Is blood swallowable?

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    You suck it, i'll blow it
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    Se c'era una cosa che Sean odiava erano i turni a lavoro. Sorvolando sulla sorpresa che possono provare molti nel sentirsi dire che il ragazzo aveva un lavoro, arriviamo a spiegare le motivazioni per cui la turnazione al locale infastidisse così tanto il basso ragazzotto del Nebraska. Per comprendere a pieno il disagio che viveva Sean bisogna dire che il Pandemonium era organizzato su più piani a scendere in profondità. Sì, esatto, non si va su ma giù. Eh oh, che volete che vi dica, il Boss era un tipo a cui avvicinarsi al cielo dava proprio fastidio, gli faceva venire i pruriti intimi e il bruciore agli occhi. Roba del genere. Così si diceva in giro. E quindi niente, tanti piani, che poi erano sette, e vari bar in ognuno di quelli. No, fermi. Ritratto. I piani erano otto: l'ingresso conta come un piano, no? Dunque: ingresso insieme ad altri sette locali differenti, uno dedicato a ogni vizio capitale che ogni essere umano, una volta nella vita, arriva a coltivare in maniera più o meno sregolata. Inutile dire che la politica aziendale, lì, incitasse la clientela alla perdizione e all'ammollo ozioso nel lato peccaminoso della vita. Okay, sì, ma il punto erano Sean e il suo fastidio. Lui non era l'unico barista dentro quel posto, ovviamente! Grande com'era non avrebbe mai potuto stare dietro a tutti nello stesso momento. Roba che sarebbe servita una clonazione seriale del ragazzo. Ecco, a quel punto si sarebbe aperto un dibattito etico-morale sul trombarsi il proprio clone, ma evitiamo. Il ragazzo aveva i suoi turni prediletti che coincidevano con i suoi piani preferiti: gola, lussuria e avarizia. Purtroppo non poteva decidere da sé dove andare e quando andarci, il Boss aveva stabilito una ruota di turni che tutti i dipendenti dovevano rispettare. « Fanculo i turni! » Quello era ciò che pensava Sean. Perché doveva starsene in mezzo a quei noiosi, anonimi, poveri del Limbo? Cioè, quei poracci non avevano né i soldi né la notorietà per permettersi il pacchetto One Sin, e lui doveva starci dietro mentre sotto ai suoi piedi si davano alla pazza gioia quelli scalmanati con il Pass tutto incluso, quelli che potevano spostarsi da un piano all'altro. TSK. Va detto che lui, dal basso della sua ignoranza, in fondo alla scala gerarchica del Pandemonium, non sapeva nemmeno quanto pagassero i clienti per accedere ai privè del Limbo, figurarsi i pass per scendere con l'ascensore ai locali sottostanti. Ciò nonostante, aveva la bronza da ridire sulla cosa e inventarsi pure i nomi. Ecco. Prendiamo quel giorno ad esempio: tralasciando il fatto che non sapesse nemmeno che ore fossero - notte? mattina? era lì da più di ventiquattr'ore? - ogni volta che si approcciava un cliente a chiedere da bere lui preparava il drink, prendeva eventualmente i soldi, e poi si scolava giù un goccetto di quel che gli era rimasto sul bancone. Sì, era così che affrontava le serate al Limbo, cercando di far passare il tempo in paniera tale da potersi divertire agli altri piani. Sicuramente a quel girò si era fatto un tiro di qualcosa - ovviamente non sapeva cosa - ma lo spaesamento temporale era un chiaro indizio.
    « Scusa mi fai un pompinotto? » E quella era una di quelle domande che triggeravano Sean in maniera impressionante. Benché sapesse che la persona in questione si stesse riferendo, sorpresa sorpresa, a un alcolico, lui andava sempre a pensare che qualche baldo giovane lo volesse ricompensare chiedendogli servizietti orali. Parentesi: capitava anche quello, spesso e volentieri il ragazzo passava parte del turno tra bagni e stanze, ma non accadeva mai con la richiesta di un 'pompinotto'. « Porca puttana te e il pompinotto! » E ci era andato leggero, senza bestemmiare o inveire in maniera poco raffinata con il suo cafonissimo accento americano. Fortunatamente la musica spaccatimpani impedì all'uomo al di là del bancone di capire anche solo una parola. E allora voi direte, come fave Sean a prendere le ordinazioni? Ma semplicissimo miei ormonatissimi amici, sapeva leggere il labiale. No, un momento, mettiamo subito dei paletti: sapeva leggere il labiale quando si trattava di ordinazioni al bar, comunicazioni solite da altri colleghi, oppure porcate di quelle talmente grandi da far svenire le suore. Quelli erano i campi semantici in cui nuotava la conoscenza del nanetto. Si apprestò a versare in un bicchierino da shot del kahlua, poi del Bailey's, per poi coronare il tutto con una bella spirale di panna montata. Si sporse verso l'uomo di fronte per urlargli nell'orecchio - impresa non facile vista la differenza d'altezza tra quello, Sean e il bancone. « Conosci le regole, tutto in bocca e giù d'un fiato! » C'era un motivo se il pompinotto era chiamato così.
    E via così, quella sera si stava rivelando piuttosto piatta, come del resto erano piatti i culi della maggior parte dei maschietti. Possibile che nessuno con due chiappe tante, da far esplodere i jeans, fosse entrato al Pandemonium? Sean si stava deprimendo sempre di più, per uno scalmanato come lui era impensabile rimanere solamente dietro il bancone a riempire i bicchieri - o le bocche - di alcol. Certo, c'erano state quelle ore (quante? chissà) che aveva completamente rimosso, probabilmente - come già detto - per colpa di chissà quale sostanza allucinogena, ma la noia iniziava comunque a farsi sentire. E questo perché? I turni. Tutta colpa dei turni. Ed ecco che siamo tornati al problema iniziale, quello alla base di tutto. « Vado a pisciare. Pensaci tu qua. » Sean ne aveva abbastanza: diede una pacca sul culo al novellino che gli avevano affibbiato al bancone e si allontanò verso i bagni. Riuscite a crederci? Una persona rozza e volgare come lui, ignorante come non mai, che lavorava in un posto alla moda come quello? Certo, la clientela non è che spiccasse d'intelligenza per la maggior parte, ma era tutta gente con la grana che voleva circondarsi di cose belle. E il Pandemonium era bello. Tutto nuovo, tutte luci al neon, - forse troppe ballerine di pole dance, ma quello era un pensiero dell'americano -, musica che riusciva a non far sanguinare le orecchie nonostante fosse pompata nelle casse a volumi galattici. Prendiamo la zona in cui Sean stava per la maggior parte del tempo: il bancone. Sia il bancone, oggetto materiale, che le pareti intorno, erano in grado di cambiare colore grazie alle luci al neon installate dietro pannelli di vetro. Il tutto era deciso in base al tema della serata o, semplicemente, dal volere del dj. Figata eh?
    Ma torniamo al ragazzo, diretto verso i bagni dopo aver ciullato dal mobile degli alcolici una bottiglia di rum. Le scope funzionavano grazie alla magia, le macchine babbane andavano a benzina, Sean funzionava grazie ad alcol e porno. Deficitando al momento del secondo, non poteva che cacciare in gola fiumi e fiumi di vodka, gin, quel che gli capitava sotto mano. E quindi sì, buttò giù un goccio (un grande goccio), entrò nei bagni - seguirà dettagliata descrizione del lusso - e incrociò lo sguardo, tutt'altro che lucidi entrambi, di un uomo che conosceva fin troppo bene. Cliente abituale, bazzicava tra le ballerine almeno tre volte a settimana, tanti soldi, una relazione coniugale prossima al naufragio, fisico decente, attributi nella media. Questo prontamente assunse un'espressione a suo dire maliziosa, esplicita, a nostro invece ebete, senza speranza, ma a prescindere da questo, le cose finirono nello stesso modo. Sean appoggiò la sua amata bottiglia di rum sul bancone dei lavandini, si asciugò le labbra con il dorso della mano ed entrò con il tipo nel cubicolo. "Cubicolo", apriamo una serie infinita di virgolette perché quel posto era infinitamente più ganzo di molte case di molti ospiti del Pandemonium. Tu entri e ti ritrovi nel lusso più sfrenato che Versailles levati proprio. Certo, a volta l'arredamento era un po' trash, ma visti i gusti del proprietario non c'era di che meravigliarsi. Bancone con lavandini in marmo pregiato. Roba che risplende tanto che boh, chissà come li pulivano quei cessi. I bagni di quel piano, del Limbo, avevano pareti ricoperte di elementi di pop art, orinatoi a forma di bocche aperte (che stile!) e cubicoli che erano più grandi della stanza in cui dormiva Sean. Sì, lui stava "intrattenendo" il signore con le sue incredibili abilità orali, quindi continuiamo con il giro turistico dei cessi nel mentre.
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    Ovviamente nessun luogo all'interno del locale si ripeteva uguale. Lo stile dei vari piani era già molto diverso rispetto agli altri, e per i bagni non si faceva eccezione, anzi! Prendiamo la Lussuria. Sebbene fosse il luogo p-r-e-f-e-r-i-t-o di Sean, c'era uno dei cessi che schivava come la peste. Perché? Semplice: i lavandini erano montati su sculture di donne a novanta. E quindi no, lui il suo pacco contro il culo di una donna di marmo non ce lo appoggiava. No, no e no. In effetti non era mai entrato in quello delle donne... che lì ci fossero invece culi e gambe di uomini muscolosi? Questo avrebbe potuto cambiare le cose, ma poi magari lo molestavano signorine arrapate con le tette di fuori e, bleah, schifo, no grazie.
    Ma finiamola con la descrizione degli ambienti del Pandemonium, non siamo un'agenzia immobiliare, e poi Sean aveva finito di far felice l'average-man che aveva incontrato, perciò torniamo a loro. « Beh, al solit- » « Sì, sì, lo so. Rimango il migliore. » Ignorando il detto 'chi si loda s'imbroda', il ragazzo riprese la bottiglia che aveva lasciato sul bancone e se la scolò tutta, un po' per pulire la bocca, un po' perché voleva dimenticarsi della pochezza che aveva saggiato, e un po' perché sì. A quel punto ruttò, non per aria in pancia ma perché era abituato a farlo dopo aver bevuto qualsiasi cosa, e uscì un po' barcollante dai bagni. Non era stato via troppo, né la pisciata né il suo 'pompinotto' avevano richiesto tempo, ma nonostante tutto il niubbo al bancone sembrava avere difficoltà a gestire tutto. Possibile? Insomma, non era così complesso, ci riusciva addirittura Sean! « Ue', Angioletto, qualche problema? » Domandò al collega spalmandoglisi addosso. « Ti aiuto io. Sì sì. » E prima di aiutarlo davvero si assicurò di avergli palpato un paio di volte le chiappe. Ovviamente il ragazzino si oppose, quelle che il contadinotto del Nebraska gli stava dedicando erano di fatto molestie più che attenzioni, ma comunque fece poche scene e tornò subito ad arrancare dietro le ordinazioni e la preparazione dei cocktail. Com'era finito quell'esserino così innocente in un luogo simile? Lo avevano comprato? Era costretto? Bah, fatto sta che ancora non capiva che se le bottiglie erano vuote, magari, e dico MAGARI, si dovevano levare dal bancone. Alzando gli occhi al cielo Sean si apprestò a cacciare nel cestino i vuoti di vodka e gin, per poi voltarsi e trovare il suo amatissimo Boss seduto davanti a lui. « Hey Boss! » Esclamò illuminandosi d'immenso. « Che vuoi bere? Il solito? » La musica era cambiata e, sebbene bisognava comunque che urlasse, riusciva a farsi sentire senza troppi sforzi. A un cenno d'assenso del capo, il barista si apprestò alla creazione di quella che ormai era diventata la sua specialità: il Bloody Mary. Vodka, succo di pomodoro, succo di mezzo limone, salsa worchestershire, tabasco, sale e pepe. Questo il drink normale, ma per il Boss la variante prevedeva una boccetta di sangue, altro che pomodoro! Ovviamente queste cose non potevano essere fatte dal novellino, infatti quello neanche sapeva che sotto il bancone ci fosse anche uno scomparto apposta per il sangue. « Boss ma, questo qui da dove l'hai tirato fuori? » E subito Sean accarezzò con il dorso della mano la guancia dell'altro ragazzo, quasi stesse toccando qualcosa di fragile. Ovviamente ricevette uno schiaffo e un insulto, ma ignorò entrambe le cose. « Sembra fatto di porcellana. E' così fragile, così candido... e imbranato. Stava per soccombere senza di me! » Perché era comunque di vitale importanza farsi belli e competenti con il capo, viste le ricompense che guadagnava! « Mi viene quasi voglia di, non so, romperlo apposta? Non fisicamente ma... insomma hai capito. » E voilà! Posizionò un bel bicchierone rosso davanti al capoccia e, al solito, uno anche per lui, anche se quella volta decise di assaggiare la variante personalizzata fatta per Lucien. « Ma questa roba è ingoiabile? » Domandò prima di bere il Bloody Mary, con attente scelte lessicali. Che dire? Non era proprio di suo gusto, ma come altra cosa contenente alcol, andava giù! « Fortuna che c'è la vodka! » Esclamò guardando verso il Boss, sporco ai lati della bocca di rosso. « Non me piace come mi piace il cazzo, ma comunque se può fare. » E con tale sopraffina critica... gastronomica? Enologica? Come si dice per gli alcolici? e per il sangue? Bah, chissene. Con quel commento il ragazzo si tacque momentaneamente, in piena ammirazione di quella bellezza che era il suo datore di lavoro.


     
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    Semmai un giorno dovesse capitarvi la sfortuna di lavorare in un posto come il Pandemonium, non vi sarà di difficile comprensione apprendere l'alternarsi delle giornate sì e delle giornate no. Delle seconde, fidatevi, meglio non parlarne. Per le prime, invece, meglio non esser presenti. La causa di tutto ciò? « CIAO MERDE! » Chi se non lui? Lucien Kai Parker, il re sottoterra. ..O il re della maria, al momento, e no, non la Madonna. Eccolo lì, a camminare saltellante per tutto il locale, mentre si lascia scorrere dietro la tendina leopardata -rigorosamente!- che lo separa dalla piccola porta collegata al suo ufficio. E' su di giri, come lo è sempre ultimamente. Farsi e farsi fare, d'altronde, è la ricetta migliore per quel cocktail chiamato giornata sì. « Non puoi essere un po' più discreto? » La vocina scocciata di Vlad trapela in mezzo a quel limbo di droga ed after-sex che si rivela essere al momento la sua testa. « Non credo che a tutti vada di sapere che tu e Maze avete- » « Se dici copulato, amplesso, o qualsiasi altra parola del cazzo delle tue, giuro che sclero. L'altro giorno mi hai fatto uscire grazioso invece che arrapante, ad uno dei completini di Maze, lo capisci? » Ah, i guai seri della convivenza in un solo cervello. « ...E questo quanta importanza dovrebbe avere? » « Era pizzo nero, Vlad. Era fottutissimo pizzo nero. Cos'hai di sbagliato? » Priorità, quelle serie. « ...Ciò non cambia il fatto che dovresti essere un po' meno..riconoscibile. Per il rispetto dei tuoi dipendenti, per lo meno. » « Tesoro, quanti culi di fuori devi ancora vedere per capire che siamo in un night club? » Scuote la testa, ridendo « Quì irrispettoso è scopare e non renderlo pubblico. » Un luogo di tutto rispetto quello, dopotutto. Vlad sembra non ribattere, probabilmente sconvolto dall'utilizzo della parola "scopare" e non "procreare", e allora Lucien lo ignora, riprendendo a svolazzare per il locale. Si passa una mano sul naso, tirando poi su con una narice, per far sparire gli ultimi residui di neve rimasti. Perchè in fondo si sa, o le cose si fanno bene, tra re e regina, o non si fanno proprio. Letteralmente. Oltrepassa alcuni piani, usufruendo degli ascensori giusto per osservare attraverso il vetro trasparente come vada la situazione, fin quando le porte non si riaprono, e lui non si ritrova proprio di fronte a due suoi dipendenti intenti a superare il record di apnea da tre metri di lingua in gola. « Hem hem. » Tossicchia con fare teatrale, mentre l'ascensore gli si si richiude alle spalle, e lui avanza, le braccia dietro la schiena con le dita incrociate tra loro. I due ragazzi sobbalzano nel vederlo, mentre lei scende dal tavolino, e lui si sistema la cintura dei pantaloni. « No, dico, vi sembra il caso? » Sentenzia, l'espressione tremendamente seria. I due trasaliscono, e Lucien riesce a percepire il battito dei loro cuori bloccarsi all'unisono. « ...Voglio dire, se le devi mettere sette centimetri in gola, fallo con altro. -Anche se no, hai ragione, forse in quel caso sette son troppi. » Scoppia a ridere, con quella sua solita risata discreta e sghignazzante che farebbe tremare i muri, prima di tornare a guardarli, bloccandosi improvvisamente. « Non ridete? » I due si guardano negli occhi per qualche momento, poi scoppiano a ridere anche loro, e Lucien dal canto suo li accompagna, dando una pacca disintegra-ossa sulle spalle di lui, prima di soffermarsi su di lei. La osserva per qualche momento, l'espressione indecifrabile, poi il suo sguardo si illumina. « Ohhh ma quando me lo volevate dire? Mh!? » Allunga un braccio verso il ventre della ragazza, poggiandovi una mano sopra. « Auguri Pam! Come volete chiamarlo? » Un sorriso luccicante gli allarga le guance scavate, mentre osserva i due, con sguardo carico d'aspettativa. Ma ciò che riceve in risposta è soltanto gelo. « ....Eeeeeeeeeeee non lo sapevate. Okaaaay! Come? Avete bisogno di me in cucina? Arrivooooo! »

    [...] « Hai tipo distrutto la vita sentimentale di quella coppia. » « Se con vita sentimentale intendi che fanno roba a tre dalla mattina alla sera e lei la chiamano la pecorella e non perchè è nata a Pasqua tra tutti i miei clienti...Sì, l'ho distrutta. » Mormora, mentre si dirige verso il bancone dei cocktail. Si siede su di uno sgabello girevole, prima di poggiare i gomiti sul marmo. « E poi guarda i lati positivi: è già incinta, possono farlo senza precauzioni, adesso. Non puoi metterla incinta se lo è già, vero Elliot? » « Non so di cosa tu stia parlando. » « Così mi piaci, combattivo. » Fa un occhiolino al suddetto, seguendolo con lo sguardo mentre si allontana al di là del bancone, e non fa in tempo a vantarsi dei progressi del ragazzo col primo malcapitato sotto tiro come solo un proud-daddy farebbe, che una voce attira la sua attenzione. « Hey Boss! Che vuoi bere? Il solito? » Annuisce, mentre lo osserva silenziosamente. Sean Hawking, il suo ex impiegato del mese, e probabilmente uno dei pochi lì dentro di cui ricorda il nome. Gli è sempre andato particolarmente a genio, quel ragazzetto americano, beh sì, al di là dei suoi..talenti. « Segregato al Limbo oggi, mh? Quante volte hai già bestemmiato, da quando hai iniziato? Perchè se è così, potrei piazzarti quì molto più spesso. » Ride, mentre lo osserva preparare il proprio drink. Il solito bloody mary particolarmente bloody. Una roba che farebbe vomitare persino la gente dei canali improponibili su Food Network, ma una vera delizia, per uno come lui e le sue papille gustative pressochè morte, come tutto il resto, d'altra parte. O forse non tutto, no, non proprio tutto decisamente. « Boss ma, questo qui da dove l'hai tirato fuori? » Ride di fronte alla reazione di Elliot, scuotendo la testa divertito. « Sembra fatto di porcellana. E' così fragile, così candido... e imbranato. Stava per soccombere senza di me! Mi viene quasi voglia di, non so, romperlo apposta? Non fisicamente ma... insomma hai capito. » Le dita vanno a stringersi contro il bicchiere appena posizionato di fronte, prima di stringersi nelle spalle. « Ahimè, Sean caro, penso gli piaccia la ciambella e non l'hotdog, se capisci cosa intendo. ...Seppur ho dovuto sopportare le lamentele di Kendra per due giorni di fila, per non esser riuscita a farselo nemmeno lei. Non lo so, magari è guasto..O vergine, insomma è la stessa cosa. » Si porta il bicchiere alla bocca, mandando giù qualche sorso e passandosi la lingua sulle labbra per ripulirsi. « Sono fiducioso comunque, per questo non lo abbandono. E' solo questione di tempo, stanne certo. Un giorno te lo farà drizzare anche solo guardandoti, come suo padre in fondo no? » Gli fa l'occhiolino, prima di riprendere a bere, ed osservarlo temporeggiare sul proprio, di drink. « Ma questa roba è ingoiabile? » « So che ti piace provare cose nuove, ma non credo possa andarti molto a gen- eeeeeee lo stai già bevendo. Okay. » Ride, nel vederlo rabbrividire non appena riposato il bicchiere. « Fortuna che c'è la vodka! Non me piace come mi piace il cazzo, ma comunque se può fare. » « Siamo eleganti oggi, noto, eh? » Commenta sarcastico, mentre gli lancia un'occhiata. « Andiamo, Sean, con tutta quest'esperienza ancora non hai imparato a ripulirti la bocca, dopo? » Lo prende in giro ridacchiando, prima di agguantare il bicchiere, e balzare giù dallo sgabello. Gli fa cenno di avvicinarsi con le dita « Vieni con me. » e detto ciò gli rivolge le spalle, prima di avviarsi verso uno dei tanti salotti privati, dove la musica rimbomba in maniera più attutita. Poggia il bicchiere sul tavolino di vetro, prima di sedersi sul divanetto in pelle, nella sua solita maniera oltremodo composta, ed una volta intravisto il ragazzo, si fruga tra i pantaloni. « No, no, nessuna richiesta d'aumento. » Ride, lanciandogli un'occhiata, mentre estrae una scatolina rettangolare metallica « Sono un uomo sposato, ormai. A proposito, tra te e Maze com'è che va? Cioè, per intenderci...Non vedo Kendra da un po'. E neanche Korinna. Te non hai nessuna orribile scottatura sul corpo sotto i vestiti, vero? Sa essere un po'...violenta, a volte. Meglio non farla incazzare. » Ride, annuendo con fare rassegnato. « Allora, tra me che divento una delle persone più importanti nella politica magica- Umiltà prima di tutto. -ed il tuo rintanarti nel piano della Lussuria per giornate intere, non abbiamo più parlato, io e te. » Apre la scatolina, uscendone una bustina trasparente con dentro della polvere bianca. La posiziona sul tavolo, poi estrae qualche sigaretta speciale, accendendosene una ed aspirando qualche tiro. « Non che prima parlassimo più di tanto, vista la tua bocca generalmente occupata, ma...Sì ecco, ora è il momento più propizio » VLAD LO STAI FACENDO DI NUOVO. « ..Più azzeccato per farlo, direi. » Gli fa cenno verso il tavolino, porgendogli l'accendino infine. « Serviti pure, a proposito, giuro che non faccio la spia col capo. » Gli fa l'occhiolino, prima di aspirare nuovamente e poggiarsi con la schiena contro il divano. « Sono stato lontano per tre mesi, voglio sapere tutto ciò che è successo, al locale, intendo. Voglio sapere quale altro traditore devo far fuori, che oggi mi sento di buon umore. » Si stringe nelle spalle. « E anche a te, come se l'è passata ultimamente, il mio buon vecchio impiegato del mese? »
     
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