Who Am I

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +1    
     
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Ricercati
    Posts
    1,984
    Reputation
    +1,337
    Location
    highway to hell;

    Status
    Anonymes!
    « Siamo stremati. E' questo il problema. Siamo stanchi, capisci? Ogni.. ogni giorno, succede qualcosa. Qualcuno non torna più, qualcuno si perde, qualcuno si fa del male.. » Scuote la testa mentre stringe i pugni fissando la grande distesa di case che si intravvede dal terrazzo più alto del maniero dei Morgenstern. « Guarda.. guarda questo posto. E' immenso. Siamo ricchi, siamo indipendenti, non abbiamo mai avuto bisogno di niente e di nessuno. Eppure.. è qui.. » Picchetta l'indice sulla tempia. « ..è qui che sta il problema. Come diavolo siamo finiti così? Così diversi, da quello che voleva papà, da quello che eri tu prima di tutto questo, così diversi da come io mi ricordo noi tutti prima. Avevamo una missione, uno scopo. Nessuno ci impediva di portarlo a termine. E poi di punto in bianco ci siamo ritrovati a parlar di politica, di territori, di alleanze - cazzate. » I nervi a fior di pelle, mentre siede sul muretto del terrazzo portandosi alle labbra una bottiglia di Incendiario. Scotch di prima qualità, che sta sprecando per annegare dispiaceri che vanno al di là dell'umana comprensione. Beatrice non è mai stata il soggetto riflessivo per antonomasia. Non è mai stata il tipo di persona che restasse a pensare prima di agire. Individuava il suo target e colpiva, guardando sì, sempre il grande disegno, ma senza lasciarsene influenzare troppo. C'erano nel suo operato una serie di paletti fissi che non variavano di una virgola, ma nonostante ciò, tanti, troppi effetti collaterali nel suo generale operato non venivano mai considerati, per una semplice ragione: Tris non era una donna di politica. Non avrebbe mai voluto diventarla. E poi.. Tris non era ancora una donna. Nemmeno lontanamente. « Sta andando bene. Guarda.. ascolta.. » Lo sente Tris, il cinguettio degli uccellini, le risate dei bambini nelle piazze più vicine, il leggero vociare delle persone. Pace. Prosperità. Vede il sole alto nel cielo. Il verde degli alberi e dell'erba che imperla le sempre vividi colline scozzesi. « No, nonno. Questa è solo fortuna. L'abbiamo scampata per il rotto della cuffia.. » « E' importante anche essere fortunati nella vita.. o meglio.. nascere sotto la giusta stella. » Scoppia a ridere, Tris, una risata decisamente amara. E proprio mentre è lì, amareggiata, con lo sguardo basso, mentre ripensa alle sue delucidazioni personali, sente un leggero tremolio alla mano destra, quasi come un istinto involontario altro. Inizialmente non gli dà peso e si volta verso Sebastian Matthews piuttosto contrariata. « Come fai a essere così.. ottimista? Io.. io davvero non capisco. Papà odiava quello che ero diventata, eppure tu mi offrivi muffin e cappuccini in un bar al centro di Londra chiedendo se stessi facendo i compiti o se avevo preso il boccino d'oro all'ultima partita di Quidditch. Ero infatuata di un lupo mannaro e tu sembravi felice - anche quando queste cose noi non potevamo farle. Anche quando il Patriarca ci chiedeva diversamente. Ho dato sostegno a degli anarchici, e tu non hai battuto ciglio. Come fai? A mantenere sempre la calma? Appena passo di fronte al circolo di bocce delle cariatidi, riescono a guardarmi male persino perché la matriarca condivide la stanza da letto con il Lancaster che non ha sposato e il quale non le ha piombato ancora sette eredi per il "trono" di Inverness. Sacrilegio. Disonore sulla tua mucca, Beatrice Morgenstern. E tu invece.. non riesco a capire se semplicemente hai perso le speranze con me, oppure non te ne frega proprio niente. » La mano tende a tremarle con più intensità, fino al punto di sentire una specie di frustrazione altra che le impedisce quasi di muoverla. Sebastian Matthews, temerario nella sua calma stoica, non risponde a quelle che risultano delle vere e proprio provocazioni. A volte la tua calma mi dà sui nervi. Quello che Tris ha sempre considerato il primo cittadino di Inverness, è sempre stato un reale appoggio per lei, nel ragionare, nel mantenere la calma, nel fare le cose con cognizione di causa. Le ha sempre detto che con lei le cose sarebbero cambiate. Le ha sempre spiegato che quel suo ragionare avrebbe cambiato le sorti retrograde di Inverness. Perché finché alcuni giovani restavano fuori dal coro, sarebbero rimasti ai margini, ma quando l'erede di Richard in primis, è fuori dal coro, allora forse è Inverness a dover cambiare. Avevi ragione. Inverness è cambiata. E' diventata la nostra Inverness. Ma a quale prezzo? Quanto siamo cambiati anche noi nel processo?« Il libero arbitrio, Beatrice, è una cosa che si coltiva tutti i giorni. Anche il proprio. Stai andando bene. » Sospira affondo, Beatrice. Si lascia condurre altrove da quelle parole, mentre stringe il pugno per frenare l'incessante tremolio e quella rabbia che non sembra nemmeno appartenerle. Non è mai sola. Non quando si rilassa, non quando lascia fluire se stessa negli altri, e gli altri dentro di sé. Un attaccamento quasi morboso, quello di restare sempre all'erta, di controllare il più possibile la situazione per accertarsi che tutto vada pressoché bene. Una preoccupazione profonda, che andava ben al di là del suo stesso istinto di conservazione, che la portava spesso a trincerarsi per questioni che andavano al di là delle sue manie di controllo. Non si può controllare tutto; lo imparava a piccoli passi, a proprie spese, marciando sui propri nervi in maniera inesauribile, covando dentro si sé le sue più grandi insicurezze. « Oggi sono via. Ci pensa Holden al mio posto. » Tris annuisce, ben contenta del fatto che il fratello è decisamente più pronto ad occuparsi delle questioni amministrative più di quanto non lo sia lei. A volte i suoi diciotto anni si manifestano in tutta la loro inesperienza, mancanza di pazienza e pathos. È pur sempre solo un'adolescente, colta nell'immenso gorgoglio di responsabilità e carico decisionale che non dovrebbe sostenere sulle proprie spalle. Non sono migliore dei "mocciosi" che critico ogni giorno per la loro mancanza di lungimiranza. « Bisogna consegnare le armi agli altri. » « Quante ne hanno chieste? » Lo sa Tris che le armi giuste vanno consegnate a tutti coloro atti a impugnarle alla Corte con largo anticipo. Un guerriero deve abituarsi alla propria arma, soprattutto se non è stata confezionata su misura. « Diciamo solo che sono riuscito a ripartirle abbastanza bene. » Annuisce. Non vuole sapere altro. Una cosa ha imparato, seppur in maniera piuttosto ostica: bisogna delegare. Inverness non è la sala comune Grifondoro. Non è nemmeno Hogwarts. Non si può fare tutto, non si può essere ovunque contemporaneamente nemmeno con quel loro legame. Psicologicamente è impossibile tenere tutto sotto controllo. « Credi che funzionerà? Questo.. piano. Credi che ce ne libereremo davvero? ..del grigio. » « Credo che dobbiamo tentare. » « E poi? » « Poi.. si vedrà. » Poi si vedrà. Una costante, quella nella vita di Beatrice Morgenstern. Fare salti nel buio. Per quanto razionali tentassero di essere i suoi passi, si sentiva sempre un passo indietro rispetto a tutti gli altri. Sin da quando il branco era scattato, non aveva avuto per molto tempo cognizione di cosa quella missione fosse - a dirla tutta, tutt'ora non era certa di averne completamente capito il senso. La loro gente era talmente tanto gestita dall'istinto, che spesso e volentieri brancolava nel buio. Le sacre scritture che avevano scoperto sul conto, davano loro sempre significati ambigui e a volte addirittura contrastanti; persino le leggende raccontate attorno al fuoco dai più anziani della Gilda, spesso contenevano elementi che con ciò che avevano sperimentato non c'entravano assolutamente niente. Quella che veniva definita la Loggia Bianca, non dava loro risposte. Nessuno dava loro risposte. Persino i lunghi interrogatori condotti su Ben Weasley e Diana Middleton, non avevano dato alcun risultato. Nemmeno loro, pur avendo confessato di avere legami con il loro principale avversario, non sembravano avere la più pallida idea dei modi in cui la loro squadra agisse. A questo punto non mi meraviglierei se nessuno al di fuori della Loggia Bianca, sapesse le vie della Loggia Bianca. Quasi una specie di Fight Club: la prima regola del Fight Club è non parlare del Fight Club; i combattimenti durano per tutto il tempo necessario; e se questa è la vostra prima volta al Fight Club, dovete combattere. Finché non crepate, però!
    tumblr_o6j383T5Gh1rxtlb8o2_250
    « L'hai sentito? » Chiede quindi voltando la testa verso la propria destra mentre stringe il pugno tremolante, quando ormai suo nonno ha già varcato la soglia di casa tre piani più in basso. Non ci fa caso a quella reazione involontaria del proprio polso; sa che cosa è successo. Lo ha visto con i suoi stessi occhi, prima di andare alla ricerca di Albus durante lo scoppio dell'emergenza a Hogsmeade. Ricorda di aver provato un dolore lacerante, ricorda di aver stretto i denti e di essersi concentrata per restare in sé. La parte peggiore del loro legame era che in più e più occasioni il dolore degli altri, seppur fosse il perfetto campanello d'allarme per accorrere in aiuto dei propri compagni, diventava spesso un forte senso di debolezza. « Poi.. si vedrà. Fa sempre così. A volte mi sembra riesca ad anticipare tutte le nostre mosse, ecco perché ci ride sopra. Oppure semplicemente la sua esperienza è talmente superiore alla nostra, che queste cose le ha già viste migliaia di volte. Chissà quanti cacciatori ha visto andare nel pallone, nei suoi quasi settant'anni. » A volte credo che ci guardi come fossimo dei bambini che giocano con le spadine di legno. « Tu te lo immagini questo, poi si vedrà? » Chiede quindi alla giovane Herondale gettando lo sguardo verso la linea dell'orizzonte scrutando il mare di caseggiati di fronte a loro. « Io no. Non ricordo nemmeno chi ero prima di.. tutto. Se ci pensi, non siamo mai cambiati come quest'anno. Potremmo parlare il francese o lo spagnolo senza nemmeno sforzarci, potremmo vincere la paura delle altezze, oppure imparare ad innamorarci di una persona che non ci appartiene affatto. Abbiamo vissuto esperienze di prigionia e di sopravvivenza, pur non essendoci. Abbiamo visto il mondo intero senza spostarci di un millimetro. Abbiamo pianto e riso, provato gioia e sofferenza. Siamo morti più di una volta.. abbiamo sperimentato parti, e.. tante altre cose che non mi sarei mai immaginata fosse possibile provare pur non provandole. Eppure è forzato. Siamo noi, ma è come se non lo fossimo. Siamo diventati libertini e intraprenderti pur essendo la nostra gente inflessibile e a tratti - detto tra noi - spesso bigotta. » Si stringe nelle spalle fissando la ragazza come se quel flusso di coscienza l'avesse portata a qualche forma di reminiscenza altra. « Per esempio adesso.. » E dicendo ciò alza una mano afferrando una ciocca inesistente dei capelli scuri di lei. « ..non so dove finisco io e dove inizi tu. E non è spiacevole. E' solo che secondo me chi ci ha messi in questa merda, non ha pensato a tutti i lati negativi della nostra condizione. » Si morde il labbro inferiore abbassando lo sguardo. « Se tu stai male, io non sono completamente in me. Quindi.. ti va di darmi il permesso di aiutarti? » Per favore.

     
    .
  2.     +1    
     
    .
    Avatar

    Member
    ★★★

    Group
    Member
    Posts
    131
    Reputation
    0

    Status
    Anonymes!
    Continua a rintanarsi dove meglio può. Un po' per evitare la flotta di gente che sembra aver invaso la città in occasione del matrimonio della giovane Potter e di Rudy, un'idea che fin da subito le è sembrata particolarmente stupida, ma che ha evitato di esprimere ad alta voce, perché in fondo, se entrambi hanno deciso di rovinare la propria vita, non sono affari suoi. Un po' per evitare i continui commenti sulla sua mano. "E come sta la mano? Hai ripreso a muoverla? Hai ancora in tremolio? Ma stai facendo la riabilitazione come ti è stato prescritto?" Un po' per evitare di stare troppo tra i piedi in casa, tra Rocky che non riesce nemmeno a guardare in faccia e Alina che fa di tutto per esserci, ma che lei sembra allontanare sempre di più, per un motivo o per un altro. Aveva preso ad andare anche sempre meno di rado all'alveare, lì dove ormai aveva imparato gli orari dei turni a memoria, così da infilarsi nei buchi, alle ore più tarde, per provare ad esercitarsi senza essere vista da nessuno. Ma anche lì, con il senno di poi, si sentiva troppo vista, troppo osservata, troppo sotto pressione con troppa gente indesiderata intorno, per questo motivo ha cominciato a girovagare per i boschi che creano da sempre una fortificazione naturale per l'antica città di Inverness. Ed è qui che si ritrova, ormai da giorni, in un anfratto creato naturalmente da alcuni alberi dalla grossa corteccia e dalle fronde intrecciate tra di loro. E' come stare in una bolla invisibile, lontano da tutto quel mondo che ha preso ad affollarsi con fin troppa facilità per i gusti antisociali della donna. Ed è sempre qui che si ritrova ad esercitarsi. Ha portato con sé le bottiglie di vetro, che posiziona lentamente su di un muretto fatto di pietre perfettamente levigate, tanto da renderle perfette per la situazione. Si porta poi abbastanza lontana, estraendo la propria rivoltella dalla cintura dei pantaloni. Respira a fondo, stringendola tra le dita della mano sinistra, per poi passarla, con lentezza, alla mano destra. Quella maledettissima mano che non fa altro che darle problemi, con quei spasmi che vanno e vengono. La dottoressa, in infermeria, l'ha detto chiaro è tondo. "E' tutto nella tua testa, la mano è a posto, le ossa sono guarite alla perfezione, sei tu che non vuoi guarire." Scuote la testa, al ricordo dell'onestà che aveva letto negli occhi della donna di mezza età, quella sincerità che sembrava averla spaventata a tal punto farle trovare ogni scusa per cercare di andare sempre più di rado ai controlli, per evitare di averci ancora a che fare. Si mette in posizione, dopo qualche istante, alzando le braccia tese perpendicolari al proprio corpo, cercando di mantenere sempre più ferma la mano destra. Socchiude un occhio, mira per qualche istante, la mano trema, come suo solito, per farle così sprecare un proiettile che finisce con lo sbattere contro la pietra, con un rumore sordo. La bottiglia, fiera, se ne sta ancora in piedi di fronte a lei, come a voler testimoniare il suo fallimento. « Credi che funzionerà? Questo.. piano. Credi che ce ne libereremo davvero? ..del grigio. » In un attimo si ritrova a vagare sul terrazzo di casa Morgenstern, osservando le spalle di Tris, intenta in quella che è a tutti gli effetti una conversazione privata con suo nonno. Così fa una smorfia, cercando di chiudere il contatto, per lasciare loro abbastanza privacy da non passare per la guardona di turno, per poi riaprire gli occhi nella foresta. Lì dove c'è ancora la bottiglia di vetro. "Mi hai mancata, proprio tu" sembra dirle, mentre la osserva con una freddezza inaudita, rialzando la pistola, per centrarla in pieno. Si apre in mille pezzi, andando a volare ovunque, prima che, con un colpo di bacchetta, non tornino tutti al loro posto, ricomponendosi perfettamente. Lentamente, il caos torna al suo stato di quiete, ritrovando conforto nel riabbracciare il proprio posto nel mondo. Ma io non ho più un posto nel mondo, uno scopo.. Le sembra di brancolare nel buio, ultimamente, non riconoscendo più se stessa, né il proprio piccolo spazio sicuro. Punta nuovamente l'arma, mentre sente, come sottofondo nelle orecchie, le note finali della conversazione tra Tris e il vecchio Matthews. che si ricorda dai tempi in cui le era concesso tornare, per alcune settimane, a casa, durante il periodo dell'Accademia. « L'hai sentito? » Il proiettile sfila velocemente vicino la seconda bottiglia, scheggiandola appena, mentre con la coda dell'occhio scorge la presenza di Tris alla sua sinistra. « Poi.. si vedrà. Fa sempre così. A volte mi sembra riesca ad anticipare tutte le nostre mosse, ecco perché ci ride sopra. Oppure semplicemente la sua esperienza è talmente superiore alla nostra, che queste cose le ha già viste migliaia di volte. Chissà quanti cacciatori ha visto andare nel pallone, nei suoi quasi settant'anni. » Si stringe nelle spalle, abbassando la pistola, vicino al fianco, sforzandosi di sorriderle a sua volta, per cercare di essere più carina possibile. Lei e Beatrice non hanno mai avuto questo gran rapporto, niente che andasse oltre i semplici convenevoli del caso. Non si sono mai soffermate troppo a spendersi in altro, oltre quel semplice relazionarsi di superficie, che sembrava andare perfettamente a genio ad entrambe, seppure la mora sia riuscita in un qualche modo ad inquadrare la sua alfa. A soli diciotto anni, investita di un potere e da responsabilità che sembra non volere, presa e mandata in campo per seguire la tradizione o, comunque, il volere di qualcun altro. « La saggezza del vecchio Matthews è una leggenda un po' ovunque. Pensa che, da dove vengo io, c'era chi ha cominciato a ricamarci sopra dei miti. Ce n'era addirittura uno che lo voleva vampiro e con il terzo occhio al centro della fronte. » Fa una risata, ripensando a quella che era una storia partita direttamente dalla bocca di Angelica, una delle sue amiche più care dell'Accademia, una storia che aveva fatto il giro della scuola e che aveva stuzzicato la curiosità di tutte le ragazze, tanto che, alcune, avevano preso a fare progetti sul quando avrebbero incontrato quella mitica creatura. « Tu te lo immagini questo, poi si vedrà? » Si ritrova a scrutare le case di Inverness dal terrazzo di casa di Beatrice. Le guarda una ad una, riconoscendo la propria, più mimetizzata con la natura per via dell'edera verde che ne ha ricoperto il muro in pietra. « Io no. Non ricordo nemmeno chi ero prima di.. tutto. Se ci pensi, non siamo mai cambiati come quest'anno. Potremmo parlare il francese o lo spagnolo senza nemmeno sforzarci, potremmo vincere la paura delle altezze, oppure imparare ad innamorarci di una persona che non ci appartiene affatto. Abbiamo vissuto esperienze di prigionia e di sopravvivenza, pur non essendoci. Abbiamo visto il mondo intero senza spostarci di un millimetro. Abbiamo pianto e riso, provato gioia e sofferenza. Siamo morti più di una volta.. abbiamo sperimentato parti, e.. tante altre cose che non mi sarei mai immaginata fosse possibile provare pur non provandole. Eppure è forzato. Siamo noi, ma è come se non lo fossimo. Siamo diventati libertini e intraprenderti pur essendo la nostra gente inflessibile e a tratti - detto tra noi - spesso bigotta. » Io avrei preferito che non mi fosse stato ricordato com'era il parlare spagnolo. Si ritrova a pensare a Joaquin, nel momento in cui si sente toccata sul vivo da quelle parole. Beatrice dice di essere cambiata, enormemente, in quell'anno, eppure lei si sente di essere rimasta sempre la stessa, l'irremovibile e sempre troppo rigida Barbara. Lei che ha sempre fatto di tutto per tenersi fuori da quel collegamento mentale che sembrava danneggiarla, invece che rafforzarla, lei che ha cercato in tutti i modi di tenersi ai lati, di scivolare con le spalle lungo i muri, per paura di poter entrare in contatto con un qualcosa che non rientrava strettamente con il suo ambiente tipo. Perché il branco, dopotutto, questo era per lei: un uscire fuori dai propri schemi, mettersi continuamente sotto esame, per valicare i propri confini. "Oppure imparare ad innamorarci di una persona che non ci appartiene affatto." "Siamo diventati libertini e intraprenderti pur essendo la nostra gente inflessibile e a tratti - detto tra noi - spesso bigotta." Stringe le labbra, in un gesto che riesce a far percepire il suo palese disagio, mentre continua a far vagare il proprio sguardo ovunque tranne che verso di lei. « Credo che io sarò quella meno toccata da tutto ciò » alla fine ammette, alzando le spalle, in un chiaro segno di rassegnazione. « Non mi sono mai lasciata andare come tutti voi, non credo di aver mai tratto davvero il meglio da tutto ciò. Senza volerlo davvero, credo di essere entrata di diritto a far parte della nostra "gente bigotta". » Si concede una risata, mentre porta entrambe le braccia dietro la schiena, così da poter trattenere il polso destro con la mano sinistra, in modo da non essere vista, come una bambina che ha il bisogno impellente di nascondere la propria verità. « Per esempio adesso.. » La ragazza alza una mano ad agguantare una sua ciocca, una mossa che la fa indietreggiare, di un passo, in qualche modo spaventata, ritrovandosi entrambe, nuovamente, nella radura. « ..non so dove finisco io e dove inizi tu. E non è spiacevole. E' solo che secondo me chi ci ha messi in questa merda, non ha pensato a tutti i lati negativi della nostra condizione. Se tu stai male, io non sono completamente in me. Quindi.. ti va di darmi il permesso di aiutarti? » Si morde il labbro, ragionando effettivamente per la prima volta su quell'aspetto. Barbara non è mai dipesa da nessuno, grazie all'Accademia. Vi è entrata che aveva poco più di sei anni, per uscirne da donna fatta e finita, completamente indipendente, senza aver bisogno davvero di qualcuno, che non andasse oltre Alina. Per questo motivo, non le è stato mai chiaro, fino a quel momento, che il suo dolore potesse essere causa di disagio per qualcun altro. Così si vergogna, terribilmente, nel constatare che, quel qualcosa che ha cercato di nascondere, come se fosse la cosa più scandalosa del mondo, è sempre stato lì, alla mercé di tutto il branco.
    tumblr_inline_nr4npePgee1sccn28_500
    « Come potresti, quando non so riuscirci io per prima? Io che sono la causa e l'origine di tutto? » Si stringe nelle spalle, con un sospiro, mentre lascia che la mano destra riemerga da dietro la schiena. Rimane ferma per qualche istante, prima di avere un leggero spasmo, così visibile e vergognoso sotto gli occhi di entrambi. « Tu dici che non ricordi chi fossi, prima di tutto. Beh, io ricordo perfettamente come ero e la cosa che mi spaventa davvero è che so che non potrò più essere quella versione di me stessa. Il "poi si vedrà" di tuo nonno non è bello per me, non quando non so più definire chi sono e non so più a cosa servo. » Fa una smorfia amara, accennando alla pistola che ha tra le dita con il mento, prima di portarsi la canna a picchiettarsi la tempia. « E' tutta una questione mentale, la mia mano è a posto, dice la guaritrice dell'infermeria. Ma la mia mente continua a non farla funzionare come dovrebbe, anche se potrebbe farlo tranquillamente, a quanto dicono. » Riprende a confessarsi, con una naturalezza e una sincerità tale da farle spavento. Ma farlo, con lei, una quasi estranea, per lei, riesce a darle sicurezza. Come ha detto Beatrice, non sa dove comincia se stessa e dove finisce l'essenza di lei, ma per una volta, le risulta essere una cosa diversa dallo spiacevole. Per una volta, far entrare qualcuno, prendersi il meglio che le ha descritto lei, di quel rapporto, le è di vitale importanza, quasi non avesse desiderato altro per giorni. « Sai come si può aggiustare un qualcosa che è qui dentro? » Abbassa l'arma, per poi riprendere a guardare le bottiglie di fronte a sé. « Credevo di esserci riuscita, un tempo, quando avevo perso un pezzo importante della mia vita. Allora ero riuscita a rimettermi in sesto, con difficoltà, eppure l'avevo fatto, alla fine. Ma ora..è diverso quando quel pezzo mancante è un pezzo di se stessi. Cosa posso fare senza la mano che mi ha dato tutto? Chi posso essere? Chi sono io? » Sbatte le ciglia, un paio di volte, con un sorriso che si apre sulle sue labbra, per cercare di stemperare la situazione. « A questo punto ti sarai pentita di aver scelto di parlare proprio con me, oggi. Io l'avrei fatto alle prime parole. » Fa una smorfia divertita, nel ritrovarsi poi a pensare quanto Beatrice le abbia sempre ricordato la lei del prima di tutto. « Da quando ho sentito parlare di te e poi quando ti ho visto all'opera, da lontano, mi sono sempre chiesta com'è che l'Accademia non sia riuscita mai a portarti dalla sua. Saresti stata per loro un gioiello pregiato, un'ottima risorsa sul campo, sicuramente. Chiunque ti abbia cresciuta, è riuscito a far brillare la scintilla che c'è in te. » Si lascia andare in quel commento di pura ammirazione per la selvaggia fierezza che ha sempre scorto nel modo di combattere di Beatrice. Deglutisce poi, scostandosi una ciocca di capelli dal viso, per sistemarla dietro l'orecchio. Alcune delle parole che le ha detto le riecheggiano in testa. « Come hai fatto ad abituarti? » "Oppure imparare ad innamorarci di una persona che non ci appartiene affatto." « Ho la presunzione di rivedere un po' di me, in te, e voglio soltanto capire come tu sia riuscita a superare le barriere che sono certa ti sono state imposte dalla nostra gente. Come sei riuscita ad andare oltre, senza sentirti costantemente in colpa verso te stessa? Come sei riuscita ad accettarti nel tuo cambiamento, senza pensare al peggio sempre in agguato dietro l'angolo? » Come hai fatto a fidarti degli altri? Come hai fatto a fidarti di Percy?
     
    .
  3.     +1    
     
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Ricercati
    Posts
    1,984
    Reputation
    +1,337
    Location
    highway to hell;

    Status
    Anonymes!
    « La saggezza del vecchio Matthews è una leggenda un po' ovunque. Pensa che, da dove vengo io, c'era chi ha cominciato a ricamarci sopra dei miti. Ce n'era addirittura uno che lo voleva vampiro e con il terzo occhio al centro della fronte. » Dove viene lei invece, Sebastian Matthews non è altro che un signore decisamente buffo e sopra le righe. Agli altri insegnava l'arte della guerra. A me insegnava l'arte del me ne frego. « Perché nel ventunesimo secolo ci ostentiamo ancora a non googlare le persone? » Chiede in maniera ironica con un'espressione stranita prima di scoppiare a ridere a sua volta. Lo sa bene come funzionano le cose. Non solo tra di loro, ma anche tra i maghi. Società antiche non solo propense a remare imperterrite contro l'evoluzione dei mezzi, ma anche temerarie nel mantenere in tutto e per tutto il le loro tradizioni, come forma di condotta etica assoluta. Non importava quanto i centri di comando si fossero evoluti, quanto magia, tecnologia e scienza si fossero intrecciate per dar forma a nuovi mezzi di combattere il male - mezzi atti ad agevolarli -, i cacciatori restavano pressoché temerari nel loro tentare di restare sempre e comunque fedeli a loro stessi. « Credo che io sarò quella meno toccata da tutto ciò. Non mi sono mai lasciata andare come tutti voi, non credo di aver mai tratto davvero il meglio da tutto ciò. Senza volerlo davvero, credo di essere entrata di diritto a far parte della nostra "gente bigotta". » Lo sguardo vaga sulla figura della giovane donna. Delle imprese degli Herondale si narra molto. Prima dei due gemelli Barbara e Daniel, i loro genitori e zii erano stati tra i migliori cacciatori che Inverness potesse vantare. Altrettanto si poteva dire degli attuali membri. Ragazzi forti, forgiati tra le pietre millenarie delle strutture più ambiente del Credo, si erano fatti strada a suon di lame taglienti e sangue sparso per il volere del Conclave. C'erano screzi in quest'ultima generazione; lo aveva sentito Beatrice, ma nel suo ampio volere di non immischiarsi, aveva tentato di restare il più estranea possibile alla questione. Tutti abbiamo i nostri problemi, i nostri dissidi, i nostri desideri. Ciascuno di noi è guidato da passioni diversi, siamo animati da fuochi differenti. Dobbiamo essere liberi di trovare la nostra strada. E forse per questo, Beatrice non ha mai imposto nulla a nessuno. Non ha mai chiesto a nessuno di restare, di abbracciare la causa del branco o anche solo di rispettarne le tradizioni - non lo aveva fatto con coloro che in quella situazione ci si erano trovati invischiati per pura casualità, così come non lo aveva chiesto ai propri simili, perché a lei per prima, non erano mai piaciute le imposizioni dei precedenti Anziani. « Da un certo punto di vista è stata una scelta saggia. » Sospira affondo mentre volge lo sguardo verso la muraglia Ovest, là dove il grigio si è fermato oltre le barriere della Città Santa. « Come nel castello, là fuori questa nostra cosa non funge. » Lo sa bene Beatrice che non solo lo ha sperimentato da Natale e fino alla liberazione, ma lo ha percepito nuovamente una volta varcate le porte della Città per avventurarsi alla raccolta di viveri o per svolgere missioni per conto della sua gente. « All'inizio non mi piaceva per niente; l'idea che tutti potessero farsi gli affari miei in qualunque momento mi dava sui nervi. In realtà mi dà ancora sui nervi. Ma quando sono là fuori, non so.. mi sento sola. So di poter contare su me stessa, mi fido di quello che faccio, però al contempo c'è questo vuoto che mi consuma. » E' così naturale parlare coi propri simili. Un tempo affidare confidenze così intime era davvero complicato per una come Beatrice. Lo era ancora; ma quando si trovava in comunione con uno o più dei suoi simili, mentre era impossibile oltre che del tutto inutile. Aveva tentato di sottrarsi e opporsi a quella forza di gravità che sembrava attrarli l'uno verso l'altro, qualcosa che andava al di là del legame mentale, e che esisteva prima ancora che il branco scattasse, poi, aveva semplicemente gettato la spugna e vi si era abbandonata. Era già lì; noi eravamo già legati in qualche modo. Bastava vedere come in un modo o nell'altro, alcuni di noi continuavano a orbitare attorno a determinate persone che non pensavamo nemmeno lontanamente potessero avere qualcosa a che fare con Inverness. Per Tris, gli esempi più lampanti erano stati Pervinca, Percy e Rudy; tre rapporti diversi, tra approcci diversi, che tuttavia orbitavano nella sua sfera da molto prima che il branco diventasse un dato di fatto. Percepisce un leggero disagio nella sfera personale di Barbara. Riesce persino a darle un nome; qualcosa di molto simile a cose che lei stessa prova e ha provato sin troppe volte. Vergona. La vergogna di chi si sente mortificata nel ferreo orgoglio che cela sotto diverse scorze anche il più piccolo disagio e turba psicologica. « Come potresti, quando non so riuscirci io per prima? Io che sono la causa e l'origine di tutto? » Osserva prima la mano di lei, poi la propria. Entrambe hanno uno spasmo nello stesso momento. E lì, Tris deglutisce. « Tu dici che non ricordi chi fossi, prima di tutto. Beh, io ricordo perfettamente come ero e la cosa che mi spaventa davvero è che so che non potrò più essere quella versione di me stessa. Il "poi si vedrà" di tuo nonno non è bello per me, non quando non so più definire chi sono e non so più a cosa servo. E' tutta una questione mentale, la mia mano è a posto, dice la guaritrice dell'infermeria. Ma la mia mente continua a non farla funzionare come dovrebbe, anche se potrebbe farlo tranquillamente, a quanto dicono. » A cosa servo? Qualcosa che al di fuori della loro società doveva sembrare davvero fuori da ogni logica. Nessuno vede più idealmente se stesso e gli altri in una visione utilitaristica. « Sai come si può aggiustare un qualcosa che è qui dentro? Credevo di esserci riuscita, un tempo, quando avevo perso un pezzo importante della mia vita. Allora ero riuscita a rimettermi in sesto, con difficoltà, eppure l'avevo fatto, alla fine. Ma ora..è diverso quando quel pezzo mancante è un pezzo di se stessi. Cosa posso fare senza la mano che mi ha dato tutto? Chi posso essere? Chi sono io? »
    tumblr_pfqpo5ALqj1vwrm9ao6_r1_250
    Incrocia le braccia al petto stringendosi nel proprio maglione come a cercare una forma di conforto contro tutta quella palpabile sensazione di perdizione che Bobbie le trasmette. « A questo punto ti sarai pentita di aver scelto di parlare proprio con me, oggi. Io l'avrei fatto alle prime parole. » Un leggero sorriso si propaga sul volto di lei, nonostante l'espressione pensierosa. Si sta immedesimando nelle parole di lei, le sta risucchiando, facendo proprie. Nonostante la giovane età, non è difficile comprendere per Beatrice cosa la consorella prova. Sono sentimenti che ha fortemente accolto in passato, e che tutt'ora capita di provare, seppur non con la stessa intensità. Se sono ancora lì, tende a non pensarci. Non ha il tempo necessario per farlo; quella forma di dissidio tanto naturale, è percepita ai suoi occhi come un lusso che non può più concedersi, seppur volesse, seppur ci sono ancora troppi pezzi fumosi nella sua esistenza e nel suo vissuto più intimo e personale. « Forse non te ne accorgi, ma stai già facendo progressi. Da a cosa servo a chi sono è un bel passo di qualità. Chi posso essere poi.. » Solleva le sopracciglia un'espressione eloquente, per farle capire che è una cosa davvero grossa, immensa. Non smettiamo mai di cercarci, di ricercarci, di capirci, di conoscerci. Seppur avrebbe tante altre cose da dire, sente che il discorso di Bobbie non ha concluso la sua ratio; ascolta quindi con attenzione le sue seguenti parole. « Da quando ho sentito parlare di te e poi quando ti ho visto all'opera, da lontano, mi sono sempre chiesta com'è che l'Accademia non sia riuscita mai a portarti dalla sua. Saresti stata per loro un gioiello pregiato, un'ottima risorsa sul campo, sicuramente. Chiunque ti abbia cresciuta, è riuscito a far brillare la scintilla che c'è in te. » E lì non può fare a meno di scoppiare a ridere, seppur sia una risata intrisa di una certa forma di consapevolezza altra. « Si beh.. a conti fatti, credo il Conclave avrebbe preferito mandarmi in qualunque altro posto tranne che in quello in cui sono finita. Mungere capre e cogliere cicoria per il poridge è stata la loro disfatta. » Ne parla con un velo di amarezza e nostalgia. Le mancano quei tempi. Una vita decisamente più semplice, contadina. Mentre molti altri di loro si addestravano in vere e proprie fortezze di stato setacciate in giro per il mondo, Beatrice cavalcava puledri in giro per le pianure armene, portava orde di capre a pascolare e spesso lavava polverosi pavimenti di intere sale con il solo ausilio di un antenato dello spazzolino da denti. Erano all'avanguardia i monaci di Tatev, ma ai loro discepoli, quel mondo non lo mostravano mai, finché non erano davvero pronti. « Come hai fatto ad abituarti? Ho la presunzione di rivedere un po' di me, in te, e voglio soltanto capire come tu sia riuscita a superare le barriere che sono certa ti sono state imposte dalla nostra gente. Come sei riuscita ad andare oltre, senza sentirti costantemente in colpa verso te stessa? Come sei riuscita ad accettarti nel tuo cambiamento, senza pensare al peggio sempre in agguato dietro l'angolo? » Quella è una domanda davvero complicata. Se ne rende conto. E non solo perché è forse una delle cose su cui maggiormente è costretta a scavare dentro di sé, ma perché deve farlo guardando anche dall'ottica della ragazza che ha di fronte. Sono simili lo sente. La stessa naturale diffidenza e lontananza che percepisce in lei, Beatrice l'ha provata. I primi anni a Hogwarts, e poi durante quei pochi mesi passati nel mondo degli adulti, con uno stemma di un corpo armato estraneo alla sua tradizione. In tutti quei momenti, si era sentita in diritto e in dovere di guardarsi le spalle come un animaletto spaventato, paradossalmente vigile come una belva feroce. « Per molto tempo ho pensato di poter fare tutto da sola. Era tutto un io, io, io; un comportamento che ora mi appare decisamente egocentrico ed egoista. Non si può giudicare una persona come sbagliata solo perché le cose non le ha fatte a modo nostro. Anche perché, appena metti il naso fuori da qualunque fortezza del Credo in giro per il mondo, ti rendi conto di quanto siamo - inadeguati. I nostri predecessori ci tenevano a che noi restassimo fuori dal mondo; ci hanno cresciuti come macchine da guerra e nient'altro. Ogni qual volta qualcuno aveva una spinta interiore diversa, veniva semplicemente allontanato. Il problema è che tutti avevano paura dell'allontanamento dalla propria gente, perché là fuori, senza tutto il contorno, siamo.. spaesati. A tratti indifesi. Questa però non è una scelta - è un percorso obbligato. » Questo non è libero arbitrio. A Hogwarts mi sono sentita spesso debole, inadatta, fuori contesto. Ero costretta a stare lì dentro, ma non avevo la più pallida idea di cosa fare con ciò che avevo per le mani. « I miei maestri mi hanno insegnato il potere del dubbio. Dubita sempre Beatrice, dicevano. E io per un sacco di tempo ho pensato fosse una specie di monito contro ciò che avrei scoperto una volta uscita nel mondo. » Si stringe nelle spalle con naturalezza mentre torna a guarda dritta negli occhi. « Non immaginavo che il dubbio portasse con sé automaticamente anche la necessità di ricredersi oltre alla naturale diffidenza. » Pausa. « In fondo non credo di aver mai smesso di dubitare e anche di ricredermi. Il punto è che il dubbio, rispetto all'ortodossia del Credo, presenta una componente imprescindibile: dare una possibilità, il beneficio del dubbio. » Non sempre ci sono riuscita; in fondo saltare a conclusioni affrettate succede a tutti. Fa parte dell'autodifesa e dello spirito di sopravvivenza. Ma sto facendo del mio meglio. « Credo che la prima volta ho dato il beneficio del dubbio alla mia attuale migliore amica. All'inizio non è stato facile. Anzi.. Ma poi è andato tutto in discesa. Una cosa tira l'altra e di punto in bianco ti ritrovi a farti trascinare dagli eventi e seguire il flusso - con il valore aggiunto di avere sulle spalle comunque un corredo di schemi etici che ti aiuteranno sempre a scindere ciò che è giusto per te, da ciò che è giusto per gli altri. » Infine sospira e salta giù dal muretto rientrando in casa, spostandosi verso i piani inferiori fino a raggiungere la cucina, dalla quale sottrae una birra aprendosela con l'ausilio dei denti. Sempre molto delicata. « Non mi accettavo. Non mi sono accettata per molto, troppo tempo. Non mi sentivo più parte di questo, e non pensavo nemmeno di essere parte di quello che c'è là fuori. Guardandomi allo specchio avevo la presunzione di vedere questa futura iron lady sullo stampo di mia madre, ma non la ritrovavo. E poi è arrivato lui.. » E dicendo ciò le indica una foto di qualche tempo fa di lei e Percy, che Malia ha ben pensato di scattare di nascosto mentre erano al pub a Hogsmeade, incorniciandola. « Ce ne sono stati altri prima, ma lui è stato il primo che non ha tentato di cambiarmi. Mi ha accettata così com'ero, nonostante fossi così lontana dal suo mondo. E - a fatica - ho fatto lo stesso. E abbiamo ancora un sacco di problemi, ma credo che lui mi abbia fatto realizzare che una donna forte che resta fedele a se stessa non è quella che invoca il femminismo a gran voce sulle strade di una città, oppure sente il bisogno di sottomettere al suo cospetto gli altri, oppure colei che resta sulle sue finché è così vecchia che negli altri risveglia solo ed esclusivamente compassione. » Le rivolge uno sguardo eloquente sorridendole, prima di portarsi la bottiglia alle labbra. « I cacciatori ci hanno insegnato a essere superiori, a essere soli. Il branco invece credo che ci insegni come essere uguali e trovare la forza nel gruppo; tutti hanno bisogno di un'ancora. » La fissa con introspezione. « Non ti sei mai sentita così? Come se avessi bisogno di lasciare le redini a qualcun altro? Almeno in parte. » Di scatto non è più dentro la propria casa. Si trova nei dintorni dei quartieri popolati, in mezzo alla natura. La stessa che, per Beatrice è rappresentata per molto tempo un naturale rifugio da ogni cosa. Andava nei boschi quando aveva bisogno di stare da sola, quando voleva rilassarsi, quando aveva bisogno di sfogarsi. Era la sua terapia sin da quando era bambina quando, con sin troppa sconsideratezza saltava con agilità da un ramo ad altro, arco in spalla e una piccola lama tra i denti. « Vogliamo riprovarci? » Le chiede mettendosi al suo fianco nella corretta posizione per sparare, indicandole le bottiglie di fronte a loro. Non ha mai avuto una predilezione per le armi da fuoco. Non le sono mai piaciute, ma nonostante ciò ha imparato quanto meno a maneggiarle. Di certo quello sembrava più il campo di Bobbie. « Questa volta insieme.. » Si posiziona lentamente alle sue spalle, sfiorando appena la mano che sorregge la pistola intimando a sollevarla. Le tiene il polso ben saldo, nonostante non possa farlo davvero. Nessuno spasmo o tentennamento da parte di Beatrice. « Dammi il beneficio del dubbio, Barbara. »

     
    .
  4.     +1    
     
    .
    Avatar

    Member
    ★★★

    Group
    Member
    Posts
    131
    Reputation
    0

    Status
    Anonymes!
    « Forse non te ne accorgi, ma stai già facendo progressi. Da a cosa servo a chi sono è un bel passo di qualità. Chi posso essere poi.. » Beatrice le sorride e Bobbie assottiglia lo sguardo, come se non riuscisse a capacitarsi di quell'effettività che lei le sta mostrando, a sua completa mercé. Come è evidente quel cambiamento agli occhi della quasi ventenne, non appare altrettanto lampante per lei. Lei tutto quel margine di miglioramento non riesce a vederlo, forse perché le appare talmente minuscolo e insulso da apparirle effettivamente inutile. Perché Bobbie è la donna dai grandi risultati, dal "tutto e subito o quella è la porta", è una donna che si aspetta molto da se stessa e quando vede il poco e il futile risultato, non riesce a prenderla come una cosa positiva, come un buon inizio dal quale partire, ma soltanto come un fallimento, nel suo piccolo. Perciò sospira, cercando di lasciarsi scivolare addosso quella sensazione di disagio, aggrappandosi a quel sorriso forzato che appare sulle sue labbra e che muore nel giro di pochi istanti. « Si beh.. a conti fatti, credo il Conclave avrebbe preferito mandarmi in qualunque altro posto tranne che in quello in cui sono finita. Mungere capre e cogliere cicoria per il poridge è stata la loro disfatta. » Non conosce troppo della storia e del passato di quella ragazza. eppure il sentirla dire che ha avuto un'educazione così rurale le sembra davvero stonare con la persona che ha di fronte. Perciò aggrotta le sopracciglia, con fare incuriosito, mentre si ritrova ad immaginarsela davvero, tra animali da bestiame ed erba da raccogliere nei campi. « Sei stata in uno dei monasteri del Credo? » Seppur l'Accademia non rientrasse praticamente per nulla nell'intricato reticolato che ha tessuto negli anni il Credo, riconoscendosi sempre in un'entità a se stante, volta a creare delle figure nettamente differenti dall'essere una semplice cacciatrice, Bobbie ha sempre sentito parlare delle varie strutture che quella loro società metteva a disposizione per far crescere in corpo e spirito i giovani guerrieri tra le sue fila. « Ora et labora, eh? Immagino quanto sia di aiuto il sapere il Padre Nostro e il Miserere quando si è in campo aperto, in piena guerra. » Fa capolino nella sua voce quella solita nota di giudizio nel confronto di quella cieca credenza nell'aiuto dall'alto, se preventivamente chiesto con le mani giunte e una bella preghierina di rito. Anche il far parte di un qualcosa di così puro e altisonante come "la Mano di Dio" non ha cambiato di nulla la sua percezione di quel Dio che ogni anziano di Inverness si premura di mettere ovunque, giusto per non far dimenticare mai alla nuova generazione chi è che sta servendo veramente. Un qualcuno di mai rilevato davvero, fantastico! « Per molto tempo ho pensato di poter fare tutto da sola. Era tutto un io, io, io; un comportamento che ora mi appare decisamente egocentrico ed egoista. Non si può giudicare una persona come sbagliata solo perché le cose non le ha fatte a modo nostro. Anche perché, appena metti il naso fuori da qualunque fortezza del Credo in giro per il mondo, ti rendi conto di quanto siamo - inadeguati. I nostri predecessori ci tenevano a che noi restassimo fuori dal mondo; ci hanno cresciuti come macchine da guerra e nient'altro. Ogni qual volta qualcuno aveva una spinta interiore diversa, veniva semplicemente allontanato. Il problema è che tutti avevano paura dell'allontanamento dalla propria gente, perché là fuori, senza tutto il contorno, siamo.. spaesati. A tratti indifesi. Questa però non è una scelta - è un percorso obbligato. » Seppur non abbia vissuto in un luogo dove si faceva dei precetti cattolici origine e fondamenta di ogni cosa, ma in un luogo dove le era stato insegnato ad amalgamarsi con il resto del mondo, per passare inosservata nel suo compito primario, riesce a capire quel senso di solitudine. Lei, dopotutto, sola si sarebbe sentita per tutta la vita, se solo non avesse avuto Alina al suo fianco, colei che era diventata la sua parabatai all'Accademia e che poi sarebbe diventata sua compagna indissolubile. Ma lei, sola, ha continuato a sentircisi anche nel pieno della comunione di quel branco che sembrava esserle capitato tra capo e collo. Quel branco che avrebbe dovuto aiutarla a migliorarsi, a prendere forza dall'altro per essere forte a sua volta, ma che lei aveva sempre cercato di evitare, di tenere alla lontana, per non lasciarsi intromettere in un qualcosa che avrebbe compromesso la sua sfera personale, cambiandola, irreparabilmente. Perché Bobbie, nonostante tutto ciò che si racconta, è questo: una persona con la costante paura del cambiamento, di quel cambiamento che possa giovarle solo del male. Perché andare a cercare di stare peggio? « I miei maestri mi hanno insegnato il potere del dubbio. Dubita sempre Beatrice, dicevano. E io per un sacco di tempo ho pensato fosse una specie di monito contro ciò che avrei scoperto una volta uscita nel mondo. Non immaginavo che il dubbio portasse con sé automaticamente anche la necessità di ricredersi oltre alla naturale diffidenza. In fondo non credo di aver mai smesso di dubitare e anche di ricredermi. Il punto è che il dubbio, rispetto all'ortodossia del Credo, presenta una componente imprescindibile: dare una possibilità, il beneficio del dubbio. » Annuisce, seppur continui ad essere piuttosto dubbiosa. Perché Beatrice le racconta di come si sia aperta, inizialmente, con la sua miglior amica. Di come abbia deciso di darle il beneficio del dubbio e di come, effettivamente, si sia ricreduta dal pensare che tutto ciò che c'era, al di là di loro, fosse non buono. E tu? Tu hai mai dato il beneficio del dubbio? Si ritrova a rimuginarci sopra, seguendo con la coda dell'occhio i movimenti della ragazza, per poi andarle dietro, dentro quella casa, fino ad arrivare in cucina. « Non mi accettavo. Non mi sono accettata per molto, troppo tempo. Non mi sentivo più parte di questo, e non pensavo nemmeno di essere parte di quello che c'è là fuori. Guardandomi allo specchio avevo la presunzione di vedere questa futura iron lady sullo stampo di mia madre, ma non la ritrovavo. E poi è arrivato lui.. » E poi è arrivato lui.. le fa eco, nella sua testa, come a voler assimilare quelle parole, una ad una, per poi, forse, farle proprie. « Ce ne sono stati altri prima, ma lui è stato il primo che non ha tentato di cambiarmi. Mi ha accettata così com'ero, nonostante fossi così lontana dal suo mondo. E - a fatica - ho fatto lo stesso. E abbiamo ancora un sacco di problemi, ma credo che lui mi abbia fatto realizzare che una donna forte che resta fedele a se stessa non è quella che invoca il femminismo a gran voce sulle strade di una città, oppure sente il bisogno di sottomettere al suo cospetto gli altri, oppure colei che resta sulle sue finché è così vecchia che negli altri risveglia solo ed esclusivamente compassione. » « Oh, capisco. Mi stai dando della potenziale gattara con le ragnatele in ogni dove. Immagino di meritarmelo. » Fa una smorfia, arricciando il naso. « I cacciatori ci hanno insegnato a essere superiori, a essere soli. Il branco invece credo che ci insegni come essere uguali e trovare la forza nel gruppo; tutti hanno bisogno di un'ancora. Non ti sei mai sentita così? Come se avessi bisogno di lasciare le redini a qualcun altro? Almeno in parte. » E senza volerlo, si ritrova ad annuire. Lei le porge quella semplice domanda e il suo corpo reagisce da solo, di conseguenza, senza aspettare che sia il suo cervello a comandare il tutto. « Mi ci sono sentita in passato. » Ma non è andata bene. Ho dato il beneficio del dubbio alla persona sbagliata. « Vogliamo riprovarci? Questa volta insieme.. Dammi il beneficio del dubbio, Barbara. » E' da tanto che qualcuno non la chiama Barbara. Sua madre adorava farlo, ma, non appena è venuta a mancare, suo padre, forse per proteggersi da quel dolore che lo logorava dentro, ha sempre preferito chiamarla Bobbie, come il resto del mondo. Barbara, per intero, non lo sente da troppo tempo e per qualche istante le si stringe il cuore a ripensare a sua madre, quella stessa donna con la quale non aveva mai potuto avere il rapporto spettacolare che aveva sempre sperato, ma che c'era stata, fino all'ultimo dei suoi giorni. Forse è perché pensa alla madre, forse perché ha talmente le difese abbassate, ma non sobbalza nell'entrare in contatto - seppur mentalmente - con Tris. La mano di lei si stringe intorno al suo polso e rimane così, ferma, immobile e assolutamente decisa. Ed è forse sempre per questo che si lascia guidare, si appoggia a lei, a quella sua mano stabile e non tremolante e la fa diventare propria. Io sono noi. Dopo aver inspirato a fondo, spara e spara ancora una volta e un'altra ancora, fin quando ognuna di quelle bottiglie non va in frantumi sotto i loro occhi. E Bobbie rimane così, a guardare tutto il loro lavoro congiunto, mentre sembra voler riprendere fiato da quella botta di adrenalina pazzesca. « Ha i suoi vantaggi, devo ammetterlo. » Si ritrova a commentare, scivolando via di qualche passo, giusto per ottenere lo spazio adatto a poterla guardare in volto.
    tumblr_onctejp03j1s1qvmko2_250
    « Credo di aver imparato la lezione.. » aggiunge, guardandosi intorno, leggermente imbarazzata. « Ma non potrò attingere alle vostre mani ferme per troppo tempo. Prima o poi devo aggiustarmi e devo affrontare ciò che mi... - ci pensa un po' su, qualche istante - spaventa. » Un angolo delle labbra si piega, come a voler palesare quanto le costi ammettere di aver paura di qualcosa. E forse perché si vergogna troppo di raccontare certe cose ad Alina, forse perché si riconosce così tanto in Beatrice, decide di cominciare ad abbattere un po' i primi argini con lei, dimenticandosi delle loro differenze d'età, dimenticando che dovrebbe essere lei quella "grande" tra le due, alla soglia dei quasi trenta. Accantona tutto e lascia che sia soltanto il proprio bisogno di parlare a tirar fuori tutto. « Ho fatto sesso con Rocky. » Libera la bomba, per poi respirare a fondo, come se si fosse tolta finalmente un peso. Riesce quasi a sorridere, tanta è la liberazione, fin quando non si rende conto che forse, quella confessione, alla ragazza può voler dire poco e nulla. « Sì, insomma, prima mi chiedevi se mi fosse mai capitato di sentirmi così e credo di sentirmi così con lui. Cioè, sicuro sento qualcosa, altrimenti non ci sarei finita a letto, dopo anni di inattività evidente. » E forse stiamo dicendo troppo, tu che dici? Magari ci sbottoniamo di meno? « E niente, tu forse non hai idea di cosa io stia parlando, o forse sì perché ciò che sento io lo sento pure tu ora, ma insomma, per fartela in breve, credo di aver pensato che, dopo le delusioni del passato, fosse il mio "E poi è arrivato lui.." Quindi ho provato a fidarmi, a dargli quello che tu chiami "beneficio del dubbio" e ora sono più incasinata che mai perché lui era ubriaco e non si ricorda niente e io che dovrei fare? Eh? » Si ritrova a passeggiare, in tondo, mentre le mani gesticolano, in pieno stile italiano, una delle tante cattive abitudini che le ha passato lui. « Non è che posso andare da lui e dirgli "Oh scusa, devi esserti scordato della bellissima notte che abbiamo passato insieme" perché insomma, cretina sì, ma la mia dignità non vorrei giocarmela in questo modo. » Si stringe nelle spalle, sospirando rumorosamente. « Ma forse è meglio così, in fondo non sono stata mai affidabile. Mi stufo in fretta, non mi piace legarmi, ho paura di impazzire di nuovo. E forse è meglio, così non lo vedrò soffrire per colpa mia. » Perché è sempre più facile allontanare gli altri per paura che essi si allontanino da te, di loro spontanea volontà. Rimane in silenzio, fin quando non decide di sedersi sul tronco d'albero, dopo aver spazzato via tutti i pezzi di vetro. « E se facesse come Jo? » Alla fine chiede, guardando oltre le spalle della ragazza. « Vivo con la costante paura di riprovare quel dolore. » Arriccia il naso, vulnerabile come non mai, di fronte a quella constatazione. Si umetta le labbra, prima di alzare gli occhi su di lei. « Ti devo sembrare una povera e patetica pazza. Una trentenne che cerca consolazione in una ventenne. » Una trentenne che spera di ottenere delle risposte esaustive riguardo la propria vita amorosa fallimentare dalla se stessa più giovane. « Ma mi vergogno troppo ad esternarle con..beh, tutti. E tu mi hai chiesto di darti il beneficio del dubbio e boh, non lo so, ho pensato di provarci di nuovo, immagino. Ed è strano farlo con un'altra donna. » Che non sia Alina. Ride, questa volta di gusto, questa volta sinceramente. « Credo che sia un problema comune a tutte noi che abbiamo perso la mamma ancor prima di renderci conto di averne una, dico bene? » E' spiazzante il suo modo di parlare di simili dolori con così tanta libertà e, forse, con così poco tatto, da risultare quasi normale e naturale ai suoi occhi. « Scommetto che anche tu, prima dell'arrivo della tua miglior amica, abbia sempre preferito ritrovarti in compagnia di uomini. E' così? » Sorride. « Lo strizzacervelli dice che lo facciamo per compensare il vuoto che ha lasciato nella nostra vita l'assenza di una figura materna. » Ognuna per le sue ragioni differenti. « E' in situazioni come queste che la vorrei qui, come mai nella vita. Lei avrebbe saputo cosa dirmi per sbloccarmi, ne sono certa. O forse mi avrebbe dato semplicemente un bel ceffone che male non mi farebbe, lo so bene. » La squadra per qualche secondo, prima di stringere le labbra. « Ti manca mai? »
     
    .
3 replies since 19/9/2018, 19:42   97 views
  Share  
.