Such is life

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    Ricordava il primo giorno in cui lo aveva visto: Aleksandr Leon Marchand, l'uomo del momento. Capo dell'Inquisizione, figura di spicco all'interno del Ministero della Magia, una delle persone più importanti al fianco di niente poco di meno che Norwena Zabini, la ministra. Ne aveva sentito parlare dapprima, tante, forse persino troppe volte. Aleksandr Marchand si era già accaparrato un posto nella vasta gamma del suo interesse verso il prossimo (che in realtà, di vasto, quella gamma non aveva proprio nulla) ancor prima di vederlo di persona. Se l'era persino immaginato, per i primi tempi, con quel suo solito viaggiare di fantasia che l'aveva da sempre caratterizzato. E, seppur ovviamente -e aggiungeremmo pure fortunatamente- Alek non rientrasse in ciò che di per sè aveva immaginato, quando l'aveva visto aveva capito che no, nonostante tutto, quell'uomo aveva ogni cosa al proprio posto. Non avrebbe cambiato nulla di lui, Lucien, e fidatevi, di compatibilità quei due ne hanno sempre avuta pochissima. L'uno ragionevole, l'altro completamente fuori controllo. Saggezza ed efferatezza, amore ed odio, equità e caos. Sì, Aleksandr Marchand e Lucien Kai Parker erano davvero diversi, ed ogni giorno che passava, probabilmente lo diventavano sempre di più. Eppure, nonostante tutto, loro erano rimasti. La gente era trascorsa nelle loro vite in un via vai continuo, specie negli ultimi tempi. Tradimenti, accuse, strategie. Tanti, fin troppi avvenimenti si erano susseguiti l'un l'altro, ma altrettanti avvenimenti, non erano mai state capaci di dividerli. Non loro due, che, come già detto, di compatibile avevano ben poco. Se Lucien Parker credesse all'amicizia? Probabilmente no. Non l'aveva mai vista, mai assaporata di persona, mai avuto una madre che gli indicasse quali fossero i punti essenziali di una tale reazione del sentire umano, e come riconoscere chi fosse un vero amico e chi invece no. Non aveva avuto nè creduto nulla di tutto questo, Lucien, ma aveva avuto Alek. Lo considerava suo amico? Impossibile, si era sempre detto. Un mostro non può esser amico di un umano. Un mostro non poteva aver bisogno di un umano tanto quanto un umano non poteva aver bisogno di un mostro. E allora perchè, perchè quel demone, quel diavolo o qualsiasi altro nome gli era stato nel tempo affidato, era sempre rimasto? Comodità, si era detto. Convenienza. Ma quale convenienza aveva mai tratto, Lucien, dal legame con Alek? Nessuna. O forse soltanto una, ma il modo in cui veniva chiamata, non era "convenienza". No. « Buonasera stronzi! » Varca la soglia del Ministero, con tanto di braccia alzate e sorriso smagliante, mentre adocchia due suoi colleghi prossimi al ritorno a casa. E' il crepuscolo ormai, e per tanto gli uffici risultano quasi del tutto spopolati, ma lui sa comunque dove trovarlo, il suo uomo. « Hey Falahee, in famiglia come va? » Passa accanto ad uno dei due uomini, che gli lancia un'occhiata che il vampiro non riesce a decifrare, prima di passare avanti e superarlo. Mcphee, il suo compagno, scuote la testa, soffermandosi a pochi passi da lui, per qualche minuto. « Il morbo. Non lo sapevi? » Lo fissa incuriosito, Lucien, le sopracciglia inarcate, poi la lampadina si accende, e annuisce vistosamente. Merda. « No amico, davvero, scusa, non lo sapevo. Mi dispiace per tua moglie e le bambine. » « Erano due maschi.. » « Fa lo stesso. Se ti va di parlarne, sono serio... -Anche se cazzo pure voi eh. In questi tempi difficili un cartellino sulla maglietta con su scritto che vi è morto qualcuno e di non chiedere no eh? Facciamo fare una figura del cazzo al povero Lucien che tanto mica di problemi non ne ha già abbastanza. » Se vi state chiedendo se abbia davvero avuto la faccia tosta di mettersi al centro delle attenzioni di fronte ad un neo-vedovo, vuol dire che non lo conoscete ancora bene. Per vostra fortuna. Scuote la testa con fare deluso, mentre Mcphee lo guarda con espressione sconvolta, e Falahee, dal canto suo, è già bello che lontano. « Cosa c'- vuole un abbraccio? » Funzionate così voi umani no? Un abbraccio e le cose brutte passano? « ..No, davvero, va bene così, lascia stare. Lasciamo in vita almeno lui, che dici? » E con questo si allontana anche lui, lasciandolo lì, con espressione confusa per qualche momento, prima di stringersi nelle spalle, e continuare per la sua strada. Individua la porta dell'ufficio di Alek, e non appena percepisce il suo odore e la sua presenza, respira a fondo, in maniera del tutto istintiva. Tutto il nervosismo nascosto sino a questo momento con il suo solito atteggiamento da coglione riaffiora assieme, costringendolo a stringere le mani a pugno, con così tanta forza da tremare e far trasparire le ossa delle nocche attraverso la pelle pallida. E' okay si dice, mentre si avvicina verso la porta. Equilibrio, semplice ed elementare equilibrio. E' per questo che lo stai facendo. La sua vita era fatta di questo, dopotutto, i suoi massimi sistemi si componevano di regole ben precise. Un cavaliere del caos, è vero, ma il caos, per rimanere tale, doveva restare equo, e questo lo sapeva bene, Lucien. Lo sapeva bene fin quando la sua mano non avrebbe bussato contro la porta semiaperta dell'ufficio di Marchand, e la sagoma impostata dell'uomo non si sarebbe materializzata dinnanzi ai suoi occhi. E quì la vera domanda è: si tratta davvero di semplice ed elementare equilibrio? C'è ancora, in tutto questo, la già precedentemente nominata convenienza?
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    « Hey, maschione, dobbiamo parlare. » Asserisce, mentre si richiude la porta alle spalle, alzando lo sguardo verso l'uomo al centro dell'ufficio. Nel vederlo, un sorriso leggero gli distende le labbra. « No tranquillo, nessuna gravidanza.- si tocca la pancia con fare teatrale -Anche se non mi hai più richiamato, l'altra sera. » Lo punzecchia come è solito fare da quando si conoscono, ma non accenna ad avvicinarsi, evidente segno che qualcosa non va. « Ascolta..Vorrei darti dei preliminari per come si deve. Ma considerando che ormai sono felicemente impegnato, te lo darò tutto d'un fiato. » Come farti infilzare con un paletto di frassino nel culo tempo trenta secondi: lo sta facendo bene.« Avrai parlato con Deimos, immagino, riguardo al libro. » Gli lancia un'occhiata di sottecchi, mentre si concentra per qualche istante su ciò che sta al di fuori di dove si trovano. Non sente nessuno nelle vicinanze, allora continua. « Non so quanto ti abbia detto e quanto ne sappia, ma è sicuramente molto più grave di quanto crediate. Il libro sta..evolvendo. E presto la mia guerra diventerà anche la vostra guerra. » Si mordicchia l'interno della guancia. « Luci ed ombre si contenderanno il vostro mondo. Male e Bene, Angeli e Demoni, in qualsiasi modo vogliate chiamarli. Credo tu intuisca di cosa io stia parlando. E credo anche tu abbia intuito a quale categoria appartengo. » Forse l'hai sempre saputo, pur non avendone prove. O forse no, altrimenti non mi accoglieresti quì dentro. Altrimenti mi avresti bandito già tanto tempo fa, probabilmente. « Non posso dirti quando, ma accadrà. E Alek.. » Lo guarda, scuotendo la testa. « Non vincerete la guerra. Non potete farlo. » Saranno troppi, saranno forti, e saranno liberi. Saremo liberi. « Tutto ciò che posso darti è un po' di vantaggio. » Si avvicina alla scrivania, poggiando la mano chiusa a pugno sul tavolo, e non appena riapre le dita, allontanando il braccio, il suo distintivo da Ministeriale brilla nella penombra. « Non puoi proteggere la tua gente fin quando avrai me al tuo fianco, ed io non posso servire la mia fin quando avrò te al mio. » Se restassi ti distruggerebbero. Ti darebbero del traditore. Ti bandirebbero in un mondo dove esser nemici persino tra voi, non vi sarà più concesso. « Quindi..Beh, com'è che funziona? Io do le dimissioni e tu mi dai finalmente un bacino sulla guancia? » Un lieve sorriso gli distende le labbra, prima di rilassarsi, e fargli l'occhiolino, in quel suo atteggiamento classico. E' strano, forse terribilmente insensato, ma sta facendo la cosa giusta. Può un mostro esser amico di un umano? La risposta, per quanto paradossale possa sembrare, è sì. Perchè ricordate? Quale convenienza aveva mai tratto, Lucien, dal legame con Alek? Nessuna. O forse soltanto una, ma il modo in cui veniva chiamata, non era "convenienza". Era amicizia.
     
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    « Abbiamo avuto una segnalazione dal varco nord di Londra. » Prende a dire Carlisle, mentre si erge oltre la sua scrivania in mogano. Alek non lo guarda, ma continua a scribacchiare sui fogli che ha di fronte. Il tratto è leggero, la punta della piuma sembra quasi non sfiorare il foglio, tanto è delicato. Prosegue nella scrittura dell'ennesimo messaggio da mandare ai piani inferiori, per poi accorgersi che l'uomo ha smesso di parlare. Alza gli occhi e lo sguardo bluastro si intensifica, al di là della lenti trasparenti della montatura tartarugata che porta sul naso. Lo osserva per qualche secondo in silenzio, facendogli un cenno di mano, circolare. « E? » Lo incalza, invitandolo a proseguire in quello che è certo sarà l'ennesimo resoconto guerrigliero, identico agli altri sette ricevuti soltanto dal pranzo in poi, durante quella giornata. « E sembra che un gruppo di civili abbiano avvistato Byron Cooper. » C'è quasi un sorriso tra le pieghe dei suoi lineamenti nel ricevere quella notizia. Non che creda veramente che Byron si presenterebbe mai a viso scoperto - o meglio, con il proprio viso - dentro i varchi londinesi, ma è piuttosto divertente sentire quanto la fantasia, o forse la disperazione, della gente possa galoppare freneticamente verso lande desolate quando ci sono di mezzo i soldi. « Oh, questa volta non hanno nemmeno sprecato tempo nel provare ad inventarne una un po' più piccola. Sono ammirato. » Legge nello sguardo di Carlisle una nota di disapprovazione, nota che Alek decide bellamente di ignorare con un sorriso che ha del derisorio. « Hanno delle prove tangibili? » Domanda allora, cercando di mostrarsi interessato a quello che gli appare l'ennesimo tentativo di tirar su un po' di soldi. « Oltre ad averlo visto in faccia, perfettamente? » Alek alza un sopracciglio, visibilmente disturbato da quella considerazione che è evidente nulla, senza niente di più concreto. « Non è una prova attendibile, lo so io, come lo sai tu. Anche ora posso scendere in strada e dire di aver visto passeggiare qui davanti niente di meno che l'intera famiglia Morgenstern. Posso essere creduto senza una vera prova? Posso chiedere di essere pagato per non avere niente tra le mani? » Lo guarda, sospirando. No. E' questa la risposta. « Comunque sia, se credi che perdere il tuo tempo combattendo i mulini a vento sia proficuo, vai pure a controllare al varco nord. Spero tu possa ritornare vittorioso. » C'è della sufficienza nel suo sguardo, mentre dichiara concluso quel colloquio decisamente snervante. Il che non deve essere nemmeno una sorpresa per Alek. Nell'ultimo periodo il suo lavoro è diventato quello: una caccia alle streghe che si rivela essere, sempre di più, un continuo prendere un pugno di mosche. E' stanco, Alek, lo è davvero. Passa giorno e notte lì dentro, cercando di rendere quanto più sicuro ogni angolo di Londra e per cosa? Per avere nient'altro che odio e rancore. Si toglie gli occhiali, massaggiandosi il naso, con la testa reclinata all'indietro, contro la poltrona. Ed è allora che lo sente bussare, per poi entrare con nonchalance, come suo solito, nell'ufficio. « Hey, maschione, dobbiamo parlare. » Riapre gli occhi di scatto, con nello sguardo quell'implicita richiesta. Ti prego, non mettertici pure tu. « No tranquillo, nessuna gravidanza. Anche se non mi hai più richiamato, l'altra sera. » Un sorriso costringono i lineamenti di Alek ad addolcirsi, mentre scrolla il capo. Il solito vecchio Lucien, colui che trova sempre un modo per farlo rilassare, per ricordargli che, ogni tanto, anche lui può permettersi di smettere di stare sull'attenti, ma che può semplicemente essere se stesso, un gitano al fianco del più improbabile degli amici. « Scusami tesoro, ho avuto da fare. Come posso fare per farmi perdonare? » Gli scocca un'occhiata divertita, prima di inforcare nuovamente gli occhiali. « Dimmi pure. » Aggiunge poi con un sorriso accennato. E lui sembra essere deciso a non tirare quell'incontro per le lunghe. « Ascolta..Vorrei darti dei preliminari per come si deve. Ma considerando che ormai sono felicemente impegnato, te lo darò tutto d'un fiato. » Apre le mani, di fronte a sé, mimando una finta faccia rassegnata a quell'evidenza dei fatti. « Avrai parlato con Deimos, immagino, riguardo al libro. » E il velo di divertimento che c'è stato sul suo volto barbuto, fino a quell'istante, scompare di botto, lasciandolo tornare rapidamente nei ranghi che il suo posto gli impone. « Non mi ha detto molto, a dire il vero. Sembrano esserci dei problemi, ha detto che cercherà aiuto per capire di cosa si tratti effettivamente. Detto fra noi, ho sempre capito relativamente poco degli esperimenti di Carrow senior, a riguardo. » Si stringe nelle spalle, aspettando la batosta che è certo stia per arrivare. Non con un Lucien che si è fatto improvvisamente serio, come poche altre volte l'ha visto. « Che succede Lucien? Ti sei messo nei casini? Sei andato a disturbare il can che dorme? » Lascia volutamente che nella sua voce sia presente e tangibile quella vena di preoccupazione che deriva dal vedere l'uomo così diverso dal suo solito. « Non so quanto ti abbia detto e quanto ne sappia, ma è sicuramente molto più grave di quanto crediate. Il libro sta..evolvendo. E presto la mia guerra diventerà anche la vostra guerra. Luci ed ombre si contenderanno il vostro mondo. Male e Bene, Angeli e Demoni, in qualsiasi modo vogliate chiamarli. Credo tu intuisca di cosa io stia parlando. E credo anche tu abbia intuito a quale categoria appartengo. » Rimane in silenzio, interdetto, mentre nuovamente si toglie gli occhiali da riposo e lo fissa negli occhi. Le labbra dischiuse in un'espressione di stupore. « Ma che stai dicendo? Hai preso una pasticca di troppo delle tue? » Sta vaneggiando, completamente. « Non posso dirti quando, ma accadrà. E Alek.. Non vincerete la guerra. Non potete farlo. Tutto ciò che posso darti è un po' di vantaggio. » Scrolla la testa, Alek, continuando a non capire nulla di ciò che sta accadendo. Vede il distintivo da ministeriale posato di fronte ai suoi occhi, ascolta le sue parole, ma non riesce a collegare i fili. Non riesce a vedere al di là di quel suo discorso bucato, pieno di falle e buchi che la sua mente non riesce a riempire in alcun modo. « Non puoi proteggere la tua gente fin quando avrai me al tuo fianco, ed io non posso servire la mia fin quando avrò te al mio. » Ma cosa stai dicendo? « Mia gente, tua gente..Lucien, comincio a preoccuparmi. E sai quanto è difficile che io ne dia aperta conferma. » E' preoccupato davvero, mentre si alza in piedi e fa il giro del tavolino. « Quindi..Beh, com'è che funziona? Io do le dimissioni e tu mi dai finalmente un bacino sulla guancia? »
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    Si avvicina a lui e porta entrambe le mani alle sue braccia, per tentare di scrollarlo da quell'evidente stato di insensatezza nel quale è caduto. « Di cosa stai farneticando, mon ami? » Gli domanda, cercando di riprendere le redini di tutta quella situazione assurda. Rimane fermo, con le mani che stringono quelle lastre di ghiaccio e i loro sguardi si scontrano per qualche istante di silenzio tombale. Ed è in quell'istante che cade nello stato di trans tipico di quando entra nel mondo delle sue visioni. Gli occhi gli si fanno improvvisamente lattiginosi e rimane lì, in balia di luci che si uniscono ad ombre, fronteggiandosi in una battaglia senza sosta. Un manto nero che si dispiega ovunque, mentre l'urlo straziante di un bambino lo ridesta, riportandolo alla realtà. Qualche istante per riprendere coscienza di sé, prima di lasciare andare la presa sull'uomo, come scottato da quel ghiaccio penetrante. Qualche passo indietro, mentre si porta le mani ai capelli, infilandole al proprio interno, per stringerli fin dalle radici. In silenzio, rimane a guardare il nulla, attonito e senza parole. « Dimmi cosa sai. Ho bisogno di sapere, devo fare qualcosa, devo mettermi subito al lavoro, io.. » sono impotente, questo va ben oltre le mie forze, ben oltre la mia immaginazione. « Se è come è apparsa di fronte ai miei occhi, nessuno si salverà da essa. » Una mano scende a nascondere la bocca, in quel gesto di esasperazione, mista ad una paura che non ha mai provato prima di quel momento. E non paura per sé, no. E' paura per tutte quelle anime innocenti che non sanno, che vivono nell'ignoranza resa tale da una guerra civile sempre più oscurante. « E' la prima volta che ti sento parlare di mia gente, di tua gente, di darmi un vantaggio, come se stessimo per scendere in battaglia, non l'uno al fianco dell'altro, ma su fronti diversi. Pensavo fossimo dalla stessa parte. Pensavo ci saremmo guardati le spalle a vicenda..» pensavo di aver capito come scegliere di chi fidarmi, infine. Pensavo di non essere più così deficiente da continuare a fare sempre gli stessi errori. Alek pensava. Alek ha sempre pensato una miriade di cose di coloro che aveva intorno e, puntualmente, si è ritrovato con le spalle al muro, ma non credeva di sbagliarsi con Lucien, forse per quella lealtà e quella fiducia che si è sentito di riporre in lui, dopo aver visto con i suoi occhi quanto fosse votato alla sua stessa causa. Guarda fuori dalla finestra, passandosi le dita sulla barba, mentre riflette. Riflette su quell'ennesima pugnalata al fianco. Sei l'ennesimo tradimento che non ho visto all'orizzonte. « Non stai con noi. Allora con chi sei? Perché sei contro di noi? » Si volta a guardarlo, mentre lo sguardo si indurisce. « Se vuoi darci un vantaggio, dimostramelo. Dimmi come salvarli, il più possibile di loro. Dimmi come posso metterci al sicuro, prima che arrivi questa guerra che non sapremo fronteggiare. »
     
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    « Che succede Lucien? Ti sei messo nei casini? Sei andato a disturbare il can che dorme? » Percepisce una nota di preoccupazione nel tono di voce dell'amico, ed un sorriso amaro gli distende le labbra sottili, mentre scuote la testa lentamente. Non lo capisci, Alek? Sono io il can che dorme. Respira a fondo, mentre spera che tutto finisca il più velocemente possibile. Generalmente, da situazioni come questa, ne trarrebbe non poco divertimento. Rivelarsi al prossimo per ciò che è, assaporare il panico e la confusione nello sguardo di quegli insulsi ed ignari umani, è sempre stato qualcosa di..indescrivibile. Mostrare il proprio esser divino, la propria egemonia, la propria superiorità su chi, da sempre, ha ritenuto inferiore. Ma al momento, non è divertimento ciò che prova, no, decisamente no. Vorrebbe e potrebbe, in fin dei conti, perchè riesce già a percepirla quella preoccupazione che ribolle nel sangue dell'uomo che si ritrova di fronte. Il sangue umano cambia, quando si provano sensazioni di questo genere. Scorre più veloce, il suo odore si intensifica, diventando di conseguenza più appetitoso. Un invito a nozze che, in situazioni del tutto differenti, Lucien coglierebbe al balzo. Perchè non ora? Le sente, quelle vocine che serpeggiano all'interno del proprio subconscio. Lo accompagnano giornalmente, ed adesso più che mai. Già, perchè non ora? Perchè non può semplicemente rendere tutto più facile, ponendo fine alla vita di quell'uomo prossimo all'apocalisse più totale, e tornare a servire i suoi simili senza mai aver tradito nessuno? In fondo, sarebbe un gesto magnanimo, da una parte. Annullare l'esistenza di Aleksandr Marchand prima che, nella guerra ormai prossima, lo stesso si penta di esser mai nato. Dovrebbe solo ringraziarti. No. Chiude gli occhi per qualche momento, stringendo forte i pugni e serrando la mascella, prima di riaprirli. Non vuole decidere sulla sua vita. Non ne ha il potere, non ne ha il diritto. Lo ha fatto tante volte, con tanti altri. Ma non oggi, non questa volta. Non con lui. « Mia gente, tua gente..Lucien, comincio a preoccuparmi. E sai quanto è difficile che io ne dia aperta conferma. Di cosa stai farneticando, mon ami? » Le mani calde del gitano si stringono contro la sua pelle gelida, ed il vampiro si irrigidisce per qualche momento. Mon ami, amico mio. Si mordicchia l'interno della guancia, visibilmente a disagio. Cazzo, Alek, potevi essere un po' meno te e non attirare l'amicizia di uno come me? Sfugge al suo sguardo dunque, con un fare remissivo che assai poco gli appartiene, mentre un silenzio carico di tensione cade su entrambi. E alla fine alza lo sguardo, ed incontra il suo. Occhi dello stesso colore del cielo, eppure così caldi, così vivi. Forse è anche questo ciò che gli è sempre piaciuto di lui. La sua voglia di vivere, la sua capacità di vedere i colori, ovunque, e rimanerne sempre affascinato, come un bambino. « Non ci saranno più colori, Alek, nessuno... » Mormora sovrappensiero, la voce bassa, nello stesso istante in cui le iridi di lui mutano colore. Si sta collegando al terzo occhio, a quella dimensione altra, e Lucien non riesce a percepire cosa stia vedendo, ma può immaginarlo. Morte. E per qualche momento ci pensa, a quello sguardo vitreo dell'amico. Pensa a come sarebbe se restasse così per sempre, cieco, perchè privo di vita. E lo sente quel panico serpeggiargli nelle vene, fin quando Alek non si stacca da lui, e lui dal canto suo rimane lì, immobile, simile ad una statua di marmo. Cerca degli indizi sul suo viso, nel suo sguardo tornato alla normalità, fino a che non lo vede stringersi le dita fra i capelli. « L'hai visto. » Sentenzia allora, il tono di voce intriso di una serietà solenne che ben poche volte ha rivolto all'amico. « Dimmi cosa sai. Ho bisogno di sapere, devo fare qualcosa, devo mettermi subito al lavoro, io.. » E' spaventato. L'ha visto, ora sa cosa significa e sa di non poter fare nulla. E dovrebbe esserne felice Lucien, soddisfatto. Perchè ciò che il gitano ha visto è il suo mondo. E' il suo potere, la sua gente. E la sua gente fa questo, irrompe nei mondi per distruggerli, senza preavviso alcuno. E allora perchè, Lucien si sta opponendo all'inevitabile? Perchè sacrificare tutto, rischiare, per un semplice, insulso umano? Perchè quell'umano non è solo questo. Quell'umano ha un nome. Ha un cuore. Ha un cervello. Ha tante di quelle qualità e tanti di quegli atteggiamenti, ricordi, sentimenti, emozioni, che nonostante in questi mesi di conoscenza non l'abbia mai ammesso apertamente, Lucien ha sempre ammirato. Ed ammira anche adesso, nel vederlo così accorato, così terrorizzato dall'idea di non poter proteggere nessuno, dall'idea di perdere quei colori di una vita che tanto ama. Non è uno di tanti. E' Alek. Asserisce mentalmente, come a voler zittire quel ronzio di sussurri interminabile che è ormai la sua mente da qualche minuto a questa parte. « Se è come è apparsa di fronte ai miei occhi, nessuno si salverà da essa. » Annuisce, per dar credito alle sue parole. « E' la prima volta che ti sento parlare di mia gente, di tua gente, di darmi un vantaggio, come se stessimo per scendere in battaglia, non l'uno al fianco dell'altro, ma su fronti diversi. Pensavo fossimo dalla stessa parte. Pensavo ci saremmo guardati le spalle a vicenda..» E quelle parole fanno male. Una sofferenza inaspettata, che penetra sotto pelle dolorosamente. Gliel'ha sempre promesso, Lucien. Gli avrebbe guardato le spalle fino a che avrebbe avuto bisogno di lui. Ma era arrivato il momento: Alek non aveva più bisogno di lui. Alek non poteva aver più bisogno di lui. « Non stai con noi. Allora con chi sei? Perché sei contro di noi? » Già, Lucien, sei contro di loro. Sei contro di lui. Cosa valgono? Cosa vale? Si mordicchia l'interno della guancia, mentre osserva l'uomo, che gli dà le spalle. « Se vuoi darci un vantaggio, dimostramelo. Dimmi come salvarli, il più possibile di loro. Dimmi come posso metterci al sicuro, prima che arrivi questa guerra che non sapremo fronteggiare. » Respira a fondo, istintivamente, mentre si massaggia le tempie, e solo quando incontra il suo sguardo, alza il capo, mentre un sorriso amaro si dipinge sul viso scarno.
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    « Ecco, è così che speravo non mi avresti mai guardato. » Sapevo che sarebbe successo, ma ci speravo comunque. « Non posso stare con voi perchè non è a voi che appartengo. Nessun orientamento politico, nessuno stato di sangue..Semplicemente, non sono umano. Ciò che hai visto, ciò che verrà, è l'inferno. Ed è il luogo da cui io provengo. » Lo guarda di sottecchi, prima di prendere a camminare per l'ufficio, le mani dietro la schiena. « Non ti dirò il mio nome, voi umani tendete sempre ad identificarci con entità differenti, a seconda delle culture ed epoche. Apate, Loki, Seth, Dracula, Lucien...Un nome vale l'altro. » Si stringe nelle spalle, fermandosi e poggiando la schiena contro il muro. « Ciò che ti basta capire, è che sono un demone, un'ombra, un dio, un mostro, chiamami come vuoi. E non sono l'unico. Ce ne sono tanti, ce ne sono troppi, e arriveranno, presto. » Annuisce, lo sguardo diretto verso un punto non ben definito che adesso torna a posizionarsi su di lui. « Immagino come tu possa sentirti, ma..Se avessi voluto annientarti, come hanno fatto in molti prima di me, lo avrei già fatto, non credi? » L'avrei fatto e ci sarei riuscito. Ma non volevo farlo. E non so nemmeno perchè. Non è così che funziona solitamente. « Fidati, se potessi restare al tuo fianco anche adesso, lo farei. Ma..E' una guerra differente dalla vostra, questa, ed io sono nato per schierarmi da una ed una sola parte. Devo farlo, non ho scelta. » E tutte queste cose non dovrei nemmeno dirtele. Si mordicchia il labbro inferiore, mentre quel vocio nella sua testa ritorna forte e chiaro. Smettila, dicono, smettila prima che sia troppo tardi. Socchiude gli occhi, pressando le dita gelide contro le tempie, così forte da farsi male, e distrarsi da tutto il resto. Li riapre, dunque, e lo guarda. « E...Non lo so. Non con certezza almeno, il modo in cui possiate proteggervi. Il terreno, credo.. » Non funzionerà, sono troppo forti. E' tutto inutile. Scuote la testa « Il terreno, della corte, devi consacrarne il più possibile. Non sono sicuro che possa funzionare ma..Tu hai me. » Il tono di voce si fa più sicuro, mentre lo sguardo bicolore si anima di quella solita scintilla che lo occupa tutte le volte che gli promette di esserci.. « Ho promesso che ti avrei guardato le spalle fino a che ne avresti avuto bisogno. E, brutto scemo, ne hai ancora bisogno, ovviamente.- Una nota del classico atteggiamento alla Lucien traspare -Quindi farò un'uscita di scena che Mel Gibson in Braveheart se la farà nelle mutande, in confronto. » Annuisce. « Proveremo su di me quale effetto abbia la consacrazione. Non farlo. Non vale un cazzo. Sono solo umani. E' solo umano. Lo guarda, l'ombra di un sorriso ad illuminargli il viso scarno. « Poi, se non vedrai mai più la mia bellissima faccia in giro, vuol dire che il nostro tentativo ha funzionato. Allora, ci stai? » Pausa. « So che non è granchè, e so anche che potresti non fidarti ma..Non hai tanta scelta, l'hai visto. E devi fidarti di me, un'ultima volta, mon ami. » Non vale un cazzo per voi, ma vale tanto per me.
     
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    « Ecco, è così che speravo non mi avresti mai guardato. » Si morde il labbro inferiore, in un gesto puramente di disagio. Sono poche le volte in cui Alek si sente come un pesce fuori dall'acqua, abituato sempre a reclamare il proprio posto nel mondo, viste le sue origini poco dignitose agli occhi dei più. Eppure, in quel momento si sente completamente fuori posto, quell'improvviso cambio di programma che non aveva assolutamente visto arrivare, gli è arrivato in volto talmente forte da lasciarlo destabilizzato. C'è confusione nella sua espressione, mista ad una rabbia che riesce a tenere sotto controllo, che riesce a contenere a fatica per non dar sfoggio di tutto ciò che sta provando. Non è stato abituato a farlo. Le emozioni messe in bella mostra sono un'arma a doppio taglio, sono un lusso che lui non si è mai potuto permettere, al di fuori della propria arte. Solo quando dipinge, quando fotografa, quando scrive, può davvero lasciarsi andare. Ma mai in momenti come quelli perché i sentimenti, le sensazioni, sono un qualcosa di talmente inaspettato da non sapere mai, all'inizio, dove ti condurranno poi alla fine. « Come vorresti che ti guardassi? Dovrei dirti "Tranquillo Lucien, è tutto okay. Hai fatto il doppio gioco finora, ma ormai ci sono abituato, quindi vai tranquillo per la tua strada che io andrò per la mia?" E' questo che vuoi che ti dica? Farebbe sentir meglio la tua coscienza? » Scrolla il capo, cercando di mantenere quanto più stabile il suo tono di voce. Non è così che funziona. « Non posso stare con voi perchè non è a voi che appartengo. Nessun orientamento politico, nessuno stato di sangue..Semplicemente, non sono umano. Ciò che hai visto, ciò che verrà, è l'inferno. Ed è il luogo da cui io provengo. » Sul viso di Alek si dipinge una sola ed inequivocabile espressione. Ma che cazzo stai dicendo? « Non ti dirò il mio nome, voi umani tendete sempre ad identificarci con entità differenti, a seconda delle culture ed epoche. Apate, Loki, Seth, Dracula, Lucien...Un nome vale l'altro. » Lo segue con gli occhi, mentre nella testa ha come il rimbombo di alcune delle parole di Holden, mesi prima, quando gli spiegava i punti salienti del suo credo. L'ha sempre preso come un devoto fedele, ha sempre ritenuto quei discorsi delle bellissime e intriganti storie, dal fascino non discutibile e ora Lucien gli dà la prova che quelle parole non erano altro che la verità. Non delle semplice e affascinanti favolette, ma la pura realtà dei fatti e non può più continuare a mentire a se stesso, non può dirsi "E' solo un'altra cavolata inventata" perché l'ha vista con i suoi occhi, pochi istanti prima. L'Apocalisse in Terra. « Ciò che ti basta capire, è che sono un demone, un'ombra, un dio, un mostro, chiamami come vuoi. E non sono l'unico. Ce ne sono tanti, ce ne sono troppi, e arriveranno, presto. » Sospira, Alek, mentre si ritrova sulle spalle quel peso enorme che non sa da che parte cominciare a prenderlo. Non capisce niente di tutte quelle cose, ci ha sbattuto il viso soltanto in quell'istante e già deve farci i conti a nome di una comunità intera. Socchiude gli occhi, qualche istante, mentre tenta di ragionare su cosa sia meglio fare per prima. « Immagino come tu possa sentirti, ma..Se avessi voluto annientarti, come hanno fatto in molti prima di me, lo avrei già fatto, non credi? » Li riapre di scatto, come richiamato da quelle parole. Dopo quanto gli ha rivelato, non ha mai pensato per un istante all'effettività del suo discorso. Ha pensato a come salvarli, a come salvarsi, ma non ha mai soffermato la mente su ciò che gli ha detto. Sono un demone, un'ombra, un dio, un mostro, chiamami come vuoi. C'è un sorriso quasi gelante che si riscopre a nascere sulle labbra del gitano. « Credi davvero che io abbia paura per me stesso? Che tu possa farmi del male? Che possa uccidermi? » Gli domanda, con una parvenza di strafottenza tra le righe. « Non hai mai voluto annientarmi, lo so. Il tuo continuare a darmi informazioni ne è la prova. Non è di come debba sentirmi io che dovresti preoccuparmi, quanto più di dove risiede veramente la tua lealtà e di come ti fa sentire la cosa a riguardo. » E' asciutto, mentre appare dare la sua sentenza da giudice. « Fidati, se potessi restare al tuo fianco anche adesso, lo farei. Ma..E' una guerra differente dalla vostra, questa, ed io sono nato per schierarmi da una ed una sola parte. Devo farlo, non ho scelta. » E ancora sorride, Alek, mentre lo ascolta parlare, perché quel discorso è in aperto contrasto con cosa sta facendo davvero. Lucien dice di non poter scegliere da che parte stare, di essere votato al servizio di casa sua, di dover essere un cane fedele, eppure, tutto ciò che riesce a vedere il gitano è quanto sia forte il morso con il quale sta azzannando i suoi padroni. « Le tue parole dicono una cosa, i tuoi fatti ne dicono tutt'altra. Credo tu abbia molto più libero arbitrio di quanto tu ostina a credere. » Dopo lo shock iniziale, la situazione d'emergenza sta rientrando e i nervi di Alek sembrano distendersi nuovamente, come fanno sempre quando si rilassa e riesce a vedere il quadro generale. « E...Non lo so. Non con certezza almeno, il modo in cui possiate proteggervi. Il terreno, credo.. Il terreno, della corte, devi consacrarne il più possibile. Non sono sicuro che possa funzionare ma..Tu hai me. Ho promesso che ti avrei guardato le spalle fino a che ne avresti avuto bisogno. E, brutto scemo, ne hai ancora bisogno, ovviamente. Quindi farò un'uscita di scena che Mel Gibson in Braveheart se la farà nelle mutande, in confronto. Proveremo su di me quale effetto abbia la consacrazione. » Lo ascolta in silenzio, cercando di carpire quante più informazioni gli servano per quel nuovo cammino nel quale è stato immesso. Aggrotta le sopracciglia di tanto in tanto, mentre si riporta verso la scrivania. Scribacchia qualche appunto, come è solito fare per non dimenticare mai nulla e rimane a guardare la sua scrittura, mentre giocherella con la piuma tra le dita. « Poi, se non vedrai mai più la mia bellissima faccia in giro, vuol dire che il nostro tentativo ha funzionato. Allora, ci stai? So che non è granchè, e so anche che potresti non fidarti ma..Non hai tanta scelta, l'hai visto. E devi fidarti di me, un'ultima volta, mon ami. » Fa una smorfia, seppur sia piacevolmente sorpreso di quel suo continuare a parlare in un modo e comportarsi perfettamente nel modo opposto. « Devo capire come muovermi, è un terreno che non mi appartiene, questo, e mai avrei creduto di dovermici scontrare con così tanta prepotenza. » Si ritrova a commentare, con un sospiro esasperato. In fondo il credere in qualcosa di più grande e ampio non è mai rientrato nei suoi interessi. « Tu continui ad essere un controsenso senza eguali, ed è per questo che mi fido. Ci sto, va bene. »

    Ci ha messo relativamente poco a trovare un vero prete che facesse quanto chiesto, seguendo la totale discrezione che il caso ha bisogno di osservare. Ha seguito le regole e i precetti della sua religione per consacrare il terreno di tutta la Corte e delle sue vicinanze, con l'ausilio dell'acqua santa. L'ha osservato Alek, mentre si muoveva nel suo regno con quella consapevolezza negli occhi di chi sta facendo qualcosa ma non sa bene il perché. Non ha però fatto domande, no, ha fatto il lavoro per il quale era stato chiamato con la massima discretezza, non alzando mai il capo nemmeno per scambiare due chiacchiere. Alek, dal canto suo, è rimasto a guardarlo, domandandosi quante e quali fossero le questioni che attraversano la mente di quell'anziano. Chissà cosa starà pensando nel camminare sulla terra di ladri e furfanti. C'è un vago sorriso nel formulare quel pensiero. « Siete stato di un aiuto provvidenziale, grazie mille. » Gli va a stringere la mano, mentre appura l'arrivo di Lucien, con la coda dell'occhio. Gli ha dato istruzioni ben precise sul dove trovarsi. Varco sud, poco lontano dal cancello di Parc du Gitans. Porta con te un dei tuoi oggetti oscuri. « Spero che la donazione per il suo oratorio vi aiuti a continuare a dare una mano ai senzatetto. » Gli rivolge un vago sorriso, prima di congedarlo. Lo vede lanciare un'occhiata al vampiro, non riesce a percepire quale sensazione traspare dal suo sguardo, ma è certo non sia affatto contento di trovarsi in presenza di una creatura così lontana dall'amore del suo Dio. Se solo sapesse quanto lo sia veramente si ritrova a pensare, mentre attende che Lucien gli si faccia vicino. « Non ho idea di cosa abbia fatto quell'uomo, dice di aver seguito alla lettera uno dei rituali della sua religione. Per questo ti ho chiamato qui. » Gli rivolge un'occhiata di sottecchi, prima di tornare a guardare di fronte a
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    sé. « Ho bisogno che la gente continui a vedere i colori, come ogni tanto riesco a vederli ancora io. Non posso permettermi di saperli tutti sulla mia coscienza, senza aver anche solo tentato di fare il mio massimo. » E' il minimo che possa fare. « E' importante, per me, che tu sia qui. Dici che non puoi slegarti da..- rimane in silenzio per qualche istante, non riuscendo a concepire che quella parola esca dalla sua bocca come creduta fermamente - dall'inferno. Eppure sei qui, ad aiutare me, ad aiutare coloro che la tua casa combatte. Vorrà dire pur qualcosa. » Si volta, con un sorriso stanco sulle labbra. « Non ti permetterò di attraversare il confine, non se questo implicherebbe la tua dipartita. Suppongo, quindi, che dovrai affidarti ai tuoi sensi da demone. » Fa una smorfia, mentre pronuncia quella parola, come se fosse acido sulla punta della sua lingua. « Senti qualcosa? Una certa ripulsione? Non so. Altrimenti ho immaginato che si potrebbe usare un oggetto impregnato di magia nera, tentando di farlo passare oltre. E' probabile che sia una cavolata, ma non sapendo come funzionano certe cose, mi muovo come solo un umano non credente potrebbe fare. » Sorride nuovamente, per poi farsi avanti, fino al punto esatto dove arriva la consacrazione. Gli indica il confine che non deve oltrepassare e gli fa cenno di avvicinarsi. « Lucien, vorrei semplicemente essere chiaro su un punto. » Riprende, dopo essere rimasto in silenzio per tutto il tempo delle sue prove. « Non mi interessa da dove vieni, cosa hai fatto e cosa sei. Non sta a me giudicare certe cose, quando poi ti sei comportato in maniera diametralmente opposta. Per me è importante chi tu sei, chi è Lucien, non Seth, Loki o chi per lui. Perché al momento non riesco a vedere un demone dell'inferno, ma semplicemente una persona che ha deciso di salvare la vita a molte altre. E al di là di qualsiasi motivazione tu ti stia dando nella tua testa, riguardo il darmi una mano, lo stai facendo. E' questa l'unica cosa che conta, è la cosa che tutti si ricorderanno, quando saranno vivi e non morti, grazie a te. » Fa una smorfia, che appare come un sorriso, prima di guardarlo negli occhi. « Quando..- non se - anche tu ti vedrai per come ti vedo io, la mia porta sarà sempre aperta. Un modo per salvare anche te, sono certo, che riusciremo a trovarlo. »
     
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    « Lucien non riesco a controllarle. Sono troppi, e sono arrabbiati.. » La voce di Vlad riesce a sovrastare quel tumulto di voci, mentre il vampiro avanza nella notte, lo sguardo fisso dinnanzi a sè. Riesce ad intravederle da lontano, le luci colorate di quel luogo magico. La corte dei miracoli, un luogo dove chiunque, persino gente come lui, è sempre stato accettato. Non sa esattamente perchè abbia deciso di salvarla. Forse per Alek, forse per sè stesso, forse per qualsiasi altra cosa, fatto sta che si trova lì, adesso, con le mani strette a pugno e la mascella serrata, mentre continua ad avvicinarsi. Li sente parlare, da quella distanza, e li riconosce. Alek, il suo uomo, e quello che è più che sicuro si tratti di un prete. E' stato veloce a recuperarlo. E' stato veloce ad avere fiducia in lui. Non è di come debba sentirmi io che dovresti preoccuparti, quanto più di dove risiede veramente la tua lealtà e di come ti fa sentire la cosa a riguardo. Le parole di lui continuano a vorticare tra i suoi pensieri. Non l'hanno lasciato da quando ha abbandonato il quartier generale. Dove risiede veramente la tua lealtà. Un tempo la sua risposta sarebbe stata una ed una soltanto. E forse lo è ancora, in fin dei conti. Non è cambiato il suo orientamento, non è cambiata la sua natura. E' solo il modo di affrontare ogni cosa che è diverso. E' solo la capacità ritrovata di non chiudere gli occhi e girarsi dall'altra parte di fronte alle proprie emozioni, ad esser diventato ormai parte integrante di sè. E questo è fottutamente giusto e sbagliato al tempo stesso. Giusto per l'umano, sbagliato per il demone. « Resisti un altro po' Vlad, siamo quasi arrivati. » « Ci lasceranno in pace, quando avrai finito? » No. « Te lo prometto. » Un sospiro rassegnato è tutto ciò che riceve in risposta, mentre continua a camminare. Loro non lo lasceranno mai in pace. La libertà della quale tanto si è vantato con Alek, ai conti dei fatti, non è altro che l'ennesimo asservimento posto in altri termini. Presto il loro mondo sarà sulla Terra, ed andrà servito, più di prima. Non si scappa da casa sua, in fondo, non così facilmente. Il tradimento chiama la sofferenza, è così che funziona. Ogni cosa va ripagata, ogni azione ha una corrispettiva reazione. Un contrappasso. Quale sarà il tuo, Lucien? Scuote la testa, scacciando quell'ennesimo sussurro che gli fa raggelare il sangue nelle vene. « E' solo un po' di gente in confronto ad un mondo intero. Cosa vi importa? Cos'ha di così importante? » Mormora, ormai sfinito da quella continua battaglia interiore, mentre si poggia alla prima superficie utile che trova a portata di mano. Te. Tu sei cambiato, tu ti sei fatto cambiare. Ha questo, di importante. Respira a fondo, istintivamente, prendendo a scuotere la testa, le dita che vanno ad intrecciarsi ai capelli, tirandoli dalla radice fino a farsi male. Il dolore sembra distrarlo, e allora si rimette dritto. « Lucien? » La voce di Vlad trapela, sottile e debole, mentre lui è ormai prossimo alle due figure che ormai si stagliano perfettamente sotto il suo sguardo bicolore. « Ho paura. » Anche io, Vlad. Ho una paura fottuta. « Non preoccuparti, ho tutto sotto controllo. Non dubitare di me- Basto io, a farlo. -Potrei offendermi. » Un sorriso amaro gli distende le labbra, quando finalmente alza lo sguardo per guardare di fronte a sè. L'uomo di Chiesa si allontana da Alek, passandogli accanto e lanciandogli un'occhiata indecifrabile. Le ricorda ancora le parole che aveva rivolto a Maze mesi fa. Lascia che scoprano cosa sei, lascia che capiscano il tuo vero potenziale e tu comprenda il loro. L'uomo teme ciò che non può combattere, e per tanto ci odiano. Ti odieranno, faranno di tutto per distruggerti. L'hanno già fatto in passato e torneranno a farlo, è solo questione di tempo. Odio, è sempre e soltanto questo, ciò che gli spetterà. E' sempre è solo così, che lo guarderanno. « Padre. » Sibila allora, l'ombra di un divertimento insito ed ambiguo a distendergli i lineamenti del viso. Gli sorride, mellifluo, ricambiando il suo sguardo e facendo un lieve inchino. « Avresti dovuto dirmelo che saresti riuscito a recuperare un prete così presto. Mi sarei portato dietro qualche stripper vestita da suora per ringraziare. » Scuote la testa con fare deluso, ed un occhiolino è l'ultima cosa che rivolge al sacerdote ormai lontano. « Non ho idea di cosa abbia fatto quell'uomo, dice di aver seguito alla lettera uno dei rituali della sua religione. Per questo ti ho chiamato qui. » Lo guarda per qualche istante, poi segue il suo esempio, rigirandosi ad osservare la Corte dinnanzi a sè. Così piena di luci, colori, vita. « Ho bisogno che la gente continui a vedere i colori, come ogni tanto riesco a vederli ancora io. Non posso permettermi di saperli tutti sulla mia coscienza, senza aver anche solo tentato di fare il mio massimo. » Annuisce a quelle parole, senza rispondere tuttavia. Credi davvero che io abbia paura per me stesso? Che tu possa farmi del male? Che possa uccidermi? Le parole che gli ha rivolto qualche tempo prima ritornano alla sua memoria, mentre le sue labbra sottili si piegano in un leggero sorriso. « L'uomo del momento, sempre a preoccuparti di tutti, tu, mh? » Asserisce, mentre incrocia le braccia. Perchè è questo ciò che fa Alek, è questo ciò che ha sempre fatto. Porre il bene della sua gente davanti al proprio. Accettare l'odio pur di preservare la salvezza. « E' importante, per me, che tu sia qui. Dici che non puoi slegarti da..-dall'inferno. Eppure sei qui, ad aiutare me, ad aiutare coloro che la tua casa combatte. Vorrà dire pur qualcosa. » Sorregge il suo sguardo su di sè per qualche momento, poi si gira dall'altra parte, facendo una smorfia. « Ci sentiamo sentimentali? » Borbotta, con poca convinzione nel tono di voce scarsamente divertito. « Se mi stai per dichiarare il tuo amore solo perchè tra qualche minuto probabilmente mi ustionerò orribilmente, hai un tempismo davvero del cazzo. » Continua a prenderlo in giro, ridacchiando appena e stringendosi nelle spalle. E' pronto. Non sa cosa succederà una volta varcato il confine consacrato. E' quasi del tutto certo che non possa ucciderlo, ma fargli molto male, quello probabilmente sì. Ma ciò nonostante, riguardo a questo, non ha paura. Il dolore fisico è facile da superare. Quello morale di non aver fatto nulla per salvare qualcuno di importante, invece no. Quindi fa un passo in avanti, ma l'amico è più veloce. « Non ti permetterò di attraversare il confine, non se questo implicherebbe la tua dipartita. Suppongo, quindi, che dovrai affidarti ai tuoi sensi da demone. » Aggrotta la fronte, l'espressione confusa. Dopo tutto ciò che ti ho fatto, dopo averti ingannato per tutto questo tempo, hai ancora pietà di me? « Un solo sacrificio per salvarne centinaia, Alek, posso farcela. Non credo morirò, e questo è il modo più efficace per... » Ma lui sembra non sentirlo comunque, e allora Lucien sbuffa, con un soffio teatrale che gli fa volare alcune ciocche di capelli dalla fronte. Ed è direttamente proporzionale alla felicità interiore che prova, il suo sembrare scocciato all'apparenza. Non mi hai voluto sacrificare pensa, con un leggero sorriso che gli piega un angolo della bocca. « Senti qualcosa? Una certa ripulsione? Non so. Altrimenti ho immaginato che si potrebbe usare un oggetto impregnato di magia nera, tentando di farlo passare oltre. E' probabile che sia una cavolata, ma non sapendo come funzionano certe cose, mi muovo come solo un umano non credente potrebbe fare. » Lo guarda per qualche momento, l'espressione fintamente severa e contrariata, poi si rigira verso il punto indicato, avvicinandosi quanto basta. « Uffa, vabene, come vuoi. » Borbotta, annusando l'aria
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    « Ed io che volevo fare la fine dell'eroe e vederti costruire una statua d'oro in mio onore. » Si lamenta, con quel suo fare classico, prima di tornare serio. Si concentra, osando un po' di più nell'avvicinarsi. C'è qualcosa che lo infastidisce, e riesce a sentirlo. Una sorta di repulsione, un brivido che gli percorre la schiena man mano che la distanza con quel confine diminuisce. Allora allunga un braccio, e con le punte delle dita si protrae oltre quella linea immaginaria. Ed è fuoco vivo ciò che sembra avventarsi sulla sua pelle. Ritrae immediatamente la mano, osservando quelle ustioni sulle dita tremanti che stanno già iniziando a rimarginarsi. Si infila la mano sana nella tasca dunque, estraendone un amuleto. E' intriso di magia nera, la sua magia. Lo lancia, lasciandolo precipitare dal lato opposto, e l'oggetto non ha il temo di toccare terra, che un piccolo alone di fumo nero implode, dissolvendosi nell'aria. E' fatta. Sei fottuto. Socchiude gli occhi, scacciando quell'ennesima voce, e si volta verso Alek, annuendo. Funziona. Indietreggia dunque, tenendosi la mano in via di guarigione con l'altra, mentre la osserva mordicchiandosi l'interno della guancia. Già, funziona. E adesso? « Adesso ci lasceranno in pace, vero? » « Lucien, vorrei semplicemente essere chiaro su un punto. » La voce dell'uomo lo distrae, inducendolo a rivolgere lo sguardo verso di lui. « Non mi interessa da dove vieni, cosa hai fatto e cosa sei. Non sta a me giudicare certe cose, quando poi ti sei comportato in maniera diametralmente opposta. Per me è importante chi tu sei, chi è Lucien, non Seth, Loki o chi per lui. Perché al momento non riesco a vedere un demone dell'inferno, ma semplicemente una persona che ha deciso di salvare la vita a molte altre. E al di là di qualsiasi motivazione tu ti stia dando nella tua testa, riguardo il darmi una mano, lo stai facendo. E' questa l'unica cosa che conta, è la cosa che tutti si ricorderanno, quando saranno vivi e non morti, grazie a te. » Quanto vorrei fosse vero. E' una realtà che gli piacerebbe davvero, quella. Un mondo dove non esser più l'orco cattivo, bensì Lucien, soltanto Lucien. Ma è un mondo che non gli spetta di diritto, quello, e questo lo sa. Allora tutto ciò che può fare è aggrapparsi alle parole di Alek. A ciò che di lui pensa la gente che gli sta attorno, la gente che conta, quella che è riuscita a ricavarsi uno spazio in quel suo cuore dilaniato. Una strategia che spesso non basta a sovrastare quelle convinzioni vecchie di secoli e secoli, ma che, in fin dei conti, gli fa guadagnare un po' di tempo. Un po', giusto un po' per non perdere completamente la testa. « Non credo succederà mai. Non è così semplice per me. Non importa quanto bene fai, la gente ricorderà sempre il male, di te. Sono certo che puoi capirmi, non è così?» Ti hanno odiato e continuano ad odiarti solo per aver portato al termine il tuo lavoro. Il tuo obiettivo. Per ogni vita che hai salvato, ricorderanno per sempre quelle che hai condannato, è così che funziona. « Siamo mercenari, io e te, convivere con le conseguenze del nostro lavoro, è ciò che ci spetta. » Si stringe nelle spalle, indietreggiando di qualche passo. « Quando anche tu ti vedrai per come ti vedo io, la mia porta sarà sempre aperta. Un modo per salvare anche te, sono certo, che riusciremo a trovarlo. » L'angolo sinistro della sua bocca si distende in un lieve sorriso, mentre istintivamente si morde il labbro inferiore, di fronte a quella tacita promessa che l'amico sembra avergli offerto. Parole che lo scuotono sin dall'interno, che gli scaldano quel sangue e quel cuore gelido che si ritrova. E si sente quasi tremare, come succede sempre tutte quelle volte in cui le emozioni lo colgono alla sprovvista, e lui, nonostante sia passato ormai tanto tempo da quando è lì sulla Terra, si ritrova sempre impreparato. Allora respira a fondo, strofinandosi gli occhi con le mani ed annuendo. Alza lo sguardo su di lui poi, sorridendogli. Ed è pronto ad indietreggiare fino a scomparire, senza dire nulla perchè incapace di spiccicare qualsiasi parola. « Devi andare. » Lo so. « Stammi bene, okay? Guardati le spalle, sempre. E non farti ammazzare. Giuro che se ti becco nell'aldilà, dopo tutto ciò che ho fatto per salvarti il culo, mi incazzo tantissimo. » Ma ciò nonostante temporeggia « Ah, e non fare occupare il mio posto al Ministero dalla Deveraux, mi sta sulle palle. E anche Carrow. E...Okay, mi stanno un po' tutti sulle palle. » Si stringe nelle spalle con fare colpevole. « E sì, lo ammetto, me ne sono portate alcune nel tuo ufficio, qualche volta. Ed il bagno allagato, non è stato Falahee. E...-Che cazzo mi mancherai. » Sbotta infine, protraendosi in avanti, in maniera del tutto istintiva. In pochi istanti si ritrova lì, ad abbracciarlo. Il calore del corpo di lui che si fonde col ghiaccio del proprio, mentre assapora la vicinanza a quella vita pulsante che chissà, forse è riuscito davvero a salvare. « Ora ti stritolo fino alla morte così non potrai raccontare a nessuno che ti ho abbracciato. Cazzi tuoi che mi hai costretto ad abbracciarti. » Mormora dopo qualche minuto di silenzio « Grazie, amico mio. » Di tutto. Alla fine dei giochi, almeno tu, forse, non mi odierai. « Se lo troveremo davvero, questo modo, ti autorizzo a lanciarmi un te l'avevo detto potentissimo, semmai sarà. » Annuisce, mentre si allontana di qualche passo, dopo avergli dato una pacca sulla spalla, attento a non fargli male. « Se un giorno ci ritroveremo mai a combattere, sui fronti opposti..Ti mangerò per ultimo, promesso. » e con quel suo solito sorriso ambiguo, seguito da un occhiolino, lascia che le ombre lo avvolgano, per sparire del tutto, prima che sia troppo tardi. Prima di cambiare idea e non fare più la cosa giusta. Prima di vedersi strappare dalle braccia persino lui. « E adesso? » « Adesso combattiamo. »
     
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