blood must have blood

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    « E' pronto a tavola! » La voce di Chelesea, dalla cucina, richiama la sua attenzione. Arthur sbadiglia, sgusciando via dal divano sul quale si è posizionato ormai da ore, con il telecomando tra le mani e la tv al plasma accesa su un interessantissimo programma di televendite. Si passa una mano fra i capelli informi -al suo solito- e si dirige verso la cucina, pronto a prepararsi una delle sue solite scuse per saltarsi il pranzo, o fare finta di mangiare per poi sfuggire al più presto dalla morsa della domestica. La donna si gira verso di lui non appena lo vede, con un sorriso bonario a distenderle il viso. I capelli perfettamente tirati indietro da una treccia, la divisa pulita e senza l'ombra di una piega. Si siede a tavola, il ragazzo, poggiando il mento su di una mano, mentre la donna gli ripone il piatto di fronte. L'odore forte di quello stufato di carne lo investe in pieno, mandandogli in panico lo stomaco al solo pensiero di doverlo buttare giù. « Su, su, non fare quella faccia. Ti sei riempito il pancino di porcherie, ieri, oggi ti tocca qualcosa di salutare e sostanzioso. » Alza lo sguardo verso di lei, visibilmente confuso. « L'ho vista la torta, e la panna.. » Ah già. Distoglie l'attenzione, rivolgendola istintivamente in direzione del frigo. Laddove solo alcune ore fa, Victorie Weasley l'aveva assaltato. Quasi la rivede, a mangiucchiarsi quelle fragole con voracità, e ciò lo fa sorridere al pensiero. E' una sensazione di..vuoto, ciò che ha provato da quando quella ragazza ha lasciato casa sua. Non sa nemmeno perchè. Si era abituato ad averla lì, anche sotto forma animale. Ma ora è tornato ad esser solo, com'era giusto che fosse. E' così che deve andare. « E' stato Figaro » Se ne esce allora dopo un po' « ..Storia lunga » Aggiunge, in risposta all'espressione confusa della donna. « ..Andiamo Arthur, mi avevi promesso di calmarti con quella roba. Ti fa male » « Quale rob- Oh andiamo, con una volta che non mi drogo! E' la verità! » Squittisce, e la donna annuisce. « Ti odio quando annuisci. ..E lo stai continuando a fare. Andiamo smettilaaaaaa » Chelsea ride, mentre adagia la pentola ormai vuota sul piano cucina, per poi sedersi di fronte a lui, poggiando compostamente i gomiti sul tavolo. « Adesso smettila di usare quel povero animaletto come scusa e mangia, forza. » Lo incalza, ed Arthur riabbassa lo sguardo verso il piatto, deglutendo rumorosamente. « Devo proprio? » « Devi proprio, sì » Fa il broncio, incrociando lo sguardo della donna. Lei continua a ridere, intenerita, e lui cala la testa, per infilzare un pezzo di carne con la forchetta. « Comunque okay che deve essere sostanzioso, ma almeno il sangue del maiale potevi risparmiarmelo, è creepy. » Alza lo sguardo verso la donna, ridacchiando, e per qualche istante ride anche lei, fin quando non si blocca, improvvisamente. Lo sguardo sbarrato, l'espressione atterrita. « ...Che c'è? No andiamo sono sicuro che sia buonissimo lo stesso, non ti fare venire un- » Infarto. Non continua la frase, che nota alcune goccioline rosse precipitare sul tavolo, nel piatto, o sui jeans. Istintivamente si porta una mano sotto al naso, per poi allontanarla e riscoprirla completamente rossa. « Oh.. » Borbotta, lo sguardo fisso sul proprio stesso sangue che gli scorre attraverso le dita. Chelsea si alza immediatamente, prendendo dei tovaglioli e porgendoglieli. « Chiamo subito il signor Cavendish! E per Merlino dove ho messo la bacchetta... » Comincia a tastarsi il grembiule, mentre Artie scuote la testa. E' abituato a simili crisi. Certo, non ne aveva da un po' ad essere sinceri, ma non gli sembra poi così grave. Sanguinerà per un po', si ricaverà un inutile torno subito da suo padre, e poi tornerà tutto come prima. « Non è niente » Mormora, facendo per alzarsi. Ma non appena si muove, le gambe cedono, costringendolo a risedersi. Inizia a tossire, con una certa irruenza, col petto che gli brucia e fa male come se volesse spezzarsi in due. Non riesce a fermarsi, con una mano di fronte alla bocca, che si sporca di tutto il sangue che sta sputando via. Chelesea è nel panico più completo, mentre estrae la bacchetta dal grembiule, ma Artie sa che non servirà a nulla. Riconosce quel tipo di crisi, non sono legate alla sua salute instabile, ma a qualcosa di ben più terribile. E' la casa, quella dannatissima casa il problema. Credeva di aver risolto facendola andare via in giornata stessa, che non si sarebbero accorti di lei, che la sua presenza non avrebbe risvegliato nulla, che non fosse ancora troppo tardi. Si rialza allora, raccogliendo tutte le sue forze, ed esce dalla cucina, appoggiandosi al muro e macchiandolo di sangue. Continua a tossire, guardandosi attorno. Non vuole farlo, non vuole riportarla lì dentro. Non vuole costringere anche lei a quella prigione invisibile. Ma non ha scelta. Si ritrova per l'ennesima volta di fronte alla morte, ed è troppo codardo per lasciarsi morire. Perciò si infila una giacca, si asciuga la faccia da tutto quel sangue come può, e si dirige alla porta, con la vista appannata e tutto ciò che lo circonda che gli vortica attorno. Le mani di Chelsea si poggiano alla sua schiena, e lui si scosta con uno scatto repentino, che lo porta a barcollare pericolosamente per qualche minuto, prima di riacquistare un equilibrio. La riconosce, poi, e scuote la testa. « So cosa devo fare » Anche se non voglio farlo. Dio, non voglio proprio farlo.

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    Alla fine eccolo, con le mani dentro le tasche, ad avanzare tra le viottole di Diagon Alley. Non ha la più pallida idea di dove andare, ma continua a camminare, attento a mantenersi a distanza da chiunque. Ha parcheggiato l'auto qualche metro più indietro, spinto da una sensazione che spera si riveli corretta. Non sa dove Victorie Weasley possa essere, ma sa che sta sbagliando nell'andarla a cercare. Non dovrebbe, non se lo merita. Ma lui è troppo debole per combattere l'ennesimo occhio per occhio in quella dannatissima casa. Si sente un idiota, si sente un codardo. Si vanta così tanto del suo collegamento con la morte, ma quando ci arriva, faccia a faccia, ha troppa paura di tagliare definitivamente quel filo. Sono certa che lo senta anche tu. Per questo non ti dovresti accontentare soltanto di tirare avanti e sopravvivere. Prova a vivere, tanto la fine è vicina, che ti costa? Al massimo, morirai finalmente felice. Le parole di lei gli ritornano alla mente, mentre lui si poggia per qualche istante ad un muro, respirando a fondo. Si controlla il braccio laddove si è iniettato una dose delle sue solo qualche minuto fa, e si appresta a ricoprire quel livido giallastro con la manica della giacca. La droga sta entrando in circolo, aiutandolo a non far caso a tutto quel dolore che lo dilania dall'interno. Quindi si stacca, e riprende a camminare, fin quando non la scorge, quella sagoma familiare. Assottiglia lo sguardo, per accertarsi che sia davvero lei, e non appena la riconosce, un sorriso gli distende automaticamente le labbra. L'ha lasciata andare solo qualche ora fa, e già si ritrova a sorridere come un deficiente nel rivederla. Sei proprio drogato Cavendish, sì. Si sistema i capelli, tira su col naso, si mette le mani in tasca e sguscia via da quel vicolo. Se non fosse chi è, a vedersi da lontano, scapperebbe subito. Molleggia sul posto, i suoi movimenti sono nevrotici, simili a scatti, e la sua cera non è delle migliori. E proprio perchè è così, che le spunta alle spalle, sbarrandole la bocca con le mani, per sussurrarle all'orecchio. Siccome inquietante non lo fosse già di suo, insomma. « Paura eh? » Sibila, prima di scostarsi di lato, e sbarrarle la strada. Ignora volutamente il fatto che l'istinto di continuare a tapparle la bocca e trascinarsela dietro abbia occupato i suoi pensieri, per qualche momento. E allora ridacchia, come un idiota. « Scusa, non ho resistito » Si stringe nelle spalle « Quanto tempo eh? Ammettilo, ti mancavo » Tira di nuovo su col naso, storcendolo, e si passa la lingua sulle labbra, in tutta quella serie di tic che lo caratterizzano tutte le volte che la miscela nervosismo più droga entra in circolo. Incrocia le braccia, alzando il capo e guardando oltre le sue spalle, adocchiando il caratteristico pupazzo che accoglie i clienti al negozio Tiri Vispi Weasley. « Stavi andando da Fred? » Le domanda, la fronte corrugata. E allora inizia a sentirla, quella leggera nota di quella solita gelosia possessiva allo strenuo, se così può esser chiamata, che lo ha sempre influenzato. Smettila, lei non è tua. Si ammonisce mentalmente, mentre la osserva. Per qualche istante i flashback della sera prima gli ritornano in mente, quando si erano ritrovati distanti di solo qualche centimetro, ed il suo istinto di posare le sue labbra su quelle carnose di lei era stato bloccato solo e soltanto dal suo allontanamento. Si domanda ancora quale sapore abbiano, ma alla fine distoglie lo sguardo. « Non è una gran bella mossa, se posso dirtelo. Sì cioè, se vai da lui, in un modo o nell'altro, verrai catapultata automaticamente da tutta la tua restante famiglia. » Beh il fatto che Weasley da un po' di tempo a questa parte se ne sia distaccato, non c'è bisogno di dirtelo, per ora. « Ascolta.. » Mormora dopo un po', incrociando le braccia con una certa irrequietezza. « Ho bisogno di.. » Te. La fissa, poi scuote la testa. « Ho bisogno di dirti una cosa importante. Ma non quì in mezzo alla strada. » Si guarda attorno « Ho avuto una visione su di te e ho paura che ti succederà qualcosa di terribile se stai quì fuori. » Dio, che bastardo. Ed eccolo, il solito Arthur di sempre. A giocare con le paure degli altri, coi loro punti deboli, per trarne vantaggio. In fondo qualcosa di brutto potrebbe capitarle davvero qui fuori, di questi tempi, si dice, per sentirsi meno in colpa. E non sa neanche perchè si senta così. Non si è mai fatto troppe domande su ciò che era costretto a fare o semplicemente gli andava di fare, a discapito di chiunque. Ma con lei..Respira a fondo, chiudendo gli occhi per qualche istante, per poi riaprirli non appena inizia a percepire le loro risate riecheggiare nella sua mente. La farò tornare a casa giusto il tempo di distrarli, poi la aiuterò a scappare e un modo per non morire forse lo troverò. Sì, andrà così. « Quindi..allora.. » Una risatina nervosa gli scuote il petto, mentre storce di nuovo il naso, e si stringe le spalle con le mani, strofinandovele sopra. « Andiamo da qualche parte? Quì c'è troppo..traffico. Sì. C'è proprio traffico. Non ti dà fastidio? » Non si rende conto che tutto quel vocio, quelle risate, quei sibili, sono solo e soltanto nella sua testa. « Hai pranzato? Ti porto da qualche parte, ho anche la macchina e.. » Prende un lungo respiro, mentre si poggia le mani su entrambe le tempie, socchiudendo di nuovo gli occhi. « Dio, perchè non la smettono? Li senti? Quanto cazzo sono fastidiosi? » Fissa oltre le sue spalle, poi torna a guardarla, sorridendo infine. « Sì, insomma -cazzo sto parlando- dicevo, offro io. »
     
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    E' stato complicato arrivare a Diagon Alley, deve ammetterlo. Prima ha provato ad inoltrarsi nella Londra babbana a piedi, cercando di evitare i luoghi che aveva capito, durante i giorni passati ad ascoltare le domestiche, in forma felina, essere i punti nevralgici dell'inferno che aveva deciso di trasbordare. Ma non è un lavoro da niente, quando si hanno soltanto due gambette corte e un'irrazionale paura di ritrovarsi in mezzo a persone. Così, alla fine, ha dovuto ricorrere alla soluzione più pratica e indolore per i propri nervi: il Nottetempo. Ha steso la bacchetta di fronte a sé, verso la strada, fin quando non ha visto arrivare, a tutta birra, l'imponente pullman viola a tre piani, con i suoi famosissimi bigliettaio e autista. Il viaggio, nemmeno a dirlo, era stato uno dei peggiori ai quali Vicky può dire di aver preso parte e lei, avendo viaggiato per il mondo in lungo e in largo, può davvero dire di aver visto un po' di tutto quello che il mondo ha da offrire. Ma la guida di Ernie è talmente spericolata, da averla fatta scendere dal mezzo con una tale nausea, da costringerla a rimanere per qualche minuto fuori dalla porta del Paiolo, mentre il pullman sfrecciava via di gran carriera, lasciandola lì, da sola. Dopo qualche bel respiro, digrignando i denti di tanto in tanto per cercare di frenare quell'impulso alla fuga, dall'esatta parte opposta, è riuscita ad entrare nel locale, farsi spazio tra le persone, fino ad arrivare nel retro bottega, lì dove, toccati i giusti mattoni, Diagon Alley si è aperta davanti ai suoi occhi.
    Devi trovare Fred, puoi anche non parlargli, ma devi trovarlo. Si continua a ripetere, cercando di evitare quante più persone possibile, seppur sia evidente, a qualsiasi occhio vagamente interessato, quanta poca gente vi sia, rispetto al normale. Non vi sono studenti adulti o matricole che vanno correndo, da un negozio all'altro, felici all'idea che da lì a poco ricomincerà la scuola. I negozi sono pressoché deserti, se non completamente chiusi. E' la desolazione che l'accoglie, nuovamente, e la bionda sente un'irrefrenabile stretta allo stomaco, nel constatare quanto le cose siano cambiate, in pochissimi mesi. Il mondo sta lentamente scivolando verso l'apocalisse e le persone cercano di mettersi al riparo, come meglio possono, ritagliandosi più tempo possibile per stare in compagnia dei propri cari. Non c'è più troppo tempo per lavorare, per starsene in giro a passeggio, per fare una qualunque di quelle cose frivole che si farebbero in tempi non sospetti. No, ora tutti vogliono stare più tempo possibile con i propri cari, tutti che fuggono, per tornare da una moglie lasciata a casa, da un marito che aspetta con impazienza di poter cenare insieme, ancora una volta, per una sera che ha ancora la parvenza di essere normale. Tutti, intorno a lei, sembrano voler scappare, perché hanno cose più importanti da fare, labbra da baciare, braccia dalle quali tornare, per sentirsi un po' meno soli e vicini alla morte. Tutti hanno qualcuno. Già, tutti. Ma non lei. Lei non ha nessuno da cui vorrebbe davvero tornare. Sta andando a cercare Fred, ma in fondo, non è con lui che vorrebbe passare gli ultimi istanti della sua vita. Può avercela con lui, ma è una delle persone a cui vuole più bene, è il suo miglior amico, il suo compagno di molte avventure, una delle poche persone a cui affiderebbe la propria stessa vita, ma non è il suo lui. Non è quella persona dalla quale correre, all'impazzita. La persona con la quale si condivide tutta una vita. E' triste si ritrova a pensare, mentre si stringe nelle spalle, pizzicata da quella sensazione d'inadeguatezza. Potrei morire da un momento all'altro e lo farò senza la mia anima gemella al mio fianco. C'è chi ha avuto la fortuna di trovarla, di viverci insieme gran parte della propria vita, ma a lei rimarrà la sua famiglia. Quella stessa famiglia che non può nemmeno vedere, al momento, ma che, una parte di sé, sa perfettamente che non vedrebbero l'ora di riabbracciarla, di vederla viva. Per questo motivo, seppur controvoglia, si sta costringendo ad avvicinare l'unico membro della famiglia che vuole vedere. Comincia a camminare a passi svelti, mentre si va via via avvicinando al negozio e rallenta, soltanto quando si ritrova di fronte al pupazzo animato con la W animata, all'entrata. Respira forte, cominciando a sentire le prime fitte di dolore emotivo. Ha paura, non sa se è più il terrore di rientrare nella sua vita di sempre o quello che prova nel pensare alla possibile di reazione di Fred. Perciò rimane ferma, nella maglia di due taglie più grandi, che Artie le ha prestato il giorno prima, che lei ha risistemato alla bell'e meglio, trasformandola in un vestitino, con una delle sue cinture. E mentre dovrebbe entrare, dovrebbe incontrare suo cugino e cercare di tornare alla sua vita, quanto prima, si ritrova ad abbassare il volto, lasciando che il naso si vada a scontrare contro il tessuto della maglia. C'è il suo profumo ancora impresso sopra. Un profumo buono, fresco, che deve essersi andato intensificando avendo dormito tra le sue lenzuola. Si ritrova ad arrossire, di fronte a quel suo imbarazzante modo di sfuggire alla realtà, tanto da non percepire minimamente alcun movimento alle sue spalle. Si vede oscurarsi la vista e quando sente delle mani sugli occhi, sobbalza spaventata. E' un umano, ha delle mani, è una persona, Vicky, tranquilla. Sei in pieno giorno, c'è comunque qualche testimone in strada. Apre la bocca, per poter dire qualcosa, ma esce soltanto un qualcosa di assolutamente gracchiante e incomprensibile. « Paura eh? » Il suo cervello riconosce la voce e il suo corpo si rilassa in automatico, non sentendo più il bisogno di scostarsi velocemente da lui. Lo guarda però torva, non appena le compare di fronte con quel suo sorriso che le far venir voglia di menarlo. E infatti gli dà una manata, sulla spalla, poco convinta, mentre si lascia tradire dal sorriso che compare inevitabilmente sulle sue labbra, mentre la tensione scema tutta insieme. "Sei un cretino, mi hai spaventata a morte." Ma è visibilmente più rilassata nel ritrovarsi davanti Artie. Ha lasciato casa sua da appena qualche ora, eppure è felice che sia lui e non un malintenzionato, per quanto, poco a poco, affiora un interrogativo nella sua testa. Cosa ci fa lì? « Scusa, non ho resistito. Quanto tempo eh? Ammettilo, ti mancavo » Sorride, guardando altrove per qualche istante, prima di usare nuovamente la bacchetta. "Non sai quanto ho pianto questa mattina, quando ti ho lasciato." Risponde, beffarda. « Stavi andando da Fred? » Alza un sopracciglio, di fronte a quella brusca domanda. Vicky, avendo vissuto in mezzo a tantissime persone diverse, in giro per il mondo, ha cominciato a trovare istruttivo il cercare di capire il linguaggio del corpo altrui, così da poter sapere quanto una persona le stia comunicando, al di là delle parole. E in quel momento nota il nervosismo che il corpo di Artie emana. "Sì? E' l'unico che vorrei vedere al momento. L'unico che forse potrebbe capirmi." L'unico, eppure non la sua persona. Si stringe nelle spalle, imbarazzata di fronte al fatto che è lì, davanti alla vetrina del negozio, da più di dieci minuti e non è ancora riuscita ad entrare, trovare anche lo stare a parlare con lui più confortante e liberatorio che entrare e affrontare la sua vita. « Non è una gran bella mossa, se posso dirtelo. Sì cioè, se vai da lui, in un modo o nell'altro, verrai catapultata automaticamente da tutta la tua restante famiglia. » Ha ragione, lo sa in parte, eppure c'è un'altra parte di lei che non è d'accordo, una parte che si rifiuta di dargli ascolto, trovando anche assurdo il suo volersi mettere in mezzo a questioni che non gli riguardano assolutamente. "Scusa, ricordami perché sei qui? Mi hai seguita?" Aggrotta la fronte, mentre si sente improvvisamente una sensazione spiacevole addosso, completamente opposta a quella rilassata che il suo corpo ha provato nel sentire la sua voce. C'è inquietudine ora, tra le fibre delle sue cellule e si sente urlare dentro, come se il suo istinto le stesse dicendo di scappare via. « Ascolta..Ho bisogno di..Ho bisogno di dirti una cosa importante. Ma non quì in mezzo alla strada. » L'agitazione di lui viene immediatamente immagazzinata dal corpo di lei, accrescendo quel suo sentimento improvviso di fuga. "Che..." non fa in tempo a finire di scrivere, che lui ha già ripreso a parlare. « Ho avuto una visione su di te e ho paura che ti succederà qualcosa di terribile se stai quì fuori. » Ed eccola, la paura, che è ben visibile nei suoi occhi ora. Li ha sgranati, si guarda intorno, spaventata e alla ricerca di un pericolo qualunque, che possa travolgerla da un momento all'altro. Per un istante si convince di aver visto un'ombra nera svoltare l'angolo di corsa e stringe i pugni, cercando di sembrare un po' meno traumatizzata di quello che effettivamente è. Vorrebbe trasformarsi e scappare via, semplicemente per sentirsi un po' più al sicuro. Per sentirsi come non si sente più da mesi e mesi. « Quindi..allora.. Andiamo da qualche parte? Quì c'è troppo..traffico. Sì. C'è proprio traffico. Non ti dà fastidio? » Si guarda ancora intorno, mentre i suoi occhi captano soltanto tre persone, oltre loro, di passaggio. C0sì torna a guardarlo e comincia a notare nuovi particolari. E' bianco come un cadavere, è frenetico nei movimenti, ha una scia rossastra, quasi del tutto sbiadita, sotto il naso, ha gli occhi spiritati. "Arthur, stai bene?" Gli domanda, allungando un braccio, per andare a stringere quello di lui, come a voler fermare l'agitazione di quelle sue mani che continuano a strofinarsi la pelle come se non potessero far altrimenti.
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    "Non c'è nessuno, non c'è nessun pericolo.."
    La mano le trema appena, come a voler tradire quella paura che invece lei prova, perché è probabile che il pericolo, invece, ci sia davvero. « Hai pranzato? Ti porto da qualche parte, ho anche la macchina e.. Dio, perchè non la smettono? Li senti? Quanto cazzo sono fastidiosi? » Non riesce a capire cosa gli stia accadendo, fino a quel momento. Le è tutto più chiaro quando i suoi occhi si riposano nuovamente su di lei, completamente alienati. Fa un lungo respiro. Si è drogato, di nuovo. Sa che non può lasciarlo lì in strada, completamente da solo, seppur la voglia di fargliela pagare per esserci ricascato così facilmente è tanta. « Sì, insomma -cazzo sto parlando- dicevo, offro io. » Annuisce, per poi guardarsi intorno, piuttosto interdetta. "Non lo so, non so dove potremmo andare per essere al sicuro. Non ho davvero fame, ma forse tu hai bisogno di mettere qualcosa sotto i denti.." Sospira, prendendolo di peso, infilando il proprio braccio sotto quello di lui, per costringerlo a seguirla verso il pub più vicino. Vi entrano dentro e subito Vicky viene investita dalla solitudine che quel posto emana. Ci sono soltanto altre tre persone, oltre loro, compreso il cameriere che li accoglie e li fa accomodare in un angolo del locale, piuttosto appartato. La bionda si siede e, senza farsi vedere troppo, lancia un'occhiata intorno a sé, come a voler constatare che effettivamente non ci sia nulla di pericoloso intorno a loro. "L'ultima volta che sono venuta in questo posto, con mia sorella, era pieno di gente, di vita. Ora è tutto..così triste e abbandonato a se stesso. Fa male vedere il mondo così terrorizzato." Riprende a parlare dopo qualche istante, per cercare di colmare quel silenzio imbarazzante, per poi prendere a giocare con le pagine del menù plastificato che ha sotto agli occhi. "Potresti essere così gentile da ordinare anche per me? Un fish and chips e una bottiglia di acqua naturale. Accenna un sorriso. "Lo so, sono triste anche nelle ordinazioni. Si stringe nelle spalle, sorridendo poi al cameriere che gli si fa nuovamente vicino. Attende che Artie sbrighi la questione burocratica riprendendo a lanciare occhiate a destra e sinistra, con il cuore che prende a battere più forte ogni volta che vede qualche ombra con la coda dell'occhio. Sarà sempre così, d'ora in poi, la mia vita? Sempre con la costante paura che mi costringerà a guardarmi le spalle ogni volta che lascio le confortanti quattro mura domestiche? Se qualcuno l'avesse detto alla vecchia Vicky, mai avrebbe creduto di poter diventare così, spaventata e terrorizzata di fronte al mondo intero. Si gratta la nuca, prima di tornare a guardare Artie, una volta nuovamente soli. "Che succede? Perché ti sei drogato di nuovo?" Gli domanda, all'improvviso, stringendo i denti, in un'espressione di pieno disappunto. "E' per questo che ti è uscito il sangue dal naso?" Sospira, scuotendo la testa, per poi volgere lo sguardo verso il bancone, dove il ragazzo è intento a preparare le ordinazioni da bere. Gli sorride, non appena incrocia il suo sguardo e continua a fissarlo, mentre lavora, anche mentre riprende a scrivere. "Che cosa hai visto?" Gli chiede, come a voler testare prima il terreno nel quale si sta inoltrando, seppur non dubiti assolutamente delle sue capacità da veggente, sapendo quanto la sua precedente visione le avesse salvato essenzialmente la vita. "Perché non sono al sicuro?" Torna a guardarlo, fissandolo negli occhi, mentre costringe la mano che non usa tra le proprie gambe, per far cessare quel tremolio continuo che sembra averle prese entrambe. "Dove sono al sicuro? Oppure, riformulo, sarò mai al sicuro? Io..non ce la faccio più." Vorrei soltanto tornare a sentirmi tranquilla e rilassata per almeno due giorni di fila. "Che devo fare? Da chi devo scappare? Con chi posso rifugiarmi?" Si stringe nelle spalle, concedendosi una smorfia desolata e amara allo stesso tempo, mentre sente che potrebbe mettersi a piangere da un momento all'altro, ma stringe i denti e riesce a non farlo. "Dimmi che devo fare, per favore."
     
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    "Arthur, stai bene?" La mano di lei si posa sul suo braccio, e per qualche momento il suo istinto è quello di scostarsi con uno scatto. Ma dura giusto qualche attimo, il tempo di individuarla con lo sguardo costantemente perso nel vuoto ed annuire con un cervo vigore, probabilmente fin troppo. "Non c'è nessuno, non c'è nessun pericolo.." La fissa per qualche istante, prima di tornare a guardarsi attorno, e bloccarsi da quel movimento nervoso che lo caratterizza tutte le volte che si trova nel bel mezzo di qualcuna delle sue..crisi. Le voci sembrano esser sparite all'improvviso, quando le dita esili della sua compagna si sono poggiate sul suo braccio, ma ha giusto il tempo di rendersene conto, prima di percepire il tremore di lei. Allora assottiglia lo sguardo, e schiocca la lingua al palato come per dire qualcosa, ma alla fine si blocca. Non devi avere paura, oh sì, io sento le voci, ma tu non devi avere paura, davvero non gli sembra poi una gran bella raccomandazione, e probabilmente neanche mi dispiace se sei così spaventata, ti ho solo mentito per riportarti a casa ma hey, vuoi andare a pranzare assieme? è certo possa funzionare al meglio. Perciò respira a fondo, tentando di scacciare tutta quell'irrequietezza mista, ormai, ad un senso di colpa sempre più crescente. Si sente una merda, davvero una merda per aver sfruttato le sue paure per il proprio tornaconto personale, dopo averle promesso, solo la sera prima, che lei lì fuori era ormai al sicuro. Legge della giungla si dice, e poi nessuno si è fatto male, non è così grave, no? continua a ripetersi. E sembra convinto di sè stesso, se non fosse per il fatto che ogni volta che sfiora lo sguardo di lei, istintivamente lo sfugge, rivolgendo il proprio altrove. Beh almeno immagino abbia capito che sei in piena botta, Artie. Non sospetterà altro, dietro il tuo atteggiamento da schizzato totale. "Non lo so, non so dove potremmo andare per essere al sicuro. Non ho davvero fame, ma forse tu hai bisogno di mettere qualcosa sotto i denti.." Fissa quelle parole senza vederle realmente, e infatti riesce a leggerne solo le ultime tre, fin quando lei non lo prende sotto braccio, di peso. « Ah comunque sì, sto bene » Se ne esce, dopo dieci minuti buoni trascorsi da una domanda fatta un secolo fa. Tutto regolare. « Benissimo. » Aggiunge, annuendo con convinzione, come se ad ogni movimento della sua testa potesse dimenticare tutte quelle fitte laceranti che si sente dentro. Si stringe un po' a lei, gravandole leggermente sopra col proprio peso. « Confermo anche oggi che sei un sacco carina quando ti preoccupi per me! » Con il solo dettaglio che tu, ieri, caro Artie, una cosa del genere non l'hai mica detta ad alta voce. Rimane qualche istante in blackout totale, poi però gli acidi nel suo sangue hanno la meglio, e quell'imbarazzo passa in secondo piano. Perciò si stacca da lei solo una volta entrati nel negozio, infilandosi prontamente le mani tra le tasche ed avanzando mentre si guarda attorno, con quel suo fare poco raccomandabile. C'è ben poca gente, lì dentro, a differenza di quanto ha sempre ricordato. Si siedono infine, laddove indicato dal cameriere, l'uno di fronte all'altra, e lui inizia a tamburellare sul legno del tavolo con le dita, sommersi entrambi da quel silenzio imbarazzante. C'è tensione, tra loro, lo si nota dai movimenti e le reazioni, anche le più piccole, che compiono di minuto in minuto. Lo sguardo di lei, ad esempio, vaga spesso tutt'attorno a loro, come in cerca di chissà cosa. E' spaventata, Vicky, seppur faccia di tutto per non darlo a vedere. E lui vorrebbe dirle che va tutto bene, in quel senso di..protezione? che sembra aver sviluppato per lei, ma non si sente nella giusta posizione per farlo. Non ha il diritto di sentirsi davvero un cazzo, a dirla tutta. Se non una merda, ecco, quello sì. Respira a fondo, mentre il pensiero di alzarsi ed andarsene da quel posto senza farsi mai più vedere inizia a volteggiargli in testa. In fondo morirò comunque, o prima o dopo, cosa cambia? Ma infine nuove lettere scarlatte attirano la sua attenzione, e quei propositi sembrano svanire, almeno per un po', mentre alza il naso all'insù. "L'ultima volta che sono venuta in questo posto, con mia sorella, era pieno di gente, di vita. Ora è tutto..così triste e abbandonato a se stesso. Fa male vedere il mondo così terrorizzato." Cala lo sguardo verso di lei, ed annuisce, sommessamente. Artie della vita tutt'attorno a sè, non se ne è mai fregato più di tanto, quindi per lo stesso principio se ne frega poco adesso, che di quella vita ne è rimasta solo un'ombra sbiadita. Ma per una come Victorie Weasley, che della luce propria emanata da ogni posto ed ogni persona si è sempre nutrita, può solo immaginare quanto possa esser difficile. E prova..dispiacere, per lei, che è uscita dall'inferno, per poi ritrovarsi nell'eterno grigio di un mondo altrettanto schifoso. « E' deprimente, hai ragione. » Se fosse un altro, e non il solito depresso passivo-aggressivo di sempre, probabilmente se ne uscirebbe con qualche frase come ma ci torneremo, a vedere i colori, te lo dico io. Ma non è così, lui, e quelle frasi alla Fred Weasley, non fanno parte del suo vocabolario. Al pensiero del rosso assottiglia lo sguardo, con un leggero fastidio che gli fa prudere le mani per qualche istante, ma infine lascia correre. « Ma fa sempre meno schifo dell'inferno, no? Almeno quì ci sono ancora le patatine fritte. Vedi il lato positivo! » Non sono bravo come il tuo cuginetto Fred con certe frasi, ma ci sto provando. "Potresti essere così gentile da ordinare anche per me? Un fish and chips e una bottiglia di acqua naturale. Lo so, sono triste anche nelle ordinazioni." Inarca un sopracciglio, poi ridacchia. « Nah, tranquilla, anche mia nonna avrebbe preso lo stesso. ..Senza acqua naturale, forse. » La prende in giro, prima di ordinare al cameriere ormai vicino. Fish and chips con acqua per lei, un frullato al cioccolato per lui. ( « Corretto con un po' di vodka non si può fare? No eh? Okay, va bene così. » ) Lascia i menù al ragazzo, poi si rigira verso di lei, le dita che hanno smesso di tamburellare per lasciar spazio al piede sinistro, che prende a ticchettare per terra. Si rigira poi verso di lei, scorgendo di nuovo quell'alone d'irrequietezza che le vede calato addosso ormai da quando le ha rifilato quella scusa, e ciò gli causa un nodo alla gola non indifferente. Adesso le dico la verità. E schiocca la lingua al palato sul procinto di farlo, quando la vede riprendere la bacchetta per cominciare a scrivere.
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    "Che succede? Perché ti sei drogato di nuovo? E' per questo che ti è uscito il sangue dal naso?" Quelle domande giungono inaspettate, tanto che si rende conto solo dopo un po' di aver spalancato gli occhi per qualche minuto buono. Istintivamente si passa una mano sotto il naso, strofinandosi, e non appena la guarda, nota quel leggero alone rossastro sul dorso. Punto bonus all'attenzione ai dettagli. Sospira. « No, mi sono drogato perchè mi è uscito sangue dal naso. » Una risatina nervosa gli scuote il petto « Ho un..problemino. Diciamo che è simile ad una malattia, una malattia davvero puttana, che a volte mi fa succedere questo e diverse altre cose » Beh non era questo il caso, ma almeno così è una mezza bugia, no? « Drogarmi mi aiuta a non sentire dolore. » Resta in silenzio per qualche istante « Dio, che frase clichè ho appena detto?- Ride -Ma comunque è così davvero, per quanto poco originale possa essere, già. Tu sei triste nelle ordinazioni, io nella routine. Ci completiamo, vedi? » La punzecchia. "Che cosa hai visto? Perché non sono al sicuro?" Cazzo non lo so, perchè devi rendermi tutto più difficile? La fissa per qualche minuto, cercando di non far caso a quel suo nervosismo dettato da una paura crescente, ma non riesce a restarne indifferente, allora distoglie l'attenzione, puntandola sul cameriere dietro al bancone, intento a preparare le loro ordinazioni. « Le mie visioni non sono mai precise » Inizia dunque, intrecciando le dita delle mani e poggiando entrambi i gomiti sul tavolo. « Ma ti ho vista, in pericolo, quì in città, sommersa da un'ombra. Aveva sembianze umane, però, piuttosto familiari. Alto, magro...Non so. Ciò di cui sono certo è che più stai quì fuori, da sola, più sei in pericolo. » Alza lo sguardo verso di lei, mordicchiandosi il labbro inferiore. Andiamo, non credermi, mandami a quel paese, non essere così innocente. "Dove sono al sicuro? Oppure, riformulo, sarò mai al sicuro? Io..non ce la faccio più. Che devo fare? Da chi devo scappare? Con chi posso rifugiarmi?" L'espressione di lei muta, lasciando spazio a quella che sembra vera e propria..disperazione. Ed Artie conosce questo stato d'animo, lo conosce pure fin troppo bene, e ciò lo fa sentire ancora più male, per starci giocando comunque. "Dimmi che devo fare, per favore." E' quando la vede stringersi il labbro inferiore tra i denti, e gli occhi lontanamente lucidi, che scuote la testa, quasi balzando sul posto. « No no no Vicky è tutto okay! » Esclama, scuotendo la testa, mentre allunga una mano d'istinto, per prendere la sua, quella che tiene la bacchetta, e stringerla come a darle conforto. Prima le dici che è in pericolo, poi le dici che è tutto okay, deciditi. « Ascolta..Non volevo spaventarti così tanto, ma non è tutto perduto, ok? Ci sono io. » Ed è proprio questo il tuo problema. Respira a fondo « Puoi rifugiarti da me, e stare con me. Io lo sento quando qualcosa sta per succedermi attorno, se mi stai vicino, hai molte più probabilità di riuscire a scappare rispetto se stessi da sola. » Questo è vero, ma, per l'ennesima volta, non è questo il caso. « Io quale sia di preciso il pericolo che ti incombe addosso non lo so..Ma saprei sicuramente quando sta per farlo. » Cala lo sguardo, rendendosi conto soltanto adesso delle sue dita strette tra quelle di lei. Un gesto spontaneo di cui non si è nemmeno accorto, poco fa. Che davvero non sia proprio tutto perduto? Si scosta, restando per qualche minuto in silenzio e con lo sguardo fisso in un punto non ben definito, poi torna a guardarla, sorridendo appena. « Stai con me, e passerà tutto. » Sì, passerà tutto, e poi potrai andartene. « Fidati di me, non lascerei mai che possa capitare qualcosa al mio carissimo Figaro, no? » Ridacchia leggermente. Ti prego, smettila di essere spaventata, e rendimi le cose meno dolorose. « Te lo prometto, okay? »

    [...] Balzano giù dalla macchina, e lui ha bisogno di qualche minuto, prima di rendersi conto di..beh..come si chiami ed in quale pianeta si trovino. Si strofina gli occhi con le mani, batte le palpebre numerose volte e poi annuisce. « Okay, ci sono. » Arthur Cavendish è tornato sul pianeta Terra. Le rivolge un grosso sorriso, andandole accanto. « Mi rendo conto che uscire a fare shopping non è una gran bella idea quando hai paura che qualcuno possa accopparti da un momento all'altro ma..andiamo, dubito lo farebbe da Victoria's Secret, tipo, no? » La punzecchia, camminando a grosse falcate, alzando le gambe appositamente da terra di tanto ad ogni passo, come fanno i soldati in marcia. Lui però, di suo, lo fa solo perchè gli acidi sono ormai completamente in circolo, e dalla fase depressa e nevrotica, è passato a quella euforica e ridacchiante. Tutto regolare. « E poi come ti ho detto ho il radar anti-disgrazie, quindi forza, hai la carta di credito di un Cavendish a disposizione, io direi di non sprecare l'occasione di una vita. » Annuisce con fare saccente, mentre le lancia uno sguardo. Fammi sentire un po' meno in colpa comprandoti quello che vuoi, andiamo. Magari il metodo di mio padre in fondo funziona. « Immagino tu non faccia shopping da un bel po', mh? Il bello del mondo terrorizzato è che..Non c'è fila alle casse. » Priorità. « Dove vuoi andare, come prima tappa? Io direi che hai bisogno di vestiti decenti. E anche biancheria intima decente. Specialmente, aggiungerei. Sai delle mutande..o un reggiseno. Sì, di quello hai proprio bisogno » E dicendo ciò cala lo sguardo verso il suo petto, inarcando un sopracciglio, per poi tornare a guardarla in faccia (con una certa difficoltà, effettivamente). « Sai, senza... » Mima un'esplosione con le mani e con la bocca, portandosele vicine al proprio di petto, poi ridacchia. « Ho ragione, no? Victoria's Secrets dovrebbe essere davvero da queste parti. » Si guarda attorno per qualche momento, individuando poi la strada, che le indica con un braccio. « Andiamo, su, niente musetti spaventati, è tutto okay! » La prende per mano, istintivamente, ed inizia a camminare, trascinandosela dietro. Poi si blocca a guardarla, e sospira. Perchè mi fai questo cavolo di effetto? Perchè non riesco ad essere il solito fattone di merda con te? « Mi hai aiutato, ieri, permettimi di ringraziarti. Hai bisogno di distrarti, di fare qualcosa di..normale, o potresti perdere la testa, e diventare come me. Vuoi davvero diventare come me? » La guarda, ridacchiando « Sembra da completi coglioni andare a fare shopping in un momento del genere, ma l'hai detto anche tu, no? Potremmo morire da un momento all'altro, cerchiamo di sfruttare ciò che abbiamo, adesso. » E sfruttiamo il fatto che sto ancora così in botta da non dover tornare a casa per forza, se vogliamo dirla tutta. Si avvicina a lei, strofinando la propria spalla con la sua. « Se torniamo a casa io poi non ci esco più, che non mi piace, quindi te lo scordi che ti ci riporto qua. Questo giusto per non farti pressioni. »
     
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    « E' deprimente, hai ragione. » Trova in quel suo darle ragione un'innaturale consapevolezza del mondo. Qualcun altro, al suo posto, le avrebbe indorato la pillola, vedendola così agitata e spaventata. Qualcun altro avrebbe fatto di tutto, dissimulando la realtà, per tentare di rendergliela più accettabile e meno terrorizzante. Ma non lui. Lui è consapevole. E' nel presente, in pieno, così in maniera profonda da farle strano, vista la sua giovane età. E' disilluso e completamente privo della capacità di sognare. Per qualche istante, come è accaduto la sera precedente, si sente triste per lui. « Ma fa sempre meno schifo dell'inferno, no? Almeno quì ci sono ancora le patatine fritte. Vedi il lato positivo! » Apprezza comunque il tentativo, mentre accenna un sorriso che muore sul nascere. Costatazioni del genere, in altre circostanze, l'avrebbero riempita di gioia e speranza, ma non ora, per quanto mangiare sia sempre stata una delle sue attività preferite, come lo era un tempo, anche ora. « Nah, tranquilla, anche mia nonna avrebbe preso lo stesso. ..Senza acqua naturale, forse. » A quelle parole, la mente si catapulta alle sue due nonne. Molly e Apolline, così diverse, ma così meravigliose in egual misura. "Cosa avrebbe preso? Vino da taverna come mia nonna paterna o vino bianco delle migliori coltivazioni francesi come la mia nonna materna?" Sorride, ora più sinceramente, mentre il discorso sembra rilassarla abbastanza, da farla scivolare lungo la spalliera della sedia. « Drogarmi mi aiuta a non sentire dolore. » Assottiglia lo sguardo, cominciando a tamburellare i polpastrelli contro il tavolo di legno massiccio. « Dio, che frase clichè ho appena detto? Ma comunque è così davvero, per quanto poco originale possa essere, già. Tu sei triste nelle ordinazioni, io nella routine. Ci completiamo, vedi? » L'altra mano, con la quale si carezza dolcemente le labbra, si blocca per qualche istante, mentre lo fissa con sguardo serio, come se volesse scrutarlo dall'esterno per scendere nella sua più totale profondità. Alla fine inarca un sopracciglio e prende a muovere la bacchetta. "E' una malattia degenerativa che hai dalla nascita?" Gli domanda, per poi scrollare il capo e spazzare via le parole con l'aiuto del braccio. "No perdonami, non volevo essere invadente. Mi dispiace, per qualsiasi cosa tu abbia e beh, mi dispiace per averti rotto così tanto ieri sera con il fatto delle droghe. Hanno tutto un altro significato, messe così in prospettiva. Non volevo intromettermi in questioni che non mi riguardano." Si ferma, per poi aggiungere. "Però spero che starai meglio, un giorno." Ti meriti di vivere i tuoi anni migliori, come ognuno di noi. Sospira, prima di percepire un nuovo moto di angoscia divampare nelle sue vene, nel sentire le sue parole. « Le mie visioni non sono mai precise. Ma ti ho vista, in pericolo, quì in città, sommersa da un'ombra. Aveva sembianze umane, però, piuttosto familiari. Alto, magro...Non so. Ciò di cui sono certo è che più stai quì fuori, da sola, più sei in pericolo.» Inclina la testa di lato, cercando di respirare a fondo, serrando gli occhi. Ma più respira, più tenta di ottenere fiato che la faccia respirare, più sente formarsi un blocco all'altezza del petto. E così comincia a blaterare, innervosita e sull'orlo di una crisi di pianto. « No no no Vicky è tutto okay! » Se il suo balzo sul posto la fa spaventare, la sua mano che si allunga per andare a stringere la sua la fa rimanere di sasso, sgranando gli occhi. Continua a fissarlo, seppur tutta la sua concentrazione vada a soffermarsi su quella mano che trasmette calore alla propria, lasciando che il nodo che ha al torace si sciolga, un poco alla volta. « Ascolta..Non volevo spaventarti così tanto, ma non è tutto perduto, ok? Ci sono io. Puoi rifugiarti da me, e stare con me. Io lo sento quando qualcosa sta per succedermi attorno, se mi stai vicino, hai molte più probabilità di riuscire a scappare rispetto se stessi da sola. » Sì, okay, ci sei tu. Va bene. Starò bene, nessuno mi verrà a prendere e se qualcuno lo farà, me lo dirai tu. Continua a ripetersi, come se il farlo possa davvero convincerla che sia tutto apposto. Annuisce infine, ripetutamente, sentendosi talmente vulnerabile e piccola da farsi quasi pena da sola. « Io quale sia di preciso il pericolo che ti incombe addosso non lo so..Ma saprei sicuramente quando sta per farlo. » Da mano rinchiusa in quella di lui, lascia che le proprie dita sguscino attraverso le sue, carezzandole con una certa urgenza, fino ad incastrarsi perfettamente con esse. Le stringe, forte, come se non avesse bisogno di altro che di quel contatto per essere certa che le sue parole siano effettivamente vere, per sentirle tali nella profondità del suo cuore.. Ma è un qualcosa che dura poco, nemmeno un battito di ciglia perché lui abbassa lo sguardo su quel groviglio di mani e, come risvegliatosi da quel sonno profondo che sembra aver preso entrambi, si scosta, lasciando scivolare via la mano. Arriccia le labbra, Vicky, interdetta e al tempo stessa confusa, aspettando che sia nuovamente a lui a spezzare quel silenzio. « Stai con me, e passerà tutto. Fidati di me, non lascerei mai che possa capitare qualcosa al mio carissimo Figaro, no? Te lo prometto, okay? » Continua a guardare altrove per qualche istante, ancora leggermente imbarazzata dall'accaduto di appena qualche minuto prima, per poi tornare ai suoi occhi, con la bacchetta alla mano. "Okay." Fa una smorfia. "Ma voglio il tuo letto e se mi chiami ancora Figaro, mi do deliberatamente in pasto alla prima bestia infernale che incontro, fuori da casa tua."

    "Ma chi te l'ha data la patente?" Commenta, appoggiando i piedi sull'asfalto, per poi scendere dalla macchina. Sbatte la portiera e lo guarda, arricciando le labbra. "Non dirmelo, non dirmelo..nemmeno ce l'hai, vero? E certo che non ce l'hai, sei troppo piccolo." Si rende conto soltanto in quel momento che, con tutta probabilità, Artie ha guidato senza patente, ma la cosa che forse più la sconvolge è capire che lui non ha nemmeno compiuto diciotto anni. Porco Merlino, sei un nano! « Okay, ci sono. » Lo vede strofinarsi gli occhi e capisce che forse non è prettamente presente a se stesso. Ne osserva i gesti in silenzio, appoggiando il sedere al cofano della macchina, a braccia conserte e gambe incrociate. « Mi rendo conto che uscire a fare shopping non è una gran bella idea quando hai paura che qualcuno possa accopparti da un momento all'altro ma..andiamo, dubito lo farebbe da Victoria's Secret, tipo, no? » Inarca allora un sopracciglio, presa lievemente in contropiede. "Victoria's Secret?" Lui prende a camminare a grandi falcate e lei, per stargli dietro, è costretta a velocizzare i passi. Ognuno dei suoi equivale a quattro di quelli di lei. « E poi come ti ho detto ho il radar anti-disgrazie, quindi forza, hai la carta di credito di un Cavendish a disposizione, io direi di non sprecare l'occasione di una vita. » Scuote la testa, lasciando ricadere i capelli albini sulle spalle. "Lo stai facendo perché non vuoi che qualcuno mi veda a casa tua e possa pensare che hai un cuore perché stai facendo la carità ad una barbona, vero?" Piega leggermente la testa, aspettandosi una qualsiasi reazione alterata da parte sua, prima di riprendere a guardare il marciapiede, facendo attenzione a non incrociare la strada delle poche persone che vi camminano sopra. « Immagino tu non faccia shopping da un bel po', mh? Il bello del mondo terrorizzato è che..Non c'è fila alle casse. Dove vuoi andare, come prima tappa? Io direi che hai bisogno di vestiti decenti. E anche biancheria intima decente. Specialmente, aggiungerei. Sai delle mutande..o un reggiseno. Sì, di quello hai proprio bisogno. » Lui abbassa lo sguardo sul suo seno e lei ha l'istinto di mettergli l'indice sotto il viso, per costringerlo a riguardarla in viso. "I miei occhi..sono qua." Se li indica con l'altra mano, con la parvenza di un sorriso beffardo sulle labbra carnose. « Sai, senza...Ho ragione, no? Victoria's Secrets dovrebbe essere davvero da queste parti. » "Certo che hai ragione, l'hai vista anche tu com'è critica la situazione mentre cammino, sbaglio? Lo sfida con lo sguardo e le sopracciglia che si inarcano appena. Poi lui le indica la strada, prima di prenderla per mano. Di nuovo. E' la seconda volta, e questa volta ha un sapore del tutto diverso, così come lo è l'effetto che ha sulla bionda, che si lascia trascinare senza opporre resistenza. « Andiamo, su, niente musetti spaventati, è tutto okay! » Annuisce, lasciando che le proprie dita si stringano un po' a quelle di lui. "C0m'è che sai dove si trova di preciso Victoria's Secret? Ci hai fatti tanti regali, eh?" Lo punzecchia, per ridere, prima che lui si blocchi, per l'ennesima volta. Che succede ora? « Mi hai aiutato, ieri, permettimi di ringraziarti. Hai bisogno di distrarti, di fare qualcosa di..normale, o potresti perdere la testa, e diventare come me. Vuoi davvero diventare come me? Sembra da completi coglioni andare a fare shopping in un momento del genere, ma l'hai detto anche tu, no? Potremmo morire da un momento all'altro, cerchiamo di sfruttare ciò che abbiamo, adesso. Se torniamo a casa io poi non ci esco più, che non mi piace, quindi te lo scordi che ti ci riporto qua. Questo giusto per non farti pressioni. » Rotea gli occhi, per poi portare due dita alla fronte, per un saluto cameratesco, mimando un "signor sì" con le labbra. Lo costringe a voltarsi, per poi dirigersi verso l'entrata del negozio, appena adocchiata. "Comunque smettila di crederti così fuori come un balcone da essere irrecuperabile. Ho visto gente peggiore di te al mondo, mi dispiace, non vinci neanche lontanamente la gara." Gli rivolge un occhiolino allusivo, che ha in esso tanti e diversi significati. Un occhiolino che vorrebbe rassicurarlo sul fatto che, in fondo, non è così male come crede di essere. Ha i suoi difetti, ma ha anche i suoi pregi che lo rendono peculiare e unico nel suo genere. Un occhiolino che vorrebbe rassicurarlo e al tempo stesso prenderlo in giro. "Quanto
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    sei felice di essere l'unico essere di sesso maschile nel negozio?"
    Gli chiede una volta dentro, dandogli una leggera spallata, dopo aver recuperato una borsa nella quale depositare gli indumenti. E comincia a guardarsi intorno, piuttosto titubante, per poi avvicinarsi ai vari scaffali. Prende uno stock di mutandine colorate, con un po' di pizzo qua e là, un'altro di colori neutri come il bianco, il panna e il nero, sei diversi paia di calzetti vari ed eventuali e qualche reggiseno dalle non troppe pretese. "Tanto perché ho assolutamente bisogno di biancheria decente" gli scrive, canzonandolo, per poi accertandosi che la stia seguendo, così da poter leggere il messaggio. Poi adocchia un completino intimo decisamente più compromettente, rosa, dai merletti e dai fiori ricamati a mano. Qualcosa di assolutamente delicato e così da lei. Si avvicina quindi allo scaffale, con fare divertito nel rigirarsi verso Artie, dopo aver agguantato la stampellina del completino della giusta taglia. "Questo? Che ne dici? Non si sa mai che possa averne bisogno all'appuntamento galante con il tuo giardiniere." Scoppia a ridere, nel ricordare la faccia esterrefatta di quello che secondo lei poteva avere sui trentanni, quella stessa mattina, quando era uscita di casa, attraversando il vialetto di ghiaia. "E' stato molto carino questa mattina. Non me l'aspettavo, un altro uomo in casa.." sempre abituata, infatti, a vedere solo Artie o al massimo suo padre, per qualche comparsata, in mezzo alla baraonda di donne che viaggiava abitualmente in quella grande villa. E così dicendo, gli lascia sorreggere la borsa piena di indumenti già belli che comprati, per poi voltarsi e lasciarlo lì, dopo averlo investito con la sua vaporosa criniera. Sorride alla commessa, per poi infilarsi nel primo (di tanti) camerini liberi. Si sveste velocemente, per poi indossare il completino, senza riuscire a chiudersi l'ultimo gancetto. Si guarda allo specchio, un paio di volte, rimuginandoci sopra su, per poi decidere di tentare di trovare l'appoggio di Artie. Così lascia che la testa faccia capolino dalla tendina, per poi sorridergli, felice di vederlo lì fuori, senza aver bisogno di sbracciare per ore per farsi vedere. "Ho bisogno di aiuto." Ammette con un sorriso candido. Si sta completamente calando nelle sue stesse parole. Vivere il presente, il momento, per come viene, senza pensare troppo al futuro e al pericolo. E in quel momento è con Artie a fare shopping. Punto. Nient'altro. Si arrotola la tenda sui fianchi, per esporre poi la schiena alla visuale del biondo. "L'ultimo gancetto, quello in alto, non ci arrivo. E credo ci si siano incastrati anche dei capelli, dato che mi tirano. Gentilissimo." Aspetta che glielo appunti, per poi voltarsi, questa volta con un sorriso lievemente imbarazzato, con una mano che raggiunge la nuca e l'altra che va al petto. "Che ne pensi? E' abbastanza "decente"? Sbatte le ciglia, ridacchiando. "Su, non fare quella faccia, tanto hai già visto praticamente tutto, c'è poco da fare le pudiche a questo punto."
     
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    "Ma chi te l'ha data la patente?" Ride, guardandola. "Non dirmelo, non dirmelo..nemmeno ce l'hai, vero? E certo che non ce l'hai, sei troppo piccolo." Si stringe nelle spalle, con espressione da schiaffi, mentre le va vicino. « Un altro regalino di papà. Appena uscito dal castello, dopo il lockdown. Macchina e patente, roba grossa! » Ride da solo, con quel solito tono di sarcasmo che gli impreziosisce il tono di voce come succede tutte le volte in cui parla di suo padre. "Victoria's Secret? Lo stai facendo perché non vuoi che qualcuno mi veda a casa tua e possa pensare che hai un cuore perché stai facendo la carità ad una barbona, vero?" Se ne esce lei dopo un po', mentre lui si blocca a fissarla per qualche istante, per poi riprendere a camminare. « Farò finta di non aver sentito, già. E' davvero fastidioso questo ronzio di mosche, mh? » La punzecchia, per non lasciar intravedere null'altro che non sia quella sua solita espressione da idiota. Qualcuno mi veda a casa tua e possa pensare che hai un cuore. Quelle parole gli rimbombano nella mente però, lasciando un certo segno, che seppur si sforzi di non calcolare più di tanto, lo sente, pulsare, fastidiosamente. Lo stai facendo per non morire, si dice, professando una convinzione assai poco decisa. Se lo stesse facendo per il solo scopo di sopravvivenza, avrebbe mandato qualcuno degli uomini di suo padre a prelevarla. L'avrebbero portata a casa, lui l'avrebbe rinchiusa in chissà quale sgabuzzino, senza curarsi di come fosse vestita o meno, e sarebbero vissuti tutti felici e contenti. Ed invece eccolo quì, a cercare di convincerla a venire con lui, ed a fare il gentile, per sentirsi meno in colpa. Quasi non si riconosce dietro quei gesti, quell'Artie che solo qualche mese fa non si era fatto problemi a lasciare compagni di scuola agonizzanti per i corridoi, promettendo loro che sarebbe tornato, sapendo che non l'avrebbe mai fatto. "I miei occhi..sono qua." Ritorna alla realtà, ma non accenna a distogliere l'attenzione da quello..scenario particolarmente piacevole. « Oh sì, sì, i tuoi bellissimi occhi neri. » Alza lo sguardo, a quel punto, sobbalzando con espressione sorpresa condita di mano sulla bocca per lo stupore. « Ah! Ma sono verdi! » La provoca, e gli sembra di aver vinto per qualche istante, fin quando lei non decide di contrattaccare, al solito. "Certo che hai ragione, l'hai vista anche tu com'è critica la situazione mentre cammino, sbaglio?" Lo sfida con lo sguardo ed un sorrisetto beffardo sulle labbra carnose, che lui ricambia a sua volta, con una scrollata di spalle, come se averla vista nuda qualche ora fa non gli avesse fatto alcun effetto. Falso. « Ah già, quando ti sei spogliata al nostro primo appuntamento. Non ti facevo così intraprendente, sai? So di essere irresistibile, per te, però... » Non completa la frase, per farla risultare ancora più fastidiosa, fin quando poi non la prende per mano, per la seconda volta, trascinandosela dietro. Gli piace, tenerla per mano. Il modo in cui le loro dita si intrecciano, modellandosi assieme. Il calore della pelle di lei contro la propria. Beh, è una ragazza ed è gentile con te, che sei solo come un cane, è normale tutto questo, no? "C0m'è che sai dove si trova di preciso Victoria's Secret? Ci hai fatti tanti regali, eh?" Lei lo punzecchia e lui ride, guardando davanti a sè. « In realtà con mia madre, mia sorella, ed in più una cugina come Maze, era impossibile non conoscerlo. » Annuisce « Sai quante volte mi hanno costretto ad accompagnarle? Quante volte mi sono sacrificato per il loro bene? » Sospiro teatrale. "Comunque smettila di crederti così fuori come un balcone da essere irrecuperabile. Ho visto gente peggiore di te al mondo, mi dispiace, non vinci neanche lontanamente la gara." Scrive lei, poco prima di addentrarsi all'interno del negozio, con un occhiolino. Assottiglia appena lo sguardo, lui, dal canto suo, per scrutarla per alcuni attimi, poi sorride, sinceramente. Gli piace quel suo modo di fare. Lo prende in giro e lo punzecchia, per la maggior parte del tempo, ma al tempo stesso lo consola, a modo suo. Lo conforta, in un certo modo lo coccola pure, seppur in senso assai lato probabilmente. E nonostante tutto il suo pessimismo, nonostante gli potrebbe bastare un solo minuto in più per pensarci meglio e trovare il lato negativo della faccenda, come fa sempre, al momento non gli va di farlo. E non sa se si tratta degli acidi nelle sue vene o di chissà cos'altro, ma è sereno che si sente, adesso. La guarda qualche altro minuto in più, scrutandola silenziosamente, con quel suo solito fare spesso inquietante. E se fosse lei, quel 'chissà cos'altro'? Respira a fondo e scuote la testa, tornando alla realtà. « No? Io già ti vedevo, in bikini, a consegnarmi il premio. Dovrò accontentarmi di immaginarti e basta.. » La punzecchia, con faccia da schiaffi, fino a quando non viene investito dal profumo dalle note vagamente floreali che lo investe non appena sono dentro. Abbassa lo sguardo, andandolo a posare sullo scenario che gli si presenta di fronte, mentre la sua espressione si trasforma in un misto tra questo è il paradiso e sono un povero martire. Ma la prima versione vince sulla seconda, quindi è con un sorriso beffardo che risponde al suo "Quanto sei felice di essere l'unico essere di sesso maschile nel negozio?" per poi aggiungere « Che è? Ora mi leggi anche nel pensiero? » e ridacchiare, prima di seguirla. Le sta dietro, con le mani infilate nelle tasche e lo sguardo che vaga qua e là tra pizzi, merletti, e qualche commessa o cliente. Di tanto in tanto si sente qualche occhiata di troppo addosso, allora si riavvicina a lei, a mo di protezione. Per lui, chiaramente. « Se ti sto addosso è perchè sennò mi prendono per rapinatore, o peggio. Non per altro, ovviamente. » E questa specificazione perchè, Artie? Coda di paglia? Si morde la lingua, decidendo di rimanere in silenzio, almeno per un po', mentre continua a seguirla, lo sguardo attento -discreto, al solito suo!- su ogni cosa che mette dentro la borsa degli acquisti. "Tanto perché ho assolutamente bisogno di biancheria decente" « Prima mi ordini pesce e acqua, adesso ti compri i reggiseni neutri che neanche Chelesea. Da quì ai mutandoni della nonna è un passo eh. » La prende in giro, soffiandole sul collo tanta è la vicinanza, fin quando non si scosta, lasciandola andare dove desidera. Ed è a quel punto che lei si dirige verso un completino decisamente meno neutro degli altri, agguantandolo per poi rigirarlo verso lui. Batte qualche volta in più del normale le palpebre, fissando quel reggiseno e quegli slip ricamati, poi guarda lei, con un sopracciglio inarcato. "Questo? Che ne dici? Non si sa mai che possa averne bisogno all'appuntamento galante con il tuo giardiniere. E' stato molto carino questa mattina. Non me l'aspettavo, un altro uomo in casa.." Rimane impassibile per qualche momento, lo sguardo fisso nel vuoto, mentre assimila quell'informazione. Lo colpisce in pieno, attecchendo alla sua mente che per qualche macabro istante comincia ad andare in blackout. Uno dei suoi soliti, che lo portano a stringere i pugni, serrare la mascella, e -solitamente- iniziare ad attaccare di fronte a delle minacce che soltanto lui vede o sente. Ma per fortuna dura tutto fin troppo poco, giusto il tempo di ricevere la borsa piena di roba che lei gli molla addosso. Torna alla realtà allora, precipitosamente, lasciando andare quel momento di completa tensione, e allora la ricerca con lo sguardo, mentre adocchia la sua chioma svolazzare oltre una colonna. « No aspetta che intendi per "è stato molto carino stamattina"? » Domanda a gran voce, iniziando ad incamminarsi « Vickyyyyyy che intendiiii? » Squittisce, urlacchiando, fin quando non è costretto a bloccarsi di fronte ad una tenda chiusa in faccia. Borbotta, offeso, con tanto di broncio, e va a sedersi sullo sgabello per i mariti frustrati di fronte ai camerini. ..Solo che continua ad essere l'unico maschio lì, circondando da una ragazza da un lato, ed una madre di chissà chi dall'altro.
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    « Beh, come va? » Domanda, ricavandosi il silenzio della più giovane e l'abbandono della più grande, che si alza per allontanarsi. Oh andiamo, mica sono tossicodipend-Okay, severo ma giusto. E si sta rigirando uno slip tra le mani, con tanto di testa piegata da un lato mentre pone domande esistenziali tipo « Ma il tessuto elastico è facile o difficile da strappare? » (a scopo puramente scientifico) a delle sconvolte malcapitate nei paraggi, quando la testolina di lei fa capolino dalla tenda. Vicky gli sorride mentre Artie le rivolge uno sguardo confuso -tutto regolare, insomma- "Ho bisogno di aiuto." Si guarda attorno a quella richiesta, in cerca di qualche commessa, ma lei si gira, mostrandogli la schiena, mentre si copre in parte con la tenda. Perciò lui resta lì, dal canto suo, per qualche attimo, con espressione decisamente smarrita. Poi si alza, avvicinandosi. Beh oh, te lo sta chiedendo lei. Denunciarti per molestie non può. E da quando -poi- tu, ti fai tutti questi problemi? Deglutisce dunque, in attesa di direttive, mentre poggia delicatamente le dita sulla bacchetta del reggiseno. « Avverto che potrei metterci un po', eh. Sai com'è, di solito li slaccio, i reggiseni, non li allaccio » Asserisce. "L'ultimo gancetto, quello in alto, non ci arrivo. E credo ci si siano incastrati anche dei capelli, dato che mi tirano. Gentilissimo." Annuisce, mormorando un okay tra sè e sè, mentre si appresta a sistemarsi la borsa piena di roba su per la spalla, per poter avere la presa libera. Le scosta i capelli con una certa cura, attento a non farle male, e d'istinto fa qualche passo in avanti, per spostarsi dal corridoio. Le sfiora la pelle della schiena, sentendola, tiepida, sotto i propri polpastrelli, mentre si mordicchia il labbro inferiore. Riesce a seguire la curva della sua schiena con lo sguardo, da quella prospettiva, per poi soffermarsi per qualche istante sul fondoschiena, deglutendo rumorosamente. Respira a fondo dunque, col sospiro che si va ad infrangere sul collo di lei, e finalmente dopo attimi che gli sembrano ore riesce a districare quei fili d'oro ed appuntare l'ultimo gancetto. Si sente addosso una strana sensazione, che cerca di scacciare battendo numerose volte le palpebre e facendo per allontanarsi, ma lei è più veloce. Si gira, con la tenda che va a scoprirla, scorrendo dietro la schiena di lui e richiudendo entrambi dentro il camerino. La vede porsi una mano dietro la nuca ed una sul petto, mentre lui dal canto suo resta lì, fermo ed immobile, a fissarla. "Che ne pensi? E' abbastanza "decente"? E deve avere davvero una faccia che dice tutto, al momento, dato che è la prima lei ad accorgersene. "Su, non fare quella faccia, tanto hai già visto praticamente tutto, c'è poco da fare le pudiche a questo punto." E continua ad avercela, fin quando non distoglie lo sguardo, annuendo. « Mmh quindi siamo passati da te che mi minacci col cuscino a siamo come fratello e sorella puoi vedermi nuda? Interessante. Il prossimo passo qual'è? » La punzecchia, prima di concentrarsi sulla sua effettiva domanda. La guarda, ma se dapprima l'intento è quello di non soffermarsi più di tanto, alla fine si sofferma, si sofferma eccome, mentre si morde il labbro inferiore, istintivamente. Resta in quel modo per qualche minuto, fin quando non sembra riprendersi, annuendo. « Decente non è il primo aggettivo che gli darei, ma ti sta bene. » Molto bene. « Oh, aspetta » Mormora dopo un po', balzando in avanti. Allunga una mano in maniera automatica, andandole a sistemare una bretella fuori posto. « Era un po' piegata.. » Bofonchia, ridacchiando, incrociando il suo sguardo per la prima, effettiva volta da quando è entrato lì dentro. E vi ci specchia dentro per qualche istante, mordicchiandosi l'interno della guancia, con ancora le dita incastrate sulla stoffa della bretella, fino a lanciarle un rapido sguardo lungo il corpo e poi di nuovo al viso, incastrandosi il labbro inferiore tra i denti. « Dicevi sul serio, riguardo al giardiniere? » Si ritrova a domandarle, senza nemmeno rendersi conto di averlo detto ad alta voce e non solo pensato. E di nuovo sente quel calore dentro, che lo porta a sospirare, ma quando schiude le labbra come per dire qualcosa, pronunciando le prime vaghe lettere di quello che può sembrare un "sei bellissima"...« Oh! Scusate! » La tenda del camerino, ormai spalancata, lascia spazio ad una donna sulla trentina, con capelli rossi intrecciati dietro la nuca e due spessi occhiali vintage sul naso. « Ero sicura che fosse libero. Perdonatemi.. » Fa per andarsene, con Artie che si gira verso Vicky ridacchiando sommessamente per l'imbarazzo del momento, ma alla fine la donna si riaffaccia. « Avete dato un'occhiata alla promozione coppia? » Eh? « Per le giovani coppiette come voi, assieme ad un due al prezzo di uno, regaliamo anche un ingresso gratuito ad una delle SPA migliori del Distretto dell'Oro. » « Noi non siamo una cop- Ha detto spa? » La commessa annuisce, soddisfatta. « Di questi tempi la clientela è molto diminuita..Bisogna organizzarsi, in qualche modo, per farsi pubblicità! E cosa c'è di meglio di una giornata di relax per non pensare almeno per un po' a questo mondo grigio? » Non trova il senso di quell'idea, però annuisce, ruffiano come non mai, girandosi verso Vicky con un sorrisone. « Già, amore, cosa c'è di meglio? » Squittisce, acuto, mentre le sguscia dietro, aderendo alla sua schiena col proprio corpo mentre la abbraccia. « Allora vi lascio continuare i vostri acquisti in tutta tranquillità e parleremo dopo dei termini di utilizzo. » Il biondo annuisce, senza mollare la presa, mentre la donna si allontana, tutta contenta. Aspetta che sia abbastanza lontana, prima di scoppiare a ridere. E' così stranito da tutta quella faccenda, ma divertito, che non si rende nemmeno conto di quanto la stia ancora stringendo, e continua a non rendersene conto neanche quando le molla uno scoccante bacio sulla guancia. « Andiamo! Un ingresso gratis! Okay che potrei pagarne mille, tranquillamente, ma gratis, è più figo! » Asserisce, esaltato, fino a scostarsi, e solo allora rendersi conto di tutto ciò che ha fatto in quei pochi istanti. Con lei mezza nuda. E lui ancora abbastanza..Cala per qualche istante lo sguardo verso i propri pantaloni, poi lo rialza, ostentando indifferenza. Okaaaaay. Decide di sedersi, che è decisamente la scelta migliore, mettendo una gamba a cavallo. « E' divertente, dai. Tu di una giornata di relax avresti bisogno, dopotutto. Dobbiamo solo convincerli che siamo una coppia. Ed in fondo nuda ti ho già vista, non dovremmo fingere poi così tanto, no? » Il tono è malizioso, mentre la provoca. « Quindi? Ci stai? Giusto il tempo di uscire di qua. Devi solo essere credibile, hai qualche idea? » Incrocia il suo sguardo. « Sii fantasiosa, io ho già fatto il mio. » E pure troppo.


    Edited by king with no crown - 15/9/2018, 01:02
     
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    « Che è? Ora mi leggi anche nel pensiero? » Si stringe nelle spalle, passeggiando tra gli scaffali del negozio, cercando di non pensare ad altro che quello, semplicemente pensare di essere due adolescenti che sono in vena di far compere. "Per uno che è stato così attento da avermi fatto la radiografia del seno, beh sì, non è così difficile leggerti nel pensiero." Sorride, con una punta di candore, lasciando cadere nella busta anche dei calzetti colorati. « Se ti sto addosso è perchè sennò mi prendono per rapinatore, o peggio. Non per altro, ovviamente. » Gli lancia un'occhiata da sopra la spalla, accigliandosi appena nel comprendere quanto lui abbia bisogno di sottolineare che non le sta addosso per qualche ragione particolare, ma una piuttosto semplice e lineare: per non sembrare il suo rapinatore. Alza perciò un sopracciglio, con un mezzo sorriso stampato sulle labbra. "Te l'ho forse chiesto?" Chiede candidamente, guardandolo fisso. "No perché, tra l'altro, non credo che fregherebbe niente a nessuno qua intorno, sai? Apre il palmo della mano, come a voler raccogliere ogni angolo del negozio, per fargli notare quanto, i pochi altri clienti che vi sono oltre loro, fanno compere di fretta, cercando di tenere sempre la testa bassa, quasi avessero paura di incontrare qualcuno di loro conoscenza. "Visto? Credo che, se anche ti mettessi a ballare nudo qua in mezzo.." lo guarda torva, con l'espressione da "non ti azzardare o replicare o ti graffio" "..nessuno se ne accorgerebbe." Si blocca. "Me compresa." E a quel punto gli angoli delle labbra svettano, furbe, verso l'alto, mentre ricomincia a girovagare, cominciando a pensare cosa altro dovrebbe comprare. « Prima mi ordini pesce e acqua, adesso ti compri i reggiseni neutri che neanche Chelesea. Da quì ai mutandoni della nonna è un passo eh. » Sorride, con fare affabile, per nulla toccata dalla sua battutina. "I mutandoni della nonna sono comodissimi e hai detto che potevo spendere i tuoi soldi come meglio volevo, sbaglio?" E senza aggiungere molto altro, decide di prenderlo in contropiede, contraccambiando quel suo volerla definire pari pari a Chelsea, tirando su il completino che meglio sembra combinare i suoi gusti al resto di ciò che la circonda. Aspetta che sia lui a dire qualcosa, sbattendo energicamente le ciglia, come a voler lasciar trasparire tutto quel suo essere assolutamente a posto con il mondo, come se nulla fosse successo. Ma quando lui non le dà alcuna soddisfazione, decide di passare oltre, girandosi per camminare impettita verso i camerini. Ma poi lo sente, muoversi dietro di lei, come uno che non sembra assolutamente il suo rapitore. « No aspetta che intendi per "è stato molto carino stamattina"? Vickyyyyyy che intendiiii? » Sente un qualcosa di più nella sua voce, qualcosa che non c'è mai stata, proprio lì, prima di quel momento, ogni qual volta Artie Cavendish era stato costretto a interagire con lei. Ci vede quasi..della gelosia intrinseca a cui la bionda non riesce a dare davvero un nome. Ma forse è soltanto la mia immaginazione, dopotutto devo ancora riabituarmi a tutto questo si ritrova a pensare, mentre si sveste dentro il camerino, guardandosi di tanto in tanto a sbirciare, dallo specchio, per cercare di scorgere e annotare mentalmente le nuove sfumature del suo corpo. La cicatrice in mezzo al seno, la bruciatura dietro l'orecchio, dei graffi ancora vividi e di quel rosso scuro alla base della schiena e numerosi lividi qua e là. Deglutisce, con non poca fatica, mentre distoglie lo sguardo dallo scempio che è diventata la sua pelle. Stenta quasi a riconoscersi, così diversa, così scura in troppi punti, così esposta e vulnerabile, così terribilmente non sua, tanto da non sentirsi più veramente nel proprio corpo, ma in un guscio che non le appartiene più. Scuote la testa, e fa allora capolino con la testa fuori dalla tenda per richiedere l'aiuto di Artie. Si volta di spalle, quando le si fa vicino, e si stringe il corpo con le braccia, aspettando che sia lui ad aiutarla.
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    « Avverto che potrei metterci un po', eh. Sai com'è, di solito li slaccio, i reggiseni, non li allaccio » Rotea gli occhi, sbuffando rumorosamente affinché anche lui possa sentire la sua giocosa esasperazione di fronte all'ennesima sua battuta a sfondo sessuale. E di colpa cala il silenzio, un silenzio che sembra caricarci, inavvertitamente, di una carica d'elettricità non indifferente, perché le mani di lui le carezzano i capelli, spostandoli su di una spalla, le carezzano la pelle nuda e lei riesce a percepire, con assoluta esattezza, quanto siano dolci e delicati i suoi polpastrelli, quanto sia piacevole la pressione ingenua che sembrano esercitare sul suo corpo, tanto da portarla a rilassarsi, abbassando le spalle e districando il forte abbraccio composto dalle proprie braccia. E si fa ancora più strano e imbarazzante quando sente il respiro caldo di lui infrangersi sulla sua nuca. Stringe i pugni, Vicky, per cercare di darsi una controllata, ma avverte i brividi passarle la schiena da parte a parte e allora chiude gli occhi, arricciando il naso, sapendo perfettamente di essere stata colta in flagrante, con tanto di pelle d'oca. Perciò, quando capisce che ha finito, cerca di darsi un certo contegno, schiarendosi la gola..sapendo perfettamente di non poter parlare. Sei un genio! Si sente rimproverare dal proprio cervello, mentre cerca di fare quella ultra confidente con il proprio corpo, chiedendogli un parere sul suo nuovo quasi acquisto. « Mmh quindi siamo passati da te che mi minacci col cuscino a siamo come fratello e sorella puoi vedermi nuda? Interessante. Il prossimo passo qual'è? » Lo guarda fisso per qualche istante, prima di arricciare le labbra in una smorfia. "Non c'è nessun'altro passo. Siamo arrivati al capolinea, dopo fratello e sorella non c'è altro, no?" Si dà un'altra occhiata di sbieco allo specchio, cercando di capire se il tutto può darle un effetto che riesce a convincerla o meno. « Decente non è il primo aggettivo che gli darei, ma ti sta bene. » Torna a guardarlo e nota l'occhiata, decisamente troppo presa e decisamente poco da fratello e sorella. Così sta per dargli una leggera botta sul braccio, quando è lui a balzare in avanti. « Oh, aspetta » Le sistema la bretella del reggiseno, mentre gli occhi di lei seguono i movimenti delle sue dita affusolate. « Era un po' piegata.. » Gracchia quello che dovrebbe essere un "grazie" giusto accennato, per poi far calare nuovamente il silenzio tra di loro. Si guardano per qualche istante, fissi, mentre lei aggrotta le sopracciglia. "Okay, comincia ad essere imbarazzante" scrive, con un sorriso a coronare il tutto. « Dicevi sul serio, riguardo al giardiniere? » Ancora? "Sì, è stato molto gentile, soprattutto perché ho attraversato l'aiuola che sembrava aver tagliato da poco e oltre una faccia, inizialmente, non troppo felice, il dopo è stato molto più tranquillo. E' stato piacevole parlare, per modo di dire, con qualcuno." Si stringe nelle spalle, per qualche secondo. "E poi credevo che davvero aveste un personale completamente al femminile. E' un problema che io ci abbia parlato?" Alza le sopracciglia, mentre lui sembra cominciare a dire qualcosa, ma la tenda si apre di scatto e lei sgrana gli occhi, nascondendosi parzialmente con la maglietta che Artie le ha dato la sera prima, per non farsi vedere quasi completamente nuda. La sua testa sembra andare in stand-by per qualche istante, captando soltanto qualche parola a singhiozzo del discorso dei due e torna con i piedi per terra soltanto quando sente il biondo rivolgerlesi direttamente. « Già, amore, cosa c'è di meglio? » Lo guarda, confusa, non riuscendo a capire cosa stia intendendo, prima che lui l'abbracci da dietro, con fare protettivo. « Allora vi lascio continuare i vostri acquisti in tutta tranquillità e parleremo dopo dei termini di utilizzo. » Cosa caspita state dicendo? La donna esce, lui la bacia sulla guancia e lei picchia la mano di Artie che le carezza la pancia, con fare deciso, liberandosi immediatamente dalla sua presa. "La prossima volta te la taglio quella mano, se lo fai senza il mio espresso consenso." Patti chiari e amicizia lunga. « Andiamo! Un ingresso gratis! Okay che potrei pagarne mille, tranquillamente, ma gratis, è più figo! » Un attimo prima parla tutto allegro, un attimo dopo abbassa lo sguardo, quasi imbarazzato, per poi cambiare di nuovo espressione, per l'ennesima volta, così che per Vicky diventa davvero difficile stare al suo passo. . « E' divertente, dai. Tu di una giornata di relax avresti bisogno, dopotutto. Dobbiamo solo convincerli che siamo una coppia. Ed in fondo nuda ti ho già vista, non dovremmo fingere poi così tanto, no? » Si tiene ancora la maglietta ben stretta al petto, mentre riduce gli occhi a due fessure, come a voler fare la finta incazzata. « Quindi? Ci stai? Giusto il tempo di uscire di qua. Devi solo essere credibile, hai qualche idea? Sii fantasiosa, io ho già fatto il mio. » Continua a guardarlo male, per qualche altro secondo. "Prima di tutto, non si va nudi alla spa." Cerca di rimarcare, con tanto di segnetti colorati che compaiono sotto il "non". "Seconda cosa.." gli si avvicina, per poi buttarlo fuori dalla tenda, con varie spintarelle all'altezza del petto, con la sua totale collaborazione, altrimenti, con ogni probabilità, sarebbe rimasto fisso sul posto. Si riveste, con tutta la calma del mondo, cercando di non pensare troppo a quanto tutto ciò che è accaduto in quel camerino, nel giro di nemmeno dieci minuti, possa essere interpretato in maniera del tutto erronea. Perché è stato strano, scendere così tanto in intimità con qualcuno. E' stato strano, eppure per com'è stata sempre fatta, non dovrebbe risultarlo, perché Vicky è sempre stata quel genere di persona pronta a calarsi in ogni situazione, persino con degli sconosciuti appena incontrati. Ma rientrare in comunione con qualcuno di conosciuto, seppur vagamente, sembra averla scossa più di quanto avrebbe mai potuto credere. E' una sensazione che riesce a farle vibrare le ossa, ogni cellula del corpo, ogni qual volta incontra il suo sguardo e capisce che c'è un qualcosa di non detto al loro interno, ogni qual volta si ritrovano a sfiorarsi, accidentalmente e per puro caso, ogni qual volta quel silenzio decide di avvolgerli nel suo abbraccio. Ci si deve soltanto riabituare, lo sa bene, anche perché, per quanto strana, è comunque una sensazione piacevole che il suo corpo riconosce come propria, come un qualcosa di cui ha bisogno, per nutrirsi e per tornare a vivere come ha sempre voluto fare. Riapre la tenda con un colpo secco, rimanendo lì per qualche istante, per poi avvicinarsi a lui, per buttare il completino nella busta. "Se fanno domande, gli dirai che sono muta. Sarai la mia bocca, mentre proverò ad usare il linguaggio dei segni." Fingendo bellamente che sia tu che io sapremo decifrarlo alla perfezione. Perché insomma, sì, potrebbe usare benissimo la bacchetta anche davanti a loro, ma oltre al fatto che quest'ultima, non essendo la sua, continua a risponderle una volta ogni morte di papa, la mette a disagio il dover comunicare in un modo così particolare. "E questa cosa ti varrà il doppio dei vestiti, non appena troviamo il mio negozio preferito." Scritto ciò, lascia scivolare la mano in quella di lui e se lo trascina dietro, come farebbe una fidanzata qualunque con il proprio ragazzo restio a stare in un negozio del genere, fino ad arrivare alla cassa, lì dove li attende la stessa commessa assai poco discreta di poco prima. « Ha trovato tutto ciò di cui aveva bisogno, signorina? » Annuisce in tutta risposta, guardando Artie, come a volergli suggerire di aggiungere qualcosa di consono per essere più esaustivi possibili. « Allora, venendo a noi. » La donna comincia a passare sopra il bancone gli acquisti di Vicky, ispezionando capo dopo capo. « Sono undici pezzi, per un totale di 24 galeoni, utilizzando il prendi due paghi uno sulle tre paia di calzetti. » Li indica, prima di riporli dentro la busta riportante il logo del negozio. « Ed essendo una spesa che supera i 20 galeoni, avete diritto all'ingresso gratuito alla Spa "Acqua di Fata", essendo inoltre una coppia. » Dopo aver finito di imbustare tutti gli acquisti, alza lo sguardo su di loro e Vicky, senza pensarci, sorride, sporgendosi verso Artie, per andare a strofinare il proprio naso contro la spalla di lui, in un gesto che dovrebbe suggerire un certo grado di confidenza e complicità. Poi muove le dita, andando a formare dei segni, come aveva visto fare a Tabitha, la donna che aveva preso ad ospitarla in Vietnam. Confida nelle capacità d'improvvisazione del biondo, lasciandogli la possibilità di decifrare quei gesti fatti a caso in un qualcosa di senso compiuto. « Okay..sì, bene. » E' imbarazzata, visibilmente, mentre aspetta che Artie passi al pagamento. « Con una firma qua, vi lascio il dépliant, con all'interno gli orari e i servizi della Spa e la scadenza del buono. Siete maggiorenni? » Vicky annuisce energicamente, ricordando il modo in cui lei ha compiuto i suoi diciott'anni: chiusa all'inferno, con un pazzo psicopatico che amava giocare al gatto al topo. Si fa avanti, allora, firmando velocemente, per poi salutare con la mano la donna, una volta fatti i dovuti saluti di rito, e con l'altra ancora incollata a quella di Artie, si avvia verso l'uscita. Di nuovo sul marciapiede, rimane così per qualche istante, continuando a camminare in silenzio, fin quando non ritira fuori la bacchetta. Abbastanza convincente? Gli domanda, prima di svoltare l'angolo, senza aver alcuna intenzione di lasciargli la mano. "E ora, caro mio, preparati al tuo pomeriggio d'inferno peggiore."

    Hanno girato la bellezza di undici negozi, tra vestiti, scarpe, prodotti per la skincare del viso, trucchi, prodotti per i capelli e la pulizia personale e alla fine, eccoli lì, che camminano nuovamente verso la macchina, con un Artie carico di buste e con meno soldi nel conto fiduciario e una Vicky altrettanto piena, tra pacchi e pacchetti, tanto da non avere nemmeno più la possibilità di avere una mano libera per poter parlare. Stipano tutto nel bagagliaio, con qualche busta che non c'entra e va a finire nel sedile posteriore. E' solo quando hanno sistemato tutto, che Vicky si avvicina a lui, arrivandogli perfettamente sotto al viso. Lo guarda fisso, per poi allungare una mano, lentamente, fino alla tasca sul retro dei suoi pantaloni. Ce la infila, fin quando non trova le chiavi della macchina e le tira fuori, sventolandogliele sotto il naso. "Ovviamente, dopo la tua meravigliosa di performance prima, guido io." Si sistema sul posto del guidatore e mette in moto, con la macchina che prende a rombare, felicemente, sotto i loro sederi. Non ha una meta. Non vuole ancora tornare a casa, mentre il sole si sta abbassando, lentamente, ma vuole allontanarsi dalla città. Così prende le prime strade che portano verso le periferie e poi sempre più lontano, verso le campagne. Ha bisogno di guidare e non pensare ad altro che al meraviglioso paesaggio che vi è al di fuori dei finestrini. Giusto per distrarsi ancora di più, allunga la mano sinistra verso la radio, andando a ricercare una stazione in cui non si parli soltanto di qualcosa di tragico. Alla fine becca una canzone che le piace e sorride, cominciando a canticchiarla a fior di labbra. "Mr. Sandman, bring me a dream, make him the cutest that I've ever seen." Le è sempre piaciuta la musica di altri tempi, specialmente quella anni 50/60. Continua così per un altro po', per poi lanciare un'occhiata ad Artie. "Non ti sto rapendo." Si sforza di dire, con quel gracchiante sibilo che le esce fuori dalla bocca. "Voglio solo staccare un po' la testa, allontanarmi da tutto, per qualche minuto." Si stringe nelle spalle, con un gomito che si appoggia al finestrino e la mano che si perde tra i suoi capelli biondi. "La campagna londinese mi ricorda Villa Conchiglia." Deglutisce, così che la sua gola si umidifichi un poco. "E' casa mia..." aggiunge, percependo della confusione da parte sua. "E' così che la chiamavo da piccola ed è così che ormai tutti la chiamano. Vista dall'esterno ricorda davvero tanto una conchiglia e amavo dire che ero Ariel, la sirenetta che vi viveva all'interno." Un sorriso intenerito compare sulle sue labbra. "Per questo odiavo i miei capelli biondi, quando il resto della mia famiglia li ha rossi. Ho pure provato a tingermeli da sola, a cinque anni. Un completo disastro. Li ho avuti verde/arancio per circa un mese." A quel punto accompagna il racconto con una risata. "Comunque, tutto questo mi ricorda molto casa mia, anche se lì c'è il mare." Sembra esserci del rimpianto tra le sue parole, quasi si sentisse in colpa nello stare lì con lui e non con i suoi famigliari che forse, nonostante tutto, la stanno anche piangendo o non hanno ancora perso le speranze. "Tu hai un posto dove ti senti davvero al sicuro?" Gli domanda di getto, guardandolo, per poi voltarsi di nuovo verso la strada. Ed è solo allora che si accorge che c'è qualcosa sulla strada. "Occielo!" Punta il piede sul freno, di colpo, così che gli pneumatici cominciano ad arrestarsi, stridendo contro l'asfalto. La classica puzza di bruciato comincia ad alzarsi dalle gomme, ma alla fine, a pochi metri di distanza da quel qualcosa, la macchina si arresta completamente. I fari puntano dritti dritti contro quello che, a prima vista, a Vicky sembra essere un animale. "Che cos'è?" Domanda ad Artie, con la bacchetta puntata a mezz'aria. L'animale rimane fermo, in mezzo alla strada e sembra guardarli con una certa punta di fierezza. Così Vicky scende dall'auto e fa il giro, fino a ritrovarsi a pochi centimetri da quell'essere a cui non sa dare un nome. Si guardano, si osservano per qualche istante e la bionda sta per avvicinarsi, quando l'animale fa un passo indietro e da fiero, passa ad essere indignato. « Scusa biondina, ma dove cazzo credi di andare? » Vicky rimane basita, lanciando un'occhiata ad Artie. "Okay, questa non me l'aspettavo." Si ritrova a scrivere, dopo qualche istante, con un sorriso beffardo ad incurvarle le labbra. Fa di nuovo un passo verso l'animale e lui ne fa uno indietro, alzando la zampina superiore, come a volerla fare indietreggiare. « Non ti avvicinare o ti mordo, cazzo. » Inclina allora la testa, Vicky, torna a guardare il biondo, portando una mano ad indicare la dolce creaturina. "Oh ma guarda, sembra proprio che tu abbia trovato il tuo Figaro, alla fine. E parla pure, lui. Quanto sei fortunello, eh?
     
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