No sugar please

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  1. serendipity‚
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    « Cosa ti porto? »
    La mora solleva lo sguardo dal proprio quaderno, per incontrare quello del cameriere, accompagnato da un taccuino e da una penna prendiappunti che gli fluttua accanto. Lei non esita un istante, prima di rispondere. « Una tazza di tè caldo, con poco latte e due cucchiaini e mezzo di miele. Niente zucchero per favore. E un cornetto integrale ai cereali, vuoto. Grazie mille. » Mentre parla, la penna si sposta da una parte all'altra del taccuino, e quando conclude il cameriere la ringrazia a sua volta e si allontana verso il bancone, per preparare il suo ordine.
    Le è sempre piaciuta molto l'ambiente del Paiolo Magico, fin da quando era bambina e si recava lì con i genitori o le sorelle dopo le compere scolastiche: le piace l'odore del legno, l'atmosfera accogliente e familiare, e il cibo sempre buonissimo. Più di tutto, poi, le piace che non sia un posto particolarmente frequentato o "alla moda", ed è il luogo perfetto per fare colazione in pace, senza impedimento alcuno. Veniva spesso qui, quando lavorava a Diagon Alley, prima di essere assunta a Hogwarts da Kingsley, e, sebbene non abbia mai dato grande confidenza a nessun membro del personale, più o meno tutti la conoscono, così come conoscono a memoria il suo ordine quotidiano.
    Si concentra sul proprio quaderno, e su quelle formule che sta scrivendo dalla sera precedente ormai. Sta cercando di farsi assumere come Pozionista al Ministero della Magia, ma per farlo deve presentarsi al colloquio più che ferrata nella sua materia, e con una serie di preparati di sua creazione già pronti nelle ampolle. Insomma, niente a che vedere con un colloquio per insegnare un paio di nozioni base ai ragazzini di Hogwarts. Per questo motivo, visto che il colloquio si avvicina, Clodie non ha sollevato il naso dal proprio quaderno, e dai suoi fedeli manuali di pozioni, ormai da giorni. Margo ha tentato in tutti i modi di farla distrarre, di portarla fuori a fare shopping o inventarsi qualcos'altro che potesse farla allontanare da quelle carte, ma nulla ha sortito il proprio effetto. Al contrario, la giovane Castillo ha cominciato a sviluppare una sorta di insofferenza nei confronti del continuo insistere della sorella maggiore, tanto da cominciare a cercare scuse per uscire fuori di casa e trovare un posto il più lontano possibile dal suo raggio d'azione. Il Paiolo Magico, da questo punto di vista, era più che perfetto: è chiaro che una come Margo difficilmente avrebbe frequentato un posto del genere, poco alla moda e soprattutto poco frequentato da ragazzi della sua età da poter abbordare. Un rifugio sicuro, insomma.
    Sta sistemando i propri appunti, tutti ben ordinati sul tavolo di fronte a sé, e le tre penne che usa per scrivere, tutte di colori diversi, ben allineate l'una accanto all'altra, quando il suo sguardo viene catturato da un movimento, a qualche tavolo di distanza dal suo. Il cameriere, che stava dirigendosi verso di lei con un vassoio tra le mani, presumibilmente contenente l'ordine fatto da lei poco prima, si ritrova a sbattere con la figura di un ragazzo alto, fortunatamente senza rovesciare nulla dal vassoio. « Accidenti, scusami tanto! » sente il cameriere dire, ed il suo tono visibilmente - esageratamente - mortificato la incuriosisce. Quando scruta meglio i due, si accorge di riconoscere la figura di spalle, e comprende allora meglio la situazione.
    Si alza in piedi e colma quella poca distanza che li separa, per poi prendere un braccio del biondo, con delicatezza. « Va tutto bene. Lo accompagno io al tavolo, tranquillo »
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    dice al cameriere, per poi rivolgersi al ragazzo accanto a lei. « Dash, sono Clodie. Vieni a sederti al tavolo con me? » domanda, con una certa naturalezza, mentre comincia a guidarlo tra i vari tavoli, fino alla sedia che sta esattamente di fronte alla sua. Lo aiuta a trovarla e lascia che si sieda da solo, per poi accomodarsi di fronte a lui, mentre il cameriere le sistema davanti il cornetto ed il tè. Lo guarda, un po' imbarazzata, ma anche in qualche modo grata che lui non possa notare il disagio nella sua espressione. Non sa esattamente cosa dire, più che altro perché non si vedono da mesi, ed è certa che lui sia stato ricercato per qualche tempo. Con le nuove emergenze in corso, a seguito dell'apertura di Hogwarts, nessuno dà più la caccia agli Indesiderabili, eppure è davvero strano vederlo lì, alla luce del giorno, e non sulla superficie di qualche manifesto in giro per i distretti dell'oro. Si schiarisce la gola, dopo aver preso un piccolo sorso di tè. « Ora che non sei più un criminale, a quanto pare, mi fa piacere vederti. » Gli sorride, un po' nervosamente, pur consapevole che lui non è in grado di cogliere quell'espressione ad accompagnare le sue parole. Ne è passato eccome di tempo, dalla sera di quella festa ad Hogsmeade, e francamente pensava che non l'avrebbe più rivisto. Fiduciosa com'è sempre stata nelle istituzioni del governo, era convinta che la volta successiva in cui avrebbe sentito parlare di lui, sarebbe stata quella in cui l'avrebbero catturato e portato ad Azkaban o in qualche altra prigione simile. « Anche se è un peccato che abbiano deciso di chiudere tutte le ricerche, lì al Ministero. Quei duemila galeoni mi avrebbero fatto comodo, sai. » Scherza, per poi mordersi il labbro inferiore, un po' nervosamente. Prende un altro sorso del proprio tè, mentre lo scruta in volto, assorta dai propri pensieri. Solo dopo qualche istante pare risvegliarsi da quel torpore momentaneo. « Come stai? Che cosa.... Mhm, che cosa hai fatto in questi mesi? »
     
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    Sta cercando di rimettere in sesto la propria vita. E' partito dalla casa di Mrs. Poppins, per poi aiutare suo fratello Ric a riprendersi dall'inferno che l'aveva ingoiato, risputandolo poi fuori. E ora si ritrova a passeggiare per le vie di Diagon Alley per cercare di capire verso quale rotta condurre la propria vita. Ha bisogno di un lavoro, Dash Meachum infatti non è mai stata una persona disposta a starsene con le mani in mano, sperando che la manna gli cada, prima o poi, dal cielo. Però, per quanto ne abbia bisogno, sa perfettamente che al momento non c'è molto da fare in giro per uno come lui. E non è che abbia bisogno di soldi, no, per quelli non ha mai avuto grossi problemi, ma è più una questione pratica: deve fare qualcosa, deve rendersi utile in qualche modo, mettendo da parte ogni propria aspirazione giornalistica, per buttarsi in qualcosa di manuale, ormai abituato, da quell'ultimo periodo tra i cosiddetti ribelli, a fare qualsiasi cosa per dare una mano alla società. Così ha passato gran parte della mattina dentro il Serraglio Stregato, aiutando l'anziana proprietaria, Miss - "e non signora, perché non ho ancora trovato il brav'uomo che riuscirà a farmi mettere davvero in discussione la mia libertà di donna indipendente" - Portman a ripulire il negozio da cima a fondo. « Direi che è ora di riposarsi un po' » accenna la donna, sbuffando e cercando di riprendere fiato dopo aver spostato mobili e cassettoni per una buona mezz'ora. « Dash, mio caro, prenditi una pausa di qualche ora, lo so che questo lavoro non aiuta la tua creatività, magari trovi ispirazione in giro. » Sorride alla donna, risistemandosi meglio gli occhiali sul naso, per poi allungare la mano a prendere il proprio bastone. « Sei davvero un angelo, lo sai? Ma non credo che scriverei niente di buono. Non scrivo da mesi. E anche, nella remota possibilità che ci riuscissi, credi davvero che ci sia qualcuno, attualmente, che si fermerebbe a leggere un giornale? » Si ritrova a dire, sospirando. « Se fosse scritto da te, io lo farei. Darei soldi persino alla Gazzetta, per farlo. » Lo rimbecca la donna, dandogli una sculacciata con il manico della scopa, facendolo ridere più del dovuto. « Miss Portman, non pensavo ti piacessero certe cose » la canzone, cercando di uscire dal campo d'azione della scopa. « Se non te ne vai immediatamente e torni prima di come minimo due ore, sentirai come sarà piacevole in mezzo alla fronte. » Con una risata genuina e un cenno della mano, la saluta, per poi immergersi nelle vie di Diagon Alley. Gli piacerebbe davvero scrivere altro oltre le lettere quotidiane che invia a Lizzie, a cui non ottiene però mai riposta, probabilmente perché non ne sta ricevendo nemmeno una. Gli piacerebbe davvero, se non fosse che effettivamente non saprebbe cosa scrivere. E' da mesi ormai che non ha più un soggetto. Prima aveva lo scovare la verità, facendo venire a galla il marcio che la società cercava di insabbiare, a tutti i costi, ma ora? Non può scrivere di cose che non sa. Non può scrivere di quell'inferno che si è riversato sulla Terra, né tanto meno di come siano ormai i rapporti tra Ministero e Ribelli. Non vivendoci più esattamente dentro, sembra essere estraniato dal mondo intero. Si gratta il capo, decidendo di andare al Paiolo Magico per qualcosa di veloce da mangiare, per poi incamminarvisi dentro, fin quando quello che deve essere il barista si scontra contro di lui. « Accidenti, scusami tanto! » Come al solito, quando succedono scene del genere, c'è un sorriso denigratorio a flettere i lati delle sue labbra. « Oh, tranquillo, sono solo cieco, non è questo grande affare! » Alza una mano, come a tranquillizzarlo, quando percepisce un buon odore farsi sempre più vicino e una mano avvolgersi intorno al suo braccio. Riesce quasi a riconoscerla, soltanto dal calore che i suoi pensieri hanno sempre sprigionato. « Dash, sono Clodie. Vieni a sederti al tavolo con me? » Oh lo so chi sei. Inclina la testa di lato,
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    con un sorriso a piegargli le labbra. « Oh, la piccola Castillo. Sicura di volere al tuo tavolo un personaggio tanto scomodo? » La punzecchia, conoscendo alla perfezione lo schieramento politico suo e di quello della sua famiglia. Ma la segue comunque, fino a trovare posto di fronte a lei. « Ora che non sei più un criminale, a quanto pare, mi fa piacere vederti. » Le labbra si piegano nuovamente in un sorriso dalle sfumature sarcastiche, per poi poggiare le mani sopra il tavolo, dopo aver riposto il bastone a terra. « Sono felice che, ora che il Ministero ha smesso di darmi la caccia e quindi sono in regola agli occhi della società, tu possa dirti contenta di vedermi. E' un sollievo sapere quanto sia forte la nostra amicizia. » Si concentra qualche istante per calarsi nella testa del barista, quel tanto che gli basta per capire dove si trovi nello spazio. Alza allora la mano, sperando che sia abbastanza sveglio da captare il suo richiamo. « Anche se è un peccato che abbiano deciso di chiudere tutte le ricerche, lì al Ministero. Quei duemila galeoni mi avrebbero fatto comodo, sai. » Accenna una risata, prima di sentire finalmente l'avvicinarsi del ragazzo. « Un caffè nero, senza zucchero, e un muffin all'uvetta. » Ordina, senza impegnarsi nell'inutile impresa di fingersi una persona normale cercando di guardarlo e torna a sorridere a Clodie. « Siete caduti così in disgrazia da quando Isabella è tornata in Messico? Tua sorella non me n'ha fatto parola. Ti serve un aiuto economico, Clods? Sarebbero anche soldi puliti, ora che il mio nome è stato riabilitato. » La pungola, per divertirsi un po', seppur sia effettivamente felice di rincontrarla, dopo tempo, a tu per tu. Un'amicizia strana la loro, ma pur sempre la più stretta e solida che Dash abbia mai avuto con una donna. Di certo, al di là delle loro evidenti divergenze, Clodie è la sua più cara amica. « Come stai? Che cosa.... Mhm, che cosa hai fatto in questi mesi? » Volteggia l'indice a mezz'aria, come compiaciuto da quella domanda. « Oh, ecco, questa sì che è un'ottima domanda, miss Castillo. Davvero una bellissima e azzeccata domanda. » Nel frattempo, il cameriere arriva con il suo vassoio e lascia sul tavolo tazza e piattino. Così Dash la intima ad aspettare, sempre con il sopracitato indice, mentre con l'altra mano si porta il caffè alle labbra. Ne beve due sorsi, prima di sospirare di piacere. « Sempre uno dei migliori di Diagon Alley. » Commenta, per poi cominciare il suo racconto. « Allora, da dove cominciamo? Ma dall'inizio, ovviamente. Sono stato in villeggiatura, sai, Hogsmeade è davvero carina sotto le feste natalizie. Non c'era molto da fare e niente era retribuito, perché appunto, ero in vacanza, perciò ho dato una mano da Mielandia. Ho riscoperto una non indifferente passione per i dolci e le schifezze che ti cariano i denti solo a guardarle. » Sorride, per poi portarsi alle labbra il muffin. Lo addenta, prendendone un morso, per poi rimanere in silenzio per qualche istante. « Ho scritto poco e nulla, immagino che l'ispirazione non arriva in soccorso di chi è in fuga ingiustamente, dico bene? » Si domanda quanto sia d'accordo Clodie con i decreti ministeriali, quando c'era lui al centro del loro bersaglio. « Fondamentalmente questo, a parte che ho fatto il babysitter di due bambini piccoli più volte di quante avrei mai immaginato di poter anche soltanto fare. E' stata..una delle parti migliori, inaspettatamente. » Si ritrova a sorridere, d'affetto, nel pensare nuovamente a Lizzie e Jay. Cavolo, quanto mi mancano. Deglutisce, mangiando un nuovo boccone di muffin. « Fondamentalmente questo, niente di speciale immagino. » Si stringe nelle spalle, con disinvoltura. « Te? Hai fatto qualcosa di interessante? Com'è stato il rientro in società? » Si interessa dell'amica, cercando di essere meno puntiglioso e piccante possibile. « Hai pensato qualche volta al tuo amichetto criminale? Ti prego, dimmi di sì, potrei mettermi a piangere, in caso contrario. »


    Edited by [dark phoenix] - 14/9/2018, 13:54
     
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    « Oh, la piccola Castillo. Sicura di volere al tuo tavolo un personaggio tanto scomodo? » Lo guarda, vagamente confusa, e aggrotta le sopracciglia mentre lo accompagna al tavolo. Non che non colga il suo riferimento: conosce benissimo le posizioni politiche di Dash, e ancor di più quelle della sua famiglia, la quale negli ultimi tempi ha fatto di tutto per renderle ancora più chiare. E di tutto ciò gliene importa davvero poco. Al di là delle battute di spirito che si possono fare dietro ad una tazza di tè e ad un croissant, Clodie non si è mai fatta troppe remore nei riguardi della questione politica. Se avesse incontrato Dash o chiunque altro della sua fazione, anche mesi prima, non si sarebbe fatta troppi problemi a farci una chiacchierata all'aperto. Il fatto era che, semplicemente, nessuno si faceva vedere in giro, visti i controlli rigorosi e le taglie sulla testa di determinate persone. « Sono felice che, ora che il Ministero ha smesso di darmi la caccia e quindi sono in regola agli occhi della società, tu possa dirti contenta di vedermi. E' un sollievo sapere quanto sia forte la nostra amicizia. »
    Si stringe nelle spalle, accennando un sorriso, attenta poi a trasformarlo in una risata sonora, così da coinvolgerlo. « Solida come il cemento, questo è chiaro » commenta, un po' distratta, mentre appoggia un gomito sul tavolo e lascia sostare il mento sul pugno chiuso. Lo osserva fare il proprio ordine, mentre guarda nel vuoto di fronte a sé, e resta per qualche istante in silenzio. Non sembra essere poi tanto diverso dal solito. I capelli sono forse un po' più lunghi di come li ricordava, l'aria forse un po' più stanca, tuttavia può notare ancora sulle sue labbra quel sorrisetto irriverente che è tipico di lui. E al quale ogni tanto, un po' inaspettatamente, si ritrovava a pensare, nei momenti più improbabili, e senza nemmeno sapere il perché. Sorseggia con calma il proprio tè, mentre l'ordinazione di Dash arriva davanti a lui, e lo lascia sorseggiare il proprio caffè con il suo solito fare teatrale, nell'attesa di una risposta alla sua curiosità. Anche questo se l'è domandato più volte: che cosa fa Dash Meachum, in mezzo a tutta quella gente con la quale, a occhio e croce, sembra avere da spartirsi poco e niente? Clodie non ha mai avuto la presunzione di giudicare le scelte di nessuno, tanto meno quelle di una persona che stima tanto come Dash, eppure in questi mesi le è risultato parecchio difficile figurarselo in mezzo al gruppo dei Ribelli. Per carità, la sua vena giornalistica spesso lo portava a risultare critico nei confronti di tutto ciò che lo circondasse, eppure ce l'ha sempre visto poco a combattere dietro ad una barricata, così come gli sembrava assurdo vedere il suo volto muoversi con aria minacciosa in quei manifesti appesi in giro per le mura dei distretti di Londra.
    « Allora, da dove cominciamo? Ma dall'inizio, ovviamente. Sono stato in villeggiatura, sai, Hogsmeade è davvero carina sotto le feste natalizie. Non c'era molto da fare e niente era retribuito, perché appunto, ero in vacanza, perciò ho dato una mano da Mielandia. Ho riscoperto una non indifferente passione per i dolci e le schifezze che ti cariano i denti solo a guardarle. » Ascolta con una certa attenzione, mentre incrocia le braccia al petto e si appoggia al tavolo, per avvicinarsi di più ed ascoltare meglio. Più il biondo entra nel dettaglio con il suo racconto, e meno Clodie riesce ad inserirlo, nella propria mente, in un contesto simile. Dash Meachum che vende dolciumi a Hogsmeade. Questa sì che sarebbe da vedere. Una parte di lei non può non provare compassione nei suoi confronti, e per l'ingiustizia subita. Certo, Clodie ha sempre un po' di remore nel definirla un'"ingiustizia" vera e propria, non solo perché viene dall'alto, ma perché le figure che guidavano e guidano tutt'ora il mondo magico inglese le sono apparse sin da subito come affidabili, giuste e preparate; per cui, anche quando il caos dei manifesti ha avuto inizio, accompagnato da tutta la serie di critiche del caso, lei ha preferito attendere prima di giudicare la cosa come sbagliata. Capisce perfettamente che probabilmente uno come Dash, così come altri, ci è finito in mezzo più per una casualità che per una vera ed effettiva responsabilità personale, ma ciò non significa che questo metodo non sia stato efficace, in qualche modo. « Ho scritto poco e nulla, immagino che l'ispirazione non arriva in soccorso di chi è in fuga ingiustamente, dico bene? »
    Annuisce, con aria comprensiva. « Beh, allora se proprio è andata così, puoi sempre decidere di appendere carta e penna al chiodo e darti alla vendita di dolciumi. Certo, eri bravo a scrivere
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    eh... Ma immagino la vita sia comunque fatta di cambiamenti. »
    Si stringe nelle spalle, mentre sorride tra sé e sé di fronte a quella battuta ironica che in realtà fa ridere solo lei. Ha uno strano senso dell'umorismo, la giovane Castillo.
    « Fondamentalmente questo, a parte che ho fatto il babysitter di due bambini piccoli più volte di quante avrei mai immaginato di poter anche soltanto fare. E' stata..una delle parti migliori, inaspettatamente. » Aggrotta la fronte, incuriosita. Nel breve tempo che ha trascorso ad Hogsmeade, ha avuto modo di vedere quanti fossero i piccoli a popolare le vie del paesino occupato dal gruppo dei Ribelli, e ne è rimasta decisamente sorpresa: c'erano famiglie, lì in mezzo, fatte di genitori, figli nipoti - non si trattava soltanto di lupi solitari che, non avendo nulla da perdere, si univano ad una causa disperata. C'erano persone che ci credevano davvero, tanto da mettere in pericolo i propri cari, oltre che se stessi.
    E nonostante ciò, fatica comunque a figurarselo, Dash, circondato da bambini urlanti e noiosi. Si stringe nelle spalle. « Accidenti. Io al tuo posto sarei impazzita. » Non è un segreto che la più giovane delle Castillo detesti chiunque sia sotto i dieci anni, o che in generale non sia autonomo in qualche modo.
    « Te? Hai fatto qualcosa di interessante? Com'è stato il rientro in società? Hai pensato qualche volta al tuo amichetto criminale? Ti prego, dimmi di sì, potrei mettermi a piangere, in caso contrario. » Ride sommessamente, guardandolo con una certa ammirazione, mentre finisce di sorseggiare il proprio tè caldo. Gli è mancato, senza dubbio. Non si direbbe, certo, perché Clodie è fatta così, i suoi affetti non li rende mai davvero palesi, perché preferisce in ogni caso voler bene e amare in silenzio, senza dare troppo nell'occhio o risultare orridamente eccessiva, ma dentro di sé li sente, quegli stessi sentimenti che provano tutti, anche se fortemente attenuati dal suo continuo e quasi ossessivo voler ragionare per rendere razionale qualsiasi cosa.
    Sorride tra sé e sé, istintivamente, alle parole di Dash, e questa, ecco, è una di quelle cose che non sa spiegarsi bene. « Sì, beh, sicuramente mi sono chiesta in che genere di guaio ti stessi cacciando, di tanto in tanto. » Si stringe nelle spalle, accennando ad una risata leggera. « Io comunque sto bene. Il rientro in società, come dici tu, è stato un po' traumatico, devo ammetterlo, ma niente di insostenibile. Più traumatica è la convivenza forzata con mia sorella Margo, ora che Izzie se ne è andata. » Mentre parla è chiaro il suo tono ironico, sebbene Dash non possa vederla scuotere la testa con aria sconsolata. Per quanto possano provarci continuamente, Clodie è convinta che lei e Margo non troveranno mai un punto di incontro. « Se devo continuare a sentirmi dire che sono una vecchia nonnina bigotta non so fino a quando reggerò ancora. » E stavolta sospira, abbassando lo sguardo. Le ci vuole un secondo, per rendersi conto effettivamente di quello che ha appena detto. « Oddio, scusa, lo so, non sono affari tuoi. È che sono giorni che non parlo con nessuno al di fuori di lei e, insomma, lo sai quanto può essere... » Margo. Semplicemente Margo. Non ci sono altre parole per descriverla. « In ogni caso, tutto il resto procede. Voglio provare delle interviste al Ministero, e in generale provare a cercare un lavoro. Niente di particolare, insomma. E tu adesso che farai? Pensi di riuscire a tornare alla scrittura o farai altro? »
     
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    « Beh, allora se proprio è andata così, puoi sempre decidere di appendere carta e penna al chiodo e darti alla vendita di dolciumi. Certo, eri bravo a scrivere eh... Ma immagino la vita sia comunque fatta di cambiamenti. » Clodie Castillo che parla con così tanta tranquillità di cambiamenti e mutazioni con cui la vita ti costringe a rapportarti. Inclina la testa, per lasciar intravedere la sorpresa che prova nel sentirla così calma e in pace con il mondo. Al di là di ciò che possa pensare lui, riguardo il proprio lavoro e il casino nel quale ha vissuto negli ultimi mesi, da i primi di Novembre a questa parte, lei gli è sempre sembrata piuttosto ferma nel dover avere tutto sotto controllo, talmente tanto ferrea, da sembrare spesso un automa, nel senso più positivo del termine. « Quindi mi vuoi far credere che è tutto okay? Il caos che ti ha vorticato intorno e che continua a farlo non ti tange? In alcuna maniera possibile? » Un sopracciglio si inarca, involontariamente, guizzando fuori dalla montatura tartarugata dei suoi occhiali. « Ora riesci a prendere bene i cambiamenti? Chi sei tu e che cosa ne hai fatto di Clodie Castillo? » Aggrotta la fronte, mentre un sorriso sincero si increspa sulle sue labbra. E' sinceramente sorpreso e piacevolmente compiaciuto, allo stesso tempo, di trovarla leggermente più sciolta, seppur vi sia in ballo quanto di più spaventoso si siano mai ritrovati entrambi ad affrontare. L'idea dell'Apocalisse, della fine del mondo per come l'hanno conosciuto, gli fa drizzare i peli soltanto a pensarla, invece lei è lì, che mangia, che scribacchia e che fa scorrere la sua vita allo stesso modo di sempre, come se nulla fosse successo, come se fuori non ci fossero buchi neri comparsi qua e là, come la peste bubbonica. Ma forse, è soltanto impressione, forse Clodie ha imparato a camuffare le proprie emozioni, ancora meglio di quanto facesse prima. « Sappi però che non riesco in nessun modo a figurarmi come venditori di dolciumi a vita. Sono stati i miei compagni nel periodo in cui avevo bisogno di loro, ma ho solo un'unica fedele alleata, nella vita. » Ed è la macchina da scrivere, al di là della mia ispirazione e delle mie crisi esistenziali, lei sarà sempre lei. « Accidenti. Io al tuo posto sarei impazzita. » Sciabola le sopracciglia verso l'alto, con fare divertito, mentre si riporta la tazza alle labbra. Aspetta di mandare giù l'ennesimo sorso di caffè scuro come la pece, per poi tornare a parlare. « Non è stato facile, devo ammetterlo, specie perché la bambina ha già sette anni, mentre il piccolo non ha più di tre anni, se non sbaglio. E a volte, molto spesso, gli interessi di uno non coincidono con quelli dell'altra e puoi immaginare la guerra che ne nasce ogni volta. » Racconta come se gli fosse ancora possibile vederli, lì, come se non fosse cambiato nulla. Fa un po' il gioco di Clodie, si ritrova a pensare. « E' questione di abitudini e cambiamenti, immagino. Ma ci sono lati positivi, è solo più difficile scorgerli, per gente come noi. » Sì, ce n'erano davvero. Si concede l'ennesimo sorriso.
    « Sì, beh, sicuramente mi sono chiesta in che genere di guaio ti stessi cacciando, di tanto in tanto. » Annuisce, con una smorfia d'approvazione e la mano che circola a mezz'aria. « Non male come inizio, continua pure. » La incita a fare un po' meglio, perché insomma, è un buono start quello, ma il suo ego ha bisogno di essere leggermente riempito meglio, giusto un pochino, pur sapendo alla perfezione quanto Clodie si sia già concessa nel pronunciare quelle parole. E' una specie di "Mi sono preoccupata per te e sì, mi sei mancato, tanto da averti pensato, di tanto in tanto." O perlomeno è così che decide di prendere quell'affermazione Dash, una volta che, come si aspettava, lei abbandona velocemente il discorso "sentimenti" per navigare in acque decisamente meno compromettenti. « Io comunque sto bene. Il rientro in società, come dici tu, è stato un po' traumatico, devo ammetterlo, ma niente di insostenibile. Più traumatica è la convivenza forzata con mia sorella Margo, ora che Izzie se ne è andata. Se devo continuare a sentirmi dire che sono una vecchia nonnina bigotta non so fino a quando reggerò ancora. » Qui, di nuovo, si fa sorpreso e pensieroso. Dai discorsi di Margo, di certo non aveva capito quanto fosse tesa e strana la situazioen che regna nel nuovo assetto di casa Castillo. Si ritrova così a prendere tempo, mangiucchiando ancora un po' di muffin, per poi sorriderle. « Beh, suppongo sia normale, non avete più chi vi fa da ponte di connessione, chi ti traduce il Marghese e chi traduce a lei il Clodiese. Avete problemi di lingua, ognuna di voi ha un modo di fare differente, un approccio alla vita completamente diverso, a partire dal modo di parlare, per finire all'abbigliamento. E' comprensibile. » Si stringe nelle spalle, ricordando quanto fosse difficile per lui coesistere con i propri fratelli, nei suoi primi anni da orfano. Lì, nonostante tutto, c'è sempre stata Mrs. Poppins a fare da pacere, ma in casa Castillo, dopo la morte di Gloria, non era rimasta altra che Isabella. E senza di lei, i due mondi delle rimanenti sorelle sembrano essere andati inevitabilmente a scontrarsi. « Senza ombra di dubbio, sei la più ragionevole tra le due, potresti provare a fare uno sforzo. » Butta lì, portandosi le mani al mento. « Altrimenti sei abbastanza adulta da poter andare a vivere da sola, no? Magari è il momento buono, è il mondo che ti dice che devi dispiegare le ali e prendere il volo in solitaria. Ce la potresti fare. » Anche se non ti farebbe proprio tanto bene. Perché al di là di quello che vuole raccontarsi la mora, lei è essenzialmente l'opposto di un animale sociale. Preferisce la solitudine, non si sa rapportare proprio bene con le persone che non conosce - tanto da farle rimanere sconosciute, la maggior parte delle volte - e lo stare a contatto con Margo deve essere quell'ultimo spiraglio di socialità che la tiene collegata al mondo. Se chiudesse anche quello, cosa le rimarrebbe? Dash, in fondo, ha sempre pensato che entrambe le sorelle, se solo si fossero
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    messe abbastanza d'impegno, sarebbero riuscite a far fruttare ognuna il meglio dell'altra. « Oddio, scusa, lo so, non sono affari tuoi. È che sono giorni che non parlo con nessuno al di fuori di lei e, insomma, lo sai quanto può essere... » Annuisce, con fare sardonico. Oh sì, lo so bene. In fondo mi ha solo minacciato qualche sera fa pensa, senza però dire nulla ad alta voce, con la lingua che nuovamente riassapora il sapore forte del caffè senza zucchero. « In ogni caso, tutto il resto procede. Voglio provare delle interviste al Ministero, e in generale provare a cercare un lavoro. Niente di particolare, insomma. E tu adesso che farai? Pensi di riuscire a tornare alla scrittura o farai altro? » Ci pensa su, qualche istante, prima di risponderle. « Sempre come Pozionista o anche qui hai deciso di riservarmi delle sorprese? Che ne so, magari ora vuoi diventarmi un Auror così, su due piedi. Ah no, li hanno tolti quelli. Vabbè, insomma, hai capito. » Ridacchia, costatando di aver finito sia il caffè che il muffin. Posa le mani, una sopra l'altra, sul tavolo, seguendo l'ombra di lei da dietro gli spessi occhiali. « Ho intenzione di riprendermi il posto che mi spetta nel mondo. Ho intenzione di riprendermi quello che è mio. » E' sicuro, deciso, mentre annuisce con fare conciliante. Ci ha pensato molto, in quelle settimane, e per quanto si stia accontentando di rimettersi in sesto, un po' alla volta, non è lavorando al Serraglio Stregato, o nel dare una mano come meglio può, che troverà davvero la sua strada. Perché lui la vocazione l'ha già trovata, da tempo. Ha capito di voler essere un giornalista nell'esatto momento in cui ha perso la vista. Nel perdere i propri occhi, si è ripromesso di voler vedere la realtà da un'altra angolazione, raccontandone le verità nell'unico modo con il quale anche lui avrebbe potuto veramente vederla: attraverso l'inchiostro di una penna. « Se non me lo ridaranno, lo creerò da zero, ancora una volta. Non mi spaventa la cosa, sono destinato a questo e non potrei davvero fare altro che questo. » Annuisce, infilando la mano nella giacca, per farne uscire il portamonete. Raccoglie quelle che le sembrano essere le giuste monete per pagare sia il proprio spuntino che quello di Clodie. Le lascia cadere sul tavolo, per poi spostare delicatamente la sedia all'indietro, recuperando il proprio bastone. « Andiamo? Avrai tempo per fare..- distende il palmo della mano verso il tavolo, ad indicare il quaderno che ha sotto gli occhi - quello che ha visto, grazie alla sua vista - - quello che sono certo essere qualcosa di assolutamente entusiasmante, ma che farai nel pomeriggio, o stasera, o magari, se Dio vuole, domani. » Sorride, per poi alzare le sopracciglia verso l'alto. « Non hai voglia di prendere un po' d'aria? » Le chiede, con un sorriso allusivo. « Dai che al chiuso ci staremo per l'eternità, se questa Apocalisse davvero ci ammazzerà tutti. » Sempre molto positivo, Meachum, sempre. « Ti lascio anche decidere dove andare, poi non dire che non sono magnanimo. »
     
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