walking on sunshine

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    Il ritorno ad Hogwarts era stato strano per molti versi. Tornare tra le macerie, tornare a ripercorrere quel percorso fatto di sofferenza e dolori, aveva riportato a galla ricordi, ricordi di cui Pervinca avrebbe fatto volentieri a meno, ma che si era costretta a provare perché se c'è una regola che ha sempre avuto nella vita è che il dolore va ascoltato e provato, così da poterlo accettare e andare avanti. Di cose positive, ovviamente, ce n'erano in mezzo a quel marasma di brutture. Perché Pervinca è tornata al castello con la consapevolezza di tornare a fare ciò che ha sempre amato fare: insegnare. Magari non è la migliore professoressa del mondo, magari la sua materia è la più inutile sulla faccia della Terra e lei, per quanto le sia stato fatto dono della veggenza, non è la migliore ad interpretare persino le proprie visioni, ma lo stare in mezzo ai ragazzi, vederli crescere in quel percorso di tre anni nei quali li accompagna, con indulgenza ma anche precisione, è quello il vero senso che ha sempre voluto dare alla propria vita. E, come se questo non bastasse, ora ha Peter, il suo meraviglioso Peter, che sembra essere così impaziente di riprendere a studiare da non sembrare per nulla suo figlio. Ma tutto il figlio di suo padre, in effetti. « Allora posso andare su al castello? » La bionda gli lancia un'occhiata di sbieco, guardandolo torva. No che non vai da nessuna parte, da solo. « Sei uno scricciolo umano, cosa pensi di poter fare per dare una mano? » Il biondino la guarda con sguardo furbo, in tutta risposta. « Sono mingherlino, ma ho un cervello che quelli di tutti i Grifondoro e i Serpeverde uniti insieme non bastono per compararlo. » E mette su quella solita sua espressione di quando ha appena detto di qualcosa di assolutamente ovvio, per lui, quella faccia un po' scocciata di chi deve spiegare le cose agli altri. Pervinca rotea gli occhi, mentre tenta inutilmente di vestirlo, continuando a spingere il maglione verso il basso, con lui che si dimena come un'anguilla. « Vuoi stare fermo o hai deciso di farmi perdere tutta la pazienza prima ancora che sia l'ora di pranzo? Di solito questo è un primato che si contendono Ric e Jo. » Il bambino si placa, giusto il tempo di infilare la testa nel giusto buco, le braccia al loro posto, per poi riprendere a muoversi. « Mamma lo sai che ho dodici anni, vero? » La bionda lo guarda, con gli occhi grandi che sembrano tremare di fronte a quella constatazione, tanto da accorgersene anche lui, che corre ai ripari scrollando i palmi delle mani di fronte al suo viso. « No, okay, non ricominciare con la storia che ti sei persa sei anni della mia vita e non hai potuto fare le cose che ogni mamma ha sempre fatto con i propri figli. Ho capito, vestimi pure. » La donna allora sorride, facendogli l'occhiolino, in modo che possa capire di essere stato appena Pervincato, con la mossa più antica del mondo: un po' di labbro tremulo e l'accenno di qualche lacrimuccia che ormai sa far apparire a comando. « Puoi andare solo se ti fai accompagnare da Alaric, altrimenti non ti muovi da qui perché io non posso accompagnarti. » Il bambino la guarda incuriosito, mentre si lascia sistemare il colletto della camicia al di sotto del maglioncino verde che sembra risaltargli gli occhi. « Perché? Che devi fare? » Pervinca alza un sopracciglio, con la faccia di chi la sa lunga. Gli si avvicina, per poi abbassare la voce, come se qualcuno potesse sentirla, come se non fossero effettivamente soli nel salotto di quell'appartamento che le è stato messo a disposizione da Renton, proprio sopra I Tre Manici. « E' un segreto, non devi dirlo a nessuno, ma lo zio Holden ha deciso di prendere i MAGO. » Il bambino spalanca gli occhi, portandosi le mani alla bocca. Melodrammatico come la madre, quanto sono fiera di te, figlio mio si ritrova a pensare nel vedere la sua reazione. « E oggi ho deciso di dargli una mano, insomma, non credo se la caverebbe bene da solo con Divinazione. » Peter la guarda fisso, prima di aggrottare la fronte. « Non sa niente vero? » Pervinca scoppia a ridere, scompigliandogli i capelli con una mano, prima di posarvi sopra un tiepido bacio. « Ovviamente. »
    [...] « Mi raccomando, non perdere d'occhio Alaric e non fatevi male perché poi vi ci do il carico da undici sopra. » Annuisce, con le mani sui fianchi, per poi girarsi a guardare quella che crede essere la postazione studio migliore che sia stata mai inventata. Ha chiesto a Renton di poter riservare per loro una saletta privata del suo locale, sulla quale ha castato un incantesimo per far sì che sia insonorizzata e che quindi le delicate e, senza dubbio, insofferenti orecchie di Holden possano non soffrire degli schiamazzi dei ragazzi che si accampano per la colazione ai Tre Manici. Sistema più e più volte tutto il necessario sul tavolo, continuando a cambiare l'ordine prestabilito per i libri accatastati, nascondendo dietro di essi i vari strumenti per la Divinazione, pensando che potrebbero metterlo troppo in soggezione, per poi decidere di riportarli davanti, in bella mostra perché prima vi entra in contatto, meglio è per l'andamento dei suoi esami. E' in quel momento che lo sente arrivare alle sue spalle. Guarda l'orologio: undici precise. « Se c'è una cosa che amo di te è l'assoluta e rigorosa puntualità. L'unico uomo che non mi delude mai. » Si volta, accogliendolo con un sorriso, prima di avvicinarsi e scoccargli un bacio sulla guancia. « Benvenuto nell'umile antro della Sacerdotessa. Non ridere, a scuola mi chiamano tutti così. » O perlomeno mi piacerebbe che fosse così. « Ti prego di lasciare il tuo scetticismo qui, in questo preciso punto. » Gli indica il ciglio della porta, come linea generale da prendere come guida. « Che ti piaccia o no, questo esame devi darlo e devi prendere come minimo un'Oltre Ogni Previsione perché non mi farai sfigurare davanti al resto degli altri insegnanti. » Patti chiari e amicizia lunga. Lo invita allora a prendere posto al tavolo circolare, lì dove ha preparato tutto alla perfezione. « Ah, ovviamente se tiri in ballo Dio, il Credo e il fatto che la Divinazione ti sembra essere l'arte seduttrice del demonio, ti lego la lingua. » Sorride, angelica, gironzolandogli intorno, entrando perfettamente nella parte della professoressa. Ricomincerò a fare pratica con lui, due piccioni con una fava.
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    « Se hai fame, basta che me lo dici che chiamiamo subito quel cameriere tanto carino che ti faceva gli occhi dolci l'altro giorno. Se invece vuoi del caffè, serviti pure. » Picchetta l'indice contro il bollitore che borbotta magicamente, tenendo al caldo il caffè. « Prevedo già che ne avrai molto bisogno. » Sorride, per poi fermarsi dalla parte opposta del tavolo, davanti a lui. Appoggia i palmi delle mani alla superficie di legno e stringe gli occhi, fissandolo. « Allora, Holden, voglio che ti concentri. Ho bisogno che la tua mente diventi una tela bianca. » Sa benissimo che è più facile a dirsi che a farsi, specie per uno come Holden. Ha pensato molto, nei giorni precedenti, a come approcciare al meglio al suo modo di essere, affinché possa comprendere al meglio perlomeno le basi e le regole che vi sono dietro la Divinazione. « Sai, come quando mi hai insegnato a tirare con l'arco nella Foresta Proibita. » C'è una scintilla di emozione nel ricordare quei giorni, intrisi nel dolore, sì, ma li aveva condivisi con lui, a distanza, ma insieme avevano passato dei meravigliosi momenti. Si versa una tazza di caffè, prima di accomodarsi di fronte a lui. « Mi hai detto di respirare, a fondo, di scrollarmi via di dosso qualsiasi altro pensiero e di concentrarmi non sulla mano, ma sul punto d'arrivo. Sulla preda. » Annuisce. « La Divinazione non è tanto diversa. Devi pensare a ciò che vuoi raggiungere, non al come, quello verrà strada facendo, se ti lascerai guidare dal tuo Terzo Occhio. » Sperando che tu ce l'abbia, almeno un po'. « Quindi, cosa vorresti vedere, Holden? Dimmi soltanto una cosa, una qualsiasi, che vorresti scorgere tra le tenebre dell'incertezza futura. » Partiamo da questo e ti prego, non dirmi che solo Dio può essere onnisciente e sapere il futuro. P e r f a v o r e.

     
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