A flower is blooming

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    Slytherin pride

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    « Caro Signor Potter.. - No.. cancella. Troppa confidenza. » La piuma autoscrivente si ferma e cancella con due linee spesse le prime parole di una bozza che è già stata scritta decine di volte quella mattina. « Egregio Signor Potter.. » L'impulso di mordicchiarsi le unghie mentre misura a passi veloci il salotto, stretta nel morbido vestito di taffetà che avvolge le dolci forme della ragazza in dolce attesa, agli sgoccioli di un percorso che sembra esser passato in un batter d'occhio, è talmente forte da non riuscire a resistere all'idea di tormentarsi la fresca manicure. Ha nostalgia ora come ora; ultimamente si sente più triste e melanconica del solito. E quell'idea del cucciolo che abbandona il nido, si mischia al misto di eccitazione e terrore che prova all'idea di conoscere finalmente la piccola anima che ha portato in grembo letteralmente attraverso le fiamme dell'inferno. « Cancella. Stimato Signor Potter.. - No. Non va bene. » Con un leggero gesto della bacchetta scarta la pergamena e porge sotto la punta della piuma l'ennesimo foglio giallognolo tirando un lungo respiro. « Signor Potter, le scrivo poiché avrei il piacere di invitarLa - sarei onorata.. mi piacerebbe.. sarei lusingata - no.. lusingata no, pare brutto; quindi.. le scrivo poiché vorrei invitarLa a pranzo domani otto ottobre alle dodici, presso l'Aqua Shard. » Pausa. « No no no no, l'Aqua Shard è troppo pomposo. » Si affretta a digitare un numero sul cellulare, tamburellando le dita sul ripiano della cucina. « Riusciamo ad avere un tavolo al Five Fields? - No, il Shard non va bene. - Perché non va bene, ok? » Perché nessuno mi ascolta quando parlo? Riaggancia e ricomincia. « Ricominciamo. Signor Potter, le scrivo poiché avrei il piacere di invitarLa a pranzo domani otto ottobre alle dodici, presso l'Five Fileds. Il ristorante si trova al 8-9 Blacklands Terrace, Chelsea. Le dovrei chiedere gentilmente di non farne parola con Albus prima del nostro incontro. Cordiali saluti, Amunet Haelena Carrow. » Sospira affondo e afferra il piccolo rotolo di pergamena che attende di essere recapitato a niente di meno che Harry Potter aka il Prescelto, definito così con un certo disprezzo da sempre, dalla sua famiglia. Con una tazza di té in mano e gli occhiali da vista piantati sul naso, la piccola Carrow osserva la riproduzione fedele della sua elegante calligrafia posta sul foglio per poi scuotere la testa. No ok, così è ridicolo. Sembra che sto per lasciare suo figlio. Come minimo fino a domani il Prescelto avrà avvisato pure l'Interpol del fatto che l'ho invitato a pranzo, con il chiaro intento di confessargli quanto avesse ragione nel considerarmi una sanguisughe. Perché è questo ciò che pensi di me, vero Prescelto? Lo so che non aspetti altro che una scusa per dare ragione a tua suocera che definisce il mio povero Albus un avanzo di galera. Non si stupirebbe se lo pensasse. D'altronde, i giornaletti di serie Z si erano dati molto da fare negli ultimi tempi. Scampata l'emergenza Apocalisse, tutto era tornato a vorticare secondo i soliti schemi. Il genere umano non aveva imparato nulla da un'esperienza che aveva portato tutti al quasi totale sterminio. Più che imparare la lezione, c'era una cospicua parte della popolazione che aveva preso quell'esperienza come una seconda chance per dare il peggio di sé. E ci stava riuscendo, seppur, sembrasse ovvio alcune cose fossero effettivamente cambiante. Per esempio il tasso di preoccupazione che Mun metteva nel suo interesse verso l'opinione pubblica era sceso ai minimi livelli storici. Non sapeva se in fondo lo stesse facendo perché ci credeva davvero a quel suo cambio di cuore, oppure se lo facesse piuttosto per mantenere intatta la serenità del piccolo nido che lei e Albus avevano costruito. Non era sempre facile, stare lontani da quel vortice di curiosità che sembrava avvolgere l'unione assolutamente impensabile tra il figlio del Prescelto e la figlia di ex dichiarati Mangiamorte. C'era chi decantava le tragiche sorti di un amore drammatico, e chi invece faceva del suo meglio per smascherare il giro di notorietà fasulla e assolutamente immeritata - per citare alcuni - che si erano costruiti attorno a loro, marciando sopra la notizia di una gravidanza accidentale portata avanti nelle pessime condizioni di una guerra che li aveva visti non poi così drammaticamente perseguiti, né tanto meno lesi. Insomma, c'era chi era pronto a marciar sopra al loro amore, chiedendo loro interviste, servizi fotografici e chi ne ha più ne metta - non a caso qualche paparazzo di bassa lega era sempre in agguato; ma c'era anche chi tuttavia avrebbe fatto carte false pur di screditarli per vendere qualche copia in più. Ed ecco che, più e più volte, Mun era stata sorpresa a spiare quei dannati giornali, trincerandosi dentro per tutte le bugie che contenevano. Oltre le bugie c'erano anche - purtroppo - soffiate e giri di complotti interni su quanto la vita di quei due sventurati innamorelli fosse stata fumosa e a tratti discutibile in passato. Ma, in fondo, non avrebbe potuto considerare nemmeno lontanamente quanto quel giro di facilonerie l'avrebbero toccata, finché non aveva accompagnato Jay per il primo giorno all'asilo. Ecco è lì che che comprendi all'incirca quanto frequentare o meno Hogwarts sia assolutamente irrilevante. Puoi essere uno studente al primo anno, un universitario intento a perseguire la carriera dei tuoi sogni, oppure una donna di successo sulla trentina ancora pronta a calzare una trentotto di tutto rispetto, ma il primo giorno d'asilo di tuo figlio, sarà sempre come il primo giorno di scuola. Perché le mamme sono cattive, e invidiose, ed estremamente dispettose. E questo, Mun l'ha capito non appena Jay è corso a conoscere i suoi nuovi compagnetti. Le è bastato un secondo per capire che i prossimi sarebbero stati anni davvero difficili. Un sguardo è stato sufficiente per comprendere che ai loro occhi era la stupida, sfigata diciottenne gravida che sprecava i migliori anni della sua vita per stare dietro a un bambino non proprio, mentre ne stava sfornando un secondo, rovinando la propria linea perfetta per sempre. Che. Dramma. L'unica consolazione tra le decine di frecciatine ricevute da Mrs Culo Secco e Mrs Nobile Per Modo di Dire è che prima di rivederle sarebbero passati mesi e mesi, in cui, semmai si fossero ricordate di lei, sarebbe stato solo perché ne stavano parlando al loro circolo sfigato di bridge, e non certo perché l'hanno effettivamente rivista. Perché si sa, le dame dell'alta società, i bambini li accompagnano solo il primo giorno per le copertine. Nei mesi a venire, Mun, Albus o chi per loro avesse riaccompagnato Jay a casa, si sarebbero sorbiti gli sguardi di niente di meno che le governanti.La squadra delle schiave di classe. E guai a chiamarle tate o babysitter. D'altronde a quel giro di sguardi degni della peggiore walk of shame, Mun non si sarebbe sottratta in ogni caso. Quello era l'asilo in cui lei e Albus si erano presi a testate per la prima volta. Ormai era una specie di tradizione di famiglia, al pari dell'ormai sopraggiunto postulato che, quella parte di famiglia Potter, apparteneva orgogliosamente alle schiere di Salzar.
    Alla luce di ciò, non trovava insomma complicato pensare che Harry Potter avrebbe potuto ipotizzare erroneamente che dal giorno alla notte Mun potesse per qualche sbalzo ormonale improvviso decidere di lasciare suo figlio e scappare con suo nipote chissà dove. Seppur fosse assurdo, aveva colto nell'animo del capofamiglia in comando, una certa vena complottista, che di certo la Carrow non avrebbe alimentato. E quindi, niente lettera. Getta tutto nel cammino e chiede direttamente all'autista di preparare la macchina per il giorno seguente. [...] Entrare nuovamente al Ministero le dà una strana sensazione. Ogni volta è strano. Dopo aver inveito contro il potere precostituito per così tanto tempo, non ci sperava più di avere l'occasione di entrarci. E poi, ora tutto è diverso. Ora è indipendente. E' cresciuta. Non calpesta più quelle pietre millenarie con l'incertezza di una studentessa che va a trovare il fratello maggiore al lavoro. Ci va da adulta, consapevole che a breve quello sarà il suo territorio e orgogliosa che in parte, è già il terreno di battaglia del suo ragazzo. Il Quartier Generale degli Auror è un meraviglioso caos; esattamente come se lo è sempre immaginato. E' disordinato e pullulante di personalità estroverse e micidialmente intraprendenti. Si guarda attorno mentre un sorriso sorge istintivamente sul suo volto con una certa nota di intrinseco orgoglio. Sì.. riesco davvero a vedertici qui. E' il tuo elemento naturale. « Se stai cercando Albus, oggi ha le simulazioni. » Mun annuisce mentre il suo sorriso si allarga. « Lo so. » Asserisce prima di stringersi nelle spalle, avanzando di qualche passo verso il particolare cubicolo dalla quale proviene la voce. « Signor Potter.. » Lo saluta con un leggero cenno del capo, prima di vederlo alzarsi per lasciarle il posto. « Oh no no no, non si preoccupi davvero. Non sono qui per aspettare Albus. » Si è preparata quel discorso in almeno dieci versioni diverse. Tanto quello iniziale quanto quello che gli avrebbe fatto non appena si fossero seduti uno di fronte all'altro. Non era certa di saper trattare con il Prescelto da sola. D'altronde lo aveva fatto solo in presenza di Albus, o di Ginevra, o di James e Sirius. Ma mai da sola. « A dirla tutta speravo potesse farmi compagnia a pranzo. Ho prenotato al Five Fileds in centro. Spero le piaccia. Fanno un'ottima cucina tipicamente anglosassone. » Il Prescelto è inglese vero? Potter è inglese. Perché sto balbettando. Andiamo Mun, questo qui è quello che tua madre ha definito "troglodita" sin da quando ne conosci il significato. Ed è il padre del ragazzo che ami. E quel ragazzo ti ama. E sei stata a casa loro, più di una volta. E lui è un sacco contento di diventare nonno. Calmati. Harry Potter osserva l'orologio al proprio polso mentre sembra stia calcolando mentalmente chissà quale algoritmo di importanza planetaria. « No. Non può andare. All'una ho un impegno dall'altra parte della città. Non prorogabile. » Figura di m- « Però, ho un'idea migliore. Ti piace il kebab? » Cosa? « Ehm.. io veramente.. » Non l'ho mai mangiato e non mi ispira. Vallo a dire al Prescelto che non ti piace il cibo esotico.

    Breve ma intenso. Così aveva catalogato Mun nella sua mente il colloquio con il Prescelto. Si era commosso, e lei insieme a lui. E ancora una volta, si era accorta Mun, di non avere bisogno dell'approvazione del mondo quando aveva l'approvazione delle persone che le stavano attorno. Nonostante le sue iniziali preoccupazioni, il Prescelto sembrava non aver dato minimamente peso al giro infinito di dicerie che si annidavano in decide e decine di colonne sulle riviste adagiate sugli scaffali delle edicole. E seppur, il momento imbarazzante del fotografo di turno aveva quasi interrotto la calma apparente di quell'incontro, Harry Potter era stato estremamente bravo e puntuale nel mandarlo via con tutta la diplomazia che di fronte alle mille pressioni, sarebbe di certo mancata a Mun. Il resto della giornata l'aveva passata a caricare le braccia tolte all'agricoltura dell'autista di famiglia, che era tornato ai suoi servigi quando ne aveva necessità, di pacchi e buste costosissime colme zeppe di vestiti, accessori e giocattoli; non c'erano solo cose per il futuro membro della famiglia. Riconquistata la sua American Express, Mun si era data a spese pazze per se stessa, per Jay e persino per Albus, nell'armadio del quale, lasciava comparire magicamente cose che potessero fare al caso suo per il lavoro e il tempo libero. Cose che pur rientrando all'incirca nel suo solito range di magliette tutte uguali e camice tassativamente nere o bianche, erano gravate di etichette il cui prezzo sfiorava il ridicolo. Perché la qualità costa. Anche se una canottiera bianca è sempre una canottiera bianca. Chiese infine di essere riportata al Ministero, là dove sapeva, Albus sarebbe tornato a giornata conclusa per timbrare il cartellino, e probabilmente per riempire scartoffie degne di ogni recluta che si rispetti. « Miss? I suoi acquisti dove li porto? » Il piccolo grande intoppo ancora non risolto. La mania di ricerca della casa perfetta non aveva ancora raggiunto i risultati sperati. C'era la casa a Inverness, troppo lontana dal lavoro e dalla scuola, c'era la casa a Hogsmeade, che infondo avevano acquistato visto tutto l'impegno che ci avevano messo per sistemarla (che chiaramente i giornali avevano già pensato di accerchiare di tanto in tanto), e poi c'era quell'ideale attico in città che sarebbe stato perfetto per tenerli lontani dal marasma di Hogwarts, pur tenendoli nell'occhio del ciclone. Vicini al lavoro, alla movida, ai negozi, all'asilo di Jay e soprattutto lontani tanto dai genitori di lui, quanto da quelli di lei. La casa ideale che non avevano ancora trovato, perché Mun riusciva a vederci un difetto in ognuna delle proposte fatte dall'agente immobiliare, a tal punto da portarla a licenziare la povera Mrs Haffington, per poi decidere continuare la ricerche da sola. E infine c'era il sogno, la casa in campagna, lontana da tutto e da tutti, dove vedere svolazzare Jay su una piccola scopa, e veder gattonare il più cucciolo di casa Potter, così come - a detta di Albus - i futuri a venire. « Hogsmeade andrà bene. Grazie, Thomas! » Lascia che le apri la portiera prima di scendere dalla macchina. « Mi raccomando massima attenzione con le porcellane. » Costano più della tua vita. [...] Molte ore più tardi, il Quartier Generale appare decisamente più pacato, seppur, alcune delle sale riunioni sembrino ancora brulicanti di Auror in servizio. Mun dal canto attraversa l'ambiente comune, per dirigersi verso una seconda sala, altrettanto grande ma decisamente più deserta, adibita per lo più ai nuovi, alle retrovie. Lì lo aveva trovato più di una volta a compilare scartoffie nel totale silenzio dell'ambiente parzialmente buio. Le nocche si infrangono contro la porta metallica prima di avanzare sorridendo. Non diversamente da tante altre volte, avvicina una sedia del cubicolo adiacente, e si siede accanto alla scrivania di lui, dopo essersi concessa un bacio degno di una separazione superiore al quarto d'ora fisiologico. Perché a Mun, Albus mancava sempre; anche se era nella stanza accanto. « Lo sa il tuo capo che oltre ad essere figlio del Prescelto - e quindi il raccomandato per eccellenza - hai anche un cucciolo in arrivo? » Scoppia a ridere mentre gli accarezza il dorso della mano, allungando appena lo sguardo per curiosare tra le sue cose. Ormai ridere e prendersi in giro è la cosa più semplice per esorcizzare tutto quel giro parole infami. Sospira mentre ripensa alla giornata passata. Ultimamente sono più frenetiche del solito, e Mun, pur in procinto di dare alla luce un figlio, non sembra voler placarsi. E' come se una botta di vita improvvisa l'abbia investita e non riesca a fermarsi. O forse in fondo, non si ferma per paura di preoccuparsi troppo all'idea che qualcuno potrebbe fiatare, portandola a passare chissà quanto tempo al San Mungo.
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    « A pranzo ho visto tuo padre. » Asserisce infine sorridendo tra se e se. « Ho pensato fosse giunto il momento di affrontare il drago da sola. E credo di essere stata brava. » C'è una punta di orgoglio nel suo tono di voce mentre gli sorride con una nota prettamente infantile. « Anche se.. ha scambiato una prenotazione al Five Fileds per un kebab. Secondo me stava tentando di mettermi in difficoltà. Ma - sorpresa! - il kebab mi è piaciuto, anche se all'inizio non sapevo cosa chiedere di mettermici sopra. Nel dubbio gli ho detto di metterci tutto perché avevo tanta fame. L'ho trovato così buono che ho pensato di ripassare prima di venire qui e consegnartene uno. Tadaaaa! » E infatti, pochi istanti dopo, alza il braccio lasciando penzolare di fronte agli occhi del ragazzo una grossa busta che oltre al kebab contiene patatine, salse a volontà e altri sfizi degni del miglior junk food che a quanto pare a Fagiolino piace tanto. « Tuo padre mi ha aiutato a risolvere una questione rimasta in sospeso. » Con sé ha portato anche quella pergamena su cui nel corso degli ultimi mesi hanno continuato ad aggiungere nomi alla lista dei papabili per la piccola gioia che attendeva di venire alla luce da lì a poco. La osservò per qualche istante, avvicinandola alla luce della lampada sulla scrivania di Albus. Erano tutti nomi bellissimi, fantasiosi, altisonanti, poetici. Ogni qual volta scorressero i libri in libreria, ne tiravano fuori uno ancor più meraviglioso del precedente. L'illuminazione però era venuta a Mun da un po'. Non voleva tuttavia parlarne con Albus prima di affrontare il drago. In fondo, seppur fosse sua nipote, era in primis figlia di Mun, di una Carrow. Non era certa che Harry Potter avrebbe accettato una tale invasione dei propri spazi. E invece.. Piega la pergamena a metà prima di farla a pezzi sotto gli occhi del ragazzo con un sorriso a metà tra l'enigmatico e il soddisfatto. « Questa non ci serve più. » Non appena lo dice infatti, avvicina uno dei tanti fogli presenti sulla scrivania del ragazzo, afferra la piuma e scrive elegantemente un nome del tutto nuovo alla lista delle loro proposte: Lily Evans Potter; poi rotea il foglio nella sua direzione stringendosi nelle spalle. « Non lo so.. possiamo riconsiderare il secondo nome. O possiamo ricominciare da capo. Ma.. tuo padre si è davvero commosso. E.. io ho pensato.. » Si morde il labbro sentendo già l'emozione di tenere tra le braccia il suo piccolo giglio. « Se tua nonna non si fosse sacrificata per salvare il Prescelto, io e te non ci saremo mai incontrati. Forse nemmeno io sarei esista. Mio padre avrebbe continuato a essere un Mangiamorte dichiarato, Tom Riddle avrebbe in qualche modo sterminato i mezzosangue e chissà.. » Si stringe nelle spalle. « Oppure no. » Pausa. « In fondo anche lei - Fagiolina - è cresciuta qui dentro con mamma e papà clandestini. » Porta la mano di Albus sul rigonfiamento nel esatto momento in cui l'ennesimo scalciare segnala la presenza vivace della bambina, mentre la commozione colora i suoi occhi di un grigio cristallino. « Se mi confermi che abbiamo risolto la crisi mistica del nome ti concederò l'onore di fare il padre padrone, decidendo il nostro domicilio stabile, visto che io non ne sono capace. E dobbiamo sceglierlo, Albus. Ma per davvero. Sai.. adesso ci sono di mezzo quelle cose sconosciute tipo tasse, e bollette, e cose burocratiche che a quanto pare dobbiamo fare - io e te. Insieme. Sinceramente non voglio iniziare questo - sodalizio? Cristo, quanto suona male! - col fisco alle porte. » Scoppia a ridere, perché nonostante tutto, non sembra né metterla in crisi, né tanto meno spaventarla. E' piuttosto elettrizzata all'idea di rientrare nei giochi, di scoprire com'è il mondo oltre la clandestinità, oltre il precario moto in cui hanno vissuto da quando sono usciti da Hogwarts. Da un tetto condiviso con altre sette o otto anime, siamo arrivati ad averne più di uno tutto nostro. Siamo al punto dell'imbarazzo della scelta. Ed io non vedo l'ora. Perché in fondo è tutto nuovo. E lo era davvero. Perché sapevano chi fossero Albus Potter e Amunet Carrow in situazioni di crisi. Ma in fondo, com'erano Albus Potter e Amunet Carrow nel mondo civile? Quel mondo, loro lo avevano vissuto prima, solo separatamente.


     
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    Alla fine il suo psicologo aveva avuto ragione, tanti anni prima. Albus era davvero più simile a suo padre di quanto volesse ammettere, e le sue scelte di vita ne erano state la prova concreta. Nonostante il ragazzo avesse sempre sostenuto che mai e poi mai avrebbe lavorato per il Ministero, il tempo passato a collaborare coi ribelli lo aveva fatto ricredere sulla possibilità di un futuro tra gli Auror nel caso in cui la situazione si fosse appianata. E infatti, con l'istituzione del college e il promulgarsi dei nuovi corsi, il giovane Potter aveva compiuto la scelta decisiva della sua vita, rifiutando il corso di Letteratura - su cui comunque era stato molto tentato - in favore di quello Auror. Inutile dire che la sua famiglia ne era stata particolarmente felice, imbastendo una piccola cena in onore di quel nuovo inizio, che agli occhi dei genitori sicuramente suonava come il primo segno di vera e propria maturazione. Per la prima volta, il giovane Potter non aveva scelto la strada dell'egoismo, mettendo da parte alcuni dei suoi sogni adolescenziali in favore di un futuro meno incerto, di una maggiore garanzia di stabilità. Era venuto meno anche quell'orgoglio ferreo con cui aveva sempre portato avanti la propria battaglia contro il padre, sforzandosi a distaccarsene il più possibile anche quando ciò significava fare il bastian contrario per partito preso. Alla fine, insomma, aveva dovuto accettare che la mela non cade mai troppo lontana dall'albero, e che nonostante tutto, lui gli insegnamenti della propria famiglia li avrebbe sempre portati con sé nel bene e nel male. Aveva tuttavia potuto scoprire che la strada dell'Auror - e gli studi ad essa relativi - lo appassionavano davvero, a differenza di quanto avrebbe creduto. Gran parte della formazione si svolgeva intorno a una preparazione fisica e magica, ma non mancava lo studio del diritto magico e la conoscenza di più o meno tutti gli ambiti del loro mondo. Una formazione a trecentosessanta gradi, non poco onerosa, se si conta il fatto che andava a completarsi con un tirocinio di svariate ore settimanali al QGA. Ed era stato proprio per via di quelle tempistiche serrate che Albus aveva scelto non solo di non alloggiare nei dormitori studenteschi, ma anche di ridurre al minimo la sua frequenza alle lezioni prettamente universitarie, rendendosi conto di non poter stare così tanto tempo lontano dalla propria famiglia. Grazie al cielo si era ritrovato a condividere i banchi con persone abbastanza comprensive, che non si facevano problemi a dargli una mano e passargli gli appunti delle lezioni che perdeva. "Ehi Will, ci sono state notizie sull'esame di magizoologia? Sai se per caso farà un esonero?" si ritrovò a chiedere al compagno, alla fine dell'ennesima esercitazione che li aveva lasciati tutti spompati. "Sì, ma lo fa solo per i frequentanti. Però stai tranquillo, perché ha detto che all'esame non richiederà materiale in più per chi non ha frequentato." Annuì, stringendosi appena nelle spalle. Di certo avrebbe preferito togliersi parte di quel carico in corso d'opera, ma d'altronde non sapeva nemmeno se sarebbe stato effettivamente possibile, dato che ormai il termine della gravidanza di Mun era piuttosto vicino. "Ti ci trovi bene con gli appunti? Spero tu riesca a raccapezzarci qualcosa, perché qualche volta il prof spiega come un treno e persino la penna incantata fa fatica a stargli dietro." William era decisamente uno dei migliori del suo corso, ex Thunderbird di Ilvermorny, arrivato in Inghilterra non appena aveva ricevuto la notizia dell'apertura del college. Avevano legato presto, come più o meno era successo con quasi tutti i compagni di corso; gli Auror si impegnavano molto a promuovere la collaborazione e il cameratismo, rendendo veramente difficile instaurare un'aria di competizione tra le loro reclute. "Will, non farti problemi, davvero. Sono perfetti. Anzi, con tutti i favori che mi fai, minimo dovrò offrirti una scorta a vita di birre." "Naaah, tranquillo Potter, la birra te la offriamo noi quando il pargolo sarà nato." E tra una cosa e l'altra, le chiacchiere in spogliatoio tornarono alla loro normale goliardia, tra bonarie prese in giro e discorsi di stampo tipicamente maschile.
    eMjpKe5
    Era ormai calato il sole da qualche ora quando la saletta in cui Albus si era rintanato per compilare alcune scartoffie relative all'esercitazione appena sostenuta cominciò a svuotarsi dei propri compagni. Una a una si andarono a succedere le varie uscite di chi staccava per andare a cena, mentre lui rimaneva ancora lì, chino sulle proprie pergamene, tutto impegnato a descrivere ciò che era successo con dovizia di particolari nella speranza di ottenere un buon voto sul proprio rapporto. Quasi sussultò quando sentì il rumore di nocche sulla superficie della porta, che gli fece finalmente realizzare quale ora avesse fatto. Nel vedere Mun, tuttavia, i tratti stanchi del suo viso si alleggerirono in un sorriso più bonario, chinandosi in avanti per darle un bacio delicato sulle labbra. "Lo sa il tuo capo che oltre ad essere figlio del Prescelto - e quindi il raccomandato per eccellenza - hai anche un cucciolo in arrivo?" Ridacchiò, scuotendo appena il capo mentre rimetteva la piuma nel calamaio e distendeva meglio la schiena contro la scomoda sedia di legno. "Ormai dubito ci sia qualcuno in tutto il mondo magico che non ne è a conoscenza." disse, lanciandole uno sguardo a metà tra il divertito e l'eloquente. "A pranzo ho visto tuo padre. Ho pensato fosse giunto il momento di affrontare il drago da sola. E credo di essere stata brava. Anche se.. ha scambiato una prenotazione al Five Fileds per un kebab. Secondo me stava tentando di mettermi in difficoltà. Ma - sorpresa! - il kebab mi è piaciuto, anche se all'inizio non sapevo cosa chiedere di mettermici sopra. Nel dubbio gli ho detto di metterci tutto perché avevo tanta fame. L'ho trovato così buono che ho pensato di ripassare prima di venire qui e consegnartene uno. Tadaaaa!" Non fece in tempo a immagazzinare tutte quelle informazioni che subito una bella busta piena di kebab e patatine gli venne messa di fronte, cancellando qualsiasi parola fosse stata detta in precedenza. Solo alla vista del cibo, infatti, si rese conto di essere terribilmente affamato, a un punto tale che non furono nemmeno le sue parole a sottolinearlo, quanto piuttosto il rumoroso brontolio del suo stomaco. Con gli occhi illuminati da una scintilla, rivolse a Mun un sorriso quasi bambinesco, incorniciandole il viso con entrambe le mani per stamparle un bacio in piena regola. "Ti amo davvero tanto, lo sai, vero?" disse, per poi ridacchiare mentre si avventava famelico sulla busta, soffocando il kebab in tutte le salse a sua disposizione. Il primo morso, ovviamente, fu accompagnato da un verso gutturale catalogabile come foodgasm, e che andò a tranciare all'incirca metà dell'intero kebab. "Tuo padre mi ha aiutato a risolvere una questione rimasta in sospeso." Ancora tutto preso dal suo cibo, rivolse a Mun uno sguardo interrogativo, osservandola tirare fuori la pergamena in cui negli ultimi tempi si erano messi a trascrivere i possibili nomi per la loro bambina. Una bambina, già. Quando l'ecografia aveva finalmente dato loro una risposta sul sesso di fagiolino, Albus aveva pianto tutte le lacrime di gioia che aveva in corpo, immaginando già quanto alta fosse la probabilità di rivedere in quella bambina una somiglianza spiccata con la bellissima donna che l'aveva generata. "Questa non ci serve più." Senza dire nulla, seguì con sguardo attento ogni suo movimento, sporgendosi appena sul foglio dove Mun andò a scrivere con la propria elegante calligrafia il nome Lily Evans Potter. Istintivamente lasciò la presa sul cibo, pulendosi in tutta velocità le mani e la bocca su un tovagliolino di carta. "Non lo so.. possiamo riconsiderare il secondo nome. O possiamo ricominciare da capo. Ma.. tuo padre si è davvero commosso. E.. io ho pensato..Se tua nonna non si fosse sacrificata per salvare il Prescelto, io e te non ci saremo mai incontrati. Forse nemmeno io sarei esista. Mio padre avrebbe continuato a essere un Mangiamorte dichiarato, Tom Riddle avrebbe in qualche modo sterminato i mezzosangue e chissà..Oppure no. In fondo anche lei - Fagiolina - è cresciuta qui dentro con mamma e papà clandestini." Le lasciò condurre la propria mano tremante sul suo ventre, incapace di distogliere lo sguardo dal suo viso mentre i suoi occhi si velavano pian piano di commozione, raggiungendo un azzurro talmente intenso e limpido da ricordare un cielo estivo. Nel sentire la bimba scalciare, premette delicatamente il proprio palmo contro quel ritmo, muovendo il pollice in una piccola carezza che sperava sua figlia potesse sentire. "Se mi confermi che abbiamo risolto la crisi mistica del nome ti concederò l'onore di fare il padre padrone, decidendo il nostro domicilio stabile, visto che io non ne sono capace. E dobbiamo sceglierlo, Albus. Ma per davvero. Sai.. adesso ci sono di mezzo quelle cose sconosciute tipo tasse, e bollette, e cose burocratiche che a quanto pare dobbiamo fare - io e te. Insieme. Sinceramente non voglio iniziare questo - sodalizio? Cristo, quanto suona male! - col fisco alle porte." Una risata affiorò fragorosa sulle sue labbra, confondendosi tra divertimento, gioia e commozione, mentre le cingeva un fianco con il braccio, aiutandola a mettersi seduta sulle sue ginocchia. Perché non importava quanto il suo ventre potesse crescere, Mun rimaneva comunque la sua piccolina. In silenzio, spostando una mano a poggiarsi sulla sua guancia, cominciò ad annuire vigorosamente, stampandole prima un bacio sulle labbra, poi un altro e un altro ancora in una serie infinita. "Grazie." disse soltanto, in un filo di voce, senza nemmeno sapere perché, come se lei gli avesse appena fatto un regalo. "Lily è una bambina molto fortunata, perché non poteva desiderare una mamma migliore." Sospirò, asciugandosi una lacrima solitaria col dorso della mano prima di tirare su col naso, scuotendo appena il capo come a voler scansare quell'eccesso di emozione. "E anche una bellissima casa." aggiunse poi, scoccandole un sorriso leggermente più incerto. Aveva riflettuto a lungo sulla questione del loro domicilio: una questione spinosa, che comportava moltissime variabili. Pian piano scansò la mano dal suo viso per intrecciarla alle dita di lei, disegnando piccoli cerchi concentrici sul suo dorso. "Ci ho riflettuto, e credo che la cosa migliore sia tenere la casa di Inverness. Con l'istituzione del college, Hogsmeade è diventata troppo trafficata, e dubito che un villaggio studentesco sia il luogo migliore in cui crescere dei bambini piccoli. Inverness, invece, è in formato famiglia - oltre ad offrire una sicurezza non trascurabile." Sospirò ancora, stringendosi appena nelle spalle "Ci hanno accolti quando ne avevamo più bisogno..e vorrei continuare a contribuire. Inoltre Jay ormai ama quella casa e quella gente: si è abituato a loro..mi sentirei in colpa a farlo traslocare un'altra volta. Credo che il doverci smaterializzare ogni volta per raggiungere i nostri luoghi di interesse sia un piccolo prezzo da pagare in cambio a tutto ciò che Inverness ci offre." Si interruppe un altro istante, mordendosi il labbro con aria titubante prima di aggiungere un'ultima frase. "Non mi dispiacerebbe se Lily venisse alla luce sotto quel tetto."
     
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    Una donna se lo sente. E questo quello che diciamo tutte. Ci sentiamo un sacco di cose, noi donne. Credo faccia parte del nostro corredo genetico.. sentire. Un po' come quando leggi per la prima volta l'incipit di Anna Karenina e sai già che la storia che stai per iniziare non finirà bene. "Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo." Bla. Bla. Bla. Lo leggi e te lo senti; sei di fronte a una storia che ti corroderà le budella. Non sono mai stata superstiziosa.. io, l'evidenza l'ho piuttosto negata. Credo mi piacesse farlo. Era il mio modo di dire andrà tutto bene. Solo che non andava mai bene. Quando avevo dieci anni ho combattuto con un attacco di allergia per parecchi giorni.. mi prudeva tutto. E poi il mio cuore si è fermato per la prima volta. Prima che io e Ryuk ci incontrassimo per la prima volta, mi sono rotta un dito cadendo, mentre tentavo di inseguire Jude che aveva preso in ostaggio Kathlyn come punizione contro il mio rifiuto di prestargli gli appunti di pozioni. Poco prima che papà morisse, mi è comparso un enorme brufolo in mezzo alla fronte che è rimasto lì per quasi tre settimane. L'ho anche spremuto per poi vederlo riaffiorare con due teste diverse, se possibile ancora più terrificanti della precedente. Prima del lockdown una successione specifica di tarocchi mi ha tenuta sveglia per settimane. Si chiamano presagi. Quelli a cui io non do mai ascolto perché in fondo, mi piace l'idea di pensare che qualcosa esiste soltanto se la puoi vedere. Se la puoi toccare. Ryuk era vero anche per questo: io potevo toccarlo, lo osservavo mentre razziava le riserve di mele contenute nelle dispense del castello mentre con occhi famelici si abbandonava a commenti caustici sulla qualità patetica della mia esistenza umana. Aveva ragione a dire quelle cose; Ryuk ha sempre avuto ragione. Ma probabilmente non ha mai avuto ragione come quel pomeriggio. Judas Leroy - si allontana dal ragazzo e si dirige verso il dirupo a nord dell'isola di Portland. Cade e si rompe l'osso del collo alle 17:45 del 25 giugno. So che cosa dicevano quegli occhi allora. L'ho negato, ma lui aveva ragione. In fondo credo se lo aspettasse, forse lo sapeva anche o quanto meno nel profondo se lo sentiva. Mi conosceva troppo bene per non si accorgersene di quanto poco riuscissi a tollerarlo. Forse sapeva sin dall'inizio che cosa sarebbe successo. O forse ha solo sottovalutato ciò che aveva di fronte. Quel pomeriggio gli occhi di Ryuk dicevano "lui ti piace.. c'è qualcosa in quello sfigato che ti fa ribollire le vene". E in fondo è sempre stato così. No. Non sto per dire che eravamo inevitabili. Di tutte le cose forse siamo stati la cosa che più facilmente si sarebbe potuta evitare con piccoli, sciocchi accorgimenti. Far crollare quello che avevano all'inizio era davvero semplice; è ridicolo pensarlo ora, ma eravamo insicuri, stupidi e sciocchi, e avremmo fatto qualunque cosa pur di trovare una via fugga dall'altro. Ma nonostante ciò gli occhi di Ryuk non mentivano e non si sbagliavano allora. Quel pomeriggio era già tutto lì, spiattellato alla mercé del dio della morte che ai tempi del mio distogliere lo sguardo se ne beava. Lo trovava divertente. A me lui già piaceva. Mi piacevano le sue scelte letterarie e il modo in cui fossimo involontariamente complici nel convincere i nostri rispettivi partner a fare qualcosa che solo a noi sarebbe piaciuto. Mi piaceva la sua stessa musica, amavo i suoi gusti cinematografici e adoravo il suo perenne citare intellettuali rimasti sepolti persino al cospetto dei più curiosi. Adoravo il fatto che parlasse poco, mi piacevano i suoi commenti caustici e ironici. Lui mi piaceva; in un mondo alternativo se non fossimo diventati amanti, immagino saremmo diventati grandi amici. E per un po' ci abbiamo persino provato. Ma una donna se lo sente. E dopo un po' lo sguardo di Ryuk l'ho compreso. Non era un "non se lo merita, non si merita di morire" quanto piuttosto un "io me lo merito; io mi merito lui". Non siamo stati onesti né bravi. Non lo eravamo prima e non lo siamo diventati nemmeno dopo, e sotto la pattina delle lamentele, del drammatico espletare il grido ultimo di bisogno di slacciarsi da qualunque forma di dinamica vincolante, la verità è che onesti non lo saremo mai. Non c'è da sorprendersi se il destino non è stato gentile nei nostri confronti. Sarebbe stato troppo facile essere solo noi due contro l'universo. Forse persino egoista. Abbiamo corso così tanto nella foga del non lasciarci, che alla fine fermarsi è diventata l'unica alternativa valida. Una donna se lo sente. E in fondo credo di essermelo sentito sin dal momento in cui le sue dita si sono strette attorno al mio polso per la prima volta impedendomi di andare incontro alla morte. Credo una parte di me lo sapesse già allora che io a lui avrei dato tutto, fino all'ultimo respiro. Albus Potter, se usciremo di qui io ti darò tutto. Il mio corpo, la mia anima, il mio spirito, miei giorni, i miei figli, la mia vita. E così è stato. Forse sono stata un po' troppo plateale in certe promesse. Non sei ancora un re e di certo non sei diventato un principe a forza di starmi accanto, ma sei diventato il mio principe, e un giorno sarai il mio re. E nel mentre oggi me lo sento. Oggi sta nascendo la nostra principessa. Se avessi dovuto scommetterci, tutto sarebbe andato diversamente, molto diversamente. Ma se avessi dovuto scommetterci, noi non saremmo nemmeno durati, non avremmo fatto un figlio, non avremmo costruito una casa e non saremmo sopravvissuti alla morte più e più volte. Immagino che in fondo il fiuto per le scommesse non ce l'ho, ma di certo ce l'ho per gli affari, e tu sei e resterai il miglior affare della mia vita.

    Every time we open up our eyes
    I guess space, and time
    Takes violent things, angry things
    And makes them kind

    Su piccolina. Calmati. Shhhh, va tutto bene. Una donna se lo sente, dicono, ma quella notte Mun non ha sospettato niente. Lily fa i capricci da parecchio, a tal punto che ad un certo punto quei presagi sono diventati l'abitudine. Immaginava quella fosse una delle tante notti insonni passate a meravigliarsi del lavoro fatto con la stanza della piccolina, dondolandosi sulla sedia posta accanto alla culla, intenta a parlare da sola raccontandole questa è quell'altra storia come se fosse già lì con lei. Solo uscio della porta allargatosi leggermente per far spazio a una testolina biondiccia l'aveva scossa da quel suo intimo oblio. « Topolino.. Perchè non stai dormendo? » Non ci riesco, era stata l'unica risposta del piccolo che fattosi spazio nella stanza aveva cercato le sue braccia accoccolandosi sulle sue gambe con la testolina posata contro il grembo di lei. Presagi, appunto. Erano rimasti lì a dondolarsi per parecchio prima che anche il maggiore della famiglia avvertisse quel senso di nervosismo generale. Riportati tutti e tre nel lettone, si erano nuovamente addormentati come se niente fosse ed erano rimasti a letto più del dovuto il giorno seguente, facendo colazione tutti e tre - quasi quattro - tra le lenzuola, nonostante le inutili proteste di Mun sulle briciole nel letto. In fondo, le lenzuola si cambiano, ma quei momenti sarebbero rimasti nei loro ricordi per sempre. Era quasi ora di pranzo quando la giovane Carrow, tutta intenta a discorrere con Ginny sulle sue difficoltà nella scelta dei corsi da seguire per il primo anno, aveva avvertito un improvviso senso di estraniamento. E poi, abbassato lo sguardo, si era resa conto di sovrastare una pozzanghera nel bel mezzo della sua immacolata cucina. Lo sguardo vitreo precipitatosi in quello della Potter, intriso di un lampo di terrore ed eccitazione, era stato accompagnato da una sola frase. « Sta arrivando. » È lì la rossa era scattata in piedi mentre una Mun paralizzata si era riscoperta nuovamente bambina e incapace di fare qualunque cosa. Sta arrivando. Sono pronta. So cosa devo fare? Abbiamo ripassato tutto trecento volte. E lo avevano fatto. Accidenti se lo avevano fatto. Erano settimane ormai che non veniva mai lasciata da sola, settimane che la borsa per l'ospedale era pronta e il tragitto più breve e sicuro per il San Mungo studiato alla perfezione. Erano settimane che avevano vagliato ogni ipotesi possibile. Dove lasciare Jay, a chi lasciare la casa, cosa fare nel caso in cui ci fossero imprevisti. Erano pronti per qualunque cosa, ma nonostante ciò, non sarebbero mai stati davvero pronti. « Chiamo Harry, e i ragazzi. E mamma e papà. I tuoi fratelli, giusto? E.. ALBUS. Bisogna chiamare Albus. » « Ci.. ci penso io. » A ben guardare sembra più nervosa Ginny di quanto non lo sia Mun. Si agita mentre inizia a inviare patronus a non finire a chiunque debba essere messo al corrente del fatto che Mun sta andando all'ospedale. La piccola Carrow in tutta risposta, afferra a rallentatore il proprio cellulare e digita il tasto di chiamata veloce verso Albus. « Amore. Siediti. Ci sei? » Asserisce con voce estremamente pacata. « Lily sta arrivando. Ci vediamo al San Mungo. Ti amo. » Ecco, quel momento lo ha ripassato mentalmente tante volte. Il momento in cui gli avrebbe dato la notizia. La verità è che però si è sempre immaginata il momento in maniera ben più caotica. E invece è calma, nonostante le fitte e i calcetti che si sente all'altezza del ventre. Contrazioni. Lo guardo corre sull'orologio. Più di trentasecondi ogni otto minuti. È stranamente analitica seppur sia paralizzata. Il subconscio la sta avvertendo: farà male e non ti piacerà. Ma ne sarà valsa la pena. [...] Non deve essere un bello spettacolo. Se ne rende conto. Fa male. Ma ne sarà valsa la pena. Quello l'unico mantra che continua a ripetersi ogni qual volta una nuova contrazione la costringere a spingere. Ho detto cose orribili in quei momenti. Davvero orribili. Non le ricordo tutte, alcune mi appaiono fumose. Quei momenti sono stati intensi, con l'adrenalina sparata a mille nelle vene, talmente tanto da farmi diventare una iena. « Sei contento vero? Sei contento di avermi rovinata? [..] IO ERO UN FIORE PRIMA CHE ARRIVASSI TU! » E ancora un ormai classicissimo quanto lamentoso « Vattene Albus! » seguito da un ancor più classico « E CHE FAI, TE NE VAI DAVVERO? » So per certo di averlo odiato. E di averglielo anche detto più di una volta. E ricordo di aver urlato in maniera decisamente plateale di tirarla fuori il prima possibile. « Tu e i tuoi stupidi occhietti sognanti. Amore andrà tutto bene, un cazzo Albus! Non ci pensare proprio ad averne altri, perché io non ne voglio sapere, E PER NON RISCHIARE NON TE LA DARO' MAI PIU'! » Piccola eppure tagliente, quell'esserino alto poco più di un metro e cinquanta, si è trasformato in poche ore in una iena che di certo non ha risparmiato nessuno dei suoi colpi. Ad un certo punto persino il suo diniego di farsi fare l'epidurale era andato a farsi benedire. « Brava, bravissima.. manca pochissimo. » Quelle cose le ha sentite più di una volta, ma se all'inizio ci aveva persino creduto, man mano che il tempo passava, sentendosi sempre più esausta, quegli incoraggiamenti erano piuttosto riusciti solo a spazientirla ulteriormente. « Ooooooo, al prossimo che lo ripete lo prendo a colpi di Sectumsempra! E' da mezz’ora che dice di vederla; ma dov'è? Non ho mica il Channel Tunnel in mezzo alle gambe. » No. Non aveva 40 chilometri di tunnel in mezzo alle gambe, ma di certo, Lily si era dimostrata un bimba difficile da schiodare dal suo caldo abbraccio. Ma ecco, non importa quanto sia durato o quante cose decisamente poco gentili abbia urlato all'uomo della mia vita. Io lo amo davvero - giuro - solo non in quel momento. In quel momento avrei preferito potesse esplodere come uno dei personaggi surreali di Lynch. Sì. In quel momento mi avrebbe dato tanto gusto, ma immagino che dopo la soddisfazione iniziale, la sua scomparsa mi avrebbe solo provocato più scompenso. E poi.. in fondo ne è valsa la pena. [...] I neonati non sono belli. Mun ricorda di aver guardato foto di quei fagottini fino all'esaurimento. Appena nati sono rugosi e contrariati dal disturbo subito. Dicono che a nessuno piace quei fagotti nei primi minuti. Forse addirittura nelle prime ore, nei primi giorni. Il punto è che quando lo senti urlacchiare per la prima volta ti passa tutta la vita davanti. A me è successo. Improvvisamente tutti quegli sforzi e tutte le orribili parole non hanno più senso. Ed è così che si sente mentre stremata arriva finalmente ad accasciarsi cercando disperatamente la mano di Albus. Gli occhi di ghiaccio cercano di individuare l'ostetrica che si precipita dall'altra parte della stanza con il fagotto tra le mani per pulirlo e renderlo minimamente presentabile. Lì in quel momento, Mun rivede tutto. Tutti gli sforzi, le lacrime, le risate. E' tutto lì e si materializza nella minuscola figura che ha appena dato alla luce. L'esserino che lei e Albus hanno creato. Ci sono tutte le loro litigate, le orribili parole che si sono rivolti l'un l'altro, c'è ogni bacio che si sono scambiati, ogni effusione pubblica e privata che li ha portati fino a lì. Una donna se lo sente. Questo è l'inizio di una nuova avventura. Un avventura in quattro. E alla fine la vede. Gli occhietti appena schiusi di un azzurro talmente limpido da farla star male per quanto sono belli. Il contatto con la sua pelle, con il leggero accenno di capelli scuri. Sdentata e raggrinzita si accascia lì sul suo petto, esattamente dove dovrebbe essere mentre gli occhi colmi di lacrime di lei, si precipitano a ricercare quelli di Albus, completamente estasiata dalla visione di quella piccola umana in miniatura che sta già affidando la sua esistenza nelle loro mani, esercitando tutto il suo diritto a provare disagio nell'essere stata così malamente disturbata dal suo nido buio e caldo. I neonati non sono belli; affatto. Ma per Mun, Lily è perfetta, è bellissima, ed è la perfetta comunione di se stessa e l'uomo che ama e che ha scelto andando contro tutto e tutti. E' piccola e rumorosa, ma non appena la vede tra le braccia del suo papà, sa già che non ci sarà un'immagine più bella e perfetta di quella che ha di fronte agli occhi. Vorrebbe semplicemente addormentarsi. Riposare. Ma quell'immagine sembra catturare tutto il suo universo a tal punto da non poterne farne a meno. E' come una droga, un sedativa che allevia ogni male. Un tempo Mun disse ad Albus io ti ho toccato e ti ho distrutto. In ogni modo possibile, ti ho fatto appassire. Perché è questo ciò che faccio.. distruggo ogni cosa che tocco. E so che là fuori, c'è chi può darti molto di più. Eppure a ben guardare Albus e Mun erano esattamente nel posto in cui avrebbero dovuto trovarsi. E quel piccolo fagottino che tenevano tra le braccia era la degna celebrazione di ogni singolo istante vissuto assieme. Non ricorda quante volte gli ha detto di amarlo e quante volte ancora ha esordito con un grazie tra le lacrime mentre insieme osservavano la meraviglia di quell'esserino su cui avevano a lungo fantastico immaginandosi l'esatto momento in cui l'avrebbero abbracciato. « Ha i tuoi occhi.. e la capacità polmonare di nonna Molly. » E poi il buio. Benvenuta al mondo Lily Evans Potter. Il diciassette novembre era un giorno come un altro, ma tu l'hai reso il giorno più importante della mia vita. Infinity times infinity times infinity times infinity..

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    Il sole è alto nel cielo quando si risveglia nella stanza d'ospedale ancora dolorante, attirata tanto dalla curiosità di guardare l'infermiera che parcheggia accanto al suo letto una culla fluttuante, quanto dal terribile vociare che riesce a percepire forte e chiaro oltre la porta. La voce squillante di nonna Molly e di Ginny Weasley si confonde con altre più profonde che riesce a individuare meno chiaramente. Si porta una mano sulla fronte prima di tirarsi a sedere, individuando lo sguardo stanco di Albus seduto sul divano in dormiveglia. Scommetto che ti hanno esaurito. « Come stiamo oggi? » Vuota. È la prima parola che le viene in mente. Si sente vuota. Stranamente triste e felice contemporaneamente. Come se avesse perso qualcosa, guadagnandone una ben più preziosa. « Meglio di ieri a quest'ora. » La ragazza si appressa a sollevare il fagotto dalla culla mettendoglielo tra le braccia. « Ciao bambolina. » Man mano che si abitua al mondo che l'ha appena accolta, Lily sta già prendendo quei tipici connotati teneri dei neonati. Profuma di fresco. Di buono. Profuma di casa. « Sana come un pesce, e decisamente affamata. » « Non ne avevo dubbi. In fondo.. è una Potter. » E' una sopravvissuta. Questa gente - i Potter - tende a essere dura a morire. Sorride mentre lo sguardo si precipita verso la figura esausta di Albus. Vorrebbe dirgli di andare a casa, ma in fondo, per quanto sia un sentimento egoistico, non vuole restare da sola. « C'è un po' di gente là fuori, lo sai, vero Amunet? » Si schiarisce la voce mentre tenta di capire come sistemare la bambina per allattarla. Non ha la più pallida idea di come si faccia. Che cosa devo fare? A soccorrerla ci pensa sempre l'infermiera, che alla fine la lascia fare da sola. E' tutto naturale. Sa già cosa fare. E' istinto. Non ha bisogno di nessuno se non del supporto e la presenza del suo ragazzo. Più tutta la famiglia folle di cui fa parte. « Posso immaginare. Sono ufficialmente membro acquisito di un branco decisamente numeroso. » Si ritrova a chiedersi se ci sono anche i suoi fratelli, se qualcuno li ha avvisati. Si chiede se qualcuno lo ha detto a sua madre. Sono contenti? Sono felici per lei. Il vociare oltre la porta si intensifica, mentre lei dal canto suo getta la testa all'indietro, afferrando un bicchiere di plastica vuoto sul comodino gettandolo alla fine in direzione del ragazzo scoppiando leggermente a ridere mentre cerca di scuoterlo da quella condizione che sembra tra realtà e sogno. « Se io devo subirmeli, tu te li subirai assieme a me. » Asserisce infine con uno sguardo che ha del sarcastico e dell'infastidito. « Sia chiaro, se qualcuno ha il raffreddore, l'influenza, o anche solo una patologia congenita non trasmissibile, resta fuori da quella porta, finché Lily non avrà vent'anni e gli anticorpi necessari per combattere anche il cancro. » Sospira affondo carezzando dolcemente la piccola schiena della bambina prima di sorridergli con un che di sognante. Ce l'abbiamo fatta. In fondo cosa sarà un'orda di parenti quando abbiamo combattuto con una gravidanza inattesa durante l'apocalisse? « Mandarli a casa e dormire per un po' immagino sia escluso. » Il trambusto oltre quelle porte, tra cui la vocina cristallina di un bambino ben noto, lasciò ben poco spazio all'immaginazione. Ma andava bene così. Era stanca, ma estremamente felice. Non li aveva mai amati come li amava in quel preciso momento. « Tanti auguri papà! Ce l'abbiamo fatta. » E in tutta risposta un leggero singhiozzo della bimba tra le proprie braccia la fece sorridere colta da un'estrema tenerezza.


     
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    Dopo aver passato la sera prima a coordinare questa e quell'altra piccolezza, affinché tutto fosse pronto per il giorno dopo, eccola bella pimpante, nel suo vestitino rosso, con i capelli ondulati che ondeggiano ovunque, mentre ticchetta con i suoi stivali al ginocchio, in camoscio nero, lungo l'atrio del castello di Hogwarts. Sono passate da poco le nove di mattina, ma lei non vede già l'ora di andare all'ospedale, tanto da diventare sempre più impaziente, man mano che il tempo passa e lei si ritrova lì, ad aspettare che qualcuno si degni di riceverla. Certo che, se mi fanno aspettare anche solo altri cinque minuti, ritiro l'iscrizione al college. E' deciso. Perché è lì? Perché è del tutto determinata a trascinarsi dietro Fred, con il quale non ha esattamente riallacciato alla perfezione, ma sa che Mun e Albus sarebbero davvero felici di averlo lì con loro e sa anche che lui, alla fine dei conti, se ne pentirebbe, se non andasse. S0no Madre Teresa e non me sono mai accorta prima. Annotazione per i posteri: non vi fermate alle pratiche di beatificazione che credo di meritarmi decisamente la santità. E' già pronta a mettere su un casino, visto il ritardo che le stanno facendo fare, quando un ragazzo di cui non conosce nemmeno il nome, sicuramente più piccolo, si presenta, saltellando dal fondo del corridoio. « Ciao, buongiorno. Sono qui per fare uscire Fred Weasley. Sto aspettando che la preside mi riceva. » Il ragazzo, dai grandi occhi scuri, la guarda confuso, per poi grattarsi la nuca con una mano. « E' per caso sua madre? » Sgrana gli occhi, Maze, mentre sente un'ondata di caldo prenderle le vene, pronta già a sputargli addosso il fuoco. « Ti sembro sua madre? Avrò, sì e no, tre anni più di te. » « Io ho quattordici anni, signora. » Di male in peggio. Sbuffa, cercando di trattenersi dall'arrabbiarsi seriamente e, dopo qualche istante in cui ha tenuto gli occhi sapientemente chiusi, torna il sereno sul suo viso di porcellana, mentre gli dedica un sorriso dalle sfumature decisamente maligne. « Amore, ascolta, signora ci chiami tua nonna, va bene? » E un punto è andato. « E a quattordici anni fai già il lecchino della preside? Stai messo davvero male tesoro. Ora, messi in chiari questi due punti salienti, dove devo firmare per far uscire Fred Weasley? E' una questione famigliare e deve per forza venire con me. » Il ragazzetto ci pensa su e poi annuisce, interdetto sì, ma comunque abbastanza convinto da farle strada verso l'ufficio della preside. Lì è questione di pochi istanti. Fred viene immediatamente chiamato, gli viene firmato un permesso speciale e in pochi minuti sono fuori, a bearsi della fresca aria mattutina delle nove e trenta. « Non farti strane idee. Mi state comunque sulle palle, tu e il tuo atteggiamento di merda. Ma hai bisogno di me. » Alza un sopracciglio, voltandosi nella sua direzione per un mezzo sorriso, prima di riprendere a guardare avanti. « Spero che dopo questa smaterializzazione, non scapperai come un criminale nella notte come l'ultima volta. » Una frecciatina bella e buona, prima di allungare la mano a richiudersi sopra il braccio di lui e in un attimo scompaiono in una nube chiara.
    [..] E' passata un attimo da casa, per prendere regalini, regaletti, pacchetti e cibi vari, e ora, dopo aver caricato il ragazzo come un mulo, camminano lungo i corridoi del San Mungo, con un sciame di palloncini colorati che li seguono ad ogni passo che fanno. Ci sono quelli a forma di orsetto, quelli a forma di ciuccio, quelli a forma di biberon, quelli a forma di fiocco e quello più grande che proclama, a lettere cubitali, un "benvenuta piccola", di un brillante rosa glitterato. « Che situazione eh.. » prende a dire, con le labbra rosse che si trasformano in una linea retta. E' davvero una situazione strana, non tanto per lei che è elettrizzata come non mai, ma per Fred. Sa che i rapporti non si sono mai distesi tra lui e la coppia e quella, ufficialmente, è la prima volta che li incontra. « Sono certa che il regalino ti aiuterà a mitigare quel senso di disagio che proverete. E' bellissimo e piacerà tantissimo, sia a Lily che a loro. » Gli sorride, come a volerlo incoraggiare, per poi arrivare di fronte alla porta della camera dove c'è Mun.
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    E' arrivata altra gente, prima di loro, gente tra la quale si divincola, con una certa leggiadria, per essere la prima in fila, trascinandosi dietro il rosso. « Che fortuna essere arrivati così in anticipo, hai visto? Siamo in pole position. » Scoppia a ridere, cercando di stemperare l'imbarazzo che è evidente nei suoi occhi. « Andrà tutto bene, fidati di me. Andiamo! » Si fa avanti nella cameretta, con un sorriso a trentadue denti, lasciando immediatamente andare i palloncini, che ingombrano l'ambiente, salendo verso l'alto. « Uragano Maze è arrivato in città! » Si annuncia, per poi fiondarsi verso il letto, ma rallenta, sempre di più, mentre si avvicina. Le si stringe il cuore, nel vedere Mun tenere tra le braccia la piccola appena nata. Gli occhi le si riempiono di lacrime e sente di aver perso tutte quelle parole che era pronta a dirle, fino a quel momento. Si blocca, silenziosa, dopo aver poggiato a terra tutti i vari pacchetti riposti in una sarcastica borsa natalizia, per poi rimanere a rimirarle, con una mano che va a coprirle le labbra, quasi imbarazzata. Non vorrebbe piangere, si è ripromessa di non farlo, ma è più forte di lei e un paio di lacrime scendono, rumorose più che mai, lungo il viso. « Ora la faccio finita, lo giuro. » Il suo sguardo, che si tramuta velocemente, diventando di un grigio chiaro, si posa su Albus, per poi sorridergli. « Congratulazioni! » Gli dice, per poi tornare a Mun. Si scongela dopo qualche istante, dopo aver realizzato, finalmente, che la sua miglior amica è diventata mamma. E' maturata, si è trasformata, è diventata una persona del tutto diversa dalla ragazza che ricorda essersi rintanata in un armadio, solo un anno prima. Si fa più vicina, camminando sulle punte per non ticchettare e disturbare il sonno angelico della bambina. La guarda da vicino e sorride, non potendo fare a meno di risultare una completa deficiente. « E' bellissima » si ritrova a commentare, prima di tornare a guardare la ragazza. « E tu sei stata bravissima. » Posa una mano sulla sua fronte, per poi depositare un bacio tra i suoi capelli. « Sei una mamma. » Le sussurra, per poi staccarsi. E' più una constatazione che fa per se stessa. Ora, che la vede così, capisce. Il suo mondo è cambiato, il suo intero mondo ora è la piccola che ha tra le braccia. « Ma rimani pur sempre una ragazza con certe esigenze. » Alza le sopracciglia, abbassandosi a recuperare la sacca. La posiziona sopra la poltroncina al fianco del letto e comincia a tirarvi fuori di tutto. « Pensavi forse che mi sarei presentata senza un mazzo di ortensie e rose bianche? Pazza. » Lo passa a Fred, con sguardo eloquente, aspettando che sia lui a far qualcosa. « Serve un vaso e dell'acqua per mettercelo dentro.. » gli suggerisce con un sorriso. Immerge nuovamente la mano nella sacca e ne estrae un caldo accappatoio multicolore, a forma di unicorno. « Guarda, ha anche il piccolo corno sul cappuccio. » Lo indica elettrizzata a Mun, posandoglielo poi accanto, affinché lo possa vedere da più vicino. « Questa è per Jay. Se la merita tutta. » Tira fuori una fascia, sul quale è dipinta, con un bel verde brillante "Fratello maggiore migliore del mondo." « Questa invece è per te. » Lancia ad Albus una scatolini di preservativi, con un fiocco sopra. « Fanne buon uso, così magari la prossima volta ti ricordi di usarli. » Scherza su, sapendo perfettamente che al suo interno troverà un pacchetto di sigari toscani, per quello che ha sentito dire (traduzione = dopo aver passato ore ed ore a fare ricerche online, a riguardo) essere il primo rito di un neo papà: la fumata di sigari insieme ai suoi amici. « Potreste fumarne due insieme. » Butta là l'idea, guardando il moro e poi il rosso al suo fianco. « Non qui dentro, mi sembra ovvio. » Ammonisce entrambi, per poi tirare fuori un vassoio di dolci e un pacchetto per Mun. « I dolci di Pierre, ormai è una tradizione. Ho portato anche dello champagne, se a qualcuno dovesse andare. Di sicuro un brindisi è d'obbligo. » Le fa un occhiolino, mentre l'aiuta a scartare il piccolo pensiero. « Un gioiello da Tiffany è per sempre, dico bene? » Sorride, mentre un bracciale compare ai loro occhi. Ha il classico cuore, tipico dell'azienda, sul quale Maze ha fatto incastonare un piccolo zaffiro, con la data di nascita di Lily. « Ed è davvero per sempre, questa volta. » Commenta, tornando a guardare la piccola, per poi allungare una mano. Chiede il permesso, con gli occhi, a Mun, per poi carezzarle una guancia, delicata come mai in vita sua. « E' morbidissima. Senti che pelle.. » E' dolcissima. Non può non continuare a sorridere, mentre sposta la sacca, per sedersi sulla poltroncina. « Devi raccontarmi tutto. Parti dal come stai e poi voglio gli aneddoti più divertenti del parto. » Lancia un'occhiata ad Albus. « Ti prego, dimmi che te n'ha urlate dietro di ogni. Perché avrebbe fatto benissimo. »

    La camera è invasa dai pochissimi e sobrissimi palloncini che hanno portato Maze e Fred.
    Interagito con Fred, Mun e Albus.

     
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    « Sono praticamente appena entrata nell'atrio del San Mungo. In questo istante. » Tiene il cellulare stretto all'orecchio, mentre avanza a grandi passi nell'ambiente grande e accogliente dell'ospedale magico. Sorpassa il banco informazioni all'entrata senza nemmeno pensarci, tutta presa dalla foga e dalla conversazione che sta intrattenendo al telefono. « Mamma mia, sono emozionata Lympy. » La voce si fa più acuta, mentre un sorrisino vispo appare sulle sue labbra. Si ferma un attimo a studiare le indicazioni appese al muro, per poi proseguire lungo un ampio corridoio bianco e asettico. « Sì, sì, prometto. Ti mando un milione di foto della bimba appena arrivo. Sempre se la Carrow non si mette a dire che anche il flash fa male a Broccolina. No, okay, giuro che la smetto... Eh no ma penso che Albus non lo stia nemmeno guardando il cellulare, figurati. Sì, sì, quando lo vedo glielo dico, tranquilla. » Solo in quell'istante, mentre Olympia sta rispondendo dall'altra parte del telefono, si accorge di non aver più fatto caso alle indicazioni dell'ospedale, ma di aver proseguito un po' a caso, troppo colta dalla sua foga generale, dalle fantasie ricamate dalla sua mente e dalla conversazione con l'amica. Si guarda intorno, spaesata. Dalla porta aperta di una delle stanze riesce ad intravedere un uomo sull'ottantina, sdraiato su un letto, che tossisce. « Cazzo » impreca, a bassa voce, interrompendo il discorso di Olympia. « Niente, mi sa che mi sono persa. Appena capisco come trovarli ti richiamo, promesso. »
    Riattacca la chiamata e ripone il telefono nella tasca del pesante giubbotto che ancora l'avvolge, e che comincia anche a farla sudare, visto il caldo che c'è all'interno dell'edificio, e considerata la camminata frenetica appena fatta. Abbassa la zip e apre la giacca, allora, sventolandosi poi con le mani, mentre emette un grosso sbuffo. Si guarda intorno, nel frattempo, e gli occhi castani sembrano illuminarsi non appena incrociano una figura in camice. Gli si avvicina di soppiatto, per poi bussargli sulla spalla.
    « Salve! » tuona, squillante, non appena il dottore (o almeno quello che suppone sia tale) si volta. « Sa dirmi dove si trova il reparto di... » Acciglia la fronte, mentre riflette. Come si chiama il reparto dove nascono i bambini? Ginecologia? Vabbè, meglio non rischiare. « Dove stanno i bambini? »
    « Pediatria è al piano terra, segue questo corridoio e poi va a destra. »
    Annuisce, mentre segue con lo sguardo le indicazioni che l'uomo le dà, l'aria concentrata. Poi, ad un tratto, come colta da un pensiero illuminante, scuote la testa. « Sì, però, mmmh... Io sto cercando dove stanno i bambini, sa, quelli appena nati. Con le mamme, famiglia e tutto quanto. » Gesticola, mentre cerca di spiegarsi alla bell'e meglio, e nonostante ciò, anche dopo aver concluso di parlare l'uomo resta a guardarla qualche istante con aria perplessa.
    « Terzo piano allora. Percorre questo corridoio al contrario e, una volta arrivata alla hall, prende l'ascensore. » Annuisce freneticamente, nell'ascoltarlo. Perfetto. Lo ringrazia in modo spicciolo, prima di ritornare sui propri passi, e ripercorrere il corridoio verso l'entrata. Non ama ammetterlo, nemmeno a se stessa, ma, oltre che elettrizzata, si sente effettivamente un po' in ansia. È la prima volta che un suo amico così vicino a lei ha un bambino (che lei ne sia cosciente, per lo meno) e non sa bene come gestire questa cosa. Se Jay è stata una scoperta scioccante su tutti i fronti, la nascita della nuova arrivata in famiglia Potter è stata accolta da tutti prima dall'ennesimo shock, certo, ma poi è diventato un avvenimento da attendere quasi con trepidazione. E per quanto Malia non abbia mai adorato particolarmente i bambini, è più che felice che questo giorno sia finalmente arrivato, perché ha avuto modo di assistere alla viva emozione crescere negli occhi di Albus, nel corso delle ultime settimane.
    « Signor Potter! » Esclama, a gran voce, quando il suo sguardo, del tutto casualmente, trova nella hall dell'ospedale il padre di Albus, Olympia, James e Sirius. Gli sorride, mentre sventola una mano nella sua direzione per farsi vedere, e poi si avvicina.
    « Malia! Tutto bene? Stavo andando al bar per prendere qualcosa da mettere sotto i denti per tutti quanti. Sei appena arrivata? Vuoi che ti prenda qualcosa? »
    Scuote la testa, per tutta risposta. Immagina che lui e il resto della famiglia abbiano dormito e mangiato davvero poco, nelle ultime ore. « No, grazie davvero. Come sta? Immagino siate tutti un po' stanchi e affamati. » Ride, sistemandosi meglio la borsa sulla spalla.
    « Eh, affamati soprattutto. » L'uomo dagli occhiali tondi le sorride di rimando, mentre porta una mano all'altezza della pancia, dandosi una pacca, per rimarcare il concetto. « Però siamo felici. È andato tutto bene, la bimba è bellissima e questo è l'importante. » L'espressione di Malia si scioglie, nel sentire quelle parole, il sorriso che si allarga sempre di più. Non ha mai assistito ad una nascita, e una parte di lei ha sempre voluto far parte di quel nucleo di gioia e amore che si forma intorno ad un piccolo nuovo arrivato al mondo. Per questo motivo, la felicità del signor Harry pare renderla ancora più impaziente e vogliosa di vedere Albus, Amunet e la nuova piccola Potter.
    « Mamma mia, che bello. Non vedo l'ora di vederli, tutti quanti » commenta, emozionata, e subito dopo l'uomo le indica l'ascensore che sta alle sue spalle.
    « Dai, non ti trattengo oltre allora. Ci vediamo più tardi su. Oh, la stanza è la 324. »
    Dopo aver ringraziato ed essersi congedata dall'uomo, Malia si precipita nell'ascensore in tutta fretta, l'impazienza ormai evidente in ogni suo movimento. Le sembra tutto così surreale. Se mesi prima qualcuno le avesse detto che presto sarebbero stati tutti al sicuro da ogni pericolo mortale, e che un giorno lei si sarebbe ritrovata a vagare per i corridoi del San Mungo, con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia in modalità perenne, per andare a fare visita alla figlia appena nata di Albus, avrebbe pensato si trattasse di una profezia letta al contrario, come minimo.
    « Siri! » Alza decisamente troppo la voce, non appena individua il profilo del ragazzo in fondo al corridoio, e corre nella sua direzione, per stringerlo in un abbraccio caloroso. « Come stai? Cavoli, quanto sei contento eh? » Gli sorride, dandogli una pacca sulla spalla. « Ehi Judah! » Accanto a lui nota il gemello di Amunet, al quale rivolge prima un sorriso, e poi un abbraccio, anche se più rapido e meno caloroso rispetto a quello rivolto al giovane Potter. Lo sguardo si sposta dunque sul vetro che separa il corridoio dalla stanza in cui si trovano gli altri, e dal quale si riesce ad intravedere un po' l'interno, grazie alle tende semiaperte. « Aspetta quelli sono... Fred? Con... la Greengrass? E sono venuti insieme? » Abbassa la voce, nel tentativo di rivolgersi solo a Sirius, al quale si avvicina. Osserva, con aria un po' accigliata, la scena dall'esterno, incerta su come commentare la cosa. Lo sguardo scorre rapidamente dal profilo di Fred a quello di Albus, poi su Amunet, e di nuovo su Fred. Che situazione strana. Scuote leggermente la testa, per poi prendere sottobraccio il giovane Potter, con fare deciso. « Dai, accompagnami. Mi fa troppo strano entrare da sola, con loro lì... » Oltre al fatto che lei e Fred non si parlano praticamente da un sacco di tempo, non sente si troverebbe davvero a proprio agio lì dentro, da sola. Per questo motivo non accetta nessuna lamentela da parte di Sirius, e se lo trascina dietro fin dentro alla stanza.
    « Ma buoooongiorno! » Saluta così, e le sue attenzioni, sulle prime, sono tutte rivolte in direzione di Amunet, che tiene in braccio un piccolo fagottino. Il sorriso sul volto della giovane Grifondoro si distende mentre, pian piano, la mano che fino ad ora era stretta forte intorno al braccio di Siri, un po' per la tensione e un po' per il disagio, allenta la presa. Si approccia prima ad Albus, che è il più vicino alla porta, e che stringe in un caloroso abbraccio. « Mamma mia Al, non ci posso proprio credere. Fino a un anno fa eri un coglione qualunque e adesso sei un padre di famiglia. » Ridacchia, prima di sciogliere l'abbraccio e lasciare al ragazzo un affettuoso bacio sulla guancia. « Okay, adesso togliti di mezzo, che non sei tu la star della situazione. » Lo liquida così, con una risata, prima di avvicinarsi al letto dove si trova Mun, con la nuova arrivata in braccio. Rivolge due rapidi cenni di saluto a Fred e alla Greengrass, senza soffermarvisi troppo, per poi avvicinarsi di più alla neo-mamma. Le sorride, mentre si appoggia con un braccio alla testiera del letto, e la guarda dall'alto.
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    Ha il volto dall'aria stanca e un po' provata, delle profonde occhiaie che le solcano lo spazio sotto gli occhi, eppure un sorriso smagliante, e un'espressione di estrema gioia che Malia non crede di averle mai visto addosso. « Mamma mia Carrow, sembra che sei finita sotto ad un camion. » Pronuncia quella battuta con una certa ironia, eppure c'è un velo di tenerezza nel suo allungare la mano per accarezzare la chioma corvina della compagna, con delicatezza e prudenza, e sistemarle una ciocca dietro l'orecchio. Si avvicina un po' di più, così da carezzare, col dorso dell'indice, un po' della pelle scoperta di quel piccolo fagottino. Benvenuta al mondo, piccola Lily. « Ma quanto sei carina? » dice, la voce più acuta e scherzosa, come se volesse parlare direttamente alla piccola. « Ma sei proprio una piccola... fagiolina! » Ride, sommessamente, per non disturbare il sonno della bambina, lo sguardo che per brevi istanti incrocia prima quello di Albus, poi quello di Amunet. « Allora, come ti senti? Stanca? » Chiede, accomodandosi poi su una delle sedie libere, accanto al piccolo letto. Poi si morde il labbro inferiore, guardando la giovane ragazza. « Ma soprattutto... quanto ha fatto male? »
     
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    A mali estremi, estremi rimedi, si era detto Sirius. Il tempo che aveva avuto a disposizione era ormai agli sgoccioli e non aveva ricavato un ragno dal buco. Mesi prima aveva fatto una promessa ad Amunet, quella di provare a riunire la sua famiglia o quantomeno riunirla a Judah - Deimos non lo conosceva e, a dirla tutta, continuava a fargli sempre un po' di paura. Ma ogni volta che, nell'intimità di una serata passata da soli anche solo a parlare, provava anche solo a sfiorare l'argomento "Fagiolino", sentiva JJ irrigidirsi appena. Era certo che aveva avuto modo di pensare nel corso di tutti quei lunghissimi nove mesi e accanto a sé non vedeva più il giovanotto che con una mazza era arrivato ubriaco sotto casa di Teddy ad urlare a tutto spiano: lo vedeva cresciuto, più consapevole, ma non ancora pronto. Io però non ho più tempo e so già che, se glielo chiedo dritto per dritto, lui non viene. E' trooooppo orgoglioso. Quando Albus gli aveva detto che oramai era questione di giorni, il giovane Potter aveva deciso di giocarsi l'ultima carta, la più audace ed estrema che avesse potuto concepire per aiutare il prossimo: sacrificare sé stesso. Se non vuoi andare all'ospedale per tua sorella, allora lo farai per me! Come il genio del male che non era, Sirius aveva architettato tutto nei minimi dettagli: per una settimana aveva dormito con la finestra aperta, lasciando che il freddo dell'inverno scozzese penetrasse nella sua stanza, al dormitorio di Grifondoro. Il primo giorno, nessun cambiamento degno di nota. Al secondo, notò che la gola gli faceva un po' male, di tanto in tanto. Al quarto, non riusciva a non tirar su col naso ogni cinque minuti. Al settimo, arrivarono gli starnuti e un colorito purpureo sulle gote. Sirius si era preso un raffreddore coi fiocchi. Con questa "scusa" aveva convinto Judah ad accompagnarlo al San Mungo, perché naturalmente il raffreddore non è qualcosa che risolvi in cinque minuti con una Pozione Smocciolosa, ah? Noooo, serve un guaritore, uno esperto possibilmente. Sto morendo Budi! Forse era stato un po' villano far levare sui sentimenti del suo ragazzo per fargli fare qualcosa che non si sentiva, ma in cuor suo Sirius era convinto al cento per cento che anche lui volesse assistere alla nascita della sua prima nipote: perché, che piacesse o no, Lily era una Potter ma era anche una Carrow. E ai Carrow 'ste robe del sangue piacciono davvero un botto. Cioè, sono tipo un sacco importanti. Il fatto che un traballante Siri si fosse diretto immediatamente agli ascensori invece che passare dall'accettazione sarebbe stato già di per sé un elemento di sospetto più che degno; il fatto che avesse sul visino la sua tipica espressione colpevole, poi, non lasciava adito a dubbi. Ma Judah non l'aveva ancora ucciso e questo, forse, poteva vederlo come un punto a favore della causa. Quando furono da soli nell'ascensore, che stranamente iniziò a salire verso il terzo piano invece di scendere al pronto soccorso o agli ambulatori, Sirius decise di svuotare il sacco: meglio in un ambiente protetto e chiuso, lontano da orecchie indiscrete, dove JJ avrebbe potuto urlargli conto senza vergogna piuttosto che davanti a tutti i parenti. « Ehm.. Budi, sendi, g'è gualgosa ghe devo dirdi. » Magari il naso tappato gli fa tenerezza e non mi appiccica al muro? « Io.. non è che sdo male.. cioè sdo male.. mi sa che ho la febbre.. ok non ti ingazzare di brego... maaa forse.. tipo.. oggi Mun bardorisce. » Ma io sono davvero una schiappa a mantenere i segreti o ad architettare piani malefici.. e tu, credo avessi già capito tutto, vero? « Grazie ber essere gui. E ber non avermi uggiso. Di bagerei ma.. ma.. ETCIU'! » Poco di mancò che lo prendesse in piena faccia con uno starnuto. No, non era l'occasione giusta per amoreggiare in ascensore. Si soffiò rumorosamente il naso, in maniera assai poco romantica, ma quello si ritappò nel giro di due nanosecondi. Quando arrivarono al terzo piano, nella sala d'attesa trovarono solo Harry e Ginny, mentre James era andato a prendere i nonni come suo solito. La signora Potter sbiancò nel vedere suo figlio in quello stato: non tanto perché fosse realmente preoccupata per la sua salute, quanto perché era palese che dietro quel raffreddore ci fosse l'ennesima trovata di un marmocchio con troppo sangue Weasley nelle vene. « Giao Ma'! Giao Pa'! Dov'è Al? » Un urlo acutissimo fece voltare il gruppo di scatto verso una porta a doppio battente, che conduceva al reparto di Ginecologia. Due possibilità: o una Banshee era stata assunta come ostetrica dal San Mungo, o è iniziata. Ci sarebbe stato da aspettare e fu contento di non essere solo. E a proposito.. « Ohi.. lui è Judah. E'.. » si voltò a guardarlo. Quanto avrebbe voluto urlare al mondo ciò che realmente Judah Carrow era per lui? Ma non era il momento, non era l'occasione giusta e JJ era già sottoposto a ben altri tipi di pressione. Non gli farò anche questo, gli ho già chiesto troppo. « Il fratello di Mun, giusto? Mi ricordo di te. » lo anticipò cordialmente Harry, allungando la mano in direzione del moro. Ah, già. La tresca con Olympia. Perlomeno possiamo saltare le presentazioni.

    L'attesa era stata snervante ma per fortuna lunga abbastanza perché la pozione facesse effetto. Un'infermiera passata di là aveva visto il suo viso ormai rosso come un pomodoro e gli aveva fornito una cura, semplice e indolore. "Anche perché scordati di entrare in quelle condizioni, giovanotto! Dovessi aspettare qui finché non guarisci, tu da malato non entri!" l'aveva ammonito l'infermiera. Nonna Molly era arrivata come un tornado seguita dal pacato e sorridente Arthur e da un James in evidente stato confusionario: la nonna non doveva aver smesso di parlare per tutto il viaggio, neanche un minuto. "Le avete fatto un beauty-case adeguato? Il pigiama nuovo? La copertina di Lily, quella che le ho tessuto io? Oh cielo non vedo l'ora di vederla! Avrà i capelli rossi? Per Diana, è una Weasley! Quasi una Weasley ma sono certa che somiglierà tutta ad Albus." Era contento però che i vecchi dissapori fossero spariti e che Amunet fosse stata ufficialmente accettata come parte integrante della famiglia. Molly era diventata a tutti gli effetti la matriarca di quel clan allargato e se lei era contenta per l'evento, allora ufficialmente l'evento stesso e tutti i protagonisti erano approvati. In quel frangente, Judah gli era rimasto accanto, vigile come suo solito; gli aveva perfino portato una cioccolata, quando l'aveva visto ciondolare pericolosamente e ad un certo punto si era perfino accasciato sulla sua spalla. Nel caos dell'andirivieni di parenti, di guaritori, perfino di Albus che di tanto in tanto sbucava per dar loro aggiornamenti ma che spariva in un batter d'occhio, ogni tanto Sirius intrecciava le dita a quelle di Jude e silenziosamente, con gli occhi, lo ringraziava di esserci, di essere stato paziente con lui. Non avrebbe potuto dirlo a voce, forse, ma la sua presenza era importante. Fondamentale. Diverse ore più tardi, arrivò l'annuncio, sotto forma di un'ostetrica che diede la lieta novella a Harry e Ginny, che la diedero a Molly, che la diede al resto dell'ospedale letteralmente urlando di gioia. E' nata! E' nata! Siri si ridestò dal torpore dell'attesa e scattò in piedi, gli occhi brillanti di emozione e un cuore nel petto che faceva di tutto per schizzar fuori ed esplodere come un fuoco d'artificio. Cercò gli occhi dei genitori, abbracciò forte Jay facendolo girare e infine, con un sospiro felice, trovò Judah accanto a sé. Sei sempre stato qui. Come potrò mai dimenticarlo? « Siamo zii! Urca.. siamo zii. » Già, era una situazione strana, la loro. Erano entrambi zii e al tempo stesso uniti. Oddio, questo non è considerabile incesto vero?! Jay fu il primo a sparire oltre le porte a vetri, appena Albus si fece rivedere. Fu poi la volta di nonna Molly, che avrebbe potuto far saltare in aria l'edificio, seguita da Harry e Ginny. Lasciò a James la precedenza di andare a congratularsi con la coppia e gonfiare il suo petto di zio d'orgoglio. Venne infine il turno degli zii più giovani. « Pronto? Non è niente di che, devi solo borbottare cose come fai sempre! Però.. puoi borbottare così carine? » Gli assestò una piccola spinta con la spalla, amichevole, quindi si immerse nel reparto per arrivare alla stanza 324. Albus aveva le occhiaie fin sotto le scarpe, un po' come tutti loro, ma in più gli si aggiungeva nel petto il fardello di un'emozione unica che nessun altro avrebbe potuto capire. Gli si avvicinò ad ampie falcate e lo abbracciò di getto, forte. « Congratulazioni! Non ti somiglia vero? Cioè, dai, non farle questo sgambetto già appena nata! » ragliò ridendo e scompigliandogli i capelli. Si era avvicinato prima al fratello, perdendo un po' di tempo, perché Judah potesse fare i conti con sua sorella. Con un braccio intorno alle spalle di Albus, osservò in disparte la scena. « E' venuto in pace. Ha fatto qualche commento suo, ma.. boh, è sua sorella e ho pensato che.. spero non ti dispiaccia. » I dissapori tra Jude e Albus non sarebbero potuti sparire da un giorno alla notte, era folle pensarlo, ma perfino Sirius sapeva quanto Mun tenesse alla presenza di suo fratello. Solo dopo qualche minuto, anche per evitare imbarazzanti silenzi dovuti al distacco, Sirius si intromise tra i fratelli Carrow, con quel suo sorriso raggiante e a tratti bambinesco. « Sciò, largo, andale! Padrino is coming! » Si appollaiò su una sedia al limitare del letto, per non incombere su una stanca e provata partoriente e sul suo meraviglioso frugoletto. Lily non era come se l'era immaginata, perché l'immaginazione di un adolescente non arriva a pennellare i veri dettagli di qualcosa di così folle e intricato come la nascita di una vita umana. Sapeva solo una cosa, il piccolo Siri: non voleva avvicinarsi troppo, come se quel quadro fosse già perfetto così. Voleva guardarlo da vicino, ma non da troppo vicino, per paura di macchiarne la perfezione. Ci sarà modo di prendere in braccio la piccola, di giocare con lei, di farle capire quanto amore le è stato già riservato. Ora no. Ora deve stare tra le braccia della madre. E alla madre si rivolse, sorridendole come poche volte aveva fatto prima, con una tenerezza e una serietà che denotavano, forse, quanto quell'esperienza lo stesse facendo crescere. « Sono tanto, tanto, tanto felice, Madama. » Felice per Lily, per la famiglia che le si è creata intorno, felice per te. « Dai, mi sa che è meglio che riposi, che mi sembri me dopo aver fatto nottata giocando a Fortnite! Noi torniamo.. » si sporse quindi di poco, per vedere bene in viso quel piccolo ammasso di rughe e dolcezza. « Preparati, picci. Farò di te la più giovane giocatrice di Super Mario che il mondo abbia mai visto! »

    [...]
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    « Siri! » Una voce ben conosciuta attirò l'attenzione del caposcuola, che stava bevendo l'ennesimo caffè in compagnia di Jude. Erano immersi in una vivace conversazione sui neonati e Sirius, sottovoce, aveva confessato al ragazzo che i bambini molto molto piccoli erano esattamente come lui si era sempre immaginato gli alieni. Coincidenza? Anche la gravidanza stessa era qualcosa di concettualmente splatter! Insomma, una delle tipiche conversazioni con cui tediava JJ quasi giornalmente. « Malia, ciao! Ce l'hai fatta! » Allargò le braccia per accoglierla in un abbraccio quasi fraterno, perché tale era la posizione di Malia Stone all'interno dell'universo Potter-Weasley: dopo anni ad averla accanto ai cenoni di Natale, Malia si era guadagnata un posto ad honorem in famiglia. « Come stai? Cavoli, quanto sei contento eh? » Glielo si poteva leggere in viso. Per fortuna la preside gli aveva concesso un permesso di un paio di giorni per poter stare lontano da Hogwarts, proprio in virtù di quel duro lavoro da padrino che già aveva preso con serietà assoluta. « Un bottooo! Ma poi, cioè, devi proprio vederla! E' così piiiiccola! Ha le mani minuscole! E ha questi occhioni che ti urlano di abbracciarla perché è sofficissima! » Cosa che, naturalmente, a Sirius non era stato ancora concesso. Ok padrino, ma resti un diciassettenne imbranato e iperemozionato. Ogni cosa a suo tempo. Le indicò la stanza e, purtroppo, ciò che nascondeva al suo interno. « Aspetta quelli sono... Fred? Con... la Greengrass? E sono venuti insieme? » Scosse la testa, il ragazzo, alzando una mano in segno di resa. « Guarda, zitta, c'è tre quarti di famiglia triggerata. Mamma ha dovuto portare via nonna Molly perché se no metteva le mani addosso ad entrambi, te lo dico io. » E a ben vedere, direi. Perfino Sirius era rimasto spiazzato nel veder arrivare la strana coppia, alla luce del fatto che uno dei due era suo cugino. « Cioè, ma come le salta in mente di venire dopo che il suo pischello ha messo Albus, i suoi fratelli, te sui manifesti da ricercati? Memoria corta intensifies! Fred poi incommentabile. Io taccio, che se no faccio un casino. Basta che non mi tocchi Lily. » Per quel motivo era rimasto fuori ma al tempo stesso vicino alla camera, come una sorta di cane da guardia pronto ad intervenire al minimo sgarro. Sarebbe volentieri rimasto fuori, se Malia non l'avesse letteralmente arpionato costringendolo ad entrare in quell'angusto spazio vitale, dove a suo vedere qualcosa stonava terribilmente. Lui aveva già abbondantemente fatto congratulazioni ed auguri ad entrambi ed era andato e venuto parecchie volte, portando loro qualunque cosa gli venisse chiesta. Per quel motivo, liberatosi dalla morsa della Stone, se ne rimase in disparte con le braccia al petto. Ignorò Fred, colpevole di aver fatto entrare quella creatura nella stessa stanza di sua nipote, ma con gli occhi cristallini rimase incollato a ciò che la Greengrass faceva, pronto a scattare. Cosa che fece, quando la vide allungare le mani verso la piccola. « We, weeee! » abbaiò. Giù le mani da Fagiolina, che magari la contagi con robaccia loggiosa. Non si fidava di lei, non le piaceva e tutto quel carosello gli sembrava così eccessivo, così fuori luogo. Ma solo dell'incolumità di Lily gli importava: come un fiore delicato, sentiva l'esigenza di proteggerla da tutto e tutti, non gli importava chi fosse. Perfino da un demone della Loggia.
     
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    « Freddie, sei dei nostri? » La voce di Wilde lo fa sobbalzare, mentre alza il capo, lo sguardo stanco, per ricercare la sua sagoma attraverso la serra. « Sì, sì, scusi. Tutto okay » « No perchè..Lo sai che hai la mano sulle foglie di una Mandragora, sì? » Cala lo sguardo, la fronte aggrottata « Oh, questa? » e fa per alzare la pianta, estirpandola dal letto di terra che la ricopre. « Nononono! Sì, quella. Ma non c'è bisogno che ce la fai vedere, okay? » L'uomo gli trotterella vicino, appoggiando le proprie mani sulle sue, con movimenti lenti e cauti, quasi come se stesse disinnescando una bomba. « Mi scusi.. » Borbotta a quel punto il rosso, come risvegliatosi solo in quel preciso momento. Cosa piuttosto realistica, dopotutto, se consideriamo il fatto che in quella notte non ha dormito quasi completamente. « Che succede? Stai bene? Non voglio farmi i fatti tuoi eh..Ma sai, cioè, ci stavi per ammazzare tutti, direi che siamo ad un certo grado di confidenza! » La voce del professore è ironica, con quel solito tono ilare che solitamente lo riesce a mettere di buon umore nonostante abbia sempre detestato quella materia, ma non oggi. E' nata, pensa, ed è tutto ciò che riesce a pensare da un giorno a questa parte. Da quando quell'obeso del suo gufo è riuscito a recapitargli quella lettera, la sua mente non è stata capace di concentrarsi su altro. Sapeva che prima o poi sarebbe successo, ma non immaginava che il tempo sarebbe trascorso così dannatamente in fretta. « Omiodio, chi è nato? » « Io non ho detto.. » « NoOoOoOOoOOn ci credo! La figlia del mio Potter preferito è nata! No vabeh, devi andarci Freddie, verrei con te se non fosse che..-Che palle ragazzi dobbiamo fare lezione per forza oggi? » L'uomo si gira verso il resto della classe, mentre il rosso sospira. In quelle serre c'è quasi morto una volta, risucchiato dal tranello del Diavolo, chissà, se cerca bene, forse si trova ancora lì, da qualche parte... « Devi portargli assolutamente qualcosa da parte mia! Una..una pianta! Si portano sempre le piante in queste occasioni. Sìsì. ..Dici che la maria non va bene in ospedale eh? » Scuote la testa, sconsolato. « Vabeh, allora- » « Fred Weasley, sei quì? Sei stato convocato dalla preside. » La voce del custode interrompe l'idillio di Wilde, mentre Freddie alza la testa, dapprima confuso, poi positivamente rassegnato. Mi metteranno in punizione per tutto il giorno e avrò la buona scusa per non andare in ospedale, pensa, sollevato, e solo dopo aver recuperato il suo zaino da un Alaric Wilde intento ad infilarci dentro Dio solo sa che cosa, eccolo che percorre i corridoi, con espressione stranamente rilassata, pronto ad accettare qualsiasi cacca di gufo da scrostare gli verrà affidata oggi, quando, voltato l'angolo... « Maze? » Domanda, sorpreso, nel vederla lì, impacchettata in un impeccabile abitino rosso. Tutto di lei lascia trasparire una felicità mal repressa, che il rosso non riesce proprio a condividere. E si sente davvero una merda a non farlo, perchè una nuova nascita in famiglia, è sempre qualcosa di bello. Ma lui non è capace, non adesso, non di saltellare e ridere e festeggiare. Non quando quella nuova nascita la riconduce a persone con cui non parla da mesi. Persone il quale ricordo riesce ancora a gettare un velo d'ombra in quella sua luce da poco rispolverata. E si perderebbe in chissà quale pensiero, se non fosse che alla fine, è la stessa Maze a distrarlo. Non sa nemmeno perchè diavolo sia lì. Tra di loro le cose non vanno alla grande da un po', eppure la Greengrass è là, smagliante e sgargiante come suo solito. « Non farti strane idee. Mi state comunque sulle palle, tu e il tuo atteggiamento di merda. Ma hai bisogno di me. » « Eh? » Le domanda dunque, confuso, la fronte corrugata. Alza lo sguardo quel tanto che basta per incrociare il suo viso. Gli sta sorridendo, come non fa da..beh, da un sacco di tempo. E ciò lo porta a sua volta a piegare quel broncio nella bozza -uscita male, ma pur sempre una bozza!- di un lieve sorriso, quando.. « No aspetta. Non vorrai andare.. Nononono. Ci andrò, promesso, ma adesso..Cioè, ho lezione! » Che scusa del cazzo, Weasley. Scusa che, per l'appunto, non sortisce alcun effetto, perchè la mora è già pronta ad afferrarlo per una mano. « Spero che dopo questa smaterializzazione, non scapperai come un criminale nella notte come l'ultima volta. » « La coltellatina prima di smaterializzarci è proprio necessar- »

    [...] « Ma tipo non pensi che il tuo amore nei loro confronti lo avrebbero capito già al..boh, primo regalo? » La sua voce trapela attraverso la pila di pacchi, pacchetti, bustine e palloncini coi quali la ragazza lo ha riempito da quando hanno messo piede al S. Mungo. Riesce a vedere a malapena di fronte a sè, quindi avanza un po' a tentoni, seguendo il ticchettio delle scarpe dell'amica. Alla fine dei conti, gli è grato di essere lì, con lui. Sa quanto quella situazione sia..Particolare, e ad affrontarla da solo non crede di esser in grado di farcela. « Che situazione eh.. » Sembra leggergli nel pensiero Maze, e Freddie annuisce, mordicchiandosi il labbro inferiore. Il cuore che gli batte all'impazzata, man mano che si avvicinano sempre di più alla stanza prestabilita. Nella sua testa, una marea di dubbi. Non dovrei essere quì, pensa. Lo odieranno, di questo ne è quasi più che sicuro. Non che in famiglia non si sia mai fatto vedere, di questi tempi, ma è diverso. E' diverso perchè sta andando incontro proprio a ciò che, da quella famiglia, lo ha allontanato, qualche tempo fa. Proprio a ciò che non ha avuto il coraggio nè la forza di affrontare, in tutti quei mesi, limitandosi a scomparire. E da un lato sparire, persino adesso, persino a pochi passi da quella porticina bianca, gli sembra anche questa volta la soluzione più adatta. Stanno meglio senza di me, lo sono stati per tutto questo tempo. Eppure c'è una parte di sè, una parte del solito Freddie di sempre, che ci spera. Forse ingenuamente, forse inutilmente, ma ci spera davvero. Così come ha sperato qualche ora fa, quando Maze lo ha aiutato a scegliere il regalo giusto da portar loro. Ha sperato che le cose si possano sistemare, in qualche modo. Non definitivamente, non subito, ma almeno un po'. Gli mancano, cazzo se gli mancano. Al di là di tutto, al di là di quanto in questo tempo possa esser sembrato il contrario, ci tiene a loro, uno per uno, e tutta quella situazione lo ha fatto star male ai tempi e continua a farlo anche adesso. « Già. Grazie di esser quì con me » Mormora dunque verso la ragazza, con un lieve sorriso che distende quell'apparente broncio. « Sono certa che il regalino ti aiuterà a mitigare quel senso di disagio che proverete. E' bellissimo e piacerà tantissimo, sia a Lily che a loro. » Annuisce, sospirando. Ed è mentre pronuncia tra sè e sè un lo spero anch'io, che fanno la loro entrata in scena. C'è altra gente dentro, visi conosciuti ai quali fa qualche cenno del capo, mentre cerca un luogo dove depositare i vari pacchi e pacchetti. Indaffarato, lo sguardo fisso su quanto trasporta tra le mani. Sono lì, ne vede le sagome, ma non ha ancora il coraggio di alzare lo sguardo. « Che fortuna essere arrivati così in anticipo, hai visto? Siamo in pole position. » « Che culo. » Commenta, borbottando, ma ciò nonostante la segue, rincuorato almeno un po' ad suo invito a farsi avanti. E alla fine eccoli, in prossimità del lettino. Posa le buste per terra e lascia andare i palloncini, Freddie, mordicchiandosi l'interno della guancia e rialzandosi lentamente. Okay, è arrivato il momento di guardarli in faccia. Che dici? E lo fa, infine. Dapprima lo sguardo si posiziona sulle lenzuola bianche del letto, poi risale, fino a scorgerla. Amunet Carrow è lì, con la piccola Lily tra le braccia. Accanto a lei Albus, con una strana luce negli occhi. E lo conosce bene quello scintillio, Freddie. E' felicità, di quella vera. Di quella che è sempre stato difficile ritrovare in un soggetto come suo cugino, il suo migliore amico. E' felice, lo è davvero, e lo è con quella donna. Quelle due donne. Ed è quindi in pochi istanti che qualsiasi dubbio sembra scemare. Sono ancora lì, questo è chiaro, perchè di domande senza risposta ce ne sono e ce ne saranno tante ancora per un po'. Ma ciò nonostante qualsiasi paura, di arrabbiarsi, di innervosirsi, offendersi o chissà cos'altro, viene attutita da ciò che vede. Un quadretto che mai avrebbe immaginato, questo è vero, ma che lo fa sorridere, infine, smosso dall'affetto che, nonostante tutto, prova e proverà sempre per quelle persone. E per la piccola Lily, che si accoccola al grembo della madre. Resta dunque imbambolato lì, ammutolito da tutta quella confusione che imperversa nella sua mente, mentre Maze, al contrario, parla e trotterella qua e là come un uragano impazzito. Quindi allunga le braccia, quasi automaticamente non appena lei gli porge il mazzo di fiori. E resta imbambolato
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    « Serve un vaso e dell'acqua per mettercelo dentro.. » fin quando non sobbalza, farfugliando un « Oh, sì, giusto, un vaso e dell'acqua » ed andando a cercare l'occorrente. Lo ritrova su un mobiletto della camera, e sistemata la situazione, torna sul posto. « Potreste fumarne due insieme. Non qui dentro, mi sembra ovvio. » Lancia un'occhiata alla scatola di sigari, poi a suo cugino, incrociandone lo sguardo per la prima volta. Fa come per dire qualcosa, boccheggiando, ma è a quel punto che viene distratto. Riconosce Malia farsi spazio tra la folla di gente, per andare a porgere i suoi saluti alla mamma ed alla nuova arrivata in famiglia. Lo ignora, e lui decide di fare lo stesso, semplicemente indietreggiando di qualche passo. Ma alla fine, allo scatto repentino di quello che riconosce essere come Sirius, pronto a mettersi in mezzo tra Maze e la piccola, aggrotta la fronte, confuso. Il motivo non viene specificato, non a parole per lo meno, ma non ci vuole tanto per capirlo. E allora è veloce a sua volta, il rosso, nel mettersi in mezzo. « Fai sul serio? » Dice, rivolto al cugino. « Non morde, sai? » Lo sguardo aranciato si assottiglia. « E' stata invitata a dare un saluto alla piccola, come te, come me, come tutti. Proprio dai suoi genitori » Lancia uno sguardo a Mun ed Albus, poi a Maze, poi torna a Sirius. « Pensi avrebbero mai invitato in ospedale una minaccia per Lily? Non direi. E non capisco perchè questa paura. Cos'ha fatto di male? Credi voglia soffocarci tutti con dei palloncini all'elio? » Solo perchè è stata ciò che è stata, un tempo ormai lontano? « Anche le cattive influenze, possono esser messe da parte, e non per forza condizionare ogni cosa che facciamo. Lily non ne è forse la prova, di tutto questo? La figlia di un Potter e una Carrow. La dimostrazione vivente che il pregiudizio non serve a nulla. » Non più. « Come immagino sia stato l'intento di Albus e Amunet, invitandoci, una nascita non dovrebbe servire a riunirci, almeno un po'? » Sospira. « So che sono l'ultimo a poter parlare, ragazzi, lo so bene. Ma non è giusto. Non è giusto nei confronti di Maze, non è giusto nei confronti di Albus e Amunet, e, specialmente, non è giusto nei confronti di Lily. Oscurare la sua nascita con le nostre rimostranze, non è corretto, nè negarle tutto l'amore che si merita, da ognuno di noi, solo perchè noi grandi abbiamo qualche problema tra noi. E' questo il mondo in cui vogliamo accoglierla? » Respira a fondo, dando un'occhiata a Maze. Le sorride, come a volerla rassicurare con un tacito "è tutto okay" poi si rigira verso Sirius e Malia, che spera abbiano capito cosa intende dire e l'importanza -almeno secondo il suo parere- del proprio discorso, ed infine verso i due genitori. « Abbiamo un sacco di cose di cui parlare, noi, lo so bene. Ma oggi quello che vi voglio dire è grazie, per avermi reso partecipe nonostante tutto. » Per avermi dato la possibilità di non rovinare anche quanto di più bello ci possa essere. Una nuova nascita, una nuova vita. E' per questo che non voglio che siano altri, a farlo, e lotterò affinchè non succeda. Ci troviamo di fronte a qualcosa di più importante di tutto il resto. Molto più grande delle nostre inutili fissazioni. « Sono contento, per voi, per la piccola, e per la vostra felicità. » Sorride prima ad Albus, poi a Mun, soffermandosi per qualche momento, prima di porgere loro una bustina color lilla, contenente il suo regalo. Una tutina da babbo Natale leggermente più grande, per poterla usare il prossimo mese, alle feste in casa Potter-Weasley. « Auguri ragazzi. E benvenuta Lily. »
     
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    « Mà.. Cià. Sto andando al lavoro. Ah si? Davvero.. Ora.. Ah ok, ora chiamo al lavoro. » James Sirius Potter sbuffa innervosito. « Ma io che ti ho fatto di male nella vita eh? Si ma sempre a me tocca.. Mà sta cosa protratta avanti per anni rende l'impresa titanica di un parto, una barzelletta. Va beh scuuuusa! MA NON POSSIAMO CHIEDERE CHE NE SO.. A HUGO? O ci mandiamo quella carogna di Ben.. Ah non ha la patente okè. - Sì che ce l'ha la patente. » Annuisce il biondo al telefono mentre Ginny Weasley continua a dargli indicazioni su cosa fare e su come muoversi. La gerarca nazista di casa Potter è chiara. James deve andare a prelevare Molly e Arthur a casa. Ed è proprio questa l'impresa titanica di cui parla. Guidare con nonna Molly alla propria sinistra non è mai cosa da niente. Poco dopo è di nuovo al telefono. « Senti Siri c'è Mun che partorisce. Vado a prendere i nonni. Che ti serve un passaggio? La mamma ti ha mandato il permesso. Ah.. Va beh si si, okei ci vediamo là. No guarda lascia stare il regalo me lo devono fare loro perché mi carico la gerarca nazista originale. » Alza nuovamente gli occhi al cielo. « Si però respira per piacere. Portati una busta di carta appresso. Macché stai male? Va beh prendi qualcosa.. si. Cià. » E dicendo ciò eccolo salire questa volta in macchina e non sulla sua solita preziosissima moto per dirigersi verso la Tana dove una nonna Molly è già carica di pacchi, imbacuccata fino alle orecchie, con la seguito un nonno Arthur decisamente più calmo e pacato che ha un sorriso che va da un'orecchio all'altro. Giornata importante; oggi diventano bisnonni. Immagina sia una grossa realizzazione, arrivare a veder nascere una nuova generazione, avere la possibilità di impartire loro storie esattamente come avevano fatto con lui e i suoi fratelli e cugini. « Dai su nonna, dà qua. Guarda puoi pure sederti dietro, non c'è problema, abbiamo spazio a sufficienza nel portabagagli per le trecentomigliaiadicoseche.. » Ma niente. nonna Molly si siede alla sua sinistra e inizia a dargli indicazioni, mentre ogni tanto si gira per commentare le sue aspettative sul momento in cui vedrà finalmente la piccola Lily. « E guarda la strada, disgraziato. » « Nonno potresti dire alla nonna che NON POSSO CONCENTRARMI SE MI DÀ UNO SCAPPELLOTTO OGNI DUE PER TRE? » Nel corso degli anni, l'esaurimento di James nei confronti di sua nonna è salito alle stelle. Complice il fatto che James, Albus, Sirius e Olympia avevano avuto solo due nonni e non avevano mai conosciuto quelli da parte del padre, i due si erano sentiti a maggior ragione in dovere di accalappiarseli e dare loro tutte le attenzioni necessarie affinché si sentissero dei nipoti ben voluti e a tratti bistrattati come da tradizione quando si entrava nelle grazie di Molly Weasley. Non era che la signora Weasley ce l'avesse davvero con James o con Albus, o a tratti con Sirius, era piuttosto che voleva loro troppo bene per vederli rovinarsi. « IL MIO ALBUS STA DIVENTANDO PAPA'!!!! » Tuona ad un certo punto tra le lacrime, mentre sono ancora in macchina. Tira su col naso e James non può fare a meno di girarsi a guardarla con una nota colma di confusione. « GRAZIE, MERLINO, GRAZIE! Grazie di averlo distolto dalla brutta strada che aveva preso. Io ormai non ci credevo più! Santa quella ragazza! SANTISSIMA! » « Ma chi.. la Carrow. » Nonno Arthur picchetta sulla sua spalla scuotendo la testa, prima che James si metta in aperta polemica sulla questione con Molly Weasley. Perché ormai tutti sapevano cosa pensasse nonna Molly sul conto della ragazza-svergognata di Albus all'inizio. Si meritano l'un l'altro a vicenda. L'avevano tutti sentita commentare. Guardate come hanno ridotto il mio povero Fred. Eppure era bastata la notizia di un pargoletto che li costringeva a mettere la testa apposto affinché Molly Weasley vedesse improvvisamente in loro i nuovi Lily e James Potter della situazione. Giovani, combattivi e pure con due figli al seguito. Lei ha pure accettato Jay. Ecco, se fosse stato più crudele e se avesse voluto meno bene a nonna Molly di quanto effettivamente gliene voleva, James tutte quelle contraddizioni alla nonna gliel'avrebbe fatte notare, non tanto per farle cambiare idea su Albus e Mun - che secondo il suo modesto parere potevano fare quello che volevano e scegliere di portare avanti le loro vite come meglio pensassero - quanto per far notare a nonna Molly che spesso era ingiusta nei suoi giudizi. Giunti all'ospedale, Molly precedente tanto James e che Arthur, precipitandosi verso gli ascensori senza nemmeno passare per l'accettazione. Sua madre aveva dato loro tutte le indicazioni. Scuote la testa appena incontra lo sguardo di Sirius e sospira disperato prima di gettarsi su una delle sedie in corridoio gettando la testa all'indietro. « Quando prendi la patente, io me ne lavo le mani. » Asserisce in direzione del fratello visibilmente esaurito. Accanto a lui un ben più silenzioso e meno entusiasta Judah Carrow al quale si avvicina stringendogli cordialmente la mano. Mai stato simpatico, soprattutto nel periodo in cui frequentava sua sorella, ma ormai, immaginava fossero in un certo qual modo una famiglia sola. Albus e Mun li avevano messi tutti quanti di fronte a quel supplizio che potevano ormai solo che accettare tentando di andare d'accordo. « Come va? Ansioso? » Chiede quindi al giovane Carrow prima di gettare lo sguardo sul fratello che continua a tirare su col naso come un rincoglionito. L'ha sentito al telefono e la sua voce era un casino, ma quella brutta cera era peggiore di quanto si immaginasse. Qualunque commento venne abbandonato a un secondo momento quando un ringhiare decisamente esagerato a detta di James era iniziato a fuoriuscire da quelle porte. Non si era risparmiato una serie di commenti decisamente fuori posto come ad esempio da oggi minimo tre guanti.. meglio non sentire niente che sentire 'sta roba e via così. Non comprendeva fino in fondo James, le scelte di Albus, ma alla fine dei conti, doveva anche ammettere che non le avrebbe mai comprese finché non si fosse trovato al suo posto. Poteva fare il gradasso e raccontarsi che avrebbe agito diversamente, ma la verità è che James, Albus e Sirius sono stati cresciuti in un certo modo e volenti o nolenti, quel modo di crescere e i modelli ricevuti li avrebbero sempre condizionati come uomini. E dopo ore di urli e imprecazioni, con un James sempre intento a portare qualcosa da mangiare o da bere ad Albus sotto strette direttive di Ginny che lo mandava alle macchinette o giù al bar praticamente ogni mezz'ora, alla fine Lily era nata. Giunto il suo turno a darle il benvenuto, aveva finalmente abbracciato forte il fratello e aveva persino posato un bacio leggero sulla fronte di Mun, per poi ritirarsi in fretta, convinto che avrebbe avuto tutto il tempo del mondo per conoscere meglio in seguito quella nana.

    E' incollato contro il vetro che separa la stanza che raccoglie tutti i vari neonati.. tutti in fila come a una fiera. Non deve essere molto piacevole, sentirsi così osservati. Lui però a occhi solo per una culla in particolare. Me l'aspettavo più bella. Cioè è un sacco piccola, ma non la definirei bella. A ben guardare però, nessuno di quei fagotti potrebbe essere definito bello. Alla suo fianco ci sono tanto Albus quanto Sirius, e insieme stanno fissando quella fila di neonati tutti pronti a tornare dalle proprie mamme, papà, zii, nipoti e compagnia ballante. Avvolge le spalle di entrambi i fratelli attirandoli di più a sé, dando una pacca di incoraggiamento al maggiore dei due. « Senti non vorrei essere indelicato, ma davvero vengono fuori da lì sotto? Hai tipo.. guardato? » Tra maschi si poteva fare. Lo sapeva James che l'importante era non dire certe cose in presenza di Mun, non solo perché non avevano tutta quella confidenza, ma perché in fondo doveva essere una cosa davvero privata. « No no no, non rispondere, lascia stare. Va bene così. Credo di non volerlo sapere.. mai. » Gli scompiglia i capelli con fare affettuoso, come fa praticamente da quando tutti e tre erano niente più che due nani poco più alti di Jay. « E quindi ragazzi si passa a una nuova fase. Padri.. zii.. PADRINI. » E nel dire ciò solleva un sopracciglio in direzione del più piccolo pronto a metterlo in mezzo e prenderlo in giro al suo solito. Sa quanto sia orgoglioso Sirius di quel suo ruolo. E' diventato un disco rotto negli ultimi mesi sul conto. Quando fagiolina nasce farò questo, quello e quell'altro. James in tutta risposta corrispondeva le sue aspettative con un paraculissimo quando nasce le farò da babysitter solo per far finta che sia mia figlia. I neopapà rimorchiano che è una meraviglia. Soprattutto se ci farcisi la storia con un drammatico spirito da neopapà single. E in fondo tutte quelle aspettative avevano di fondo un'unica grande verità: la gioia e la curiosità di scoprire come sarebbe stata la loro vita dopo. Era indubbio che quell'evento li avesse avvicinati negli ultimi tempi più del solito. Aveva persino costretto James a fermarsi, piuttosto che continuare a sbattere come un gallo senza testa da un posto all'altro senza trovare il proprio posto nel mondo. In fondo Malia Stone aveva ragione: era solo questione di tempo prima che ciascuno trovasse la sua dimensione. E quella di James, in mezzo ai fratelli più piccoli, non gli stava poi così stretta come pensasse. « E' una bella cosa.. davvero bella. » Annuisce improvvisamente piuttosto pensieroso. « Resta però il fatto che lo zio più megagalattico resto io e tutti gli altri a casa. Tu sei il primo.. PADRINO. » Scoppia a ridere e insieme continuano a fissare quel batuffolo. E' una sensazione stranamente rilassante e pacifica, quella che gli infonde il dolce sonno di Lily Evans Potter.

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    E' seduto per terra in un angolo della stanza intendo a intrattenere Jay con una serie infinita di giochi stupidi per dare un po' di respiro ai neo genitori dai quali il bambino non sembra pronto a staccarsi nemmeno per un attimo. Si sta rendendo ridicolo, lo sa, ma gli va bene così; in fondo gli fa tenerezza vedere come è facile distrarre Jay dai suoi capricci. « Uno, due, tre.. PEEKABOO. » E poi ancora vuoi vedere una magia, e vuoi vedere questo trucco e quell'altro, mentre Mun allatta il bambino in compagnia di un Albus che va beh l'abbiamo perso. Chiamate il 911. « Uragano Maze è arrivato in città! » E fu davvero un uragano che fece sorridere inizialmente James fino al punto di dover soffocare una serie di risate piuttosto evidenti, mentre lo sguardo seguiva quello del fratello decisamente stanco, seduto al suo posto. Donne. Mai un giorno di pace con loro. Fa strano tutto ciò a James. Fa strano rendersi conto di quanto folle sta diventando la sua famiglia, considerando quella decisamente più folle di Mun, con amici e riccanza sobria annessa. Maze Greengrass è solo la punta dell'iceberg. Una decisamente sopra le righe. Prese a mangiucchiare un po' di salatini osservando la scena, mentre di tanto in tanto, allungava ciotola in direzione del mini Albus alla sua destra che in tutta risposta, cercava invece le caramelle gommose nella tasca della sua giacca. Pochi istanti gli ci vollero per rendersi conto che Maze Greengrass non era da sola, bensì in compagnia di suo cugino Fred. Fu solo allora che si rese conto di quanto improvvisamente pesante si fosse fatta l'aria nella stanza. Una situazione che portava con sé non poco imbarazzo anche a giudicare dal silenzio che tendeva a protrarre avanti il rosso. Era come guardare un film; una commedia romantica di bassa lega, un filmetto di serie B, in cui quel debosciato di suo fratello ci si era ficcato a forza di finire al letto con l'unica donna che avrebbe dovuto essere off limits per lui - e che si dava caso fosse ora la madre di suo figlio. Di intervenire non se la sentì. Anzi, se non fosse stato per via di Jay che di schiodare non voleva sentirne parlare, probabilmente sarebbe scappato fuori dalla stanza prima ancora che uno dei presenti aprisse bocca. Battute di troppo a parte, che fanno storcere non poco il naso a James, la situazione è gestibile, almeno dal punto di vista del maggiore che prende tutto troppo alla leggera. Il sorriso si allarga sul suo volto non appena a comparire dalla porta è Malia a cui getta addosso un paio di salatini non appena si è seduta per attirare la sua attenzione. « Pst! Psssssst! Sei una sola! Me lo potevi dire che stavi arrivando. » Asserisce a bassa voce, cercando di non interrompere il restante degli scambi, quando ormai il suo imbarazzante momento da amica tutto fuorché esperta nel trattare con un neonato si è concluso. « Dopo scendiamo in caffetteria? Portiamo il debosciato a mangiare. Dicono che per cena c'è il polpettone. » Getta un leggero sguardo al fratello rimasto in un angolo e alza gli occhi al cielo quando, l'apparente equilibrio si rompe al suo sfortunatissimo « We, weeee! » Sirius il suo lavoro a tempo pieno per sempre, fino alla morte e anche oltre l'ha preso davvero sul serio. E' stato uno dei più entusiasti sin dal primo momento dell'evento. Dopo Albus, il primo a dargli la notizia di fagiolina era stato proprio lui, chiamandolo solo per descrivergli per due ore di fila il modo in cui Albus e Mun gli hanno proposto di diventare padrino della bambina che ai tempi era solo un mucchietto di cellule. We, weeee! E poi il mondo si ferma. E persino James capisce che in quel momento l'unico suono dentro la stanza e il suo indisturbato masticare. « Padrino Siri in pole position. » Tenta di buttarla lì sul ridere. Ma la questione precipita velocemente prima che chiunque possa intervenire sulla questione. « Fai sul serio? Non morde, sai? E' stata invitata a dare un saluto alla piccola, come te, come me, come tutti. Proprio dai suoi genitori. Pensi avrebbero mai invitato in ospedale una minaccia per Lily? Non direi. E non capisco perchè questa paura. Cos'ha fatto di male? Credi voglia soffocarci tutti con dei palloncini all'elio? » Riesce finalmente a ingoiare gli avanzi di salatini che tentava di masticare da mezz'ora mentre il discorso di Fred continua. Un sermone in tutta regola, che lo porta a volersi seriamente seppellire. Si sente di troppo. Sente che non è lì che dovrebbero discutere, o portare a galla determinati argomenti, soprattutto quando una delle origini degli screzi in famiglia si trova lì stretta su quel lettino con una bimba addormentata tra le braccia. « Abbiamo un sacco di cose di cui parlare, noi, lo so bene. Ma oggi quello che vi voglio dire è grazie, per avermi reso partecipe nonostante tutto. Sono contento, per voi, per la piccola, e per la vostra felicità. Auguri ragazzi. E benvenuta Lily. » Immagina però che a quel punto il discorso non si sarebbe concluso solo perché Fred Weasley diceva fosse concluso; anzi, conoscendo le teste calde - Sirius in particolar modo in quel momento - non si sarebbe trattenuto più di tanto, e avrebbero continuato a dare spettacolo di fronte a una neonata che meno dei genitori, meno di chiunque altri lì presente, si sarebbe meritata quell'accoglienza. « Va beh ragazzi.. » Asserisce infine, alzandosi in piedi, conducendo Jay verso la sedia su cui era seduta Malia. Si avvicina appena lasciandoglielo in custodia. « Tienilo d'occhio finché non tornano mamma e papà per piacere. » E non è più divertito a quel punto. « ..direi che abbiamo dato abbastanza spettacolo Potter - Weasley qui, quindi se vogliamo continuare con le nostre solite cazzate - » E nel dire ciò coprì per un istante le orecchie di Jay. « -vi invito - anzi insisto - che vengano spostate in corridoio. Dove appartengono. » E non accetta un no come risposta a quel punto, mentre fa cenno tanto a Sirius quanto a Fred di uscire, gettando uno sguardo verso Albus. Non sei costretto, ma mi sa che riguarda soprattutto te. Di fronte all'evidente lapidario Sirius, James solleva un sopracciglio. « Dai su esci. Nessuno soffocherà Lily con la cordicella di un palloncino. Mun non è da sola, se è questo che ti preoccupa. C'è anche Malia. Di Malia ti fidi giusto? E poi se proprio ti preoccupi, ricordati come urla. Sei qui fuori ok? » Sirius è impetuoso, e decisamente ha dimostrato di essere molto protettivo nei confronti di Lily in particolar modo, ecco perché in quel momento si sente di rassicurarlo sotto voce prima di liberare la stanza da tutto il testosterone. Non appena sono fuori l'umore del maggiore dei Potter si fa nero. Tenta di essere calmo James, ma chiaramente non lo è. La situazione è complicata, difficile da gestire, ma in fondo, loro hanno sempre risolto i loro problemi. Forse è tempo di risolverli una volta per tutte. In un modo o nell'altro. « Lì dentro c'è una bambina che non si merita né battute sui preservativi, né sermoni, né tanto meno screzi inutili. Riusciamo a essere civili tutti quanti? » Si volta infine verso Fred, scuotendo la testa. « A proposito, bentornato tra noi Fred. E' un piacere sapere che sei ancora vivo. E' ancora più piacevole constatare che la prima volta che ti becchiamo, hai lezioni di galateo da impartire su come non oscurare la nascita della nana. » Scuote la testa con una nota delusa negli occhi. « Guardami attentamente Fred. Io non sono il tuo nemico, né ti ho mai fatto alcun torto, quindi fatti due conti in tasca se sono io a chiederti che cazzo hai nel cervello. » Ha sempre serbato estrema simpatia verso Fred. Si è anche sentito un po' invidioso del rapporto che scorreva tra lui e il fratello minore. Si erano presi a pelle, più di chiunque altri. Condividevano tutto, erano semplicemente insperabili, a tal punto da vivere in simbiosi. « Perché concordo sul fatto che oscurare la nascita di Lily con le vostre rimostranze è da idioti patentati, ma lo è ancora di più sottolinearle, mettendosi apertamente contro la gente che conosci e ti conosce da quando sei nato. » Io non so più chi sei. Sputi nel piatto in cui hai mangiato da una vita. E questa cosa mi delude, mi fa ribollire il sangue nelle vene e ribaltare le budella. Eravate come fratelli. Eravamo tutti come fratelli. Ne abbiamo combinate tante insieme. E improvvisamente, nonostante questo, la famiglia si trova spaccata in due. Non c'è nulla di più importante della famiglia. Nulla che possa sostituirla. Ci hanno insegnato così. E' per questo che siamo accorsi qui. E' per questo che dovremmo essere tutti qui. Perché noi siamo cresciuti conoscendo il significato profondo della parola famiglia. Ci siamo sempre spalleggiati. Indipendentemente da quanto difficile risultasse. Io per voi occulterei un cadavere, vi difenderei a spada tratta anche quando avete torto marcio, perché è questo ciò che ho imparato stando a stretto contatto con tutti voi. « Non è che devi essere d'accordo con quello che fa o dice Sirius, ma mi pare un po' fuori anche rimarcare la cosa mettendo su un melodramma qui e adesso. » Potevi dirglielo in separata sede. Potevate suonarvele quando vi sareste trovati a quattro occhi. Nemmeno io concordo su tutto ciò che dite o fate, così come, probabilmente io non sono né il fratello dell'anno, né il cugino del secolo. Ma noi a vicenda ci spalleggiamo. Indipendentemente.



    Edited by blue velvet - 2/12/2018, 18:20
     
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    Dire che avesse fatto carte false per poter andare a trovare la neonata sarebbe stato davvero riduttivo. Randy Blackwater, che fino ad appena qualche mese addietro aveva reagito all'idea dei bambini piccoli più o meno come si reagisce alla presenza di una bomba a mano nella tua stessa stanza, si era impegnato per riuscire ad evadere da quella prigione chiamata Hogwarts, organizzandosi pure, inaspettatamente, con settimane di anticipo. Dopotutto, nonostante fosse legalmente maggiorenne, ci voleva sempre un permesso per potersi spingere oltre le mura. E se valeva per Hogsmeade, non ci voleva una laurea per capire che, quando si trattava di Londra, il tutto diventava anche più complesso. Non aiutava, poi, il fatto che - nonostante i suoi genitori adottivi fossero, di fatto, due cuori di panna - ci tenessero particolarmente alla sua istruzione. E il giovane Blackwater si rendeva conto che questo aspetto in particolare potesse avere a che fare con le bocciature che aveva alle spalle, ma non gli importava più di tanto. Anzitutto, se tutto fosse andato secondo i piani, si sarebbe diplomato quell'anno. Poi, si era detto, quella di riuscire ad andare al San Mungo nonostante tutto, era per lui una questione di principio. E no, non perché andando a trovare la piccola Lily avrebbe potuto balzare le noiosissime ore di Storia della Magia, no; si trattava della venuta al mondo della secondogenita del suo migliore amico. Non andare a trovarlo a qualsiasi costo, sarebbe stato più o meno l'equivalente dello schiaffeggiarlo con un guanto. Perlomeno, questo era ciò che si era detto. Al solito, nell'affermazione dai toni cinici, si celava una motivazione diversa. Albus era il suo migliore amico, vero, e sentiva di doverglielo. E di doverlo anche a sé stesso. In fondo, sebbene non si fosse mai degnato di riconoscerlo, quella era l'unica conclusione possibile, l'unico modo per chiudere effettivamente quel cerchio. Randy, sebbene inizialmente restio a prendere parte a tutto quello, c'era stato fin dall'inizio. E, a modo suo, aveva cercato di dare una mano a quella nuova famiglia ancor prima che la bambina vedesse la luce. Sì ok, ma se tutto questo mi spetta di diritto, allora perché sto prendendo il terzo caffé consecutivo e non ho ancora alzato il culo dalla sedia? Sì, perché l'aveva infine avuta vinta. Era riuscito a convincere i suoi, che l'avevano accompagnato in ospedale di buon mattino. Eppure non era ancora salito di sopra, né aveva ancora contattato Albus per dare un segno di vita. Era persino uscito a fumare, tatticamente, quando aveva intravisto i Potter-Weasley fare il loro ingresso nella stessa caffetteria, appena prima di essere intercettato. No, adesso basta. Si disse, mandando giù quel che restava della propria bevanda e raccogliendo le buste che aveva portato con sé. Per un attimo ponderò di uscire a fumare ancora un'alta sigaretta, ma si fermò appena prima di varcare la soglia, facendo dietrofront. Se ricomincio a fare la ciminiera, non ci arrivo mai, si disse per convincersi. Ed era nervoso. Ed il fatto stesso di essere nervoso, se possibile, lo innervosiva ancora di più. Il punto era che lui non ci sapeva fare coi bambini piccoli. Certo, in qualche modo era riuscito ad entrare nelle grazie di Jay, ma supponeva che tutto ciò avesse a che fare col fatto che mini-Potter sapesse parlare. E deambulare per conto proprio. Il tutto si riduceva, appunto, al fatto che non potesse romperlo. E così, arrivato a pochi passi dalla stanza, prese nuovamente in considerazione di ruotare su sé stesso e riscendere di sotto. Coraggioso, niente da dire. Ma si rese conto, nel momento stesso in cui vide un gruppo di persone parlottare in corridoio - volti noti, tra i quali quello di James Potter in persona - di non poterlo fare. Era troppo tardi. Il suo destino era segnato. Sbuffò - irritato dalla sua stessa irritazione - prima di fare un profondo respiro ed entrare nella fatidica stanza d'ospedale.
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    « Beh, buongiorno! » Disse, passando in rassegna i presenti con lo sguardo. C'era la neo- mamma, ovviamente. C'era Maze Greengrass. C'erano anche la Stone e il gemello di Amunet. Ma, soprattutto, vicino alla Stone - prese nota mentalmente - c'era l'unico altro essere umano di dimensioni ridotte con cui sapesse trattare. A quest'ultimo, fece un mezzo sorriso e l'occhiolino. Si diresse quindi in direzione del letto, dove la Carrow si trovava. Insieme al fagottino. « Congratulazioni, neo-mamma. » Le sorrise, senza però avvicinarsi troppo. « Scommetto che non te l'aspettavi, eh? » Si riferiva, chiaramente, alla propria presenza al San Mungo. Non aveva fatto sapere niente fino all'ultimo. In fondo non è certo, si era detto. E le scuse erano state molteplici: prima non aveva il permesso. Poi, una volta avuto il permesso, si era detto che... no, non si era detto nulla. Aveva ignorato la cosa perché troppo orgoglioso per ammettere di essere vagamente inquietato da una neonata. « Mi sentivo di rinnovare la raccomandazione riguardo la torre di Astronomia. » Ironizzò. « E porto doni, come sempre, e per questi doni mi serve l'aiuto del mio assistente speciale. Jay Potter, se mi dai una mano, potresti scoprire che là dentro c'è qualcosa anche per te. » Disse, poggiando la busta a terra, in attesa che il bambino lo raggiungesse. Gli diede il tempo di rovistare nella busta, intanto, dalla sua posizione non troppo lontana dalla neonata per non vederla e non troppo vicina per poterle arrecare danno, osservò quello che riusciva a vedere. Ossia un fagottino. « Ma è un... dinosauro! » Randy rise, all'osservazione del bambino, abbassandosi perché fossero sullo stesso livello ed aiutandolo a tirare fuori un qualcosa che altro non era che un pigiama, il classico onesie, a forma di dinosauro. Seguito da uno identico, ma molto più piccolo. « Ovviamente » Disse, rivolgendosi al bambino e scompigliandogli i capelli con affetto. « Tu sei il dinosauro più grande, quindi il guardiano. Capito? » Gli sorrise un'ultima volta, prima di tirarsi su ed avvicinarsi a Mun, lanciando occhiate tra l'incuriosito e l'intimorito al fagottino che reggeva. « Quindi... come va? » Si passò una mano tra i capelli, per fare un ulteriore mezzo sorriso. « Non ti ho portato dei fiori, ma vedo che qualcuno ci ha già pensato al posto mio. Però ti ho portato questo. » Uno scialle blu, che poteva fare anche da coperta alla bimba, dello stesso materiale della famosa sciarpa. La poggiò su una sedia lì accanto. E, siccome non sapeva bene che fare, si sedette sulla prima sedia libera che fosse riuscito ad individuare.

    Edited by blackwater‚ - 3/12/2018, 01:08
     
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    Se l'era visto arrivare barcollante giú al campus, Jude, mentre era intento a capirci qualcosa di giurisprudenza magica - che aveva scoperto detestare con tutto sè stesso. Il piccolo Potter, non aveva una splendida cera, ma dopotutto il moro lo aveva largamente avvisato nei giorni precedenti che sarebbe andata a finire cosí: per Sirius sembrava metá agosto seppur si trovassero quasi agli inizi di dicembre, visto che spalancava le finestre e si scopriva il piú possibile appena poteva, quindi adesso era matematico che starnutisse ed avesse appiccicati sul volto tratti vagamente somiglianti a quelli degli zombie che la facevano da padroni nelle case stregate dei luna park. « Fammi indovinare, ti stai appassionando all'arte babbana ed il tuo quadro preferito è diventato L'Urlo di Munch » Aveva cercato di scherzare con cipiglio vagamente divertito, proponendo a Sirius di fare un salto in infermeria quando lui invece voleva passare direttamente al prontosoccorso, consultando lungo il tragitto un'agenzia di pompe funebri. Sto morendo, ed anche se non stava affatto morendo, Carrow si sentí braccato e, per non correre alcun rischio che avrebbe potuto renderlo uno spietato omicida insensibile, assecondò le volontá del giovane Potter benchè tutta la faccenda lo insospettisse in particolar modo. Perchè andare in ospedale per uno stupidissimo raffreddore? Pensò, senza peró rivolgere i propri dubbi al diretto interessato che quasi si stava affannando per raggiungere il S. Mungo, trascinandolo letteralmente per un braccio. « Cos'è, hai fretta? » In sei mesi, una cosa che Judah aveva capito perfettamente, era che Sirius non era bravo con i segreti, nè a dire bugie. Lo vedeva fremere ogni volta che lo sguardo accigliato del giovane raggiungeva i suoi occhi, i quali, puntualmente, cercavano una via di fuga. Ogni singolo nervo sussultava sottopelle quando Jude lo incalzava, tentando di tirargli fuori dalle labbra la veritá con le pinzette, ma Sirius riusciva a desistere tra uno starnuto e l'altro. Arrivati al S.Mungo, Paperella si ficcò diretto negli ascensori, premendo il pulsante del terzo piano invece di scendere ai piani inferiori, lí dove c'erano gli ambulatori ed il prontosoccorso. « ...Sirius? » Biascicò, Jude, umettandosi le labbra con la punta della lingua prima di incorciare le braccia al petto, quasi a chiedere spiegazioni. Se lo sentiva che tutto quello era un modo per metterlo in trappola, per fare qualcosa che non voleva fare. Non era la prima volta che Siri usava degli escamotage per addolcire l'animo burbero di quel Carrow, che faceva ció che andava fatto solo per vie traverse. « Ehm.. Budi, sendi, g'è gualgosa ghe devo dirdi. Io.. non è che sdo male.. cioè sdo male.. mi sa che ho la febbre.. ok non ti ingazzare di brego... maaa forse.. tipo.. oggi Mun bardorisce. Grazie ber essere gui. E ber non avermi uggiso. Di bagerei ma.. ma.. ETCIU'! » Judah, avrebbe dovuto immaginare che ci fosse Amunet di mezzo, ma era l'ultima persona a cui aveva effettivamente pensato. Per lui quella gravidanza era cosí lontana dalla sua quotidianitá, che aveva sempre percepito l'evento di una nascita surreale, ed era comunque qualcosa a cui non era pronto e che non riusciva ad accettare. Mun mamma, io zio, i Carrow inesistenti. Si irrigidí, le labbra andarono a combaciare in una linea sottile, inesistente, le mani si ficcarono meccanicamente nelle tasche della giacca ed il volto giró da tutt'altra parte. No, non avrebbe ucciso Sirius, perchè stava male e perchè non poteva condannarlo per il suo buon cuore, ma non poteva nascondere il disagio che iniziava lievemente a velargli l'espressione ed i movimenti. Non disse nulla, lasciò parlare il silenzio mentre, al ragazzo, allungava un fazzoletto con cui soffiarsi il naso. Per il piccolo Potter era importante, e per Jude era fondamentale stargli vicino anche in situazioni che avrebbe preferito di gran lunga evitare. Il corridoio davanti al quale venne catapultato, una volta che le porte dell'ascensore furono spalancate, gli sembró infinito. Sirius giá correva verso la sala d'aspetto, entusiasta, mentre il moro rimase un po’ sulle sue, immobile nel bel mezzo del reparto. Ci mise una manciata di secondi prima di decidersi a muoversi, ma ad ogni passo diveniva sempre piú incerto, fino a pietrificarsi del tutto davanti ai genitori di Sirius, che giá aveva conosciuto per via di Olympia. Ancora una volta non riuscí a dire nulla, nè a fare un sorriso, restando nettamente in disparte. La cosa divenne ancora piú imbarazzante quando Sirius tentò di tirarlo nella conversazione, presentandolo, ma bloccandosi nell'esatto istante in cui avrebbe dovuto dargli una qualifica: lui è Judah, il mio ragazzo o il fratello di Amunet? Si scambiarono un paio di sguardi a vuoto, complici, prima che Harry intervenisse, liberandoli da ogni impiccio. Il fatto che il collegiale fosse sempre, costantemente, in compagnia di Sirius, qualche sospetto sicuramente lo aveva fatto sorgere, ma per ora preferiva non girare il coltello nella piaga. Tra me e Sirius c'è solo una profonda e non tanto solida amicizia, sembravano borbottare i suoi occhi, quasi a dissipare ogni dubbio mentre stringeva la mano del padre, e poi quella della madre. Se solo la mia famiglia fosse quella di un paio di anni fa, fin qui non ci saremmo mai arrivati. Effettivamente, JJ, aveva immaginato quel momento in modo totalmente diverso, aveva sempre visto Amunet all'apice della sua carriera, sposata con un uomo del calibro di Douglas; e per sè stesso invece aveva immaginato un matrimonio solido con una donna che lo avrebbe sostenuto durante le sue campagne per diventare, chissá, ministro della magia. Il tutto era condito da figli e nipoti rigorosamente Carrow, destinati a condurre vite brillanti almeno quanto le loro. Ma ora come ora Judah non sapeva nemmeno se li avrebbe avuti, dei figli . Carne della sua carne, sangue del suo sangue. Se era vero che la vita che aveva scelto di condurre fosse quella al fianco di Sirius, i solidi ideali che gli erano stati inculcati, a cui tutt'ora credeva, sarebbero stati messi nettamente da parte perchè “l'amore tra due persone dello stesso sesso, non è naturale”. Chiunque gli girasse intorno dei suoi amici altolocati, la pensava nel medesimo modo, e Judah era costretto a dare man forte alle insinuazioni medievali di cui lui stesso ne era la prova contraria. Per il giovane Carrow era stato tutto naturale, fin dagli inizi, il sentimento che provava per Sirius era dei piú puri che potessero esistere, ma di sicuro il solo sentimento non sarebbe stato in grado a dargli dei figli col suo stesso corredo genetico. Avvinghiato ad una delle sedie della sala d'aspetto, sussultando ogni qual volta un urlo di Amunet giungeva alle sue orecchie, Jude restò in attesa della lieta notizia in compagnia di Siri, e del resto della sua famiglia: era l'unico Carrow a presenziare all'evento. Un semplice intruso ficcato in un ospedale pubblico, tra persone tanto semplici quanto festaiole. Abraxis, se ancora in vita, non avrebbe mai permesso che sua figlia partorisse in un posto simile, tantomeno avrebbe concesso a così tanta gente di attendere con l'orecchio teso dietro alla porta della camera: il tutto si sarebbe svolto in casa, con una schiera di balie e dottori pronti ad ogni evenienza mentre gli ospiti avrebbero banchettato elegantemente, poche ore più tardi della nascita, al piano inferiore della tenuta, in attesa che la neo-mamma facesse il grande ingresso dalla scalinata principale, presentando a tutti il nuovo erede. Jude aveva già assistito ad una nascita, anni prima, e la cugina Cassandra era stata protagonista del medesimo excursus che avrebbe fatto invidia agli stessi reali d'Inghilterra. Il numero dei Potter presenti, come immaginava, era destinato a salire, difatti non passò molto dal suo arrivo alla comparsa di James che, affabile, iniziò a chiacchierare con Sirius, stringendo la mano a Judah « Come va? Ansioso? » Dovette trattenere con tutto sè stesso una risata fatta di cuore, sarcastica, poichè l'unica cosa che sicuramente non provava era ansia. Ansia per cosa? In cuor proprio, Jude, era cosciente del fatto che quella bambina, nonostante fosse sua nipote, avrebbe condiviso ben poco con lui. « Probabile tu lo sia più di me » Alla fine, quando le urla cessarono, un raggiante - quanto provato - Albus uscì fuori dalla stanza, lasciando iniziare il passaparola che lo rendeva papà per una seconda volta. Mentre Sirius balzò in piedi come una molla, sembrando del tutto cosciente di ciò che gli accadeva attorno, Jude rimase seduto, con la fronte corrucciata quasi a palesare un'enorme confusione che nemmeno lui era in grado di spiegarsi. « Siamo zii! Urca.. siamo zii. » Avrebbe voluto rispondere con un "Davvero, lo siamo?", ma si limitò a sciogliersi in un sorriso sconsolato, quasi a non rovinargli la festa col proprio malumore. « Pronto? Non è niente di che, devi solo borbottare cose come fai sempre! Però.. puoi borbottare così carine? » Quando giunse il loro turno, JJ non era poi così convinto di voler entrare, ma Sirius sembrava determinato a condurlo fino in vetta. « Esattamente, che dovrei dire? Così non mi aiuti, lo sai che non sono portato per le cose carine. »
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    Biascicò, lasciandosi nuovamente trascinare come un bambino capriccioso alle prese con una dolorosissima carie, ed una voglia pari a zero di affrontare il magidentista di turno. Entrare in uno spazio ancora più angusto, colmo di persone con cui non aveva mai avuto niente a che fare, gli mise addosso una pressione che lo metteva ancora più a disagio di quanto già non fosse: lui lì in mezzo non c'entrava un bel niente. L'attenzione altalenante del giovane Carrow, però, non si lasciò intimorire, andando a cercare la faccia familiare di Amunet che, con le braccia avvolte su un piccolo fagotto, riposava nel proprio letto. Jude non aveva mai visto un neonato, escluso il figlio della cugina Cassandra che era riuscito ad osservare di sfuggita, e mentre Siri si precipitava ad abbracciare il fratello, lui si prese del tempo per avvicinarsi a quel cucciolo d'alieno. « Sirius...mi ha chiesto di borbottare cose carine, ma non so che dirti. » Mugugnò dopo un lungo silenzio, portando gli occhi sulla sorella, mentre avvertiva un battito mancare all'appello. « ....E' carina. » Faticò ad attribuirgli qualcosa di più sentito, ma questo perchè effettivamente la neonata che Mun teneva stretta al petto aveva il viso ancora paonazzo per il pianto, ed era paffuta alla pari di un raviolo a vapore. Effettivamente sembrava proprio un raviolo, e se fosse stato in vena magari lo avrebbe fatto notare anche a Sirius, che sicuramente gli avrebbe dato ragione e ci avrebbe riso su. « Sono felice per te, e...per quello che stai avendo il coraggio di costruire.» Perchè a quanto pare quella coraggiosa della famiglia sei tu, non io « mi spiace non esserti stato vicino nel modo in cui avrei voluto, ma tutto questo dimostra quanto io e te siamo differenti, e non deve essere necessariamente un male.» Inspirò profondamente. « Non rinnegherò mia nipote, ma non posso nasconderti quanto....tutto questo non mi appartenga» Sussurrò quell'ultima frase, prima di guardarsi attorno, sentendosi non poco messo in soggezione: sentiva che quella velata quanto silente antipatia, da ambo le parti, era ricambiata. « Sai che la porta di casa, per te - per voi, ormai -, sarà sempre aperta. Seppur io e Deim ci siamo impuntati su certi aspetti, non saremmo mai stati in grado di lasciarti davvero fuori. Lei potrebbe davvero sistemare le cose, anche con mamma. Credo le farebbe piacere conoscerla, cerca di fare questo piccolo sforzo appena riesci. Giuro che non ti lascerò sola.» Non ebbe il minimo coraggio di sfiorare Lily, a malapena lo faceva con lo sguardo: sembrava così fragile che JJ non si sentiva pronto, probabilmente non lo sarebbe mai stato. Dopotutto c'erano persone che nascevano con uno scopo, persone che nascevano con un altro, e Judah non era sicuramente quella nata con l'obiettivo di dare amore, o riceverlo. Appunto, sentendosi così in difetto, con una sorta di dolorosa consapevolezza, la propria attenzione tornò nuovamente su Sirius che, intanto, si era avvicinato al letto a suon di « Sciò, largo, andale! Padrino is coming! » Seppur adesso fosse solo un diciassettenne, sicuramente anche lui custodiva segretamente il sogno di mettere su famiglia, come d'altronde desiderava Jude, ma quel desiderio seppur medesimo in entrambi, aveva scopi differenti: uno l'avrebbe fatto per amore, l'altro per una questione che si fermava alla mera continuità della propria casata. Con un enorme nodo alla gola, Judah scelse di lasciare da soli Sirius ed Amunet, rivolgendosi finalmente ad Albus. Avrebbe giurato di aver visto una scintilla scoccare fra i loro sguardi, e sentito un muro stagliarsi fra i loro corpi. La mascella del moro rimase rigida ma, seppur corressero vecchi dissapori tra loro, che probabilmente non sarebbero mai decaduti, Carrow ebbe abbastanza lucidità da non tirare fuori una mazza chiodata e, semplicemente, a dovuta distanza, uscirsene con un slavato quanto elegante e freddo « Congratulazioni, Potter »
    [...] Ormai la voglia di scappare dall'ospedale era passata, seppur Judah avesse rimuginato a lungo su come avrebbe dovuto comportarsi con Sirius alla luce di ciò che era emerso nella sua testolina. Non era in grado a stargli vicino, così come non era stato in grado ad incassare l'abbraccio ricevuto da Malia Stone che faticò a ricambiare - anzi, non lo ricambiò affatto. Deciso a restare ancora una volta in disparte, a riflettere, furono poche le cose che captò dal discorso fra Malia e Sirius, assottigliando lo sguardo per osservare la Grengrass e Fred dall'altra parte del vetro. Aveva percepito del disagio generale, all'arrivo dei due, ma non seppe dirsi il perchè, non ne sapeva molto in realtà. Sirius, a volte cercava di riportargli i pettegolezzi più succolenti, ma Judah si era sempre rifiutato di ascoltarli, bloccando la sua lingua ancor prima che potesse anche solo dire A. Si notava perfettamente che non corresse buon sangue, e ancor di più si notava che Sirius fosse in pena per qualcosa. Più che in pena, pronto a scattare semmai dovesse accadere qualcosa all'interno della stanza. Quando Malia si lasciò accompagnare dentro dal piccolo Potter, il moro restò fuori, ma senza perdersi una virgola di ciò che accadeva oltre il vetro. Quando incominciò a percepire una certa tensione tra i presenti, automaticamente, iniziò ad avanzare verso l'entrata, frapponendosi tra Fred e Sirius non appena questo scattò in avanti per difendere Maze. Per una frazione di secondo, aveva temuto che Sirius potesse ricevere un pugno, ma in realtà quello che il rosso gli riservò furono solo parole. Avrebbe voluto dire a Fred che per i rancori dovesse fare la fila, ma rimase indifferente seppur ne condividesse il disagio. Quando James invitò tutti ad uscire, Judah si mise a sedere di fianco a Malia e Jay - che poco più tardi corse verso Randy -, di cui aveva già fatto conoscenza mesi fa. « Credo che questi problemi in famiglia siano normale amministrazione » Mugugnò verso la ragazza, incrociando le braccia al petto. « Sai cosa sia accaduto? Intendo tra Fred e gli altri...non che mi interessi ma....no, lascia perdere. Lily sembra un raviolo al vapore, non credevo i bambini potessero essere così...paffuti.» Alla fine a qualcuno lo aveva detto.


     
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    «Oh andiamo ma quanto può essere difficile sferruzzare un po'.» Erano state le ultime parole di Betty mentre si era imbarcata nell'impresa titanica di creare ad uncinetto due piccoli berretti invernali. Aveva preso una matassa rosa ed una azzurra, i due uncinetti e un manuale per principianti che aveva letto per ore, cercando di capire quali fossero i passaggi corretti. I primi tentativi si erano conclusi in nodi su nodi, un groviglio intrecciato di fili che non aveva neanche la lontana parvenza di un cappellino. Non si era arresa e ogni volta aveva ricominciato da capo animata dalle migliori intenzioni. Oliver era sempre accucciato ai suoi piedi, intento a mordicchiare le matasse di filo che aveva scartato dopo aver sbagliato, la guardava ogni volta che la sentiva sbuffare, inclinando la testa in maniera buffa e un po' goffa. Non l'aveva mai abbandonata, restando sempre al suo fianco mentre sferruzzava fino a tardi, nella speranza di terminare il lavoro prima che la bambina nascesse. Quando aveva terminato il cappellino rosa non poté fare a meno di essere fiera di sé, non era perfetto, ma era sicuramente fatto con il cuore. Aveva deciso di farne uno identico in azzurro per Jay, presentarsi con un regalo solamente per la bambina le sembrava ingiusto; inoltre l'inverno era più che alle porte e un caldo cappellino non poteva fare che bene. Impacchettò entrambi in un foglio di carta velina e decorò i pacchetti con due semplici fiocchi. Qualche giorno dopo ricevettero il tanto aspettato annuncio, Lily Potter era finalmente venuta al mondo. Lily non era semplicemente una bambina, ma un simbolo; un simbolo di come l'amore trionfava sempre. Prese con sé i pacchetti e si smaterializzò nell'ingresso del San Mungo e chiese informazioni in merito al reparto di maternità. La prima cosa che si notava era la grande vetrata che esponeva le culle dei bambini, tra tutte non c'era quella di Lily; quasi sicuramente in camera con i neo genitori. «Salve, sto cercando la stanza dei genitori di Lily Potter.» L'infermiera le indicò la fine del corridoio e Betty riuscì a riconoscerla grazie alla moltitudine di persone che affollavano il corridoio. Non poté fare a meno di sorridere, molto probabilmente nemmeno la nascita dei principi d'Inghilterra era stata così tanto attesa.
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    Si affrettò in quella direzione e si scontrò con uomo elegante, ben vestito e del tutto fuori posto. La cosa che più catturò la sua attenzione fu il colore degli occhi dell'uomo, azzurri e tempestosi; uno sguardo che aveva già visto in Amunet e nel suo gemello. «Lei è il fratello di Mun...il maggiore.» Betty avrebbe voluto storcere il naso, come potevano essere tutti così belli? Possedevano una bellezza praticamente perfetta e senza tempo, il frutto di un ottimo patrimonio genetico che Lily avrebbe ereditato almeno in parte. Povero Albus. Si ritrovò a pensare divertita. L'uomo aveva in mano un mazzo di fiori azzurri, una bellissima composizione di non ti scordar di me legati con un fiocco rosa. «Sì, signorina?!» «Branwell, ma tutti mi chiamano Betty.» L'uomo guardò verso il fondo del corridoio, come se stesse cercando di decidere se presentarsi o meno; molto probabilmente si sentiva a disagio tra tutti quei ragazzi. «Signorina potrebbe farmi la gentilezza di consegnare questi fiori e la lettera a mia sorella?» Betty annui prendendo tra le sue mani quel bellissimo mazzo, molti avrebbero puntati sul rosa, ma lui doveva conoscere bene la sorella e per questo sapeva che l'azzurro era uno dei colori preferiti di Mun. «Dovrebbe entrare sa...sono sicura che Mun ne sarebbe felice.» L'uomo sorrise malinconico e tormentato. «Verrò quando saranno più tranquilli...meritano di stare con gli amici adesso.» Senza darle la possibilità di rispondere se ne andò, lasciando quel tenero pensiero nelle sue mani. Stringendo il mazzo tra le mani raggiunse la stanza, salutando i compagni che si erano raccolti fuori. Vede in lontananza Sirius, James, Albus e Fred discutere e non può fare a meno di chiedersi per quale motivo debbano ridursi a tanto in un momento di gioia. Bussò dolcemente per non rischiare di disturbare il riposo di madre e figlia. «Si può?» Sussurrò infilando la testa all'interno della stanza, vide immediatamente Mun semi sdraiata che stringeva a sé un piccolo fagottino. La ragazza aveva l'aria stanca e per buoni motivi, ma sembrava più raggiante che mai in quel momento. Salutò sotto voce il resto dei presenti e si avvicinò con cautela alla neonata. «Ciao piccolo angelo...» Betty ammirò commossa il colorito roseo della bambina, le guance paffute e l'espressione pacifica di chi non aveva alcun problema al mondo; invidiava quel senso di pace e si sentiva in qualche modo in dovere di proteggerlo. «Tanti auguri Mun.» Posò i pacchetti con i berretti fatti a mano e allungò verso Mun il mazzo di fiori. «Questi e la lettera sono da parte di tuo fratello, non Jude, quello più grande...l'ho incontrato poco lontano da qui. Voleva entrare, ma voleva lasciarti il tempo di restare con i tuoi amici.» Guardò ancora la piccola Lily e non poté fare a meno di perdersi in tutta quella morbidezza. «Come stai Mun? Jay come ha preso il primo incontro con la sorellina?» Era curiosa di sapere quale fosse stata la reazione del neo fratello maggiore nei confronti della nuova arrivata.
     
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    Era successo tutto troppo velocemente. E, al contempo, tutto era sembrato muoversi al rallentatore. La corsa all'ospedale, l'arrivo dei parenti più stretti, l'attesa, il parto. Dal momento in cui aveva risposto alla chiamata di Mun, il cervello di Albus era completamente andato in tilt, affidandosi a una sorta di pilota automatico che muoveva il suo corpo alla stregua di un burattino per portarlo dove doveva essere e fargli fare ciò che doveva fare. Si muoveva a scatti, a tratti troppo nervoso, a tratti quasi anestetizzato. Tutto ciò che era successo dallo squillo del telefono fino all'effettivo inizio del parto, il Serpeverde se lo ricordava a sprazzi. Ricordava di essere arrivato al San Mungo in moto, perché il capo lo aveva convinto a non smaterializzarsi in una tale condizione psicologica - d'altronde, lui il brevetto di smaterializzazione lo aveva ottenuto solo pochi mesi addietro -, ricordava di aver quasi fatto un frontale con una stupidissima smart - anche se in fin dei conti era solo colpa sua, siccome aveva imboccato una strada a senso unico..contromano -. Ricordava di aver fatto di corsa tutte le scale del San Mungo fino al piano desiderato e ricordava anche di aver sbraitato contro sua madre perché "IO SONO CALMISSIMO, MAMMA. NON LA VOGLIO LA CAMOMILLA, VOGLIO UN DANNATISSIMO CAFFE' AL GINSENG. E' CHIEDERE TROPPO??" Desiderio che ovviamente non venne esaudito, perché un caffè glielo portò pure, ma di orzo, dicendogli che il ginseng non ce lo avevano e che quindi si sarebbe dovuto accontentare di un caffè normale. Dio volle che l'ex Serpeverde non si accorgesse della mancanza di caffeina. E a quel punto, mandata giù la bevanda bollente, proseguì all'ingresso in sala parto assieme a Mun. Ok Albus, adesso devi fare l'uomo. Lo so che sei più agitato di lei, ma sorridi come se nulla fosse. Va tutto bene. Andrà tutto alla grande. Non importa che adesso vedrai le parti intime della tua ragazza sotto una luce totalmente diversa. Tu sei un uomo. Sei un padre. Sei un adulto. Ce la puoi fare. E forse all'esterno, il giovane Potter riuscì anche a portare a termine quella promessa a se stesso, ingannando almeno in parte i presenti. D'altronde, tolto il pallore innaturale, gli occhi un po' spiritati e il leggero tremore, riuscì pur sempre a mantenere un contegno. Forse di tutto ciò fu complice il fatto che il travaglio si rivelò piuttosto lungo; un qualcosa che per Mun certamente non fu gradito, ma che diede tempo ad Albus di ricomporsi pian piano, intimando la ragazza a prendere profondi respiri mentre lui, dal canto suo, faceva lo stesso. Con lo scorrere dei minuti, affrontare quella situazione si fece man mano più facile, probabilmente anche per tutta quell'adrenalina in circolo - capace di tenerlo in un innaturale stato di completa presenza mentale. Lui, alla nascita di un figlio, aveva già assistito in fin dei conti, sebbene in circostanze totalmente diverse. E così, a un certo punto, fu semplicemente l'istinto a prendere il controllo di lui. Seduto su uno sgabello accanto al letto di Mun, lasciò che la ragazza gli stringesse la mano fino a quasi sgretolargli le ossa, mormorando di tanto in tanto parole di incoraggiamento che sapeva essere poco gradite in quel preciso momento, ma che facevano pur sempre parte del suo ruolo. E nonostante lui un figlio ce l'avesse già, in fondo in fondo si rese conto di non essere tanto cambiato da quel ragazzino impaurito che aveva visto nascere Jay qualche anno prima. E' sempre come la prima volta, solo che adesso fa paradossalmente più paura. Perché ora era la donna che amava a trovarsi lì, e non si trattava di combattere solo per un bambino, ma anche per lei, per la loro famiglia, per il loro rapporto. Si trattava di costruirsi una vita insieme. Crescere. Invecchiare.

    I've been in love before
    I thought I would no more
    Manage to hit the ceiling
    Still, strange as it seems to me
    You brought it back to me
    That old feeling


    Le lacrime cominciarono a scendere copiose sulle sue guance, in silenzio, seguendo con gli occhi arrossati i movimenti dell'ostetrica. Pur se tutta sporca e raggrinzita, l'immagine di sua figlia fece fermare il suo cuore per un istante, togliendogli il fiato e obbligandolo a portarsi una mano alla bocca per sopprimere un singhiozzo di felicità. Rivolse uno sguardo a Mun, stremata dallo sforzo di quel lungo parto, sudata, ma altrettanto tesa a seguire la bambina con lo sguardo. E nell'ammirare quella scena, un piccolo sorriso andò a disegnarsi sulle sue labbra, deviando il corso delle lacrime lungo quella curvatura. Erano stati in tanti, negli ultimi mesi, ad averli guardati come due sprovveduti, come due sfortunati che si erano cacciati in un qualcosa che era nettamente più grande di loro. E in alcuni momenti, Albus aveva avuto il dubbio che quelle persone potessero aver ragione. D'altronde non è che avessero programmato quell'avvenimento nelle loro vite. Ma adesso, ancora una volta, come era accaduto per Jay, il giovane Potter si rendeva conto che non necessariamente ciò che è difficile o fuori dalla norma è anche sfortunato; anzi, era la loro benedizione. Ad Albus e Mun era stato regalato un amore talmente intenso che non è possibile pronunciare perché completamente puro, privo di interesse personale o malizia. Il tipo di amore che aveva permesso a Lily Evans di salvare suo figlio Harry da morte certa. Io non ho tutte le risposte del mondo. Non so tutto quanto in merito alla vita o alla felicità, ma posso dire di avere una discreta conoscenza di cosa sia l'amore. E so che quando l'amore è puro, nella sua forma più alta, è davvero la forza più potente su questa Terra. Può uccidere, salvare vite, guarire ferite, ma soprattutto può portare speranza. Questo è ciò che voi avete fatto per me. Mun, Jay e Lily. Mi avete dato speranza anche quando sembrava non essercene alcuna. Quando vi guardo negli occhi so che a prescindere da ciò che potrebbe accadermi, fintanto che quegli occhi ricambieranno il mio sguardo, tutto andrà bene. Ce la farò, in un modo o nell'altro. Troverò il modo di sopravvivere, per voi. Ed è questo ciò che voglio provare per il resto della mia vita su questa Terra, corta o lunga che sia. Voglio svegliarmi ogni mattina e vedere i vostri visi. Ma voglio anche proteggervi, proteggervi da qualunque cosa possa volervi fare del male. Voglio essere con voi quando piangerete, per asciugarvi le lacrime. Darvi un bacio quando vi sentirete soli, abbracciarvi quando sarete spaventati, e ridere con voi quando sarete felici. Non so cosa ci sia in serbo per noi, ma so con certezza che l'amore vero dura più di qualsiasi altra cosa. Più del dubbio, dell'odio, della guerra, della sfortuna, e anche della morte. Perché so che anche quando un giorno i miei occhi si chiuderanno per sempre, la prima cosa che vedrò dall'altro lato saranno i vostri. Quella sarà la prova che ce l'ho fatta, che sono arrivato in Paradiso. Pensieri che, pur senza una linea precisa, furono semplicemente riassunti negli occhi chiari di Albus come una scintilla di emozione nel prendere tra le braccia la propria bambina, cullando quello scricciolo così fragile che poteva fare affidamento solo ed esclusivamente sui suoi genitori. E lui lo sapeva già, che a quella bimba avrebbe dato tutto: corpo e anima, senza chiedere nulla in cambio, senza remore, senza trattenere nulla. Sapeva già di essere disposto a smuovere il mare e la terra pur di vederla sorridere. "Ehi, piccolina." è tutto ciò che riesce a dire, con voce spezzata e gli occhi appannati di lacrime. "Ha i tuoi occhi.. e la capacità polmonare di nonna Molly." Esalò una piccola risata, asciugandosi le guance col dorso della mano senza tuttavia riuscire a staccare lo sguardo dalla bimba ormai raggomitolata al petto del mamma. E ha anche la tua stessa capacità di farsi amare incondizionatamente. Parole che non disse, ma che pensò chiaramente, sporgendosi per stampare un bacio sulla fronte sudata di Mun e in seguito sulle sue labbra.

    Era stato Albus, ovviamente, ad uscire dalla stanza per annunciare la nascita di Lily, chiedendo comunque il piacere di aspettare qualche ora prima di entrare a salutarla così da dare il tempo a Mun di riposare un po'. Nel frattempo il padre lo aveva portato al bar dell'ospedale per mettere qualcosa in bocca, chiedendogli a grandi linee come fosse andata e come si sentisse per poi far cominciare la processione verso il vetro che dava sulle culle dei neonati, indicando a questo o quel parente quale fosse Lily. "Senti non vorrei essere indelicato, ma davvero vengono fuori da lì sotto? Hai tipo.. guardato?" Fulminò James con lo sguardo, sollevando un sopracciglio con fare esterrefatto. Sei serio? "No no no, non rispondere, lascia stare. Va bene così. Credo di non volerlo sapere.. mai." Scosse appena il capo, alzando gli occhi al cielo con l'accenno di un sorriso sulle labbra. "E quindi ragazzi si passa a una nuova fase. Padri.. zii.. PADRINI. E' una bella cosa.. davvero bella. Resta però il fatto che lo zio più megagalattico resto io e tutti gli altri a casa. Tu sei il primo.. PADRINO." Ridacchiò. "Mi sa che casa nostra rimarrà vuota per almeno un paio di giorni. Tutte le lettere giratele al San Mungo."

    A svegliarlo, qualche ora dopo, fu il colpo di un bicchiere di plastica in pieno viso, che lo fece sussultare per un istante dalla paura. "Se io devo subirmeli, tu te li subirai assieme a me. Sia chiaro, se qualcuno ha il raffreddore, l'influenza, o anche solo una patologia congenita non trasmissibile, resta fuori da quella porta, finché Lily non avrà vent'anni e gli anticorpi necessari per combattere anche il cancro." Si stiracchiò svogliatamente, passandosi una mano sul viso prima di prendere la forza di alzarsi in piedi con un pesante sospiro. Inutile dire che si trovava in un pessimo stato: i vestiti tutti stropicciati, le occhiaie fino ai piedi, i capelli un po' unti e l'alito decisamente non dei migliori. Si frugò quindi in tasca distrattamente, estraendone un pacchetto di gomme da masticare e buttandosene due in bocca solo per poi darsi una sciacquata al viso e ai capelli nel lavandino più prossimo. Si guardò per qualche istante allo specchio, sollevando un sopracciglio con aria scettica. Eh sì, ora è cambiato proprio tutto. "Mandarli a casa e dormire per un po' immagino sia escluso." Si voltò verso Mun, sorridendole prima di avvicinarsi per stampare un bacio in fronte tanto a lei quanto alla bimba. "In quel caso Lily rimarrebbe orfana di padre prima ancora di uscire da questo ospedale." "Tanti auguri papà! Ce l'abbiamo fatta." Il sorriso sul suo volto si distese in una linea più sincera, più leggera anche a dispetto della stanchezza. "Auguri mamma. Sei stata bravissima." fece una breve pausa "Anche quando minacciavi di uccidermi." A quel punto si sciolse in una breve risata, dirigendosi verso la porta chiusa della stanza per dare inizio a quel carosello di parenti che, come giusto che fosse, fu inaugurato da Siri. Albus non fece in tempo ad aprire del tutto la porta che subito il fratello lo travolse come una palla di cannone, abbracciandolo con tutta la forza che aveva in corpo e ricambiato quanto poteva da un Albus ancora in fase di ripresa. "Congratulazioni! Non ti somiglia vero? Cioè, dai, non farle questo sgambetto già appena nata!" Ridacchiò, lasciandosi avvolgere le spalle dal neo padrino per lasciar passare l'altro zio, Judah Carrow, alla cui visione strinse appena la mascella, senza tuttavia pronunciare parola. Albus, stai calmo. E' suo zio. Ha tanto diritto di essere qui quanto tosta è la faccia che ha avuto per presentarsi davvero. Ma ok, è tutto a posto. "E' venuto in pace. Ha fatto qualche commento suo, ma.. boh, è sua sorella e ho pensato che.. spero non ti dispiaccia." Si sforzò di scuotere il capo con il sorriso più millimetrico del mondo, facendogli cenno che non c'erano problemi. "Era la cosa giusta." In fin dei conti pure Ade è andato alla festa per la nascita di Hercules. E ovviamente, quando fu Sirius a reclamare il proprio saluto alla bimba, fu il turno di Albus di fronteggiare Judah Carrow. "Congratulazioni, Potter." Lo fissò negli occhi senza alcuna espressione in particolare, limitandosi a inclinare il capo civilmente e rispondere con un freddo "Ti ringrazio. Anche a te." Perché sei lo zio..nonostante tutto.
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    In seguito alla visita di Judah e Sirius - che comunque promisero di tornare a breve - il secondo arrivo fu quello di Maze, imprevedibilmente accompagnata da Fred. Inutile dire che la cosa lo gelò per un istante sul posto, preso alla sprovvista dall'arrivo del cugino. Era stato lui a mandargli il biglietto di invito, ma dopo mesi che non si parlavano, Al aveva ormai dato per scontato che non si sarebbe presentato. Da una parte aveva spedito la partecipazione perché nonostante tutto, Fred era pur sempre suo cugino, ed escludere solo lui da tutta la famiglia era una scortesia che non gli avrebbe mai fatto; dall'altra, però, una parte di sé sperava un po' invano che il Grifondoro prendesse l'occasione per ricostruire pian piano i ponti tra loro. Lo stupore lasciò dunque presto il posto alla felicità, dipingendo un sorriso sereno sul suo volto alla vista del rosso. Senza Fred, nella vita del Serpeverde c'era stato un pezzo mancante, un pezzo che ora sembrava riavvicinarsi pian piano a riprendere il proprio posto. "Congratulazioni!" Venne riportato alla realtà dalla voce di Maze, a cui sorrise contento, accompagnando il proprio ringraziamento con un cenno del capo e rimanendosene per un po' in disparte mentre le due migliori amiche recuperavano tutto il tempo perduto di quei mesi in cui per una ragione o per un'altra si erano potute vedere poco o nulla. Un po' come me e Fred. Ma quella era una storia completamente diversa. "Questa invece è per te. Fanne buon uso, così magari la prossima volta ti ricordi di usarli." prese al volo la scatola che Maze gli lanciò, ritrovandosi a rivolgerle uno sguardo a metà tra il confuso, il divertito e il perplesso nel rendersi conto che si trattava di una scatola di preservativi. "Il tempismo non è proprio il tuo forte, eh Greengrass?" disse, sollevando un sopracciglio, mentre si apprestava ad aprire la scatoletta che sembrava decisamente troppo pesante per contenere dei preservativi. "Potreste fumarne due insieme. Non qui dentro, mi sembra ovvio." Rivolge lo sguardo a Fred, scoccandogli timidamente un sorriso per poi stringersi nelle spalle. "Perché no? Magari quando la processione sarà finita usciamo sulle scale anti incendio." buttò lì, come a voler tirare un salvagente al cugino visibilmente in difficoltà. Ma la conversazione - che conversazione non lo era poi tanto - venne interrotta dall'entrata di Malia, Sirius e Judah. "Ma buoooongiorno!" Con un largo sorriso felice abbracciò l'amica nella presa più stretta che gli riuscisse, genuinamente felice di vedere lì anche lei. "Mamma mia Al, non ci posso proprio credere. Fino a un anno fa eri un coglione qualunque e adesso sei un padre di famiglia." "Ehi ehi ehi.." iniziò minacciosamente, puntando l'indice contro la Grifondoro "..tecnicamente fino a un anno fa ero sia coglione sia padre di famiglia. Dubito comunque che la situazione sia cambiata di molto oggi. Direi che se sono qualcosa, sono più padre di famiglia di prima, ma non per questo meno coglione." disse, ridacchiando scherzosamente e dando di gomito all'amica prima che, ovviamente, rivolgesse tutte le sue attenzioni alla vera star della giornata. Ma fu proprio quando Albus era convinto che tutto sarebbe andato per il meglio, che la situazione precipitò. Nel momento in cui aveva visto entrare Fred e Maze si era immaginato che qualcuno tra la cerchia della sua famiglia avrebbe storto il naso: in fin dei conti, a parte lui e Mun, nessuno conosceva la Greengrass poi così bene da poterla vedere di buon occhio a dispetto delle informazioni di pubblico dominio, e sicuramente il ritrovarsela lì, accompagnata da niente meno che Fred - quello che per mesi si era dato alla macchia - non poteva non sollevare domande e irrigidire alcuni animi. Non si aspettava, tuttavia, che proprio dentro quella stessa, qualcuno avrebbe reagito. E tra tutti proprio Sirius, a cui bastò un "We, weeee!" detto nel momento in cui Maze allungò un dito verso la bambina per cambiare completamente l'umore generale. Prima cadde il silenzio. "Padrino Siri in pole position." Come sulle montagne russe, il vuoto nel suo stomaco venne sostituito da un attimo di speranza: la speranza che le parole scherzose di James potessero sdrammatizzare la situazione e riportare un po' di equilibrio. Ma evidentemente si sbagliava. "Fai sul serio? Non morde, sai? E' stata invitata a dare un saluto alla piccola, come te, come me, come tutti. Proprio dai suoi genitori. Pensi avrebbero mai invitato in ospedale una minaccia per Lily? Non direi. E non capisco perchè questa paura. Cos'ha fatto di male? Credi voglia soffocarci tutti con dei palloncini all'elio? Anche le cattive influenze, possono esser messe da parte, e non per forza condizionare ogni cosa che facciamo. Lily non ne è forse la prova, di tutto questo? La figlia di un Potter e una Carrow. La dimostrazione vivente che il pregiudizio non serve a nulla. Come immagino sia stato l'intento di Albus e Amunet, invitandoci, una nascita non dovrebbe servire a riunirci, almeno un po'?" Si accigliò, boccheggiando qualche parola muta come a volersi mettere in mezzo, senza tuttavia riuscirci. "Fred.." mormorò, mettendo una mano avanti. Probabilmente, però, non venne udito. "So che sono l'ultimo a poter parlare, ragazzi, lo so bene. Ma non è giusto. Non è giusto nei confronti di Maze, non è giusto nei confronti di Albus e Amunet, e, specialmente, non è giusto nei confronti di Lily. Oscurare la sua nascita con le nostre rimostranze, non è corretto, nè negarle tutto l'amore che si merita, da ognuno di noi, solo perchè noi grandi abbiamo qualche problema tra noi. E' questo il mondo in cui vogliamo accoglierla? Abbiamo un sacco di cose di cui parlare, noi, lo so bene. Ma oggi quello che vi voglio dire è grazie, per avermi reso partecipe nonostante tutto. Sono contento, per voi, per la piccola, e per la vostra felicità. Auguri ragazzi. E benvenuta Lily." Rimase interdetto per qualche istante, senza ben sapere come affrontare la faccenda, come comportarsi o cosa dire. Un fiume di pensieri che si accavallavano l'uno sull'altro, intrecciandosi alla consapevolezza di dover intervenire in qualche modo: era il suo ruolo. Un ruolo che James anticipò. "Va beh ragazzi..direi che abbiamo dato abbastanza spettacolo Potter - Weasley qui, quindi se vogliamo continuare con le nostre solite cazzate - vi invito - anzi insisto - che vengano spostate in corridoio. Dove appartengono." Annuì, sospirando e passandosi stancamente una mano sul volto mentre seguiva James, Fred e Sirius fuori dalla stanza che pur se piena di palloncini, ormai di gioioso aveva molto meno. Senza dire nulla, ascoltò ciò che il fratello maggiore aveva da dire, accigliato, con lo sguardo fisso sull'interlocutore e nessuna espressione particolare sul volto. Serio come la morte. Lo lasciò finire, per poi, una volta calato il silenzio, prendere la parola prima che chiunque altro potesse farlo al posto suo. "Avete fatto? Posso parlare?" cominciò, passando lo sguardo su tutti e tre. "Prima di tutto ci tengo a precisare che fino a prova contraria il padre di quella bambina sono io, quindi se c'è qualcuno che può mettere bocca su cosa sia giusto o meno per lei, su chi può essere presente e chi no, quello sono io. La vostra opinione è sempre ben accetta, ma non mi pare sia stata richiesta. E qui parlo a tutti e tre, nessuno escluso: siete elettrizzati - ne sono felice - volete aiutarmi e starmi vicino - vi ringrazio -..ma state al vostro posto." Li guardò in silenzio per un istante, spostando lo sguardo da uno all'altro prima di inarcare un sopracciglio. "Intesi?" A quel punto indicò i due fratelli con un movimento veloce dell'indice. "Voi due andate a prendervi qualcosa al bar e schiaritevi un attimo le idee, che evidentemente l'essere zii vi ha dato alla testa. Tu.." e a quel punto indicò Fred "..vieni con me." Una volta divisi, portò Fred lontano dalla stanza, aprendo la prima porta anti incendio e fermandola con un mattone per non rimanere chiusi lì fuori. Quello era un discorso che non se la sentiva di affrontare in mezzo agli altri, ne' tanto meno di fronte alla stanza dove si trovavano Mun e Lily e da cui ogni cinque secondi entrava o usciva qualcuno. Si frugò nelle tasche, estraendo una sigaretta dal pacchetto e accendendosela velocemente prima di lasciare il tutto sul balconcino nel caso in cui Fred avesse voluto favorire. "Quell'invito te l'ho mandato io, Fred." cominciò, con tono sereno, sbuffando un tiro di sigaretta. "Non che mi aspettassi di vederti sul serio, in ogni caso. Però un po' ci speravo, sai. Ci speravo perché credevo che la nascita di mia figlia fosse un'occasione perfetta - come hai detto anche tu - per cominciare a ricucire i legami. E quando ti ho visto entrare.." si strinse nelle spalle, sollevando appena gli angoli delle labbra "..sono stato felice. Sul serio. Come se per magia, tutti i pezzi fossero tornati insieme." Come se fossimo di nuovo quei due migliori amici inseparabili che siamo stati un tempo. Prese un secondo tiro, scuotendo appena il capo. "Ma il coglione sono io, perché nessuno più di me dovrebbe sapere che le cose non si aggiustano così dal giorno alla notte." ridacchiò tra sé e sé, un po' amaramente, ma con la coscienza di un qualcosa che ormai era passato "Cazzo, a me è bastato un errore, uno solo, per farmi guardare male da metà della nostra famiglia e dei nostri amici. Ho pure messo mia sorella nella condizione di non venirmi a far visita nei sotterranei per paura che potesse sembrare una presa di posizione. Pensa tu!" Sollevò un sopracciglio con aria eloquente, facendo un'ulteriore pausa per aspirare il fumo dalla sigaretta. "Il punto è questo, Fred: apprezzo il luogo da cui le tue parole sono venute - sul serio - ma in questo momento devo chiederti di fare la stessa cosa che tu per primo hai chiesto a me e Mun: dare tempo alle persone. Sirius sarà stato inopportuno, è vero, ma ciò non cambia il fatto che la nostra famiglia ha tanto diritto di essere rispettata e compresa quanto ne hai avuto tu e quanto ti senti in dovere di richiederne per Maze." Sospirò, senza tuttavia staccare lo sguardo dagli occhi di Fred. Prese dunque un altro tiro, sbuffando una piccola nuvoletta nella grigia aria londinese. "Chiederti di rispettare me ed Amunet, quello non lo farò, perché a questi livelli di presunzione non ci arrivo nemmeno io. Ma chiederti di rispettare i valori e le necessità di chi ti ha cresciuto, questo sì. Perché anche io voglio bene a Maze..ma non abbastanza da sputare implicitamente sul piatto in cui ho mangiato per il resto della mia vita. E anche se so che non era questa la tua intenzione, il tempo trascorso da Marzo sino ad oggi tendeva un po' a darne l'impressione." Prese quindi l'ultimo tiro prima di buttare la sigaretta oltre la balaustra delle scalinate di ferro. "Non prenderla come un'accusa - non lo è, non ne sono nemmeno nella posizione. Prendilo semplicemente come un consiglio da parte di chi un po' di merda l'ha dovuta ingoiare prima di te. E anche allora, a questo punto, era un po' ingiusto."

     
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    « Auguri mamma. Sei stata bravissima. Anche quando minacciavi di uccidermi. » « Amore.. non dicevo davvero. » Gli carezza leggermente il braccio sorridendo piuttosto esausta. E lo segue nell'ambiente con lo sguardo prima di tornare a osservare il viso paffuto della bambina che ha tra le braccia. Nessun immagina riuscirà a superare il momento in cui lo ha visto tenerla tra le braccia; gli luminosi, leggermente lucidi, colmi di una felicità che non gli ha mai visto addosso. Quell'immagine resterà per sempre nella sua memoria, e anche ora, che dovrebbe pensare al giro di parenti e amici che insieme dovranno affrontare, tutto ciò che la sua mente riesce a elaborare, è quell'unica immagine che ha tutta l'aria di esser stata strappata al paradiso. Non pensava di potercela fare, tutt'ora era convinta che da qualche parte un vero e proprio miracolo aveva sostenuto passo passo il loro percorso sdrucciolato colmo di alti e bassi, di insidie e problemi che ancora non riusciva a comprendere fino in fondo come erano stati in grado di superare. Chiunque avesse potuto, probabilmente avrebbe scommesso contro la riuscita della loro impresa, eppure, eccoli lì, stremati e felici, con un nuovo piccolo tesoro da portare a casa. Dopo la processione di nonni e genitori, era stato il turno di James che si era dimostrato il solito James. E poi fu il turno di Sirius, seguito sorprendentemente da un Jude piuttosto restio alla situazione. Mun si ritrovò a osservare la sua entrata in scena con occhi colmi di sorpresa e in parte persino intimiditi, a tal punto da stringere con appena più forza al petto la piccola Lily. L'ultima volta che quel quartetto si era ritrovato faccia a faccia, le cose erano sfuggite di mano decisamente oltre misura, tant'è che uno sguardo fugace, venne riservato ad Albus, prima di sorridere intenerita di fronte a un Sirius tutto intento a congratularsi con il papà. « Congratulazioni! Non ti somiglia vero? Cioè, dai, non farle questo sgambetto già appena nata! » Scoppiò a ridere scuotendo la testa, prima di correre con lo sguardo sulla figura austera fratello. Non era a suo agio. Nessuno più di Mun sarebbe stato in grado di rendergli atto del fatto che quella era forse una delle cose più complicate che con molta probabilità Sirius lo ha costretto a fare. Perché è stato lui vero? Non poté fare a meno di iniziare a ripensare per un attimo a tutte le cose davvero fuori posto che intercorrevano tra i due. Un legame di amicizia, di troppa amicizia, soprattutto di fronte al fatto che Sirius, restava pur sempre un Potter, nemici numero uno dell'immaginaria crociata del suo povero Judie. C'è qualcosa. Ma non sarò io a svelare gli scheletri nell'armadio. Al massimo forse un giorno, quando le cose saranno meno complicate, punterò l'armadio. « Sirius...mi ha chiesto di borbottare cose carine, ma non so che dirti ..E' carina. » Sollevò un sopracciglio tentando di non prendersela, ma non riuscì a fare a meno di scuotere la testa e rispondergli un po' sulla difensiva. « Sicuramente tu eri meno carino di lei. Anche perché, diciamocelo, sei stato il primo a venire fuori. Io d'altro canto avevo il passaggio già agevolato.. » Che stronzate. Si ritrovò a chiudere gli occhi, tentando di non rendere quel momento più imbarazzante di quanto non lo fosse già. Gli occhi di ghiaccio si concentrarono sul paffuto esserino che stringeva a sé. « Sono felice per te, e...per quello che stai avendo il coraggio di costruire.. mi spiace non esserti stato vicino nel modo in cui avrei voluto, ma tutto questo dimostra quanto io e te siamo differenti, e non deve essere necessariamente un male. » Gli occhi di lei tornano a osservarlo eloquentemente. « Ci sei adesso.. » A me basta. Sono stanca di litigare. « Non rinnegherò mia nipote, ma non posso nasconderti quanto....tutto questo non mi appartenga. Sai che la porta di casa, per te - per voi, ormai -, sarà sempre aperta. Seppur io e Deim ci siamo impuntati su certi aspetti, non saremmo mai stati in grado di lasciarti davvero fuori. Lei potrebbe davvero sistemare le cose, anche con mamma. Credo le farebbe piacere conoscerla, cerca di fare questo piccolo sforzo appena riesci. Giuro che non ti lascerò sola. » C'è un momento in cui gli occhi di Mun si riempiono di lacrime; qualcosa che non riesce a controllare mentre lo sguardo di lei si unisce a quello di lui, come fosse uno solo. E per un istante è come fossero ancora bambini. Giuro che non ti lascerò sola. E istintivamente di fronte a quelle parole non può fare a meno di allargare appena il braccio libero costringendolo ad abbracciarla mentre affonda il volto nella spalla di lui. « Ti odio! Dovresti saperlo.. gli ormoni.. » Asserisce in tono lamentoso contro il maglione di lui, stringendolo ulteriormente a sé, senza nemmeno dargli modo di protestare. Infine lo lascia andare e annuisce. « Ci andremo.. insieme.. te lo prometto. » Uno scambio di promesse che in quel momento per Mun valse più di mille altre orazioni d'amore fraterno. L'apertura di un varco nel loro rapporto che era andato restringendosi fino a costringerli a non fare altro che darsi contro di continuo. « Sciò, largo, andale! Padrino is coming! » Si sciolte in una leggera risata, mentre tirava su col naso, osservando ora Sirius che aveva preso il posto di Mun alla sua sinistra. Riuscirò mai a mostrarti quanto ti sono grata? Probabilmente no, ma l'affetto di cui lo avrebbe riempito d'ora e fino alla fine dei suoi giorni, sarebbe stato un ottimo punto di partenza. « Sono tanto, tanto, tanto felice, Madama. » Non c'era bisogno di risposte. Lo sapeva; Sirius era stato forse quello che dopo Albus, Mun e Jay, aveva atteso l'arrivo di Lily con più emozione, e ora, glielo si leggeva in volto. « Dai, mi sa che è meglio che riposi, che mi sembri me dopo aver fatto nottata giocando a Fortnite! Noi torniamo.. » Fortcosa? Meglio non approfondire. « Preparati, picci. Farò di te la più giovane giocatrice di Super Mario che il mondo abbia mai visto! » Un leggero sbadiglio della piccola, la fece sciogliere un sospiro sognante, prima di afferrare il polso di Sirius, fermandolo prima che si allontanasse troppo. « Sirius? » Carezzo istintivamente la copertina blu che lui stesso le aveva consegnato mesi prima a Hogsmeade in cambio di un lauto pranzo, assieme alla famigerata bacchetta di cui aveva assoluto bisogno per non diventare un peso totale per chiunque la circondasse. « ..grazie. » Asserisce in tono ovattato mentre esercita una leggera pressione sul suo polso. Grazie per tutto. E poi toccò di nuovo a nonna Molly, e a Ginny e Harry. Tra un intrusione e l'altra, Mun e Albus ricevettero persino qualche gufo di congratulazioni, di fronte ai quali, Mun si era sciolta di nuovo, chiedendo al ragazzo un'intera scatola di fazzoletti. Piangere sarebbe stata la normalità per un po'. « Amore? Lo senti? » Gli chiede ad un certo punto ispirando affondo mentre strofinava il nasino contro la fronte lucida della bimba. « ..il silenzio. Forse è finita.. » Le ultime parole famose.

    « No. Non sei autorizzata a piangere. Se piangi tu puoi piango anche io e.. » Patti chiari amicizia lunga. Scuote la testa mentre inclina appena il busto di Lily affinché Maze possa vederla meglio. Ora è il momento in cui dici che ci somiglia. Anzi no.. dì che somiglia a me! Per un istante, la gioia lasciò spazio all'imbarazzo, nel veder comparire alle spalle di Maze, niente meno che Fred. Qualcosa la obbligò ad andare ancora una volta sulla difensiva. Non si vedevano da dopo la festa a Hogsmeade. Fred non si era mai messo in contatto con Inverness, e lei, quel peso di colpevolezza lo aveva sempre avvertito, come se in fondo, fosse colpa sua se Fred era rimasto ai margini. Abbassò per un istante lo sguardo, decidendo di concentrarsi sul volto di Albus quasi come se cercasse una conferma su cosa fare o come comportarsi in lui. « Maze davvero.. non dovevi.. » Scuote la testa mentre osserva il gioiello che la ragazza le porge, carezzando il cuore con cautela. « E' bellissimo. » « Un gioiello da Tiffany è per sempre, dico bene? Ed è davvero per sempre, questa volta. » « Piuttosto definitivo.. » Conferma, tirando appena su col naso. « Ma buoooongiorno! » Una persona che si sarebbe aspettata certamente molto meno è Malia Stone. Sa che con Albus ha ripreso i rapporti, ma non è certa a che punto siano loro due. Da una parte si tollerano, dall'altra tuttavia, è piuttosto certa di non essere la persona preferita della Grifondoro. Mun dal canto suo, è rimasta così a lungo nella dimensione di dover fare qualcosa per farsi perdonare che fino in fondo non si è mai nemmeno chiesta che cosa pensa di Malia in quella nuova equazione. « Mamma mia Carrow, sembra che sei finita sotto ad un camion. » « Questa battuta me la ricorderò per quando dovrò restituire il favore. » Il suo tono è tuttavia morbido, e le sorride mentre osserva la sua espressione nel fissare sua figlia. « Ma quanto sei carina? Ma sei proprio una piccola... fagiolina! » Oh Stone, e in fondo in fondo, tu sei una tenerona, con molte meno fobie sui neonati di quanto hai lasciato intendere. « Allora, come ti senti? Stanca? Ma soprattutto... quanto ha fatto male? » « Vi lascerò il dovuto dubbio amletico in merito.. » Asserisce guardando tanto Maze quanto Malia, prima di lasciar cadere gli occhi sul fratello appena sedutosi accanto a Malia e poi saltare con lo sguardo su Sirius decisamente troppo serio. Scuote la testo con uno sguardo di monito nella sua direzione prima di vedere avvicinarsi Maze. « E' morbidissima. Senti che pelle.. Devi raccontarmi tutto. Parti dal come stai e poi voglio gli aneddoti più divertenti del parto. » « We, weeee! » E da qui, cara la mia fagiolina, tutto precipita. E Dio mi perdoni. E perdonami anche tu. Ma soprattutto reggiti forte, perché sarà una discesa senza precedenti. « Dai Siri.. smettila! » Asserisce con delicatezza mentre Lily tra le proprie braccia si abbandona a un lungo sbadiglio che riesce a colmare qualunque forma di tensione nel suo animo. Ha occhi solo per quella bambina, per il suo viso luminoso che vorrebbe riempire di baci e teneri carezze. Si sente al settimo cielo, e nonostante lì nella stanza ci siano sin troppe persone, riesce a dedicare tutte le sue attenzioni solo a quel tenerissimo esserino che attira su di sé tutte le sue attenzioni. E' ciò che segue che diventa improvvisamente uno scenario disatteso. Qualcosa che la porta ad aggrottare la fronte e distogliere lo sguardo dalla bambina concentrandosi su Fred. Non oggi, Fred. Lily avrà tutto il tempo del mondo per conoscere le profonde differenze all'interno del gruppo in cui è nata. Ma almeno per un po', è davvero così complicato lasciarle da parte? Non rimarcarle? E' davvero così tanto chiedere che il giorno di mia figlia sia su mia figlia? Per un istante lo sguardo di ghiaccio si posa su Sirius scuotendo la testa; sa quanto sia rimasto profondamente ferito dall'idea di vedere schiaffati sui manifesti i suoi parenti e fratelli. Differenze abissali convivevano in quello stesso momento nella stanza; differenze sopra le quali Mun aveva voluto passare sopra, ma sopra le quali non poteva pretendere che tutti gli altri passassero. Differenze rese palesi tanto dall'astio di Sirius quanto soprattutto da un sorprendente Fred che riesce a risultare decisamente fuori posto.
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    E' questo ciò che fai? Ti vuoi vendicare di me, di noi, di quello che ti abbiamo fatto? In questa maniera. E' patetico e basso persino di fronte a ciò che hai subito. Tu mi stai rubando la scena Fred. Mi stai rubando la scena per offrirla su un piatto d'argento alla mia migliore amica. E' ingiusto e crudele cazzo! La stanza si alleggerisce non appena i ragazzi scompaiono oltre la porta. Posa Lily con estrema delicatezza nella culla stampandole un bacio sulla fronte; distaccarsene non è facile, ma non vuole trasmetterle quel velo di amarezza che è chiaro si sente addosso. Non sono rimasti in molti nella stanza a quel punto, e Mun in tutta risposta a quanto successo, non si sente poi di dire molto. « Mi dispiace per il comportamento di Sirius - per me non è mai stato così, lo sai. E sono felice di vederti, ma non è stata una buona idea venire qui con lui. So cosa volevi fare.. lo capisco. Lo apprezzo. Ma non oggi. Questo è il suo momento, non mio e di Fred. Non di Fred e Albus. » Non era nemmeno il tuo momento. Qui. Oggi, l'unica famiglia che conta è questa. Non i Potter, non gli Weasley, non i Carrow. Oggi nessuno vale più di questo, di quello che è nato tra noi. Non m'importa di quanto sia egoista, di quanto sia stupido, ma oggi contava solo la mia famiglia. Non le interessa della platea. Gli occhi si concentrano sulla ragazza mentre tossicchia appena tirando su col naso. Scuote la testa mordendosi il labbro inferiore.Non doveva andare così. Dovevamo avere il nostro momento da sole. Noi due e Lily. Senza l'imbarazzo di un ex ragazzo ferito di mezzo; senza gli occhi di mezza famiglia Potter puntati addosso. Questa appacificazione di cui volevi renderti protagonista non aveva le basi per esistere ancora. Ed è esplosa. Nel giorno peggiore. Ci sono troppe cose non chiare tra tutti noi perché dal giorno alla notte tutto vada per il verso giusto. Te l'ho già detto al Pandemonium che non c'è davvero un terreno neutrale, che ogni nostra scelta riflette chi siamo. Lo penso ancora, e forse quando saremmo da sole te lo ripeterò di nuovo. « Credo che questi problemi in famiglia siano normale amministrazione » Riesce a percepire quella frase detta sotto voce all'orecchio di Malia, mentre uno alla volta Randy e Betty entrano nella stanza. E prima che chiunque altri possa dire qualunque cosa, Mun sbatte le palpebre, allargando appena le abbraccia per far spazio sul letto a Jay che si accoccola tra le proprie braccia mentre la mano destra dondola appena la culla di Lily. E su di lei che si concentra lo sguardo della giovane Carrow. « No. Non è normale amministrazione. Non per loro. » Deglutisce mentre si ritrova a perdere se stessa in quel ragionamento che sembra abbracciare ciascuno dei partecipanti a quel piccolo salotto. « Siamo finiti tutti per vorticare attorno a loro proprio perché qui nulla di questo è normale amministrazione. Loro si amano incondizionatamente, si spalleggiano in un modo in cui nessun altro ha mai spalleggiato qualcun altro. Si venerano a vicenda.. ecco perché reagiscono così. Ed ecco perché nessuno di noi riesce davvero a staccarsene. » Sono drammatici, perché loro alle interferenze che abbiamo portato nelle loro vite, non sono abituati. « Guardiamoci dentro e ammettiamolo almeno a noi stessi: in questa stanza ciascuno di noi è qui anche e soprattutto per uno di loro o per tutti loro. » Nessuno escluso. Qui, persino io sono un effetto collaterale. Ma mi va bene così. Si stringe nelle spalle. « Sono persone speciali, ed io non potrei essere più felice di sapere che Lily e Jay sono finiti per essere parte integrante di una famiglia così.. unica. Amici e parenti. Ci tengono insieme come si sorreggono a vicenda tra loro. Il loro morboso attaccamento l'uno all'altro ci ha portati a essere persino tra noi più vicini. I Potter-Weasley sono nel bene e nel male una grande lezione per tutti noi. » Lo sono di certo per me. « Ecco perché mal accettano le.. storture.. le situazioni disfunzionali. » Anche io ero una situazione disfunzionale. Lo so, ne sono consapevole. Anche questo mi va bene. Ho dovuto lottare per vedermi accettare.. e forse, dovrò ancora farlo. Una leggera risata ironica emerge dalle sue labbra. « Il bello è che questa reazione è scaturita da questioni politiche.. ormai quasi sepolte? Figuriamoci cosa sarebbe successo se la questione si fosse dimostrata ancora più personale - come in fondo lo è. » Sposta lo sguardo su Maze ricercandone le iridi chiare con eloquenza. Fred sotto lo stesso tetto di colui che era stato designato per dare la caccia ad Albus, Olympia e Teddy Lupin. A Malia Stone e Sam. E tanti altri. Ha dato loro la caccia fino al giorno in cui il lockdown è sbordato. Io me li ricordo quei mesi; mi ricordo com'era. Era orribile. Come potrebbero mai prenderla? Albus di certo l'ha presa di merda. Ma lui non aveva il diritto di incazzarsi. Lui ha la faccia sporca, non ha più il diritto di dire niente, perché gli ha rubato la ragazza. E nemmeno io posso, perché in fondo pare sia colpa mia. E nonostante ciò, è passato davvero abbastanza tempo per seppellire ogni ascia di guerra? Non so nemmeno io come mi sento di fronte a tutto ciò. Non so cosa fare, come comportarmi. Sospira affondo scuotendo la testa. « Ma proprio per questo, la mia principessa e il mio topolino sono tanto tanto fortunati.. e.. in un modo o nell'altro.. » Forse ogni pezzo tornerà al proprio posto. Asserisce infine baciando la fronte di Jay. E lo sono anche io - fortunata. Lo siamo tutti noi, finché in un modo o nell'altro vorticheremo attorno a uno o più di loro.

    A salvare la situazione ci pensa infine Randy con estremo sollievo di Mun. « ..porto doni, come sempre, e per questi doni mi serve l'aiuto del mio assistente speciale. Jay Potter, se mi dai una mano, potresti scoprire che là dentro c'è qualcosa anche per te. » Il bambino salta giù dal letto, dando modo a Mun di riprendere Lily tra le braccia, cullandola lentamente, riempiendola di baci e tenere carezze. « Non ti ho portato dei fiori, ma vedo che qualcuno ci ha già pensato al posto mio. Però ti ho portato questo. » Osserva la meravigliosa sciarpa sorridendogli finalmente un po' più distesa. « Ma è uguale a.. Te lo sei ricordato! » Se la porta al viso, strofinandoci contro la guancia in un aperto atto di goduria. « E' qualcosa di estremamente crudele da parte tua, questo fare attenzione ai dettagli quando io sono troppo emotiva. » Lo osserva intenerita mentre il biondo a sua volta fissa il fagottino con occhi intimoriti. Non conosce poi molto bene Randy, ma in fondo se l'aspettava qualcosa del genere. Non preoccuparti. Ci andremo per gradi. Guarda quanto sei bravo con Jay! E poi e il turno di Betty. «Questi e la lettera sono da parte di tuo fratello, non Jude, quello più grande...l'ho incontrato poco lontano da qui. Voleva entrare, ma voleva lasciarti il tempo di restare con i tuoi amici.» A quel punto si sporge appena oltre la figura dell'amica per osservare Jude con un che di divertito. « Certo che sono da Deimos. Figurati se Jude mi porta dei fiori! » Vuole farlo sentire partecipe, un po' più inserito nel gruppo, ma vuole soprattutto riprendere a instaurare col fratello quella tipica confidenza che un tempo avevano e che permetteva loro di rivolgersi l'un l'altro con spontaneità. Una parte di sé si dispiace di non vedere anche il maggiore, ma sa che in fondo non si sarebbe sentito a suo agio in quella circostanza. Avremo tempo e modo, e tu, Dee, sarai tanto orgoglioso di me, e tanto orgoglioso di tua nipote. So già che la adorerai; mai quanto me e il suo papà, ma le vorrai tanto bene. «Come stai Mun? Jay come ha preso il primo incontro con la sorellina?» Osserva il bambino ancora intento in una conversazione animata con Randy prima di rivolgersi alla ragazza sottovoce. « Ha chiesto se potevamo cambiarla, perché non gioca con lui. » La fissa con uno sguardo eloquente ma pur sempre divertito. « Gli ci vorrà un po' per abituarsi.. ma ho come l'impressione che è tutto nuovo un po' per tutti no? » Fissa i presenti sorridendo a ciascuno di loro. « Siete stati davvero.. io.. vi sono davvero grata. Non.. non me l'aspettavo.. tutto questo. Siete.. io.. » Sospira rendendosi conto che una nuova ondata sta per arrivare. « ..siete davvero speciali e io.. io sto bene, e sono su di giri e fuori di testa al momento. Ma prometto che migliorerò e mi farò perdonare per la mancanza di considerazione nei vostri confronti.. all'incirca quando questi due saranno maggiorenni, vaccinati e proveranno imbarazzo nell'avermi attorno. » Succederà. So già che succederà.

    « Domani non ci siamo per nessuno. Se vogliono scrivere, mandare regali, plasmare sculture in ghiaccio a immagine e somiglianza di Lily, tutto ciò fuori da questa stanza. E poi andiamo a casa.. a casa nostra. Un'altra giornata come questa non la reggo, altrimenti questo posto diventa Shinning. » Alla fine il tempo è volato. Tra visite e drammi, il primo giorno è trascorso a tratti lentamente, a tratti troppo velocemente, ma è trascorso. Auguri fagiolina. Hai già compiuto un giorno. Jay sta dormendo disteso accanto a lei, Lily dorme lieta nella propria culla. Né i problemi, né i malumori dei genitori sembrano averli davvero toccati. La mano di Mun solletica le dita di Albus, facendogli spazio nel letto, attenta a non svegliare Jay. Posa un bacio sulla sua mascella per poi chiudere infine gli occhi con la tempia posata contro la sua spalla. « Bimbo? C'è una cosa che io e te dobbiamo fare il prima possibile.. » Parla piano sotto voce, mentre gli accarezza premurosamente le nocche a occhi chiusi. Dobbiamo fare tante cose. Ne abbiamo sin troppe. Responsabilità, scadenze, bollette, esami, figli! Gran bella vita noiosa ci siamo scelti. « ..prenderci una sbronza. Pesante. » Sospetto che ne abbiamo parecchio bisogno. E non aggiunge altro, oltre a un confuso ti amo in dormiveglia, prima che il sonno prenda il sopravvento.



    Edited by blue velvet - 12/12/2018, 01:48
     
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12 replies since 14/10/2018, 22:28   576 views
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