente... non condivido il grande disegno. Tutto qui. » Che poi? In cosa consisteva davvero questo disegno? Non lo sapeva nemmeno lui alla fine, ma non aveva la testa di preoccuparsi anche di quello al momento, questione di priorità. Inverness e i suoi abitanti non rientravano in scaletta.
    Seguirono altre considerazioni simili ma il ragazzo era arrivato al fastidio, non sapeva più come rispondere senza ripetersi « Ora lo prendiamo il gelato? » Sia lodato il biondo bambino. Quello si che era un salvataggio non chiamato ma decisamente ben accetto. « Se Andres ci sta.. possiamo prendere il gelato. » A quel punto il tedesco fece una smorfia. « Ti prego, Andres è sempre disponibile per del gelato. Questi discorsi mi hanno riaperto lo stomaco... quindi un gelato solo mi sa che non basterà! » A quel punto si girò verso Jay. « Qual è il tuo gusto preferito? A me piacciono tutti! » Da brava fogna qual era, anche se il gelato alla fragola in realtà gli faceva un po' schifo.
     
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    « Nobile dici? Parliamo di portamento o di nobiltà d'animo? Perché credo ci sia da distinguere fra le due cose. Io, per esempio, non credo di possedere né una né l'altra cosa. » Si stringe nelle spalle di fronte a quelle parole, non sapendo esattamente come rispondere. La nobiltà in ogni senso, è un concetto alquanto astratto. Investe le persone di qualità eteree oppure di un'accezione prettamente fatiscente ricreata ad hoc da coloro che contano per autolegittimarsi. Da quel punto di vista, persino la Carrow poteva considerarsi nobile, seppur, quell'attributo l'ha sempre trovato alquanto ridicolo soprattutto in quella loro società che viveva a una velocità decisamente diversa dalle istituzioni a cui la sua famiglia così come tante altre tendevano voler mantenere l'andazzo. Poi c'erano i nobili d'animo - caratteristica quella a cui la Carrow non si sentiva nemmeno lontanamente prossima, ma che pure, sapeva si ascrivesse in una cerchia prettamente votata alla sensazione e alla percezione di coloro con cui si entrava ogni giorno in contatto. « Non lo so.. non credo sia qualcosa di visibile all'occhio umano. E' più.. una percezione.. una sensazione. E quella, vuoi non vuoi, non puoi decretarla tu. » Lo guarda con una certa naturalezza e uno sguardo ascrivibile nella sfera delle scuse, tipico di chi sa di aver contraddetto una persona su concetti così astratti su cui un faro verità non esisterà mai. « Puoi provare a cambiare la percezione che la gente ha di te, ma non puoi forzarla. » E di fronte a quelle parole, Mun abbassa lo sguardo, ben consapevole che quella regola di base si applica anche e soprattutto a lei e alla sua situazione. E lo sa bene, la piccola Carrow, che per quanto si impegni, per quanto tenti disperatamente di apparire una persona degna di fiducia e favorevole alla convivenza con queste nuove strane persone insieme alla quale è finita per condividere le sue giornate, non potrà mai obbligarla a vedere in lei ciò che per esempio Albus vede nella ragazza. Non può costringerli a darle la stessa fiducia che le dà Jay, né lo stesso grado di premura e cautela che adoperano i Potter nei suoi confronti. Più di fare tutto ciò che è in mio potere per non pestare loro la coda e tentare il mio meglio tra loro, non posso fare niente. Perché sa che ogni qual volta lo ha fatto o proverà in futuro a farlo, sortirà solo l'effetto opposto. E' una delle motivazioni per cui Inverness è la terra promessa. Lì, quanto meno, se dovessero giudicarla, non è certo perché è una Carrow o perché è una probabile spia. Almeno, queste le sue speranze in proposito. « Ti facevo una che aveva viaggiato molto. Non so perché. Berlino è molto bella, mi ci sono sempre trovato bene. Mi manca a volte... incredibile a dirsi, anche il suo clima mi manca! Ironico come ci siano più divisioni qui piuttosto che là, non trovi anche tu? »
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    « Perché sono l'ex riccona stronza, reginetta di bellezza? » Gli chiede di scatto, con una nota quasi acida, di certo ironica alzando lo sguardo nel suo. Deglutisce pesantemente di fronte alla sua reazione, sintomo di sin troppi pregiudizi che ha subito silenziosamente negli ultimo tempi. Infine scuote il capo e sospira profondamente. Quegli scatti d'ira a volte non riesce proprio a controllarli, anche quando, si tratta di affermazioni inoffensive, ad opera di persone altrettanto inoffensive. « L'unico motivo per cui ho superato i confini inglesi è per andare a Hogwarts. » Asserisce infine in un tono più vellutato. « Sono sempre rimasta immobile tra Londra e Cambridge.. qualche volta Manchester. » ..e Godric's Hollow.. per Freddie. Il mondo era un luogo sconosciuto per Mun; persino vivere lì, nelle Highlands era qualcosa di decisamente al di fuori della sua naturale confort zone. E non perché la ragazza non abbia mai voluto viaggiare, bensì perché non le è mai stato permesso farlo, finché il padre era in vita. Poi, tra una cosa e l'altra - la questione Ryuk in primo luogo - ha perso completamente interesse nel farlo. E ora era finalmente libera e aveva tutto questo mondo che non aspettava altro che lei, ma che non poteva raggiungere. Non ancora. « Se ci pensi non c'è poi molta differenza tra la Berlino Est - Ovest e i Distretti d'Oro - Piombo. » Si inumidisce appena le labbra prima di continuare mentre accarezza lentamente i capelli del biondino tra le sue braccia, osservandolo manghiucchiare la sua verdurina. « Insomma.. le mura ci sono, addirittura i varchi con i controlli, gli interrogatori, sicuramente le spie, il sospetto, il clima di incertezza e di paura.. c'è un po' tutto.. » ..c'è tutto ed è stupido, visto quello che abbiamo subito dentro Hogwarts. Stupide diatribe politiche mentre esseri come Ryuk ci invadono. [...] « E' un ottimo modo di porsi il tuo, io non ne sarei in grado probabilmente. Questione di carattere, suppongo. » Sorride di fronte a quelle parole, Mun, più di buon umore e decisamente risollevata da quello che per lei è più di un complimento. E' quasi un modo per dire continua così. Funzionerà. Prima o poi passerà tutto. « Per quel che vale... a me piaci. Mi hai anche offerto del cibo! » Annuisce di buon grado abbassando per un istante lo sguardo, quasi intimidita da quel trattamento. Non è abituata al trattamento che alcuni le riservano, tanto quanto non è abituata a quella intrinseca gentilezza, o quanto meno a quello che lei legge come un lasciapassare. Un modo per farle pesare meno tutto ciò che la circonda e quella stessa situazione inusuale che chiaramente non rientra del tutto nella confort zone di nessuno dei due. « Nobiltà o meno, nemmeno tu sei così pessimo.. » Se lo ricorda appunto dai tempi di Hogwarts, seppur non abbiano avuto grandi tangenze. Stesso anno, stesse lezioni, ma mai nemmeno un rapporto labile. Perché Mun in fin dei conti, prima di quella volta, non si è mai sentita in dovere di aprirsi con la gente, di parlarci, di mostrarsi senza maschera e senza veli. « Non posso permettermi di cambiare idea, non al momento per lo meno. E ripeto che non ho nulla contro nessuno, non personalmente... non condivido il grande disegno. Tutto qui. » « Hai ragione. E fai bene a restare nel tuo. Non siamo più costretti a fare nulla di ciò che non vogliamo.. più o meno. » Se non consideriamo che alcuni di loro, Albus in primis, era costretto a scappare dalla giustizia per motivi fatiscenti. « Sai che ti dico? Non parliamone più. In ogni caso siamo a due passi da.. lì.. » Dice indicandoglielo. « Non vorrei che con i vostri sensi qualcuno mi sentisse e pensasse chissà cosa. Ci manca solo che qualcuno pensi che sto civettando sulla Città Santa. » Alza gli occhi al cielo. Quel nome pomposo già di per sé le ispira poco. Pare proprio che per loro sia quasi una specie di Gerusalemme; una cosa non prettamente nelle corde della ragazza che dal canto suo poco ha a che fare con qualunque forma di dottrina teologica. A ben guardare, è quasi certa di non essere nemmeno mai stata battezzata, ed è certa che la sua famiglia non ha mai seguito alcun culto in particolare. C'erano i loro cugini nelle campagne di Manchester, estremamente religiosi, anglicani di nascita e di formazione, ma a parte loro, era certa che nella cerchia ristretta dei Carrow, non ci fosse nemmeno la concezione del segno della croce. E questa diciamo che me la tengo per me a prescindere. [...] « Ti prego, Andres è sempre disponibile per del gelato. Questi discorsi mi hanno riaperto lo stomaco... quindi un gelato solo mi sa che non basterà! Qual è il tuo gusto preferito? A me piacciono tutti! » « Ooooh, questo topolino si mangerebbe anche il tavolo se avesse la forma di un cono di gelato.. vero? » Il biondino annuisce mentre la osserva preparargli il cono con cui poi scappa felice, scorrazzando sul prato non molto lontano da loro, sotto la supervisione del cane lupo sempre vigile e attento a ogni movimento del piccolo. A quel punto tira fuori direttamente la ciotola isolata termicamente e la fissa sulla coperta in mezzo a loro. A Mun non va tanto, motivo per cui gli offre direttamente il cucchiaino pulito destinato a lei, per concentrarsi piuttosto su una mela che tira fuori dalla stessa cesta iniziando a mordicchiarla mentre osserva il bambino per qualche istante, prima di tornare a fissare Andres. « E' strano.. due mesi fa tutto questo mi faceva paura.. » Asserisce ad un certo punto spontaneamente. « Jay mi faceva paura.. » Non sa esattamente perché glielo sta raccontando. Forse perché la sua terzietà a tutta la faccenda, il suo disinteresse nei confronti della sua condizione, la mette più a suo agio. Andres non la guarda come se fosse un fragile oggetto di porcellana, e non la guarda nemmeno come una presumibile spia. « Era strano il fatto che un ragazzo con cui non sapevo nemmeno a che punto fossi avesse un figlio. E.. non volevo nemmeno aprire il discorso. Lo so che quando sei innamorata di una persona dovresti essere disposto ad accettare qualunque cosa, ma io non ci riuscivo. E mi faceva paura.. soprattutto l'idea di dirgli qualcosa di sbagliato, o farlo piangere, o portarlo a respingermi.. non so.. » Si stringe nelle spalle piuttosto dispiaciuta dai suoi stessi pensieri in quei primi tempi. « E ora invece ho paura che lui potrebbe arrivare a vedere ciò che abbiamo visto noi. » E su quelle parole deglutisce. « Ci pensi mai? A quello che c'era lì dentro? Perché io continuo a pensarci. A Londra non potevo fare a meno di sbraitare contro le persone che invece di preoccuparsene, erano troppo impegnate a stampare manifesti da attaccare su persone per bene. » Pausa. « Sai, per un sacco di tempo la mia più grande preoccupazione è stata quella.. l'idea che Albus o le sue sorelle o addirittura persone che conosco a malapena ma che è chiaro siano pulite, potessero essere catturate.. ultimamente però.. non so.. a Londra non ci penso nemmeno più. » Perché ritorno più spesso del solito lì dentro. Dove sono quasi morta; dove siamo quasi morti entrambi. Scuote la testa di scatto chiudendo gli occhi. « Tutto il tuo discorso regge se il grande disegno non raggiunge noi.. altrimenti, abbiamo un problema entrambi. Noi.. i nostri cari.. tutti. » Altroché manifesti e intrighi politici.


     
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