Lockdown p. 253

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    Un sonoro sbuffo fuoriesce dalle sue labbra, mentre volta svogliatamente la pagina dell'enorme libro che ha di fronte. Storia della Magia Vol. VII, pagina 573. Ha raggiunto a fatica l'ultimo capitolo di quella solfa insopportabile, e, proprio adesso che è giunta alla Seconda Battaglia di Hogwarts, a poche pagine dalla fine, sente tutte le forze di volontà abbandonarla. Solleva lo sguardo dal manuale, scrutando rapidamente intorno a sé: la piccola Biblioteca di Hogsmeade è quasi deserta, rimangono ormai poche persone all'interno, ancora coi nasi sepolti tra quelle pagine e l'aria visibilmente stanca.
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    Manca meno di una settimana all'inizio dei M.A.G.O., e Malia Stone si ritrova a pensare - mentre si guarda intorno piena di svogliatezza, e scorge quelle figure piene d'impegno e d'attenzione, nonostante la tarda ora ed il fatto che sia un sabato - che pensare di poter superare quell'esame studiando poco più di un mese sia stato un grande errore di giudizio, da parte sua. La sua pigrizia in fatto di studio è sempre stata nota a tutti, e adesso, a pochi giorni dal grande giorno, sembra cominciare a rendersi conto dell'errore che sta compiendo: lei non è mai stata fatta per studiare, e probabilmente mai lo sarà. Ed è chiaro che farà una figuraccia enorme, essendo l'unica candidata bocciata della sessione di esami conclusivi. Colta da quel pensiero angoscioso, chiude il manuale con un gran tonfo, per poi incrociare le braccia al petto e appoggiarsi allo schienale della propria sedia, con fare arrendevole. In queste situazioni si chiede dove vada a finire la Malia Stone di sempre, quella ragazza che non conosce insicurezze, che si cimenta con il medesimo entusiasmo in tutte le nuove opportunità che la vita le offre. Ma in fin dei conti è sempre stato così: per un motivo o per un altro, tolti il Quidditch e le altre attività sportive, le relazioni sociali e qualunque cosa che non le richieda di stare seduta ad un tavolo a memorizzare roba che non le interessa, la giovane Grifondoro è infelicemente consapevole dei propri limiti in ambito scolastico, e proprio in questo campo cominciano ad emergere i suoi tentennamenti.
    Sospira con pesantezza, e lascia scivolare la sedia all'indietro, non senza ricevere qualche sguardo infastidito per il cigolio che quel movimento provoca. Stanca, dopo aver conservato rapidamente le proprie cose all'interno dello zaino, si dirige verso l'uscita della Biblioteca, ma si ferma quando si imbatte in un volto familiare poco lontano dall'entrata. « Carrow! » Tenta di richiamare la sua attenzione, forse utilizzando un tono di voce un po' troppo alto, ma la giovane Serpeverde solleva lo sguardo nella sua direzione, incuriosita. Malia le rivolge un piccolo sorriso, mentre si avvia nella sua direzione, per poi sedersi accanto a lei. « Come procede lo studio? » chiede, mentre appoggia un gomito sul tavolo e vi si distende sopra, un po' pigramente. Abbassa lo sguardo dal volto di lei, per poi sbirciare il libro che ha davanti. « Anche tu Storia, vero? Io sono messa malissimo. Tipo che se mi chiedono la Rivolta dei Goblin ci farò una più bella figura a raccontargli di quello che ho mangiato a pranzo. » Si stringe nelle spalle, mentre sospira. Fa per aggiungere qualcos'altro, ma la domanda che stava per porre ad Amunet si trasforma in un verso indistinto, fatto di stupore e confusione, nel ritrovarsi, all'improvviso, completamente al buio. Sul momento sussulta sulla propria sedia, e si guarda più volte intorno, senza tuttavia riuscire a vedere più nulla. « Sono diventata cieca di colpo o lo vedi - cioè, non lo vedi anche tu? » domanda, un po' sarcasticamente, alla ragazza seduta accanto a sé. Poco più in là, sempre all'interno della Biblioteca, sente qualcuno parlottare, senza tuttavia essere in grado di riconoscerne le voci. Le luci dell'edificio sembrano essersi spente tutte contemporaneamente, all'improvviso, senza alcuna motivazione. « Lumos » pronuncia a bassa voce, e quando la punta della sua bacchetta riesce a illuminare flebilmente un po' di spazio intorno a sé, Malia porge un braccio verso Amunet, per aiutarla ad alzarsi. « Direi che questo è un chiaro segnale: il fato ci sta dicendo che per oggi lo studio è finito. Andiamo, dai » ridacchia leggermente dandole una gomitata leggera, prima di recuperare il proprio zaino e avviarsi insieme alla ragazza verso l'uscita, dove sono riunite un paio di altre bacchette illuminate, insieme ai loro proprietari altrettanto confusi. « Che succede? » chiede la mora, avvicinandosi al gruppo.
    « Non ci fanno uscire. »
    « Eh? »
    « Sarà un altro scherzo di quell'idiota di Prince, sicuro. »
    « No, è una pazza qua fuori che ci ha chiusi dentro. »
    « In che senso? »
    Nell'esatto istante in cui la mora pone la propria domanda, una voce ovattata la sovrasta, parlando dall'altra parte della porta, il tono agguerrito e stranamente soddisfatto. « Hai capito bene, stronzo! Pensavi che non sarei venuta a sapere di niente? Lo so che te la fai con quella troia di Stephanie!!! E non hai nemmeno la decenza di venirmelo a dire in faccia! Dopo tutto quello che ho fatto per te!!! Dopo tutti i Patronus che ti ho mandato, i messaggi, le lettere... Sai che c'è? La verità è che tu non mi meriti; è come diceva mia mamma - sono una ragazza troppo dolce e gentile e MERAVIGLIOSA per un menefreghista come te. Non hai idea di quello che ti perdi! Quello che mi fa più rabbia è che pensavi di fottermi. Davvero TU pensavi di fottere ME? Oh ma adesso ti faccio vedere io, ride bene chi ride ultimo, STRONZO. Spero ti divertirai questa notte, a rimuginare sui tuoi errori. »
    « Ehm, guarda che qui dentro siam- »
    « NON VOGLIO SENTIRE ALTRE SCUSE! Ora per colpa tua tutte queste persone rimarranno chiuse lì dentro per tutta la notte insieme a te. Ho castato una fattura alle porte della Biblioteca - si riapriranno domani mattina alle nove. Buona serata a tutti quanti. Spero sarai contento. STRONZO!!! »

    Post caccoso, ma apertissima a chiunque voglia partecipare a questa notte al Museo in Biblioteca all'insegna del "boh, vediamo che esce fuori"

     
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    Il cellulare continua a vibrargli nella tasca del cellulare ma lui lo ignora, perché sa già chi è che lo sta tartassando. Si sistema meglio, con le spalle che si incastrano contro la parete liscia e i piedi che puntellano contro il muro che ha davanti. Sta seduto sul parapetto della finestra della biblioteca da quelle che gli sono parse delle ore infinite. Con Fahrenheit 451 stretto tra le dita e la musica nelle orecchie, si è rintanato lì dopo una delle prime giornate di scuola. A Sebastian è sempre piaciuto studiare, avere il naso rintanato tra i libri per scoprire sempre nuove cose, per saperne sempre di nuove riguardo il mondo, eppure, da quando è tornato al castello, sono più le volte che preferisce starsene in solitaria, lontane da tutti, lì dove non può attirare l'attenzione di nessuno se non di se stesso. Il cellulare vibra di nuovo e alla fine si arrende, con uno sbuffo, mettendo il segno alla pagina che sta leggendo, per poi abbandonare il libro contro i vetri colorati della finestra. Fa scivolare il cellulare fuori dalla tasca e scorre veloce le anteprime. Sono tutti di suo fratello, come si aspettava. "Passi da Mielandia prima di tornare al castello?" "Lo sai che non posso uscire, per quella storia che ancora non ho compiuto diciassette anni. MA MANCANO SOLO POCHI MESI, PER LA BARBA DI MERLINO." "Allora davvero, dicevo, mi passi a prendere un po' di caramelle? Ho finito la scorta." "Veramente, è importante." "Seb, ci sei?" "Eddai, forse mi potrebbero aiutare con Seline, quella di Corvonero, hai capito quale? Quella biondina, con gli occhi scurissimi. Dice che solitamente si addolcisce con le caramelle Tutti Gusti +1." "Me le prenderesti, Seb? EH?" "Eh, Seb? Me le prendi?" "Seb?" Rotea gli occhi, piuttosto divertito e allo stesso intenerito da quell'attacco di spavalderia da parte del fratello, tanto da non riuscire perfettamente a figurarselo con una ragazza. Lui, il solito che solitamente scappava anche se una di loro gli rivolgeva la parola, anche per chiedergli "permesso" lungo i corridoi affollati. Figuriamoci se riesce a visualizzarlo al fianco di una ragazza, mentre sono diretti da qualche parte, per un appuntamento galante. "Se la smetti di rompermi le palle, posso anche valutare la proposta." Invia la risposta, per poi prendere a scrivere nuovamente. "Solo le Tutti Gusti." Non ha abbastanza soldi dietro, constata lasciando scivolare la mano dentro la tasca dei jeans, per trovarvi solo qualche Falce e un paio di Zellini. Ti dovrai accontentare di ciò che passa il convento, gnomo pensa, mentre guarda l'orologio. E' già nettamente in ritardo se spera di trovare ancora aperto Mielandia, così si mette a sedere, con i piedi che finalmente toccano di nuovo terra, si abbassa ad agguantare la tracolla, ma la mano si chiude intorno al nulla, mentre tutto intorno a lui si fa buio. Aggrotta le sopracciglia, mentre le dita, a tentoni, cercano la borsa e, dopo averla trovata, vanno alla ricerca della bacchetta al suo interno. Casta un Lumos e finalmente le tenebre sembrano rischiararsi intorno a lui, nell'esatto istante in cui vede radunarsi un gruppo di ragazzi in fondo alla corsia di scaffali nella quale si trova. Si alza velocemente, prende la borsa e se la mette a tracolla, prima di avvicinarsi a loro con fare circospetto. Non sente niente di ciò che dicono, fin quando non si ricorda di togliere le cuffie e... « Hai capito bene, stronzo! Pensavi che non sarei venuta a sapere di niente? Lo so che te la fai con quella troia di Stephanie!!! E non hai nemmeno la decenza di venirmelo a dire in faccia! Dopo tutto quello che ho fatto per te!!! Dopo tutti i Patronus che ti ho mandato, i messaggi, le lettere... Sai che c'è? La verità è che tu non mi meriti; è come diceva mia mamma - sono una ragazza troppo dolce e gentile e MERAVIGLIOSA per un menefreghista come te. Non hai idea di quello che ti perdi! Quello che mi fa più rabbia è che pensavi di fottermi. Davvero TU pensavi di fottere ME? Oh ma adesso ti faccio vedere io, ride bene chi ride ultimo, STRONZO.
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    Spero ti divertirai questa notte, a rimuginare sui tuoi errori. »
    Rimane sbigottito, mentre si guarda intorno, piuttosto in imbarazzo. Conosce quella voce, è quella piuttosto stridula e decisamente incazzata di Melanie. E lo stronzo in questione, per forza di cose, non può che essere lui, viste le facce confuse di tutti i presenti fallo dotati. Ora le cose sono due. La prima è che con la suddetta Melanie è uscito due volte e mezzo. Il mezzo sta a significare la palese e pesante buca che ha dovuto tirarle all'ultimo per motivi importantissimi da famiglia. La seconda è che non è esattamente certo di voler svelare, a tutto il gruppetto che si è radunato vicino alla porta, che la matta stia proprio parlando di lui. Poi Stephanie? Ma chi cazzo è Stephanie? Si gratta la testa, ancora indeciso se difendersi o meno, quando la svitata prende ad urlare nuovamente. « NON VOGLIO SENTIRE ALTRE SCUSE! Ora per colpa tua tutte queste persone rimarranno chiuse lì dentro per tutta la notte insieme a te. Ho castato una fattura alle porte della Biblioteca - si riapriranno domani mattina alle nove. Buona serata a tutti quanti. Spero sarai contento. STRONZO!!! » « Oh, a matta! Tu stai tutta fuori, ma peggio di un balcone proprio, lasciatelo dire! » Alla fine sbotta, avvicinandosi alla porta, per tirarle contro un paio di pugni. « Melanie, parliamone ci sono delle persone, altre persone qua con me. Non fare la bambina di quattro anni, apri questa porta e parliamone da persone grandi e vaccinate. » Riprova, mentre la voce si alza leggermente, come se così potesse farsi valere meglio. « ANDATEVENE AFFANCULO. TU, STEPHANIE E TUTTE QUELLE CHE TI SEI FATTO NEL MENTRE. Magari chi è lì dentro con te ti farà capire dov'è che hai sbagliato, se prima non ti fanno fuori per questa reclusione forzata. Ci spero tanto. Adieu! » « Melanie, Melanie, porca troia, torna qua! » Continua ad urlare, sbattendo i pugni contro la porta, per poi fermarsi e rimanere a contemplare l'assordante silenzio che proviene da fuori e da dietro le proprie spalle. Ed è a quel punto che si sente osservato, terribilmente al centro dell'attenzione, quasi come avesse un bersaglio da freccette sulla propria schiena. La mano gli ricade lungo il fianco e lui si ritrova a stringere forte gli occhi. E mo' che cazzo faccio? Si chiede, prima di voltarsi lentamente, con una mano che corre alla nuca, per grattarsela nervosamente. « Giuro che non ho la più pallida idea di chi sia questa Stephanie. » Prova a giustificarsi, con una smorfia che gli accartoccia i lineamenti e una risatina nervosa che trapela dalle sue labbra. Okay, riproviamo con qualcosa di più convincente. « E sì, lo so chi è Melanie, ci sarò uscito sì e no due volte in croce, ma come vi sarete accorti anche voi..» Un indice comincia a roteare di fianco alla sua tempia, come a voler alludere a quanto effettivamente la ragazza non ce l'abbia tutte. I suoi occhi bicolori si soffermano sui ragazzi del gruppo, cerca il loro appoggio, la loro fraterna solidarietà, il loro incondizionato e totalizzante sostegno e aiuto. Eddai che voi mi capite, lo so, ce l'avete avuta pure voi una pazza Melanie nella vostra vita! Con la mano libera dalla bacchetta illuminata, fruga nella tracolla e tira fuori una bustina di arachidi salati. « Salatini per fermare lo stomaco? » Di solito il cibo fa miracoli, se non fosse che ho solo questi..per tutta la notte.
     
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    "Brandon Earnshaw?" chiese incredula la bibliotecaria, fissandolo negli occhi da sopra il bordo degli occhiali a mezzaluna, un sopracciglio alzato con tutta l'aria di chi non si sarebbe stupito se da un momento all'altro le avessero detto che si trovava in un programma di scherzi. "Eh già." fu invece la risposta atona del Grifondoro. "Una tessera. Della biblioteca. Per i libri." Che bel tono di sorpresa. Mi sento lusingato. "No no, solo perché ho finito i filtri per le canne e la macchinetta in fondo alla strada è fuori servizio." sovvenne ironico prima di alzare gli occhi al cielo di fronte all'orrore dipinto sul viso della donna "Certo che è per i libri. Posso fare questa maledettissima tessera o mi devo sottoporre al veritaserum per assicurarle che so leggere e scrivere?" Ma probabilmente, a lasciare la bibliotecaria così interdetta, non era tanto il fatto che Brandon fosse noto in lungo e in largo per non essere esattamente un topo di biblioteca, quanto piuttosto il fatto che le poche volte in cui dava l'onore della sua presenza in quel luogo, finiva puntualmente per creare scompiglio in qualche maniera. Tuttavia, dopo un lungo silenzio connotato dall'occhiata inquisitrice della donna, questa esalò uno sbuffo, storcendo le labbra in una linea che dava prova di quanta poca fiducia nutrisse nei confronti del ragazzo. "Sappi che ho l'autorità di revocartela e di chiederti pure la penale se fai qualche casino." disse infine, porgendogli una tesserina plastificata su cui era scritto il suo nome a lettere capitali. "Vedi di non perderla." Ottenuto ciò che voleva, il giovane le voltò le spalle senza dire una parola, limitandosi semplicemente a sollevare una mano con svogliatezza con il duplice intento di dileguare ciò che gli stava dicendo e di congedarsi. E in ciò sarebbe consistita, almeno in via teorica, la sua capatina in biblioteca per quella giornata. In fin dei conti, dopo un lungo turno al Pandemonium, nemmeno la persona più volonterosa del mondo - che lui, teniamo a precisarlo, decisamente non era - avrebbe resistito a qualche ora di studio. Tuttavia, sebbene la stanchezza avesse cominciato a sopraggiungere già da qualche ora, si era comunque sforzato a trascinare i piedi verso la biblioteca una volta finito il turno, solo ed esclusivamente per fare quella maledetta tessera che stava già rimandando - con studio annesso - da fin troppo tempo. E lì, appunto, doveva finire la sua giornata: con un bel tuffo a quattro di spade sul letto. Ma evidentemente, l'antica maledizione lanciata sull'accoppiata Brandon-Biblioteca rimaneva ancor più difficile da spezzare di quella scagliata su Hogwarts durante il lockdown. Si stava infatti dirigendo verso la porta principale quando le luci si spensero di botto, obbligandolo ad accendere la propria bacchetta con un lumos. Un po' scocciato e con tutta la voglia di abbracciare il proprio cuscino il più presto possibile, roteò vistosamente gli occhi, sbuffando abbastanza forte da essere udito mentre si avvicinava al portone. Lì, prima di lui, ci era arrivata una ragazzina di massimo quindici anni, tutta intenta a spingere il battente d'ottone senza alcun successo. La scansò senza troppi complimenti, credendo ingenuamente che la sua forza non fosse sufficiente. Spinse una volta. Nulla. Un'altra, ancor più forte. Niente ancora. "Ma porco Godric." "Che succede?" Si voltò, visibilmente seccato da tutta quella situazione, solo per ritrovarsi di fronte a un capannello di gente sempre più cospicuo. "Sarà un altro scherzo di quell'idiota di Prince, sicuro." borbottò, prima di voltare di lato la testa per alzare la voce in direzione della porta, battendo un paio di pugni secchi e violenti sul portone. "PRINCE VEDI DI APRIRE QUESTA CAZZO DI PORTA O GIURO CHE TI FACCIO SBOCCARE IL SANGUE." Che, per chi conosceva Brandon almeno un po', più che come una minaccia suonava come un appuntamento promesso. "No, è una pazza qua fuori che ci ha chiusi dentro." "Hai capito bene, stronzo! Pensavi che non sarei venuta a sapere di niente? Lo so che te la fai con quella troia di Stephanie!!! E non hai nemmeno la decenza di venirmelo a dire in faccia! Dopo tutto quello che ho fatto per te!!! Dopo tutti i Patronus che ti ho mandato, i messaggi, le lettere... Sai che c'è? La verità è che tu non mi meriti; è come diceva mia mamma - sono una ragazza troppo dolce e gentile e MERAVIGLIOSA per un menefreghista come te. Non hai idea di quello che ti perdi! Quello che mi fa più rabbia è che pensavi di fottermi. Davvero TU pensavi di fottere ME? Oh ma adesso ti faccio vedere io, ride bene chi ride ultimo, STRONZO. Spero ti divertirai questa notte, a rimuginare sui tuoi errori." Da un primo momento in cui la sua fronte si era aggrottata per lo stupore, l'espressione di Brandon scivolò pian piano in quella di chi si sente il latte scendere alle ginocchia e non riesce davvero a credere di ritrovarsi in mezzo a quella situazione. "No vabbè.." fu il suo unico, sbigottito, commento. "NON VOGLIO SENTIRE ALTRE SCUSE! Ora per colpa tua tutte queste persone rimarranno chiuse lì dentro per tutta la notte insieme a te. Ho castato una fattura alle porte della Biblioteca - si riapriranno domani mattina alle nove. Buona serata a tutti quanti. Spero sarai contento. STRONZO!!!" Immediatamente lo sguardo fulmineo del Grifondoro si rivolse come un lampo di furia ai presenti, guardingo, alla ricerca del colpevole. E fu solo un colpo di fortuna se, da quella ricerca, ne emerse il suo miglior amico, Sebastian, perché fosse stato chiunque altro, a quell'ora una bella faccia ridecorata non gliel'avrebbe tolta nessuno. "Giuro che non ho la più pallida idea di chi sia questa Stephanie." Sollevò un sopracciglio, fissandolo con un'aria che aveva del divertito. Ti è andata proprio bene che sei tu, Seb. "E sì, lo so chi è Melanie, ci sarò uscito sì e no due volte in croce, ma come vi sarete accorti anche voi.." Liquidò le sue parole con un veloce cenno della mano. "Vabbè senti, ormai il danno l'hai fatto. Non discutere che fai peggio." furono le sue parole frugali, connotate sì dall'essere seccato, ma anche da un sottotono bonario. Detto ciò, passò accanto all'amico dandogli un paio di pacche sulla spalla, solo per poi indirizzare la bacchetta verso le lampade su un particolare tavolo, accendendole una a una. "Salatini per fermare lo stomaco?" Senza proferire parola, immerse una mano nel sacchetto, prendendone una generosa manciata e buttandosela tutta in bocca. L'unico suono che fuoriuscì da lui per qualche lungo secondo fu quello della rumorosa masticazione, abbinata alla fronte aggrottata di chi stava rimuginando su come uscire di lì prima del tempo. Cominciò dunque a guardarsi intorno, misurando la stanza a lunghi passi prima di stringersi nelle spalle e avvicinarsi più svelto al tavolo che poco prima aveva illuminato. "Ha detto porte, no?" Si voltò brevemente verso gli altri, come a chiedere conferma, senza tuttavia aspettare una risposta. Prima che chiunque potesse obiettare - bibliotecaria in primis - afferrò infatti una delle lampade da tavolo, impugnandola dal lungo gambo di ottone. E, portato il braccio all'indietro per dar forza al lancio, la tirò con precisione chirurgica verso una delle piccole finestrelle alte, creando un frastuono di vetri rotti che fece strillare la bibliotecaria. "BRUTTO VANDALO MASCALZONE!" "Signo', non rompa il cazzo, che con un'abracadabra torna come prima." sbottò senza nemmeno guardare la donna in faccia, ma rivolgendosi direttamente al capannello di persone radunatesi accanto a lui. "La lampada ci è passata. Che è già qualcosa. Tocca solo vedere se con questa fattura, dalle finestre ci passa pure la gente. Mi serve qualcuno di leggero che posso prendere sulle spalle, così proviamo subito, poi in caso si trova il modo per uscirci tutti."


    Edited by firebreather; - 23/10/2018, 18:52
     
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    Con i MAGO alle porte il tempo sembrava stringere più del solito. Le giornate sembravano volare, e a ricordarglielo non erano solo gli ormai prepotenti calcetti della bimba che portava in grembo, ma anche e soprattutto la mancanza di un attimo di respiro. Si presupponeva quelli dovessero essere i loro giorni di respiro, e invece, la piccola famigliola al completo sembrava che, invece di voler rallentare, stesse aumentando i ritmi in maniera quasi insostenibile. Forse del fatto che si sentisse ancora in grado di rotolare di qua e di là, si era approfittata delle poche ore in solitaria per compiere pochi passi da casa e tentare uno degli ultimi ripassi generali prima degli esami. Le materie non erano poche, e la mole di studio era decisamente spropositata. L'unico alleato dalla sua parte restava quindi l'estrema organizzazione è un metodo di studio infallibile alle spalle. Ed è così che riesce a superare anche l'ultimo ripasso di Storia della Magia. Seppur il programma del Settimo risulti estremamente ampio, gli appunti si dimostrano un ottimo alleato, e così, dopo parecchie ore, in cui calmare l'agitazione della piccola risulta a tratti ingestibile è quasi alla fine di un lungo e travagliato percorso. Direi che è stato peggio di un parto.. ma ne dubito fortemente. « Carrow! » Solleva lo sguardo piuttosto sorpresa, incontrando il volto disteso di una Malia Stone, intenta ad attirare la sua attenzione. « Stone! » La saluta a sua volta con un leggero sorriso, richiudendo gli appunti di fronte a sé. « Come procede lo studio? Anche tu Storia, vero? Io sono messa malissimo. Tipo che se mi chiedono la Rivolta dei Goblin ci farò una più bella figura a raccontargli di quello che ho mangiato a pranzo. » Come volevasi dimostrare, possono cambiare i tempi, possono mutare le loro condizioni, ma Malia e Mun non risulteranno mai simili. Chissà perché, non mi stupisco. Tuttavia, si trattiene dall'ostentare superiorità di fronte alla sua evidente sicurezza accademica, tamburellando le dita sulla superficie del tavolo. « Bene! Sto finendo l'ultimo ripasso. Mi ero già anticipata parecchie cose l'anno scorso, quindi ho giocato d'anticipo. » Ok, non stai migliorando la tua situazione. A breve ti manda a quel paese dandoti della secchiona. Famiglia o meno, Mun restava pur sempre estremamente metodica nel suo approcciarsi allo studio. Organizzata fino al punto dell'ossessione. « Se dovesse servirti una mano, magari nei giorni a venire possiamo ripassare insieme. Anche Albus deve finire.. se vuoi magari quando Harry e Ginny passano a prendere Jay, puoi unirti.. » Asserisce infine stringendosi nelle spalle con naturalezza. Un ripasso in più certo male non le farà e il fatto che Malia ci sia, certo non la disturba. Le fa piacere sapere piuttosto che lei e Albus hanno l'occasione di riprendere le redini della loro amicizia a pieno ritmo. E poi il buio più totale, prima ancora che possa darle i dettagli di quell'eventuale gruppo di studio. Ottimo. Ci mancava. « Sono diventata cieca di colpo o lo vedi - cioè, non lo vedi anche tu? » Impugna a sua volta la bacchetta, castando un Lumos non verbale, guardandosi attorno con un principio di confusione negli occhi di ghiaccio, resi ancor più freddi dalla luce bluastra della propria bacchetta. Scuote impercettibilmente la testa. « Fidati.. questa non è affatto cecità.. » Ne sa qualcosa, in proposito la giovane Carrow, che sta già esprimendo esasperazione e mancanza di pazienza con quelle poche parole nei confronti di quel particolare imprevisto. Si alza con una certa difficoltà, giusto in tempo per sentire l'ennesima botta all'altezza del grembo che la fa sobbalzare appena. Raccoglie le sue cose, per poi iniziare ad accarezzarsi il pancione nel chiaro intento di calmare quelle fastidiose fitte, mentre segue la ragazza nell'ambiente. « Hai capito bene, stronzo! Pensavi che non sarei venuta a sapere di niente? Lo so che te la fai con quella troia di Stephanie!!! E non hai nemmeno la decenza di venirmelo a dire in faccia! Dopo tutto quello che ho fatto per te!!! Dopo tutti i Patronus che ti ho mandato, i messaggi, le lettere... Sai che c'è? La verità è che tu non mi meriti; è come diceva mia mamma - sono una ragazza troppo dolce e gentile e MERAVIGLIOSA per un menefreghista come te. Non hai idea di quello che ti perdi! Quello che mi fa più rabbia è che pensavi di fottermi. Davvero TU pensavi di fottere ME? Oh ma adesso ti faccio vedere io, ride bene chi ride ultimo, STRONZO. Spero ti divertirai questa notte, a rimuginare sui tuoi errori. » La scena che le si profila davanti la porta a sollevare un sopracciglio piuttosto scettica. « Oh, a matta! Tu stai tutta fuori, ma peggio di un balcone proprio, lasciatelo dire! » Il contendente in quella faida lo individua quasi istantaneamente. « Melanie, parliamone ci sono delle persone, altre persone qua con me. Non fare la bambina di quattro anni, apri questa porta e parliamone da persone grandi e vaccinate. » Grindelwald, stesso anno, stessa casata. Non può dire che in passato siano stati grandi amici, ma non può dire nemmeno di esser mai entrata in contrasto con lui precedentemente, semplicemente perché, difficilmente Mun entrava in contrasto con chiunque in passato. Si era sempre fatta gli affari suoi, e così, tranne che per componenti prettamente riguardati le questioni accademiche, non poteva dire di conoscerlo poi tanto. Non faceva parte delle sue frequentazioni abituali, ma bazzicava spesso nei suoi stessi ambienti. Alzò quindi gli occhi al cielo, assistendo a quella scena con un'espressione tra il fastidio e lo spazientito. « Giuro che non ho la più pallida idea di chi sia questa Stephanie. E sì, lo so chi è Melanie, ci sarò uscito sì e no due volte in croce, ma come vi sarete accorti anche voi.. » Ma guarda caso. « Vabbè senti, ormai il danno l'hai fatto. Non discutere che fai peggio. » Illumina il volto del biondo che compare alle sue spalle e lo fissa con aria piuttosto scettica, prima di voltarsi verso Malia mostrandole tutta l'esasperazione evidente che quella situazione riesce a risvegliarle. Unita allo scalciare della bimba, tutto ciò riesce a renderla decisamente insofferente a qualunque reazione abbia chiunque all'interno di quello strampalato gruppetto riunito per puro caso. « Stephanie.. Melanie.. Qualcun altra? Devo preoccuparmi anche di qualche bomba artigianale mentre faccio colazione giù alla caffetteria? » Caustica, la Carrow incenerisce con lo sguardo il giovane Sebastian prima di avvicinarsi per esaminare la porta principale della biblioteca. « Salatini per fermare lo stomaco? » Dopo che Brandon se ne serve di una copiosa manciata, mentre Mun osserva la porta provando a forzarla appena un paio di volte, muovendola con gentilezza avanti e indietro, provando anche un paio di incantesimi, sposta lo sguardo nuovamente su Sebastian, strappandogli direttamente di mano la busta di salatini. « Pegno per aver costretto una ragazza incita al tuo dramma amoroso. La prossima volta pensaci prima di trombarti le sociopatiche. » E dicendo ciò torna al fianco di Malia, offrendole il bottino di guerra, mentre le fa cenno di seguirla nuovamente verso il proprio tavolo. « Ci serve uno Spezzaincantesimi. Non credo che l'incantesimo l'ha eseguito lei. Avrà utilizzato qualche fattura strana o qualche oggetto comprato al mercato nero. » Se solo il Burlesque avesse chiuso i battenti, questi inconvenienti sarebbero decisamente meno frequenti. E invece, mentre un nuovo assetto stava sorgendo, assieme a quest'ultimo, sorgevano già le radici di un nuovo florido mercato proibito. « Spero Albus sia ancora al lavoro.. » Tira fuori il telefono dalla tasca e digita il tasto di chiamata veloce. « Amore? Ciao.. si tutto bene. » Fissa la Malia sorridendole leggermente mentre ascolta il giovane al telefono. « Ascolta.. non agitarti, ma puoi chiamare uno Spezzaincantesimi? Alla biblioteca.. a Hogsmeade.. sì.. » Ed ecco che parte il giro di domande, proprio nel momento in cui il trambusto di un vetro rotto interrompe il suo tentare di mantenere il controllo. « Aspetta ti richiamo. » Si avvicina sollevando lo sguardo sulla ragazza al suo fianco sospirando pesantemente lasciandole intendere un implicito ecco che fanno i danni. « La lampada ci è passata. Che è già qualcosa. Tocca solo vedere se con questa fattura, dalle finestre ci passa pure la gente. Mi serve qualcuno di leggero che posso prendere sulle spalle, così proviamo subito, poi in caso si trova il modo per uscirci tutti. »
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    Stringe i denti colpita in pieno da quell'affermazione oltre che dalla stupidità del gesto compiuto dal ragazzo. O meglio, dalla richiesta da lui fatta. Lo squadra inclinando la testa di lato. « Oh certo! Mettiamo a disagio l'unica persona chiaramente non leggera qui dentro. Come ti aspetteresti che io esca da lì.. di preciso? » A parole tue, prego. Anche perché, tutto sommato, la finestra era piuttosto alta, e seppur potessero sempre castare un incantesimo per attutire la caduta, è chiaro che certi movimenti rischiosi Mun non li farà mai. Coda di paglia com'è, si sente decisamente offesa dalle parole del biondo, come se implicitamente avesse detto tutti tranne la Carrow. E ce l'ha già con lui. Mi stai già antipatico e sei sulla lista nera. Impugna quindi la bacchetta e fa l'unica cosa che insegnano loro di fare in casi di emergenza: chiedere aiuto. Sospira affondo e si concentra. « Expecto Patronum! » La lince che ha imparato ormai imparato a evocare da qualche tempo fuoriesce dalla sua bacchetta, fluttuando nell'aria verso la finestra spaccata, ma proprio nel momento in cui la raggiunge, sembra schiacciarsi infrangendosi contro il vetro. Fantastico. « Direi che le premesse sono ottime. » Asserisce piuttosto sarcastica. « Qualche volontario leggero vuole provare a vedere cosa succede alle persone una volta varcata quella finestra? » Incrocia le braccia al petto, tentando ancora una volta di ignorare il fatto che abbia fame, e si senta stanca e stressata, e decisamente innervosita dalla terribile agitazione nel suo bassoventre. « Ci serve un professionista. Non sappiamo con cosa abbiamo a che fare. Forse è meglio darci da fare per trovare tutti quanti, nel caso ci fosse qualche altro stolto che tenta di spaccare finestre e buttarsi di sotto. » Ogni riferimento a persone o fatti è puramente casuale.

     
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  5. Pride Jericho Faulkner
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    In merito agli assetti societari del Thestral imbizzarrito s.p.a sono da annoverare George Yaxley, Mordred Wells e Nicholas Venfyre, imprenditori che nel 1957 fondarono l'azienda serica. Scopi della società, come si evince dallo statuto originale, sono la filatura di tessuto per mantelli e cappotti resistenti al fuoco di drago... Quando leggeva indossava dei paraorecchie rubati dall'aula di erbologia anni prima. Al suo quarto anno si era reso conto di come le biblioteche potessero essere assordanti, per ovviare al problema si era introdotto nella serra n.5 e aveva prelevato dall'armadio uno di quei magici cerchietti con del pelo marrone, da quel momento non se ne era mai separato. Li portava con sé ovunque e, all'occorrenza, li utilizzava per isolare il resto del mondo dalle sue orecchie. Gli erano bastate cinque semplici parole per convincerlo a sfoggiarle «Carrow, Come procede lo studio?», aveva percepito da lontano il suono di una voce familiare e, un po' per nervosismo, un po' per abitudine, si era deciso a non saperne di più. Pride non era interessato ad altri esseri viventi, aveva evitato con clinica cura ogni essere umano sulla faccia di quella terra e persino quando era stato costretto in situazioni per lui scomode, era sempre riuscito a trovare una soluzione al problema, che si trattassero di ragazzine innamorate del suo silenzio, oppure compagni di scuola decisi a chiedere aiuto scolastico. Lo aveva fatto per tutta una vita – seppur breve – e avrebbe continuato a farlo, non fosse stato per quelle dannate cuffie, tanto consunte da decidere di non funzionare più. « Hai capito bene, stronzo! Pensavi che non sarei venuta a sapere di niente? Lo so che te la fai con quella troia di Stephanie!!! E non hai nemmeno la decenza di venirmelo a dire in faccia! Dopo tutto quello che ho fatto per te!!! Dopo tutti i Patronus che ti ho mandato, i messaggi, le lettere... Sai che c'è? La verità è che tu non mi meriti; è come diceva mia mamma - sono una ragazza troppo dolce e gentile e MERAVIGLIOSA per un menefreghista come te. Non hai idea di quello che ti perdi! Quello che mi fa più rabbia è che pensavi di fottermi. Davvero TU pensavi di fottere ME? Oh ma adesso ti faccio vedere io, ride bene chi ride ultimo, STRONZO. Spero ti divertirai questa notte, a rimuginare sui tuoi errori. » Il ragazzo dai capelli corvini alzò un sopracciglio, stupito da come gli esseri umani potessero essere così suscettibili. Dopotutto si trattava di un semplice tradimento e nulla di più, no? « NON VOGLIO SENTIRE ALTRE SCUSE! Ora per colpa tua tutte queste persone rimarranno chiuse lì dentro per tutta la notte insieme a te. Ho castato una fattura alle porte della Biblioteca - si riapriranno domani mattina alle nove. Buona serata a tutti quanti. Spero sarai contento. STRONZO!!! ». La scena si stava svolgendo di fronte ai suoi occhi. Conosceva di vista la maggior parte di quelle persone, chi perché presente nei pettegolezzi di altri e chi perché aveva condiviso con lui qualche istante di vita, tuttavia mai avrebbe voluto averci a che fare. Si alzò dal suo posto togliendo le cuffie ormai rotte e si diresse verso la porta d'entrata della biblioteca. « Giuro che non ho la più pallida idea di chi sia questa Stephanie. » stava dicendo il fautore di tutta quella situazione. Pride sbattè la mano sullo stipite della porta, guardando verso le persone che si erano accalcate lì di fronte « Se volevate riprodurre the breakfast club in biblioteca potevate avvisare, almeno mi sarei tenuto alla larga da tutto questo » Era visibilmente alterato, un po' perché non amava i luoghi chiusi, un po' perché passare una notte intera insieme ad altre persone non era esattamente il suo modo preferito di far scorrere il tempo. Pride si fermò ad osservare Grindelwald, stringendo la mascella « C'è la possibilità che Bonnie, Connie e Julianie siano in questa biblioteca, no, tanto per capire se rimarrò rinchiuso nel perimetro di una mattonella o almeno qui dentro sono salvo... » Le sue parole arrivarono in un fiato, poco dopo completate da quelle di Amunet Carrow
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    « Stephanie.. Melanie.. Qualcun altra? Devo preoccuparmi anche di qualche bomba artigianale mentre faccio colazione giù alla caffetteria? ». Sembrava quasi che lo avessero fatto apposta. Pride non prese parte alla divisione dei pani e dei salatini insieme agli altri, attese invece che vi fosse un verdetto sulla loro sorte. Era più grande di alcune di quelle persone, tuttavia non ne sapeva più di loro su come uscire da quel luogo. Per un certo periodo di tempo l'unica cosa che si percepì fu il rumore di denti e mascelle muoversi, solo in un secondo momento al ragazzo biondo, di cui non conosceva il nome, venne l'idea di lanciare una lampada per aprire un varco verso la salvezza « La lampada ci è passata. Che è già qualcosa. Tocca solo vedere se con questa fattura, dalle finestre ci passa pure la gente. Mi serve qualcuno di leggero che posso prendere sulle spalle, così proviamo subito, poi in caso si trova il modo per uscirci tutti. » Lo aveva detto che candore, lasciando che le parole gli uscissero senza pensarci e forse fu questo a far risentire la Carrow, che rispose piccata. Pride alzò gli occhi al cielo, di certo non erano i drammi che gli servivano quella sera « Non penso proprio fosse rivolto a te, è come se ci trovassimo in una stanza con qualcuno senza una gamba e io saltassi fuori dicendo una cosa come: questa conversazione mi sta facendo venire il latte alle ginocchia, senza rivolgerlo a nessuno in particolare. Vogliamo uscire di qui nel più breve tempo possibile? Cazzo recuperiamo tutto quello che sappiamo di questa Stephanie...Melanie o come si chiama e troviamo la soluzione » Non era mai stato un leader, non voleva collaborare per riuscire a farsi qualche amico, desiderava collaborare con quelle persone perché solo in quel modo avrebbe avuto l'occasione di uscire di lì. Opportunista, come sua madre era solita dire, Pride raggiungeva i suoi obiettivi utilizzando le variabili migliori, in quel momento gli altri ragazzi erano la variabile più consona alla situazione. « Abbiamo capito che o ci vengono a salvare da fuori» e mentre diceva salvare le sue dita si alzavano per mimare delle virgolette, « oppure che se tentiamo di uscire da qui finiamo arrostiti come la lince della Carrow », abbandonò le mani sui fianchi e prese un sospiro per cercare di ricacciare il nervosismo che lentamente lo stava ghermendo. « Cosa sappiamo di questa tipa? E' brava a fare qualcosa, che ne so...è una geniale pozionista, le piace andare da Zonko...ha amici importanti? Magari si può risalire a dove ha scovato il modo per chiuderci qui dentro...senza offesa, ma non mi sembra una grande mente, magari ha solo chiesto aiuto a qualcuno ». Si recò al tavolo più vicino per prendere carta e penna, la questione stava per diventare una partita di Cluedo. « Ci serve un professionista. Non sappiamo con cosa abbiamo a che fare. Forse è meglio darci da fare per trovare tutti quanti, nel caso ci fosse qualche altro stolto che tenta di spaccare finestre e buttarsi di sotto. » Disse poi Carrow. Più persone avevano a disposizione per quell'indagine, meno tempo avrebbero dedicato a doversi parlare l'un l'altro.

     
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    Tra tutti - tutti! - i modi in cui sarebbero potuti rimanere chiusi all'interno di una Biblioteca, con tutte le uscite bloccate, questo le pare decisamente il meno probabile, se non anche il più ridicolo e assurdo di tutti. Le sue labbra si dischiudono in un'espressione sorpresa nell'assistere allo scambio di battute fra Sebastian e la ragazza dall'altra parte della porta, entrambi alterati visibilmente, seppur per motivi chiaramente diversi. E poi la carissima Melanie decide di abbandonarli lì, da soli, quasi completamente al buio, con una ragazza incinta di quasi nove mesi e anche piuttosto irritabile, e senza nulla da mangiare per tutta la notte. Malia sente già l'angoscia montare dentro di lei, mentre il Serpeverde tenta di giustificarsi in qualche modo con i presenti, cercando di fare capire a tutti che la ragazza che li ha appena chiusi lì dentro l'ha fatto perché evidentemente fuori di testa. Malia, che è convinta che su questo non ci piova, è piuttosto impegnata a guardarsi intorno, con fare attento, alla ricerca di qualche altra via d'uscita da cui poter evacuare. Come ci tiene a sottolineare Brandon, ormai il danno è fatto, e c'è davvero ben poco per cui giustificarsi.
    Amunet, tuttavia, non sembra prenderla con la stessa filosofia e tranquillità di Malia, e pare non pensarci due volte prima di rubare il pacchetto di salatini al giovane Grindelwald, andandosi a sedere alla sedia più vicina. La mora non può fare a meno di ridacchiare tra sé e sé, notando la scena decisamente comica, per poi avvicinarsi alla Serpeverde e rubarle dal sacchetto qualche salatino. « Ci serve uno Spezzaincantesimi. Non credo che l'incantesimo l'ha eseguito lei. Avrà utilizzato qualche fattura strana o qualche oggetto comprato al mercato nero. » Annuisce mentre mangiucchia con avidità quei salatini, concordando con le parole della ragazza.
    « Sicuro. Se ho capito chi è la ragazza di cui stiamo parlando, è una cretina patentata. Impossibile che abbia bloccato tutto quanto da sola. Secondo me ha ingaggiato quei due cretini di Corvonero che l'anno scorso avevano l'abitudine di chiudere la gente nella serra delle Mandragole. Ti ricordi? » Stranamente, Malia sembra essere la più tranquilla del gruppo. I ragazzi poco più in là discutono con fare concitato e se la prendono con Sebastian, Amunet appare particolarmente ansiosa mentre nemmeno si preoccupa di ascoltarla, e porta il cellulare all'orecchio, per poi cominciare a parlare con Albus. Lei, dal suo canto, per quanto possa essere infastidita dalla situazione, ne è anche in qualche modo divertita, per via del manifestarsi di probabilità praticamente inesistenti. Interessata, segue con lo sguardo le azioni di Brandon, fino a quando non osserva la lampada da lui lanciata infrangersi contro il vetro della finestra.
    « Mi serve qualcuno di leggero che posso prendere sulle spalle, così proviamo subito, poi in caso si trova il modo per uscirci tutti. » Annuisce, Malia, convinta che quella sia l'idea migliore alla quale possono aggrapparsi, e fa per fare un passo in avanti e offrirsi come cavia, ma in quell'esatto istante Amunet prende la parola.
    « Oh certo! Mettiamo a disagio l'unica persona chiaramente non leggera qui dentro. Come ti aspetteresti che io esca da lì.. di preciso? »
    La ragazza rotea gli occhi al cielo. Ecco che ci risiamo. Con il tempo sta imparando ad accettare la giovane Carrow, perfino a notare aspetti positivi del suo carattere, ma quando comincia ad atteggiarsi in questo modo, facendo la permalosa di fronte a qualsiasi cosa venga detta, perfino lei, che, pur non essendo di base una persona particolarmente paziente, ha comunque fatto una promessa ad Albus di tentare, per lo meno - ecco, in questi momenti perfino lei non può più sopportarla. « Mun... Ma che c'entri tu... » Sospira, stancamente, pur consapevole che contraddire una donna incinta non è mai una buona idea; contraddire una Amunet Carrow incinta, invece... è l'idea peggiore che possa venirti in mente.
    E ci pensa il giovane Pride ad esprimere in modo decisamente più colorito quello stesso concetto. « Non penso proprio fosse rivolto a te, è come se ci trovassimo in una stanza con qualcuno senza una gamba e io saltassi fuori dicendo una cosa come: questa conversazione mi sta facendo venire il latte alle ginocchia, senza rivolgerlo a nessuno in particolare. » Non riesce a non farsi scappare una risatina a quelle parole, che tuttavia tenta di soffocare, coprendosi la bocca con una mano, e sentendo già lo sguardo inceneritore della giovane Serpeverde addosso. Che c'è? Devi ammettere che faceva ridere tenta di dirle, con lo sguardo, ma, capendo che questo non è il momento migliore per dare spazio alla goliardia, decide di abbassare lo sguardo e fare un passo indietro, lasciando piuttosto spazio alle idee degli altri.
    Tutti insieme guardano il Patronus di Amunet infrangersi in malo modo contro una barriera invisibile, e Malia in quell'esatto istante stringe le labbra in una specie di smorfia. « Okaayyy, direi che questo ci preclude senza dubbio la possibilità della finestra. Dobbiamo trovare un altro modo. » Guarda gli altri, in attesa di una proposta, ma è chiaro, a questo punto, che loro, da lì dentro, possono fare ben poco. Appena qualche istante dopo, sente il cellulare vibrare dalla tasca, e, quando riconosce dallo schermo una chiamata in entrata da parte di Sam, risponde senza esitare. « Ehi » dice, prima di sospirare, e ascoltare dall'altra parte il proprio interlocutore. «
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    Sei con Albus? »
    solleva il capo in direzione di Amunet, incontrando lo sguardo di lei. « Sì... Praticamente ci ha chiusi dentro una psicopatica. Storia lunga lascia stare. Te l'ha detto lui che ci serve uno Spezzaincantesimi? » annuisce, tra sé e sé, mentre ascolta la risposta dell'interlocutore. « Ma proprio nessuno nessuno? Oddio e quindi? Mhm... Mhm... Ma più o meno secondo te quanto ci vuole? Eh... Mhm, okay... Okay... Vabbè, fammi sapere. Se mi si scarica il cellulare chiamate Mun. Siamo anche con Seb, Brandon, Pride e... boh, forse anche qualcun altro in giro. Senti di' ad Albus che Amunet sta bene. Sia lei che stufatino. Nessun travaglio anticipato. Già me lo immagino che sta sclerando come un deficiente. » Ridacchia, mentre incontra di nuovo lo sguardo della ragazza, per poi concludere rapidamente la telefonata: « Okay, ci sentiamo dopo. » Una volta riposto il cellulare in tasca, guarda i ragazzi, l'espressione leggermente più sconfitta. « Dice che a quest'ora non ci sono più Spezzaincantesimi in servizio. Hanno mandato un Patronus al Servizio d'Emergenza ma a quanto pare qualcuno ha appiccato un Ardemonio nei sobborghi di Londra e anche loro sono a corto di personale. Dice che non sanno ancora quanto ci metteranno, ma ci hanno messi in lista d'attesa con priorità medio-bassa. E questo solo perché una di noi è incinta... » Sbuffa, lasciandosi andare ad una mezza risata esasperata, per poi scuotere leggermente la testa e allargare le braccia, con fare impotente. « Direi che non ci resta altro da fare se non... aspettare. E trovare un modo per ingannare l'attesa, immagino. » Si stringe nelle spalle, per poi lasciar cadere il proprio zaino in un angolo, senza farci troppo caso, e sedersi per terra, a gambe incrociate, appoggiando le spalle ad uno scaffale di libri. « Quindi sì, a quanto pare, Pride, avevi ragione. Siamo destinati a fare un remake di The Breakfast Club. » Ridacchia, incontrando lo sguardo del ragazzo. Dubita che qualcun altro abbia visto quel vecchio film babbano, ma è uno dei suoi preferiti. Si stringe nelle spalle. « Se qualcuno ha qualche oscuro segreto da confessare, sappiate che questo è il momento giusto. Nessuno vi giudicherà. »
     
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    "Vabbè senti, ormai il danno l'hai fatto. Non discutere che fai peggio." Fissa l'amico per qualche istante e si sente un attimo Cesare, dopo la pugnalata di Bruto. Tu quoque, Brandon, fili mi! « Pure tu? » Lo fissa allibito, quasi si sentisse colpito nel profondo da quel dardo che gli è arrivato alle spalle direttamente dal miglior amico. Perché okay, può passare sopra allo sguardo inviperito della Carrow, a quello seccato da fare schifo di Faulkner, ma non a quello di Brandon, quello lo ferisce. Perché lui sa benissimo quanto Melanie sia matta da legare e quanto poco spago le abbia dato, in tutta sincerità. « La pazza invasata è lei, ma noi ce la prendiamo con il ragazzo che è tutto più facile. » Scuote la testa, avvilito da quella forma di femminismo latente che va sempre a far ricadere la propria spada di Damocle sul malcapitato di turno, anche quando magari ha pure tutta la ragione. « C'è la possibilità che Bonnie, Connie e Julianie siano in questa biblioteca, no, tanto per capire se rimarrò rinchiuso nel perimetro di una mattonella o almeno qui dentro sono salvo... » E come ci si poteva aspettare, eccola la fontana della comprensione che si abbatte su di lui. « Stephanie.. Melanie.. Qualcun altra? Devo preoccuparmi anche di qualche bomba artigianale mentre faccio colazione giù alla caffetteria? » Rotea palesemente gli occhi al cielo, prima di fissarla, con un sorriso d'angelo. « Oh, davvero? Facciamo dello slut shaming ora? Mi aspettavo di meglio, da entrambi, sinceramente. Solidarietà maschile, questa sconosciuta, eh? » dice, guardando il ragazzo per poi tornare alla moretta davanti a lui. « E da te... Te che hai fatto la paladina della legge, a riguardo, l'anno scorso? Mi sento pienamente ferito da tutto ciò, solo perché sono un ragazzo, poi. Ah, la parità dei sessi. » Scuote la testa, evidentemente sarcastico di fronte a quell'atteggiamento seccato e scontroso, che prende però con molta filosofia, come suo solito, lasciandosi scivolare la cosa addosso con un sorriso bello pieno e una scrollata di riccioli scuri. « Pegno per aver costretto una ragazza incita al tuo dramma amoroso. La prossima volta pensaci prima di trombarti le sociopatiche. » « Oh, e ancora? Abbiamo capito. » Vorrebbe ribattere altro, su quanto gli ha appena detto, ma decide che sia meglio lasciar perdere per non aprire un dibattito socio-politico su quanto il mondo sia maschilista e che tutto vada a discapito delle donne. Perciò, ormai sprovvisto degli snack salati a cui attingere, con nient'altro che una bacchetta illuminata tra le mani e la consapevolezza di dover rimanere a dormire lì, si fa sempre più piccolo, spingendosi verso il muro, per poi andare a sedersi il più lontano possibile dal gruppo. Si infila le cuffiette nelle orecchie e si spara la musica a mille, ritirando fuori il libro per riprendere da dove aveva lasciato in sospeso. Rimane così, per qualche minuto di assoluta pace, fin quando un fragoroso rumore lo riporta alla realtà e, volente o nolente, è costretto ad alzare lo sguardo dal proprio libro, per constatare che, alla fine dei conti, pure le finestre non sembrano essere la loro via di fuga. « Cosa sappiamo di questa tipa? E' brava a fare qualcosa, che ne so...è una geniale pozionista, le piace andare da Zonko...ha amici importanti? Magari si può risalire a dove ha scovato il modo per chiuderci qui dentro...senza offesa, ma non mi sembra una grande mente, magari ha solo chiesto aiuto a qualcuno » Fa in tempo a togliersi una cuffia dall'orecchio, per sentire l'osservazione dell'ex Corvonero. Ci pensa su qualche istante, cercando di capire in cosa sia effettivamente brava Melanie e lì, sul momento, non le viene altro che l'eccedere in quella assoluta psicopatia ingiustificata. « E' brava nei filtri d'amore. » Se ne esce dopo un po', quando è calato il silenzio nella piccola biblioteca. « E li fa pure piuttosto forti, quindi immagino che sì, possa capirci
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    qualcosa anche di pozioni. Non è da escludere che si sia comunque fatta aiutare da uno dei tanti ritrovati che vendono al Burlesque. »
    In fondo, lì si può comprare di tutto se hai abbastanza soldi da permettertelo. Finisce di parlare, quando Malia riemerge dalla chiamata nella quale è stata impegnata fino a quel momento. « Direi che non ci resta altro da fare se non... aspettare. E trovare un modo per ingannare l'attesa, immagino. Quindi sì, a quanto pare, Pride, avevi ragione. Siamo destinati a fare un remake di The Breakfast Club. » L'ha visto quel film e, detta in tutta sincerità, è abbastanza tranquillo all'idea di dover passare lì la notte. Tira fuori il cellulare e digita un messaggio veloce per il fratello. "Mi dispiace nano, niente Seline per questa sera. Sono chiuso dentro la biblioteca di Hogsmeade, domani ti spiego." « Se qualcuno ha qualche oscuro segreto da confessare, sappiate che questo è il momento giusto. Nessuno vi giudicherà. » Il moro, con la coda dell'occhio, adocchia la macchinetta del cibo, poco più in là e non ci pensa due volte prima di avvicinarla, a grosse falcate, per poi razziarla a forza di spinte poco amichevole, fin quando non gli consegna tutto il suo bottino: pacchi di patatine, qualche bottiglietta dell'acqua, tavolette di cioccolata a profusione e per finire qualche panino in scatola. Si sistema tutto nell'avvallamento che forma con il sotto della felpa, prima di tornare dal gruppetto. Lascia ricadere la refurtiva al centro di quel cerchio che sembra essersi formato, prima di sorridere. « Prendetene e mangiatene tutti. » Pacine fatte? Ridacchia, mentre si avvicina a Malia, con passo cadenzato, per poi lasciarsi cadere di fianco a lei. « Ti offrirei una sigaretta, ma mi sa che non sia troppo il caso. » Le bisbiglia all'orecchio, prima di sorridere, accennando alla giovane Carrow. In fondo, sono in un luogo chiuso, con una ragazza incinta e il fumo, lui lo sa bene, non fa assolutamente bene, né al bambino, né tanto meno alla mamma. « Non so, dire cose segrete, apertamente, ad un gruppo di persone quasi sconosciute non è proprio il massimo. » Si stringe nelle spalle, per poi aprire il proprio pacchetto di patatine con disinvoltura. « Potremmo renderlo però anonimo, così da non sentirci effettivamente sotto giudizio alcuno. » Guarda un po' tutti, a turno, per poi buttare in bocca qualche patatina. « Allora, non so, ognuno di noi scrive un suo segreto, una sua paura, un suo problema che vorrebbe esternare su un pezzo di carta, in completo anonimato. Poi..- si guarda intorno, per qualche istante, per poi adocchiare una scatola vuota, lasciata abbandonata sopra uno dei tanti tavoli. Si alza in piedi con uno scatto e l'afferra. « Poi mettiamo tutti i bigliettini qua dentro e a turno ne estraiamo uno. Lo leggiamo ad alta voce e proviamo a dare un consiglio, in maniera del tutto disinteressata e veritiera, non potendoci basare né sulla conoscenza della persona che l'ha scritto, né su nient'altro che non sia effettivamente la nostra coscienza. » Si stringe nelle spalle, lasciando cadere la scatola vicino alla piccola montagnetta formata dal cibo. « Se vi capita il vostro biglietto, potete semplicemente richiuderlo e buttarlo nuovamente nella scatola, estraendone poi un altro. » Semplice, no? « Che dite? Vi va? »

    Boh, io l'ho buttata lì. Se veramente vi va di giocarci, possiamo fare a turno: la persona prima posta il contenuto del proprio bigliettino in spoiler e quella dopo prova a dargli un consiglio, postando a sua volta, in spoiler, il proprio bigliettino e così via. Spero di essermi spiegata bene nel post D:
    Il bigliettino di Sebastian recita: "Sono stato al fianco della ragazza che mi piace quando è stata male e quando si è ripresa, è scomparsa nel nulla, senza darmi più sue notizie. Ora è qui, a scuola, e la vedo tutti i giorni, ma l'idea di essere io ad andarle a chiedere spiegazioni mi fa incazzare non poco. Che mi consigli di fare?"

     
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    "Oh certo! Mettiamo a disagio l'unica persona chiaramente non leggera qui dentro. Come ti aspetteresti che io esca da lì.. di preciso?" Si voltò verso la fonte di quella ben nota vocina acuta - perché ovviamente, chi non la conosceva? -, guardando la Carrow con un'espressione perplessa sul viso. Rimase qualche istante in silenzio, a fissarla con la fronte aggrottata, solo per poi sciogliersi in un sorriso e stringersi nelle spalle. "Tranquilla, Carrow: la tua pancia non ti permetterà di passarci per dritto, ma la tua altezza ti permette di passarci di lato." Ma evidentemente alla giovane mamma il piano della finestra non piaceva a prescindere, e una volta castato un patronus fu piuttosto chiaro che, in ogni caso, fosse inattuabile. Ma Brandon era Brandon, quindi la prese con filosofia e una scrollata di spalle, senza sottrarsi però dall'alzare gli occhi al cielo ai commenti sarcastici della Carrow. "Non penso proprio fosse rivolto a te, è come se ci trovassimo in una stanza con qualcuno senza una gamba e io saltassi fuori dicendo una cosa come: questa conversazione mi sta facendo venire il latte alle ginocchia, senza rivolgerlo a nessuno in particolare. Vogliamo uscire di qui nel più breve tempo possibile? Cazzo recuperiamo tutto quello che sappiamo di questa Stephanie...Melanie o come si chiama e troviamo la soluzione." Indicò il ragazzo con fare eloquente, come a dirsi d'accordo con lui. E nel giro di poco tempo, anche l'idea di chiamare aiuto si rivelò un relativo buco nell'acqua, siccome la Stone andò subito a informarli del fatto che nessuno Spezzaincantesimi sarebbe venuto a salvarli da lì a breve. "Direi che non ci resta altro da fare se non... aspettare. E trovare un modo per ingannare l'attesa, immagino. Quindi sì, a quanto pare, Pride, avevi ragione. Siamo destinati a fare un remake di The Breakfast Club. Se qualcuno ha qualche oscuro segreto da confessare, sappiate che questo è il momento giusto. Nessuno vi giudicherà." Un forte sospiro fuoriuscì scocciato dalle labbra del Grifondoro, che si fece cadere pesantemente su una sedia, poggiando prima un piede e poi un altro sul tavolo di legno di fronte a sé. E avrebbe pure aperto bocca, se non fosse stato proprio Sebastian a togliergli le medesime parole che passavano per la sua testa. "Non so, dire cose segrete, apertamente, ad un gruppo di persone quasi sconosciute non è proprio il massimo." Vabbè..diciamo che a Brandon erano passate per la testa in maniera un po' più schietta, ma il succo era quello. Si limitò dunque a stare in silenzio, prendendosi per sé un sacchetto di patatine alla paprika dal bottino che il miglior amico aveva saggiamente reperito tramite lo scasso della macchinetta. "Potremmo renderlo però anonimo, così da non sentirci effettivamente sotto giudizio alcuno." Aggrottò la fronte, fissando il compagno con il classico sguardo del 'dove vuoi andare a parare?', mentre l'unico rumore proveniente da lui era lo scrocchiare delle patatine sotto i suoi denti. "Allora, non so, ognuno di noi scrive un suo segreto, una sua paura, un suo problema che vorrebbe esternare su un pezzo di carta, in completo anonimato. Poi..Poi mettiamo tutti i bigliettini qua dentro e a turno ne estraiamo uno. Lo leggiamo ad alta voce e proviamo a dare un consiglio, in maniera del tutto disinteressata e veritiera, non potendoci basare né sulla conoscenza della persona che l'ha scritto, né su nient'altro che non sia effettivamente la nostra coscienza. Se vi capita il vostro biglietto, potete semplicemente richiuderlo e buttarlo nuovamente nella scatola, estraendone poi un altro. Che dite? Vi va?" Si strinse nelle spalle. "Tanto bisogna ammazzarlo questo tempo." E tolti i piedi dal tavolo, si allungò per prendere un pezzo di carta, aggrottando la fronte per richiamare a sé un po' di concentrazione mentre pensava a cosa scriverci. Perché Brandon, di problemi, ne aveva più di quanti potesse contarne, ma di una buona parte non era nemmeno del tutto cosciente. Così scrisse la prima cosa che gli balenò in mente, richiudendo poi il biglietto e gettandolo nella scatola insieme agli altri. Quando tutti ebbero fatto lo stesso, si avvicinò lesto al contenitore, immergendovi la mano per pescarne uno a caso. Che tanto il mio consiglio non vale una sega, quindi tanto vale darlo subito e togliersi il pensiero. "Sono stato al fianco della ragazza che mi piace quando è stata male e quando si è ripresa, è scomparsa nel nulla, senza darmi più sue notizie. Ora è qui, a scuola, e la vedo tutti i giorni, ma l'idea di essere io ad andarle a chiedere spiegazioni mi fa incazzare non poco. Che mi consigli di fare?" lesse ad alta voce, senza alcuna inflessione particolare nel tono di voce. E una volta fatto, rimase in silenzio a pensare per qualche istante, accartocciando poi il biglietto e gettandoselo alle spalle. "Che ti dico? Bo. Ti dico quello che farei io. Dato che la tipa in questione ti ha riservato un comportamento da stronza, io lo prenderei come una vera e propria risposta a qualunque chiarimento tu le voglia chiedere: è una stronza, punto. Le sei stato vicino e lei è sparita? Sta in giro tutti i giorni e non ti caga? Amico - o amica, senza offesa ma non ti ha nemmeno friendzonato, ti ha proprio sorpassato con lo stesso cinismo con cui si sorpassano i ciclisti in autostrada. Una così è meglio perderla che trovarla. Se le dai pure attenzione, ci fai solo il tappetino." Brandon Earnshaw: delicato come al solito. Uno dei tanti motivi per cui la gente, normalmente, evitava di chiedere consiglio a lui: perché il tatto non sapeva nemmeno dove stesse di casa. E dunque, finito di elargire il suo prezioso consiglio, tornò al proprio posto e, soprattutto, alle proprie patatine, aspettando di vedersi dispiegare di fronte a lui la passerella di persone che lo avrebbero seguito.
    Il biglietto di Brandon, precisissimo oserei dire, è questo:
    Ho paura che non riuscirò mai a fuggire dalla mia situazione familiare, e che rimarrò intrappolato per sempre con le persone che puntualmente mi tolgono tutto: dalle possibilità materiali alla semplice dignità.
    #RobaPesa

     
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    « Oh, davvero? Facciamo dello slut shaming ora? Mi aspettavo di meglio, da entrambi, sinceramente. Solidarietà maschile, questa sconosciuta, eh? E da te... Te che hai fatto la paladina della legge, a riguardo, l'anno scorso? Mi sento pienamente ferito da tutto ciò, solo perché sono un ragazzo, poi. Ah, la parità dei sessi. » Corruga la fronte, Mun, e per un istante stringe il braccio della ragazza accanto a sé per tentare di trattenersi di essere estremamente cattiva. Alza gli occhi al cielo e fissa il giovane Grindelwald incredula. « Davvero vuoi iniziare un discorso sui massimi sistemi con me, Grindelwald? » Probabilmente non ti conviene. E probabilmente lo sai pure che non ti conviene. D'altronde si sa che Mun è una che si impunta facilmente sulle questioni di principio, soprattutto quando viene provocata, e soprattutto quando viene attacca su un fronte a cui ci tiene così tanto come la parità dei sessi. « Che c'entra la parità tra i sessi? Non ti sto mica dando contro perché sei maschio. Anzi, per quanto mi riguarda buon per te. Però, ecco, diventa un mio giustificabile rodimento nel momento in cui la tua psicolabile amica mi impedisce di tornare a casa dalla mia famiglia in tempo per cena. » Gli dà una leggera pacca sulla spalla con fare piuttosto ironico. « Tranquillo, puoi trattarmi di merda a tua volta il giorno in cui uno dei miei sedotti e abbandonati dovesse bloccarti da qualche parte, per una mia evidente mancanza di lungimiranza. » Gli fa un leggero occhiolino prima di iniziare a mangiare i suoi salatini, chiaramente ormai pervasa da una leggera forma di stress. Qualche calcetto di troppo qua e là la obbliga a sobbalzare e tentare di restare il più possibilmente tranquilla. Lo senti anche tu eh? Lo senti che la mamma non è affatto calma. E quasi come se quel senso di colpa tradotto in fame chimica venisse evidenziato da Brandon, ecco che il primo picco di crisi identitaria da ormoni impazziti giunge. « Mun... Ma che c'entri tu... » Corruga appena la fronte incenerendo la ragazza con lo sguardo. « Certo è facile per te non farci un dramma. Sei palesemente una 40 fatta e finita. Se ti sforzassi un po' probabilmente entreresti pure nel mio Chanel preferito.. ma non ci pensare neanche. Non te lo presto. » Sussurra al suo orecchio piuttosto infervorata. « Tranquilla, Carrow: la tua pancia non ti permetterà di passarci per dritto, ma la tua altezza ti permette di passarci di lato. » A quel punto il dito medio è pressoché necessario. Amore, dove sei? Sono rimasta bloccata in biblioteca in compagnia delle persone più antipatiche sulla faccia della terra. Sono poveri.. ma poveri nell'anima non di portafoglio. « Non penso proprio fosse rivolto a te, è come se ci trovassimo in una stanza con qualcuno senza una gamba e io saltassi fuori dicendo una cosa come: questa conversazione mi sta facendo venire il latte alle ginocchia, senza rivolgerlo a nessuno in particolare. » Gonfia appena le guancia in un gesto esasperato. « Mi sembra ovvio che si sentirebbe mortificato dalla poca delicatezza.. » Logico. Guarda i presenti rendendosi conto che non riceverà alcun appoggio in merito. Segue una leggera pausa tempo in cui continua a sgranocchiare qualche salatino, prima di abbandonare la busta tra le mani di Pride dirigendosi verso uno dei tavoli al centro della sala pronta a sedersi. « Davvero? Zero solidarietà? Non potete davvero giudicarmi solo perché sono estremamente sensibile. Un po' di tatto! Sono incinta! » Abbassa lo sguardo deglutendo. A quel punto si allontana assieme a Malia, tentando di risolvere il problema attraverso l'esterno, visto che era chiaro non ne avessero poi molti modi per farlo dall'interno. « Ehi! Sei con Albus? Sì... Praticamente ci ha chiusi dentro una psicopatica. Storia lunga lascia stare. Te l'ha detto lui che ci serve uno Spezzaincantesimi? » « E' con Sam? » « Ma proprio nessuno nessuno? Oddio e quindi? Mhm... Mhm... Ma più o meno secondo te quanto ci vuole? Eh... Mhm, okay... Okay... Vabbè, fammi sapere. Se mi si scarica il cellulare chiamate Mun. Siamo anche con Seb, Brandon, Pride e... boh, forse anche qualcun altro in giro. Senti di' ad Albus che Amunet sta bene. » Comprende che la situazione è piuttosto disperata e che deve mettersi l'anima in pace, almeno per un po'. « Digli di stare tranquillo. » Picchetta sul braccio della ragazza energicamente. « ..e di non fumare troppo. » Accidenti che ipocrisia. Darei la vita per una sigaretta ora. « Sia lei che stufatino. Nessun travaglio anticipato. Già me lo immagino che sta sclerando come un deficiente. » Alla sola idea, sgrana gli occhi, e indietreggia di un passo, costringendosi a non agitarsi troppo. No. Non sono decisamente pronta. A quel punto, tornate in mezzo allo sgangherato gruppo, è chiaro sia solo questione di attendere, tentando il più possibile di non perdere le staffe. Non insultarli ogni due per tre, potrebbe essere d'aiuto. Sono questi i momenti in cui Ryuk sembra quasi mancarle. Lui era in grado di smorzare la tensione in qualunque contesto sociale, insultando palesemente chiunque stesse attorno a Mun, mantenendo una certa dose di eleganza nel farlo. Infine è Sebastian a escogitare un modo per passare il tempo che a quanto pare sono obbligati a trascorrere insieme. In tutta risposta, Mun, rotea la bacchetta un paio di volte, illuminando i corridoi ormai rabbuiati per l'imminente chiusa della biblioteca, affinché chiunque dovesse esser rimasto da qualche parte tra gli scaffali da solo e impaurito, trovi il coraggio di uscire allo scoperto. A quanto pare stiamo mettendo su una festicciola. Poi si siede avvicinando una sedia al cerchio naturalmente formatosi, cosciente del fatto che sedersi a terra sarebbe troppo difficoltoso, anche perché poi guai ad alzarsi. Inizialmente la trova un'idea carina; l'anonimato in situazioni in cui ci si trova chiaramente a disagio, è un ottimo modo per parlare. « Mi passi la cioccolata? Quella fondante. » Asserisce ad un certo punto picchettando sulla spalla di Pride. E così, ascolta il giovane Brandon dare il primo consiglio sorridendo appena tra se e se, nell'osservare che il suo approccio è tutto sommato davvero pragmatico. Diametralmente opposto alla sua personalità. « Ok! Vado io. » Asserisce infine, allungando la mano in attesa che qualcuno gli passi il contenitore con i bigliettini. Ne estrae uno e inizia a leggere. « Ho paura che non riuscirò mai a fuggire dalla mia situazione familiare, e che rimarrò intrappolato per sempre con le persone che puntualmente mi tolgono tutto: dalle possibilità materiali alla semplice dignità. » Si schiarisce la voce e sospira affondo a quel punto, passando lo sguardo su ciascuno dei presenti, tentando forse di capire chi l'abbia scritto. Non conosce a sufficienza la storia di nessuno dei presenti per sapere di chi si tratti e a quel punto sembra quasi stia sul punto di iniziare a trincerarsi interiormente. Come se l'idea di quel gioco già non la stesse divertendo più. Questo è un grido d'aiuto, accidenti. « Questo gioco non mi piace più. » C'è dell'infantile nel suo tono di voce mentre la voce sembra spezzarlesi per un istante.
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    « Cioè era carino.. però così.. non è bello. » Lo so, non ha senso. Storce appena il naso mentre si stringe nelle spalle. « Ok.. ci provo. Anonimo.. chiunque tu sia, ti prego.. esci allo scoperto. Non dico ora, però semmai te la sentissi, credo di conoscere una persona che ha parecchia esperienza in merito al tuo problema. Probabilmente qui in mezzo nessuno si fida davvero di me, però semmai volessi.. non so, supporto, sentiti libero di scrivermi o portarmi una vaschetta di gelato a casa. Su questo sarei disposta ad ascoltarti per ore. » Si stringe nelle spalle piuttosto dispiaciuta delle parole che legge e rilegge fissando il bigliettino. Lei sa cosa significa sentirsi intrappolati. Sa quanto sia opprimente e soffocante vivere nella condizione di avere l'impressione di non avere mai una via di fugga. « Ciò che posso dirti su due piedi senza guardarti negli occhi è che scrivere queste cose in anonimo non ti aiuterà. Nascondersi non è mai una buona idea. Nessuno può toglierti nulla se sei disposto a rivendicare chi sei. Non puoi lasciarti calpestare dalle circostanze in cui vivi o in cui sei nato. E soprattutto devi essere fiero di chi sei, devi.. accettarti. » Deglutisce pesantemente mentre sempre più infervorata alza appena il tono della propria voce, segno che quel argomento la sta toccando nel vivo della sua vita privata. « Urlalo, se necessario. Io sono.. questo. Io voglio essere questo. E fregatene di chi ti dirà che non puoi diventare la migliore versione di te stesso. E anche se non dovesse essere la tua versione migliore.. sono le tue scelte e nessuno può permettersi di contrastarle. Se ho capito qualcosa in questo periodo è che le cose che vuoi, devi avere il coraggio di prendertele con le unghie e coi denti. E ricordati che andrà tutto bene. In un modo o nell'altro le cose si sistemano, anche se sul momento non ti sembrerà così. » A quel punto si rilassa sulla sedia passando lo sguardo su tutti i partecipanti a quella riunione. Non ha mai inserito un proprio bigliettino nel contenitore, semplicemente perché, aveva smesso di provare una diffidenza latente nei confronti delle persone che la circondavano. Resta in silenzio per qualche istante prima di incrociare le braccia al petto. « Io comunque non ho inserito un mio bigliettino lì dentro. Non lo so.. mi sembra.. » Compie una leggera pausa tempo in cui si morde il labbro inferiore. « Il punto è che ci mettono sempre in queste condizioni di anonimato apparente. La bacheca dello shame, i bigliettini del ballo, le soffiate sulle riviste, il gossip becero.. non lo so ragazzi, io sono stanca di tutto questo. E forse dal mio punto di vista è facile parlarne, visto che manca solo che mi hackerino il cloud - per favore non fatevi venire idee, non sarebbe un bello spettacolo.» E stai parlando decisamente troppo. « Comunque.. chi vuole mi dia una mano a fare pace col cervello. Ecco.. io credo seriamente di aver vinto alla lotteria in quest'ultimo periodo. E la cosa mi fa paura.. perché non so se me lo merito e non so se sarò in grado di rendere giustizia a ciò che mi sono guadagnata. E poi ho un sacco paura perché.. ci siamo quasi. » Nel dire ciò si accarezza appena il pancione. « E probabilmente rompo un giorno sì e l'altro pure con questa storia, ma ho davvero paura di diventare una madre di merda. Magari qualcuno che non ha avuto una madre di merda può dirmi cosa evitare di fare? » Argomenti spinosi.

     
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    Randy Blackwater era una di quelle persone di cui risultava difficile farsi una vera opinione. Poteva sembrare che le interazioni sociali non gli dispiacessero, che in fin dei conti non gli dispiacessero nemmeno le persone, ma stava bene attento a mostrare di sé soltanto quel tanto che gli andava in quel momento. Un tanto soggetto a criteri del tutto arbitrari e difficili da inquadrare, soggetti per di più a cambiamenti dettati dall'umore del momento. Una cosa, però, bisognava ammetterla: il biondo era estremamente bravo ad adeguarsi. E le sue capacità di adattamento erano seconde soltanto alle sue doti di osservazione. Il più delle volte, forse per indole o per chissà quale altra combinazione di fattori, il biondo preferiva restare in silenzio a farsi un'idea dell'ambiente circostante e delle persone che questo ambiente lo popolavano, prima di degnarsi di compiere un passo in qualsiasi direzione. Quella volta non aveva fatto eccezione. Sebbene in biblioteca ci fosse entrato diverso tempo prima, sebbene avesse assistito alla colluttazione - si poteva definire "colluttazione", il colpo di testa di una ragazzina offesa dal comportamento di qualcuno che, diciamocelo, non sembrava interessato ad avere a che fare con lei? - , sebbene avesse avuto un sacco di occasioni per spostarsi dal reparto dove si trovava, aveva scelto di non fare niente. Era rimasto in silenzio, a ridere sotto i baffi dell'esagitazione della gente che, per cause di forza maggiore, si era ritrovata rinchiusa in biblioteca assieme a Sebastian, la cui unica colpa sembrava essere stato un madornale errore di calcolo. Ma, oggettivamente, lui cosa avrebbe potuto saperne, del fatto che quella Melanie fosse matta da legare? Aveva deciso di avvicinarsi, e pure lì di poco, al focolare dell'intera faccenda, soltanto quando si rese conto che uscire sarebbe stato impossibile. Eppure quel giro di confidenze, più che invogliarlo a prender parte a tutta quella storia, sembrò bloccarlo per un attimo all'uscita del reparto. Non mi piace che si sappiano troppo i cazzi miei, sembrava essere ancora un mantra, per il giovane Serpeverde. Da un lato aveva una reputazione da mantenere - quella della testa di cazzo - e dall'altra, le uniche cose che avrebbe avuto da confessare, anche volendo, erano pesanti. Tanto che tutto quel circle time improvvisato, avrebbe perso in fretta quel poco di fascino che serbava. I miei ricordi cominciano ad undici anni, a voi come butta?, non era una confessione da fare. Lo sapevano in pochi, quale fosse la storia di Blackwater,e lui in fondo con quella storia nemmeno ci si crucciava troppo. Gli andava bene così, per il momento, e di scoperchiare il vaso di Pandora non gli andava. « Ciò che posso dirti su due piedi senza guardarti negli occhi è che scrivere queste cose in anonimo non ti aiuterà. Nascondersi non è mai una buona idea. Nessuno può toglierti nulla se sei disposto a rivendicare chi sei. Non puoi lasciarti calpestare dalle circostanze in cui vivi o in cui sei nato. E soprattutto devi essere fiero di chi sei, devi.. accettarti. Io comunque non ho inserito un mio bigliettino lì dentro. Non lo so.. mi sembra.. Il punto è che ci mettono sempre in queste condizioni di anonimato apparente. La bacheca dello shame, i bigliettini del ballo, le soffiate sulle riviste, il gossip becero.. non lo so ragazzi, io sono stanca di tutto questo. E forse dal mio punto di vista è facile parlarne, visto che manca solo che mi hackerino il cloud - per favore non fatevi venire idee, non sarebbe un bello spettacolo. » Fece un passo in avanti, illuminando finalmente sia il proprio volto che l'ambiente circostante della luce fredda di un lumos. « Sì, forse: ma l'anonimato garantisce anche una certa dose di... imparzialità. Da un lato metterci la faccia è una gran dimostrazione di coraggio, dall'altro però si rischia che il consiglio ricevuto - se ammettiamo che il consiglio arrivi - venga influenzato dall'idea che Tizia o Caio si sono fatti di noi. Il che potrebbe rivelarsi uno svantaggio, non credi? Non si può mai sapere. » Fece spallucce ed un mezzo sorriso, incurante del fatto che avesse probabilmente causato un infarto nei presenti nel venire fuori così all'improvviso. Mica era colpa sua, se non si erano accorti che fosse lì. E non era nemmeno colpa sua se aveva un passo tanto felpato. O forse era colpa sua, ma allo stesso tempo lo trovava troppo divertente, per smetterla di apparire dal nulla. Comunque.. chi vuole mi dia una mano a fare pace col cervello. Ecco.. io credo seriamente di aver vinto alla lotteria in quest'ultimo periodo. E la cosa mi fa paura.. perché non so se me lo merito e non so se sarò in grado di rendere giustizia a ciò che mi sono guadagnata. E poi ho un sacco paura perché.. ci siamo quasi. E probabilmente rompo un giorno sì e l'altro pure con questa storia, ma ho davvero paura di diventare una madre di merda. Magari qualcuno che non ha avuto una madre di merda può dirmi cosa evitare di fare? » Si trovò ad aggrottare leggermente la fronte alla domanda di Mun. Che fosse una persona previdente, Randy aveva avuto modo di capirlo. Come aveva avuto modo di capire che le piacesse fare le cose a modo. Ed era ovvio - bastava anche soltanto pensare alla quantità di cose che aveva visto negli ultimi mesi, oltre che a quella di scatoloni trasportati - anche quanto ci tenesse che tutto fosse perfetto. « Secondo me ti stai facendo venire troppe ansie. » Disse e senza cattiveria, incrociando per un attimo lo sguardo della mora. « Alla fine il solo fatto che tu ti stia ponendo il problema, significa che non c'è così tanto rischio che diventi una madre di merda. » E poi, comunque, mi pare che con Jay te la stia cavando abbastanza bene. Le rivolse un'occhiata eloquente, senza però esplicitare quanto gli era passato per la testa. « Il voler bene al bambino c'è, quindi non posso consigliartelo... » Era tranquillo, quasi non gli avessero chiesto un parere sulla cosa da lui più lontana al mondo. « Da lì viene tutto il resto, no? Prendertene cura, essere presente, evitare di pensare che un errore - tuo o suo - sia la fine del mondo. Più o meno questo. Il resto si impara sul campo. Non c'è una lista di cose da fare o non fare, se non quelle ovvie tipo "non appendere tuo figlio alla torre di astronomia per i piedi", ma in quel caso basta un po' di buon senso.» Fece di nuovo spallucce, per poi guardare i presenti dal suo punto di osservazione. « Non so, se qualcuno ha consigli più specifici dei miei, si faccia pure avanti. » Che lo so di non essere il guru delle gravidanze, Salazar me ne scampi e liberi.
     
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  11. Pride Jericho Faulkner
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    Checché se ne dicesse, Pride di amici ne aveva - per quanto il termine amicizia potesse essere straniante per uno come lui -, capitava che vi fossero talune persone con le quali sopportava condividere il tempo, tuttavia era raro che incontrasse qualcuno che gli andasse a genio. Solitamente era chi dimostrava equilibrio a interessarlo, non di certo le persone caotiche come lui. Certo, non capitava che passasse più di qualche ora in compagnia di qualcuno, ma per lo meno la sua innata e fastidiosa saccenza non si palesava così teatralmente con chi gli andava a genio. Victoire, ad esempio, era una di quelle ragazze che aveva conosciuto per caso e che, per questioni di carattere, aveva deciso di tenersi stretto. Di lei apprezzava la sincerità. Era stata una delle prime ad urlargli che era uno stronzo puzzolente la qual cosa, al posto di irritarlo, l’aveva fatto ridere a tal punto da fargli venire i crampi alla pancia. Se lei fosse stata rinchiusa in quella biblioteca gli avrebbe consigliato di cogliere la palla al balzo, di non chiudersi in sé e dannazione di fare conversazione!, altrimenti gli avrebbe lanciato contro una fattura pruriginosa. Conscio che Vicky non gli avrebbe mai fatto passare liscia una situazione del genere, chiuse gli occhi e sospirò, ascoltando le parole di Sebastian « La pazza invasata è lei, ma noi ce la prendiamo con il ragazzo che è tutto più facile….Oh, davvero? Facciamo dello slut shaming ora? Mi aspettavo di meglio, da entrambi, sinceramente. Solidarietà maschile, questa sconosciuta, eh? » Pride alzò gli occhi al cielo, mordendo il labbro inferiore per evitare ulteriori commenti, eppure non poté fare a meno di lasciare che qualche parola prendesse vita « Beh...non so nemmeno cosa voglia dire solidarietà », però sorrise, facendo capire che la situazione poteva concludersi lì, del resto ci doveva rimanere in quella stanza, tanto valeva accettare il consiglio che Vicky gli avrebbe dato. Lasciò dunque la cartella per terra e si sedette vicino a Malia, l’unica che sembrava aver visto davvero the Breakfast club, uno dei film migliori creati da un babbano « Quindi sì, a quanto pare, Pride, avevi ragione. Siamo destinati a fare un remake di The Breakfast Club. » e lui per tutta risposta annuì, un po’ perché non aveva molto altro da aggiungere, un po’ perché la pazza che li aveva rinchiusi lì era molto brava nei filtri d’amore, tipico! « Se qualcuno ha qualche oscuro segreto da confessare, sappiate che questo è il momento giusto. Nessuno vi giudicherà. » e da lì partì il gioco. Ad essere sinceri lui non aveva granché di oscuro per cui chiedere consiglio, era una persona abbastanza riservata, di persone che gli dicessero cosa loro avrebbero fatto non ne aveva bisogno, tuttavia si apprestò a scrivere un biglietto e a gettarlo tra gli altri. Sarebbe stato divertente scoprire che cosa ne fosse uscito.
    Quello che inizialmente era un gioco per passare il tempo, si tramutò molto presto in qualcosa di più profondo. Così funzionava la casualità, quella legge tanto cara alla famiglia Faulkner, più il caso giocava le sue carte, più le persone apparivano disposte a parlare e a confidare i loro più oscuri segreti. Ascoltò tutti, uno dopo l’altro pronti a snocciolare e dispendiare consigli, quando poi arrivò il suo turno la ruota si ruppe, lasciando che Amunet Carrow si sbilanciasse. « Il punto è che ci mettono sempre in queste condizioni di anonimato apparente. La bacheca dello shame, i bigliettini del ballo, le soffiate sulle riviste, il gossip becero.. non lo so ragazzi, io sono stanca di tutto questo. E forse dal mio punto di vista è facile parlarne, visto che manca solo che mi hackerino il cloud - per favore non fatevi venire idee, non sarebbe un bello spettacolo.» A lui non era mai successo di essere messo in mezzo, la sua vita era sempre stata vissuta per l’indipendenza e quello l’aveva salvato da qualsiasi attacco d’interesse. « Sì, forse: ma l'anonimato garantisce anche una certa dose di... imparzialità. Da un lato metterci la faccia è una gran dimostrazione di coraggio, dall'altro però si rischia che il consiglio ricevuto - se ammettiamo che il consiglio arrivi - venga influenzato dall'idea che Tizia o Caio si sono fatti di noi. Il che potrebbe rivelarsi uno svantaggio, non credi? Non si può mai sapere. » Fu un serpeverde a parlare, bloccando sul nascere qualsiasi possibile risposta da parte del collegiale. Pride era d’accordo con lui, ma non disse nulla, ascoltò ancora e, solo alla fine si sentì di dire la sua. « L’unica cosa che posso dirti è che il mondo non vive di contrari, capire ciò che è giusto o sbagliato per il tuo bambino dipende da te. Ci sono tante sfumature, basta solo capire quale sia la migliore, ma lo si impara con il tempo. Lasciati guidare da quello che per te è corretto, senza stare a farti paranoie perché così facendo non farai altro che alimentare inutili preoccupazioni » Non era bravo con quelle cose, soprattutto perché la sua famiglia era disfunzionale e stramba, ma se c’era una cosa che sapeva era che molto spesso seguire le situazioni era la soluzione migliore, lui non faceva altro che quello. « Lasciare che un po’ di caos entri nella vita è un buon modo per eliminare la paura ». Alzò le spalle, molto probabilmente non era stato chissà di quale aiuto, ma almeno ci aveva provato. Vic, se sapessi cosa sto facendo ti metteresti a ridere!

    Se qualcuno volesse poi pescare il bigliettino di Pride:
    Come si dimostra davvero di tenere a una persona?
    Pride non lo sa fare u.u
     
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    Sgranocchia un pacchetto di patatine recuperato da Sebastian, mentre ascolta in silenzio i presenti parlare. Di norma non starebbe zitta un istante, specie nel corso di un gioco del genere, e anzi impartirebbe consigli a destra e a manca, spesso e volentieri sbagliati e poco coerenti con l'argomento - ma, si sa, a Malia piace dare aria alla bocca, un po' a prescindere. Questa volta però, un po' per placare i morsi della fame, un po' forse per quietare il proprio nervosismo, passa il tempo ad infilare in bocca una patatina dietro l'altra, solo di tanto in tanto offrendo il proprio pacchetto agli altri presenti. Non è certa che quel gioco le piaccia particolarmente. Era abbastanza euforica, all'inizio, ma dal momento in cui Amunet ha preso la parola, condividendo con gli altri le parole di un bigliettino piuttosto pesante, perfino l'aria sembra sembra essere diventata meno leggera.
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    Malia passa in rassegna con lo sguardo tutti i presenti, domandandosi chi, tra loro, possa essere l'autore di quei pensieri. Sa di non conoscerli abbastanza bene da poter tirare a indovinare: Pride, Randy, Brandon e Sebastian sono dei semi sconosciuti ai suoi occhi - e in fin dei conti anche Amunet lo è, ma lei certamente non può aver scritto quelle cose. Si ritrova a sospirare, improvvisamente intristita, mentre l'ex Serpeverde condivide con l'anonimo i propri consigli circa la sua situazione. E poi condivide le proprie difficoltà con il gruppo.
    La mora lascia che siano Randy e Pride a dare i loro consigli in merito, per poi dare una leggera gomitata amichevole agli stinchi della ragazza, unica parte del suo corpo che può raggiungere, stando lei seduta su una sedia, più in alto rispetto agli altri. « Scommetto che Zuccottino non vede l'ora di venire fuori da lì solo per non dover sopportare più tutte le paranoie che ti fai sempre » scherza, guardandola dal basso, per poi rivolgerle un sorrisetto ironico. Dopo i mesi trascorsi a sentir parlare, a Hogsmeade, poi a Inverness e infine di nuovo ad Hogsmeade, di nient'altro che delle paturnie da donna incinta della giovane Carrow, Malia sente di potersi concedere, almeno per quella ultima fase di gravidanza, di fare un po' di ironia al riguardo. Come minimo.
    « Tocca a me » dice allora, prima di allungarsi verso il centro del cerchio formato dai loro corpi, ed estrarre dal piccolo contenitore il penultimo biglietto. Lo apre e fa per leggerlo, ma riconosce subito la propria calligrafia e la domanda scritta da lei appena qualche minuto prima. Lo richiude, roteando gli occhi al cielo, per poi inserirlo nuovamente nel contenitore. « E ti pareva che non beccavo il mio » scherza, mentre poi recupera l'altro biglietto presente, e ne legge il contenuto ad alta voce: « Come si dimostra davvero di tenere a una persona? » Rimane a guardare quella calligrafia a lei estranea per qualche secondo ancora, per poi stringersi nelle spalle, e guardare gli altri. Beh, questo è facile. « Forse a volte può essere difficile, per qualcuno. » Malia non sa che cosa vuol dire, non essere in grado di dimostrare il proprio affetto. Lei è sempre stata fin troppo aperta, fin troppo amorevole e affettuosa con tutte le persone che meritano attenzioni, ai suoi occhi. Però sa cosa significa essere dall'altra parte, dover trattare con qualcuno che non è in grado di mettere in mostra i propri sentimenti. Si stringe nelle spalle, mentre guarda i compagni, il bigliettino ancora aperto tra le mani, senza soffermarsi particolarmente su nessuno di loro. « A volte basta davvero poco. Le solite banalità... Un abbraccio, un sorriso, cose così. Non ci vogliono gesti eclatanti per far capire alla gente che si vuole dare affetto. Io mi sento sempre ben voluta quando qualcuno si preoccupa per me. Se mi chiede come sto, come vanno le cose nella mia vita... significa che gli interessa, ecco. Può sembrare banale e stupido, ma l'importante è esserci, ecco. Esserci davvero, per qualcuno. » Esserci e restare, nonostante tutto. « Se c'è qualcuno di speciale nella tua vita, adesso, penso che dovresti dirglielo. E non perché ci sia qualcuno a rincorrerti né altro, ma penso che qualcosa che abbiamo imparato tutti da quello che è successo negli ultimi mesi è che certe cose non dovrebbero mai aspettare troppo. Che non si sa mai quello che può succedere. » Una piega incurva le sue labbra verso l'alto, mentre si stringe nelle spalle, e poi posa lo sguardo su Sebastian. Lui è l'unico che non ha ancora preso un biglietto dal centro, e adesso è chiaro a tutti di chi è l'ultimo pezzo di carta rimanente. Una parte di lei avrebbe preferito rimanere anonima, ma a questo punto non può farci niente. Gli rivolge un mezzo sorriso, per poi inclinare leggermente la testa di lato. « Grindelwald, tu hai un po' di saggezza da regalarmi quest'oggi? »

    "Un'amica mi ha fatto un torto che non sono in grado di perdonare, anche dopo tanto tempo. Nel frattempo, sembra che tutti gli altri ci abbiano messo una pietra sopra. A me lei manca, tanto, ma il suo gesto mi ha fatto molto male, e penso di non poterlo dimenticare.
    Secondo te sono una merda?"
     
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    Ascolta le risposte di Randy e Pride con un leggero sorriso sulle labbra. E' strano. Ha sempre pensato che la sua condizione la maggior parte della gente la vedesse come una specie di fungo, come qualcosa di estremamente innaturale che non avrebbe dovuto presentarsi e che la dipingeva agli occhi dei più come strana, oltre che stupida. « Il voler bene al bambino c'è, quindi non posso consigliartelo.. Da lì viene tutto il resto, no? Prendertene cura, essere presente, evitare di pensare che un errore - tuo o suo - sia la fine del mondo. Più o meno questo. Il resto si impara sul campo. Non c'è una lista di cose da fare o non fare, se non quelle ovvie tipo "non appendere tuo figlio alla torre di astronomia per i piedi", ma in quel caso basta un po' di buon senso. » Non si sarebbe aspettata una simile risposta da Randy. Non si sarebbe aspettata che mai il ragazzo la prendesse sul serio. Il loro rapporto era sempre stato piuttosto superficiale, relegato per lo più al legame tra lui e Albus. Ogni volta che Mun diceva qualcosa, Randy la commentava in maniera sarcastica, e lei ci passava sopra, solo perché andare d'accordo con gli amici del ragazzo per lei era importante. Non era mai stato d'altronde irrispettoso nei suoi confronti. Randy va preso così com'è, le aveva spiegato, e in fondo, non era nemmeno così tanto spiacevole, se si sapeva leggere con attenzione tra le sue parole. « L’unica cosa che posso dirti è che il mondo non vive di contrari, capire ciò che è giusto o sbagliato per il tuo bambino dipende da te. Ci sono tante sfumature, basta solo capire quale sia la migliore, ma lo si impara con il tempo. Lasciati guidare da quello che per te è corretto, senza stare a farti paranoie perché così facendo non farai altro che alimentare inutili preoccupazioni. Lasciare che un po’ di caos entri nella vita è un buon modo per eliminare la paura » Annuisce a quelle parole, allungandosi appena per porgere una mano sulla spalla del ragazzo con naturalezza. Un grazie che poi sente il bisogno di esprimere anche a parole.
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    « Grazie.. soprattutto per non averla trattata come una cosa immensa. Credo che parte del problema sia quello.. un sacco di gente ha preso questa notizia con decisamente troppa drammaticità. » E' una cosa grossa sì, ma non insormontabile e non certo impossibile. E Mun che infondo dei pareri altrui interessava forse anche troppo, non poteva fare a meno di preoccuparsene di fronte alle troppe occhiatacce che ha ricevuto nei primi mesi. Si accarezza appena il pancione e sorride. « Credo che a lei piaccia la voce di uno di voi.. o di più di uno. Si sta agitando parecchio qui dentro. » Scuote appena la testa. « Qualcuno ha fatto colpo su di lei. » Da una leggera gomitata a Randy non molto distante prima di tornare a gustarsi il suo succo in silenzio in attesa che il giro continui. « Scommetto che Zuccottino non vede l'ora di venire fuori da lì solo per non dover sopportare più tutte le paranoie che ti fai sempre » E lì un calcio decisamente di troppo le provoca una smorfia decisamente insofferente. « Wooo Stone, la tua di voce invece, secondo me la sta proprio infastidendo, visto che fai partire un incontro di kickboxing ogni volta qui dentro. » Risponde alla gomitata dandole una leggera spinta con la gamba prima di sorriderle piuttosto tranquilla. Non è certo una sua amica, ma quanto meno, lei e Malia sono arrivate al punto di tollerarsi, persino collaborare se necessario per il bene di un gruppo, di qualunque gruppo si tratti. Tenta quindi di scrollarsi tutta quella tensione di dosso e di rilassarsi, per il bene suo ma soprattutto per la salute mentale di chi la circonda.

    Sono seduti lì in cerchio da un più di un'ora. L'orologio a pendolo in un angolo dell'atrio annuncia l'ora di cena, e Mun sospira ormai piuttosto spazientita e innervosita. L'atmosfera non le piace, soprattutto perché sente parecchi rumori sospetti in giro per la biblioteca. Chiaramente qualcuno che è ancora in giro e forse sta anche combinando danni. A un certo punto si avvicina appena a Malia attirando la sua attenzione con uno sguardo piuttosto irrequieto. « Ehi! Ho bisogno di fare due passi. Ti dispiace.. » Darmi una mano. Farmi compagnia. In fondo è l'unica ragazza lì in mezzo e gli altri li conosce decisamente meno, togliendo Randy dall'equazione che riuscirebbe solo ad alimentare ulteriormente le sue paranoie e l'ansia che continua a provare all'idea di non essere ancora a casa. Normalmente stare fuori non dovrebbe essere un problema per nessuno della sua età, ma per Mun, nelle condizioni in cui si trova, restare troppo a lungo fuori casa, senza potersi distendere e godere del naturale riposo che la sua condizione le impone, non fa altro che appesantire ulteriormente la situazione. Cerca la mano di Randy per aiutarsi ad alzarsi, prima di imboccare uno dei tanti corridoi lasciando i ragazzi con un veloce torniamo subito. « Scusa.. non è che non volessi la loro compagnia. » Asserisce ad un certo punto mentre cammina a passo lento tra i tanti scaffali. « E' che se sto troppo a lungo ferma, inizia ad agitarsi decisamente tanto. Oggi poi sta facendo tantissimi capricci. » Continua quindi con una smorfia decisamente infastidita. Nonna Molly gliel'ha detto tante volte che se non sta tranquilla, la stessa ansia la trasmetterà alla nana che si porta appresso da otto mesi. Resta per un po' in silenzio lasciandosi cullare dal ritmo lento dei loro passi. « Ehm.. allora.. sei pronta per i MAGO? » Le chiede infine cercando un terreno comune di confronto che non comprenda né vecchi drammi, né i bambini, che chiaramente non sembrano essere poi molto di gradimento della Stone. E come darti torto. Nemmeno a me piacevano. Anzi. Li odiavo. Ma è proprio in quel momento che vengono sorpresi alle spalle da due manine che toccano le loro rispettive schiene. Il ragazzo potrà avere massimo quindici anni. E Mun lo riconosce. E' un Serpeverde del quarto; ragazzo brillante, da sempre decisamente troppo attaccato alle questioni scolastiche. Uno che comunemente verrebbe associato appunto al topo di biblioteca. « Ssscu-scusate! C'è un problema. Due ragazzi sono rimasti bloccati al piano di sopra nella sezione degli Antichi Erbari e se le stanno anche suonando di brutto! » Alla sola idea, lo sguardo di Mun saetta in quello di Malia piuttosto irrequieta. « Ok.. calmati va bene? » Una persona non calma che chiede a un'altra persona di calmarsi. « Sai chi altro c'è in giro? » Il ragazzo scuote la testa. « Va bene lo stesso. Ascolta faremo così. Se prosegui fino all'atrio ci sono altri ragazzi che possono darci una mano per tirare fuori i tuoi amici da lì dentro va bene? Noi in tanto ci avviamo per capire qual è la situazione. » « Non sono miei amici. » Sbotta di scatto il Serpeverde. « Però stanno spaventando gli erbari più rari a forza di menarsi. » Giustamente ciascuno con le proprie priorità. Resta per un secondo interdetta, ma poi scuote la testa e gli dà una pacca sulla spalla. « Ehm.. si.. salveremo anche.. gli.. erbari? Corri a chiamarli. Ci vediamo di sopra. » E mentre il ragazzo corre già nella loro direzione opposta, Mun si stringe nelle spalle sospirando affondo. « Andiamo a vedere? »


     
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