Lollipop

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    Un respiro di sollievo, quello di Janis Lydia Jones. Là dove molti pensavano di andare a morire, lei aveva ritrovato la pace. Tra le mura della Città Santa, aveva trovato casa, un posto che stranamente sembrava sentire come un luogo in cui riposare le sue stanche ossa. Sedici anni, eppure portarsene sulle spalle molti di più. Una sorella scomparsa in giovane età, una madre che si è sciacquata dal giorno alla notte, un padre in prigione di cui non sapeva più nulla e un piccolo Jay Potter che chiaramente non era più solo la sua famiglia, bensì il piccolo giglio di tante altre persone. Una vita di stenti, una situazione famigliare disastrata e fallimentare, che aveva pensato, Janis, sarebbe culminata con un suo cadere nel giro delle droghe e la depressione più nera. Eppure, a ben vedere, il suo varcare le porte di Inverness aveva decretato l'esatto contrario. « Jones! Muovi il culo! » Scoppia a ridere la ragazza mentre legandosi i capelli in una coda alta saluta Garry, il proprietario del American Graffiti's con un tipico cenno militare mentre si carica il pacchetto da consegnare. Hamburger patatine, bibite e dolce. « Agli ordini capo! » « Sulla Trentaduesima, al numero 12; ordine per i Fields. » E dopo essersi annotata i dettagli e aver guardato la mappa del centro di Inverness, esce in strada salendo sulla sua bici dirigendosi verso la meta. Cuffie nelle orecchie e un sorriso a trentadue denti, mentre sfreccia sulle strade ghermite di gente al tramonto. Non avrebbe bisogno di lavorare, Janis. Non più. Ha una casa di proprietà, abbastanza oro da poter sopravvivere per il resto della sua esistenza - se solo i soldi dovessero mai servire - e soprattutto ha uno scopo oltre ad avere.. Il telefono squilla. « Non ci crederai cazzo! E' la terza volta questa settimana che Dreyfuss ordina sotto nome falso! Il suo culo non reggerà più i sedili della funivia di questo passo. » ..lui. Oltre ad avere lui. « Hai appena interrotto gli Abba in riproduzione casuale. Vergogna! » Scoppia a ridere. « Aaaaaaaaah certo perché al mondo ci sono solo i Black Sabbath. » Pausa. « Passi al locale dopo il turno? [...] Eccerto che offro io. Garry ormai si è abituato al fatto che tu scrocchi. Gli ho spiegato che mi scrocchi anche casa, quindi un panino è il minimo. [...] No, me lo ritira dalla paga, ma sticazzi, tanto ormai siamo ricchi, Lupin. » Sono ricca. Una cosa che Janis Jones non avrebbe mai pensato di poter dire. Forse non era prettamente così. Non si era guadagnata prettamente niente, se non vomitando merda a profusione. Da qualche parte doveva avere una specie di protettore, qualcuno che sembrava voler fargliela scampare sempre, in un modo o nell'altro. E infatti, volgendo lo sguardo verso il cielo, rivolge lo stesso cenno militare al superiore, prima di continuare a pedalare immettendosi sulle strade del centro. L'aria fresca scozzese le solletica il collo. Non ha mai avuto così tanta energia come da quando è arrivata a Inverness. E' propositiva, ha voglia di fare, vuole divincolarsi da quel senso di lamentele continuo. La vita è bella; e noi vivremo. E' piuttosto facile vederla affaticarsi. Da quando l'upsidedown ha preso il sopravveto è spesso debole; dopo la sera dello scoppio ha avuto parecchi giorni di apatia. Ha dormito così tanto per quasi tre giorni di fila che il materasso aveva preso la forma del suo esile corpicino. Poi si era detta che con qualche vitamina e pozione rigenerante sarebbe stata meglio, e funzionava. Quasi sempre. A volte era pallida e le si leggeva in faccia quanto avesse quella costante necessità di gettare fuori dal proprio corpo ogni mollica e goccia d'acqua ingerita. Ma era solo uno stimolo, e non era certo il cibo ciò che aveva bisogno di buttare fuori. Era più.. tutto. Quella sensazione di ansia strusciante che sembrava infervorarsi nelle sue vene, ogni qual volta si avvicinasse troppo alle mura della città. Di uscirne non ne voleva sentir parlare. Stava bene in quel ambiente circoscritto; meglio di quanto sia mai stata. Nonostante la mancanza di importanti personalità nella sua vita, Janis non avrebbe scambiato quel posto per niente al mondo. Era diventata una specie di casa a distanza, in pochissimo tempo. Si sentiva accettata, voluta, compresa e soprattutto protetta. Sentiva di essere voluta bene, e lei a sua volta sembrava voler bene persino a gente con cui aveva scambiato non più di due parole. Per la prima volta nella vita, Janis Jones sembrava aver combattuto i suoi demoni, dando fiducia a chi la circondava, dando loro una possibilità di farsi conoscere. [...] « Hai una aspetto di merda. » Louis, il barista, le riempie al volo una pinta di birra mentre si siede al bancone piuttosto esausta. Gli spostamenti troppo repentini sembravano ammortizzare quel suo star bene, ricordandole, che era davvero facile affaticarsi in quella particolare situazione.
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    « Grazie tante, Marlon Brando dei poveri. » Si guarda attorno, ma i posti al bancone, dove di solito becca James, sono deserti. Osserva quindi l'orologio e si rende conto che il ragazzo non sarebbe ricomparso per farsi offrire la cena prima di un'altra ora. Si porta la pinta alle labbra, per poi posare la tempia sulla superficie ghiacciata in vetro mentre cerca di riprendere fiato. Ha fatto una corsa in bici dal centro e fino al locale, per non lasciare Garry e Louis scoperti troppo a lungo. Aveva detto a Garry che fosse il caso di trovarsi un fattorino il prima possibile, ma lo scorbutico proprietario del locale in pieno stile anni '50 sembrava piuttosto diffidente nel lasciare i suoi preziosi carichi in mano a chiunque. « Ehi! C'è una rossa tutta pepe che ti aspetta al tre da una decina di minuti. Le ho offerto un milkshake, ma non sembrava poi molto intrigata dall'idea di assaggiare le mie creazioni a prova d'artista. » Solleva un sopracciglio prima di girarsi con fare speranzoso, mentre la chioma di capelli rosso fuoco si materializzare al suo cospetto. Un sorriso fiero ed emozionato si palesa sul suo volto mentre sospira affondo. « Si.. scommetto che era proprio quello ciò che volevi farle assaggiare. » La solita Janis, seppur leggermente affaticata e un po' pallida. Salta giù dalla sedia e si trascina con un ampio sorriso verso il tavolo prima di poggiare la propria pinta di birra sulla superficie immacolata per poi aprire le braccia in maniera automatica senza nemmeno dire niente. Aspetta un abbraccio che diventa talmente forte, da sentirsi completamente inglobata da quel gesto. « Testina! Cazzo se mi sei mancata! » Nonostante non si vedano di persona da mesi, si comporta come se non fosse passato più di un giorno; è palese la gioia che prova, e anche il leggero affetto più spinto del solito nei confronti della rossa, ma nonostante ciò, Janis esteriorizza i suoi sentimenti da vera dura quale è - non li esteriorizza. « Ce l'hai fatta alla fine a passare! Quando sei arrivata? Quanto ti fermi? Perché ti fermi vero? Oh ma certo che ti fermi.. » Posa un fazzoletto di fronte a sé e avvicina il milkshake per assaggiarlo, con la stessa naturalezza con cui si respira, prima di appoggiare le spalle allo schienale della panca opposta a quella su cui è seduta la ragazza, in quel separé coloratissimo, tipico di qualunque tipica tavola calda datata, ma con la personalità americana del dopoguerra. « Ti fermi dopo il matrimonio o resti qua? Non importa - in ogni caso stai da me. Ti avverto che abbiamo un Lupin e un Potter sotto lo stesso tetto, ma c'è abbastanza spazio per contenere la follia di dieci come loro, quindi no problem. » Sospira affondo cercando di contenere l'entusiasmo, mentre ritorna alla sua amata birra, gettando la testa all'indietro. Che sia stanca è piuttosto evidente, che sia felice, altrettanto. « Non tenermi sulle spine. Inizia ad aggiornarmi sugli ultimi tre giorni in cui hai fatto la gnorri non informandomi sui tuoi movimenti intestinali, grazie. »


     
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    Da che Fawn aveva messo piede ad Hogwarts, Janis era diventata la sua migliore amica. Così. Automaticamente. Si erano conosciute i primi giorni di scuola e, vuoi perché entrambe americane e con una nostalgia di casa cronica, vuoi perché avevano appena undici anni, vuoi perché erano entrambe finite a Grifondoro alla fine, erano semplicemente diventate amiche. Bisognava ammettere che la newyorkese, per sua predisposizione personale, aveva sempre bazzicato attorno a tantissima gente diversa; sembrava avere amici e conoscenti ovunque andasse, tanto che a volte nemmeno lei si spiegava come fosse possibile una cosa del genere. Ma - e c'era sempre un ma - per quanti amici potesse dichiarare di avere, e per quanti ne avesse sul serio; per quanto meraviglioso e peculiare potesse essere il suo rapporto con ognuno di loro, i fatti restavano i fatti. Ed i fatti dicevano che, per quanto potesse voler bene ad ognuno dei suoi amici, in fin dei conti... nessuno di loro era Janis. Non avrebbe saputo dire cosa fosse stato, ad unirle così tanto. Se si fossero un po' riviste a vicenda l'una nella famiglia disastrata dell'altra - per quanto, disastrate, lo fossero in sensi differenti - , se si fosse trattato di semplice indole, o se fosse scattato qualcosa e basta. Stava di fatto che, qualsiasi fosse il grande mistero alla base, dopo tutti quegli anni Janis era semplicemente diventata la sorella che Fawn non aveva mai avuto. Ed era proprio per questo che, appena varcati i confini di Inverness e senza nemmeno guardarsi troppo attorno, la rossa aveva semplicemente chiesto dove potesse trovarla, la sua JJ. Non aveva voluto fare un giro turistico, non aveva voluto prendersi del tempo per fare qualsiasi altra cosa. Dopo, ci penso dopo. Si era limitata a scucire le dovute informazioni al primo in grado di dargliele, e si era diretta, a passo piuttosto spedito - per non dire di corsa - verso la tavola calda dove l'amica lavorava. Era un posto carino, doveva dire. Ricordava un po' uno di quei localini nei quali si rintanavano insieme, in quel degli States, quando avevano voglia di parlare e basta. Quando erano solo loro due, senza la musica assordante o gli inevitabili individui molesti. Si sedette ad aspettarla ed era tanto presa dall'attesa che, francamente, al povero ragazzo che venne a prendere le ordinazioni, nemmeno prestò la dovuta attenzione.
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    Quando vide lei, invece, non poté fare a meno di sciogliersi in un sorriso. Dire che fosse contenta di rivederla, sarebbe stato riduttivo. Dire che avesse dovuto trattenersi dal saltellare e raggiungerla oltre il bancone, francamente, pure. Quando la giovane aprì le braccia, la raggiunse in un baleno, stritolandola letteralmente. Sembrava non la vedesse da anni. E fu un sollievo riconoscerne il profumo tanto familiare ed affondare il viso nei suoi capelli forse per qualche attimo più del dovuto. In quel periodo erano venute meno tante, tantissime certezze; in quei mesi erano crollati un sacco di pilastri che reggevano la sua vita, ma la felicità nello scoprire che uno dei più importanti - la sua migliore amica - avesse resistito alla tempesta, era immensa. Era come tornare a casa. Perché magari non era sicura di avercelo, un posto tutto suo, ma aveva Janis. E Janis era più di qualunque altro posto nel mondo. Era la sua migliore amica e la sua famiglia. Avevano resistito a tutto, anche a quella maledetta lontananza, senza mai allontanarsi davvero. « Testina! Cazzo se mi sei mancata! Ce l'hai fatta alla fine a passare! Quando sei arrivata? Quanto ti fermi? Perché ti fermi vero? Oh ma certo che ti fermi.. » Fawn rise, osservandola ben bene, quasi potesse essersi persa cose importantissime sulla ragazza. Quasi quella potesse scomparire in un sonoro puff. E si pentì istantaneamente di aver preso in considerazione, soltanto per un attimo, di non andarci, a quel matrimonio. Di fronte a quella felicità che permeava l'aria - sua e della migliore amica - si disse semplicemente che di pugni dalla Stone se ne sarebbe presi anche dieci. E che nessun pregiudizio di questo mondo, nessuno di loro, valeva abbastanza da negarsi la possibilità di rivedere la sua JJ. « Ti fermi dopo il matrimonio o resti qua? Non importa - in ogni caso stai da me. Ti avverto che abbiamo un Lupin e un Potter sotto lo stesso tetto, ma c'è abbastanza spazio per contenere la follia di dieci come loro, quindi no problem. » La rossa si lasciò andare in una risata gioiosa, che scoprì presto essere liberatoria. Ecco, era proprio questo che intendeva. Nessun costrutto sociale, niente convenevoli, nessuna pausa imbarazzante; famiglia era questo. E lei, dal canto suo, era così contenta che davvero non riusciva a smettere di sorridere. Certo, Janis sembrava affaticata, ma rivederla tutta intera, percepire la sua felicità, era abbastanza da convincere la Byrne a chiederglielo dopo, il motivo di quella cera. Non aveva fretta, dopotutto; quello era il loro momento. « Adesso anche un Potter? » Le lanciò un'occhiata incuriosita, mentre allungava il braccio quel tanto che bastava a raggiungere il bicchiere e fare un sorso. Un mezzo sorriso dopo aver mandato giù. « Diglielo, al tipo, che è un sacco buono. Credo di averlo leggermente ignorato, prima. » Si disse, però, che non fosse propriamente colpa sua: era esagitata e stava aspettando qualcuno che non vedeva da mesi - di perdersi in chiacchiere con sconosciuti, non aveva davvero avuto voglia. « Ma quindi la convivenza con questo Lupin continua? » Le lanciò un'occhiata furba, prima di sollevare le sopracciglia un paio di volte con fare allusivo. « Te la lascia ancora, la fetta di torta più grossa? Insomma: raccontami. Cosa mi sono persa? » Chiaro: fuori poteva star succedendo il finimondo, ma questo non voleva dire che la Byrne avesse improvvisamente trent'anni e nessuna voglia di essere aggiornata sulla vita della propria migliore amica. Anzi, era un toccasana; un ottimo modo per evadere dai suoi, di problemi. Per ignorarli ancora qualche minuto e fingere che non fossero importanti. Perché in quel momento, seduta al tavolo di una tavola calda qualsiasi con Janis, un po' di importanza, ai suoi occhi, la perdevano davvero. Passavano in secondo piano. « Per rispondere alle tue domande: sono appena arrivata. Ovviamente, siccome sono un'amica meravigliosa, sono subito venuta a cercarti. » E perché non avrei potuto fare altrimenti: mi sei mancata, nana malefica. « Sì beh, pensavo di fermarmi per un po'. Questo se mi garantisci che nessuno dei tuoi coinquilini ha intenzione di darmi della donnina di facili costumi...» quell'affermazione dallo sbuffo di una risata sarcastica «... o di mettermi le mani addosso per spaccarmi la faccia. Oddio, in quel caso mi fermerei comunque, ma non garantisco per la loro incolumità, ecco. » Si dice che la lingua batte dove il dente duole, e quell'allusione di Fawn all'incidente avuto qualche giorno prima, non ne era che la conferma. Non solo: era pure una conferma del fatto che, alla fin fine, di non aver contrattaccato si fosse pentita ampiamente. Si era detta di averlo fatto perché una delle invitate non arrivasse al matrimonio con un occhio nero, ma alla fine non aveva potuto fare a meno di ripensarci. Forse ne era uscita con un po' più di dignità, ma le mani le prudevano comunque. Per amor di verità, Fawn in faccia non aveva più nessun segno di quello scontro, ma le ferite nell'orgoglio, specialmente se di quella portata, non si rimarginavano certo così facilmente. E chiunque la conoscesse almeno un po' sapeva che lei, di orgoglio, ne aveva da vendere. E che quella frecciata non se la sarebbe risparmiata mai. Non con Janis. « Non tenermi sulle spine. Inizia ad aggiornarmi sugli ultimi tre giorni in cui hai fatto la gnorri non informandomi sui tuoi movimenti intestinali, grazie. » A quel punto, qualcosa nello sguardo di Fawn cambiò. Sapeva a quali "tre giorni" si riferisse JJ e sapeva anche che avrebbe dovuto aspettarsela, quella domanda. « Non lo so. » Disse, abbassando la testa. Non poteva dire di sentirsi a disagio per la presenza di Janis - era forse l'unica persona con la quale, a disagio, non ci si sarebbe sentita per nessuna ragione al mondo - , ma di sicuro la pochezza di quella risposta non era da lei. « Nel senso... » Si stava mordicchiando l'interno guancia, quasi quel gesto ripetitivo potesse in qualche modo darle il coraggio di alzare lo sguardo. Tirò un grosso sospiro. « ... non so davvero cosa ho fatto in quei tre giorni, giuro. » E lo so che non mi fa sembrare tanto sana di mente, questa cosa. Sollevò finalmente gli occhioni, lo sguardo che andava ad incontrare quello dell'amica. « Cioè, di lui te l'ho detto, più o meno. E poi niente, black out, credo di aver dato di testa. Mi ricordo che non volevo vedere nessuno. Non so se sia stato lo stress, la pressione... » O quello che ho visto. «... non riuscivo più a pensare, punto. Mi sono allontanata da Londra perché volevo... » Scosse la testa e si interruppe. Cominciò ad attorcigliarsi una ciocca ramata attorno all'indice con un certo nervosismo. Le parole giuste non arrivavano. «La verità è che non lo so che cosa volevo di preciso. Ad un certo punto sono andata ad Hogsmeade, i ricordi veri cominciano con quella decisione. Dovevo parlarti. Ma il prima è un mistero pure per me. Poi è scoppiato il casino. » Fece spallucce ed un gesto con la mano, come a dire che fosse inutile cercare di sbrogliare quella matassa. « Tu, piuttosto? Questa cera? » Assottigliò lo sguardo e fece un cenno allusivo. « Ti capita ancora spesso? » Parlava, chiaramente, delle abilità di Janis e del fatto che quell'apocalisse incombente avesse avuto un effetto su di lei. E agli occhi di chiunque sarebbe potuto sembrare un diversivo, ma Janis, che Fawn la conosceva da anni, - la rossa ne era certa - sarebbe stata in grado di riconoscere che la sua preoccupazione fosse genuina. Non è che non volesse parlare di quel che era successo a lei; semplicemente era nella sua natura preoccuparsi di più per chi le sedeva di fronte.

    Edited by ‚ kerosene - 1/10/2018, 01:08
     
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    « Ma quindi la convivenza con questo Lupin continua? Te la lascia ancora, la fetta di torta più grossa? Insomma: raccontami. Cosa mi sono persa? » Si stringe nelle spalle portandosi nuovamente la pinta di birra alle labbra, prima di passarsi le dita tra i lunghi capelli, spostando lo sguardo fuori dalla finestra, lungo la strada ghermita di gente. Sta cercando di raccogliere le proprie idee, ma a dirla tutta, non sa esattamente cosa non le abbia detto sul conto, e non capisce nemmeno perché Fawn insiste nel chiederglielo ogni volta così fervente. « Cazzo! Ti lascia ancora la fetta di torta più grossa? » La imita con un tono decisamente ridicolo. « Lo dici quasi a mo di accusa. » A quel punto scoppia a ridere decisamente in difficoltà, non avendo la più pallida idea di cosa si aspetterebbe che le dicesse. « Non è cambiato nulla. Siamo ancora amici - ma non essere gelosa, lui è sempre il secondo in comando. Sì, viviamo sempre sotto lo stesso tetto - » Pausa. « Ma per comodità eh! E' che se ognuno di noi dovesse vivere in una casa tutta sua, Inverness sarebbe già in emergenza abitativa. E' chiaro che chi può vive insieme. A meno che non ti chiami Albus Potter e Amunet Carrow e allora noi abbiamo tre cani, otto gatti, cinque figli e pure una scimmia ammaestrata, quindi vivi da solo. » E' crudele, se ne rende conto. A dirla tutta, ormai lentamente ha iniziato a tollerare la Carrow. Non tanto quanto altri, ma quanto meno riusciva a starle vicina senza cercare di strozzarla. Anche perché era davvero arrivata in quel momento della propria vita, in cui seppure avesse voluto strozzarla, cosa che si meritava senza se e ma, sarebbe caduta nel torto, perché le donne molto incinte non si toccano. « Ultimamente abbiamo più tempo per giocare alla play, e con questo lavoro manco cuciniamo più di tanto. Anche se, ora che è arrivato pure James due la vendetta, il cibo non basta mai in casa. Insomma, solite cose. » Le sorride con un certo grado di ignoranza. « Ultimamente stavo pensando a un'altro cane. Ora che Crosta- » Si ferma per un istante scuotendo la testa. Già questo Fawn non lo sa. Crosta è stato uno degli incidenti di percorso di quella merda che è piombata fuori dal nulla al Quartier Generale. « .. niente anche Crosta ci ha lasciati. » Ci ha fatto l'abitudine la Jones a non pensarci troppo. Erano incidenti di percorso. Cose che succedono. Quel nuovo mondo le aveva insegnato che farsene una ragione in fretta era il modo migliore per andare avanti. E poi, con tutto lo schifo che si sentiva fisicamente, non aveva nemmeno poi tanto tempo di pensarci. « Per rispondere alle tue domande: sono appena arrivata. Ovviamente, siccome sono un'amica meravigliosa, sono subito venuta a cercarti. Sì beh, pensavo di fermarmi per un po'. Questo se mi garantisci che nessuno dei tuoi coinquilini ha intenzione di darmi della donnina di facili costumi.. o di mettermi le mani addosso per spaccarmi la faccia. Oddio, in quel caso mi fermerei comunque, ma non garantisco per la loro incolumità, ecco. » Si mette seduta meglio sulla panca, poggiando i gomiti sul tavolo prima di assottigliare lo sguardo. « Chi ti ha dato della troia, Fawn? » Delicata quanto una mazza chiodata sulle gengive. Non le piaceva quell'idea, di chiunque si trattasse, e per quanto fosse consapevole del fatto che Fawn si fosse fatta abbastanza le ossa da potersi difendere da sola da quasi qualunque cosa, l'istinto di protezione si fece sentire all'istante. Janis non era una persona estremamente affettiva, o meglio, non sapeva mostrare il suo affetto secondo i metodi più tradizionali, ma non per questo significava che non ci fosse. Il discorso poi, non fa altro che ampliare il suo senso di protezione, quando si passa ad argomenti ben più pesanti. « Non lo so. Nel senso.. non so davvero cosa ho fatto in quei tre giorni, giuro. Cioè, di lui te l'ho detto, più o meno. E poi niente, black out, credo di aver dato di testa. Mi ricordo che non volevo vedere nessuno. Non so se sia stato lo stress, la pressione.. non riuscivo più a pensare, punto. Mi sono allontanata da Londra perché volevo.. » Volevi scappare.. lo so. Allunga la mano sul tavolo e afferra la sua con una certa prepotenza, cercando di dirle in parole povere - o meglio, in assenza di parole - che lei era lì. Che non l'avrebbe lasciata crollare. Non stava andando da nessuna parte. A prescindere dalla lontananza e dal fatto che non mi è piaciuto il fatto che tu te ne sia andata, io sono qui. E lo sarebbe sempre stata Janis, anche quando, non approvava quasi per niente i metodi dell'amica. Sapeva di doverla lasciar fare, doveva lasciarla respirare; Fawn aveva bisogno dei suoi spazi e dei suoi tempi. Come tutti. « La verità è che non lo so che cosa volevo di preciso. Ad un certo punto sono andata ad Hogsmeade, i ricordi veri cominciano con quella decisione. Dovevo parlarti. Ma il prima è un mistero pure per me. Poi è scoppiato il casino. » L'ascolta. Lascia che si sfoghi. Perché in fin dei conti, non può fare poi molto altro a situazione conclusa, se non offrirle la propria spalla. S'irrigidisce solo quando sente nominare Hogsmeade. Lei era lì. Quella, era stata una notte complicata. La più difficile di tutte. Era svenuta più e più volte, vomitando a più riprese, piangendo tra un conato di vomito e l'altro, senza sapere come fermarsi. Non si era mai sentita così.. fragile. Avrebbe voluto scuoiarsi viva, lasciarsi morire. E' quasi certa di aver chiesto più e più volte a James e Step di lasciarla morire. C'erano stati momenti in cui aveva persino delirato. E poi l'avevano sedata ed era stata messa a dormire. E aveva dormito per giorni, finché non si era risvegliata lì, a Inverness. Stringe infine con più forza la mano dell'amica e le sorride. E' stato meglio che tu non abbia vista a Hogsmeade. Ma questo non glielo dice; non vuole preoccuparla.
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    « E poi? Sei tornata alla Corte? Com'è la situazione là? » Fa una leggera pausa tempo in cui le mostra un'espressione che ha del curioso, come ha intimarla a continuare con il suo racconto. « Marchand? E' ancora lì oppure ti ha accompagnata? » Spero vivamente per lui che non ti abbia lasciata a farti la traversata da sola. Anche perché è vero che esiste la Smaterializzazione, seppur loro in quanto non ancora maggiorenni non hanno avuto nemmeno modo di seguire ancora un corso in merito, ma seppur ipotizzando che Fawn abbia fatto di testa sua, i territori di Inverness e Quartier Generale erano a prova di smaterializzazione, e fuori dalle mura, c'era pur sempre il lockdown. « Tu, piuttosto? Questa cera? Ti capita ancora spesso? » Fa spallucce abbandonando nuovamente la testa all'indietro mentre un sorriso colmo di rammarico si carica sul suo volto. « Non lo so, Fannie.. sono in quel periodo della mia vita in cui faccio pensieri strani, non mi va mai bene niente e non riesco a concentrarmi su niente. » A volte ha persino dubitato delle sue capacità di agire in maniera razionale, come se avesse un disturbo dell'attenzione. C'erano momento in cui le lettere sembravano scorrere via dalle pagine che leggeva, quasi come se fosse dislessica. « Qui dentro non è propriamente fisica la sensazione, capisci? Se mi avvicino alle mura, mi sento un po'.. strana, ma credo che passato l'impatto iniziale tendi a scemare. Solo che.. » Deglutisce mentre lo sguardo si perde nel vuoto. Sono depressa. Fottutamente depressa. Non ci faccio caso. So che io non sono così. Ma ora funziona così. Quel flusso di pensieri non sa nemmeno come tradurlo. E' come se avesse le energie di fare tutto, sa che tutto va bene, che non ha motivi di lamentarsi, eppure si sente addosso quel mal di vivere intrinseco che sembra opprimerla. « ..non lo so davvero. Mi sento prosciugata, e stanca, e odio più cose di quante vorrei odiare. Trovo tutto.. ridicolo, degradato, insipido. E' come se vivessi per inerzia, mentre ho sempre questa paura costante che prima o poi capiterà di nuovo, o qualcosa sfonderà quelle mura, o io non riuscirò a fare qualunque cosa io debba fare. » Cazzo, sono inutile. Non so nemmeno cosa fare. « Non so nemmeno dove sia il mio - il parabatai. Praticamente la mia unica ragione di vivere in questo disegno superiore, lo sto mancando. Per quanto ne so questo tipo o questa tipa, potrebbe anche essere già crepato. » Alla fine scoppia a ridere seppur con una dose non indifferente di amarezza. « Vuoi mangiare qualcosa? Ti faccio preparare da Garry due cosette, se ti va. »


     
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    « Cazzo! Ti lascia ancora la fetta di torta più grossa? Lo dici quasi a mo di accusa. » Fawn sbuffò una risata divertita. La miglior difesa è l'attacco, non è così? Alzò comunque le mani in segno di resa che ancora rideva; la sua, più che un'accusa, era stato un tentativo di capire se ci fossero stati progressi significativi. Dopotutto non era stata solo Janis a farle sorgere qualche dubbio più che legittimo, nominandolo così spesso; anche Albus aveva contribuito a metterle la pulce nell'orecchio a riguardo. Non è cambiato nulla. Siamo ancora amici - ma non essere gelosa, lui è sempre il secondo in comando. Sì, viviamo sempre sotto lo stesso tetto - Ma per comodità eh! E' che se ognuno di noi dovesse vivere in una casa tutta sua, Inverness sarebbe già in emergenza abitativa. E' chiaro che chi può vive insieme. A meno che non ti chiami Albus Potter e Amunet Carrow e allora noi abbiamo tre cani, otto gatti, cinque figli e pure una scimmia ammaestrata, quindi vivi da solo. » La Byrne decise di far cadere l'argomento Lupin: era chiaro che il suo informatore super segreto avesse avuto ragione a riguardo; se anche c'era qualcosa, Janis ancora zompava sulle nuvole. O, comunque, le andava bene così. « Vabbè dai, ma loro ci sta che vivano da soli. Si possono considerare un nucleo familiare, credo, col fatto che c'è sia Jay che un bambino in arrivo, no? Ha senso. » Annuì, come a sottolineare la legittimità di quel concetto nella sua testa. Poi, fatto un sorso di milkshake, tornò a guardare l'altra. « Adesso Jay lo vedi più spesso? Hai riconquistato il tuo status di miglior zia sulla piazza? » Lo sapeva, Fawn, quanto JJ tenesse al nipote. Così come sapeva quanto il non poterlo vedere così spesso, le pesava enormemente. Che non ne parlasse poi così spesso, non faceva differenza. In realtà, se c'era una cosa che le due avevano in comune, era quella di toccare questioni emotivamente complesse come quella - o questioni di natura emotiva in generale - piuttosto en passant. Le loro motivazioni erano chiaramente differenti, come diverse lo erano loro, ma questo non voleva dire che non usassero, sostanzialmente, la stessa tattica. Cioè quella del sopportare e dell'ignorare tutto, concentrandosi su cose più concrete e dalla risoluzione più immediata. « Chi ti ha dato della troia, Fawn? » A quella domanda, la newyorkese storse leggermente il naso. « Diciamo che un paio di giorni fa ho incontrato la Stone, che ci ha tenuto a farmi sapere cosa ne pensa di me, cosa ho fatto secondo lei in questi mesi, e che ci ha messo pure la marca da bollo con un bel gancio destro. Io però ho fatto la brava ragazza; per una volta non ho pestato nessuno. » Fece un versetto sarcastico, come ad implicare che non valesse la pena di preoccuparsi per una simile stronzata. Che la suddetta stronzata le fosse pesata al tempo, era evidente, in quel preciso istante, con JJ vicino, passava automaticamente in secondo piano. In fondo, per quanto Malia potesse essere stata importante, aveva messo bene in chiaro il proprio punto di vista. E Fawn, dal canto suo, non aveva né le forze né la voglia di fare più di quanto già non avesse fatto.
    Si dice che basti un attimo per capire determinate cose. E nel momento in cui JJ scelse semplicemente di dimostrarle la sua vicinanza nei più semplice dei modi - attraverso quel contatto ed il silenzio - Fawn capì. Non che già non lo sapesse, ma in quell'istante tante, tantissime cose tornarono improvvisamente al proprio posto. La verità è che la newyorkese non aveva bisogno di parole. Sarebbero state vane pure con la migliore delle intenzioni - niente avrebbe cambiato quel che già era successo - e ripensarci avrebbe alimentato una fiamma che, con ogni probabilità, non avrebbe mai smesso di ustionarla da dentro. E fu proprio per questo, per la naturalezza con la quale Janis decise di non varcare il confine, che l'altra capì perché, comunque si fossero messe le cose, Janis sarebbe stata in grado di capirla sempre. E anche quel suo fare domande concrete, quasi dando un appiglio reale all'amica, pareva esserne una prova. « E poi? Sei tornata alla Corte? Com'è la situazione là? » La rossa annuì. « In realtà, la situazione lì sembrerebbe affollata, ma tranquilla. In qualche modo, pare che l'abbiano scampata anche loro. Però io non lo sapevo, così quando ho visto che stavano evacuando sono andata nel panico e ho pensato che potesse star succedendo anche a Londra e che Erik non avesse come difendersi. Ma io avevo i pugnali con me...e niente, il resto è abbastanza intuibile.» Fece spallucce e un versetto, come a sottolineare l'ovvietà del seguito. Ovvio era il fatto che a Londra ci fosse arrivata nel panico e con l'obiettivo ben preciso di assicurarsi prima di tutto che il diretto interessato fosse ancora tutto intero, e di fare quel che poteva - nel suo caso cedergli uno dei suoi pugnali - per permettergli quantomeno di essere un minimo più al sicuro di quanto non sarebbe stato altrimenti. « Marchand? E' ancora lì oppure ti ha accompagnata? » Fawn sbuffò teatralmente anche se dallo sguardo era più che palese che fosse vagamente divertita dalla cosa e che quel che stava per raccontare alla migliore amica, più che infastidirla l'avesse vagamente confusa, oltre a farle piacere, in uno strano modo. « No, guarda, lascia perdere. Gliel'ho anche detto, eh, che potevo farcela da sola. Perché dai: ce l'avrei fatta. Ma mi ha guardata come se mi fossero spuntate quattro paia di corna, mi fossi simultaneamente fatta di cocaina e avessi appena dichiarato che i santi mi parlano. » Scosse lievemente la testa. « Ovviamente, più cercavo di spiegarglielo e più pareva che stessi delirando in ostrogoto. "È pericoloso, dove pensi di andare da sola e bla bla bla", roba che nemmeno i miei si sono mai preoccupati così. "Vai? E vai, basta che torni". » Si preoccupa sul serio, JJ, e non ci sono abituata per niente. « Adesso è ancora qui e francamente non mi va né che torni a Londra da solo - perché adesso non è che sia pericoloso solo per me, là fuori - né che chieda asilo in giro. Da te un posto ci sarebbe? » Si rendeva conto che si trattasse di una richiesta difficile. Ma, d'altra parte, se c'era una persona alla quale poteva pensare di chiedere, era JJ. In fondo, lui qua c'è venuto per evitarmi la traversata. « Non lo so, Fannie.. sono in quel periodo della mia vita in cui faccio pensieri strani, non mi va mai bene niente e non riesco a concentrarmi su niente. Qui dentro non è propriamente fisica la sensazione, capisci? Se mi avvicino alle mura, mi sento un po'.. strana, ma credo che passato l'impatto iniziale tendi a scemare. Solo che.. .non lo so davvero. Mi sento prosciugata, e stanca, e odio più cose di quante vorrei odiare. Trovo tutto.. ridicolo, degradato, insipido. E' come se vivessi per inerzia, mentre ho sempre questa paura costante che prima o poi capiterà di nuovo, o qualcosa sfonderà quelle mura, o io non riuscirò a fare qualunque cosa io debba fare. »
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    A quel punto, la sua attenzione tornò tutta su Janis. La rossa aguzzò lo sguardo e, stringendole la mano a sua volta, la lasciò semplicemente parlare. Nonostante non lo desse a vedere, sentirsi dire certe cose fu un colpo al cuore. « Ehi... » Quell'unica parola, più che un ammonimento, sembrava un modo per attirare la sua attenzione. E con lo sguardo cercava di comunicarle che non si sarebbe schiodata di lì finché Janis avesse avuto bisogno di lei. « Non so nemmeno dove sia il mio - il parabatai. Praticamente la mia unica ragione di vivere in questo disegno superiore, lo sto mancando. Per quanto ne so questo tipo o questa tipa, potrebbe anche essere già crepato. Vuoi mangiare qualcosa? Ti faccio preparare da Garry due cosette, se ti va.» Fawn non sapeva molto sulla questione dei parabatai. E forse, proprio per questo, quella stessa questione non poteva comprenderla a pieno. Ma una cosa la sapeva: di fronte aveva la cosa più vicina ad una sorella che avesse mai avuto, ed era suo preciso dovere fare qualcosa a riguardo. « Non stai mancando proprio niente, mi senti? » Glielo disse con fermezza. « Fino a ieri non si sapeva niente di questo disegno superiore... e a me pare proprio che tu stia portando sulle tue spalle un sacco di cose, JJ. Se ti conosco - e credo di conoscerti un pochino - non passi la vita a girarti i pollici. E hai vomitato merda esattamente come tutti loro. Ma guardati: sei ancora qui che corri avanti e indietro, ti dai da fare. Non stai mancando proprio niente, JJ. Se siamo riusciti ad uscire da quell'inferno, ai tempi, il merito è anche tuo. E pure senza questo disegno superiore del cazzo, ci sono un sacco di persone che senza di te non saprebbero dove mettere mano. Io per prima. Disegno superiore o no, JJ, sei importante. E sei cazzutissima. » Una pausa, in cui la guardò con affetto, accarezzandole la mano. « Saprai cosa fare, JJ. Ti ricordi cosa ci siamo dette, quella sera durante il lockdown? Che siamo americane: cadremo sempre in piedi. » E se anche una di noi non cadesse in piedi, l'altra la sorregge. E lo so che ultimamente è stato difficile farlo, ma io da sola non ti ci lascio più. « Vedi di non farti succedere niente, che poi mi tocca darmi alla necromanzia e chi li vuole sentire poi, 'sti stronzi e i loro principi morali? »

    Edited by ‚ kerosene - 1/10/2018, 01:13
     
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    « Vabbè dai, ma loro ci sta che vivano da soli. Si possono considerare un nucleo familiare, credo, col fatto che c'è sia Jay che un bambino in arrivo, no? Ha senso. Adesso Jay lo vedi più spesso? Hai riconquistato il tuo status di miglior zia sulla piazza? » Sorride come rinvigorita da quell'argomento. Di tutte le persone al mondo, Jay Potter resta la sua persona preferita di sempre. L'ha visto nascere, gli ha cambiato pannolini, gli ha portato giocattoli a casa comprati con il frutto del suo duro lavoro e lo ha sempre trattato quasi come se fosse suo figlio. Ci sono stati momenti, sin troppi momenti, in cui è stata più madre lei per Jay di quanto non lo sia stata sua sorella. Laura non era adatta per fare la madre. Janis l'ha sempre saputo. « Do una mano. Spesso resto da loro, se hanno da fare e sto un po' con lui. La iaia ha sempre la precedenza su tutti. » Si stringe nelle spalle con un sorriso amaro stampato in volto. « E' felice. So che è felice. Fanno di tutto per lui. A volte lo viziano anche troppo - persino la Madama. » Dio se mi dà fastidio ammetterlo. E infatti strizza gli occhi per rendere più palese quell'evidente fastidio che prova nei confronti di quella situazione. « In fondo non so essere egoista con lui, e so che io non ero abbastanza per lui. Non io, papà e Laura, di certo. Adesso ha una famiglia. Un padre e.. mi sa una madre. » Alza gli occhi al cielo e sbuffa. Sa che in fondo con Fawn non può mentre, e se non può ammetterlo con la sua migliore amica, non sarà mai in grado di ammetterlo con nessuno. Così si porta la birra alle labbra e si stringe nelle spalle nel tentativo di passare oltre senza cimentarsi ulteriormente su quell'argomento. E quindi si concentra sul suo racconto, con un'espressione apertamente contrariata. « Diciamo che un paio di giorni fa ho incontrato la Stone, che ci ha tenuto a farmi sapere cosa ne pensa di me, cosa ho fatto secondo lei in questi mesi, e che ci ha messo pure la marca da bollo con un bel gancio destro. Io però ho fatto la brava ragazza; per una volta non ho pestato nessuno. » Al solo pensiero il sangue le ribolle nelle vene. Seppur, Janis in prima persona non ha condiviso appieno le decisioni della migliore amica, ha comunque deciso di sostenerla, semplicemente perché, in fin dei conti nessuno può sapere fino in fonda cosa si cela nell'animo di ciascuno di loro. Ciascuno ha le proprie motivazioni, e per quanto sbagliate o ambigue agli occhi altrui, un amico è vincolato dalle proprie silenziose promesse a restare al fianco delle persone a cui vuole bene e difenderle. La sua posizione alla Corte aveva sempre fatto storcere il naso alla Jones, soprattutto perché in fondo, l'Inquisizione e i Ghermidori erano sulle tracce di molti delle loro conoscenze in comune. Tuttavia, il buono e il cattivo tempo, era certa ci fosse da entrambe le parti, in una guerra che ora, appariva oltretutto anche estremamente stupida e irrilevante. « A sputare sentenze siamo tutti bravi eh? E' proprio vero che questo mondo ha messo fratello contro fratello. » Una frase che aveva letto su una delle ultime edizioni prettamente non di parte della Gazzetta del Profeta. Non poteva dare torto fino in fondo alle ragioni della Stone, ma non poteva nemmeno permettere che quest'ultima trattasse con così poca considerazione la migliore amica, la sua Fawn. « Ci stiamo perdendo.. davvero. Questo mondo ci sta rendendo bestie. All'inizio pensavo che le bestie erano solo quelle che pattugliano sulle mura di Inverness.. o quelle che abbiamo visto dentro il castello, ma ho come l'impressione che un po' marci dentro stiamo diventando tutti. » E' pensierosa e dispiaciuta, quasi delusa nel porre in auge quel ragionamento a voce alta. Janis è sempre stata una impegnata. La chiamavano la zecca, perché lei prendeva a cuore tutte le cause. Tutto ciò su cui si poteva manifestare, lei manifestava. Dissentiva per natura, aveva questa voce che le urlava nel petto e aveva sempre bisogno di farsi sentire, anche su questioni che semplicemente non aveva una risoluzione. « Beh, quanto meno non dovrai vedere più di tanto il suo muso sputa sentenze. Casa mia è lontana dalla sua, ed io, cara la mia amica, ti indicherò tutte le strade per imbatterti il meno possibile nella sua presenza senza macchia e senza peccato. » Non ce l'aveva davvero con la Stone. Le stava persino simpatica. Ma quella storia semplicemente non riusciva a reggerla. Non le piaceva e non l'avrebbe mai accettata. « No, guarda, lascia perdere. Gliel'ho anche detto, eh, che potevo farcela da sola. Perché dai: ce l'avrei fatta. Ma mi ha guardata come se mi fossero spuntate quattro paia di corna, mi fossi simultaneamente fatta di cocaina e avessi appena dichiarato che i santi mi parlano. Ovviamente, più cercavo di spiegarglielo e più pareva che stessi delirando in ostrogoto. "È pericoloso, dove pensi di andare da sola e bla bla bla", roba che nemmeno i miei si sono mai preoccupati così. "Vai? E vai, basta che torni". Adesso è ancora qui e francamente non mi va né che torni a Londra da solo - perché adesso non è che sia pericoloso solo per me, là fuori - né che chieda asilo in giro. Da te un posto ci sarebbe? »
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    Non deve essere facile la condizione di Marchand Junior, questo deve concederglielo. Ne ha visti altri arrivare, direttamente dal centro di Londra, e a nessuno di loro è stato concesso un benvenuto caloroso. Inverness aveva accolto chiunque ne avesse bisogno, persino quelli che un tempo erano considerati nemici mortali, cosa che, sapeva fosse successa anche alla Corte dei Miracoli. Le questioni si erano semplicemente appianate, per cause di forza maggiore. Questa tuttavia non significava che l'astio tra le persone era scomparso, o che il rancore si fosse dipanato. « So già che mi pentirò di questa cosa.. » Perché la gente mi guarderà male e mi giudicheranno. Ma in fin dei conti, se ai piani alti nessuno ha buttato Erik con un calcio rotante fuori da Inverness, non sarebbe certo stata lei a giudicarlo. « ..ma sì.. c'è posto. Erik può restare con noi. » C'è un velo di naturale scetticismo nel suo tono di voce. Nonostante ciò tenta di mascherarlo il più possibile. « Non sarò certo io a ergermi a giudice, giuria e boia di Erik Marchand. A dirla tutta, ti dirò: allo stato attuale, non me ne frega un cazzo. » Sempre delicata e poco diretta, la piccola Jones. Sedici anni e avere zero considerazione di tutto. « Quindi ehi.. se questo qua si è preso cura della mia Byrne, avrà un posto letto e pure un pasto caldo, e ci farò pure conversazione se serve. Anzi sarò la prima a chiedergli come butta e lasciargli una tazza di caffè la mattina prima di andare al lavoro. » E' chiaramente esausta di cercare di ribattere su stronzate, Janis, e quindi si stringe nelle spalle liquidando la questione con tutta la noncuranza e naturalezza del mondo. Siamo tutti sulla stessa barca. Tutto il resto è acqua passata. A farlo sentire una merda ci penserà qualcun altro. « Non stai mancando proprio niente, mi senti? Fino a ieri non si sapeva niente di questo disegno superiore... e a me pare proprio che tu stia portando sulle tue spalle un sacco di cose, JJ. Se ti conosco - e credo di conoscerti un pochino - non passi la vita a girarti i pollici. E hai vomitato merda esattamente come tutti loro. Ma guardati: sei ancora qui che corri avanti e indietro, ti dai da fare. Non stai mancando proprio niente, JJ. Se siamo riusciti ad uscire da quell'inferno, ai tempi, il merito è anche tuo. E pure senza questo disegno superiore del cazzo, ci sono un sacco di persone che senza di te non saprebbero dove mettere mano. Io per prima. Disegno superiore o no, JJ, sei importante. E sei cazzutissima. Saprai cosa fare, JJ. Ti ricordi cosa ci siamo dette, quella sera durante il lockdown? Che siamo americane: cadremo sempre in piedi. Vedi di non farti succedere niente, che poi mi tocca darmi alla necromanzia e chi li vuole sentire poi, 'sti stronzi e i loro principi morali? » Sorride piuttosto intenerita e commossa dalle parole della migliore amica. E' sempre in grado di trovare le giuste parole a tutto. E' per questo forse che ne parla così apertamente. Per questo che cerca il suo consiglio e ha sempre bisogno di lei. Janis non è sempre ottimista, non è sempre brava a gestire le situazioni. Anzi, sono più le volte in cui non le sa gestire del contrario. Ma Fawn è sempre lì, pronta con la rete di salvataggio e non si tira indietro davanti a niente. Sospira allora la Jones e si allunga appena su tavolo per carezzare il dorso della mano dell'amica. « Ti ricordi quanto ero incazzata quando mi hai raccontato di quello stronzo di Potter? » Le chiede di scatto deglutendo. « Lo odiavo per quello che ti ha fatto. Pensavo che non ci fosse una sola motivazione al mondo per cui una persona potesse comportarsi così.. è stato una vera merda. » Abbassa lo sguardo e si morde il labbro. « Però.. non lo so.. questa inadeguatezza la percepisco. Sto iniziando a capirlo sul serio. Più vado avanti più peggiora. Sembra quasi che io senta il bisogno psicofisico di rovinare tutto ciò che c'è di buono nella mia vita, capisci? Come se questo schifo che mi scorre nelle vene e che devo vomitare, mi mette in condizione di essere in perenne caduta libera. » Si stringe nelle spalle. « Io non ci penso.. mi sembra quasi non siano pensieri miei, anche se sono sempre stati lì. Ma mi pesano - mi pesano a tal punto che a volte mi odio. » Incrocia le braccia al petto scuotendo la testa. Lo so che non ha senso. E' difficile spiegarlo a parole. E non c'è nemmeno una spiegazione logica a tutto questo. Non c'è un modo per risolverla. Ci devo solo convivere. Devo imparare a starci dentro. Ci sto provando. Sto facendo del mio meglio. « Mi mancano tanto i periodi in cui calavo semplicemente striscioni dalla torre di astronomia e urlavo attraverso un megafono per salvare i ricci di mare. Non so nemmeno come da quelle stronzate siamo arrivate a questo. »

     
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    « A sputare sentenze siamo tutti bravi eh? E' proprio vero che questo mondo ha messo fratello contro fratello. Ci stiamo perdendo.. davvero. Questo mondo ci sta rendendo bestie. All'inizio pensavo che le bestie erano solo quelle che pattugliano sulle mura di Inverness.. o quelle che abbiamo visto dentro il castello, ma ho come l'impressione che un po' marci dentro stiamo diventando tutti. Beh, quanto meno non dovrai vedere più di tanto il suo muso sputa sentenze. Casa mia è lontana dalla sua, ed io, cara la mia amica, ti indicherò tutte le strade per imbatterti il meno possibile nella sua presenza senza macchia e senza peccato.» Fawn si trovò a scuotere la testa con lo sguardo basso. Non si trattava di amarezza, però. La mora stava, più che altro, cercando le parole giuste per esprimere il proprio stato d'animo a riguardo. Provava effettivo astio per Malia Stone? Forse, ma non era così semplice. E non era semplice perché Fawn, per sua natura, proprio non riusciva a vedere soltanto un punto di vista. Sembrava non essere in grado di percepire soltanto ciò che le sarebbe risultato più comodo. E anche nel caso di Malia, per quanto quell'incontro le bruciasse ancora, riusciva almeno in parte a comprendere il suo punto di vista. Ma, paradossalmente, ad amareggiarla era proprio questo; il fatto che lei, il punto di vista altrui si sforzasse di comprenderlo, mentre a lei, la stessa gentilezza semplicemente non era concessa. « Lo so che si aspettava altro da me. » Proruppe, sollevando gli occhioni per cercare lo sguardo della migliore amica. « E so che non era l'unica ad aspettarsi altro. » Un sospiro stanco. « Il mio problema non è neanche che non voglia parlarmi - quello è affar suo, ed è una sua scelta; non posso farla io per lei. » E non voglio. Non voleva perché era sempre stata fin troppo orgogliosa ed altrettanto convinta che, in fondo, se qualcuno voleva andarsene, non valeva la pena tentare di trattenerlo. Certo, la fissità di quella che un tempo era stata un'amica l'aveva ferita, ma questo non voleva dire che avesse intenzione di scusarsi. Valeva la pena, alla fine, pentirsi di qualcosa per cui non provava rimorso e che avrebbe comunque rifatto, se le fosse stato concesso di tornare indietro? « A darmi al cazzo, JJ, non è la sua decisione; è il contorno. L'idea di fondo. Che io me ne sia andata per fare la bella vita, o per scaldare il letto di chicchessia. È l'idea che nella mia vita non ci possa essere qualcosa di più importante di questa guerra, che invece... c'era. » Sulle ultime parole, suo malgrado, la sua voce suonò più strozzata del solito. Alla fine, che se lo meritasse oggettivamente o meno, lei a suo padre aveva voluto bene. Non importava quante volte potesse aver desiderato di strozzarlo, quante volte avrebbe desiderato di strapparsi i capelli dalla stanchezza o dalla disperazione; non importava perché quello, comunque fosse, era l'uomo che l'aveva cresciuta. E, nonostante in quel momento i sentimenti che provava fossero contrastanti, gli aveva voluto bene. Era stato la sua famiglia. Anche se malconcia, malandata e poco tradizionale. Anche se i suoi sforzi, in fin dei conti, non erano mai stati riconosciuti. « Io a lei non devo niente perché da lei, in questi mesi, non ho ricevuto niente. So chi c'è stato per me, e con quali intenzioni. » Sebbene apparisse tranquilla, ed in effetti stesse usando un tono di voce che poteva sembrare persino pacato, una nota di lapidaria decisione c'era comunque. Lei era disposta ad assumersi la responsabilità di aver fatto una scelta controversa ed impopolare, ma si rifiutava di discuterne con chi semplicemente aveva scelto di voltarle le spalle alla prima scelta scomoda. Il tono e lo sguardo, però, si addolcirono nell'arco di qualche secondo. « E poi ho te. E finché ho te, per quanto mi riguarda, niente è davvero fuori posto. » L'aveva detto con insieme una leggerezza ed una sincerità disarmanti. Perché era proprio così che si sentiva, quando sapeva di avere JJ al proprio fianco: leggera. In qualche modo, quel loro legame ormai secolare, riusciva a dare un senso al resto. Ad essere un punto di partenza. Finché avesse avuto Janis, niente sarebbe stato davvero perduto; avrebbe sempre avuto un primo mattoncino da usare come base per tutto il resto. Janis era la sua roccia, la sister from another mister, la bussola quando non sapeva più dove cercare il nord. Era stata la prima persona che aveva cercato quando erano finalmente uscite da quell'inferno, e quella con la quale aveva condiviso più di quanto non avesse fatto con chiunque altro. Lei era il pezzo unico, quello davvero insostituibile, senza il quale la radiolina che era nella sua testa non sarebbe mai riuscita a sintonizzarsi sulla frequenza giusta. Per lei, qualunque cosa fosse accaduta, avrebbe sempre provato un affetto incondizionato quanto indistruttibile. « So già che mi pentirò di questa cosa.. ma sì.. c'è posto. Erik può restare con noi. » Un sospiro di sollievo. La Byrne si conosceva: se Janis le avesse detto di no, non sarebbe stata tranquilla. Avrebbe avuto il tarlo, il pensiero fisso di saperlo altrove, dove non era voluto. E, schieramenti politici o no, egoisticamente ed a ragion veduta anche, ci teneva troppo per poter convivere con una cosa del genere in maniera serena. Lo sapeva, lei, che Erik Marchand non si aspettava certamente di venire accolto a braccia aperte, come si rendeva conto che dall'altra parte avessero tutte le ragioni per non fidarsi di lui. In fondo, però, lui la scelta di restarsene comodo alla Corte, avrebbe potuto farla - quella era casa sua, e non era meno sicura di Inverness. Eppure aveva comunque optato per la strada meno battuta. Ed era anche per questo che la mora ci teneva a non rendergli le cose più difficili di quanto già non sarebbero state. « Non sarò certo io a ergermi a giudice, giuria e boia di Erik Marchand. A dirla tutta, ti dirò: allo stato attuale, non me ne frega un cazzo. Quindi ehi.. se questo qua si è preso cura della mia Byrne, avrà un posto letto e pure un pasto caldo, e ci farò pure conversazione se serve. Anzi sarò la prima a chiedergli come butta e lasciargli una tazza di caffè la mattina prima di andare al lavoro. » Sulle labbra della giovane americana, si fece spazio un sorriso colmo di riconoscenza. Non soltanto perché Janis aveva accettato di ospitarlo, no; perché aveva colto il punto della questione. Ancora una volta. Perché aveva capito, almeno lei, cosa fosse accaduto davvero e perché la Byrne ci tenesse così tanto. Si era preso cura di lei. Le aveva semplicemente impedito di farsi risucchiare da quel vortice caotico in cui si era trasformata la sua vita in quegli ultimi mesi. E di certo non nel modo che tutti gli altri avevano creduto. Erano state cose piccole e semplici, ma importanti. Era per questo che ci teneva a rendergli il favore. Per questo che aveva chiesto a JJ ancor prima che l'altro potesse fare qualsiasi cosa. « Ti ricordi quanto ero incazzata quando mi hai raccontato di quello stronzo di Potter? Lo odiavo per quello che ti ha fatto. Pensavo che non ci fosse una sola motivazione al mondo per cui una persona potesse comportarsi così.. è stato una vera merda. » Certo che ricordava. E ricordava anche che, in fondo, di quel grande discorso di JJ, dalla quale era arrivata in uno stato che definire pietoso sarebbe stato persino magnanimo, aveva avuto un profondo bisogno. Per quanto, in maniera paradossale, si fosse opposta al suo sparare quelle che sulle prime le erano sembrato una serie di cattiverie su Albus - fiera sostenitrice qual era dell'idea che ognuno avesse diritto a provare i propri sentimenti - la reazione di Janis aveva in qualche modo legittimato i suoi, di sentimenti. Quel suo essersi sentita ingiustamente ferita da qualcuno che non avrebbe dovuto farlo. L'amica aveva fatto luce su una cosa fondamentale, a modo suo: anche i sentimenti di Fawn al tempo erano legittimi. Soffrire era legittimo; sentirsi tradita era legittimo; piangere era legittimo. Ed aveva pianto Fawn, aveva pianto e basta per quelle che erano state delle ore. E Janis l'aveva schermata dal mondo per il tempo necessario. Ancora una volta. Come sempre. E, per quanto le cose si fossero ormai appianate non soltanto con Albus ma anche con Mun; per quanto quell'avvenimento sembrasse essere ormai lontano anni luce da quel che era adesso, sapeva che senza la reazione di Janis, forse, non si sarebbe sentita al sicuro abbastanza da digerire il tutto e quindi accettarlo davvero per quel che era. Quindi si limitò ad annuire, ascoltandola attentamente, senza allontanare la mano da quella della giovane. « Però.. non lo so.. questa inadeguatezza la percepisco. Sto iniziando a capirlo sul serio. Più vado avanti più peggiora. Sembra quasi che io senta il bisogno psicofisico di rovinare tutto ciò che c'è di buono nella mia vita, capisci? Come se questo schifo che mi scorre nelle vene e che devo vomitare, mi mette in condizione di essere in perenne caduta libera. Io non ci penso.. mi sembra quasi non siano pensieri miei, anche se sono sempre stati lì. Ma mi pesano - mi pesano a tal punto che a volte mi odio. » Il cuore le si strinse dolorosamente ancora una volta, ma mantenne la faccia abbastanza da non lasciarlo intuire troppo a JJ. Non era il momento. « Mi mancano tanto i periodi in cui calavo semplicemente striscioni dalla torre di astronomia e urlavo attraverso un megafono per salvare i ricci di mare. Non so nemmeno come da quelle stronzate siamo arrivate a questo. » Fu a quel punto che Fawn decise di alzarsi solo per raggiungere l'amica sulla sua poltroncina. Le sedette accanto e le avvolse un braccio attorno alle spalle, quasi obbligandola a poggiare la testa sulla propria. C'era affetto, in quel gesto, c'era cura. C'era quel sottofondo di "adesso ci penso io" che, seppur raramente esplicitato a parole, rappresentava una costante del loro rapporto. Un qualcosa che si scambiavano. Si rattoppavano a vicenda i buchi lasciati dalla vita alla meglio, quelle due. « Quali sono le specie in estinzione da queste parti me lo sai dire? » Scherzò a voce bassa, quasi in un sussurro. Intanto, con la mano libera, aveva preso ad accarezzarle affettuosamente i capelli. « Magari gli scoiattoli ninja. Sì, direi che armati fino ai denti come sono da queste parti, gli scoiattoli ninja non sono nemmeno un'opzione così tanto improbabile... » Pausa. « Ci arrampichiamo sulle mura e protestiamo per il trattamento che riservano agli scoiattoli. Poi qualcuno a caso - diciamo quella guardia che era di turno oggi - ci tira giù e ci dice che siamo pazze, ma niente ci vieta di farlo. » Usava sempre il plurale. Insieme, qualsiasi cosa si possa fare, JJ, da adesso la facciamo di nuovo insieme. Era questo il vero messaggio. Forse Janis non aveva trovato il suo parabatai, ma non aveva mai perso Fawn. E Fawn, dal canto suo, l'avrebbe seguita ovunque. Anche in una protesta priva di senso, se questo significava riportare un po' di colore nella sua vita. « Te lo ricordi che abbiamo un accordo? Tutti i problemi, li risolviamo sempre insieme.» Non aveva smesso per un solo attimo di accarezzarle i capelli. I miei problemi sono anche i tuoi, e viceversa. Dove va l'una, va anche l'altra. E ho la presunzione di pensare che possa valere quanto tutta quella fuffa metafisica perché è un giardino del quale ci siamo sempre prese cura. « Non posso vomitare lo schifo al posto tuo, ma sai che potendo lo farei. Qualsiasi altra cosa io possa fare, però, ed intendo qualsiasi cosa - anche protestare per l'estinzione degli scoiattoli ninja con le tette al vento, a costo di far venire un infarto ai particolarmente credenti - si fa. E per ogni volta che ti viene da odiarti, ci sono io a volerti bene. Non lo so... forse sono meno intelligente della media o meno acculturata sul mondo mistico, ma penso che tu sia stanca. Non solo per la merda che vomiti e perché sei una sin eater, ma perché sei una persona prima ancora di tutto questo. In più in una situazione già di suo difficile. Ci sono io ora. E qualunque cosa succeda d'ora in poi, JJ, a fronteggiarla sarà una squadra. Capito? Non importa se si tratta del senso di inadeguatezza, delle occhiate storte o della Madama che vuole Jay a casa mezz'ora prima. » Ce la faremo, come sempre. Qualsiasi cosa succeda.

    Edited by ‚ kerosene - 1/10/2018, 09:45
     
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    « Lo so che si aspettava altro da me. E so che non era l'unica ad aspettarsi altro. Il mio problema non è neanche che non voglia parlarmi - quello è affar suo, ed è una sua scelta; non posso farla io per lei. » E' una questione spinosa quella che coinvolge malcontenti come quello di Malia Stone. Non può dare del tutto torto alla giovane Grifondoro, ma non può nemmeno dirsi parziale in quella questione. Per Janis la questione era stata molto semplice. Si fidava a tal punto di Fawn che non le sarebbe passato nemmeno per l'anticamera del cervello di pensare male dell'operato della migliore amica. Le era dispiaciuto di non averla accanto per tutto quel tempo; in fondo erano inseparabili. Ma proprio perché erano così tanto legate, sapevano anche darsi i propri spazi. Qualunque cosa succedesse, Fawn e Janis si ritrovavano sempre, e seppur avessero momenti di pausa, ogni qual volta si rivedessero era come se nulla fosse successo. Il segreto di quel rapporto era la pura onestà, una sintonia senza precedenti e un grado di confidenza che senza se e ma metteva spesso a disagio chiunque stesse attorno a loro. Bastava guardarsi negli occhi per capirsi. E Janis, Fawn, l'aveva capita anche quella volta. Dal canto suo le sarebbe piaciuto seguirla, ma dalla sua parte aveva altre cose per le mani. Jay in primis, la teneva relegata a quella realtà che in fondo sarebbe stata forse uguale identità all'altra parte per lei. Si sa in fondo; Janis non ha mai avuto un grande famiglia unita, ma ai pezzi che riusciva ancora a tenere in salvo, si aggrappava con le unghie e coi denti, specialmente in seguito alla scomparsa di Laura. « A darmi al cazzo, JJ, non è la sua decisione; è il contorno. L'idea di fondo. Che io me ne sia andata per fare la bella vita, o per scaldare il letto di chicchessia. È l'idea che nella mia vita non ci possa essere qualcosa di più importante di questa guerra, che invece... c'era. Io a lei non devo niente perché da lei, in questi mesi, non ho ricevuto niente. So chi c'è stato per me, e con quali intenzioni. E poi ho te. E finché ho te, per quanto mi riguarda, niente è davvero fuori posto. » Stringe le dita della ragazza sorridendole sinceramente prima di darle dei leggeri colpetti sul dorso della mano. Sa che non può fare molto se non starle accanto. Non può certo scoperchiare la testa della Stone e farle cambiare idea. Tutto ciò che può fare sì, è restare al fianco della migliore amica e supportarla. Ascoltarla finché avrà bisogno di parlare di quei problemi che è certa in fondo si sistemeranno. La Stone è un osso duro, ma non le ha mai dato l'impressione di una cattiva ragazza. Come tutti loro, ha avuto la sua dose di merda. Reagisce in base al proprio vissuto, all'astio nei confronti di chi ha costretto lei e i suoi cari alla clandestinità.
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    « Risolverete! » Decreta infine. Non si sono mai viste due Grifondoro che riescono a tenersi il muso per troppo tempo. E' peculiarità della loro casata incazzarsi e scazzarsi nel giro di due minuti. La loro unione è sempre stata fortissima; la migliore casata in cui Janis avrebbe mai potuto immaginare di essere smistata e di cui andava infinitamente fiera. « Ho la presunzione di sapere che in un modo o nell'altro tutto andrà per il meglio. Guardaci! Qualche mese fa, eravamo tutti rintanati su un castello in mezzo a Loch Ness, e ora abbiamo case, strade, il sole splende ancora.. e soprattutto tu sei di nuovo qui. » Riusciva sempre a trovare il lato positivo Janis, persino nelle ore più buie. Si sforzava di farlo, anche quando era effettivamente stanca di lottare ancora. Il discorso tuttavia si appesantisce e lentamente Janis inizia a dispiacersi per aver rabbuiato così tanto l'atmosfera. Janis non crea mai problemi; è quella che al massimo trova soluzioni a tutto. E' quella che si sgola per la giustizia sociale e non crea mai più problemi di quanti non ce ne siano già. « Quali sono le specie in estinzione da queste parti me lo sai dire? Magari gli scoiattoli ninja. Sì, direi che armati fino ai denti come sono da queste parti, gli scoiattoli ninja non sono nemmeno un'opzione così tanto improbabile... Ci arrampichiamo sulle mura e protestiamo per il trattamento che riservano agli scoiattoli. Poi qualcuno a caso - diciamo quella guardia che era di turno oggi - ci tira giù e ci dice che siamo pazze, ma niente ci vieta di farlo. » Le è grata Janis, mentre scoppia a ridere piuttosto animatamente. Il problema, sorella mia, è che non so nemmeno se ho più voglia di fare quello. Sono semplicemente stanca. Non c'è nulla che mi attiri davvero. Non mi piace più niente. Non provo più interesse per nulla che non sia questo dolore che non mi appartiene nemmeno. Si sente stupida Janis, perché non sa nemmeno come esternare cosa prova e cosa pensa. Immagina sia solo questione di tempo; questione di trovare un giusto obiettivo nella vita. In fin dei conti, Albus ce l'ha fatta. Ora non ha più tempo di crogiolarsi nel suo dolore, perché ha altro per la testa. E così Alina, e Fitz, e tanti altri come loro. Si dice mentalmente debba solo trovare il giusto equilibrio. Il lavoro in fondo la sta aiutando molto. « Te lo ricordi che abbiamo un accordo? Tutti i problemi, li risolviamo sempre insieme. Non posso vomitare lo schifo al posto tuo, ma sai che potendo lo farei. Qualsiasi altra cosa io possa fare, però, ed intendo qualsiasi cosa - anche protestare per l'estinzione degli scoiattoli ninja con le tette al vento, a costo di far venire un infarto ai particolarmente credenti - si fa. E per ogni volta che ti viene da odiarti, ci sono io a volerti bene. Non lo so... forse sono meno intelligente della media o meno acculturata sul mondo mistico, ma penso che tu sia stanca. Non solo per la merda che vomiti e perché sei una sin eater, ma perché sei una persona prima ancora di tutto questo. In più in una situazione già di suo difficile. Ci sono io ora. E qualunque cosa succeda d'ora in poi, JJ, a fronteggiarla sarà una squadra. Capito? Non importa se si tratta del senso di inadeguatezza, delle occhiate storte o della Madama che vuole Jay a casa mezz'ora prima. » Alza gli occhi al cielo e si alza per poi sedersi accanto a lei. E lì sul momento Janis non può fare altro se non abbracciarla, seppur odi tutte quelle manifestazioni di affetto. Non è anaffettiva, ma non è nemmeno la persona migliore nell'esternare i suoi sentimenti. E così, di fronte a tutto quel amore che Fawn le dona incondizionatamente, non può che rispondere con un silenzio grazie che non ha nemmeno bisogno di esalare. « JONES! Vogliamo darci una mossa? Le consegne non si fanno da sole! » Sospira affondo a quel punto Janis, staccandosi dall'amica con uno sguardo di scuse. Giusto, starei ancora lavorando. Si stringe nelle spalle e posa la tempia contro la sua spalla. « Staremo bene. » Sussurra infine accarezzandole dolcemente il braccio per qualche istante godendosi quel silenzio. « JONES! ALLORA? » « Arrivo! » A quel punto si alza in piedi e si precipita a gettarle le chiavi di casa sul tavolo. « Finisco il turno qui e ti raggiungo ok? In tanto, se volete andare a sistemarvi.. le chiavi di casa. Fate come a casa vostra. Di stanze ce ne sono parecchie all'ultimo piano. Scegliete quelle.. o quella? » Oddio a questo punto non lo so più nemmeno io. « ..che più vi piacciono. In frigo non c'è molto ma se volete comprare qualcosa chiedete indicazioni per il mercato. Non troverete molte schifezze, ma qualcosa da mettere in padella che sia commestibile la si trova facilmente. » Alza un dito a mo di monito. « E ti prego Fanny! Non toccate le mie cose. Specialmente il computer. Poi ti dico di tutto lo smanettare produttivo di questi mesi eh! Anzi facciamo direttamente che Marchand nel mio studio non ci entra. C'è tutta l'edizione dell'Eco della Rivolta e non voglio certo prenderlo a capocciate la prima sera perché fa polemica sul mare di merda che abbiamo spallato su quello che è stato. » In cuor suo spera non succederà, e se Fawn ha ragione su di lui, probabilmente non succedere, ma uomo avvisato mezzo salvato. Le stampa infine un bacio sui capelli e glieli scompiglia prima di scappare via, pronta a riprendere la sua bici e continuare col suo giro. « Non far mangiare Crosta più del dovuto! A dopo! »

     
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