We'll still have each other

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    Aveva sperato di tornare a casa, di fare la sua parte per poi tornare alla tranquillità del suo piccolo cottage, ma la situazione era implosa sotto i suoi occhi; facendo svanire quel barlume di pace per cui tutti stavano lottando strenuamente. Era tornata a Londra sotto copertura, un'infiltrata di cui nessuno avrebbe mai sospettato; il suo unico compito era quello di mappare la città e scovare i punti ciechi che avrebbero permesso ai ribelli di intrufolarsi inosservati. Nessuno sapeva di questo suo incarico, nessuno a parte Byron ed Eric; per tutti gli altri Betty aveva semplicemente cercato di ricongiungersi con la propria famiglia. Aveva fatto ritorno tra le mura della casa paterna, accolta dal gelo e dal biasimo dei suoi genitori, costretta ancora una volta a mostrarsi sottomessa e impotente. Di fronte a loro si mostrava pentita, rammaricata del proprio comportamento, ma nell'intimità della propria stanza ricostruiva con minuziosa attenzione le piantine della città da fornire ai ribelli. Pensava spesso ai mesi di reclusione dentro hogwarts e non poteva fare a meno di pensare a tutte le persone che si era lasciata alle spalle: Freddie, Albus, Mun e sua sorella Pervinca. Era semplicemente svanita nel nulla, fornendo solo una breve spiegazione a Mun, più volte era stata sul punto di contattarli, ma tutte le volte ci aveva ripensato frenandosi. Betty non stava lavorando solo per i ribelli, stava lavorando anche su sé stessa; voleva a tutti i costi lasciarsi alle spalle ciò che era successo. Mai avrebbe potuto dimenticare, l'unica cosa che poteva fare era accettare il suo passato per quello che era; impedendogli di sopraffarla. La situazione a Londra era peggiorata nel lampo di un'istante e Betty si era ritrovata faccia a faccia con quella stessa oscurità che aveva già affrontato e che aveva avuto la meglio su di lei. La città era diventata caotica, molti si erano rifugiati all'interno del quartiere francese, altri si erano raccolti all'interno di chiese, ma Betty aveva fatto di tutto per andarsene. I suoi genitori avevano fatto di tutto per farsi seguire, ma per la prima volta si erano dovuti scontrare con una nuova Betty; una ragazza cocciuta in grado di prendere da sé le proprie decisioni. Aveva
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    provato a cercare Eric nella libreria dove si incontravano una volta a settimana, aveva frugato tra gli scaffali alla ricerca di un messaggio per lei e quando non ne aveva trovati si era dovuta rassegnare all'idea che lui non era più a Londra ormai; molto probabilmente era già fuori prima che scoppiasse il fini mondo. Prima ancora che tutto andasse a rotoli i ribelli si erano spostati verso nord, fino ad Inverness, diventata ormai la nuova base operativa. Le era impossibile smaterializzarsi, per questo aveva fatto irruzione nelle scuderie dei thestral di suo padre; creature che vedeva per la prima volta in vita sua. Lungo la strada Betty faceva del suo meglio per rendersi utile, ma la gente sembrava ancor più diffidente e spesso respingeva con violenza le offerte ai aiuto. Un clima fatto di tensione, paura e angoscia, tutti predisposti a guardare con sospetto una mano tesa in segno di aiuto; un clima che il nuovo governo non aveva fatto altro che alimentare, gettando benzina sul fuoco senza pietà. Viaggiava senza sosta la tassorosso, troppo spaventata dall'idea di rimanere intrappolata, di affrontare nuovamente quell'oscurità che l'aveva piegata e quasi spezzata; sui polsi portava ancora i segni dei limiti oltre i quali era stata spinta, due piccole cicatrici sempre pronte a ricordarle di non smettere di lottare. Il confine era presidiato da coppie di ribelli, più si avvicinava ad Inverness e più la distanza fra queste squadre si accorciava. «Si fermi e si identifichi.» La voce forte e impassibile della guardia la spinse a fermarsi e quando scese dal thestral riuscì a sentire tutte le ossa del suo corpo chiedere pietà. «Elizabeth Branwell, ero a Londra per conto di Byron.» Betty non temeva di essere respinta, il suo non era un cognome sconosciuto, sua sorella era un membro attivo della ribellione e chiunque con capacità visive decenti avrebbe notato la somiglianza tra le due. La lasciarono passare senza troppe domande, facendosi carico delle ricerca di un posto dove sistemare l'animale. Betty dal canto suo si perse tra le piccole vie di Inverness, la città non era stata infettata dall'oscurità e dai miasmi, per la prima volta da giorni riuscì nuovamente a sentire il calore del sole sulla propria pelle. Alcune persone la guardavano di traverso e tra alcuni visi riconobbe quelli dei suoi compagni di scuola. Non poté fare a meno di chiedersi perchè la guardavano, perchè la osservavano così ostinatamente, quasi come fossero decisi a scavarle dentro. Dovette costringersi a respirare, ripetendo a sé stessa che molto probabilmente erano semplicemente sorpresi di vederla. Betty aveva bisogno di riposare, ma una figura attirò la sua attenzione, non la vedeva dalla liberazione e quasi stentava a riconoscerla. Amunet Carrow aveva perso tutto quell'involucro algido, per lasciare spazio ad una luminosità che raramente le aveva visto in volto. Era circondata da bambini e Betty non poté fare a meno di reprimere una piccola risatina; mai avrebbe pensato di vedere Mun nei panni di babysitter. Si chiese però allo stesso tempo quanto quei panni le fossero stretti, lei che era abituata ad agire costretta a rimanere nelle retrofile per prendersi cura di sé stessa e dei bambini che le correvano intorno. Si avvicinò lentamente e più si avvicinava più si meravigliava di scoprire come i suoi sentimenti fossero cambiati. Si era sempre chiesta cosa avrebbe provato nel rivederla; invidia, rabbia, tristezza? Ma l'unica cosa che sentiva chiaramente era una sorta di pace interiore, una conferma di come il tempo guarisse tutte le ferite. «Spero che tu ti faccia pagare profumatamente, fare la babysitter al giorno d'oggi può risultare fruttuoso.» La sua era una battuta per scogliere il ghiaccio, un modo per farle capire che il tempo passato aveva davvero sistemato le cose. Osservò i capelli neri, più lunghi rispetto all'ultima volta che l'aveva visto, ma ciò che catturò la sua attenzione fu il grazioso rigonfiamento del ventre. «Sono contenta di rivederti. Come stai Mun?» Era sinceramente interessata, da quando aveva lasciato Hogsmeade aveva chiuso i ponti con tutti, un po' per sé stessa e un po' perchè la sua missione era già fin troppo pericolosa di suo; non poteva rischiare che la scoprissero a scambiarsi convenevoli con persone affiliate ai ribelli. Osservò i bambini correre da una parte all'altra e riconobbe immediatamente Jay, era più grande rispetto alla foto che Albus le aveva mostrato, ma allo stesso tempo non aveva dubbi che fosse lui. Mostrava già lo stesso cipiglio del padre, chiaro segno di come Mun avesse avuto il suo bel da fare.
     
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    Slytherin pride

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    Era come se niente fosse accaduto. Lo scoppio imminente della Loggia Nera sembra esserle scivolato di dosso come niente fosse. Viveva nella sua dimensione, quella delle sue soffici nuvole blu, in cui tutto andava bene e nulla era cambiato. Evitava il discorso come la peste nera; nonostante attorno a lei tutto stesse inevitabilmente mutando, per Mun, né la Loggia Nera, né tutti i pericoli là fuori sembravano esistere. La negazione era l'unico processo mentale atto a proteggerla dal panico; a distrarla ci pensavano i mostriciattoli. Loro e le loro centinaia di domande, le loro necessità, il loro continuo scorrazzare da una parte e dell'altra con una voglia instancabile di respirare l'aria fresca di Inverness nei polmoni come se niente fosse successo. Non c'erano dubbi sul fatto che lo stato mentale di quei bambini e di Mun fosse pressoché simile. Man mano che la gravidanza avanzava, la sua mente assumeva sempre di più uno stato infantile, sempre più pronta ad accogliere e accudire il neonato che cresceva e si faceva spazio a gomitate nel suo grembo. Qualunque altra cosa, sembrava sfuggire al suo controllo, e anche alla sua voglia di scervellarsi. Seppur avesse parecchi sprazzi di lucidità che si dividevano equamente tra la frustrazione di sentirsi inutile, e la preoccupazione di non veder tornare a casa Albus, per lo più preferiva non pensarci, convinta che in ogni caso, rimuginarci troppo sopra l'avrebbe solo portata a mettere su il muso in maniera perpetua. « HEY! Dividete! » Asserisce infine osservando l'ennesimo scontro acceso tra Jay e Matthew, i quali è ormai chiaro non vanno d'accordo nemmeno a tagliargli la testa. Afferra dalle mani del biondino il pezzo di cioccolata che il piccolo Potter si è portato via tutto per sé, e lo divide a metà. « Ecco. Così va meglio. » Matt scappa via con il suo pezzo di cioccolata lasciandosi indietro un insoddisfatto Jay che la guarda in cagnesco. « TANTO MIO PAPA' VELLA' A MENTALTI! MIO PAPA' E' IL PIU' FORRRRRTE DI TUTTI! » Mun alza gli occhi al cielo mentre con affianco Jay si appresta a finire il solito giro atto scaricando ciascun bambino a casa propria dopo la metà giornata passata insieme. « Dobbiamo ritrattare sul gelato di stasera? » Gli chiede improvvisamente vedendosi il biondino incrociare le braccia al petto camminando al suo fianco per un po' con il musetto da mostriciattolo frustrato. Uno ad uno i bambini vengono affidati ai propri genitori in giro per la città oppure direttamente a casa. E, man mano che Mun si appresta a ignorare completamente il biondo, costringendosi a ignorare i suoi capricci, se lo vede arrivare sempre più vicino fino ad attaccarsi al suo braccio. E' sempre così; quando Jay fa i capricci, la cosa migliore è non dargli attenzione, finché non sarà lui il primo a fare un passo in avanti, rendendosi conto di aver fatto una cosa stupida. E quando anche Matty viene affidato alla madre, Jay alza gli occhi verso Mun. Gli occhi da cucciolo bastonato e una palese espressione da paraculo patentanto. Uguale al padre, dalla punta dei capelli alle unghie dei piedi. « Mun.. non dillo a papà che ho urlato. » Jay riconosce l'autorità del padre; la riconosce tanto quanto riconosce il suo continuo viziarlo ogni qual volta faccia il bravo. « Solo se prima chiedi scusa a Matthew. Puoi farlo? » Gli chiede quindi con voce gentile. « Fate la pace, ok? » Gli accarezza i capelli mentre lo osserva. E' titubante e diffidente. Dubita Jay di quei trattamenti improvvisamente gentili. E pensa. Pensa mentre le guanciotte gli diventano improvvisamente rosse. Alla fine corre via e si precipita verso Matt, già pronto ad andare via in compagnia della madre. Altri bambini scorrazzano nella piazza sotto lo sguardo di Mun che si accarezza premurosamente il pancione, passandosi una mano tra i capelli, in attesa che i genitori si facciano avanti in seguito al completamento del proprio turno ovunque nella città ci sia stato bisogno del loro ausilio. « Spero che tu ti faccia pagare profumatamente, fare la babysitter al giorno d'oggi può risultare fruttuoso. » Corruga la fronte per un istante, prima di voltarsi verso la voce. Gli occhi azzurri di Betty Branwell la obbligando a sgranare a sua volta i propri di un colore simile al ghiaccio, mentre colta da una leggera sorpresa sorride con una non indifferente incertezza. A che punto stiamo? Come stai? Cosa devo fare? Deglutisce fortemente mentre abbassa per un istante lo sguardo incrociando le braccia al petto.
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    « Ho un tetto sopra la testa. » Ed è più di quanto potessi aspettarmi, a questo punto delle cose. Si stringe nelle spalle inumidendosi le labbra prima di osservarla con più attenzione. Incredibile quanto le sue aspettative si fossero ridimensionate. Un tempo Mun avrebbe voluto il mare e le stelle. Ora desiderava solo che la sua famiglia stesse bene, che il bambino nascesse nelle migliori condizioni possibili e che la loro sicurezza non venisse minata da qualunque cosa ci fosse la fuori. « Poteva andare peggio di così. » Continua compiendo un passo nella direzione della bionda. « Sono contenta di rivederti. Come stai Mun? » Si schiarisce la voce prima di farle cenno verso una panchina non molto lontana da dove può osservare i bambini, Jay in primis al quale non sembra riuscire a staccare gli occhi di dosso. Si è abituata a quella routine, al suo ruolo, alla sua nuova vita. Non solo le sta bene, ma ne è contenta; contenta come non lo è mai stata.. se solo altri imprevisti non si fossero messi di mezzo. Si siede lisciandosi il vestito sulle gambe per poi tornare a guardare la bionda. « Sto come una persona che sa di essere sul punto di esplodere. » Ed era letteralmente esplosa Mun. In poche settimane quel rigonfiamento quasi inesistente aveva iniziato a espandersi donandole quel tipico aspetto da decisamente molto incinta. Seppur non rinunciasse ancora ai tacchi, e godesse ancora della sua naturale eleganza, era decisamente appesantita, più lenta, gli ormoni impazziti alle stelle e decisamente un livello di sopportazione della pressione sulla vescica decisamente ridotta. « Ehm.. si insomma. Sto bene. Da quando stiamo qui, va decisamente molto meglio. Lo sai.. Hogsmeade non era più sicura. » Purtroppo non per i motivi che pensavamo. « Con due traslochi alle spalle, un po' esaurita, ma tutto sommato.. sono nel posto in cui dovrei stare.. immagino. » Non lo sa nemmeno lei in realtà. Non sa cosa dire, non sa quanto può spingersi oltre con Betty. E' tutto strano, e lei si sente decisamente a disagio. « Il sole splende ancora sopra Inverness.. » ..non sono ancora certa per quanto ancora. « La mia sopraggiunta inutilità si fa sentire, ma ehi.. sta avvenendo il miracolo della vita qui. » Abbassa lo sguardo e sprofonda ancora una volta in una specie di silenzio, segno che, non è certa se quelle parole le avrebbe davvero dovute dire. « Tu.. tu come stai? » Pausa. « Ti va di raccontarmi dell'ultimo periodo? »



     
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    Betty non si stupì dell'espressione esterrefatta di Mun, il suo ritorno dopotutto era stato del tutto improvviso. Sembrava passato un tempo infinito, ma in realtà erano trascorsi solo pochi mesi; pochi mesi che avevano segnato drastici cambiamenti nelle loro vite. «Ho un tetto sopra la testa. Poteva andare peggio di così.» Betty poteva immaginarsi benissimo le malelingue a cui sia lei che Albus erano stati esposti, la cosa buffa era che Betty trovava vergognosa tutta quella gogna mediatica quando la fine del mondo stava bussando alla loro porta. Lei li aveva chiusi fuori dalla sua vita, ma il resto delle persone li avevano bersagliati come se ne avessero il diritto. «Sono sicura che vi hanno dato del filo da torcere, ma Albus non si piega facilmente alle convenzioni sociali e men che meno Amunet Carrow.» Si sedette al suo fianco godendosi quel senso di pace che aveva provato dal momento in cui aveva varcato le porte di Inverness. «Siamo tutti bravi a fingerci senza macchie, paladini delle ingiustizie, ma in realtà siamo molto più simili ad un branco di squali...appena sentiamo il sangue veniamo colti dalla frenesia e non possiamo fare a meno di attaccare.» Troppe persone si erano arrogate il diritto di parlar male di loro, di lanciare giudizi; come se la loro relazione fosse un affare di stato. Un gruppo di ipocriti e sputasentenze che sembrava aver dimenticato quanto Mun e Albus fossero stati importanti per la liberazione di tutti gli studenti. Betty non li aveva esclusi dalla propria vita, si era rifugiata nel suo piccolo cottage chiudendo fuori il mondo per lavorare su sé stessa e ritrovare quella forza che aveva perso tra le mura scolastiche. «Sto come una persona che sa di essere sul punto di esplodere. Ehm.. si insomma. Sto bene. Da quando stiamo qui, va decisamente molto meglio. Lo sai.. Hogsmeade non era più sicura.» Sorrise di fronte a quella realtà che ancora faticava ad inquadrare, non vedeva Mun da molto prima della sua partenza per Londra e vederla con il pancione arrotondato le fece capire quanto il tempo fosse volato e le loro vite cambiate. «Quanto manca alla data prevista?» Non sapeva quasi niente, ma a giudicare dal pancione non doveva mancare poi molto al lieto evento. «Purtroppo ricevevo notizie molto stringate da hogsmeade, io e Derek non potevamo rischiare di farci scoprire.» Mappare la città e
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    comunicare i punti deboli ai ribelli era pericoloso, motivo per cui riducevano le comunicazioni al minimo indispensabile, assicurandosi di rimanere invisibili agli occhi del nemico. «La mia sopraggiunta inutilità si fa sentire, ma ehi.. sta avvenendo il miracolo della vita qui.» La guardò storto di fronte a quella battuta, ma allo stesso tempo comprendeva il senso di impotenza di Mun, anche Betty si era sentita nella stessa maniera. «Non sei inutile, ti stai prendendo cura di qualcosa di prezioso...» e Betty non si riferiva solamente al bambino o alla bambina che portava in grembo. «Prendersi cura di quei bambini è forse la cosa più importante, si meritano un po' di normalità e spensieratezza.» Un ruolo a cui Mun probabilmente non era abituata, ma di cui si era fatta carico con responsabilità. Un ruolo che probabilmente non le calzava a pennello, ma a cui si era donata con tutta sé stessa; costringendo le persone a ricredersi su chi Mun fosse veramente. «Tu.. tu come stai? Ti va di raccontarmi dell'ultimo periodo?» Betty rimuginò a lungo su quella domanda, era stata così impegnata che raramente aveva avuto tempo per chiedersi come stesse, ma ora che aveva finalmente un po' di tempo per pensare era quasi certa della risposta. «Sto bene Mun, so che sembra strano dirlo di questi tempi, ma fine del mondo a parte sto veramente bene...» Una sensazione che non provava da fin troppo tempo, da ben prima che riallacciasse i rapporti con Albus. Si era accorta di aver messo in stand by la propria vita, di aver aspettato per mesi che Albus tornasse sui suoi passi, sacrificando solamente la sua felicità. «Sai benissimo quanto facile sia amarlo, ma ti posso dire che dimenticarlo non è altrettanto facile...con il tempo però ho capito che mi ero solamente aggrappata a quell'amore adolescenziale che mi aveva strappata dal controllo dei miei genitori.» Albus era stato il primo a mostrarle che era in grado di cavarsela da sola, che poteva liberarsi da quel controllo morboso a cui era sottoposta. «Quindi sto bene...» e sono pronta a fare un passo verso entrambi per riallacciare i rapporti con entrambi, senza alcun rancore. «Sono tornata a casa e ho lavorato con Derek per Byron...abbiamo cercato di mappare Londra per trovare punti deboli che avrebbero permesso ai ribelli di infiltrarsi in città. La città è implosa all'improvviso e tutto ha avuto origine da casa tua Mun, il punto focale di tutto ciò è il Maniero dei Carrow.» Posò una mano su quella della ragazza per poi rassicurarla. «Ho chiesto in giro, ma a quanto pare la casa era vuota quando è successo tutto ciò.» Ci teneva a farle capire che i suoi fratelli stavano bene, che non era incappati in quella sorta di esplosione che aveva quasi raso al suolo l'imponente maniero. «E in tutto ciò ho anche scoperto di non essere figlia di mio padre...ho sentito lui e mia madre discutere una sera, ma a dirla tutto sono quasi sollevata da tutto ciò...» Le scappò una piccola risata sincera perchè Betty non era rimasta sconvolta dalla cosa, tutt'al più aveva finalmente capito perchè si era sempre sentita fuori posto di fronte allo stoicismo che regnava in quella casa.
     
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