A Question of Faith

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    Slytherin pride

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    « Lo sapevi che è tornata anche la sorellina di Percy? » Cammina al fianco della giovane Branwell, con Oliver che sembra ormai molto più ben disposto del solito. Ha ritrovato la sua padroncina, segno che probabilmente a breve dovrà renderglielo. Sta già pensando a come farlo, ma da una parte non vuole farle pensare che sta cercando di buttarlo fuori di casa. A ben guardare, Oliver e Arthas hanno persino iniziato ad andare d'accordo, seppur, il bianco cane lupo continua a guardarlo con fare piuttosto torvo, mentre resta ben incollato alla gamba di Mun. Ormai, più la gravidanza va avanti, più il fedele migliore amico a quattro zampe di Albus, sembra non avere intenzione di lasciarla fare quattro passi da sola. « Ci voleva questo matrimonio. Sembra averci riavvicinati tutti. Derek è tornato, anche James è tornato. » Ma Siri è ancora scomparso, ed io continuo a non parlare con Jude, e Albus non sta ancora benissimo. Annuisce seppur con una nota pensierosa. « Hai deciso cosa ti metti? » Altro tasto dolente. « Di questo passo, Betty, ti giuro io entro il primo settembre non ci entro più nemmeno in un sacco della spazzatura. » « Esagerata! Guarda che stai benissimo. » O tu sei decisamente troppo gentile. Ed io non so nemmeno cosa ho fatto per meritarmi tutta questa gentilezza. Continuano a passeggiare, con la stessa tranquillità proverbiale che sembra ormai scandire quel loro continuo fluttuare a Inverness. Il sole splende sopra a Inverness. Qualcosa che sembra ripetersi in maniera sempre più irrazionale, quasi come se, oltre quelle mura non ci fosse nulla; non il grigio, non la morte, non il pericolo di non veder ritornare qualcuno ogni giorno. Un terrore quello, che aveva sentito sulla propria pelle quando Sirius era sparito. A più riprese, i ragazzi erano usciti a cercarlo, pensando potesse essere nei paraggi. In giorni diversi si erano spinti sempre più lontani, solo per poi ritrovarsi sollevata dal vederli tornare, ma sempre senza Sirius. Uno, due, tre giorni, e lo stesso scenario: i due James e Albus insieme attesi da una Mun pronta con un cenone di tutto rispetto che potesse saziarli dopo ore ed ore interminabili di ricerche. Non le piaceva l'idea di sapere Albus là fuori, ma sapeva che non poteva fare altro se non accettare la situazione. Persino cercare di litigarci, sarebbe stato inutile, oltre che estremamente egoista. Lì fuori c'era Sirius, suo fratello, e c'era il padrino del suo futuro figlio, il suo quasi fratello, una persona a cui Mun per prima teneva ormai in maniera piuttosto importante. Più e più volte aveva visto Jude, il suo Jude, uscire a sua volta; da quando poco dopo Sirius, si era a sua volta presentato a Inverness, l'idea di andargli incontro e di affrontarlo, era stata piuttosto forte, ma poiché il gemello aveva preferito a gran voce di ignorarla quasi come se non esistesse, l'orgoglio le aveva imposto di fare altrettanto. Più di una volta lo aveva guardato in maniera torva nella folla, con quella superiorità di chi, lì dentro c'era da molto prima di lui. Ricordati che qui dentro sei in minoranza. Qui sei tu l'intruso. Cattiverie quelle, che aveva pensato stupidamente sulla scia di un orgoglio che era stato più e più volte ferito e mortificato dalle parole del fratello che si era scaldato per mesi nella calda coperta della protezione ministeriale e delle grazie della loro famiglia. Come ci fosse arrivato lì e perché, non lo sapeva; certo era che ignorava tanto lei che Albus in maniera quasi spasmodica, e a lei, finché non fosse diventato insopportabile, andava bene così. Se sei qui, non hai comunque dove andare. L'abbaiare improvviso di Arthas, la porta a trasalire risvegliandosi dai suoi dispettosi pensieri, mentre, sempre più vicine alle porte di Inverness, si ritrovano di fronte a una fragorosa piccola folla, tutta rivolta verso i cancelli, mentre il cane dalle spoglie candide, si precipita sempre più fragoroso verso una direzione ben specifica.
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    « Ma che diavolo gli è preso? » Betty la precede immergendosi nella folla, fino a raggiungere le prime file dove Mun la segue restando pochi passi più indietro rispetto a lei, solo per osservare poco dopo il suo volto colto da un misto di terrore e sorpresa. « Oddio! » Segue lo sguardo della bionda solo per trovarsi di fronte a una scena che per poco non le fa avere un mancamento. Hermione e Ron Weasley, celano appena la figura di un vivo e vegeto Hugo, mentre a pochi passi di distanza James Potter porta tra le braccia la figura piuttosto malconcia di Sirius. Arthas, sempre proverbiale, si affretta a raggiungere i due Potter, mentre in fondo alla processione ci sono due bare. Non vede né il suo ragazzo, né tanto meno il giovane Lupin, e lì, sembra aver bisogno di un momento in cui deglutisce pesantemente appoggiandosi alla spalla dell'amica. Non vuole nemmeno pensarlo. Non è così che finisce. Rivoli di lacrime iniziano a scorrere quasi automaticamente sulle sue guance, mentre si posa le entrambe le mani sul pancione scuotendo la testa. « Mun? » Lei scuote la testa mentre cerca di farsi spazio nella folla a spintoni fino a ritrovarsi di fronte la scena in tutta la sua interezza. Gli occhi di ghiaccio si posano prima sulla figura malconcia di Sirius, poi sul volto del fratello maggiore, decisamente dilaniato mentre fissa la figura del più piccolo dei Potter. Poi, lo stesso sguardo oscilla su Hermione, Ron e Hugo. Non capisce come sia possibile. In cuor suo sta cercando di darsi una spiegazione logica prima di chiedere cosa c'è in quelle bare.. o meglio chi c'è in quelle bare. Ma non ha il coraggio, né di darsi una spiegazione, né di chiedere, e quindi resta lì pietrificata, finché da pochi istanti dopo, James e Albus non riappaiono sulla scena, obbligandola a scoppiare con più forza in lacrime, mentre un Arthas tutto trotterellante si dirige verso il proprio padrone. Mun si getta tra le braccia di Albus, osserva per un istante le bare alla sua destra e poi affonda il volto contro il petto di lui, lasciandosi crollare in un pianto che sembra ignorare tanto la platea quanto tutti gli altri attori. « Pensavo.. pensavo.. » Non riesce nemmeno a parlare, e forse non dovrebbe nemmeno farlo. Il sollievo dura poco. La preoccupazione incalza nuovamente. « Shhh.. andiamo a casa. » [...] Erano stanchi, delusi e decisamente accigliati. A tutto ciò ci si era messo l'ennesimo dramma di Jude, che ancora una volta aveva fatto una scena. « Dovrebbe ringraziare te per avere ancora la testa sulle spalle. » Beatrice è appoggiata contro il bancone dell'ampia cucina di Ginny Potter, mentre Albus e i due James si scofanano questo ben di dio e quell'altro. Hugo è scomparso assieme ai genitori; Sirius invece è di sopra in compagnia di un medimago che lo sta esaminando e i preoccupatissimi Ginny e Harry. Mun si è offerta di occuparsi dei ragazzi in assenza della padrona di casa, mentre Olympia e gli altri sono sul punto di raggiungere la casa, smossi a loro volta dalle notizie non prettamente buone sulle condizioni di Sirius. Lapidario in un angolo, Percy, dal canto suo, sembra più interessato alle notizie sulla Gazzetta. Lui e Tris sono intervenuti sulla spiacevole questione Jude e dopo aver fatto sì che le acque si calmassero, erano rimasti forse più per gentilezza e solidarietà nei confronti di James e Albus, così come degli sposi Potter che per altro. Sempre estremamente diplomatici, sembravano riuscire ad essere attenti a ogni minima problematica potesse intercorrere nel loro territorio. « Io.. non capisco. » « Tuo fratello è un testa di cazzo. Che c'è da capire? » Può dare torto al più grande dei Potter? No. Decisamente no, e quindi scuote semplicemente la testa e sospira affondo. « L'abbiamo messo a dormire, per adesso, ma devi parlarci. » Mun alza gli occhi al cielo, posando lo sguardo su un sempre perfettamente controllato Percy. « Ma che gli è preso? Sembrava assatanato. » Mun vorrebbe avere una spiegazione logica da dare al giovane Lupin, ma a dirla tutta, questo è un Jude totalmente fuori dalla sua portata. Lo aveva già viso dare di matto; ma solo per lei. Jude dà di matto solo per me. « Uhm.. credo siano diventati amici, mentre Siri era a Grimmauld. Jude mi ha fatto capire che si sentivano da quando.. » « Da quando ha tentato di spaccarmi la faccia. » Annuisce. Sirius lo aveva accompagnato nella loro nuova casa e poi, ha perso il contatto logico di tutto il resto. « Senza offesa, nana, ma un Potter e un Carrow? Amici? » James scoppia a ridere per un istante. « Manchi solo tu, bro! » « La nana non conta? » E per un istante un sorriso appena accennato compare sulle labbra di tutti mentre Mun si premette di dare un legger buffetto sulla spalla di James. Ma poi il silenzio cala di nuovo. Per un istante si erano scordati di attendere notizie sulle condizioni di Sirius; poi, una volta ricomparsi gli sposi Potter, l'atmosfera si era caricata di nuovo.

    « Un succo di pompelmo e.. » Migliora il metabolismo degli zuccheri, aiuta a bruciare gli zuccheri più in fretta, impedendo che vengano accumulati sotto forma di cuscinetti di grasso in eccesso. E’ povero di calorie e ricco di vitamina C, che protegge la pelle dall’azione aggressiva dei raggi solari, migliora la circolazione e potenzia le difese immunitarie. Scorre ulteriormente il menu del pub, prima di sorridere al cameriere. « ..una di quelle barrette alla frutta secca. Con lo sciroppo d'acero. » Presa la propria ordinazione, è diretta verso un punto specifico della città. Una delle varie discese verso i sotterranei; dove è ubicata la grande biblioteca pubblica della città, una costruzione sottoterra labirintica che si estende per vari piani verso il basso. A Inverness sembravano avere un particolare feticismo verso i libri. Non solo la biblioteca contenuta nella loro casa era a dir poco impressionante, ma anche quella vita a casa di Harry e Ginny, quella di Janis, quella a casa di Rudy, ma soprattutto quella a casa Morgenstern, sembravano decisamente imponenti rispetto persino a tante biblioteche pubbliche presenti a Londra e Cambridge. Quella comune, la St. Peter, era a dir poco vertiginosa, nulla in confronto a cose già viste. E' lì che si dirige quindi, con i taccuini del padre sotto braccio e un temerario Arthas sempre al suo fianco. Ed è proprio quando sta per imboccare una delle scalinate a chioccola che osserva con un certo stupore una figura che le appare subito nota. Resta per un po' accigliata, inclinando la testa di lato. Si guarda attorno con fare spaesato, quasi come se tentasse di carpire quella nuova società per la prima volta. Lo ha visto fare a molti; man mano che la gente arrivava, tentava di fare i conti con il fatto che Inverness fosse tutto tranne che una realtà contadinotta, come persino a Mun era sembrava prima di metterci piede. Per un istante l'idea di ignorare la sua presenza fu forte, intenta finalmente a potersi dedicare a quella questione che aveva lasciato in sospeso ormai da giorni. Dopo il ritorno di Sirius, erano giunte le notizie di Deimos, ma con tutto il trambusto generale, non aveva avuto poi molto tempo di sfogliargli. Aveva iniziato a leggere qualcosa; cose che, a dirla tutta, le avevano fatto così male psicologicamente che aveva dovuto fermarsi dal continuare a seguire quel flusso di coscienza dopo poco. C'era tutto; ogni esperimento, ogni presunta ora del decesso, ogni comportamento anomalo. E poi c'erano simboli strani, cose che, Percy le aveva consigliato di continuare ad approfondire in biblioteca. Se una risposta alle sue domande c'era, doveva per forza trovarsi nel cuore di Inverness. Non so se voglio saperlo, gli aveva detto più e più volte, ma a dirla tutta, dopo le confessioni di Maze sul conto del famigerato libro che raccoglie le anime, Mun aveva capito di non poter distogliere lo sguardo ulteriormente. Troppe contingenze; troppe cose che sembravano non quadrarle. Lei stessa su un lettino freddo, costretta a entrare in contatto con un dio della morte che l'aveva resa complice di un dono molto simile a quello che presumibilmente Abraxis Carrow aveva fatto scattare attraverso un altro oggetto molto simile al Deah Note. Alla fine scuote la testa e torna alla realtà. Non sa se vuole saperlo, non è certa di volersi addentrare così tanto in quel mondo di nuovo, e quindi, con la stessa temeraria abitudine di vivere per negazione, persino andare incontro a Hugo Weasley, risorto dalle tenebre, sembra più semplice. Ora che Sirius si è risvegliato ed è fuori pericolo, poi, non ha nemmeno altro con cui occupare la sua testa.« Andiamo Arthas! » E dicendo ciò vira leggermente superando la scala a chiocciola, per spostarsi verso il centro della piazzola dove si trova il curioso Hugo Weasley che sembra ben più interessato a osservare qualunque cosa lo circonda. « Ehi! Ciao! » Si schiarisce la voce, portandosi la cannuccia del suo succo alle labbra tinte di un color carne. « Chi non muore si rivede, mi verrebbe da dire. » Un apparente battuta di spirito a prima vista; in fin dei conti quelle sono le stesse parole che lui ha rivolto a lei l'ultima volta che hanno davvero parlato. Mi ci è voluto parecchio per capirlo, ma quel giorno, io ho rivisto la luce.
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    Tu mi hai detto "sei ancora qui, sei viva, sei sveglia e hai perfino dei desideri da esprimere" ed io quel desiderio l'ho espresso. E Lui, non ha più avuto potere su di me. Lentamente il suo assoggettamento è venuto meno, perché io ho iniziato a credere un po' di più in me. Lì con te, io ho accettato forse per la prima volta a voce alta di essere altro. Di non essere solo il blu acciaio di Gauthier. "No, a me il blu non basta. Non mi basta quell'intervallo tra il grigio e un blu decisamente glaciale. Perché dovrebbe bastarti un colore quando puoi avere tutta la palette? Nessuno dovrebbe accontentarsi solo di un colore. Io voglio anche l'indaco, e il porpora, voglio il lino e il magenta, il platino e il carminio. Voglio il terra di siena e il turchese." Con te ho realizzato di volere tutto l'arcobaleno, e ora sto iniziando ad averlo.
    Gli rivolge un sorriso spontaneo mentre si avvicina ulteriormente abbassando lo sguardo per osservarlo dalla testa ai piedi. Ha riacquistato un colorito pressoché normale. Respira, è vivo. « Ehm.. non so nemmeno quanto sia delicato chiedere in queste circostanze certe cose, ma mi appellerò alla mia attenuate degli ultimi tempi per eccellenza quindi.. » E dicendo ciò si passa una mano sul pancione ormai piuttosto evidente prima di tirare un lungo sospiro. « ..come va? » Erge lo sguardo sulla statua che sembrava osservare fino a poco fa e assottiglia appena lo sguardo. « Comunque se te lo stai chiedendo quello è Seneca; busto del 30 d.C. Ne troverai tantissimi qui in giro. La maggior parte di stampo religioso; pare però che a Inverness abbiamo un certo feticcio anche per la cultura classica. Studiano un sacco di latino, greco ed ebraico. »



     
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    « Ciao Al, ciao Mun. Quando guarderete questo video.. beh, non so cosa sarà successo. Non so più che diamine succede da un bel po'. » La voce di Sirius Potter tremava, mentre con la mano più ferma possibile cercava di registrare un video, l'ennesimo. Ne aveva preparato uno per Judah, uno per James, ne avrebbe preparato uno per Olympia. Sentiva di doverlo fare, nell'eventualità in cui gli fosse successo qualcosa là fuori; sentiva, nei loro confronti, una sorta di responsabilità e non voleva che ripercorressero lo stesso sentiero che aveva intrapreso Ben, quando aveva iniziato a vivere nell'incertezza sulla sorte di suo fratello. O forse, in fin dei conti, lui era l'unico della famiglia ad essere riuscito a farsene una ragione? Era così imperscrutabile, il cugino Ben, eppure verso di lui provava un affetto smisurato. Lo provava per tutti loro e a tutti aveva dedicato un video. Non voleva che di lui avessero solo un ricordo sbiadito, nel caso in cui fosse successo il peggio. Voleva che sapessero ciò che forse, per tutti quegli anni, Sirius non era riuscito a dire bene con le parole, lui che le parole le distorceva e le rigirava con quel suo slang sgangherato. Sentiva di dovere loro una spiegazione ma video dopo video, parola dopo parola, era sempre più sicuro di non averne una neanche per sé stesso. Gli occhi lucidi vagarono per la stanza che gli era stata concessa, una volta arrivato a Inverness. In altri tempi, avrebbe urlato di meraviglia nello scoprire un'intera civiltà sepolta tra le pieghe del tempo, una vera e propria società nella società, formata da guerrieri e da lupi: un fantasy ad occhi aperti. Ma di questi tempi, avevano potuto notarlo tutti, Sirius Potter non era più lo stesso. Non lo era da quella notte in cui il velo si ruppe e la Loggia varcò le soglie del mondo. « Ci sono un casino di cose che vorrei dirvi.. e un altro casino che avrei dovuto dirvi da tempo, perché siete la mia famiglia. Ma.. è difficile spiegare con le parole una cosa che non si riesce neanche ad immaginare. Ha senso? » Rise in camera, ma era evidente nei suoi grandi occhi arrossati la pesante patina di nervosismo. Un ciuffo di capelli rimase appigliato ad una perla di sudore sulla fronte, facendolo sembrare più simile ad un drogato in astinenza dalla dose quotidiana, che al ragazzo solare e spensierato che tutti loro conoscevano. « E allora inizio con un.. scusatemi. Cazzo, avete scelto proprio male il padrino per quel fagiolino! E dire che ero così felice.. » E neanche un filo di quella felicità era visibile nel suo viso, impresso in una registrazione fuori dal tempo. « Mi immaginavo già come sarebbe stato correre in ospedale.. o in una casetta in questo posto, non lo so come funziona. e aspettare, l'attesa più fica di tutta la vita. Sognavo di riuscire a portare con me perfino quello zuccone di Judah. Ah, che eroe sarei stato! Era la missione della vita! » Scosse il viso. Era sempre stato importante per lui, finché qualcosa di più grande aveva sovvertito le sue priorità, infilandosi nella sua mente sempre più violentemente, come un bruco ad infestare una mela matura. « Dicevo che, quando vedrete questa roba, non so cosa sarà successo. Non so cosa ne sarà di me. Ormai è tardi per le scuse e ancora di più per le confessioni. Quindi ecco due parole per voi. La prima: vi amo. Tantissimo, anche quando non sono riuscito a dirvelo. Anche quando ti rubavo le barrette ipocaloriche.. sì Mun, ero io! » Una lacrima sfuggì al suo controllo ma venne prontamente ricatturata dal dorso della mano. Una scia salata, tuttavia, rimase nitida sulla sua pelle. « La seconda: se davvero dovesse succedermi qualcosa.. ditegli quanto ero felice. Felice di lui, intendo! ..o di lei. Magari è una lei, sarebbe bellissimo! Ditegli che lo amavo ancora prima che nascesse e che essere suo padrino era la cosa che più desideravo al mondo! » Più di diventare auror, più di terminare con quella cavolo di scuola e non dover studiare mai più pozioni e astronomia, più di ogni desiderio pregresso. Poter guidare suo nipote nel mondo avrebbe saputo renderlo un ometto orgoglioso. « C'è una cosa che devo fare e non capirete il perché.. come non lo capisco neanch'io. E sarà pericoloso, forse mortale. Una grande, gigantesca cazzata! Ma ogni cellula in me grida perché lo faccia, brucia se provo a voltarmi dall'altra parte. La mia testa sta esplodendo. » Con una punta di dolore lo disse, quello stesso dolore che provava pulsante nelle tempie. Aveva provato così tante volte a voltarsi dall'altra parte e per un periodo ci era perfino riuscito: vivere a Londra non era stata solo l'esigenza di un giovane uomo che desidera dimostrare a tutti di essere diventato adulto, no. Stare lontano dalla Scozia rendeva i suoi pensieri più limpidi e le sue notti sommariamente più leggere. Ma quell'incubo ricorrente continuò ad accompagnarlo ed esplose come una tempesta tropicale alle otto di sera del 15 Luglio. Era stato solo grazie a Judah e a quel suo bizzarro elfo domestico, che da allora non si era mai separato da Sirius, se era riuscito ad arrivare sano e salvo ad Inverness. Ma da allora, le poche giornate che vi aveva passato erano state tormentate da pensieri invasivi e sferzanti. Uno psichiatra le avrebbe chiamate "ossessioni"; un teologo, il segno di un preciso disegno di Dio. Qualunque cosa fosse, pretendeva di essere ascoltata. Gli occhi di Siri calarono sul timer della registrazione e sorrise mesto, deciso a tagliare corto. « Questo non... non vuole essere un addio. Non voglio dirvi addio. Voglio solo che.. non lo so cosa voglio.. Mun, una volta mi hai detto che i miei fratelli non capivano ma mi appoggiavano perché si fidavano in me.. perché credevano in me. Al, ti chiedo di crederci ancora una volta. E.. niente, questo! » I suoi occhi sprizzarono di raggiante malinconia, nel ritrovarsi ancora una volta al momento dei saluti. Aveva confessato i suoi sentimenti a Judah e aveva chiesto a James di stare vicino a mamma e papà, perché non patissero lo stesso dramma di Ron e Hermione. Non si erano più ripresi dalla scomparsa di Hugo. « Se non dovessi tornare, prendete tutti i miei giochi e regalateli a Jay! Dai, merlinobbono, è il momento che superi 'sta fissa dei dinosauri! E' un ometto ormai. Abbracciatelo tanto da parte mia. Vi voglio bene. » E con un ultimo, mesto sorriso la registrazione si interruppe di botto. Durante una notte qualsiasi di inizio Agosto, Albus Potter e Amunet Carrow ricevettero contemporaneamente lo stesso video, dallo stesso mittente, che aveva già lasciato il suo letto da parecchio.
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    Era sgattaiolato fuori casa, nelle stradine di Inverness delle quali si era dovuto scarabocchiare una cartina per non perdersi e, arrivato ai cancelli finemente sorvegliati, aveva gentilmente chiesto alla guardia di farlo uscire. Il Signore opera in maniera misteriosa e ha concesso agli uomini il libero arbitrio perché fossero liberi di agire e, nel caso, perfino di sbagliare: Sirius Potter si vide così richiudere alle spalle i grandi portoni della Città Santa, ad attenderlo nel buio della notte scozzese null'altro che il suo destino.

    Capì di essere diretto a Hogwarts prima ancora di vedere il villaggio di Hogsmeade in lontananza, dopo ore di viaggio. Nella sua folle e sgangherata fuga, perlomeno aveva avuto il buon senso di recuperare un manico di scopa e servirsene per sorvolare le Highlands. Non aveva una meta precisa, non intenzionalmente almeno, ma un sesto senso lo stava guidando come l'ago di una bussola trova il Nord. E il suo nord si trovava al castello di Hogwarts, là dove lo aveva lasciato. Ogni volta che, con chiunque, aveva provato a tirare fuori l'argomento sulla possibilità di ritornare a Hogwarts, la reazione era stata sempre la stessa: gli occhi si sgranavano piano, le pupille si costringevano e i ricordi degli orrori vissuti tra quelle mura riaffioravano con violenza. No, nessuno mai sarebbe dovuto tornare a Hogwarts, non allo stato attuale delle cose. Molto era cambiato da quando aveva lasciato Hogsmeade per l'ultima volta. Hogwarts era visibile all'orizzonte oltre le acque del Lago Nero ma tutt'intorno, come l'infezione di un germe che si propaga nell'organismo, dalle fondamenta del castello e dalle rive del lago l'ambiente era stato inghiottito dalla Loggia. La Loggia, al solo nominarla le viscere di Sirius fremevano e si contorcevano. Aveva ricordi di quel luogo, ricordava di essere stato all'interno del castello, ma per qualche assurdo motivo sembrava non aver patito alcun trauma da quella clausura, come se fosse scivolata indisturbata, gocce di pioggia sulla sua pelle. La Loggia, tuttavia, non lo aveva mai abbandonato. Ed ora eccolo là, un piccolo prode guerriero armato solo di una bacchetta magica, inefficace contro le creature che infestavano l'altra dimensione, e di una scopa su cui decise di non smontare mai, non ce n'era bisogno. Virò completamente e solcò le acque del castello, che era stato abitato dalla piovra gigante in tempo di pace e dal Kraken in quello di "guerra". Non si premurò neppure di castare un incantesimo di disillusione né i suoi pensieri gli permisero di concentrarsi su una strategia efficace per sopravvivere. No, la sopravvivenza non era più la sua priorità, dal momento in cui era ufficialmente entrato nella zona d'ombra e la sua mente era stata invasa dal bisogno impellente di sorvolare il castello, alla ricerca della torre più alta. Là, nella Torre di Astronomia, c'era qualcosa che lo aspettava, lo sapeva quant'era vero che respirava ancora e che il sole sorge a oriente, una di quelle certezze talmente inconfutabili da avere il sapore di una psicosi, di un delirio. O di una questione di fede. Solo un folle, un visionario o un pellegrino mosso dalla mano di qualcuno più in altro avrebbe intrapreso un viaggio simile, ricco di pericoli come fu, in effetti, il viaggio di Sirius. Scoprì ben presto che anche in volo, creature oscure erano in grado di raggiungerlo e aggredirlo, per impedirgli di raggiungere la sua meta o anche solo per strappargli via il cuore dal petto: come un faro nella notte, Sirius riusciva ad attirare a sé l'attenzione di esseri abominevoli, che combatté con tutto il coraggio di cui si sentì capace e battere in ritirata quando l'ostacolo si rivelò insormontabile. Qualcosa in lui riverberava e si diffondeva nella profonda oscurità della Loggia, come se essa stessa provasse nei confronti del ragazzo una malata forma di nostalgia, come se Sirius possedesse qualcosa che la Loggia aveva perduto. Nonostante ciò, il bisogno impellente guidò le scelte del giovane Grifondoro, impedendogli di arrendere. "Non qui", continuava a ripetersi, "non ora, non così vicino. Non posso". Lo chiamano Imperativo Biologico, il viscerale bisogno di ogni essere vivente a compiere ciò che è nato per essere: i predatori cacciano, i sognatori sognano e Sirius Potter avrebbe attraversato le fiamme dell'inferno per raggiungere la sua destinazione. Solo quando toccò il freddo pavimento della torre, il violento pulsare nella sua testa sferzò un'ultima, improvvisa e violenta scarica per poi acquietarsi. « Perché qui? » mugolò guardandosi intorno, confuso. Perché tra tutti i luoghi possibili, sentiva di doversi trovare proprio nell'occhio del ciclone, ad un passo dalla morte? Si fece largo lungo la balconata della torre ed oltrepassò le vetrate distrutte dell'aula di Astronomia, dove il freddo glaciale del sottosopra non accennava a placarsi. Solo allora, li vide: tre corpi, disposti ordinatamente uno dietro l'altro, pallidi e rigidi nella morte ma al tempo stesso in qualche modo preservati dai naturali processi di decomposizione. Sembravano addormentati, vittime di una maledizione senza fine. Sirius, titubante, castò un timido "Lumos" e avanzò verso il centro della piccola stanza. Era sicuro che in altre occasioni avrebbe semplicemente dato di matto perché, dannazione, trovare dei cadaveri non è tra le esperienze formative che avrebbe mai voluto inserire in un curriculum! Ciò che al contrario sbocciò nel petto di Sirius fu un anacronistico senso di appartenenza frammisto alla vaga e sollevante sensazione di aver concluso un percorso. Un viaggio, fisico ma soprattutto spirituale. La prima salma apparteneva ad un ragazzo smilzo e dai tratti affilati, un leggero strato di barba gli incorniciava il viso incrostato di sporco e sudiciume. Il marcio della Loggia aveva cercato di appropriarsi di quei corpi, senza tuttavia riuscirci. « Brando. » sospirò con un filo di voce. Si ricordava di Brando Lee: era stato il compagno di stanza di suo cugino Fred, un tipo stravagante arrivato da Ilvermorny per uno scambio culturale. Non se n'era più andato. Passò oltre, ritrovando accanto al corpo del giovane americano quello di una figura ben più conosciuta. Tutti a Hogwarts, dopotutto, conoscevano Greagoir Olivander. I suoi ricci un tempo color dell'oro erano scuri e spenti, così come il suo viso privo del sorriso che l'aveva fatto vagheggiare nella mente di molte studentesse. In un flash, Sirius ricordò il giorno in cui per la prima volta era tornato a Diagon Alley dopo il lockdown e aveva intravisto la sagoma di Gawen Olivander, chino sopra il gradino d'entrata della bottega, un fantasma in movimento. Ricordava come si era sentito, nel guardarlo dall'altra parte della strada: male, lo stesso che aveva provato nel vedere Harry triste quando Albus era stato chiuso in riformatorio o quando Ginny aveva scoperto dei manifesti da ricercato con il viso di tutti i suoi figli. Fece un ulteriore passo, alzando la bacchetta sopra quello che sicuramente era tra i tre il corpo più piccolo e gracile, il più giovane.. e il più familiare. Un paio di occhiali da vista, le cui lenti erano scheggiate, giacevano sopra la salma fredda di Hugo Weasley, accanto al quale Sirius si inginocchiò a peso morto, incurante del dolore. « Hugo.. no.. » Nessuno aveva più avuto notizie di loro, cosicché le alternative erano state due e due soltanto: accettare il fatto che fossero morti o continuare a vivere sperando che loro facessero altrettanto. A metà tra le sue posizioni sostava, inerme, Hermione Granger, la strega più brillante della sua età. Era troppo razionale per non capire che le chance che il suo ultimogenito fosse sopravvissuto a quello che tutti i reduci descrivevano come "l'inferno in terra" erano troppo, troppo basse. Ma una madre diventa irrazionale, di fronte alla perdita di un figlio ed Hermione Granger non era divenuta soltanto irrazionale, aveva iniziato lentamente ad appassire nel suo silenzio. Anche a lei, dopotutto, la Loggia aveva inferto una ferita che non si sarebbe più rimarginata. « Era.. questo che dovevo scoprire, quindi. Voi. Cosa sono, una specie di veggente? » Rivolse la domanda al cielo, alzando gli occhi lucidi verso il soffitto ricoperto di radici marce e muffe scure. Olympia, dopotutto, lo era. E se fosse il sangue di Veela nelle vene? Questa e mille altre teorie fioccarono nella mente di Siri, e tra tutte un solo pensiero ebbe la meglio sugli altri. "Toccali". Non per morbosa curiosità, non per sapere quanto fredda può essere la morte. Toccali e basta. Prese la mano di suo cugino Hugo tra le sue, un blocco di ghiaccio sulle dita, e l'imperativo biologico di Sirius Potter arrivò a compimento. Un'incredibile forza attrattiva mantenne unite le mani dei due ragazzi, legati a doppio filo da un legame che non era unicamente di sangue. Molto più in profondità, fin dentro l'anima, Hugo e Sirius raggiunsero una connessione e un perfetto, stabile, inalterabile equilibrio. In quell'equilibrio, il corpo di Hugo Weasley prese a riscaldarsi, le sue gote riassunsero un colorito più roseo, le sue labbra divennero rosse come il sangue e i suoi occhi, con un colpo netto, si sbarrarono. Vivi.

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    Tutto questo non ha il senso, non ha il benché minimo senso! era la frase che Hugo Weasley si era ritrovato più e più volte a ripetersi mentalmente, mentre i giorni si susseguivano come se niente fosse. Non che avesse difficoltà ad accettare qualcosa fuori dall'ordinario, non dopo i mesi passati chiuso dietro le invisibili sbarre di Hogwarts, nella maggior parte dei quali si era ritrovato prigioniero della Loggia Nera. Paradossalmente, quando il peggio era avvenuto, il vecchio Hugo era morto per far spazio ad una nuova versione di sé, non di certo migliorata ma.. resettata, riportata allo stato di fabbrica. Ricordava molto bene i giorni precedenti alla grande evasione collettiva da Hogwarts, così come ricordava le notti insonni, il continuo senso di ansia che non lo abbandonava mai e la perenne sensazione che da un momento all'altro un attacco di panico avrebbe potuto metterlo al tappeto. Lui, così smilzo e debole, dotato solo dell'ingegno e dell'intelletto, messo alle strette dalla sua stessa arma! Ironica, la vita. Ciò nonostante, il "nuovo mondo" che attendeva il "nuovo Hugo" riusciva a stupirlo. In quel nuovo mondo, Fred e Albus avevano smesso di parlarsi per via di un'altrettanto folle fatalità che aveva generato un effetto domino di conseguenze. Si rese conto immediatamente di essere stato via per molto tempo e non solo dalle lacrime di sua madre e dallo stupore generale nel vederlo camminare sulle proprie gambe, come un cadavere rianimato da magia oscura o peggio ancora un fantasma. No, erano i dettagli a fargli capire tutto quello che si era perso. Alcuni erano piccoli o di scarsa importanza, alcuni invece ebbero ai suoi occhi una risonanza mastodontica: l'esistenza di Inverness ad esempio o l'esistenza di un cugino di cui non sapeva niente, assolutamente nulla. Quando ebbe modo di incontrare colui che, a quanto pareva, l'aveva salvato si stupì nel constatare come agli occhi di tutti egli fosse il fratello minore di Albus, James e Olympia. Suo cugino. Non aveva senso, non aveva il benché minimo senso! Anche agli occhi di un cieco la situazione sarebbe parsa strana: quale fortuita coincidenza avrebbe potuto fare in modo che uno sconosciuto trovasse lui e gli altri nel cuore stesso della Loggia? E che quel qualcuno si rivelasse essere un consanguineo? Quante probabilità ci sono che sia sono uno strampalato gioco del destino, che tu abbia perso la memoria? Poche Hugo, direi nulle. La memoria non è a tal punto settoriale. Ricordi tutti quelli che hai conosciuto e di certo ti ricordi della tua famiglia, tutti, membro per membro. Tranne lui. I guaritori di Inverness ipotizzarono un disturbo post traumatico da stress, il quale avrebbe indotto un'amnesia, o più in generale uno stato di confusione generale. Hugo, tuttavia, non si era mai sentito più lucido e fermo prima d'ora: la presidenza di Edmund Kingsley, le celle sotterranee, il campo scuola e il tenerli tutti perennemente lontani dai loro affetti avevano lentamente minato i nervi di tutti, Hugo incluso. Ma adesso, è come se mi fossi risvegliato da un lungo sonno. E non sono confuso, né ho perso i miei ricordi. Questa non è l'opera di un incanto obliviante. Quello non è mio cugino. Provò a spiegarlo, con lo stesso fervore con cui avrebbe discusso con un antivaccinista o un terrapiattista ma, con sua grande sorpresa, nessuno in famiglia gli diede ragione, neppure sua madre. E' ovvio che non possono mentire tutti, non ne avrebbero motivo. Perché mamma dovrebbe mentirmi su una cosa del genere? Forse non guardo la cosa da una prospettiva abbastanza critica. Forse mi sento troppo sicuro. Ciò che è successo.. ciò che ho subito va oltre l'umana comprensione. Avrebbe voluto parlare con quel fantomatico cugino ma da quando erano tornati a Inverness non si era più svegliato, caduto in un coma che ugualmente aveva del bizzarro. Assai improbabile che fosse una coincidenza. Proprio quella mattina Hermione gli aveva detto che Sirius si era svegliato e che sembrava stesse bene, nonostante tutto. Sarebbe andato a trovarlo, aveva bisogno di parlarci e di chiarire meglio la faccenda ma c'era un ultimo luogo della città che non aveva ancora visitato, nei suoi curiosi giri di ricognizione: i sotterranei. Ovvero, la parte interessante. Aveva scoperto solo in un secondo tempo che sotto l'Inverness già di per sé vastissima si estendeva un elaborato dedalo sotterraneo, una città sotto la città, e che essa conteneva il bene più prezioso di tutta la città stato. La conoscenza. Hermione aveva passato laggiù gran parte del suo tempo, lontana dal marito e da tutto ciò che potesse ricordarle il figlio perduto ed era stata proprio lei ad indicargli la via. Nel suo peregrinare ne trovò a decine, piccole e grandi, suddivise per periodi storici - che scoprì essere chiamati Patriarcati secondo la forma di governo della città. Quasi gli venne un colpo quando scoprì di trovarsi sotto il matriarcato di Beatrice Morgenstern, quella Beatrice! La ragazza un po' strana ma all'apparenza normale di cui si era invaghito non troppo tempo prima. Faceva la regina di Grifondoro ed era realmente un'erede al trono, le ironie continuano.
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    Entrò in una grande sala, la cui targa sulla grande porta a doppio battente recitava "Primo Patriarcato di Jonathan Morgenstern", e là vi rimase, ficcando il naso un po' ovunque, finché il latrare gioioso di un cane non attirò la sua attenzione. Un cane in una biblioteca? « Arthas?! » Avrebbe riconosciuto il grosso cane di Albus fra mille ed egli riconobbe il ragazzetto a cui piaceva passargli rimasugli di cena da sotto il tavolo, durante le riunioni di famiglia e tra "malandrini". A stento tuttavia riconobbe la ragazza alle calcagna del cane: lei era stata una delle più grandi sorprese al suo ritorno. « Ehi! Ciao! Chi non muore si rivede, mi verrebbe da dire. » E anche chi muore. Ma tu non puoi saperlo, così come io non sapevo che fossi cieca quella volta. Sì, perché a Hugo non importava cosa dicesse la medicina, la scienza o il semplice buon senso. Lui sapeva di essere morto, ricordava distintamente quel momento che, indelebile, sarebbe rimasto impresso nella sua memoria per sempre. Marchiato a fuoco, un memento eterno. Amunet Carrow gli sorrise, dolce e spontanea come forse non era mai stata, e Hugo fece altrettanto, limitandosi ad alzare le spalle come un silenzioso "che vuoi farci, così è la vita!". Sentiva addosso gli occhi glaciali della serpeverde, una sensazione a cui ancora non si era abituato del tutto, ma tutto sommato non era peggio di Hermione, che ancora incredula continuava a fissarlo quasi avesse paura di vederlo sparire da un momento all'altro. Era comprensibile. « Ehm.. non so nemmeno quanto sia delicato chiedere in queste circostanze certe cose, ma mi appellerò alla mia attenuate degli ultimi tempi per eccellenza quindi.. come va? » La sua attenuante era ormai difficile da non notare, anche a voler ignorare i pettegolezzi che riguardavano la coppia dell'anno. Albus e Amunet, insieme. Vederla insieme a Fred gli aveva sempre fatto uno strano effetto, come l'acqua e l'olio o un'eclissi, ma con Albus? Non ha senso, non ha il benché minimo senso! « Comunque se te lo stai chiedendo quello è Seneca; busto del 30 d.C. Ne troverai tantissimi qui in giro. La maggior parte di stampo religioso; pare però che a Inverness abbiamo un certo feticcio anche per la cultura classica. Studiano un sacco di latino, greco ed ebraico. » Si voltò insieme a Mun ad osservare il busto d'arte classica, su cui non era riportava nessuna targa esplicativa. Evidentemente, per i padroni di casa non era necessario. « Lontani da scuola eppure sei ancora la prima della classe.. la seconda, contando me. » la canzonò provocatorio, prima di lasciarsi scappare una flebile risata sotto i baffi e accennare la statua col mento. « Avevo dedotto che fosse un personaggio importante di quell'epoca, lo stile è sicuramente classico. Ma non porta la corona d'alloro né segni di riconoscimento. Ammetto di non aver avuto il tempo materiale per studiare. » Quindi 1 a 0 per te, Carrow. Il busto romano tuttavia perse d'interesse, alla presenza della vera rivelazione di quel nuovo mondo. Tacque per qualche secondo, alzando gli occhi color nocciola come se tentasse di afferrare un pensiero sull'atto di volar via. E davvero quel pensiero era talmente effimero da lasciar stordita una mente scientifica e analitica come la sua. « Quand'è che il mondo ha smesso di avere un senso, di seguire una logica? » Perché ammettiamolo, questa tua nuova versione di te non me l'aspettavo. « Sto.. bene, nonostante tutto. Sto alla grande, in effetti. Ha senso? Sarebbe più logico se mi crogiolassi nei drammi del passato, sotto shock, senza riuscire a chiudere occhio. Sarebbe coerente. » Sarebbe il vecchio me. Ma se il mondo tutt'intorno era cambiato, forse era giunto il momento di cambiare anche per lui. Si scrollò di dosso quei pensieri pesanti con una scossa del viso, deciso a passarci oltre. « Fammi indovinare: non sei qui per studiare la Torah. Dicono che se fai ascoltare qualcosa al feto, questo influenzerà il suo sviluppo. » Il feto. Sempre così cinico nella sua bontà, sempre così analitico e distaccato nonostante il suo cuore immenso. « Direi che l'ebraico non sia il miglior incentivo all'embriogenesi del tuo erede. » E lo straparlare saccente di suo "zio"? Diamine, diventerò zio e non ho ancora realizzato.
     
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    « Lontani da scuola eppure sei ancora la prima della classe.. la seconda, contando me. Avevo dedotto che fosse un personaggio importante di quell'epoca, lo stile è sicuramente classico. Ma non porta la corona d'alloro né segni di riconoscimento. Ammetto di non aver avuto il tempo materiale per studiare. » È normale. È tutto così dannatamente normale; persino il respiro regolare di Hugo sembra comunicarle un naturale vorticare della vita. Tutti lo avevano dato per spacciato. In alto si erano levate lanterne in sua memoria. Ricorda, Mun, che per quanto su di giri si sentisse in quei giorni, quando il momento di raccolta si era svolto nella piazza principale di Hogsmeade, il suo pensiero era prima corso a Jude, poi qualcosa era scattato nella sua mente, e il pensiero si era spostato inesorabilmente prima su Hugo e poi su Miles. Miles e Hugo, due individui che più diversi non potevano essere, e che pure, inconsapevolmente avevano giocato un ruolo fondamentale nel risveglio dal suo assopimento. Hugo non lo sa, probabilmente in parte persino Mun ne è all'oscuro, ma la verità è che quel giorno sulla torre, qualcosa è scattato. Era frustrata e amareggiata, e in quel momento non era nemmeno in grado di nasconderlo. Per quanto ci provasse a essere la solita Carrow, che prendeva in giro con indifferenza il piccolo Hugo Weasley, quel giorno non ci era riuscita. E non perché lui era appena tornato da un viaggio lunghissimo dentro i meandri della foresta, non perché non volesse peccare di insensibilità. A quel punto delle cose, nelle condizioni in cui si trovava, Mun sentiva di avere una scusante abbastanza forte da poter dare sfogo a tutta la sua frustrazione indipendentemente da quale sfollato si fosse trovata al cospetto. Era cieca, sola, e incompresa. Cercava qualcosa che nemmeno lei sapeva di aver già trovato. Quel giorno lei e Hugo avevano connesso perché si erano capiti. Lui aveva capito lei e lei aveva fatto altrettanto con lui. E per un istante né lui era più un reduce di guerra, né lei era disabile. Hugo l'ha spinta a fare qualcosa che forse, da sola, non avrebbe mai fatto. L'ha spinta a sperare, a desiderare e visto che lo aveva ascoltato, in conclusione, il volto del suo amato era riuscita a riconoscerlo nella folla. Una folla quella, che un tempo Mun riusciva a etichettare come solo ed esclusivamente colma di inimicizie e falsità e che alla fine, si era dimostrata niente più che la vita e il suo naturale scorrere in maniera del tutto casuale. « Non si smette mai di essere i primi della classe. » Asserisce con fare risoluto mentre continua a fissarlo con una punta di curiosità quasi invadente. Accarezza il capo dell'animale che l'affianca per poi iniziare a guardarsi attorno. Lo stabile sotterraneo in cui si trovano è impressionante; ancor oggi, Mun si ritrova a meravigliarsi come la prima volta della civiltà che domina il mondo dei cacciatori, ben più vasto di quanto potesse inizialmente pensare. A ben guardare la loro compagna più grande, Beatrice Morgenstern, nulla di poi tanto particolare sembrava trasparire dalla sua austera figura. Più di una volta, dall'alto della sua superiorità, l'aveva addirittura considerata insipida e poco femminile, decisamente rozza e poco incline a comprendere la società in cui viveva. Trovarsi dall'altra parte della bilancia l'aveva fatta molto ricredere sulle sue stesse convinzioni. Non era che i Morgenstern non sapessero vivere nel loro mondo; arrivavano semplicemente da uno ben diverso, non per questo meno particolareggiato e addirittura pregiato. Per certi versi, agli occhi della piccola Carrow, se possibile, la loro civiltà le appariva addirittura più capillare di quella dei maghi, sicuramente più mistica e intrisa di una serie di credenze e tradizioni di fronte alle quali difficilmente si riusciva a non restare meravigliati. « Quand'è che il mondo ha smesso di avere un senso, di seguire una logica? »
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    Resta piuttosto sorpresa da quel quesito. Quasi come se non lo aspettasse. Per chi come lei, ha vissuto passaggio per passaggio il costante mutare del mondo, quella appariva ormai come la realtà più tangibile e sensata che potesse esistere. Ad un certo punto si era forse solo rassegnata, Amunet Carrow, e aveva deciso di prendere le cose per com'erano. Invece di remare contro al destino, vi si era abbandonata, forse addirittura stanca di dover fronteggiare tutto come un bastian contrario della situazione. Aveva altro a cui pensare; una famiglia, un futuro, preoccupazioni ben più stabili e correlate a una dimensione che fino a poco fa non pensava nemmeno potesse fare al caso suo. Era cambiata. Tutti loro erano cambiati. Si erano ridimensionati, erano cresciuti, e per certi versi anche le loro aspettative avevano mutato forma e contenuti. « Se lo chiedi a me, Hugo Weasley, il mondo non ha mai avuto senso come ora. » Un dolce sorriso si distende sul suo volto mentre abbassa lo sguardo sul morbido rigonfiamento del suo ventre. Certo, tutto ciò doveva essere strano per chi di punto in bianco si ritrova a fronteggiare un mondo completamente diverso da come lo aveva visto l'ultima volta, ma dalla prospettiva di Mun, le cose non erano che migliorate. E dovevano peggiorare, davvero tanto, prima che diventassero migliori. Albus l'aveva avvertita di ciò; tuttavia alla fine, i ragionamento della sua dolce metà si erano rivelati veri. « Più o meno tutti i pezzi iniziano a fungere. Sembra quasi che dovessimo assistere alla fine del mondo per iniziare a capire.. un po' tutto. » Si stringe nelle spalle. « Un po' come i moribondi in fin di vita, stiamo finalmente iniziando a comprendere cos'è davvero significativo. » Di fronte a quelle parole, proferite quasi a fior di labbra, tra se e se, corruga la fronte a lascia cadere su uno dei tavoli la propria borsa e il pacco colmo di scritti del padre. Prende quindi allora a spostarsi nella grande sala guardandosi attorno. Le braccia incrociate al petto, il ticchettio dei tacchi, contro l'impeccabile marmo che riveste i pregiati pavimenti. « Sto.. bene, nonostante tutto. Sto alla grande, in effetti. Ha senso? Sarebbe più logico se mi crogiolassi nei drammi del passato, sotto shock, senza riuscire a chiudere occhio. Sarebbe coerente. » Annuisce di fronte a quelle parole, e fermandosi in un punto imprecisato, si volta verso il ragazzo mostrandogli un sorriso colmo di serenità. E' diventata a tratti più mite, la piccola Amunet Carrow. La gravidanza le sta chiaramente giovando. Si sta sforzando quanto meno di lasciarsi alle spalle per il tempo che le resta da passare col suo bambino, tutta la veemenza che scombussola così facilmente il suo sangue nelle vene. « Ottimo! Perché qui, sembra proprio che nessuno abbia tempo e voglia di vedere qualcuno crogiolarsi nei drammi esistenziali. » Io l'ho imparato sulla mia pelle, fidati. E poi, a dirla tutta, Mun iniziava quasi a pensare che Inverness rifiutasse per sua natura i drammi protratti troppo a lungo. Erano gente pragmatica, col sangue freddo, che istillavano lo stesso approccio in chiunque li circondasse. Anche Mun, dai ragionamenti vorticosi e inutilmente contorti, aveva dovuto smettere ad un certo punto pur di stare al passo con la gente che la circondava. « Fammi indovinare: non sei qui per studiare la Torah. Dicono che se fai ascoltare qualcosa al feto, questo influenzerà il suo sviluppo. Direi che l'ebraico non sia il miglior incentivo all'embriogenesi del tuo erede. » Solleva un sopracciglio scoppiando a ridere. Sembra quasi di essere tornata nuovamente a scuola; un sentimento che tutto sommato non le dispiace affatto. A quei tempi, Mun e Hugo non hanno mai interagito granché, ma l'uno nel campo gravitazionale dell'altro lo sono sempre stati. Col tempo ha scoperto Mun, che i rapporti civili persino con persone decisamente diverse dal suo campo di interesse, fosse possibile. Sinonimo di una maturità che una ragazza nel fior fiore dei suoi sedici anni non poteva certo capire. Non poteva tuttavia fare a meno di meravigliarsi di fronte a tutto ciò. Tutto ciò ci ha fatto crescere troppo in fretta. Alcuni di noi forse più di altri, ma in fondo, a ben guardare i volti di tutti i nostri ex compagni, riesco a riconoscere solo ombre delle caratteristiche che un tempo davo per assodate. « Feto ed embriogenesi. Si starà tappando le orecchie anche solo per il modo in cui un suo parente stretto si sta riferendo a lui. » Nessun velo di rimproverò nel tono della sua voce, mentre prende posto, leggermente affaticata, su una delle sedie attorno al tavolo su cui aveva posato le proprie cose. Arthas, come un fedele guardiano si siede pacatamente accanto alle sue gambe, posando il muso candido sulle proprie zampe. « Noi ci riferiamo a lui come Fagiolino. Ma in realtà di nomignoli gliene hanno affidato parecchi. Passiamo da nano, a carciofino, patatino, broccolino - tutte battute di spirito di dubbia provenienza della nostra conoscenza in comune, Malia Stone. » In fin dei conti è grata per come sono andate le cose. In un modo o nell'altro, tutti avevano preso a cuore quella storia, chi prima chi dopo. Era stato un lungo processo, che stava tuttavia culminando con l'accettazione della nuova famiglia ormai immersa nel complicato quanto vasto mondo di Inverness. Il più piccolo di casa Potter - Carrow, appariva ormai come un barlume di speranza, un piccolo luminare in mezzo a un'apocalisse che incalzava. Perché in fondo, nonostante il mondo stia andando verso la perdizione, tu piccolino, ti fai spazio a spintoni, e come mamma e papà, te ne stai altamente fregando delle condizioni decisamente infertili in cui verrai al mondo. Ed io e tuo papà, faremo di tutto perché tu te ne accorga il meno possibile del mondo brutto brutto che c'è lì fuori. « Niente Torah comunque. Credo di essermi lasciata un po' sedurre dalla curiosità di rinvangare un passato, che forse è meglio lasciare così com'è. » Pensierosa, sposta lo sguardo sul pacchetto ancora sigillato dei diari del madre. Si inumidisce le labbra e quasi istantaneamente sposta lo sguardo verso la direzione opposta, quasi come se la paura di scoprire cosa si celasse dietro quegli appunti, la stesse ammonendo di cambiare direzione. « La curiosità uccise il gatto.. » Cita così su due piedi mentre un sorriso leggermente più amaro si scaglia sulle sue labbra. Si scuote tuttavia da quel improvviso torpore, e con un'energia rinnovata, decide di cambiare argomento, ben consapevole di non essere affatto pronta di affrontare quel discorso. Lo sarò mai? Sarò mai pronta a guardare nell'abisso? E se non dovesse piacermi ciò che vedo? Può mai esserci una verità che potrò accettare tra quelle pagine? « Hugo? Sono un po' confusa e.. non fraintendermi, non voglio intromettermi. Però.. Albus e James sono usciti per cercare Sirius, e sono tornati con al seguito due bare e un fratello - parecchio malmesso. » Deglutisce di fronte a quel pensiero. Lo ha visto. E' andato a trovarlo ogni giorno da quando erano tornati. Ogni qual volta si avvicinasse, tentava di sembrare il più serena possibile. Gli raccontava gli sviluppi su fagiolino e sulle nuove imprese di Jay. Provava sempre a riempire le sue orecchie con racconti positivi, così che spesso le spezzavano il cuore, soprattutto di fronte all'idea che Sirius potesse davvero non risvegliarsi più. « E poi ci sei tu.. che stai.. bene. Perché tu, Sirius, Greg e Brando eravate nello stesso posto? Voglio dire, come ha fatto Sirius a trovarvi, e perché Sirius era lì? Non ha affatto senso! E' tornato a Inverness e gli è stato specificamente chiesto di non uscire fuori dai confini - come è stato raccomandato a molti altri di noi. » Si stringe nelle spalle con una non indifferente incertezza. « Per le guardie e per l'Ordine della Fenice, uno di noi là fuori, è un problema in più, quindi ecco perché la regola del restare al nostro posto. » Pausa. « Sirius si è comportato in modo strano per un sacco di tempo, ma non mi ha mai dato l'impressione né di essere un pazzo suicida, né tanto meno di avere poi tutta questa voglia di violare una regola che fondamentalmente era posta a salvaguardia della sua sicurezza. » Sospira affondo sempre più confusa man mano che porta avanti quel ragionamento. « Molti sono ancora sotto shock e nessuno ha il coraggio di chiedere.. » Ma io, nella vostra famiglia, sono per forza di cose la più distaccata. « Ma.. ci sono cose che non hanno senso. E con cui dovrete farei i conti - dovremmo. Dovremmo fare i conti. » Dovremmo perché che vi piaccia o meno io ormai sono una di voi, e a voi ci tengo davvero.



     
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    Per un secondo, tutto tacque. Quel secondo, rappresentò la linea di demarcazione tra il prima e il dopo, tra la potenza e l'atto, tra un destino scritto e una profezia che s'avvera. Un secondo prima, tre cadaveri stavano immobili uno accanto all'altro; un secondo dopo, due cadaveri stavano ancora immobili uno accanto all'altro e un terzo era crollato a peso morto sul freddo pavimento ricoperto di radici marce capaci di attutire il rumore. Fu quello, il secondo in cui l'universo ebbe un brivido di assestamento e Hugo Weasley balzò a sedere, lasciando che l'aria invadesse violentemente i suoi polmoni. Li sentiva bruciare, c'era fuoco nascosto nel suo torace secco ed ebbe vitale necessità di diversi minuti per buttar fuori con bruschi colpi di tosse tutto lo sporco di una dimensione che era penetrata in ogni singola cellula del suo essere. Si accasciò inerme su un lato e lasciò che il tempo passasse. Coi minuti, anche gli occhi ritornarono a distinguere le forme e i colori - pochi, nelle tenebre della Loggia - e la vista tornò. Dopo di essa, arrivò il tatto che gli permise di sentire la pietra del pavimento sotto la colonna vertebrale e un freddo intenso che gli penetrò nelle ossa. Ma il tatto portò anche il dolore a muscoli che non usava più da chissà quanto. Provò a lamentarsi ma la gola era un deserto arido, doleva anch'essa e solo un roco rantolio riuscì a rendergli atto del fatto di non essere muto. E mentre una ad una, tutte le funzioni del suo gracile corpo tornavano operative, con la precisione automatica di una macchina perfetta, contemporaneamente anche il cervello del giovane Corvonero caricava i dati di cui aveva bisogno per operare, insieme alla logica e alla memoria. "Sono Hugo Isaac Weasley, nato a Londra il 21 Settembre 2001 da Hermione Granger e Ronald Weasley.. e sono morto." Furono i suoi primi pensieri concreti. "Ho un fratello di sangue, Benjamin Weasley, e uno adottivo, Rudolph Black. Mi trovo nella Loggia Nera. Frequento il sesto anno della scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, nella casata di Corvonero. Ho visto il Diavolo. Nella vita voglio diventare un detective. Ricordo l'esatto momento in cui ho esalato l'ultimo respiro. Mi sento bene.. e tutto questo non ha senso." Erano passati quarantacinque minuti dal suo brusco risveglio, quando Hugo riuscì a mettersi seduto. Era consapevole della gravità della situazione in cui si trovava, come era consapevole dei pericoli che stava correndo: aveva passato fin troppo tempo in quella dimensione ed ella era riuscita a soverchiarlo.. ma la conosceva, almeno un poco. Si guardò intorno: accanto a sé vide i corpi di Greg e Brando, privi di vita, e una morsa al cuore gli fece più male di tutto il dolore che aveva provato al suo risveglio. Aveva legato con loro: Greagoir li aveva protetti con le unghie e con i denti, era ancora in vita quando aveva chiuso gli occhi per non svegliarsi più. Brando, al contrario, era stato una vera rivelazione. Era per colpa sua se si erano ritrovati chiusi là dentro ma a tutti fu chiaro successivamente come se le sue azioni fossero state dettate da una maledizione Imperius, la più subdola. Non ricordava niente di quei momenti. Aveva rischiato di perdere una gamba, addentata da un demogorgone nel tentativo di distarlo e far scappare gli altri. Avevano imparato a fare gruppo e, in un primo momento, a sopravvivere. Ma uno ad uno erano stati schiacciati dalla Loggia. Nessuno può sopravvivere tanto a lungo all'inferno, neanche il più abile dei maghi. Si voltò dall'altra parte, socchiudendo gli occhi miopi per mettere a fuoco il viso di un ragazzo che non aveva mai visto prima, neanche una volta, neppure di sfuggita. La prima impressione gli restituì un'aria di familiarità, come se avesse già visto quel giovanissimo ragazzo più alto di lui, smilzo e vestito in maniera casual. Ma, prime impressioni a parte, era certo di non averlo mai visto: non a Hogwarts sicuramente. Suppergiù dovevano avere la stessa età, anno più anno meno, era impossibile non aver avuto contingenze, almeno una volta, con ognuno dei compagni d'anno. Venti minuti dopo, Hugo era in piedi nell'aula di astronomia, la riconobbe immediatamente. Aveva frugato nelle tasche del ragazzo ma non aveva trovato nessun portafogli, nessun documento, nessun segno di riconoscimento. Solo uno smartphone, con la batteria scarica. Portava al collo una catenina con una chiave, che avrebbe potuto aprire tutto e nulla, voler dire tutto o nulla. "Ma se è qua, ha qualcosa a che fare col mio risveglio, è chiaro come il sole che non vedo da mesi." Il manico di scopa che trovò abbandonato pochi passi più avanti doveva essere il mezzo di trasporto con cui lo sconosciuto era arrivato. "Sei arrivato qui da chissà dove. Non c'era nessuno qua dentro, nessuno tranne noi, Victoire, il povero Lucas, pochi altri sfortunati.. e Sanders. Ergo, vieni da fuori. La Loggia è aperta? O sei uno di loro, un Sin Eater? Riesci a creare dei portali? Mi sembra strano, Albus ha avuto bisogno dell'aiuto di tutti gli altri. Come ci hai trovato? Questo mi sembra ancora più strano. Mi sono risvegliato accanto ai miei amici, i corpi sono ordinati, palesemente disposti in fila. Ne deduco che qualcuno ci ha spostati quando siamo morti, è chiaro. La risposta più ovvia è che sia stata Vicky, Sanders ci avrebbe fatto mangiare dai demoni per suo divertimento. Siamo nella torre più alta, siamo stati custoditi in un luogo appartato e protetto.. ma tu, chiunque tu sia, ci hai trovati. E a me non vengono idee plausibili sul perché." Ma sapeva cosa fare: scappare. Se davvero la Loggia era aperta, se davvero quel ragazzo era arrivato da fuori, forse un modo per scappare esisteva e avrebbe dovuto trovarlo. Prese tra le mani la scopa e la sfruttò per fare un attento giro di ricognizione del perimetro della scuola: il Kraken nel lago era sparito così come la barriera che impediva a tutti di varcare i confini del castello. L'oscurità si era propagata e non ne vedeva l'orizzonte. "Ma siamo liberi!" Istintivamente aveva pensato al plurale, tale era il legame che l'aveva unito agli altri prigionieri della Loggia. Sarebbe stato difficile da accettare di essere l'unico sopravvissuto. E poi c'era quell'altro: lui non era morto, sembrava solo svenuto. Ma al ritorno di Hugo dalla ricognizione, nulla era cambiato: lui era ancora sdraiato a terra e ogni tentativo di risvegliarlo risultò vano. Si prese del tempo per pensare, elaborare un piano strategico, e solo alla fine prese la bacchetta che aveva trovato nei pantaloni dello sconosciuto. Chiuse gli occhi e cercò di ritornare alla notte di natale di quattro anni prima, che aveva passato alla Tana: c'erano i genitori, gli zii, i nonni, tutti i cugini stretti intorno all'albero di Natale. Si erano addormentati ai suoi piedi e al risveglio, il mattino dopo, si erano ritrovati circondati di regali. Era stato bello, tanto da scaldargli il cuore. « Expecto Patronum! » Dalla punta della bacchetta fuoriuscì dapprima una nube argentata e poco convinta. Solo dopo qualche tentativo e una maggiore concentrazione, la nube prese la forma di un falco blu. « Trova mamma e papà, dì loro.. che sono vivo. Sono a Hogwarts e.. e che non so dove andare. Dì loro che ho bisogno di aiuto. » Il patronus sbatté le ali forti e, compiuti due giri su sé stesso, volò verso l'orizzonte e sparì alla vista del mago. « Oculus Reparo. » castò verso i suoi occhiali dismessi, che inforcò sulla punta del naso ritrovando una piacevole sensazione di chiarezza. « Levicorpus. » pronunciò infine, facendo sì che i tre corpi iniziassero a levitare a terra e lo seguissero. Riprese possesso del manico di scopa e si librò in volo. « Andiamocene. Siamo liberi. »

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    « Se lo chiedi a me, Hugo Weasley, il mondo non ha mai avuto senso come ora. Più o meno tutti i pezzi iniziano a fungere. Sembra quasi che dovessimo assistere alla fine del mondo per iniziare a capire.. un po' tutto. Un po' come i moribondi in fin di vita, stiamo finalmente iniziando a comprendere cos'è davvero significativo. » Parlava di comprensione, Amunet. Parlava di moribondi. Come al solito, tra di loro, c'era una particolarissima propensione alla scelta di parole capaci di far ridere chiunque lassù tirasse i fili delle loro vite. Erano burattini nelle mani di un'entità superiore o davvero avevano il libero arbitrio. Capiremo mai veramente? Hugo pensava di no, a prescindere da quanto sicura di potesse sentire Mun a riguardo. Ma erano, le loro, situazioni troppo diverse per essere messe a confronto: Hugo Weasley era caduto dalla luna per ritrovarsi su un pianeta che riconosceva a malapena, mentre la Carrow quel pianeta l'aveva esplorato palmo a palmo. Quel pianeta lo portava in grembo. Era come se il corvonero fosse rimasto un passo indietro, a quando tutti loro erano poco più che studenti in cerca di un posto nel mondo o un sentiero di vita da percorrere. Aveva lasciato Amunet Carrow come una brillante strega dal promettente futuro e l'aveva ritrovata reietta agli occhi della sua stessa gente, che per amore aveva lasciato. Amore di un Potter. In passato aveva già capito quanto Mun fosse fuori dalle righe e poco disposta a cedere ai ricatti della società civile ma addirittura abbandonare tutto il suo mondo dorato, solo per amore, non la credeva possibile. Credevo fossi più cinica e razionale di così. Ma non è una critica questa, tutt'altro. Ti sto davvero ammirando, Amunet Carrow. Vorrei riuscire a coltivare, nella vita, un coraggio paragonabile al tuo.Probabilmente è stata la gravidanza a cambiare la visione del mondo di quella che un tempo aveva classificato come la classica rampolla con la puzza sotto il naso. In fondo, quale persona socialmente avrebbe potuto stringere così tanto amicizia con suo fratello Ben? Eppure, anche su di lui il giovane Weasley avrebbe avuto modo di ricredersi. Era stato così pregno di pregiudizi, così incline a sparare sentenze troppo affrettate! Col tempo avrebbe imparato a mettere redini a quel suo cervello scattante: non basta essere più intelligenti della media, se poi si cade in errori così banali. « Feto ed embriogenesi. Si starà tappando le orecchie anche solo per il modo in cui un suo parente stretto si sta riferendo a lui. Noi ci riferiamo a lui come Fagiolino. Ma in realtà di nomignoli gliene hanno affidato parecchi. Passiamo da nano, a carciofino, patatino, broccolino - tutte battute di spirito di dubbia provenienza della nostra conoscenza in comune, Malia Stone. » Non poté fare a meno di ridere, Hugo, al sentire quel breve sunto di una storia che sicuramente doveva essere stata vissuta come un'epopea. Già immaginava Malia e le sue facce storte, al solo parlare della prole di Amunet. Ah, Malia. Non l'aveva ancora incontrata, preso com'era da una tempesta di altri pensieri, anche perché non sapeva bene come spiegarle tutto ciò che era successo. E almeno una spiegazione gliela devo. A lei, ai miei fratelli, a tutti i miei parenti e i miei amici. « Ok. D'accordo. » e, sentendosi immensamente goffo e stupido, si chinò in avanti con le mani alzate in segno di resa. « Chiedo scusa se ho urtato la tua sensibilità, Fagiolino! Spero tu non abbia ereditato il caratterino della madre o mi porterai rancore fino ai diciott'anni e per farmi perdonare dovrò regalarti un manico di scopa ultimo modello! » Alzò il viso verso Mun, particolarmente divertito da quella prospettiva. La famiglia Potter-Weasley sapeva dispensare un'incredibile quantità di amore, Mun l'aveva imparato sulla propria pelle diventando parte del clan; Hugo non era da meno, aveva un cuore buono e gentile, ma le sue maniere non erano di certo affabili come quelle di tanti altri cugini. Non si sentiva affatto portato per il contatto con i bambini, il primo incontro con Jay non aveva fatto altro che provarlo. Un disastro. Sembrava quasi un primo appuntamento, ma con meno rossore in viso e lo stesso straparlare sconclusionato. Però era tornato a casa con uno stegosauro di plastica, il che poteva essere considerata una piccola iniziale vittoria. « Niente Torah comunque. Credo di essermi lasciata un po' sedurre dalla curiosità di rinvangare un passato, che forse è meglio lasciare così com'è. La curiosità uccise il gatto.. » Segue gli occhi di lei verso una confezione sigillata, che dedusse contenere effetti personali appartenenti ad Amunet o alla sua famiglia e che avevano a che fare col suo passato o con quello della sua famiglia. Considerato il nome che portava e il peso che ancora oggi quel nome aveva all'interno della comunità magica, non fu difficile per Hugo empatizzare con la titubanza della ragazza. I Carrow erano storicamente tra i più importanti affiliati al gruppo terroristico dei Mangiamorte e al Signore Oscuro ma in tempi più moderni erano riusciti a ripulirsi il nome e a diventare membri onorevoli della comunità magica. Forse non sono stati poi così onorevoli? « La curiosità uccide il gatto, è vero.. ma il gatto ha nove vite. Potresti fare un tentativo, forse. » Eccolo, finalmente, il vecchio Hugo di sempre: il ragazzo che avrebbe fatto di tutto per scoprire una verità, anche incappare una verità dolorosa. In questo si sentiva molto affine ad Amunet, molto simile: anche a lei non piaceva passare sopra le cose senza aver fatto luce sugli aspetti più tenebrosi. Le vicende intorno a Hugo, poi, avevano così tanti punti d'ombra da far paura ad una notte senza luna. « Hugo? Sono un po' confusa e.. non fraintendermi, non voglio intromettermi. Però.. Albus e James sono usciti per cercare Sirius, e sono tornati con al seguito due bare e un fratello - parecchio malmesso. » Il corvonero sospirò, fissando intensamente la giovane Carrow dritta negli occhi. Infine annuì, concedendole il permesso di continuare su un percorso difficile da gestire. « E poi ci sei tu.. che stai.. bene. Perché tu, Sirius, Greg e Brando eravate nello stesso posto? Voglio dire, come ha fatto Sirius a trovarvi, e perché Sirius era lì? Non ha affatto senso! E' tornato a Inverness e gli è stato specificamente chiesto di non uscire fuori dai confini - come è stato raccomandato a molti altri di noi. »
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    Le parole di Amunet riuscirono a far suonare il campanello dell'attenzione di Hugo. Quello era un racconto che Hugo non sapeva neppure di aver bisogno, ma che ascolto con l'attenzione analitica di uno scienziato. Qualunque cosa fosse successa, Sirius sembrava la chiave di volta di tutto, la comune chiave di lettura. « Per le guardie e per l'Ordine della Fenice, uno di noi là fuori, è un problema in più, quindi ecco perché la regola del restare al nostro posto. Sirius si è comportato in modo strano per un sacco di tempo, ma non mi ha mai dato l'impressione né di essere un pazzo suicida, né tanto meno di avere poi tutta questa voglia di violare una regola che fondamentalmente era posta a salvaguardia della sua sicurezza. » Annuì sovrappensiero, grattandosi il mento appena ispido. Sirius è un ragazzo ordinario, socievole, un Potter fatto e finito. Ma poi, succede qualcosa e inizia a comportarsi in modo strano. Ma è solo l'ultima di una serie di stranezze accadute contestualmente. Prima fra tutte, la Loggia. Nessuno entra e esce dalla Loggia, senza che non sia lei a deciderlo. Lui non solo si è comportato in modo strano: lo ha fatto nel momento stesso in cui, per qualche motivo, la Loggia ha mutato le sue regole. O per meglio dire, ha mutato sé stessa. Si è aperta ed espansa.. come un virus, come la peste. « Molti sono ancora sotto shock e nessuno ha il coraggio di chiedere.. ma.. ci sono cose che non hanno senso. E con cui dovrete farei i conti - dovremmo. Dovremmo fare i conti. » Anche se avessero chiesto, non avrebbero ottenuto granché: Hugo non aveva risposte, solo una serie infinita di congetture che andavano ad intersecarsi tra loro. Ma al centro c'era lui, Sirius. « La curiosità uccide il gatto, Mun. » l'ammonì, improvvisamente serio in volto, come seria era d'altronde tutta quella faccenda. Entrambi erano abbastanza concordi nel pensare che quella di Sirius non fosse stata una ragazzata del momento. Glielo avevano descritto come un ragazzetto iperattivo e particolarmente strano ma non pazzo, menchemeno depresso o con tendenze suicide. C'era qualcosa sotto. E mi riguarda da molto vicino. « ...ma, al diavolo, mi perdonerà se ho intenzione di sacrificare una delle sue vite. » Si sedette allora al lato opposto del tavolo, entrambe le mani posate sul legno massiccio. « Se vuoi capire cos'è successo a... Sirius, dovrai aiutarmi a colmare delle lacune. Pensi che mi sia perso qualcosa? Non hai idea. » Non era facile parlarne. Ci aveva provato, ma la conclusione a cui sia i guaritori che sua madre erano arrivati era che il trauma gli aveva indotto un disturbo da stress. Gli occhi nocciola caddero ancora una volta sul pacchettino di Mun. « Ti propongo uno scambio. Tu aiuti me e io aiuto te. Due cervelli sono meglio di uno, no? E, senza falsa modestia, i nostri cervelli sono sempre stati abbastanza affilati. Vedilo come un brainstorming. Ci stai, cugina? » Allungò la mano sopra il tavolo, per suggellare definitivamente quell'accordo tra menti brillanti. Solo successivamente il silenzio calò, lasciando a Hugo il tempo per cercare di rielaborare dei concetti che - lo capiva da solo - non avevano il minimo senso. « Ciò che è accaduto a Sirius credo sia solo la fine di un percorso. La sua strada ha incrociato la mia e non in un luogo preciso. No. Nella Loggia. » Un luogo che entrambi, oramai, conoscevano molto bene. Hugo tuttavia non aveva idea di quanto Amunet Carrow fosse stata vicina a quella realtà in passato e di come uno dei suoi arconti l'avesse tormentata per lungo tempo. « Ti racconterò ciò che è accaduto.. ma prima devo farti una richiesta che potrà sembrarti folle. E credimi, non saresti la prima a dirmelo. Sono stato visitato da diversi guaritori, sia di Inverness che da ex medimaghi del San Mungo rifugiatisi qui. Tutti sono concordi nel dire che io soffra di un disturbo post-traumatico da stress ma, te lo giuro su quanto ho di più caro, non sono mai stato più lucido di così. » Non sono pazzo. Ma è esattamente ciò che direbbe un pazzo. Come sciogliere il nodo, allora? Congiunse le dita tra di loro, guardando intensamente la ragazza di fronte a sé. « Parlami di questo Sirius. » Ne parlava con distacco, come lo sconosciuto che - per lui - era. Sarebbe stato complicato far capire a Mun il suo punto di vista. Ma la reputava una ragazza abbastanza aperta di mente da non saltare a conclusioni affrettate. O almeno, lo sperava.
     
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    L'essenza in filosofia è la realtà propria e immutabile delle cose intesa soprattutto come la forma generale, l’universale natura delle singole cose appartenenti allo stesso genere o specie. E' il substrato, qualcosa che permane indipendentemente da quanto le variabili del mondo possono cambiare. E' una specie di rete di salvataggio; per quanto il cambiamento possa far paura, l'essenza è la costante di cui ciascuno di noi necessità affinché si spinga oltre i propri limiti. Questo pensiero astratto ha sempre imperniato la mente di Amunet Carrow, la quale, pur consapevole di tutti i cambiamenti che la sua realtà ha subito, e pur spaventata da questo stesso vorticare delle vicissitudini che l'hanno coinvolta, è sempre stata convinta che il substrato permanesse. In fondo, seppur abbia tradito se stessa e molte persone attorno a lei, il suo subconscio è sempre rimasto fedele a una linea ben precisa; non si è mai discostato dai suoi soliti schemi. Un modus operandi quello che si era dimostrato spesso e volentieri una lama a doppio taglio. L'essenza d'altronde seppur resti una sicurezza, è anche un macigno che con consapevolezza trascina all'indietro. Se da una parte permette di restare coi piedi per terra, senza scombinare completamente il corrodersi della realtà, dall'altra impedisce un adattamento veloce alle nuove condizioni che si estrinsecano di fronte all'individuo di turno. Ma l'essenza e la reminiscenza era anche e soprattutto ciò che portava nuovamente sulla stessa scena Hugo e Mun che, insieme, in questo nuovo mondo non si sono ancora mai incontrati. Lui non sa chi sia lei di preciso ora, e lei non ricorda più con precisione chi era lui prima. Attorno alla ragazza tutto è mutato; sensibilmente, anche le pietre millenarie più inflessibili hanno smussato i propri angoli, tentando di fungere in quel nuovo assetto delle cose, a tal punto che, a forza di andare avanti, la quotidianità ha ingannato tutti portandoli a credere che le cose erano sempre state pressoché così: le situazioni affrontate, le persone, i modi di fare. In realtà nulla era più nemmeno lontanamente simile a come lo erano ai tempi in cui una piccola Mun e un piccolo Hugo si davano battaglia su un campo comune come quello delle aule di Hogwarts, e realizzarlo attraverso gli occhi sgomentati del giovane Weasley le appariva quanto mai destabilizzante. Riusciva a notarlo quello stupore, quel lungo giro di microespressioni che sembravano voler dar seguito a una miriade di domande. « Ok. D'accordo. Chiedo scusa se ho urtato la tua sensibilità, Fagiolino! Spero tu non abbia ereditato il caratterino della madre o mi porterai rancore fino ai diciott'anni e per farmi perdonare dovrò regalarti un manico di scopa ultimo modello! » A quelle parole, le labbra di Mun s'incurvano appena per lasciar spazio a un sorriso colmo di orgoglio. E' così orgogliosa di quelle sue conquiste, di quella sua nuova dimensione. E' così felice di diventare mamma, di avere un posto tutto suo, una famiglia, un ragazzo che la ama e la accetta così com'è indipendentemente dalle sue stranezze. E' in pace, a tal punto che non si sente nemmeno di fare appunti in merito a quella che un tempo avrebbe visto come un aperta critica del suo essere rancorosa. E' vero; Mun porta rancore, ed è difficile che perdoni. Il perdono non gliel'hanno mai davvero insegnato, e anche adesso, di fronte a così tanti sentimenti positivi che animano il suo cuore ogni giorno, è pur sempre irriverente di fronte all'idea di lasciar perdere. Invece io lo speso; non che tu sia rancoroso, ma che tu non ti accontenti mai delle semplici concessioni delle persone. Spero che tu riesca a trovare il coraggio di voler trarre tutto dal mondo. Tuo papà è più assennato, più bravo ad adattarsi, sa cercare il compromesso. Spero che tu possa fare anche questo, ma mai in un'ottica atta a tagliarti le ali. Ricordati che se sarai tra noi, è perché mamma e papà, a compromessi non sono stati bravi a scendere. O tutto o niente. E alla fine il tutto sei diventato tu. Si rende conto nel momento in cui pone quelle domande che forse non è sua prerogativa farlo. Lei, tra i Potter-Weasley è l'ultima arrivata, la nuova, quella strana. Ha assunto nella propria mente in un po' i connotati di una sottospecie di trovatella, seppur i Potter non l'abbiano mai fatta sentire così. Ma, spogliata dei suoi averi e della sua stessa dignità di Carrow, Mun non aveva avuto problemi nel considerarsi tale, e anzi, di fronte all'arrivo di fagiolino, quella sua nuova dimensione l'aveva sfoggiata persino con orgoglio. Questo tuttavia non precludeva il fatto che ci tenesse, e che proprio per la sua estraneità poteva guardare la questione da un punto di vista più oggettivo, forse persino aiutarli a metabolizzarla meglio. In fondo lei e Hugo non erano mai stati amici, non si erano nemmeno stati simpatici a vicenda, così come, in generale, Mun non aveva risvegliato la simpatia di molti altri in quel covo. « La curiosità uccide il gatto, Mun. » Già, concordò annuendo silenziosamente mentre lo sguardo di ghiaccio si spostava con una certa lentezza sul pacchetto che aveva preteso che il fratello le mandasse. In fondo non sapeva cosa vi avrebbe trovato tra quelle righe, non sapeva nemmeno se ci fosse qualcosa di tangibile, ma nonostante ciò una parte di sé aveva il presentimento si trattasse di qualcosa di grosso, qualcosa che forse solo lei che col padre era rimasta così a lungo a contatto, poteva comprendere appieno. « ...ma, al diavolo, mi perdonerà se ho intenzione di sacrificare una delle sue vite. Se vuoi capire cos'è successo a... Sirius, dovrai aiutarmi a colmare delle lacune. Pensi che mi sia perso qualcosa? Non hai idea. Ti propongo uno scambio. Tu aiuti me e io aiuto te. Due cervelli sono meglio di uno, no? E, senza falsa modestia, i nostri cervelli sono sempre stati abbastanza affilati. Vedilo come un brainstorming. Ci stai, cugina? » Sospirò affondo prima di stringere la sua mano per suggellare quel patto. Era strano: lei e Hugo Weasley erano di punto in bianco diventati cugini; stavano parlando, indagando assieme, non più con quell'aria di sospetti sempre pronto ad annidarsi tra le pieghe delle loro iridi. Il mondo era un posto strano, decisamente complicato, pronto in ogni istante a giocare non pochi scherzi della natura. « Dimmi quello che sai. O almeno, quello che pensi di sapere. » In fondo tu non ne sei a conoscenza, ma forse, in fondo, sulla Loggia e le cose strane un po' di esperienza ce l'ho. In quel momento un velo di frustrazione si snoda nel suo animo come una piovra, ricordandole di non esser stata abbastanza coraggiosa di chiedere e indagare quando ne aveva l'opportunità. Dalla conoscenza di Ryuk, Mun non aveva tratto alcun beneficio. E forse per questo mi voleva così tanto. Ero la marionetta perfetta. Così stupida e codarda da non mettere in dubbio nessuna delle sue azioni. Non perché mi fidassi.. ma perché avevo una paura fottuta. « Ciò che è accaduto a Sirius credo sia solo la fine di un percorso. La sua strada ha incrociato la mia e non in un luogo preciso. No. Nella Loggia. » Assottiglia lo sguardo a quelle parole Mun. Il modo in cui l'ha detto non sembra connotare il posto in cui tutti hanno vissuto per quasi due mesi. Nella Loggia. Chiude per un istante gli occhi mentre a braccia incrociate tenta di escludere dalla sua mente i ricordi sbiaditi di quel sogno. Gli stessi che ricordi che, per essere certa di non dimenticare come si fa spesso coi sogni, aveva stesso sul suo taccuino nelle celle sotterranee, nella speranza che a forza di fare brainstorming avrebbe ricordato tutto. Era rimasta lì a tormentarsi per ore ed ore, tentando di ricordare i volti di chi aveva visto, tentando di astrarre le forme di quella stanza, le azioni compiute. Alla fine, tutto ciò che di quei ricordi restava, era la sua traccia scritta, perché nella sua mente, Mun, ne aveva perso completamente ricordo. Persino il racconto che ne aveva fatto ad Albus in merito, non era altro che un ripete a macchinetta quanto era riuscito a ritrarre in parole subito dopo il proprio risveglio. Un'abitudine quella, di scrivere dei suoi incubi e sogni, che aveva sin da quando Ryuk era entrata nella sua vita, e che aveva continuato a protrarre avanti anche ora. Perché in fondo, seppur non lo dicesse, seppur sembrasse normale, Mun, di quegli incubi, della paura, delle allucinazioni, del perenne tormento di avere addosso un macigno impressionante, non se ne era mai liberata. « Ti racconterò ciò che è accaduto.. ma prima devo farti una richiesta che potrà sembrarti folle. E credimi, non saresti la prima a dirmelo. Sono stato visitato da diversi guaritori, sia di Inverness che da ex medimaghi del San Mungo rifugiatisi qui. Tutti sono concordi nel dire che io soffra di un disturbo post-traumatico da stress ma, te lo giuro su quanto ho di più caro, non sono mai stato più lucido di così. Parlami di questo Sirius. » Questo Sirius. La cosa di certo non passa inosservata all'attenzione della ragazza. « Proverò a starti dietro, ok? » Perché in fondo, Hugo le ha già dato indizi del fatto che qualcosa di strano e marcio di mezzo c'è. A quel punto si porta la cannuccia del bicchiere contente il suo succo alle labbra e resta per un istante in silenzio, tentando di riordinare i propri pensieri. Le unghie tamburellano sulla superficie in legno del tavolo, mentre lo sguardo si sposta sulle centinaia di scaffali di libri alle spalle del ragazzo, che si estendono per parecchi piani più in alto e anche più in basso. Così tanta conoscenza.
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    « Ascolta, io dei Potter non so molto. Mio fratello è uscito con Olympia. Albus era il migliore amico di Fred, quindi ci siamo solo tollerati per il bene del gruppo che ci circondava.. per lo più ignorandoci. » Si stringe nelle spalle. Tutto questo per dire che non so molto. E non mi piace farmi gli affari degli altri. « La mia conoscenza nei loro confronti è pressoché nulla. A dirla tutta.. Natale 2015, ricordi? » Il famoso Natale in cui tutti siamo finiti alla Tana. « Me lo ricordo a malapena. Non ci ho mai parlato. Per me era inesistente, anche perché a casa mia - senza offesa - ma a un Potter non verrà mai riconosciuta la propria fama a meno che non ce la sbattino in faccia. » Mia madre li odia, c'è poco da fare. Non c'era persona che Mrs Carrow odiasse più del Prescelto. Sembrava le venisse l'orticaria ogni qual volta lo schiaffassero in prima pagina. Un odio quello che in parte o in toto è stata trasmessa ai suoi figli e che da parte dei figli si infrangeva anche su tutti i figli, nipoti, cugini, cani ed elfi domestici del Prescelto. « E' stato solo dopo la liberazione che ci siamo davvero conosciuti. In realtà all'inizio credo mi odiasse.. o semplicemente non gli piaceva condividere i suoi spazi con me. D'altronde siamo completamente diversi. » Si inumidisce le labbra tentando di fare lo sforzo di sintesi della personalità di Sirius. « Non lo so.. l'ho sempre trovato un po' strano. E' troppo energico, a volte troppo invadente, non ha peli sulla lingua, non si tiene nulla per sé. Però è molto sincero.. a volte penso che anche se volesse tenersi qualcosa per sé non ne sarebbe capace. » Sorride a quel pensiero. In fondo da quando lei e Sirius hanno iniziato a legare, le ha sempre istillato una certa dose di tenerezza per i suoi modi spontanei e spesso sopra le righe. « Ora che mi ci fai pensare tu e questo Sirius, dovreste esser andati un sacco d'accordo. » Ipotesi più che plausibile, seppur tu non te lo ricordi. « E' un ficcanaso. Fa troppe domande. Si vede abbia uno spiccato senso per la ricerca. Ed è per questo che lo trovo strano. I suoi interessi mi hanno sempre dato l'impressione di una persona caotica. E' un bravo ragazzo, ma non credo che abbia la più pallida idea di chi è o di cosa vuole fare della propria vita. A volte spara cose del tutto casuali, dimostra talenti che non possono essere ascrivibili a un predefinito genere di persona. Ad un certo punto ho pensato potesse essere o un pazzo o un genio. Ma.. non è così. » Esita per un istante. Sa che delle sue capacità di osservatrice non fa mai così palesemente sfoggio, perché seppur ami farsi gli affari propri, quella sua attenzione quasi morbosa per i dettagli, la rende volente o nolente estremamente invadente. « Sirius è al contempo la persona più ordinaria e paradossalmente più sopra le righe che abbia mai incontrato. Sembra quasi schizofrenico alle volte.. non in senso negativo. » Seppur lei e Sirius siano quasi coetanei, Mun, il piccolo piccolo dei Potter l'ha sempre visto come appunto estremamente piccolo. Il genere di personalità iperattiva che vuole fare il pompiere, e anche il guerriero e possibilmente anche la ballerina contemporaneamente. A quel punto si ferma; tenta di ripercorrere la prima volta in cui lei e Sirius sono entrati davvero in contatto. E' stato durante la fiera di Hogsmeade, quando, Albus si è impuntato affinché Mun conoscesse meglio la gente che ancora sembrava essere dalla sua parte. Con Randy e Sirius non ha mai pensato di poter andare d'accordo, ma quel pomeriggio si erano davvero divertiti. La sbronza che si erano presi era stata sufficiente perché tutti fossero più propensi gli uni nei confronti degli altri. C'è un tempo limite? Va in prescrizione, il ricordo di una persona che non c'è più? Quel leggero flash che saetta nella sua testa la fa appena rabbrividire. « Ha fatto tanto per noi.. per me. Nonostante fossi una completa sconosciuta per lui, alla fine Sirius si è fatto avanti per me e Albus e ci ha supportati. E ora sarà il padrino di mio figlio, e non potrei esserne più orgogliosa di ciò. » Ma non so come potrebbe aiutarti tutto ciò. Deglutisce a quel punto e torna a guardarlo dritto in faccia. « Tu però mi dai l'impressione di uno che non si ricorda molto di lui. Ti hanno diagnosticato il PTSD per questo? » Pausa. « Ricordi chiaramente me e Albus. Ti ho parlato di Fred, e non hai battuto ciglio. Mi sembra tutto sommato che ti sei trovato a tuo agio un po' con tutti questi giorni. Può essere il PTSD davvero così.. selettivo? » Si stringe nelle spalle. « A meno che Sirius non ti ha rubato la lente d'ingrandimento da piccolo e questo rancore te lo porti ancora dietro a tal punto che la tua mente è rimasta in attesa del giusto escamotage per farlo fuori. » Il sarcasmo che traspare dal suo tono di voce non lascia molto spazio all'interpretazione: poco plausibile.

     
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    « Proverò a starti dietro, ok? » Sì, lo farai. So che farai. Non erano molte, oramai, le persone che avrebbero potuto seguire il filo galoppante dei pensieri di Hugo. Serviva una certa elasticità mentale ma, requisito ancor più restrittivo, era necessario aver sbirciato oltre il velo. Aver visto che l'impossibile è un concetto quanto mai relativo. Un mago avrebbe dovuto capirlo da sé, in fondo: per un babbano far levitare un oggetto è parapsicologia, è la follia di qualche squinternato prossimo al centro di igiene mentale più vicino; per un mago far levitare un oggetto è robetta da primo anno di scuola di magia, è la più sciocca delle banalità. Lo stesso identico fatto, visto solo da due punti di vista diversi. O per meglio dire, da conoscenze diverse. E noi siamo così profondamente ignoranti. L'ignoranza è insita nell'uomo e né Hugo Weasley, né Amunet Carrow né qualche altro piccolo genio avrebbe potuto sovvertire l'ordine naturale delle cose. L'onniscienza non fa per noi, eppure continuiamo a graffiare le pareti della nostra prigione, tentando di liberarci dal buio che pervade le nostre menti. Non ne caveremo piede. Una parte di me questo già la sa. Un'altra, semplicemente, non vuole ammettere la sconfitta. Hugo non avrebbe mai saputo ammettere una sconfitta, non se la battaglia si giocava sulla scacchiera della mente e le pedine fossero idee, deduzioni e supposizioni. Che fosse dopo due secondi o cinque minuti, tre giorni o un mese intero, che ci volesse un solo istante o una vita intera, Hugo arrivava sempre alla soluzione dell'indovinello. Tale era ai suoi occhi la situazione vissuta, non un mosaico coi tasselli disordinati ma un intricato enigma. Aveva davanti agli occhi degli indizi e sapeva, sapeva in cuor suo che una soluzione esisteva. Semplicemente, non ci arrivava. Non ci sarebbe arrivato mai. « Ascolta, io dei Potter non so molto. Mio fratello è uscito con Olympia. Albus era il migliore amico di Fred, quindi ci siamo solo tollerati per il bene del gruppo che ci circondava.. per lo più ignorandoci. » E' tutto vero. Non è cambiato niente. I Carrow si sono incontrati e scontrati per volere del fato nel momento in cui Judah Carrow e Olympia Potter hanno dimostrato un interesse reciproco ma la bomba è letteralmente esplosa quando Fred Weasley Jr. e Amunet Carrow si sono messi insieme, insieme per davvero. E così, quella ragazzina che per Hugo era stata solo una compagna di scuola, la piccola rampolla di una famiglia altolocata che per pura coincidenza aveva oltrepassato sulla sua stessa barca il Lago Nero la sera della cerimonia di Smistamento.. quella completa sconosciuta, rivale per un E+ in Trasfigurazione era diventata Amunet, la ragazza di suo cugino. La presenza silenziosa a cui chiedere il sale durante il cenone di Santo Stefano. « La mia conoscenza nei loro confronti è pressoché nulla. A dirla tutta.. Natale 2015, ricordi? » E come posso dimenticarlo? Nonna Molly aveva decisamente bisogno di una fattura pietrificante, per tirare su il sorriso fintissimo che era costretta a rivolgerti. Non le sei mai piaciuta. Piacevi anche meno a zia Angelina. Ricordo tutto. « Me lo ricordo a malapena. Non ci ho mai parlato. Per me era inesistente, anche perché a casa mia - senza offesa - ma a un Potter non verrà mai riconosciuta la propria fama a meno che non ce la sbattino in faccia. » Ecco allora che Amunet entrò nel vivo di ciò che realmente interessava al corvo. Hugo si sporse fino al limite della pesante sedia su cui era seduto, le dita ossute intrecciate tra loro di fronte al viso, gli occhi nocciola profondamente concentrati sul viso di lei. Mun era molto diversa da come la ricordava, più radiosa e incredibilmente più serena. Anche in quel contesta, messa di fronte ad una situazione paradossale, era stata al gioco ma senza rimanere sulla difensiva. Si era lasciata andare, era sincera; Hugo glielo poteva leggere in faccia. Anche di questo gliene fu silenziosamente grato. « Inesistente. » mormorò con un esile filo di voce. Che buffa scelta lessicale. Di tutti gli aggettivi possibili nella lingua inglese, quello. Quantomai ironico. « Ti prego, continua. » la incalzò dunque, roteando a mezz'aria la mano. Dammi di più. Dimmi di più. « E' stato solo dopo la liberazione che ci siamo davvero conosciuti. In realtà all'inizio credo mi odiasse.. o semplicemente non gli piaceva condividere i suoi spazi con me. D'altronde siamo completamente diversi. » E anche quello gli parve così incredibilmente ironico. Credevi che anch'io ti odiassi.. perché anche io e te siamo completamente diversi. Dovrei prendere questo parallelismo come una pura coincidenza? L'avrei fatto, in altri contesti. Ora non ci riesco. « Non lo so.. l'ho sempre trovato un po' strano. E' troppo energico, a volte troppo invadente, non ha peli sulla lingua, non si tiene nulla per sé. Però è molto sincero.. a volte penso che anche se volesse tenersi qualcosa per sé non ne sarebbe capace.. » Cercò di farsi un'idea di come quel ragazzino smilzo che ha potuto vedere solo in un profondo sonno potesse essere da sveglio. Lo immaginò incredibilmente pedante e inopportuno, una vera palla al piede.. impossibile da non amare, come ogni membro della sua famiglia. Schiuse le labbra e un "strano in che senso?" tentò di trapelare ma Mun, persa oramai nell'articolato filo di una descrizione quanto mai precisa, lo intercettò. « Ora che mi ci fai pensare tu e questo Sirius, dovreste esser andati un sacco d'accordo. » Non prestò eccessiva attenzione alla netta dichiarazione sottintesa nelle parole di Amunet, sul fatto che Sirius Potter avesse qualcosa di strano agli occhi di Hugo. Ciò che disse ebbe il sapore di un deja-vu. "Hugo, tesoro.. è tuo cugino Sirius! Il fratello di Albus, ricordi? Siete andati sempre molto d'accordo." gli aveva detto preoccupata sua madre Hermione. La strega più brillante della sua età appariva ora molto meno brillante del solito, avrebbe avuto bisogno di tempo per metabolizzare la perdita e la riconquista del suo secondogenito. Da donna di schietto intelletto, non poté che prendere l'assoluto vuoto mentale di suo figlio come una conseguenza dell'esperienza traumatica da lui vissuta. Aggrottò la fronte, curioso di sapere il perché, almeno secondo Mun. « E' un ficcanaso. Fa troppe domande. Si vede abbia uno spiccato senso per la ricerca. Ed è per questo che lo trovo strano. I suoi interessi mi hanno sempre dato l'impressione di una persona caotica. E' un bravo ragazzo, ma non credo che abbia la più pallida idea di chi è o di cosa vuole fare della propria vita. A volte spara cose del tutto casuali, dimostra talenti che non possono essere ascrivibili a un predefinito genere di persona. Ad un certo punto ho pensato potesse essere o un pazzo o un genio. Ma.. non è così. Sirius è al contempo la persona più ordinaria e paradossalmente più sopra le righe che abbia mai incontrato. Sembra quasi schizofrenico alle volte.. non in senso negativo. » Rimase interdetto di fronte ad una descrizione che non riuscì lì per lì ad elaborare. Non esiste un senso positivo dell'aggettivo schizofrenico. Questo però non lo disse. Da come parlava, sembrava realmente che la vera cugina di Sirius fosse Mun e non lui: lei gli voleva bene, era chiaro, lo si poteva percepire dalla dolcezza con cui aveva dipinto un quadro tanto confusionario. « Ha fatto tanto per noi.. per me. Nonostante fossi una completa sconosciuta per lui, alla fine Sirius si è fatto avanti per me e Albus e ci ha supportati. E ora sarà il padrino di mio figlio, e non potrei esserne più orgogliosa di ciò. » E fu contento di aver taciuto. Gli erano state dette molte cose che tentassero di colmare l'inevitabile gap di un'assenza durata mesi - mesi piuttosto intensi, al di fuori della Loggia - ma chissà quanti dettagli gli erano sfuggiti! Adesso invece la situazione si era fatta chiara. Sirius Potter occupa una posizione precisa all'interno di tutta questa faccenda. Tutti sembrano volergli bene, perfino una Carrow! Prese a massaggiarsi il mento ispido, perso nei propri pensieri, e solo al sentire nuovamente la voce di Amunet le rivolse lo sguardo. Aveva offerto a Hugo un ampio quadro e vago di Sirius, ma come punto di partenza era più che abbastanza per ricamarci su qualche bel pensiero. « Tu però mi dai l'impressione di uno che non si ricorda molto di lui. Ti hanno diagnosticato il PTSD per questo? Ricordi chiaramente me e Albus. Ti ho parlato di Fred, e non hai battuto ciglio. Mi sembra tutto sommato che ti sei trovato a tuo agio un po' con tutti questi giorni. Può essere il PTSD davvero così.. selettivo? A meno che Sirius non ti ha rubato la lente d'ingrandimento da piccolo e questo rancore te lo porti ancora dietro a tal punto che la tua mente è rimasta in attesa del giusto escamotage per farlo fuori. » Le sorrise sghembo, con quell'espressione enigmatica che pochi conoscevano: il sorriso di un Hugo Weasley che ha appena accettato la sfida ed è pronto a costruire un filo di pensieri. « Sapevo di aver scelto bene. » sentenziò, con una punta di fierezza nella voce. Eureka, Amunet! Di scatto, si alzò dalla sedia e si mise a camminare avanti e indietro di fronte al grande tavolo. « 31 Agosto 1996. 3 Maggio 2000. E naturalmente, 27 Marzo 1999. » Le prime due date non avrebbero forse detto molto alla Carrow ma l'ultima, ne era certo, le avrebbe fatto accendere la scintilla. « Ricordo perfettamente le date di nascita dei miei cugini. Ricordo i loro nomi, come sono fatti, ricordo che Olympia si deve sedere sempre nel posto in fondo alla tavolata, accanto alla finestra, così riuscirà a non essere soffocata dagli aromi dell'arrosto. La sua fetta se la prende sempre James. Per lei nonna ha ideato uno stufato di verdure che, credimi, ti fa davvero voglia di diventare vegetariano! » Piccoli particolari, inezie, che nella mente di Hugo risplendevano come fari nella notte. Ricordo ogni sciocchezza di queste persone, perché sono la mia famiglia. Ci sono cresciuto assieme. Ho imparato qualche passo di ballo da Olympia e ho perso il conto delle ore passate con Albus. Anche quando mi prendeva in giro ero contento, perché c'era una sintonia pazzesca. Albus è stato il primo che ho incontrato quando sono riuscito a scappare dalla Loggia la prima volta.. no, che stupidaggini. Dalla Loggia non sono mai uscito. Ma è stato il primo che ho riabbracciato. « Amo la mia famiglia. Ok, sono moro e corvonero ma sono un Weasley! Non covo rancore a tal punto. » Si fermò un attimo dalla sua marcia, alzando una mano in direzione della ragazza. « Non fraintendermi, penso ancora che il mio progetto sugli estratti di radice di Mandragora meritasse di vincere il contest di Erbologia al secondo anno, molto più del tuo modellino di Asticello. Ok, era carino ma E+? Andiamo! » No, non era vero: la piccola Amunet aveva portato nella serra numero sei una perfetta rappresentazione di Asticello e degli usi che la sua pelle coriacea come corteccia può avere nel campo della magia. Diamine, aveva trovato perfino delle scoperte recentissime! Se l'era meritato davvero quell'E+, solo che non ho mai voluto ammettere la sconfitta intellettuale. Tentò di smorzare i toni un po' alla sua maniera, ma non gli riuscì granché bene; forse perché Mun lo guardava fisso, con quegli occhi di ghiaccio che volevano andare solo in una direzione. Quella direzione, Hugo non sapeva proprio come affrontarla senza sembrare un pazzo o un visionario. Suo padre aveva dato la colpa a qualche botta in testa ricevuta dentro la Loggia; i guaritori ad un disturbo post-traumatico da stress; sua madre aveva perfino ipotizzato l'azione amnesica di qualche tossina. La verità era troppo lontana dall'umana comprensione. Si avvicinò al piano, posandovi entrambe le mani. « Quel che sto cercando di dire è che.. i fratelli Potter sono soltanto tre. James, Albus e Olympia. » La bomba era stata finalmente sganciata e parve avere su Amunet un effetto simile al Confundus. Hugo credette di sapere cosa stesse pensando, quello che avevano pensato tutti: che la Loggia avesse incrinato la psiche del corvonero. Diamine, lo penserei anch'io al loro posto! « Tutto ciò che mi hai descritto è la perfetta rappresentazione della realtà, finché non arriva Sirius. Sirius è l'incognita della mia equazione. Ma non è neanche questo il vero punto. C'erano tante cose che non credevo possibile e alla cui evidenza mi sono dovuto arrendere. » Il mio mondo era freddo come una sala chirurgica ma allo stesso modo ordinato e in quell'ordine ho sempre trovato conforto. La Loggia Nera è il germe che si è fatto spazio nelle rigide procedure di asepsi. La Loggia Nera ha rovinato fino all'ultimo barlume di logicità. « Il punto è che.. » Si bloccò. Era come se l'Incanto Tabù gli fosse stato scagliato e non riuscisse a dire le cose come stavano, come se si sentisse frenato: dietro questo però non c'era nessun mistero, nessun intrigato enigma. Semplicemente, non aveva mai davvero metabolizzato ciò che gli era accaduto. Raccontare qualcosa a voce alta lo rende molto più reale. « ..sono morto, Mun. E non metaforicamente. Ricordo l'esatto momento in cui sono morto. » Sospirò, sedendosi nuovamente. Non aveva raccontato ai medimaghi quei particolari; di certo non a sua madre. Non avrebbero capito. « Lucas, mio cugino, ci aveva già lasciati. Brando aveva una brutta ferita sulla gamba, uno di quei demoni aveva rischiato di strapparla via con un sol morso. Credo si fosse infettata, era messo male davvero. Non saremmo sopravvissuti tanto a lungo senza Greg. E io.. » Ricordava il sé stesso di prima. Un fagottino di carne pieno zeppo di paure. Ricordava ciò che lo specchio dello Shame gli aveva "urlato" contro. Debole. E debole era stato, fino alla fine dei suoi giorni. « Eravamo nascosti nell'aula di storia della magia, ricordo. Non sapevi mai se ad attenderti dietro l'angolo ci fosse una bestia o Edric Sanders.. come se ci fosse differenza. Greg ripeteva sempre che comunque non ci avrebbe fatto del male, finché saremmo stati con lui. Forse confidava nelle sue potenzialità, forse anche lui aveva iniziato a delirare. »
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    La sanità mentale era sempre stato un lusso, dalla notte di Halloween. Solo successivamente Hugo aveva scoperto di tutti i compagni che avevano scelto di gettarsi dalla torre di Corvonero, nella settimana dopo Natale. I sopravvissuti l'avevano descritta come un vero inferno psicologico, chiusi due volte. Semplicemente, era stato troppo per loro. Gli occhi nocciola di Hugo si fecero poco a poco più lucidi. « Era una bella giornata.. o una notte, come potevamo saperlo? Era sempre notte, ma era serena. E ricordo che pensai che il freddo pungente, tanto forte da entrarti fin dentro le ossa, quasi non riusciva a farmi più paura. » La paura era stata il cancro che mi ha prosciugato in quelle settimane. Non ho mai avuto così tanta paura in vita mia. « E, di colpo, non c'erano più tutti i miei affetti dall'altra parte del varco. Non c'era un cugino a cui avevo appena detto addio, non c'era neppure uno dei sogni che avevo sempre coltivato. Ho pensato che sarebbe stato dolce, in fondo, chiudere gli occhi e lasciarsi andare. E l'ho fatto. » Hugo Isaac Weasley. di appena sedici anni, in un imprecisato giorno di un imprecisato mese nell'incalcolabile flusso di tempo della Loggia Nera, morì di arresto cardiaco causato dall'ipotermia e dalle già debilitate condizioni fisiche. Con il dorso della mano si asciugò di gran fretta le lacrime che spontaneamente erano sgorgate, purificando se possibile l'ultimo barlume di oscurità rimasto nel suo cuore. Hugo si sentiva rinfrancato dalle brutture passate, una mano di vernice bianca aveva coperto il nero cupo delle sue angosce. Hugo era e si sentiva vivo. « Il mio ricordo successivo risale a qualche giorno fa. Mi trovo sulla cima della torre di Astronomia di Hogwarts, sono letteralmente ricoperto di quella sporcizia di cui è zeppa la Loggia e accanto a me sono distesi Greg e Brando. Sono morti. Ma qui viene il bello: accanto a me si trova quello che scoprirò essere Sirius Potter, mio cugino. E quella è la prima volta che io l'abbia mai visto. » Capisci dove voglio arrivare, Mun? Capisci il mio dilemma? « Eccolo, il punto: quante probabilità ci sono che un nostro coetaneo, da solo, ci abbia trovato nel bel mezzo della Loggia Nera solo per poi, misteriosamente, cadere in un coma nel momento esatto in cui io, che so ciò che ho vissuto, mi risvegliavo? » Domanda retorica. Molto, molto poche. « Non sono un medimago ma non credo che il PTSD sia così selettivo. » Un secondo sospiro fuggì dalle sue labbra sottili. Forse era stata una sciocchezza aprirsi con Amunet. Non si era mai fidato di lei, non gli aveva mai dato l'impressione di essere una ragazza totalmente pulita. Quella però era la vecchia Amunet, quello era il vecchio Hugo. Aprirsi con Amunet sarebbe potenzialmente rimasta una sciocchezza, ma non di certo perché non si fidasse di lei. Era una sciocchezza perché avrebbe solo sobbarcato la ragazza d un enigma senza risposta, riguardante una persona a lei cara. Un "uomo di scienza" qual era Hugo, però, era disposto talvolta a passare sopra i sentimenti, che ne fosse cosciente o no. Amunet non gli avrebbe dato una risposta, nessuno avrebbe potuto. Devo parlare con Sirius e devo farlo presto. Si riavviò un ciuffo selvaggio di capelli castani, abbassando lo sguardo verso la scatolina che la serpeverde custodiva gelosamente. « Dimmi che là dentro non c'è qualche terribile segreto capace di sovvertire le sorti dell'intera umanità e scardinare le più basilari leggi della natura, ti prego. » Perché io ne ho davvero le palle piene di mondi a testa in giù.

     
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