You know what they say about the crazy ones

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    ➜ Sala Ricreativa Comune
    Non c'era da aspettarsi altro. Nell'esatto momento in cui il Ministro della Magia aveva annunciato che quelli come lei sarebbero stati ospedalizzati, ha immaginato fosse solo questione di tempo. E ci aveva provato, Diana, a scappare, e stare il più lontana possibile dai riflettori, ma alla fine, i nuovi Auror l'avevano trovata. Era stata caricata su una macchina volante, e insieme a due individui disgustosi, era partita contro la propria volontà per il viaggio del non ritorno. Succedeva cinque giorni fa. Aveva scoperto lì dentro ci fossero stolti che si erano consegnati di spontanea volontà, altri che invece, come lei, per ovvie ragioni, erano stati beccati. Non si era stupita nell'apprendere che tra i reietti di punta ci fossero Edric Sanders, Lucien Parker e Ben Weasley. Ben Weasley. Nei confronti di quest'ultimo provava un rancore inimmaginabile. Se solo lui non avesse rivelato a tutti i ribelli i suoi legami con la loggia, ora, la Middleton sarebbe una donna libera. Si allunga insomma la lista delle persone che prima o poi pagheranno con gli interessi ogni goccia di male che hanno setacciato lungo il suo percorso. Mio padre, Lucien Parker, Ben Weasley. Una lista che si prefigurava in testa ogni giorno, ogni ora. L'unica cosa che la costringeva ad andare avanti era l'idea che prima o poi sarebbe stata libera. « Come andiamo oggi, Diana? » E' seduta sul suo letto. La vista sull'immenso giardino verdeggiante dovrebbe portarle consiglio, ma a dire la verità la sta solo innervosendo. Lì, è tutto ideale. Dai deliziosi pasti serviti a ore specifiche, ai comodi materassi, alle attività di gruppo, per passare infine per la gentilezza quasi spasmodica del personale. « Il Truman Show continua.. » Commenta sarcastica mentre osserva il vassoio appoggiato sul suo comodino. Pasticche. Altre pasticche. Da buon futuro medimago, Diana ha chiesto più e più volte di cosa si trottasse. In cuor suo sapeva si trattasse anche e soprattutto di inibitori contro le sue capacità di medium. Non sentiva niente; niente di ciò che sentiva prima che la Loggia arrivasse nella sua vita. Per lo più il personale diceva fossero vitamine, il giusto apporto prescritto in base alle analisi del sangue che erano state loro fatte una volta entrati nel CIM. Diana per esempio, appariva malnutrita, decisamente sciupata. Chi non lo sarebbe stato d'altronde, dopo gli ultimi mesi? Da quando aveva lasciato Londra e casa di Raphael, il suo tasso di vita era decisamente scaduto fino alla miseria. Nelle celle di Inverness aveva rifiutato quasi completamente cibo e acqua, e una volta uscita, dovendo nascondersi e cercare di scampare, prima all'Upside Down e poi alle orde di nuovi Auror, si era nutrita un po' quando e con quello che capitava. « Dico davvero. Come stai? Ti sei molto isolata da quando sei qui.. non partecipi alle attività di gruppo e non ci aiuti molto a capire come ti senti. » Ma certo. Il circolo del cucito, le attività di gruppo. Parlare dei nostri sentimenti. Che divertimento. « Parlami. » Roy è uno dei tanti assistenti. Ironia della sorte è che è diventato specializzando l'anno scorso come lei. Avevano corsi in comune al San Mungo e lo aveva persino scorto decine di volte nella piccola biblioteca dell'ospedale a studiare. Era mediocre dal punto di vista medico, ma aveva un grande fiuto e passione per il lato psichiatrico, motivo per cui eccolo lì. Mai si sarebbe immaginata che il suo orgoglio sarebbe stato così fortemente mortificato dall'idea di accettare aiuto da un essere che riteneva intellettualmente inferiore a lei. « Mi sento come una persona che è stata privata della sua bacchetta, che deve cantare le canzoncine con le sedie disposte a cerchio. Mi avete tolto il cellulare, i soldi, tutti gli effetti personali. Mangiamo con forchette di plastica; qualunque cosa con cui possiamo farci o far del male non è a nostra portata - veniamo trattati come se fosse dato per scontato che siamo pazzi. Mi sento come una obbligata a buttare giù pasticche di dubbia provenienza - pasticche che tra l'altro è ovvio siano degli inibitori. Mi sento come una la cui famiglia ancora non si è premurata di venire a trovarla. Questo posto è una fottuta menzogna, Roy! Capisci? Lenzuola pulite e ore di aria? Se solo dovessi uscire da quella porta e cercassi di fare un passo falso, un'orda di Auror e operatori sanitari mi starebbe addosso. Noi, non siamo liberi, Roy, quindi vaffanculo. » Silenzio. E poi l'odioso gesto di carezzarle leggermente la spalla; gesto a cui Diana si scosta. Ma forse in fondo pazzi lo siamo davvero. Chi altri si getterebbe nelle fiamme dell'inferno con così tanta leggerezza? « Facciamoci un giro in sala ricreativa. Ti farà bene conoscere gli altri. » Ma io li conosco già. Non di persona, non di nome, non di faccia, ma li conosceva. Non tutti, ma di certo, in passato avrebbe potuto percepirli. Sapeva non avessero ancora preso tutti loro; la maggior parte vagavano già su quei corridoi, ma secondo le stime di Diana, erano ancora troppo pochi perché quella fosse effettivamente la schiera tutta della Loggia. Molti di loro non li aveva mai visti; non erano andati a Hogwarts, né facevano parte della cerchia della gente che conta. Molti altri invece, era certa si nascondessero ancora in bella vista, forti del fatto che, essendo stati più intelligenti non si erano fatti scoprire. Insomma, ciò che entrava lì dentro era quella porzione di soggetti abbastanza sfortunati di essersi esposti troppo.
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    E infatti, fu l'esatto sentimento che provò nel vedere quella ventina di profani ciascuno intento a farsi gli affari propri. Una grande sala, tutta bianca, circondata da alcuni divanetti, mini salottini adibiti per chissà cosa, un paio di tavoli e dei grandi scaffali su cui vi erano appoggiati decine di giochi da tavola magici e libri. In un angolo un vecchio grammofono spento. Ci sono persino i giornali, attentamente censurati affinché non feriscano la loro evidente sensibilità. Insomma.. viviamo in un mondo ovattato. Ci proteggono da noi stessi e dal mondo. Non è certa che con queste premesse usciranno così presto. Si sente osservata, dagli operatori e dagli altri inquilini. E con il solito menefreghismo del caso, li guarda ad uno ad uno. Vorrebbe trafiggere la giugulare di ciascuno di loro con niente di meno che una forchetta di plastica. Ma non ci sono nemmeno quelle a portata di mano. Come spuntino c'è giusto qualche biscotto e un po' di succo di frutta. Magari posso affogarli coi biscotti. Farglieli andare di traverso. Guardarli mentre soffocano con la consapevolezza che l'ultimo volto che hanno visto è il mio. E invece no. Si dirige verso il grammofono e tenta di scegliere un disco. Persino quelli sono troppo poco taglienti per fare del male a qualcuno. « Potreste almeno fornirci della buona musica! » Che cos'è tutta questa spazzatura. Dov'è Chopin? Mozart? Bach? Scoppia a ridere tra se e se mentre si passa la mano tra i capelli, scrutando tutti i presenti. « Quindi la Loggia è stata ridotta a noi quattro stronzi.. complimenti a noi! I più squallidi della nostra specie. Quelli abbastanza stupidi da farsi scoprire. » Pausa. « Eppure.. sono certa che qualcuno manca. » Non so chi siano. Non so dove siano. Non so niente. Ma la Loggia non può essere andata avanti per anni, solo grazie a noi quattro stronzi. Considerando poi che Diana non aveva fatto poi molto per agevolarla, era certa che là fuori ce ne fossero molti altri. Oppure se lo immaginava, era la sua spiegazione logica per mantenere intatta la frustrazione e la rabbia che si sentiva dentro. Infine sceglie un disco con uno luccichio di pura follia nello sguardo « Ciao a te, Lesley Gore.. » Un sorriso a trentadue denti prima di lasciar partire la canzone. « Qualcuno mi fa ballare? » Sbalzi d'umore, cinismo e odiosa rassegnazione. I segni distintivi di una Diana Middleton giunta al limite delle sue forze.

    Role aperta a chiunque sia internato nel CIM, eventuali visitatori di passaggio e medimaghi/personale se ce ne sono. Fatevi sotto!
    La role è ambientata nella sala ricreativa principale; ho ipotizzato che oltre ai pg, sono stati beccati anche alcuni png, e niente.. chi vuole partecipare faccia pure. : )


     
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    « Ma il Wifi prende in questo posto di merda? » Tuona l'uomo, lo sguardo rivolto verso l'esterno della propria camera. E' una domanda piuttosto inutile, considerato che non ha neanche un cellulare con sè, but still. I due guaritori alla porta gli lanciano un'occhiata, poi distolgono lo sguardo, ignorandolo. « ..Andiamo Jerry, sei ancora offeso per quel piccolo incidente? » Squittisce, con espressione innocente. « ..Gli hai staccato un orecchio. » « Suvvia che con la magia si risolve tutto! » « A morsi. » « ...Dettagli. E poi ha i capelli lunghi -oltre ad averne un altro- può coprirselo. Vero Jerry? Andiamo parlamiiii! » Entrambi gli uomini scuotono la testa, rassegnati, mentre lui proferisce un proverbiale broncio, rigirandosi verso il suo tavolo, con il mento poggiato sulle mani. Gli fa schifo quel posto. Gli fa schifo quella camera. Gli fa schifo quel personale. Se solo tutta quella struttura non fosse imbottita di chissà quanti incantesimi, avrebbe provato a distruggerla già da tempo. E invece è costretto a starsene lì, lontano dalla sua famiglia, lontano dalla sua Maze, col fiato di dottori del cazzo sul collo giornalmente, pilloline rosa dall'aspetto innocente ma che non sono altro che droghe per mantenerli calmi, e niente fottutissimo Wifi. Ed è pentito Lucien, lo è davvero. Per tutto quello che ha fatto, per tutte le vite che si è preso, ingiustamente, per quanto la sua gente ha causato in quel mondo. Ma starsene rinchiuso lì, è più forte di lui, non riesce ad accettarlo. Non quando ha già dovuto patire mille altre pene, legate al suo pentimento. Non quando è da solo, completamente solo. Non quando altra gente con le sue stesse colpe, ne è più che certo e di alcuni ne ha anche la consapevolezza, se ne sta fuori a vivere tranquillamente la propria fantastica vita, alla faccia di loro quattro stronzi. Io ho sacrificato tanto, troppo, per voi. E voi mi rinchiudete in questo posto di merda come una merda qualunque. E per giunta poco prima del compleanno della mia ragazza. Io vi stacco un fottuto orecchio al giorno, altro che cazzi. « Ad ogni modo, devi prendere le tue medicine. » Lo sguardo dell'uomo si posa sul piccolo misurino in plastica dove vi sono poggiate due pasticche, una rosa, l'altra bianca. Sospira. « E se non mi va? » « Se non ti va, sarai costretto a prenderle, tra non molto. » « Non potete farlo, dai piani alti menano giornalmente il cazzo sul nostro benessere psicofisico garantito. Come se starcene chiusi quì dentro fosse efficace alla causa ma hey, il sistema ha sempre ragione! » « Dai piani alti è già tanto se non ti hanno già sedato pesantemente, legato, o messo in isolamento. Lo capisci, Lucien? » « Lo capisci Lucien? » Gli fa il verso, scimmiottandolo. « Ma tu e l'amico tuo muto -L'hai capito Jerry che ti ho staccato l'orecchio e non la lingua?- scopate la notte? No perchè avete un palo in culo impressionante.. » Li fissa, con espressione accorata, poi sbuffa. « E tornano ad ignorarmi. Sono sicuro che alla Middleton nella stanza in fondo al corridoio non la trattate mica così. Ammettetelo, vi ha fatto vedere le tette, vero? Questa è discriminazione. » Borbotta, per poi allungare, dopo qualche minuto, una mano verso il misurino. Osserva le pillole per qualche istante, poi le butta giù. « Gusto fragola. Simpatico, se avessi quattordici anni. » Ma non completa la frase, che si poggia una mano sulla gola. Annaspa, come se fosse in preda ad una crisi respiratoria. Inizia a tossire e a soffocare, fino a ricadere verso dietro, con le pupille rovesciate, tanto da lasciar vedere il bianco degli occhi. I due guaritori si avvicinano velocemente, e non appena Lucien sente le loro mani posarsi sulle sue braccia e gambe, per sollevarlo, molla un calcio sul naso ad uno, e piega verso dietro con violenza tutte le dita della mano dell'altro, sputando via le pasticche nascoste sotto la lingua e scoppiando a ridere sguaiatamente. « Mi piacete, ragazzi, davvero, mi piacete tantissimo! »

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    ➜ Sala Ricreativa Comune
    Alla fine lo hanno piazzato lì, nella sala Ricreativa, in mezzo a tutti gli altri. E' seduto su di una sedia da ore, lo sguardo fisso nel vuoto, le braccia incrociate. Gli hanno iniettato un sedativo endovena, che sta iniziando a scemare soltanto adesso, rendendolo più partecipe a tutto ciò che gli succede attorno. Si sente come se si fosse fatto di chissà quale acido, ma la mente sta tornando ad essere più lucida e lui, di conseguenza, torna ad essere il solito rompipalle. « Succo di frutta e biscotti.. » Mormora, osservando con sguardo cinico ciò che si trova davanti. « Okay. Capito. Abbiamo quattordici anni e non lo sappiamo. » Sospira, afferrando il bicchiere e alzandolo. « Posso avere un po' di vodka, quì dentro?! » Domanda a gran voce, ricavandosi lo sguardo scettico di alcuni infermieri. « Okay avete ragione...La vodka è difficile da reperire. Del becero rum? Gin? Sambuca? » Niente. Sbuffa, poggiando nuovamente il bicchiere sul tavolo ed incrociando le braccia, mentre si lascia andare con le spalle contro lo schienale della sedia. Batte il piede per terra, infastidito. Sono in pieno orario di visita e Maze non è lì. E lui non può nemmeno telefonare perchè gli hanno pure tolto il fottutissimo cellulare. Respira a fondo, cercando di non farsi prendere dalle paranoie. « E comunque, siamo quattro stronzi. » Asserisce, ai coinquilini che si trova nei paraggi, calando la voce quel tanto che basta per non farsi sentire dagli avvoltoi. « Abbiamo mandato a puttane il mondo intero e ora..ci facciamo bastare succo di frutta e biscotti per merenda. » Si levano alcuni commenti, riguardo al giusto prezzo da pagare, o alla buona condotta che, se esercitata, presto li farà uscire tutti di lì. « Oh oh, certo. Perchè secondo te leccare il culo agli infermieri ci farà uscire di quì.- lancia una bestemmia, tanto per gradire -Sono troppo vecchio per queste stronzate. » Sbuffa, affranto, rigirandosi verso Bob. « Tu mi capisci, non è così? Tu sei d'accordo con me che dovremmo..eliminare il problema dei dottori col fiato sul collo e riprenderci la nostra libertà, vero? » Bob, il famigerato Bob. Un vagabondo conosciuto per aver compiuto strage, durante i suoi tempi d'oro sotto lo stretto contatto della loggia. Mente semplice, la sua, ma fisico da spacca ossa, considerato il suo essere un mezzo gigante. E' uno degli individui più critici, lì dentro. Nonostante lo abbiano ripulito da cima a fondo, puzza ancora. Il suo aspetto non è dei migliori, sembra costantemente preso da chissà quale malattia infettiva, e tutti quei sedativi ed inibitori che gli iniettano giornalmente per mantenerlo calmo, spesso lo fanno sbavare, senza neanche accorgersene. E' per questo che si limita a fissarlo con sguardo vacuo, Bob, senza rispondere, continuando soltanto a sbavare. « Vabeh, lascia stare » Mormora, esausto, ma non appena si rigira verso gli altri, una voce attira la sua attenzione. « Quindi la Loggia è stata ridotta a noi quattro stronzi.. complimenti a noi! I più squallidi della nostra specie. Quelli abbastanza stupidi da farsi scoprire. Eppure.. sono certa che qualcuno manca. » Inarca un sopracciglio, e lo sente l'istinto di alzarsi e romperle il vassoio della merenda addosso, ma i sedativi non glielo permettono, ancora per un po'. Perciò si limita a distogliere lo sguardo, e borbottare solo un acidissimo « Strano abbiano messo quì dentro anche te, ingiusto, direi. Essendoti limitata soltanto a piagnucolare, principalmente, quando c'era bisogno del tuo aiuto. Lo hai spiegato ai piani alti? » Non sa neanche se l'abbia sentito, quindi si stringe nelle spalle, semplicemente. Poi, quando la musica inizia ad aleggiare in quell'atmosfera del cazzo, e Diana si fa trovare lì, in cerca di un compagno per ballare, si gira immediatamente verso Bob. « E' la tua occasione! » Squittisce, eccitato, iniziando a scuotere il gigantone. « Andiamo, vai! Le piaci, un sacco, lo so! L'ho sentito, super udito da vampiro, ricordi? » L'uomo sembra sobbalzare, risvegliandosi per una buona volta. Si passa le mani tra i capelli, mentre tenta di darsi una sistemata. « Nonono! Ha detto che gli piaci così come sei, specie la bava sulla barba, la trova un sacco sexy. Forza amico, vai e conquistala! » Continua a dire, osservando attentamente la scenetta, fino poi scoppiare in una rumorosissima e sguaiata risata, a piano riuscito. Bisogna pur trovarsi qualcosa da fare, quì.

    Primo pezzo pressochè inutile (citata Maze, Diana & l'odio per il mondo intero)
    Secondo pezzo:
    -interagito con chi gli è seduto accanto, non ho specificato apposta, per lasciare libertà a chiunque, png e pg giocanti
    - cercato di gettare le basi di una rivolta perchè #fuckthesystem
    - lanciato bestemmione che non fa mai male
    - lamentele a cazzo
    - interagito con Diana + mandato un regalino alla fine
    - citata Maze
     
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    - Ho un nuovo amico
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    E' solo al levarsi delle note di una canzone che Edric Sanders alzò il viso smunto verso l'ambiente circostante, quasi si fosse risvegliato solo ora da una trance durata chissà quanto. Era il primo giorno in cui effettivamente veniva lasciato libero ma poteva sentire gli occhi degli operatori sanitari puntati addosso. Non poteva biasimarli: Edric Sanders si era comportato peggio del diavolo in persona, là dentro come là fuori. Era stato, il suo, uno dei tanti casi in cui gli auror erano dovuti intervenire coattivamente per mettere in atto le direttive del nuovo ministero della magia, garante di un clima di pace e restaurazione che Edric avrebbe calpestato con somma felicità. Alla fine l'avevano preso, eccome se l'avevano preso, ma la resistenza era stata serrata: due agenti erano stati colpiti dalla maledizione di Dolohov - di cui Sanders si scoprì essere abile castatore - e, una volta disarmato, un terzo aveva rischiato di perdere un orecchi; quella bestia glielo stava staccando a morsi. Qualcosa era drasticamente cambiato, nel corso dei mesi, in quel ragazzo che già prima viveva in un equilibrio mentale assai precario. I responsabili della struttura avevano sentito telefonicamente la direzione sanitaria della clinica privata che aveva seguito il signor Sanders durante gli anni dell'adolescenza e si erano fatti inviare la cartella clinica, rimanendo shockati dalla gravità della precedente diagnosi e dal fatto che un simile soggetto non stesse rispettando un regolare ciclo di psicoterapia e periodiche visite psichiatriche. Quando era arrivato nel padiglione della psichiatria del San Mungo, un idilliaco angolo di paradiso tra antidepressivi e antipsicotici, avevano dovuto ricorrere alla contenzione per evitare che gli infermieri si vedessero conficcare le unghie incurate del ragazzo alla carotide. Ancora i segni rossi dei lacci erano visibili sui polsi, ai quali aveva rivolto l'attenzione per tutto il tempo della merenda. A dirla tutta, Edric non sapeva perché fosse là -non il motivo specifico, almeno - ma era chiaro come qualunque prigione gli venisse riservata non potesse essere peggiore della realtà che aveva vissuto e di quella che nella sua testa ancora esplodeva. A sentire l'opinione generale di chi aveva visto con i propri occhi la Loggia, Edric Sanders era un miracolato. Aveva vissuto per mesi all'interno di una dimensione da incubo e aveva ancora il cuore pulsante. Ma se avessero scavato più a fondo nella sua testa, avrebbero capito che quella era la vera dimensione da incubo: un'oasi di pace, con musica da camera nell'aria e nessuna voce nella testa. Edric non sentiva più niente, non sentiva più Lui. Avevano condiviso molto, tanto da sviluppare una morbosa sintonia e iniziare a perdere i confini netti tra l'uno e l'altro. Edric si era sentito Lui, ne aveva avvertito il potere e, di conseguenza, si era sentito più che legittimato a fare ciò che aveva fatto. Aveva scelto di spontanea volontà di rimanere dentro la Loggia, aveva architettato premeditatamente di intrappolare con sé altri esseri viventi e, ad uno ad uno, li aveva tormentati, li aveva seguiti, aveva succhiato loro il nutrimento delle loro paure e delle loro paranoie crescenti, lasciando che si spegnessero da soli. No, non li aveva uccisi direttamente, sarebbe stato troppo semplice - e fatale, visto il Voto Infrangibile che legava il benessere di Greagoir Olivander alla sua stessa vita - ma aveva osservato, settimana dopo settimana, i loro miseri tentativi di sopravvivenza e dei loro fallimenti Lui si era nutrito. Finché la luce aveva dilaniato la Loggia e il Passeggero aveva abbandonato l'Ospite. Non più una singola parola. Non un sussurro, non un segno della propria presenza, neanche l'eco di una delle sue risate. Edric Sanders era tornato ad essere lo schizofrenico scompensato che per mesi e mesi aveva fatto a meno della terapia. Il Passeggero aveva equilibrato la sua psiche - e l'equilibrio pendeva verso il buio più totale - ma senza di lui, la sua mente era tornata ad esplodere e la necessità delle medicine si era fatta impellente. Non era stata la musica a destarlo dal suo torpore, quanto più le parole di una ragazza in fondo alla sala, accanto al grammofono. No, era stata una parola. « Loggia. » mormorò, abbandonando il suo sandwich con burro di arachidi sul vassoio e alzandosi lentamente. Un energumeno con sangue di gigante nelle vene aveva deciso di avanzare verso la ragazza ma questa venne tirata via dal raggio d'azione di Bob, da una mano ossuta e fredda dell'ex serpeverde. La tirò a sé, cingendole la vita con un braccio e le dita con l'altra; memoria motoria, un tempo aveva imparato a ballare per poter non far sfigurare sua madre Artemisia alle serate di gala dell'Astra ma ne aveva ricordi offuscati. Solo allora la guardò negli occhi, ritrovando nei suoi il viso di una ragazza che aveva conosciuto molti mesi addietro. Una vita fa. Quando lui c'era ancora. Io ti conosco. Ma non ha importanza. « Dovremmo ucciderlo. » mormorò con un unico tono di voce, monotono e lugubre. Bob? L'educatore che era appena arrivato in reparto e che avrebbe preparato per loro attività ricreative? Lo psichiatra di turno, il dottor Sullivan? No. Un'unica occhiata rivelò a Diana l'oggetto della frase: l'uomo dall'altra parte della sala. Lucien Parker. Aveva tradito la causa, aveva tradito sé stesso e tradito tutti loro. E' a causa sua se Lui non mi parla più. Mai, neanche per un secondo, Edric si era sentito tradito dal suo Passeggero: egli era potente e aveva tutto il diritto di esercitare il proprio potere. Incolpava al contrario i fautori della sconfitta del Caos nel mondo. « Con un'asta da flebo. Dovremmo conficcargliela nel petto e trapassarlo, da parte a parte. » E quale meraviglioso spettacolo sarebbe stato! Gli occhi vitrei di Edric, per un solo attimo, brillarono di gioia. « Il suo sangue sporco è importante, ci serve. Sai, per richiamarli. Un cerchio e poi un altro.. » Fece fare una giravolta alla sua dama, prima di riprenderla tra le braccia. In testa, però, non aveva che la sequenza di simboli necessaria per evocare il demonio. Un particolarissimo pentacolo, con simboli arcani. Ben sicuramente ricorda la sequenza. Ben sicuramente lo sa. « Ci serve Benjamin. Lui lo sa. Insieme a lui, possiamo prendergli il cuore e offrirlo a Loro. » perché forse tutti loro si erano arresi, tutti loro avevano accettato con serenità il fatto che il Velo fosse stato ripristinato, catapultando il mondo nella monotonia di una vita banale. Ma non Edric. Non faceva altro che pensare a come evocare di nuovo i propri demoni. Perché sono solo, perché non ho nessuno. Perché sono condannato ad una vita oscura, lo so. Perché a questo mondo non esiste redenzione. « Ci serve Benjamin. »
     
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    « Strano abbiano messo quì dentro anche te, ingiusto, direi. Essendoti limitata soltanto a piagnucolare, principalmente, quando c'era bisogno del tuo aiuto. Lo hai spiegato ai piani alti? » Quella voce le giunge ovattata, come ovattato è un po' tutto attorno a lei. Si sente come repressa fisicamente; gli inibitori hanno uno strano effetto su chi come Diana Middleton non ha mai assunto alcun tipo di sostanza, conducendo oltretutto uno stile di vita piuttosto salutare. E' come se il suo organismo le metabolizzasse con meno criterio, risucchiandone la linfa vitale. Uno sguardo disgustato sulla figura dell'essere da cui quelle parole provengono; ne ha interiorizzato il tono ascrivendolo nella categoria delle note dissonanti. Un suono stonato, che preme sui suoi timpani in maniera distorta, come un accordo diminuito sulla cui armonia è stato aggiunto tasto fuori posto. L'ha ben memorizzata quella voce. Non potrebbe essere altrimenti. Riesce ancora a sentire le dita ossute premere contro la sua giugulare. Ricorda quelli occhi incavati fissarla con il truce sentimento della follia, un'essenza quella di Lucien Parker che sul momento l'aveva intimidita, e che ora, giunti a condividere la stessa barca, le appare quanto mai pietosa. Ne osserva la figura adagiata accanto a lui, per poi spostare lo sguardo sul vecchio giradischi, ignorando la sempre più pericolosa vicinanza con l'ammasso di carne e lardo puzzolente del gigante che sta per incombere su di lei. Se pensi di potermi stuzzicare con così poco, dovrai fare di meglio. Ma prima che Bob possa fare la sua mossa, ecco che dita fredde si precipitano sul suo braccio, attirandola lontana dal mezzo gigante. Ed è allora che incontra un paio d'occhi chiari che ha già avuto l'occasione di incontrare prima. Ma certo. Tu sei uno di loro. Sei l'amico di Ben. Ti ho visto al ballo. La testa della rossa s'inclina appena di lato mentre si lascia condurre sulle note di Leslie Gore. « Dovremmo ucciderlo. » Il sopracciglio di lei si precipita verso l'alto mentre inclina la testa di lato. Un'espressione di aperta sorpresa e una certa dose di divertimento. A quel punto Edric Sanders rende note le sue intenzioni, spostando gli occhi di ghiaccio sulla figura di Lucien Parker. La fai facile tu. « Con un'asta da flebo. Dovremmo conficcargliela nel petto e trapassarlo, da parte a parte. » Molto facile. Diana, col mondo dei cacciatori aveva ben poco a che fare. Aveva ancor meno a che fare col mondo del branco di cui aveva scoperto di esserne parte quasi per sbaglio. Uno scherzo della natura che aveva tenuto ben celato finché costretta nelle celle di Inverness, uno di loro non si era presentato al suo cospetto, non prettamente in forma corporea, bensì grazie a quel legame che sembrava esser sparito dalla sua testa con la stessa velocità con cui si era palesata. L'ennesima cosa che aveva deciso di ignorare, perché costretta a concedere le sue attenzioni ad altre priorità. Tutto ciò non significava che non sapesse che far fuori un vampiro non era poi così semplice. « Il suo sangue sporco è importante, ci serve. Sai, per richiamarli. Un cerchio e poi un altro.. » La follia brilla negli occhi di Edric con la stessa intensità con cui brillano in quelli di Lucien. Solo che Edric le piace. Sei così matto che non capisci nemmeno cosa vai cercando. Oppure, lo sai, ma non ti accorgi di quanto sia stupido ciò che desideri così ardentemente. Ma ciò che ha di fronte, si rende conto Diana, possa essere una risorsa inestimabile - se usata a dovere.
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    « Lo sai che può sentirci, vero? » Asserisce in un sussurro, avvicinando le labbra al suo orecchio, riducendo la vicinanza con la figura del ragazzo. « Ehi, Lucy, Lucy, hai sentito? Ti sei fatto un nuovo amico. Ti stai guardando le spalle sì? Con tutta la merda che ti pompano in organismo, io al posto tuo lo farei. » Tutte quelle parole le sussurra all'orecchio di Edric, pur essendo quasi certa che Lucien Parker è in grado di sentirli. « Ci serve Benjamin. Lui lo sa. Insieme a lui, possiamo prendergli il cuore e offrirlo a Loro. Ci serve Benjamin. » Benjamin. Le basta quel nome perché le dita della ex Corvonero si stringano con una certa insistenza sopra a quelle del ragazzo, una pressione tale da sentir leggeri scricchiolii delle sue articolazioni. Ce l'avevo quasi fatta a uscirne indenne. Ero a un passo dal rimanere fuori dall'occhio del ciclone, come ho sempre fatto. Poi è arrivato il tuo amico Ben. A quel punto della storia sta incolpando Ben per ogni suo male, nonostante non ne sia certo l'origine. Lo odia. Ha perso il suo posto nel mondo, i suoi privilegi, la sua integrità morale agli occhi degli altri, solo perché lui ha deciso di spifferare tutto ciò che sapeva sul suo conto. « Ci serve Benjamin eh? » Annuisce mentre la pura soddisfazione che sembrava aver preso a illuminarle il volto, scompare di punto in bianco, mentre prende nuovamente le distanze. Compie un passo all'indietro mentre la canzone finisce. « Se siamo qui, chiusi come animali è perché il tuo amico Benjamin ha cantato come una feminuccia. » Pausa. « Ha fatto il pentito pensando che l'avrebbero elevato a principe salvatore della patria. » Ma quel lusso a noi non verrà mai concesso. L'hanno concesso ai "pezzi grossi" ma noi in confronti siamo solo pezzi di merda. Si allontana andando a sedersi con una certa difficoltà dovuta alla massiccia dose di calmanti che ha in circolo su uno dei divanetti. Non si preoccupa nemmeno di farsi sentire da Lucien. In fin dei conti siamo tutti amici qui, non è vero? Non ci sono più segreti. « Facciamo così: un patto. Io ti aiuto a uccidere questo coglione e farlo a pezzi, se Ben ci spiega perché ci ha venduti. » Una richiesta e un patto del tutto insensati che si rendeva conto fossero dettati solo ed esclusivamente dalla frustrazione di essere stata fregata da colui che doveva fregare in primis per conto della Loggia. Una missione quella che aveva accettato anche a malincuore, vista la sua volontà di rimanere terziaria a tutto quel mondo il più possibile. Avrebbe voluto veder Lucien struggersi per il resto della sua esistenza nei peggiori tormenti? Si. Voleva vederlo morire per evocare ipoteticamente la loggia di nuovo? Assolutamente no. « Ma non so se mi piace l'asta da flebo. Idee Lucy Lou? Tu sei uno ingegnoso in quanto a omicidi. Magari dacci qualche consiglio. » Lo guarda con disprezzo mentre pronuncia quelle ultime parole. Lo sanno tutti ormai quanto ti piace uccidere a sangue freddo. Come minimo il karma ti ricompenserà con una morte degna della dimenticanza. Qualcosa di infimo e stupido per compensare con tutti gli orrori che hai commesso. « Chiaramente a opera conclusa, mi aspetto il feedback dall'aldilà. »

     
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    Sta ancora osservando l'avverarsi prossimo del suo fantastico piano, quando la sagoma slanciata di Edric Sanders si palesa dal nulla, sottraendo l'oggetto del suo divertimento dalle grinfie del povero Bob. Stranamente, questo Lucien non l'aveva calcolato. Non era solito valutare la sua presenza, un po' perchè imbottito di sedativi, un po' perchè ormai insignificante, per lui. L'unico motivo secondo il quale, uno come Parker, ricordava ancora il suo nome era perchè c'era stato un tempo in cui la sua testa non gli sarebbe dispiaciuta, come decoro delle sue stanze. Quando Maze gli aveva raccontato cosa quell'amico le avesse fatto provare, Lucien si era ripromesso di ripagargli il favore, per cento ed una volta. Poi però il mondo era cambiato, e vederlo lì, inerme, gli aveva fatto capire quanto la vita potesse essere per lui una punizione assai peggiore di una morte lenta e dolorosa. Se lo avesse ucciso, dopotutto, lo avrebbe ricondotto in direttissima dal suo amato ospite. E questo era un regalo che non intendeva fargli, non di mano propria, per lo meno. Sarebbe rimasto lì, solo, in quell'esistenza ormai priva di scopo, com'era stata un tempo. Non che il ragazzo ne avesse colpa -non per questo, almeno- ma ciò che Mirot aveva lasciato, agli occhi del demone, rimaneva solo e soltanto un guscio privo di tutta quella dignità che forse un tempo avrebbe anche potuto riconoscergli, nonostante non fosse mai scorso buon sangue tra lui e l'ospite, in quella dimensione altra. Quindi, ai conti dei fatti, Sanders non aveva ormai alcuna importanza per lui. Così come non avevano importanza Weasley, la Middleton, o chiunque altro fosse stato sbattuto in quel posto di merda. Non riconosceva in loro più alcun briciolo di quell'appartenenza ad un progetto comune che gli aveva permesso, almeno in parte -e sicuramente a suo modo- di rispettarli. Gusci vuoti abbandonati in quell'inferno dopo aver sfiorato con la punta delle dita le porte del Paradiso, a suo dire. E lui, proprio lui, assieme a tutti i suoi principi e tutto il suo orgoglio divino, si trovava in mezzo a quella feccia. E' per questo che, una volta non riuscito il suo piano, si stringe nelle spalle, Lucien, rigirandosi verso il proprio tavolo. Non gli importa cosa abbiano da complottare, quei due, nè tanto meno vuole farne parte. Non lo trova utile nè importante. Non lo trova divertente. Ciò nonostante, tuttavia, l'eco di alcune parole trapela comunque attraverso il suo udito inumanamente sviluppato. « Dovremmo ucciderlo. Con un'asta da flebo. Dovremmo conficcargliela nel petto e trapassarlo, da parte a parte. » Inarca un sopracciglio, e a quel punto decide di rigirarsi. Lo fa con tutto il corpo, mettendo una gamba a cavallo e sopra questa il gomito, col braccio che gli sorregge il mento. « Forse un po' divertente lo è » Sibila, ad un interlocutore indefinito, riuscendo a trattenere a stento una risata. « Ehi, Lucy, Lucy, hai sentito? Ti sei fatto un nuovo amico. Ti stai guardando le spalle sì? Con tutta la merda che ti pompano in organismo, io al posto tuo lo farei. » La voce sottile di lei si distingue da quella di lui. La vede stretta al ragazzo, intenta a sussurrargli all'orecchio, ma senza rivolgersi propriamente a lui, furbescamente. Lo sta provocando, come -scioccamente- le piace tanto fare. E a quel punto quella risata a stento trattenuta si palesa automaticamente, mentre si lascia andare con le spalle contro lo schienale della sedia. « I bambini vogliono giocare! » Squittisce, il tono di voce fino ad ora apatico, decisamente sovreccitato. Ma ciò nonostante non si muove, rimane fermo lì, a ridacchiare nel sentire i loro discorsi. L'umano sedotto e abbandonato da un lato, la bambina che si crede una valchiria dall'altro. E poi il burattinaio, quel Ben Weasley che non ha ancora avuto il piacere di conoscere, quanto meno di persona, ma del quale ha sentito tanto parlare. Tre contro uno. Interessante. Forse potreste avere addirittura l'1% di probabilità di non morire, contro di me. « Ma non so se mi piace l'asta da flebo. Idee Lucy Lou? Tu sei uno ingegnoso in quanto a omicidi. Magari dacci qualche consiglio. Chiaramente a opera conclusa, mi aspetto il feedback dall'aldilà. » Lo sguardo gelido di Diana, ormai seduta su di uno dei divanetti a qualche tavolo di distanza da lui, incrocia il suo. Lo sorregge, Lucien, con un'espressione indecifrabile stampata sul viso ed un leggero sorriso a distendergli un angolo della bocca. Vorrebbe alzarsi e mollarle uno schiaffo che le faccia sputare via quella lingua biforcuta con la quale si sta tanto divertendo a storpiare il suo nome nei peggiori modi possibile, e lo farebbe pure, se non fosse per l'effetto dei sedativi e -specialmente- perchè non vuole condannarsi ad altri mille anni di isolamento per un essere insignificante come lei. O loro.
    MGaQ
    Quindi infine, in un momento di distrazione del personale, complice anche la musica che ha movimentato abbastanza la scena, senza mantenere la solita, statica, attenzione degli avvoltoi su tutti loro, si alza. L'idea di oltrepassare quei tavoli camminandoci sopra è piuttosto allettante, così tanto da lui, ma alla fine opta per un approccio che attiri meno l'attenzione. Per adesso. Perciò si dirige verso di loro, semplicemente, sgusciando tra i pazienti intenti a ballare. Poggia la schiena contro il muro, le braccia incrociate, e li scruta per qualche momento, con una scintilla indecifrabile nello sguardo bicolore, poi sorride, mellifluo. « Mi piace, il tre contro uno. » Asserisce, improvvisamente « Coerente, dopotutto. Rispecchia la vostra debolezza. » E non si riferisce a loro come singoli -non del tutto, per lo meno- ma a loro come genere. Perchè di questo si tratta e si tratterà sempre: imbottito di farmaci, rinchiuso in un manicomio assieme ai peggiori, tradito da quell'intera umanità che lui stesso ha contribuito a salvare, Lucien ciò si sentirà in eterno. Superiore. Divino. Neanche lontanamente paragonabile a tutti loro. Scocca la lingua al palato, a quel punto. « Ad ogni modo... » Sibila, poi, con un calcio, lascia che due o tre tavoli scivolino via, per lasciar loro spazio. Si guarda attorno, poi si rigira « Prima di tutto, una flebo, davvero? No, no, no » Scuote la testa « Vi dico io come andrebbe: unico tentativo fallito, asta spezzata, vampiro incazzato, vostre teste spedite come souvenir a due o tre personcine che sono sicuro se le appenderebbero in salotto con molto piacere. » Fa spallucce. « Possiamo fare così- Lo sguardo si posa prima su uno, poi sull'altra -se adesso riuscite a farmi sanguinare, prima che le guardie arrivino o che sia io ad ammazzarvi, vi prometto che un paletto di frassino da piantarmi nel cuore ve lo procuro io stesso. » Sorride. Non avrà la stessa dinamicità di quando non ha le vene imbottite di merda, ma si sente comunque in grado di difendersi. O divertirsi, dipende dai punti di vista. « Allora, vi piace? Possiamo cominciare a giocare quando volete » E a quel punto si avvicina al ragazzo. Lo fissa per un po', attentamente, poi gli batte qualche schiaffetto sul viso scarno. In quello sguardo vacuo, riesce quasi a scorgere il dolore che deve aver causato alla sua Maze. E ciò lo porta a ringhiare appena, per poi passarsi la lingua sulle labbra, in un movimento nevrotico. « Con te non vedo l'ora di giocare. »
     
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